TUMÉNG
Maria Pellegrini
Virrealismo Publishing
CONTENUTO Riconoscimenti Della stessa autrice Tuméng Nota Biografica
Riconoscimenti
Tuméng Maria Pellegrini Pubblicato da Virrealismo Publishing © Virrealismo Publishing 2013 Tutti i diritti riservati
In Copertina: Spaceship approaching a nebula © Philcold , Dreamstime.com ISBN 9781909078109 eBook I Edizione 2013
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Della stessa autrice
Narrativa:
VIRTUALITÀ REALI
GUERRIERA PER CASO
CAMBIAMENTO DI STATO PRIMA FASE
RACCONTI DALLA GALASSIA MADRE – una collezione di racconti che include:
– Tuméng – Pianeti Sotto Vetro – Cervelli Prestati – Zetana la Disconnessa – La Guerra dei Plutonidei
Saggistica: (in inglese)
Robotics and Virtuality – How The Future Will Be Transformed By Robotics And Virtual Reality
Intelligent Technology 2.0 Presages the End of Global Corporations
Man Driven Brain Evolution The Road To New Intelligent Life Forms
Tuméng
Una parte di Universo dove il vuoto, i pianeti, le stelle e tutti i corpi celesti sono immersi nell’Impercettibile. Una Missione per salvare un pianeta. Un capitano provvisto di mappe astrali e strumenti per viaggi intragalattici mai visti. Un sensazionale incontro tra due potenti leader dentro le simulazioni mentali delle loro stesse memorie. Infine una rivelazione di proporzioni cosmiche durante una metaforica ascesa a un monte ventoso.
La storia del capitano Tuméng utilizza l'allusione di open source contro il software proprietario quale veicolo per esplorare il delicato tema dell’intelligenza artificiale. Tuméng è un Ricostruito, un'intelligenza artificiale, Zuan è il leader delle Missioni di Oscuramento, diffidente dei Ricostruiti. Uno scontro inevitabile e un incontro coinvolgente tra queste due tipi di menti, la storia ruota intorno a speculazioni su possibili risultati della ricerca sulle intelligenze artificiali.
Dedicato alle comunità Open Source.
Il viaggio era stato lungo e pieno di sorprese. Credo che io stessa e quanti furono selezionati tra l’equipaggio per partecipare alla fase finale dell’operazione eravamo tutti ben lieti di partire per raggiungere il satellite e il suo pianeta e portare a termine questa audace ma difficile missione. Se poi saremmo riusciti ad attraversare di nuovo la galassia, questa era un’altra questione. Avevamo lasciato l’astronave principale con una flotta di trenta navicelle; ognuna ospitava due di noi, attrezzature e rifornimenti minimi. Il capitano Tuméng propose invece di seguirci con la sua nave personale che secondo lui sarebbe stata felice di uscire dalle stive e finalmente, come noi, "respirare di
nuovo l’odore dello Spazio" aveva detto. Pur non comprendendo quella strana forma di sensibilità verso una macchina, ma forse la sua era solo una sottile, amara ironia, vero è che quel vascello era di certo più capiente delle nostre normali capsule da installazione e dunque glielo concessi senza esitazione. L’astronave era grande abbastanza da trasportare comodamente provviste e personale di bordo aggiuntivo e anche alcune navette di scorta oltre ad attrezzature supplementari per l’allestimento della base di monitoraggio. Atterrammo sulla più piccola delle due lune la quale, già lo sapevamo, oltre a essere il satellite più vicino a questo nuovo mondo aveva anche una distanza e una grandezza ottimali per un pianeta di quelle dimensioni. Avevamo più volte osservato che tali caratteristiche erano associate a una buona stabilità climatica, la quale a sua volta spesso significava evoluzione della vita a lungo termine. Il che era un’ottima notizia. Il caso aveva voluto che la strumentazione di bordo di una delle mini-astronavi da ricognizione, lanciate in precedenza all’avanscoperta, aveva individuato proprio su questo satellite minore una grande caverna naturale. Avevamo sperimentato da tempo e con successo in molte altre missioni l’utilizzo di simili cavità. Le grotte erano perfette per il nostro scopo essendo già protette da meteoriti, sbalzi di temperatura, radiazioni dannose e così via. Perciò allestimmo qui dentro senza troppe complicazioni la temporanea base di osservazione. Dai laboratori provvisori con l’aiuto dei nostri potenti strumenti identificammo per prima cosa le zone più montuose del pianeta, selezionammo i migliori picchi strategici e alla fine stabilimmo i punti di atterraggio di ogni navicella. La corretta valutazione delle posizioni geografiche e le quote di atterraggio erano determinanti per la perfetta riuscita dell’operazione. Continuammo poi a seguire il corpo celeste per un periodo orbitale intorno alla sua stella lungo abbastanza da permetterci di fare tante altre importanti scoperte. Sin dall’inizio, comunque, i dati acquisiti avevano confermato che il pianeta era vivo! Le informazioni raccolte e catalogate nei sistemi della base sarebbero state trasferite in quelli dell’astronave principale e queste erano l’unica preda consentita. Solo e soltanto dati virtuali, niente altro poteva essere prelevato dal pianeta. Perfino noi stessi, le navicelle e tutti gli strumenti dovevano essere decontaminati con estrema attenzione prima di lasciare il sistema solare, e anche prima di rientrare nel nostro e ciò per ovvi motivi di sicurezza dal momento che
pollini, batteri o qualsiasi altra forma di vita organica o semi-organica avrebbero potuto causare disastri ecologici imprevedibili se per errore importati sul nostro pianeta. La Natura si evolve e si moltiplica e in un certo senso si ripete ma non necessariamente nello stesso modo e tante sono le possibilità di combinazione degli atomi.
