DAL BUIO ALLA LUCE
Alda Prinzivalli
EDIZIONI SIMPLE
Via Weiden, 27 62100, Macerata
[email protected] / www.edizionisimple.it
ISBN versione digitale: 978-88-6259-687-9 ISBN edizione cartacea: 978-88-6259-545-2
Stampato da: WWW.STAMPALIBRI.IT - Book on Demand Via Weiden, 27 - 62100 Macerata
Tutti i diritti sui testi presentati sono e restano dell’autore. Ogni riproduzione anche anche parziale non preventivamente autorizzata costituisce violazione del diritto d’autore.
Copyright © Alda Prinzivalli Prima edizione settembre 2012
Diritti di traduzione, riproduzione e adattamento totale o parziale e con qualsiasi mezzo riservati per tutti i paesi
Primo capitolo
Oggi Jaid compie nove anni. Suo padre, mentre fuggivano dalla loro città in guerra, gli aveva detto: «Ricordati, figlio mio, la data della tua nascita! Ogni anno, il nove maggio, tu diventi più grande!» Poi era arrivata quella bomba e si era salvato solo lui: aveva cinque anni. Ora, dopo lunghi viaggi e molte peripezie, vive in una baracca sotto un ponte con degli estranei, e non sa perché. Loro dicono che hanno scoperto in lui il talento musicale e che è suo dovere metterlo a frutto per guadagnarsi da vivere. Jaid si è ripetuto infinite volte il giorno, il mese e l’anno della sua nascita. Oggi è felice di essere più grande. È il solo a ricordarselo, ma la cosa importante è che lo sappia lui, tanto gli anni sono suoi e la possibilità di crescere non gliela può togliere nessuno. Apre la custodia del violino, controlla se c’è lo strumento e vede che è tutto a posto. Nella baracca è solo. Non c’è neppure qualcosa da mettere sotto i denti. Jaid tira su le spalle chiudendo l’armadio sgangherato: ha controllato l’interno dello scaffale per essere sicuro che non ci sia proprio nulla. Lo stomaco reclama, ma pazienza! «Spero proprio di incontrare qualcuno che mi offra da mangiare, perché a pancia vuota non riesco a suonare» ripete a bassa voce affamato. La porta della baracca si apre con frastuono. Jaid è terrorizzato: non sarebbe la prima volta che degli estranei entrano chiedendo di dare tutto quello che ha. Per fortuna non sono ladri: è Halian. «Ancora non sei pronto? Ti aspetto da mezz’ora. Lo sai che le signore cominciano a uscire alle dieci del mattino per eggiare nel parco, fare la spesa e robe varie... Tu per quell’ora devi essere sul posto a suonare!»
«Vengo, ma ho fame...» «Fame? Il mangiare dovrai guadagnartelo!» «Ma ieri ho portato tanti soldi...» «Quelli di ieri erano per ieri. Oggi non è ieri!» inveisce Halian. Jaid esce dalla baracca seguito dal suo protettore, che non lo perde mai di vista, neanche quando suona. Se Halian nota che parecchi anti si avvicinano per mettere monete nel cappello va anche lui, ma per appropriarsi del bottino con mano lesta. Il luogo in cui Jaid suona è un punto strategico: vicino c’è un parco, alle spalle un super-mercato e di fronte una scuola elementare. La finestra di un’aula gli sta proprio davanti. Mentre suona vede tanti bambini... Vorrebbe essere dentro la scuola e non fuori, ma non è possibile. Deve guadagnarsi da vivere. Se la sera i soldi sono pochi, il conto è saldato con delle frustate: il suo corpo ne ha già assaggiate parecchie. Alle dieci in punto Jaid è al suo posto. La camminata di mezz’ora non ha fatto altro che acuire la fame. Nell’ultimo tratto di strada, per attenuare il forte dolore, ha dovuto tenersi premuto lo stomaco. Jaid aveva voglia di piangere, ma ha inghiottito le lacrime perché è cresciuto di un anno. Pensa ai suoi genitori, vede i loro volti sempre più sbiaditi e ricorda un messaggio della mamma rimasto nitido nel suo cuore. «Jaid» gli ha detto, «non devi mai essere triste. Là, oltre il sole, c’è Qualcuno che ti aiuta, se glielo chiedi. Non sei mai solo, ricordalo sempre!» Ora chiede a “Chi sta oltre il sole” di fargli trovare da mangiare. Una donna, che gli sembra indiana come lui, gli sta offrendo una tortina e del latte. Il suo protettore, a distanza, con un cenno della mano gli da l’ok: può interrompere il lavoro e finalmente sfamarsi.
Nella Terza C si sta svolgendo l’ora dì matematica. Bruno, invece di tenere gli
occhi sulla pagina indicata dalla maestra, guarda fuori dalla finestra, da cui può vedere Jaid. «Bruno, ripeti le mie ultime parole!» esordisce la maestra dopo aver dato un pugno sul tavolo. Ha battuto tanto forte da farsi male e ciò si nota dal tono di voce diventato stridulo per il dolore. «Veramente io... io non le ricordo...» risponde l’alunno. «Come si fa a non ricordare? Il fatto è che guardi fuori e non ascolti! Cosa c’è di tanto attraente oltre quel vetro?» La maestra, mentre parla, si fa strada tra i banchi e si avvicina a Bruno. «Vediamo un po’ che spettacolo offre questa finestra...» dice con stizza, mentre guarda fuori e vede un via vai di macchine, una grande confusione. «Non c’è nulla d’interessante, mentre qui dentro c’è il sapere, qui comincia il vostro futuro. Domani sarai interrogato. Preparati anche su quello che ho spiegato oggi.» Non capisce come la maestra non si accorga di quello che lui vede. Fuori c’è un bambino che, invece di andare a scuola, suona il violino chiedendo l’elemosina e questo per lei è normale. “Le maestre sono delle persone strane” pensa. “Non vedono al di là del loro naso.”
All’una la piazzetta davanti alla scuola è affollata di genitori e di nonni che aspettano l’uscita dei bambini. Bruno da lontano saluta la nonna e corre verso di lei con lo zaino in mano. «Nonna, hai una moneta, per piacere?» «Sì, ma cosa devi comprare?»
«Niente. La porto a quel bambino che suona.» La nonna segue con lo sguardo il nipotino che attraversa il vialetto e si emoziona per quel gesto di solidarietà. Bruno mette la moneta nel cappello del bambino e incrocia il suo sguardo. Per un istante gli occhi azzurri di uno fissano quelli neri dell’altro. Bruno chiede: «Perché non vieni a scuola? È un po’ noiosa, ma si imparano tante cose.» «Io... no» risponde Jaid. «Io... lavorare.» L’arrivo di Halian ammutolisce Jaid e fa allontanare Bruno che saluta il musicista, ma non riceve risposta. La nonna, in automobile, intrattiene Bruno con grandi sproloqui sull’altruismo affatto seguiti dal nipote, che invece domanda: «Nonna, se io volessi lavorare cosa potrei fare?» «Lavorare? Ma cosa dici? I bambini non lavorano!» «Sì che lavorano... Quello che suona non può venire a scuola perché deve lavorare.» «Lui è povero!» risponde la nonna in modo alquanto sbrigativo. «Ma è un bambino e se i bambini non lavorano neanche lui deve lavorare.» «Bruno, tesoro, lui è un bambino straniero. Nella sua terra hanno altre abitudini. Noi non sappiamo...» «Nonna, e se lo portassi a casa mia?» «Non è così facile... Ecco, siamo arrivati.» La nonna saluta il nipotino con un bacio. Bruno, entrato in casa, va alla finestra per confermare che è arrivato a destinazione e le manda un bacio con le dita.
La nonna rimette in moto l’auto, riflettendo sul discorso del nipote. Si vergogna delle sue risposte superficiali e pensa che dovrà riprendere l’argomento alla prossima occasione.
Secondo capitolo
Ivonne, la giovane domestica ucraina, porta a tavola il pranzo. «Guarda cosa si mangia oggi!» dice con tono allegro e Bruno si illumina alla vista del suo piatto preferito. La ragazza di giorno lavora presso la famiglia Pinzi. Di notte, per arrotondare lo stipendio e aiutare i suoi parenti in Ucraina, fa la badante a una signora ottantenne malata. Arriva Chiara e Yvonne la invita a tavola. «Ho già mangiato, grazie» sbuffa la ragazza. «Quante volte devo dirti di avvisarmi col cellulare se prendi qualcosa fuori casa! E poi, come hai fatto se la scuola è appena finita?» protesta Ivonne. Chiara va dritta in camera sua, sbattendo la porta. Ivonne sta per togliere dalla tavola quello che avrebbe dovuto mangiare Chiara e Bruno la ferma. «Mettilo in un contenitore: dopo lo portiamo a un bambino povero che conosco.» Appena finito di mangiare, Yvonne e il bambino vanno al parco. Il violinista è ancora lì a suonare. Bruno lo raggiunge e gli offre il cibo. Aspetta che finisca la musica che sta suonando e gli chiede: «Come ti chiami?» «Jaid» risponde l’altro, ma non può andare oltre perché arriva Halian. «Io mi chiamo Bruno. Ciao, ci vediamo domani!» Mentre tornano a casa, il bambino parla con Ivonne, che per lui è come una seconda mamma.