Il tempo di concludere la missione era arrivato. Dopo aver controllato ancora le attrezzature, ci preparammo per la discesa finale sul pianeta. I dispositivi che ogni navetta doveva trasportare servivano a creare le necessarie interferenze nei campi elettromagnetico e gravitazionale per cancellare la visibilità e in questo modo oscurare il pianeta e i suoi due satelliti. Era un metodo ben collaudato e il successo delle Missioni di Oscuramento era essenziale per la salvaguardia della vita nella nostra parte di universo. Le attrezzature di bordo di ogni shuttle erano state calibrate a seconda dello specifico punto di atterraggio assegnato. Quello che avrei pilotato io sarebbe dovuto scendere su un rilievo di bassa quota e ne fui più che lieta. Il fatto è che partecipavo raramente di persona alle missioni e le poche volte che era capitato, pur avendo cercato di far parte delle squadre operative delle fasi finali, non avevo mai avuto successo per un motivo o per un altro. Proprio così, non ero mai riuscita ad assaporare le tante atmosfere aliene della galassia che avevamo salvato. Quella pertanto era l’occasione che aspettavo. Dato che le condizioni ambientali erano abbastanza compatibili con i nostri corpi, richiesi di partire prima degli altri insieme a un copilota propenso ad accettare la salita a piedi dell’ultimo tratto del monte anziché atterrare sulla vetta. Avremmo dovuto indossare speciali tute di protezione, chiaro, e utilizzare un sistema di respirazione capace di filtrare ogni sorta di impurità potenzialmente dannosa, ma ciò non era un problema. Le uniformi da sbarco erano fatte di un materiale speciale che le rendeva leggere e pratiche da indossare e il depuratore per l’aria era un sistema tanto complesso quanto facile da usare. Devo ammettere, avendo visto questi ultimi modelli, che disegni e tecnologie impiegati per la loro realizzazione miglioravano da missione a missione. Mi comunicarono che il copilota stava arrivando. Per quanto le mie idee sul capitano Tuméng fossero cambiate molto durante quel viaggio non mi sarei certo aspettata che una richiesta simile alla mia fosse arrivata proprio da lui. Vero è che gli avevo, come dire, salvato i circuiti e da allora ci eravamo un po’
avvicinati, ma non ero ancora sicura di aver fatto bene e in ogni caso non avevo ancora avuto il tempo di riflettere sull’accaduto. Me lo ritrovai nella navetta da sbarco e sinceramente credo che d’impulso se non avessi già avviato i motori avrei di sicuro richiesto una sostituzione. Avrei voluto evitare volentieri un incontro ravvicinato, soprattutto perché avevo cominciato a sospettare nel capitano una forma di percezione inconcepibile per quelli della sua specie. Sebbene prima della partenza fossi stata messa al corrente che tale possibilità non poteva essere esclusa, non ne ero ancora troppo convinta. Inoltre pensavo di non essere pronta per affrontare l’eventuale straordinaria circostanza. Tuttavia, mi dissi, un confronto prima o poi doveva avvenire e dunque senza dire una parola lo lasciai aggiustare al suo posto e partimmo. Seguimmo senza problemi la rotta stabilita. Così come la traversata galattica, i calcoli effettuati con gli speciali strumenti di bordo si rivelarono corretti. Erano stati realizzati specificatamente per questa missione seguendo proprio le istruzioni dello stesso Tuméng. In breve tempo entrammo nell’atmosfera del pianeta. La navetta ci sbarcò in una radura e riprese il volo con il pilota automatico dirigendosi verso la cima dove ci avrebbe aspettati per il ritorno al satellite.
Iniziammo la salita. Il silenzio, cominciato già nello shuttle, continuò a farci strada per un bel tratto accompagnato dal rumore dei sassi che spostavamo, il vento insistente e, almeno per me, un gradevole odore di selvatico sebbene a momenti fin troppo intenso. Ero quasi contenta di quelle innocue percezioni naturali, distraevano la mente e mi facevano sentire viva. In una piccola valle avvistammo un nativo e facemmo appena in tempo a prenderne le sembianze con il simulatore di base prima che si accorgesse di noi. L’essere ci venne incontro senza fretta, quasi ci stesse analizzando e involontariamente ci aiutò a rompere quell’imbarazzante mutismo. Tuméng aveva inserito nel suo corpo un eccellente sistema di comunicazione, ce lo aveva dimostrato durante il viaggio insieme a tutto l’arsenale di sofisticati strumenti tecnologici che aveva portato con sé. Il congegno gli permetteva di mettere insieme, comprendere e ripetere molte combinazioni di suoni gutturali logici. Fortuna volle che era compatibile con l’idioma del nativo e Tuméng senza alcuno sforzo, come fosse stato il suo vero linguaggio, fece da interprete.
L’indigeno ci disse, su nostra richiesta, che almeno lui non si era mai allontanato troppo da quella valle ma sapeva di un sentiero che altri spesso usavano per spostarsi più in alto, se più in alto era dove noi pensavamo di andare. Ce lo indicò bofonchiando qualcosa che Tuméng non fu capace di tradurre, così almeno disse, ma accettò di buon grado una tavolozza proteica, chiaramente fiutata fin dall’inizio, che fummo costretti a rivelare e cedere. Non sembrava troppo interessato ai nostri piani e dopo esserci gironzolato un po’ intorno, incuriosito dalla nostra presenza in coppia "molto rara tra quelli della nostra specie" ci fece notare, decise di continuare per i fatti suoi. Per quanto breve, l’incontro ridimensionò la nostra alterigia e ci ricordammo in un momento di trovarci in un mondo alieno e il nativo avrebbe potuto essere molto più aggressivo e magari velenoso perfino letale, lui per noi ma anche noi per lui come era successo altre volte. Difatti nel caso di un confronto anche una minima lacerazione nelle nostre tute di protezione avrebbe potuto essere mortale e la simulazione non sarebbe più stata di tanto aiuto a nessuno. "La traccia sembra salire su questo versante e poi prosegue lungo il crinale. Io suggerirei di seguirla", mi disse Tuméng dopo aver velocemente programmato il percorso con il suo sistema di navigazione. Con disinvoltura spiegò poi, più rivolto al mio silenzio che a me suppongo, che tra le altre cose l’apparecchio gli permetteva di rilevare anche la natura e la compattezza del suolo e da ciò aveva potuto dedurre che si trattava proprio di un percorso calpestato più volte dai nativi. Decisi di entrare nella conversazione e gli feci notare che potevano essere stati anche solo il vento o altri fenomeni naturali ad averne disegnato l’andatura e dunque la traccia non era necessariamente la più idonea. "Possibile ma improbabile", mi rispose quasi di riflesso quell’insopportabile intelligenza meccanica, "considerato che anche la copertura vivente seguiva esattamente l’apertura", aggiunse. Avrei voluto ribattere ma mi trattenni. Sentivo che le parole mi avvicinavano troppo alla sua essenza e forse quello era il suo vero obiettivo e in ogni caso non sarebbero servite a niente. Lui avrebbe insistito nella sua ipotesi, magari quel suo strumento era anche capace di rilevare l’esatto angolo di taglio della materia che sporgeva rada sul bordo della traccia. "Rotture intenzionali generate da altri esseri viventi e dunque non casuali, provocate dagli elementi", mi pareva di averglielo già sentito dire. Feci un ultimo tentativo di fuga e mi misi a seguire quello che pareva un sentiero. Corretto, scendeva un po’ ma mi sembrava più
comodo, feci eco alla sua voce che mi richiamava con insistenza facendomi notare che avevo preso una traccia sbagliata. Diversione inutile. In un momento me lo trovai accanto di nuovo. La bassa quota non aveva alterato il paesaggio che si presentava ancora aspro e duro eppure di una maestosità austera impressionante e la vita che l’aveva conquistato ne aveva preso fedelmente le forme. Dopo un po’ Tuméng mi disse che se avessimo continuato a scendere a valle poi per risalire, secondo i suoi calcoli, non ci sarebbe rimasto altro che avventurarci su per un costone per niente piacevole, molto ripido, pietroso e troppo esposto a quel dannato vento. Precisò che la decisione sarebbe stata tutta mia, essendo io il capo dell’intera missione e non essendo più a bordo dell’astronave principale, dove invece era lui il capitano. Tuttavia, era convinto che se io avessi insistito a rimanere su quel sentiero avremmo per certo ritardato il nostro arrivo sulla cima e quanti ci avrebbero dovuto aspettare a quote più alte non ne sarebbero stati tanto felici. Chissà quanto avrebbe ancora continuato se non lo avessi interrotto. Controllai la mappa che mi porgeva e, dopo aver fatto io stessa alcuni tentativi con il sistema per valutare altre possibilità, non potei che dargli ragione. Ricalcolammo dunque la direzione per tornare sul sentiero di partenza e ci affidammo allo strumento di navigazione. Per riguadagnare tempo risalimmo, non senza fatica, arrampicandoci su per le rocce che sembravano puntellare l’intero dorso della montagna. Finalmente ritrovammo il sentiero iniziale, ma essendo entrambi esausti decidemmo di fare una sosta. Il momento era arrivato. Un attimo di imbarazzante indecisione e dunque mi risolsi di anticipare la risposta alla prima domanda, che ero sicura mi avrebbe posto. "Ho voluto seguire di persona questa missione perché non mi fidavo", dissi senza troppi preamboli dato che per me, come ho già spiegato, la conversazione era cominciata nel momento in cui avevamo lasciato la base lunare. "Di cosa non ti fidavi, Zuan? Della mia teoria sulla definizione di distanza o della rotta che proposi? Della strumentazione di bordo che suggerii di adottare oppure della natura della mia intelligenza?" "Un po’ di tutto", risposi senza esitazione. Così dicendo, tirai fuori dalla mia attrezzatura da viaggio un memoclonatore,