«Appena arriviamo, vai a a fare i compiti in camera tua» dice lei. «Io cercherò di convincere Chiara a mangiare qualcosa. D’accordo?» «Va bene. Ma perché Chiara non vuole mangiare? Non mi parla più. Io non le ho fatto niente...» Ivonne con una mano gli accarezza la guancia e lo avvicina a sé. «Non è colpa tua... Non te la prendere, se non ti risponde. Sta ando un brutto momento, ma ti vuole bene.»
Chiara è sdraiata sul letto. Con le dita incrociate si preme la testa che le fa male. Chiude gli occhi e segue il ritmo delle vene che le pulsano sulle tempie. Conta i battiti come un automa: pensa di essere padrona del suo corpo, ma dentro lo stomaco sente la presenza di un cane affamato e rabbioso che morde a più non posso. Finalmente il malessere si acquieta e Chiara si sente vittoriosa. Negli ultimi tempi è senza forze, ma non è ingrassata di un grammo ed è questo quello che conta per lei. Si alza, prende dallo zaino un barattolo e ne beve il contenuto. Fa un giro su se stessa con apparente euforia e soggiunge: «È una bomba! Ha già funzionato!» Sta per chiamare Alba, l’amica che le ha consigliato la pozione magica, quando sente bussare alla porta della sua stanza. «Mi sto preparando per uscire...» dice Chiara. «Prima a dalla cucina a mangiare qualcosa...» la implora Ivonne. «Ti ho detto che ho già mangiato e non insistere!» urla Chiara. Prende il book con le sue foto per un provino, a davanti allo specchio e con somma gioia osserva da capo a piedi la linea perfetta del suo profilo.
“Oggi non avranno obiezioni per prendermi” dice a se stessa, come se parlasse con la sua immagine allo specchio. Esce e attacca un biglietto alla porta della stanza: «Tornerò stasera prima che posso. Ciao! Chiara.» Quando Ivonne sente la porta di casa che si chiude, capisce che Chiara è uscita senza salutare né lei né il fratellino. Vada per lei, ma per il piccolo Bruno è come ricevere una pugnalata. Non riesce più ad avere un buon rapporto con quella bambina cresciuta troppo in fretta. Si è sviluppata velocemente a tredici anni e ora è una bella sedicenne con una testa da undicenne. La domanda di Bruno la coglie a bruciapelo. «Se portassi qui Jaid, a te darebbe fastidio?» «Ma chi è Jaid?» «È il bambino povero di oggi!» «No, Bruno, a me non darebbe assolutamente fastidio. Ma questa non è casa mia... Devi chiederlo ai tuoi genitori... E poi bisogna vedere se può venire.» «È povero e qui può avere tutto. In cambio può insegnarmi a suonare il violino. Ti prego, Ivonne, cerca di convincere la mamma!» La ragazza, per consolare il bambino, risponde: «Domani proverò a parlarne con i tuoi!» Bruno la riempie di baci stringendola fino a che lei non lo richiama alla realtà dei compiti. Solo allora si precipita in camera e non esce più fino all’ora della merenda. È sera quando Teresa rientra, seguita a breve da Lucio, suo marito. Bruno, come sempre, corre festante ad accogliere i genitori e, non cosciente della stanchezza che traspare dai loro volti, parla senza interruzione. Ivonne non riesce a trovare il momento opportuno per manifestare le sue
preoccupazioni per Chiara. Arriva la ragazza, eccitatissima: ha superato il provino e sventola un foglio con l’appuntamento per una seconda selezione. «Sono felice!» riesce a dire, poi cade a terra svenuta. Suo padre si curva su di lei e cerca di sollevarle la testa. Teresa, angosciata, chiama un’ambulanza. Chiara è pallidissima. Bruno, spaventato, corre dalla mamma: «Chiara è morta, mamma?» «Ma no! Non vedi che ha riaperto gli occhi? Ora papa l’accompagna al pronto soccorso e io resto qui con te.»
Le prime cure date a Chiara sull’ambulanza, restituiscono alla ragazza un colorito più vivace. Lucio tiene una mano della figlia mentre le tira su i capelli dalla fronte. «Papà, torniamo a casa... Non voglio andare all’ospedale» implora affannosamente Chiara. «Ormai che ci siamo è meglio che tu faccia un controllo. Così siamo più sicuri...» Chiara con un cenno del capo acconsente. Bruno telefona alla moglie, la rassicura sullo stato di salute della figlia e le consiglia di andare a letto. «Mamma» dice Bruno, «Chiara è svenuta perché non mangia. Con Alba parla sempre del “barattolo magico” che non fa ingrassare. Io le ascolto dalla mia stanza con l’orecchio attaccato al muro.» Corre a prendere il barattolo dallo zaino di Chiara e lo da alla mamma: «Sarà veramente magico?» Teresa accenna un sorriso per tranquillizzare Bruno, ma le sue parole le hanno
messo nell’anima una straziante trepidazione. Quando ha la certezza che il bambino dorma, ritelefona al marito per avere altre notizie, ma non riesce a comunicare con lui. Decide allora di fare alcune ricerche. Digita sulla tastiera del computer “Barattolo Magico”, le parole pronunciate da Bruno, e viene fuori una carrellata di prodotti con l’elenco delle palestre dove si possono trovare. Teresa è preoccupatissima. Quando, poco dopo, al cellulare Lucio le dice che le analisi della figlia hanno dei valori sballati ed è necessario un ricovero, scoppia in un pianto che lascia sconvolto il marito. «Non ti preoccupare, Teresa, ho lasciato Chiara molto tranquilla. C’è una bravissima infermiera. Domani faranno altri accertamenti. Vedrai che non sarà nulla di grave. Prendo un taxi e vengo subito.»
Jaid, in quello stesso momento, ripensa al suo compleanno. Mai un bambino italiano gli ha rivolto la parola come è successo oggi. È anche riuscito a raccogliere tanti soldi da guadagnarsi qualche parola di approvazione da Halian e un’abbondante cena. Ora è nel suo letto e ascolta degli uomini che litigano fuori dalla baracca: con loro c’è anche il suo protettore.
Terzo capitolo
Dopo una notte quasi insonne, improvvisamente verso le sei squilla il cellulare: è Chiara dall’ospedale. Lucio, che non si perdona di non essere stato abbastanza attento alla salute della figlia, ha un tuffo al cuore e quasi balbetta: «Cosa succede? Devo venire...?» «No, papà, non succede nulla. Sto bene, ma devo tornare a casa. Stasera ho le prove...» dice la ragazza, senza riuscire a continuare. «Veniamo prima di andare in ufficio e la mamma resterà con te. Vedrai che sistemeremo tutto...» Teresa al telefono tratta la figlia con calma: «Non importa se non vuoi assaggiare quello che ti danno. Non lo prendere. In ospedale succede... Stai tranquilla.» Entrambi si sentono distrutti: hanno dedicato tempo e parecchie energie all’integrazione degli stranieri che lavorano nella loro azienda e ora scoprono che la figlia è come una “straniera”. Si chiedono in che cosa hanno sbagliato. Teresa informa Ivonne su ciò che è successo a Chiara la sera prima ed esce con Lucio. La ragazza, con un nodo in gola, va da Bruno, che è ancora in camera, ma è già pronto per la scuola e gli dice che Chiara è ricoverata in ospedale. Bruno ammutolisce e Ivonne gli sussurra: «Non sono ancora riuscita a parlare con i tuoi di Jaid. Lo farò in un altro momento. Oggi, quando verrò a prenderti a scuola, porterò il pranzo per il tuo amico.» Bruno pensa che le ore voleranno nell’attesa di rivederlo. Ma poi si rabbuia: «E se non dovesse venire? Non abbiamo l’indirizzo...» «Su, Bruno, stai tranquillo. Ci sarà, ci sarà...» lo tranquillizza Ivonne, sperando che non abbia qualche delusione in questo momento così delicato.