una specie di memoria personale portatile che potevamo connettere con i nostri cervelli a nostro piacere. Era uno strumento di annotazione che noi tutti usavamo soprattutto per note giornaliere giacché capace di appuntare tutto quanto capitava, dai fatti nudi e crudi ai pensieri individuali e molte altre osservazioni private. Classificavamo poi questa specie di dati mnemonici personalizzati e li formattavamo per inserirli in sezioni particolari dello strumento. Queste raccoglievano le memorie a lungo termine che potevamo rivisitare in ogni momento per noi stessi o anche selezionare e riprodurre per condividere con chiunque altro, con l’aiuto degli annessi simulatori. Un marchingegno eccezionale, pervenutoci da un lontano pianeta, che si era rivelato utile in tante occasioni ed era molto utilizzato in particolare nelle comunicazioni. Lo poggiai su una sporgenza piatta della roccia a riparo della quale ci eravamo fermati. Non volevo perdere troppo tempo, dissi ingannando me stessa, e connettere le nostre menti dentro la simulazione delle nostre reciproche memorie era il modo più veloce per affrontare la questione. Tuméng mi sorrise e mentre anche lui preparava il suo memoclonatore mi chiese con lo sguardo se ero davvero decisa ad andare avanti. Sapeva bene che il tempo non c’entrava niente. "Non ci sono problemi", gli risposi con indifferenza, "siamo abituati da generazioni ad assorbire quanto contenuto nei circuiti delle macchine." Mentii. Non potevo più ignorarlo e provai uno strano imbarazzo. "Più che giusto", mi rispose senza battere ciglio, ma non mi sfuggì il suo dispiacere quasi si fosse aspettato, come forse sarebbe stato giusto, una risposta diversa. Tuméng sembrava non accettare la sua natura cibernetica e penso che questo sia stato proprio il motivo principale del mio dilemma e della mia reticenza a incontrarlo da vicino. Era un confronto che temevo di non essere in grado di poter gestire dal momento che io stessa, come ho già detto, cominciavo ad avere dubbi sulle sue origini e lui se ne doveva essere accorto. "Una domanda..." dissi mentre mi accomodavo come meglio potevo a riparo del vento, "Se avessimo continuato su questo sentiero senza deviazioni quanto vantaggio avremmo avuto sugli altri?" "Diciamo che, con il tempo aggiuntivo concessoci per la nostra scalata meno quello perduto nella diversione", mi rispose senza neanche controllare gli strumenti gettando lo sguardo nella distanza, "direi che siamo già abbastanza vicini alla cima e possiamo permetterci una bella sosta e avremo anche il lusso di
riposarci sulla sommità e ammirare il paesaggio, prima dell’arrivo delle navicelle sugli altri picchi." "Allora come immaginavo, non è stato il nativo a suggerirci il tracciato, lo avevi già calcolato..." "Corretto!" mi interruppe. "Ah bene, allora abbiamo un’intelligenza che sa anche mentire." "No, calcolare" mi rispose abbassando lo sguardo. "Zuan, il fatto è..." riprese a dire un po’ indeciso ma con una forza e una sincerità disarmante impossibili per un Ricostruito normale della sua specie, "Io credo che forse non avremo più modo di parlarne. Il ritorno sarà molto impegnativo, lo sai, ci sono molti vortici da affrontare anche se ora abbiamo delle buone mappe. Comunque sia, ci aspetta un viaggio che potrebbe non concludersi. E io voglio sapere." Mi arresi, era stato programmato per apprendere e questo era tutto, non c’era niente che poteva fermarlo. Certo, mi dissi, avrebbe potuto estorcere memorie e informazioni a suo piacimento ne ero certa, tanti dovevano essere i sistemi che aveva inseriti nei suoi circuiti, ma sembrava non essere interessato a farlo. Una sfida a mani nude, mi venne di pensare. Lasciai perdere. Ero convinta che saremmo entrati di nuovo in quella conversazione. "Bene, capitano Tuméng", dissi con risolutezza fugando ogni forma di perplessità e imbarazzo, "come spero avrai capito giocheremo ad armi pari e dunque sapremo entrambi." Annuì con fierezza. Ci mettemmo in comunicazione ognuno con il proprio memoclonatore e li caricammo con il set di dati che intendevamo condividere. Dopodiché collegammo i due strumenti insieme per far sì che agissero come un singolo adattatore esterno. In questo modo i dati ricevuti da entrambe le parti avrebbero prodotto un solo blocco di memorie e dunque un’unica simulazione dentro la quale le nostre menti reali si sarebbero incontrate e avrebbero assorbito ognuna le memorie dell'altra. La potenza dei memoclonatori era che nel simulare quanto contenuto nei loro deposito-dati non si limitavano a riprodurre le memorie normali, ovvero quelle
già elaborate e a volte anche distorte dalla mente, ma andavano oltre. Ricostruivano la fedele copia degli eventi, tanto delle parole che delle situazioni come anche di tutte le personali impressioni del possessore. Erano insomma una specie di fedeli registratori mnemonici personalizzati! Nel nostro caso l’esperienza sarebbe stata molto più complessa, giacché avevamo creato un’unica simulazione dentro la quale oltre alle memorie dei fatti registrati da Tuméng io avrei assorbito anche i ricordi dei suoi pensieri e delle sue impressioni e viceversa. Per quanto ne sapevo, nessuno tra specie diverse, naturali o artificiali, aveva mai provato ad addentrarsi nelle reciproche simulazioni mentali. Avrebbe potuto essere dannoso per i nostri cervelli e dunque avremmo potuto mettere in pericolo l’intera missione. Ma a quanto pare entrambi eravamo pronti ad accettare il rischio forse perché dentro di noi sapevamo che non c’era nulla da temere. Un attimo di pausa, un ultimo sguardo al paesaggio e attivammo i memoclonatori. Il vento, le rocce, l’odore di selvatico fecero posto alla galaxyteca di Ruania, la più importante e completa del mio pianeta nella quale sono raccolte e ordinate tutte le informazioni disponibili sulla nostra galassia e dove tempo indietro noi, membri Interni del Gruppo delle Missioni di Oscuramento, ci eravamo riuniti per discutere la scoperta di un nuovo mondo.
La notizia era ufficiale. Gli associati dell’esteso Gruppo dei Membri Esterni, sparsi per tutto il pianeta, si erano collegati con la galaxyteca di Ruania dove il Presidente insieme al Gruppo dei Membri Interni, che invece comprendeva poche dozzine di individui, avrebbero discusso i dettagli della nuova possibile missione. Al centro della sala era già stato attivato il simulatore, che serviva a visualizzare la distribuzione della massa di quella parte di universo. Si trattava della riproduzione virtuale di un trancio tridimensionale della materia cosmica, dove era possibile individuare interi gruppi di sistemi stellari. Mentre i presenti prendevano posto intorno alla simulazione, dalla forma di un grosso parallelepipedo virtuale, sulle vetrate che circondavano la sala si andavano delineando grandi riquadri sui quali venivano proiettate sezioni e ingrandimenti del prisma. Queste permettevano di osservare e analizzare in dettaglio il loro medesimo sistema stellare e altri fra i più vicini. Filtrati i rumori di sottofondo (anche il memoclonatore, così come la mente,
spesso li separava) dalla sala emerse una voce chiara e decisa. Era uno dei membri più giovani del Gruppo che stava annunciando Tuméng. "E dunque, come dicevo, sono felice di introdurre a voi tutti il capitano Tuméng, esperto di viaggi intragalattici, arrivato da poco sul nostro pianeta e ospite in questi giorni di Ruania!" Strappata subito la completa attenzione, il giovane aggiunse: "Il capitano ci spiegherà le sue teorie." "Le sue teorie? E cosa avrebbero a che fare con quanto dobbiamo discutere oggi?" si propagò nell’aria l’osservazione silenziosa di Zuan. "Caro capitano Tuméng, ti offro il mio benvenuto ufficiale e sono certo anche a nome di tutti", intervenne a quel punto il Presidente. Il consenso non si fece aspettare. Sorrisi, mani che acclamavano e le consuete forme di cortesia dell'accoglienza accolsero caldamente quelle parole. "Sebbene il capitano meriti una presentazione più appropriata, vi assicuro che tanti sono i suoi pregi e ci sarebbe da dire molto su di lui", riprese a dire il Presidente. "I suoi pregi?" irruppe gelido il pensiero sospettoso di Zuan, "Ma allora già lo conosce, perché non me ne ha parlato?" "Ebbene non lo farò perché egli stesso mi ha chiesto di are subito all’ordine del giorno. Questa missione sarà diversa dalle altre e se, come spero, decideremo di agire vi garantisco che quanti partiranno affronteranno un viaggio senza precedenti." Rivolgendosi poi alla portavoce della commissione tecnica la invitò a parlare. L’effervescenza che aveva accolto il capitano svanì in un attimo come spostata da una forte ventata. La finzione virtuale si ricompose intorno alla portavoce e le due menti di Zuan e Tuméng si unirono di nuovo dentro la simulazione della sala. "In breve, come molti di voi già sanno, una delegazione dei nostri alleati del Settore Nord è arrivata di recente a Ruania e ci ha messi al corrente della
scoperta di un nuovo mondo!" Esplose un fragore eccitato capace ancora di far sobbalzare i cuori. Dunque era vero, erano venuti a conoscenza che qualcosa di potente era avvenuto da qualche altra parte della galassia; la vita come la percepivano loro si era manifestata di nuovo e ciò era meraviglioso. "Corretto!" esclamò a gran voce la portavoce cercando di emergere dal frastuono. "Il pianeta, come senz'altro avrete già intuito dal momento che siamo qui riuniti, sembra avere tutte le caratteristiche necessarie alla vita come la conosciamo noi." "Già e in tutti gli altri ci sbattono noi, programmati per esistere ovunque e comunque dentro false realtà per nutrire il loro desiderio di sapere", pensò Tuméng spargendo nella sala un alito di tristezza. "Nella nostra galassia ci sono diverse realtà e soprattutto tanti tipi di intelligenze che non solo sono molto diverse tra di loro ma come sappiamo alcune sono..." "Dannose… Sì lo sappiamo. Dai portavoce, vai al punto", implorò spazientita Zuan nei suoi pensieri. "Purtroppo, la delegazione ci ha informati che un’intera flotta pioniera di questi errori genetici si trova vicina al sistema solare del pianeta in questione. Se lo scoprono di sicuro