In classe Bruno è distratto. Ogni tanto fa cadere una matita e, abbassandosi per raccoglierla, ne approfitta per dare uno sguardo all’esterno. L’insegnante se ne accorge, lo richiama e lo fa sedere al primo banco. Per fortuna Jaid è arrivato. Ora Bruno può seguire le lezioni tranquillamente e superare perfino una difficile interrogazione di matematica. Lucio e Teresa fanno fatica a rendersi conto di quanto è successo a Chiara e di come non se ne siano accorti in tempo. «Lucio, nostra figlia rischia l’anoressìa... è una malattia che colpisce il corpo e l’anima. Non so cosa potranno fare i medici...» «Sentiamo intanto cosa dicono loro... Non fasciamoci la testa prima di rompercela!» Arrivati in ospedale, mentre Lucio cerca un parcheggio, Teresa corre da Chiara. La ragazza è euforica perché le hanno dato il permesso di tornare a casa. Questa notizia rende più sereni i genitori, che decidono di andare a parlare con il primario. Il professore li fa accomodare e li mette al corrente della situazione. Ha dato il permesso a Chiara di tornare a casa perché questa sera ha un impegno a cui non può mancare. Aggiunge che i dati delle analisi sono seri, ma non preoccupanti, anche se lasciano intravedere il possibile insorgere dell’anoressia. Se preso in tempo, il problema spesso ha un’evoluzione positiva, ma non si risolve senza la collaborazione della paziente. «Ma noi come dobbiamo comportarci con lei?» «Osservate il suo stile di vita per dieci giorni. Vi aspetto poi per decidere il da farsi.» Teresa in cuor suo ha già stabilito di restare a casa per un po’ di tempo. Dovrà occuparsi di qualcosa che ha un valore di gran lunga superiore al suo lavoro.
Chiara non è tranquilla: con la mamma e Ivonne, che la controllano, non sa come fare per non mangiare. Va a riposare in camera sua e poi parla al cellulare con Alba. L’amica, dopo aver saputo del suo svenimento, le dice: «Resisti. Stasera dobbiamo essere in forma...» «Non ti preoccupare! Prima di uscire prenderò un po’ di quella roba e porterò il barattolo con me. Potrebbe servirmi...» «Ma sei matta? Non devi portarlo! Se ti scoprono è finita. Non si fideranno più! E poi ti ricordi le raccomandazioni di chi ce l’ha venduto?» «Sì, Alba, certo che me le ricordo. Non l’ho comprato, ma trovato per caso fuori dalla palestra. Mi ha attratto la scritta... E che... Non ti fidi di me? Scusa, ti lascio. Sono stanca.» Chiara chiude il telefono e sudori freddi e caldi l’assalgono. Di solito a quest’ora del mattino sta sempre bene. Chiede alla mamma una barretta di cioccolato, sperando che le i il malessere, ma dopo il primo morso si ferma: non ce la fa a mandare giù niente. Si mette a letto, sentendo un gran freddo. Strano! È maggio e l’aria è già calda. Teresa, arrivata in camera, la copre con un plaid e le dice: «Cerca di dormire un po’. Hai ato una notte agitata e hai bisogno di riposo. Se vuoi, posso accompagnarti io stasera alle prove...» ‘ «No, mamma, assolutamente no! Nessuno in questi posti viene accompagnato dai genitori. Magari chiamo Nicol.» «Come vuoi» risponde la mamma, trattenendo le lacrime che le premono negli occhi.
Quarto capitolo
Teresa parla a Ivonne del problema di Chiara e le dice che rimarrà a casa dal lavoro per occuparsi della figlia. La giovane le racconta allora di Bruno, dell’amicizia con Jaid e del desiderio di ospitarlo in casa. Teresa, che non ha capito bene la situazione, le risponde: «Se vuole far venire un suo amico, lo faccia venire.» «Ma, signora, è un bambino indiano che suona per strada...» «Santo cielo! Ma cosa dici? Spiegami un po’.» Ivonne le racconta meglio quanto sa: «Pensi che Bruno dice addirittura che Jaid gli può insegnare a suonare il violino...» «Già, ho un figlio che pensa proprio a tutto! Come se fosse semplice prendere un bambino e portarlo a vivere con noi. Ivonne, io ho tanti problemi in questo momento... Cerca di far riflettere Bruno per ora. Poi gli parlerò io.» «Va bene. Gli ho promesso che oggi, quando lo andrò a prendere a scuola, porterò qualcosa da mangiare per Jaid...» «Sì, il pranzo puoi portarglielo anche tutti i giorni» conclude Teresa, poi si siede alla scrivania e per alcuni minuti tiene la testa tra le mani. Prende da un raccoglitore dei fogli. Fa scorrere l’indice e si ferma su alcune tematiche: “Valorizzare la diversità,.. No al pentolone, caos delle culture... Puntare all’identità arricchita..”, ma pensa che sono più adatte ai problemi del bambino indiano che a quelli di Chiara. Assorta in questi pensieri, sussulta quando Ivonne l’avverte che sta uscendo per andare a prendere Bruno e che il pranzo è pronto. Va da Chiara a chiederle se riesce ad alzarsi o se preferisce che le porti qualcosa
da mangiare in camera, ma la trova addormentata. Quando esce, dice a bassa voce: «Meno male che ha preso sonno», ma non può trattenere un leggero singhiozzo. Pensa ai suoi genitori in Marocco, dove ormai sono di casa: è il quindicesimo anno che ci vanno. Ritiene una fortunata coincidenza il fatto che in questo momento siano fuori: dovrebbe gestire anche la loro preoccupazione per Chiara! Li chiama al cellulare e li raggiunge proprio mentre si stanno recando al ristorante per il pranzo. Li sente contenti e li rassicura dicendo che tutto procede bene, facendo però attenzione alla sua voce, affinchè non traspaia l’ansia. Sulla porta della cucina trova Bruno, che si mette a parlare con lei senza interruzione, mentre Ivonne raccoglie la giacca e lo zainetto che il bambino ha seminato nel corridoio. «Capisci, mamma? Oggi Jaid era da solo. Ha detto che il signore con cui abita ieri sera ha litigato con altri e poi non è più tornato. Ora i soldi che guadagna li terrà tutti lui. Mamma, non potrebbe venire qui da noi?» Teresa, che non ha aperto bocca, cerca di farsi forza e di calmarlo. «Bruno, Ivonne mi ha detto qualcosa di lui, ma io non so niente. Lo sai che nella nostra azienda lavorano molti stranieri! Magari qualcuno di loro potrà aiutarci a far qualcosa per lui, se è del suo stesso Paese... Ora, però, andiamo a tavola. Devo vedere se Chiara si è svegliata.» «Vengo anch’io!» risponde Bruno, senza mollare sua madre che gli dice: «Se non mi lasci, non riuscirò a fare un o!»
Chiara è rimasta a letto. Poco fa, quando è entrata la mamma, ha fatto finta di dormire profondamente e si è commossa quando l’ha sentita singhiozzare. Ora la sente nuovamente entrare e avvicinarsi. Chiude gli occhi e trattiene il respiro. Non vede l’ora che esca dalla camera. Jaid, venuta la sera, mette tutte le monete guadagnate in una tasca, ma ha paura
di perderle: non è abituato ad averne così tante. Si guarda attorno e cerca Halian, ma non lo vede. Ha il contenitore di plastica portato da Bruno e ripulito fino all’ultima briciola. Lo riempie con le monete, premendo forte per chiuderlo, l’avvolge con un giornale, poi lo mette dentro un sacchetto di plastica che lega ben stretto. Pensa che, se dovrà difendersi da qualcuno, gli servirà come arma. Certo, l’idea di essere solo non lo alletta, ma cosa può fare? Non ha altra scelta, anche se una soluzione ci sarebbe... Bruno gli ha lasciato l’indirizzo e il numero di telefono. Jaid non sa leggere e non sa orientarsi nelle strade della città, ma quel pezzo di carta è per lui una sicurezza: lo mette in un taschino. Si avvia verso la meta di tutte le sere guardando in alto, chiedendo aiuto “a Chi sta oltre il sole” di cui gli ha parlato la mamma. Da lontano, vicino alle baracche, intravede parecchie macchine e uomini in divisa: non sa se andare avanti o scappare. Ma dove potrebbe andare? Forse Halian è tornato e lo sta aspettando. Si avvicina alla sua baracca, ma viene fermato da due carabinieri. «Ehi, ragazzino! Dove vai?» gli chiede uno dei due con aria burbera. «A casa. Io qui con Halian...» spiega il bambino nel suo italiano stentato. «Hai sentito?» dice un carabiniere all’altro. «Halian è forse il ventesimo nome che usa quel farabutto. Divertente no? Tu, come ti chiami?» «Io, Jaid, signore.» Il carabiniere, addolcito alla vista di quel bambino, gli dice: «Halian non potrà tornare per molto tempo. Vai nella baracca e prendi le tue cose.» «Ma io... niente, signore... Ho solo violino e soldi... di oggi: vestiti e scarpe... no.» «Bene, ragazzino... Andiamo! Forse da stasera avrai un letto come si deve. Ma prima dovrai fare un riconoscimento...»
Jaid è portato in caserma e viene rifocillato. Poi, condotto in un altro locale, gli viene chiesto di confermare se l’uomo che vede da dietro un vetro è Halian. Al suo cenno affermativo, il viaggio di Jaid dal suo lontano Paese approda in una casa di accoglienza per bambini abbandonati.