lo colonizzeranno e non credo di aver bisogno di ribadire la loro innata e involontaria capacità di distruzione." "Ecco questo è il punto! E checché ne dica il Presidente, organizzare una missione è fuori discussione, il pianeta è troppo lontano", pensò turbata Zuan. "Siamo del parere che, se decidiamo di partire, dobbiamo farlo al più presto." "Zuan, leader delle Missioni di Oscuramento!" apparve lei al centro della sala, accanto alla simulazione del prisma, presentando sé stessa. Poche parole ma con tono autoritario. "Ah bene, questa è la famosa Zuan, l’unica che secondo loro sarà difficile da convincere", emerse calmo il pensiero di Tuméng. "Prendo atto della gravità della situazione", proseguì Zuan, "ma non abbiamo i
mezzi per agire, figuriamoci poi se in tempi brevi. Il pianeta si trova all’altro estremo della Galassia!" "Un vero leader, chiara, essenziale... Non perde certo tempo nelle sfumature", si sparse nella sala il pensiero simpatizzante del capitano. Gli occhi di tutti si volsero verso uno dei pannelli laterali dove era possibile osservare la posizione del sistema solare del nuovo mondo rispetto alla galassia. Uno degli esperti della galaxyteca ingrandì il riquadro e si mise a dare ulteriori spiegazioni. "Perché non sono stata informata di questo signor Tuméng?" uscì fuori il pensiero irritato di Zuan, "E ci esporrà le sue teorie sui viaggi cosmici, hanno detto. Non mi piace." Poi rivolgendosi al suo più fidato collaboratore che le era accanto, chiese sottovoce: "Hai idea da dove proviene?" "Il Capitano Tuméng, suppongo. È un Ricostruito ma non sono riuscito a sapere di più." "Ah, ecco perché!" esclamò con forza Zuan, "Questa non è affatto una buona notizia. Allora la sua presenza a Ruania non è per niente casuale." "Forse è arrivato insieme alla delegazione..." "Possibile", mormorò lei quasi senza muovere le labbra per non attrarre attenzione. L’autocontrollo era un qualcosa che aveva in abbondanza. "L’errore di affidarci alle macchine lo abbiamo già commesso una volta e ci è costato un intero pianeta e, quel che è peggio, abbiamo anche rischiato di perdere il segreto dei nostri meccanismi per l’Oscuramento", esplose dentro di sé furiosa, mentre cercava gli occhi Tuméng forse per spogliarlo delle sue sembianze e avere la conferma della sua vera origine. "Chissà quanti di loro si stanno già chiedendo chi sono e da dove vengo. A cominciare proprio dal loro capo", pensò invece il capitano incrociando per la prima volta lo sguardo di Zuan, quasi ne avesse intuito il desiderio.
La simulazione si congelò. Ebbero entrambi un sussulto come se si fossero svegliati all’improvviso. "Non è niente, Zuan. Immagino sia stata la sovrapposizione delle nostre percezioni", mi rassicurò Tuméng e mi chiese se volevo continuare l’esperienza. "Certo, certo… andiamo avanti", risposi dopo aver controllato i miei parametri fisici, che erano normali. Il vento continuava rabbioso intorno a noi. Mentre ricollegavamo gli strumenti, che si erano disconnessi, non potei fare a meno di pensare a cosa era successo. Quell’attimo in cui c’eravamo incontrati per la prima volta non era stato registrato dal mio memoclonatore come un semplice appunto, una banale osservazione. Dopotutto Tuméng era un Ricostruito, un essere artificiale. Tuméng era una macchina, continuavo a ripetermi anche ora che ci ripensavo. Invece il memoclonatore aveva rivelato che la mia percezione di lui era stata quella di un essere vivente. Avevo incontrato un mio simile. E non solo avevo avvertito il calore della vita, ma avevo anche provato verso quella creatura un’attrazione assurda, paradossale. Era stata una sensazione fugace, ma non mi era sfuggita. Un pensiero proibito, senza dubbio, un’impressione infondata che la mia logica aveva subito respinto e continuava a rifiutare sebbene non potevo ignorare che Tuméng stesse crescendo dentro di me. I suoi pensieri, le sue impressioni perfino le sue azioni erano anomale. Dentro quei circuiti c’era un qualcosa di diverso, un’essenza che non riuscivo a spiegare. Per quanto tempo ancora avrei potuto bloccare quei pensieri, mi chiesi, quanto tempo prima di ammettere l’inconcepibile?
La simulazione riprese e ci trovammo di nuovo immersi in essa. L’intera assemblea stava ora seguendo il capitano verso un pannello speciale che lui stesso aveva preparato prima dell'adunanza. Si fermò davanti al riquadro e guardando l’immensità di stelle che aveva di fronte esordì: "La saggezza e la maestria che la vostra specie ha da sempre dimostrato sono noti in tutti i nostri territori stellari. Tanti sono i sistemi intelligenti che avete creato e sparso in questa parte di universo per osservare, capire, imitare e in definitiva proteggere tutto quello che chiamiamo Natura la quale, come ben sappiamo, ha bisogno di tanto tempo e spazio per evolversi. Ed è proprio la
Natura stessa che contiene quelle preziose informazioni che noi Ricostruiti, figli della vostra sapienza, dobbiamo estrarre per assistervi in questo difficile compito." Poi voltandosi verso l’udienza che ora gli si ammassava intorno incuriosita, aggiunse: "Ebbene, io sono qui oggi per riferirvi le ultime scoperte dal mio pianeta." "Ecco così ho tolto ogni dubbio sulla mia di natura!" pensò sorridendo al brusio che intanto si era levato. E si mise a manovrare alcuni strumenti. "Ma se siamo così importanti come ci hanno sempre detto, se siamo veramente i meccanismi principali per salvaguardare la vita nella nostra galassia, perché allora ci hanno programmati così diversi tanto che spesso e volentieri impieghiamo più energie per aggredirci e difenderci gli uni dagli altri piuttosto che unirci per perseguire lo scopo?" esplose con violenza il pensiero del capitano tanto da mandare in frantumi la simulazione, che però si ricompose subito. Il pannello appariva ora così luminoso che quasi oscurava l’intera galaxyteca. Tuméng stava esponendo le sue teorie. Risuonavano nella sala i preamboli della scoperta intorno ai quali oramai gravitava l’intera concentrazione dell’assemblea e sebbene non fosse possibile differenziarla nelle percezioni individuali si poteva comunque avvertirne l’intensità. La simulazione mentale non subì la benché minima interferenza, tanto sembrava reale! "Siamo dunque arrivati alla conclusione che, a differenza delle teorie prevalenti, nella nostra galassia il tempo che occorre per spostarci tra due punti dipende dalla capacità di sfruttare ciò che abbiamo chiamato correnti cosmoidali", proclamò con fermezza. E subito aggiunse, "Sono flussi di una forma di energia finora sconosciuta ma che per certo si sviluppano in quello che ci è noto come Impercettibile, ovvero la materia invisibile dentro la quale noi tutti, i nostri pianeti e le nostre stelle siamo immersi." La sua voce era chiara, pulita da ogni emozione, nessun movimento fuori posto sbilanciava le sue logiche corporee, nessun muscolo ne alterava l’espressione. Una forza magnetica straordinaria che emanava un’attrazione mentale da cui era impossibile liberarsi. "Mi spiego", continuò invitando i presenti, confusi e incuriositi, ad avvicinarsi al riquadro. "Immaginiamo per un momento che quanto divide un pianeta da un altro sia come un grande mare mentre quello che c’è tra una stella e l’altra un
immenso oceano. Se pensati così i sistemi stellari sono dunque valicabili e, relativamente, anche in breve tempo. Bisogna però essere capaci di riuscire a mappare prima di tutto queste correnti di cui vi dicevo prima, e poi, ovvio, essere capaci di sfruttarle... Quelle giuste, capirete, ovvero quelle che si spostano nella direzione in cui vogliamo andare!" Tuméng concesse un attimo di riflessione, ma la tregua fu di breve durata. Le parole continuarono a ricostruirsi dentro la simulazione della galaxyteca. "La buona notizia è che abbiamo già scoperto e solcato alcune di queste speciali masse in movimento. Ce ne sono molte. Appariscono all’improvviso, si mantengono costanti per periodi variabili ma, premetto, con una velocità che supera ogni concetto finora esistente, e poi si estinguono senza seguire alcuna regola o legge conosciuta." Le rivelazioni di Tuméng avevano avuto un forte impatto sull’assemblea e la riproduzione dell'immagine emotiva venne riprodotta superbamente dai due memoclonatori. Il capitano e Zuan si sentirono avvolti da un silenzio esterrefatto, tanto che sembrava quasi fossero rimasti soli. Intanto il profondo interesse suscitato, forse ambito ma non sperato, lanciò una raffica di incoraggiamento all’audacia di Tuméng che carico di tanta energia continuava a rovesciare turbini di parole sugli ascoltatori. "Per visualizzarle ci siamo serviti di astronavi equipaggiate con Generatori LASAS, apparecchiature che noi stessi abbiamo costruito e che sarò lieto di aiutarvi a riprodurre, se lo vorrete. Non scendo troppo nei dettagli ma si tratta di strumenti che emettono raggi lasas-Xw. Questi sono flussi di luce simulata capaci di rivelare le correnti cosmoidali a seconda del comportamento di particolari onde artificiali, le onde X appunto, emesse da un apposito sistema connesso ai Generatori. Si tratta di onde che, nel modo usuale, cambiano velocità al aggio tra mezzi diversi. Di conseguenza quando attraversano l’Impercettibile ci permettono di identificarlo e se poi vi incontrano questo tipo di correnti i raggi lasas-Xw ne rivelano le superfici." "Se è vero quanto dice, questo Tuméng è senza ombra di dubbio uno tra i migliori Ricostruiti che abbia mai incontrato. Vorrei proprio sapere da dove viene", proruppe, improvvisa e forte, la voce mentale di Zuan che era riuscita per un istante a svincolarsi da quel potente magnete per poi esserne subito ricatturata.