Quinto capitolo
Chiara nel pomeriggio riceve una telefonata da Alba, che si è messa d’accordo con Nicol; eranno a prenderla nel giro di una mezz’ora. Ha tanto desiderato questo momento, ma ora si sente il cervello svuotato. Fa molta fatica a mettersi in piedi. Si appoggia all’armadio per arrivare alla porta e chiudere a chiave. Nessuno la deve vedere in queste condizioni. Decide di bere il contenuto del barattolo più tardi per evitare che il suo effetto finisca troppo presto. Le hanno detto di presentarsi non truccata perché penseranno gli addetti a prepararla al provino. Si ferma davanti allo specchio e si ripete a bassa voce più volte: «Sei bella perché sei magra, sei magra perché ti controllo, ti controllo perché tu vinca. Sempre!» Quante volte con Alba ha finito questo ritornello con un urlo di vittoria! Ma in questo momento non ha neanche il fiato per parlare. Quando manca poco all’arrivo degli amici, evitando di chinare la testa perché le gira tutta la stanza intorno, rimesta dentro lo zaino e tira fuori il barattolo. Il tremito alle mani le permette a fatica di aprire il beccuccio, poi lo avvicina alla bocca e manda giù alcuni sorsi del liquido. Vorrebbe buttarsi sul letto, ma invece si appoggia a una sedia e improvvisamente sente l’energia che dalla punta dei piedi sale velocissimamente fino al cervello. Si gira di scatto, senza far caso al tonfo di qualcosa che è caduto e che non ha tempo di raccogliere. Prende il borsone con l’occorrente per la serata ed esce dalla stanza. Saluta il padre appena rientrato, Ivonne che sta per andar via e la madre, che quasi non crede ai suoi occhi vedendola così in forze, nonostante non abbia assaggiato nulla durante il giorno.
Lo squillo dell’amica sul cellulare arriva assieme alle raccomandazioni dei genitori. «Tranquilli, appena finito mi riaccompagna a casa Nicol. Non è la prima volta che esco con lui. Lo conoscete, no?» genitori la seguono dalla finestra mentre sale in macchina. Evitano, però, commenti davanti a Bruno che gironzola intorno. bambino accompagna Ivonne fino alla porta salutandola con un affettuoso abbraccio. La famigliola si mette a tavola. Teresa e Lucio cercano di mantenere un atteggiamento sereno. La spontaneità del bambino e la sua parlantina creano un’atmosfera tranquilla. Bruno approfitta di tutto lo spazio che gli viene lasciato per raccontare tutto quello che sa riguardo a Jaid. Lucio, ancora ignaro, sembra “cadere dal pero”. Sensibile ai problemi sociali, si è sempre fatto carico di tanti stranieri, offrendo loro un impiego nella sua ditta. Altri imprenditori si arricchiscono alle spalle degli immigrati, ma lui no: diminuendo il suo guadagno, permette una vita dignitosa a tutti coloro che lavorano per lui. «Con chi hai detto che vive?» «Con un signore in una baracca. Ieri sera però non è tornato e Jaid è rimasto da solo.» Teresa interviene e ricorda a Bruno quello che gli aveva promesso nel pomeriggio: avrebbe trovato una soluzione per il suo amico. Il bambino ha fiducia nella mamma e si tranquillizza. Teresa e Lucio convincono il figlio ad andare a letto e aspettano con trepidazione il ritorno di Chiara. «Lucio, ho provato a cercare su internet la composizione del prodotto che Chiara prende, ma non ho trovato molto. Il barattolo poi non porta indicazioni...»
Il marito, pieno di rabbia, non sembra ascoltare. A bassa voce e con l’autocontrollo che lo contraddistingue riesce solo a formulare una breve frase: «Pescherò i delinquenti che fabbricano quella porcheria e li porterò tutti in tribunale! Devono pagarla!» Teresa gli prende la mano e con la testa appoggiata sulla sua spalla dice: «Abbiamo superato tante difficoltà... Ce la faremo anche con questa. È una ferita nella nostra stessa carne, ma ce la faremo.» Lucio avvicina a sé il viso di lei rigato di lacrime e rimangono vicini, in silenzio, come per attingere l’uno dall’altra la forza necessaria. Improvvisamente uno squillo li fa sobbalzare. Lucio apre il cellulare: non è il numero della figlia. Dopo aver ascoltato l’interlocutore esclama: «Dove si trova? Vengo immediatamente!» Poi, rivolgendosi alla moglie: «È svenuta durante le riprese ed è di nuovo al pronto soccorso. Ma perché l’abbiamo lasciata andare da sola? Lo sapevo, me lo sentivo... Teresa, io vado. Tu resta qui. Ti darò notizie appena posso.» Lucio vorrebbe avere le ali per arrivare più in fretta possibile accanto alla sua Chiara. Teresa, piena di angoscia, mentre il marito si prepara, chiama un taxi.
Sesto capitolo
Per Chiara è deciso il ricovero. Si cerca di comunicare con lei, ma la sua risposta è il silenzio. Il sedativo somministratole la farà dormire fino alla tarda mattinata. L’indomani i medici decideranno come intervenire. Verso le due di notte Lucio decide di tornare a casa. Con la morte nel cuore, si avvia verso l’uscita dal reparto quando Nicol, rimasto tutto quel tempo nella sala d’attesa, gli si avvicina e chiede notizie. Poi, saputo che Lucio è venuto in taxi, gli offre un aggio, ricevendo un appena sussurrato: «Grazie.» In macchina, Nicol racconta che Chiara si è sentita male subito dopo aver ultimato le riprese che la riguardavano. Evita di parlare dell’indifferenza nei suoi confronti da parte della gente che partecipava alle prove, compresa Alba. Lui, dopo averla portata dietro al palco, ha chiamato l’ambulanza e l’ha seguita con la sua auto... In tutte quelle ore di attesa, ha avuto modo di riflettere come in certi ambienti le persone sono considerate “usa e getta”. Il percorso dura poco più di cinque minuti. Lucio ascolta con emozione il breve racconto di Nicol. Prima di scendere dall’auto gli stringe con calore la mano, riuscendo solo a ripetere numerose volte la parola “grazie”.
Nel frattempo Teresa vaga per la casa cercando di scoprire qualcosa che spieghi il comportamento della figlia. Si ferma nella sua camera e analizza tutto, senza toccare nulla. Non vuole curiosare. A terra, accanto alla sedia, c’è qualcosa che attira la sua attenzione: un quaderno aperto, caduto per caso. Non può fare a meno di leggere le parole che le si presentano davanti agli occhi. «Mi sento sola. Vorrei urlare forte, fortissi-mo. Non mi piaccio. Nessuno mi capisce. Perché ti fanno nascere se poi non ti considerano? Vorrei scappare, ma dove vado? Sono confusa... non c’è niente che vada a posto. Odio, amo, soffro.
Sono piena di rabbia. Ho tutto, ma non possiedo niente. Tutto scappa. Vorrei fermare qualcosa, non importa cosa, qualcosa di cui essere padrona. Gli amici fanno schifo, non sono amici, sono solo...» Lo shock è forte. Visibilmente emozionata, Teresa si siede sul letto della figlia e stringe al petto il diario come faceva con Chiara quando era piccola. Non può pensare che la sua piccola, così sicura, testarda, autonoma, soffra di solitudine. Guarda con più attenzione quel quaderno foderato di tela verde, molto spesso e con una targhetta contornata di fiori al centro della copertina, su cui è scritto: «II mio diario, muto testimone della solitudine.» Le ultime pagine si aprono con: «Eccomi, sono tornata. Mi sei mancato...» e terminano con: «Ti lascio, ma tornerò.» Nelle righe in fondo, Chiara ha annotato dei nomi e poche brevi frasi, forse brani di messaggi scambiati con gli amici tramite mail. Non c’è nessuno in camera, ma Teresa parla ad alta voce rivolgendosi alla figlia. «Scusami, Chiara, se ho letto queste tue pagine, ma solo ora che sono entrata nella tua vita, posso riportarti in vita.» E così che la trova il marito quando entra senza fare rumore. I due si abbracciano. Lucio sussurra che Chiara non ha voluto parlare con nessuno. Teresa riferisce al marito quello che ha letto nel diario. Arrivano le sette del mattino senza che i due abbiano chiuso occhio: sono angosciali di come si possa vivere con apparente normalità mentre si sprofonda in un abisso. La mattina dopo, durante le prime ore di scuola, Bruno segue le lezioni, risponde brillantemente in un’interrogazione, ma verso le dieci è preso da un’irrequietezza continua: Jaid non è ancora arrivato! «Bruno, si può sapere cosa ti succede?» È l’insegnante di matematica che lo riprende per l’ennesima volta.
«Non c’è più quel bambino indiano che suonava sotto l’albero qui fuori. Oggi non è venuto. Magari sta male...» L’insegnante non gli fa finire la frase: «Ma era con le penne o senza? Magari ti farà dei segnali di fumo più tardi.» Bruno, triste, corruccia la fronte: non gli piacciono quelle parole. Da quel momento non ascolta più quello che dicono la maestra e i compagni e, aspettando con impazienza il suono della camla, pensa: “Non capiscono niente!”
Settimo capitolo
II primario, concludendo il suo discorso, picchietta il dito sul tavolo. «... ringraziate il Cielo che vostra figlia abbia trovato un canale di sfogo!» Lucio e Teresa lo hanno ascoltato tesi, seduti davanti alla sua scrivania. Il professore guarda l’orologio, sì alza e dice che è il momento della visita ai pazienti.
Chiara è alimentata con un sondino. È sveglia, ma non risponde al saluto del professore. Quando arrivano i suoi genitori, li guarda per un attimo per poi girare di scatto il volto verso la finestra. Il professore fa cenno loro di uscire e aggiunge sottovoce che per il momento non è il caso di insistere. È meglio che vadano a preparare una relazione con tutte le informazioni che riusciranno a raccogliere sulla loro figlia. Loro escono dall’ospedale, con il dolore di non averle potuto parlare. Teresa lavora alla relazione fino all’una e mezza, poi deve dar retta a Bruno che è tornato dalla scuola, «Mamma., te l’avevo detto che Jaid dovevamo portarlo qui. Ora non c’è più e non so dove cercarlo...» Il bambino è molto agitato. Teresa cerca, con tutta la calma di cui è capace, dì farlo ragionare, promettendogli che, appena tornerà la sorella dall’ospedale, dove si trova perché la sera prima si è sentita male, andranno dai carabinieri e faranno di tutto per avere notizie di Jaid. Alla parola “ospedale” Bruno cambia espressione. «In ospedale?! E quando torna?»
Teresa risponde che non lo sa, ma che per guarire da “quella” malattia ci vuole un po’ di tempo. Poi torna nel suo studio. Vuole dedicarsi a una nuova ricerca sull’anoressia. Dopo alcuni tentativi riesce a entrare nei blog di alcune persone anoressiche e scopre che hanno una comunicazione continua tra di loro. Ogni tanto chiude gli occhi e immagina la stanza dove si trova Chiara. Fa una telefonata all’ospedale e riceve informazioni in parte rassicuranti. La figlia non è peggiorata, ma neppure migliorata: si rifiuta ancora di parlare. Ci pensa Bruno a dare un tocco di allegria quando, prima di uscire per andare in palestra, porta un disegno alla mamma. «Se vai a trovare Chiara, daglielo da parte mia...» Ha solo il tempo di darle un bacio: Ivonne è alla porta e lo sta chiamando. Teresa si commuove davanti al disegno: a sinistra c’è una ragazza con capelli lunghi portati indietro dal vento e a destra un bambino con le braccia alzate che dice: «Chiara torna presto! Ti aspetto.»
Ottavo capitolo
Teresa e Lucio intravedono la figlia dalla porta della stanza, ma un cenno negativo del suo capo verso di loro li blocca. Dopo due notti e un giorno di ospedale sembra rinata. Il suo viso non ha più un colore olivastro, ma il suo sguardo è ancora impenetrabile. Teresa porge al medico il disegno di Bruno sussurrando: «Glielo dia, per favore.» Poco dopo Chiara guarda il disegno e il barlume di un sorriso le scava due fossette sulle guance: un segno positivo per i genitori... Alla fine delle visite, Lucio e Teresa si incontrano con il medico e gli danno la busta con i dati raccolti. Lui a e ria i fogli e conclude con una certa soddisfazione: «Avete fatto un buon lavoro! Io sono ottimista sul recupero di vostra figlia. Il danno peggiore l’ha fatto il liquido di cui si è nutrita.» Poi il colloquio diventa confidenziale. Anche il dottore ha un grave problema familiare. La figlia aveva due gemelli di venti anni che sono morti schiantandosi contro un albero con la loro Ford, insieme a due amiche poco più giovani di loro. Clarissa, la loro sorella minore, è ricoverata nel reparto di Chiara, con il suo stesso disturbo, ma è molto più grave... Purtroppo sua figlia non è in grado di controllarla e di starle vicino. Il dottore, dopo essersi fermato un attimo pensoso, cambia discorso: «La vostra relazione su Chiara mi sembra interessante... Può dare degli spunti per la terapia... Domani pomeriggio vostra figlia potrebbe anche tornare a casa, sempre che non subentri qualche complicazione, ma per parecchi giorni dovrà stare a riposo ed essere controllata nella dieta.»
«Speriamo di convincerla.» «Comunque, aspetto che sia lei a telefonarvi per dire che torna a casa.»
Nono capitolo
Quando Lucio e Teresa escono dall’ascensore, trovano due carabinieri, davanti alla porta del loro appartamento. «Buon giorno!» saluta Lucio. «Buon giorno. Stiamo cercando un bambino di nome Bruno. «E nostro figlio. Perché lo cercate?» «Niente di particolare... Abbiamo trovato un bambino indiano, che dice di conoscere questo Bruno.» Entrano in casa e i carabinieri raccontano di un certo Jaid, che ha chiesto a un assistente della casa di accoglienza, in cui è ospitato, di essere accompagnato dal suo amico Bruno e gli ha dato un foglietto con il loro indirizzo. Aggiungono anche che stanno indagando per sapere se il ragazzine abbia qualche parente in Italia, che possa prenderlo in affido. «E se lo si volesse tenere noi?» esclama Teresa, girandosi poi per incrociare lo sguardo del marito. «In questo caso dovreste decidere con una certa rapidità, rivolgendovi all’assistente sociale della casa di accoglienza, che vi potrà dare tutte le indicazioni.» «Quanto tempo abbiamo a disposizione?» domanda Lucio, «Alcuni giorni» risponde il carabiniere guardando il collega, che conferma con un cenno positivo del capo.
Sono le tredici ate quando i militari salutano i due coniugi, lasciando il loro
recapito telefonico. «Cosa ne pensi?» chiede Teresa al marito. «Andiamo con ordine: la priorità è Chiara. Poi dobbiamo comunicare a Bruno che il suo amico è in buone mani. Ma non diciamogli nulla sull’affido. Non oggi.» Arrivano Ivonne e il bambino. Teresa va incontro al figlio e gli dice: «A Chiara è piaciuto il tuo disegno. Se tutto va bene, tornerà presto a casa.» «Che bello! Sono felice!» Il bambino corre in camera a mettere a posto lo zaino e saltellando torna con il quaderno di matematica e di inglese. Con orgoglio mostra i bei voti presi quella mattina, prima al papa e poi alla mamma. Teresa se lo stringe in un lungo abbraccio e prima di lasciarlo gli dice: «Abbiamo una bella sorpresa per te... Jaid sta bene.» Non riesce a finire la frase che lui comincia a tartassarla di domande del tipo: «Dov’è? Chi te l’ha detto? Quando posso vederlo? Lo portiamo qui?»
Decimo capitolo
Mentre vanno in ufficio, Teresa chiede a Lucio: «Inserire in famiglia un bambino sarà di aiuto per Chiara? Penso che dovremmo parlare con il dottore...» «Prova a chiamarlo... Il numero di telefono è nella tasca della mia giacca.» Teresa compone il numero. «Scusi dottore, sono la signora Pinzi, la mamma di Chiara... Vorremmo chiederle un consiglio su una cosa abbastanza importante... Possiamo vederci attorno alle 18? Sì, va bene... Grazie infinite.» Poi si rivolge al marito: «II dottore ha detto che ora è impegnato, ma ci incontrerà volentieri stasera.» «Dobbiamo ringraziare Dio per aver conosciuto un medico così disponibile... Non è una cosa comune...» aggiunge lui. «È proprio vero... Mi sembrava che ci fosse crollato addosso un macigno, ma ora pian piano si comincia a vedere una via di uscita. Non ti sembra?» Lucio le sorride come non fa da giorni e questo riempie di gioia Teresa. «Se con questo sorriso mi chiedessi di risposarti, io ti direi subito: “Sì, lo voglio”, come quel giorno, “nella buona e nella cattiva sorte”.»
L’azienda della famiglia Pinzi è antica. I nonni e i genitori di Lucio l’hanno fondata e fatta crescere e, nonostante il momento sia difficile, il lavoro va abbastanza bene. Teresa trova al centralino dell’ufficio una ragazza assunta da pochi giorni. Questa congiunge le mani e, avvicinando le punte dell’indice alla fronte, abbassa legger-mente il capo. A quel gesto Teresa ha un sussulto.
«Nadine, tu vieni dall’India, vero?» «Sì, signora...» «Scusa, ma di quale parte dell’India sei?» «Del Guajarat. Vengo da una bella città che si chiama Ahmedabad... La guerra ci ha costretti a fuggire...»
Teresa le racconta brevemente di Jaid e del desiderio del figlio di farlo venire a casa loro.
Al ritorno il traffico è ancora serrato. «Sarebbe interessante sapere se la regione di origine di Nadine coincide con quella del ragazzine indiano...» dice Teresa a Lucio. «Certo, potrebbe essere utile per la sua integrazione.» Teresa scoppia in una risata. «Vedi, anche tu sei arrivato alle mie stesse conclusioni. Devi ammettere che noi donne, a volte, siamo più intuitive e immediate.» I due scaricano la tensione degli ultimi giorni prendendosi bonariamente in giro. Poi pensano dove ospitare il piccolo Jaid. «La stanza accanto a quella di Bruno potrebbe andare, ma dovremmo liberarla, visto che ne abbiamo fatto un magazzino...» afferma Teresa. «Vedrai che Bruno insisterà per averlo in camera con lui. Ripete sempre che c’è tanto spazio da farci una palestra...» Finalmente, con un po’ di anticipo arrivano all’ospedale. Si dirigono in fretta verso lo studio del primario e attraversando il reparto dove si trova la loro Chiara, sentono un certo batticuore.
Undicesimo capitolo
«Ho una bella notizia per voi! Nel pomeriggio la psicologa ha avuto un colloquio con vostra figlia. Domattina vi chiamerà per comunicarvi che Chiara può ritornare a casa» dice il medico, poi chiede il motivo di quell’incontro. «È un problema alquanto complesso...» esordisce Lucio. «Vorremmo prendere in affido un bambino straniero, a cui si è molto affezionato nostro figlio Bruno. È importante per lui... Il problema è sapere se può essere negativo per Chiara inserire in famiglia un estraneo.» «Io penso di no. Anzi, potrebbe essere una buona idea... Vi consiglio, però, di informare Chiara e farla partecipe della decisione.» «Sarà meglio comunicarglielo qui o quando arriverà a casa?» chiede Lucio. «Penso che sia meglio a casa.» A Teresa vengono le lacrime agli occhi. «Non vi nascondo che i primi giorni per Chiara saranno duri, ma... ce la farà» conclude il medico. «Dottore, non abbiamo parole per ringraziarla» aggiunge Lucio. In macchina Teresa è più calma. Devono are a prendere Bruno in palestra ed è importante che il piccolo li trovi sereni, «Vedi che le cose cominciano a risolversi? Riguardo a Jaid penso che il dottore sia d’accordo» dice con voce tranquilla Lucio. «Allora prendiamolo il bambino!» «Sì, ma prima dobbiamo parlarne con Chiara.» «È vero.»
Teresa ha recuperato completamente il suo equilibrio e guarda con affetto suo marito. Arrivano al parcheggio. «Fermati qui» dice Teresa. «Vedo Bruno con il naso appiccicato al vetro: si sarà stancato di aspettare.» Il bambino entra in macchina come una furia. «Ma perché ci avete messo così tanto tempo? Sono riuscito a fare due esercizi difficilissimi. L’allenatore mi ha detto che l’anno prossimo potrò fare i campionati...» Per tutto il tragitto continua a riversare sui genitori il suo entusiasmo per il judo. Vicino a casa arriva la domanda: «Ma allora quando andiamo a trovare Jaid?» «Presto» risponde il padre. «E verrà anche Chiara?» «Può essere.» «Che bello!» esclama, saltando sul sedile di dietro e continuando a fare le mosse di judo.
Dodicesimo capitolo
La mattina dopo Teresa va con Ivonne nel “magazzino” e le spiega che c’è la necessità di sistemarlo perché potrebbe diventare la camera di Jaid. «Intanto comincia a vuotarla. Ho già detto al figlio della portinaia dì aiutarti a trasportare in cantina quello che non serve. Anche se Jaid non potesse venire, mi piacerebbe che questo posto fosse messo in ordine!» Dopo averla informata che forse nel pomeriggio ritorna Chiara, soggiunge: «Non dire nulla a Bruno di Jaid! Lui sa che verso la fine della settimana andremo a trovare il suo amico, ma non della possibilità di farlo venire qui. Dobbiamo prima parlarne con Chiara e poi essere sicuri che la legge ce lo consenta.» «Non parlerò: stia tranquilla!» Ivonne si volta e vede Bruno lì, a piedi nudi, che sbadiglia. «Cosa ci fate in questa stanza?» chiede. «Ci sono i giochi che non uso più...» «Buon giorno!» gli dice la mamma, abbracciandolo. «‘n giorno!» dice lui, aggiungendo che vuole la nutella e i biscotti. Ivonne gli scompiglia i capelli tutti in disordine e si affretta a portarlo in cucina per la colazione. Poco dopo andando con Ivonne a scuola, sembra più contento degli altri giorni. «Lo sai che per questo fine settimana vedrò Jaid? I carabinieri hanno detto a mio papa che è in una casa di accoglienza... Che brutto deve essere stare in un posto come quello! Mi aiuti a dire alla mamma se lo prendiamo con noi?» «Lo farò solo se farai il bravo...» «Sarò bravissimo... Te lo prometto!» e si mette a correre per arrivare al portone prima che lo chiudano.
Teresa sta finendo di sistemare la stanza di Chiara: ha messo in ordine tutti i ed e i giornali, di solito sparsi sul pavimento, e ha infilato in un vaso dei bellissimi fiori profumati che piacciono alla figlia. Si affaccia alla porta Lucio: «Ho trovato tutto sull’affido. Se il bambino è in stato di abbandono, è possibile. Basta che i genitori affidatari facciano domanda presentando certi documenti e fissino alcuni colloqui con un assistente sociale.» «Vieni a vedere il “magazzino”!» lo invita Teresa. «Che ti sembra? Mancano solo le tende... Non ricordavo più quanto fosse bella questa stanza!» «Come può non esserla? Non c’è nulla di sgradevole in questa casa» dice Lucio cingendole la vita con un braccio e portandola a i lenti verso il soggiorno. «Adesso, però, basta lavoro! Siediti e riposa un po’.» Teresa non fa in tempo ad aprir bocca che squilla il cellulare. «È Chiara...» sussurra. «Pronto! Ciao, tesoro, come stai? Noi, bene... Sì, per le quattro siamo lì. Vuoi parlare con papà? No? Va bene, lo saluterai dopo.» «Cosa ti ha detto?» chiede il marito. «Che il medico e la psicoioga sono appena ati: può tornare a casa.» Teresa scoppia in un pianto irrefrenabile. È contenta, ma la tensione è forte. Ivonne si affaccia alla porta. «E successo qualcosa?» «No, cara. Abbiamo appena saputo che Chiara ritorna!» «Che bello! Sia ringraziato Dio» dice, e accompagna l’esclamazione segnandosi per tre volte con il pollice, l’indice e il medio della mano destra uniti, come è uso degli ortodossi.
Tredicesimo capitolo
In ospedale il dottore mostra il foglio firmato da Chiara, spiegando che la “paziente” si è impegnata a seguire le prescrizioni dei medici. Lei, seduta accanto alla mamma con la testa abbassata, si rannicchia su se stessa, come un agnellino mansueto.
Teresa le mette un braccio intorno alle spalle e le sussurra qualcosa che la fa sorridere lievemente. Lo sguardo compiaciuto del dottore sembra esprimere il pensiero: “Quanto bene possono fare i genitori che hanno a cuore i loro figli!” Ma dura poco: subito dopo un velo di tristezza appare nei suoi occhi. Teresa in macchina tenta un dialogo con la figlia. «Hai visto qualcuno degli amici?» «Ieri è venuto a trovarmi Nicol. Sta facendo uno stage in ospedale nel reparto di ortopedia.» «Sono felice che sia venuto. È sempre stato un gran bravo ragazzo, vero Lucio? Anche i suoi genitori sono gente per bene.» «Sì, ma non è l’unico!» ribatte Chiara. La madre capisce che è meglio non insistere su quel tema e chiede alla figlia se vuole un po’ di musica. «No, ascolto la mia» risponde Chiara e si mette l’auricolare. I genitori non commentano e pensano che dovranno avere molta pazienza.
Bruno è rimasto tanto tempo alla finestra aspettando l’arrivo di Chiara. Proprio nel momento in cui si sta preparando la merenda, sente aprire la porta d’ingresso. Molla la fetta di pane e nutella sul tavolo e in un baleno è tra le braccia della sorella che, emozionata, se lo stringe al petto sotto lo sguardo felice dei genitori. Chiara si dirige subito dopo verso la sua camera ma, vedendo che nel “magazzino” tutto è in ordine, chiede: «Ivonne è tornata ad abitare con noi?» Lucio scambia uno sguardo con Teresa e decide di affrontare subito l’argomento dell’affido di Jaid: «No, l’abbiamo messa a posto per “qualcuno” che potrebbe venire a vivere qui. Prima, però, volevamo sentire il tuo parere.» Poi, aiutato dalla moglie, informa la figlia delle loro intenzioni. «A me va bene» risponde lei, alzando le spalle. «Si, però dovrai considerare quel bambino come parte della nostra famiglia, perché è solo a questa condizione che possiamo prenderlo in affido.» «Non ci sono problemi... Davvero! Ma ora vorrei riposare un po’... Papa, mi dai il tuo portatile? Il mio computer non funziona... È pieno di virus.» «Sì, ok... Al tuo darò un’occhiata stasera, dopo cena.»
Bruno, che dalla cucina ha sentito e ha capito il dialogo fra i genitori e la sorella, si presenta con il broncio. «Perché non me lo avete detto anche a me che volevate far venire Jaid?» Ci mancava solo questo! I genitori gli spiegano che voleva essere una sorpresa e che anche il bambino indiano non sa ancora nulla. Lui si rasserena. Pensa che è arrivato il momento dei compiti e che deve essere bravo per poter aiutare Jaid. L’anno scolastico sta quasi per finire. Anche se a fatica, si scioglie dall’abbraccio della mamma e, saltellando a piccoli i, va in camera sua a studiare con l’orgoglio di poter essere presto utile a un
amico.
Quattordicesimo capitolo
II primo ostacolo Chiara lo supera con successo; arriva a cena senza, che nessuno la chiami. Non sembra che abbia voglia di parlare. Però, dopo un po’, chiede a Brano qualcosa sul bambino indiano. «Si chiama Jaid» puntualiz2a il ftatellino, e da lì in poi il pulpito è tutto suo. Racconta come lo ha spiato dalla finestra della sua aula. Un giorno ne ha parlato con un compagno di classe, che gli ha detto: «Lascialo perdere... Mio padre dice che sono come delle sanguisughe.» A Lucio non piace che Bruno vada avanti con questo discorso e propone ai familiari di andare a fare un giro: la serata è bella e una eggiata in centro potrebbe essere piacevole. Il piccolo aderisce immediatamente, ma Chiara non ne ha voglia e Teresa decide di rimanere a casa con lei.
Molta gente si gode il fresco della sera. La giornata è stata decisamente estiva, nonostante sia ancora primavera, ed è difficile trovare in un locale un posto libero per sedersi. Da un tavolino arriva un saluto: «Buona sera, dottor Pinzi!» Lucio si gira e vede Nadine, la sua giovane dipendente indiana con il marito. Si avvicina salutando entrambi cordialmente e viene invitato a sedersi con loro. Bruno, che si accomoda prima che il papa possa dire una sola parola, muore dalla voglia di parlare con Nadine: sa che lei è indiana, perché ne ha sentito parlare dalla mamma.
«Siamo venuti qui a bere qualcosa di fresco. Possiamo ordinare anche per voi?» dice la giovane donna con gentilezza. Lucio vorrebbe rifiutare l’offerta, ma ha paura di offendere i due giovani e con un bel sorriso risponde: «Molto volentieri.» Incoraggiato dalla risposta del papa e dopo aver ordinato un bel gelato, Bruno chiede a Nadine se gli può insegnare alcune parole della sua lingua, perché presto verrà ad abitare a casa sua un bambino indiano. Provano un po’: lei dice alcune parole e lui le ripete, creando un’atmosfera di allegria tutto intorno. Lucio racconta ai due giovani sposi la storia di Jaid e aggiunge che lui e la moglie potrebbero aver bisogno di loro, per conoscere un po’ meglio la mentalità di un bambino indiano, poi invita il figlio a finire il gelato, che gli si sta quasi sciogliendo in mano, e si alza per andare. Ormai è tardi. Salutando esclama: «La prossima volta offriamo noi. Vero, Bruno?» «Sì... e continueremo con le lezioni.» Tornando a casa, il ragazzine si diverte a ripetere le parole indiane, storpiandole un po’. «Sarà meglio che il tuo amico impari bene l’italiano!» gli dice il papa ridendo. «Lo imparerà, vedrai. Ho intenzione di portarlo a scuola con me» replica il figlio.
Quindicesimo capitolo
Teresa, a casa, tenta di parlare con Chiara, ma questa è quasi sempre al telefono o al computer. È contenta perché l’ha sentita parlare con Nicol, che le sembra un ragazzo con la testa a posto. Le chiede a che punto è con le interrogazioni e le verifiche a scuola: deve stare a riposo per un po’ di giorni e l’anno sta per finire. «Stai tranquilla... Sono a posto con tutto!» Teresa riflette sul fatto che Chiara è sempre stata molto brava e che i suoi insegnanti non si sono mai lamentati di lei. Al suo arrivo, Bruno racconta alla mamma l’incontro con Nadine, poi va dalla sorella, la abbraccia e le augura la buona notte.
Lucio e Teresa si sentono stanchi. I figli dormono. Sono contenti che la famiglia sia riunita. Anche se è tardi, vanno sulla veranda, dove la vista della città è straordinaria. La serata sarebbe ideale per dormire all’aperto: il ciclo è stellato e i rumori del traffico, ormai ridotto, vengono attutiti dalla cornice di alberi che circonda la casa. «Sembra Impossibile...» esclama Lucio, «che in un mondo così bello c’è chi trama per la sua distruzione.» «A cosa ti. riferisci?» ribatte Teresa. Lui sospira. «Prima o poi dobbiamo affrontare il problema del “barattolo magico”.» «Potremmo chiedere al dottore se ci suggerisce un modo per scoprire e denunciare i delinquenti.»
Alla parola “delinquenti” Lucio rimane silenzioso: ha l’impressione di non essere più sotto quel ciclo stellato, davanti allo spettacolo di luci della città... Teresa aggiunge: «Se non c’è la sua testimonianza, oltre alle analisi che dimostrano il danno di quella sostanza nell’organismo, non sarà facile inchiodare i responsabili della ditta.» «Hai ragione. Ora però quello che conta in assoluto è che Chiara recuperi... Il resto verrà dopo.» «È in pericolo anche Alba, che in questi giorni non l’ha più chiamata...» «Forse dovremmo avvisare i suoi genitori... ma più di questo non possiamo fare.» Teresa non vuole che il marito si angosci con questi pensieri e lo invita a rientrare: il giorno dopo avranno molte cose da fare per prepararsi all’arrivo di Jaid. «Ma no, dai, stiamo qui ancora un po’...» la prega lui. Dopo due ore si svegliano infreddoliti. Le luci della città sono ancora accese e il ciclo fa da sfondo alle sue infinite stelle luccicanti.
Sedicesimo capitolo
È arrivato il giorno dell’arrivo di Jaid. Bruno, già in piedi, fa la spola tra la sua stanza e quella di Jaid, Ha fatto vacanza perché ìl piccolo ospite, trovandolo a casa, si senta più a suo agio, Ivonne osserva che sulla scrivania di Jaid c’è un cumulo di penne, matite, pennarelli, album, libri a fumetti,.. Sembra un bazar, «Bruno, ma quanta roba stai mettendo? Il tuo amico non è abituato ad avere così tante cose!» Si avvicina al piccolo, si siede e lo prende sulle ginocchia. Fino a uno o due anni prima lo teneva così, quando doveva spiegargli qualcosa. «Vedi, se dovessero venire qui i miei fratellini e trovassero una scrivania così piena, si sentirebbero in soggezione... Potrebbe essere così anche per Jaid.» Bruno mette il muso, proprio come quando era piccolo. Lei continua: «Riportiamo tutto in camera tua. Quando viene fagli scegliere quello che vuole: si sentirà più libero.» Il bambino si svincola dall’abbraccio di Ivon-ne e, senza dite nulla, riporta nella sua camera molti oggetti. Ivonne lo conosce bene e non si stupisce del suo silenzio: sa che se non dice nulla è perché si fida di lei. «Dov’è Bruno?» chiede Teresa. «In camera sua.» La mamma entra e trova il figlioletto sdraiato sul letto, alle prese con un giochino elettronico. «Alzati! Ho preso lo scatolone con i tuoi vestiti dell’anno scorso. Magari
possono andar bene a Jaid.» Ne tira fuori alcuni, poi conclude: «Sì, possono andare. Li metto già nell’armadio, così non ci pensiamo più.» «No, mamma! Anche lui ha il diritto di scegliere. Prima faglieli provare. Li metteremo dopo nell’armadio...» Teresa si gira stupita verso il figlio. «Certo, hai ragione. Perché scaricare tutto, senza il suo parere? Bravo, sono contenta di te!» Gli si avvicina e gli schiocca un sonoro bacio, ricambiato con affetto. Ivonne, soddisfatta, fa l’occhiolino a Bruno.
Lucio è andato presto in azienda: deve controllare le spedizioni e l’arrivo di un nuova macchina, ma vuole essere a casa all’arrivo del bambino straniero. È preoccupato per il rifiuto di Chiara di fare colazione. Però cerca di tranquillizzarsi pensando che il dottore aveva già preannunciato una tale possibilità.
Diciassettesimo capitolo
A mezzogiorno in casa Pinzi c’è una specie di terremoto. Lucio rientra annunciando che l’educatore e l’assistente sociale accompagneranno Jaid verso l’una e mezza: arriverà dopo aver mangialo, Ivonne, che sta terminando la torta di benvenuto, si rivolge a Teresa; «Signora, la tagliamo quando artiva il bambino?» «Certo! E devi esserci anche tu.» «Volentieri. Ma Chiara, lo sa?» «No, vado ora a dirglielo. Il violino di cioccolato non appoggiarlo sulla panna: lo metteremo all’ultimo momento. Non vorrei che con questo caldo sprofondasse nella torta... Metti tutto in frigo.» Teresa va da Chiara, che è ancora a letto, e le si siede vicina. «Stai bene?» La figlia non risponde. «Ti senti stanca? Il dottore ha detto che è per via delle medicine... Ma si vede che stai meglio. Non vuoi alzarti e prendere un po’ di sole nella veranda?» Un secco “no” mette fine alla proposta, ma Teresa non si scoraggia: «Fai come credi meglio... Dobbiamo anticipate il pranzo perché Jaid sarà qui dopo l’ima. Al suo arrivo, mangeremo la torta. Ivonne ha fatto un’opera d’afte.» «Ci sarò. Ma ora voglio dormire ancora un po’.» Appena Teresa chiude la porta, sente la figlia chiamare al telefono Nicol.
Al suo arrivo, il piccolo straniero appare timido e impacciato e ha dei buoni motivi per esserlo. Da quando ha lasciato la baracca di Halian, che non ha più rivisto, è stato ospitato nella casa di accoglienza e vi si è trovato abbastanza bene. Ora conosce un nuovo ambiente e soprattutto ritrova Bruno, l’unico bambino italiano che gli ha rivolto la parola. I due piccoli amici si abbracciano, facendo così commuovere gli adulti. Poi Jaid viene accompagnato nella sua stanza. Quando capisce che è tutta sua, sbarra gli occhi e volgendosi a Ivonne dice: «No... questo... tanto per me.» «Lei si chiama Ivonne ed è la nostra tata» gli dice Bruno. «Tata?! Cos’è... tata?» Bruno si scontra con la difficoltà di comunicare e chiede aiuto alla mamma. Jaid è confuso e stringe a sé il suo violino. Troppe sono le novità! Quando l’assistente sociale e l’educatore vanno via, tutti si dirigono verso la sala, dove li aspetta la torta di Ivonne. Lì c’è Chiara, che voltata verso la finestra, guarda fuori e sembra indifferente a quello che sta succedendo. Quando Jaid entra con Bruno, la fissa ed esclama a voce alta: «Mamy! Mamy!» Chiara si gira di scatto e con uno sguardo sorpreso osserva il nuovo arrivato, che si accosta a Bruno come a chiedergli aiuto, mentre grosse lacrime gli solcano il viso. Con un po’ di fatica gli adulti intuiscono che la gonna lunga di Chiara e la schiena coperta dai capelli scuri e lisci hanno ricordato a Jaid la mamma.
In quel momento qualcosa è cambiato in Chiara, come d’incanto. Non è più quella di prima. La parola “Mamy” le ha dato una scossa.
Jaid ha risvegliato in lei dei sentimenti che sembravano spenti per sempre: sente che deve prendersi cura di quel bambino... Nelle foto scattate per ricordare quel “primo giorno”, Chiara gli è sempre accanto e lui la guarda con affetto.
Epilogo
Otto anni dopo è la stessa Chiara che racconta la sua uscita dal periodo “nero”, grazie a Jaid, in una conferenza, che ha lo scopo di contrastare i siti “Pro Anoressia”. È stata organizzata in un teatro cittadino dal suo medico, il primario, e dai genitori, tutti visibilmente emozionati e seduti in prima fila. La sua testimonianza è servita a bloccare coloro che vendevano il “barattolo magico” e a risalire ai produttori dell’intruglio. Ora, assieme a Nicol, è titolare di una palestra, il cui nome è “Sport Pulito”. «Jaid è un bel ragazzo di sedici anni, come mio fratello Bruno. Tutti e due sono qui con me e ora saliranno sul palco» conclude la sua testimonianza Chiara. Un applauso si alza dalla platea. Bruno si rivolge al pubblico. Dice che Jaid ha superato brillantemente gli esami di terza media e continua al conservatorio gli studi di violino. Poi aggiunge con ironia: «Ho tentato di imparare a suonare anch’io e Jaid ha avuto molta pazienza con me, ma non c’è stato niente da fare... Vuoi dire che mi accontenterò di fare l’agente di questo “grande artista”!» Il pubblico ride e applaude. Subito dopo Jaid, preso il suo violino, fa vibrare con una dolce melodia indiana i cuori degli spettatori. Alla fine scatta un lungo applauso, accompagnato da una standìng ovation.
Sono trascorsi altri anni. Chiara vive serena, impegnata nella sua palestra,
insieme a Nicol, con il quale ha un progetto molto impegnativo... quello del matrimonio. Bruno ha continuato gli studi e ha cominciato a lavorare nell’azienda paterna. Jaid è diventato un violinista, molto apprezzato dal pubblico. Grazie all’appoggio della sua nuova famiglia, il ragazzo è riuscito ad avere notizie dei suoi genitori. Li credeva morti, invece si erano salvati dall’esplosione pur subendo delle gravissime ferite, che avevano costretto i due poveretti per lungo tempo in ospedale. Quando ne erano usciti, si erano convinti che il loro figlioletto fosse morto perché, nonostante tutti i loro tentativi, non erano più riusciti a trovarlo. Sono stati rintracciati, grazie all’intervento dell’ambasciata e del consolato italiani, che hanno attuato complesse e lunghe ricerche, I Pinzi li hanno fatti arrivare in Italia e la famiglia di Jaid si è riunita.
Oggi, quando il giovane guarda il ciclo o suona il suo amato violino, pensa commosso a “Chi sta oltre il sole”, che ha sempre vegliato su di lui e sulle sue due amate famiglie, quella indiana e quella italiana.
Appendice
Vengono riportate qui di seguito alcune testimonianze sull’anoressia, trovate da Lucio e Teresa durante le loro ricerche in Internet.
«Non ho fame di cibo, quello posso trovarlo dove voglio, ma ho fame d’amore, dove lo trovooo?» «Ora di pranzo: con una scusa dico ai colleghi che ho un appuntamento due caseggiati oltre l’ufficio. Mi siedo al tavolo di un bar, ordino un trancio di pizza, il più piccolo possibile. Tento di mandare giù un boccone che gira e rigira accarezzando palato e denti, mi faccio forza e come una medicina amara la pallottola prende il cammino verso lo stomaco. Al suo arrivo salgono i sudori e la nausea degli odori mi invade. Pago in fretta il conto e torno nel mio ufficio. Non voglio parlare con nessuno, lascio la porta del bagno aperta così nessuno si accorge che ogni cinque minuti per tre volte vado a vomitare. Dopo questo gesto mi sembra che il mio mondo sia risorto. Sono di nuovo in grado di gestire la mia vita.» «L’ago della bilancia scende e più scende più sono felice.» «Adoro guardarmi le cestole in rilievo, le anche che spuntano come uncini.» «Sono triste: la mia amica non ce l’ha fatta. Abbiamo cominciato insieme. Da sola come facciooo?» «Sto male, non è il pancreas, non è il fegato. Il dottore dice che devo lavorare sulla testa, ma lui non sa che il male è allo stomacooo!»
La seguente, invece, è la storia di una mamma di 36 anni che ha deciso di salvarsi la vita in seguito alla visione scioccante di alcune sue immagini che mostravano un corpo completamente trasformato in pochi mesi.
Nelle ultime foto la donna appariva scarna, guance incavate, capelli radi, occhi infossati e un corpo così sottile da fare impressione. Nell’insieme sembrava più vecchia di trent’an-ni. Una scossa per lei, tanto da farle scattare la decisione di riappropriarsi di se stessa, di guarire» Ricomincia con sforzo a mangiare seguendo una sola cura: documentare i suoi progressi scattandosi una foto ogni trenta giorni per sedici mesi. Ha reso pubblico il suo diario fotografico nella speranza che possa aiutare i malati di anoressia.
Indice
Primo capitolo
Secondo capitolo
Terzo capitolo
Quarto capitolo
Quinto capitolo
Sesto capitolo
Settimo capitolo
Ottavo capitolo
Nono capitolo
Decimo capitolo
Undicesimo capitolo
Dodicesimo capitolo
Tredicesimo capitolo
Quattordicesimo capitolo
Quindicesimo capitolo
Sedicesimo capitolo
Diciassettesimo capitolo
Epilogo
Appendice
Dal buio alla luce - Alda Prinzivalli
Stampato nel mese di settembre 2012 da www.stampalibri.it - Book on demand
Versione digitale realizzata da: Eugenio De Angelis nel mese di settembre 2012