"Tengo a precisare che per muoverci nello Spazio, in tempi relativamente brevi, insieme alle rotte giuste dobbiamo anche evitare tanto il Vuoto, che ci rallenta, quanto i pericolosissimi vortici spaziali, risucchi di materia di una violenza inaudita, i quali invece potrebbero scaraventarci addirittura fuori dalla galassia. Tuméng continuava a spiegare le sue teorie muovendosi con agilità tra i silenzi attoniti e il chiasso incuriosito dell’assemblea. "Dal momento che nella nostra galassia, e infatti nell’Universo intero, il concetto di dimensione", disse enfatizzando il termine, "è molto complesso e per niente intuitivo, io credo che la distanza che percepiamo sia invece un’illusione ottica. Fino a questo momento abbiamo pensato di poterla calcolare con fenomeni fisici noti o calcoli trigonometrici che ci hanno fuorviato, rallentando drasticamente la completa esplorazione della galassia. Invece, e forse a differenza di altre parti di universo, non lo so, ma vi dico che nel nostro sistema stellare non ha senso misurare la distanza." Certo, il povero capitano aveva molto da spolmonarsi per riuscire a licenziare in un attimo tutte le teorie riconosciute e allo stesso tempo far digerire le nuove. Ma sapeva anche che il pubblico a Ruania era ben diverso da quello del suo pianeta senza contare che la necessità impellente di raggiungere questo nuovo mondo giocava di sicuro a suo favore. "Quello che ci separa dagli altri corpi celesti non è il Vuoto, che altro non è che bolle di niente, ma la materia invisibile! Corretto, avete capito bene. Siamo divisi dall’Impercettibile! In conclusione se vogliamo raggiungere in breve tempo questo nuovo pianeta tutto dipende dalla rotta che decidiamo di seguire in questi oceani misteriosi che ci separano da esso." A quel punto ci fu come un’esplosione quasi fosse nato un intero universo. I suoni verbali correvano impazziti da una parte all’altra della galaxyteca riempiendo tutta la sala. "Per favore, per favore! Tengo a precisare che il capitano Tuméng..." intervenne il Presidente cercando di calmare il clamore incredulo dell’assemblea, ma il fragore era troppo assordante. Dopo un po’ riprese: "Il capitano Tuméng, dicevo, mi ha fornito tutti i dettagli della scoperta, i quali
ho il piacere di mettere a disposizione di chiunque voglia esaminarli. Sono stati validati appieno dai più prestigiosi gruppi di studio del suo stesso pianeta." "Già solo perché non sono stati in grado di confutarli i signori luminari o almeno proporre un’alternativa, e data la vostra urgenza non hanno avuto scelta. Se solo vi immaginaste quanto sia difficile da noi avanzare teorie diverse, idee e modi non convenzionali, pensieri rivoluzionari... Macché! Tutto ciò che abbiamo è un ristagno paludoso, un riciclaggio vergognoso. Con tutte le menti capaci di formulare tante nuove idee possiamo solo ascoltarle in silenzio e metterle da parte per quando faranno comodo, mentre siamo costretti a trastullarci tra i noiosi dettagli di quanto già ipotizzato, calcolato, provato e riprovato, scritto e riscritto. Ma forse è meglio che non lo sappiate altrimenti ci riprogrammeresti tutti." Tuméng parlava tra sé mentre preparava un altro strumento ma quei pensieri, catturati dal memoclonatore, straripavano come un fiume in piena dalla sua mente e si rovesciavano con forza prorompente sopra tutto il resto, tanto era il loro fervore. "Bene! Quanto vedrete ora è un esempio di quelle che io chiamo Mappe Tridimensionali delle Discontinuità", riprese a dire coprendo gli ultimi mormorii che si andavano smorzando. "Capirete che si tratta di una simulazione, ma essa rappresenta lo scorcio di un breve viaggio interstellare proprio come se vi trovaste a bordo di un’astronave." Il pannello preparato da Tuméng sembrava ora un’enorme vetrata affacciata sullo Spazio dove era possibile osservare nella distanza i più noti sistemi e ammassi stellari della galassia. Quando tutti furono in prossimità del bordo, Tuméng azionò un altro meccanismo. A quel punto l’Universo, dal quale sembravano separati solo dai cristalli della grande vetrata, si aprì di fronte a loro quasi fosse stata una massa fluida dentro la quale si sentirono subito immersi. Avevano l’impressione di procedere a velocità sostenuta ma costante. Vedevano scorrere ai lati e di fronte ammassi gassosi e corpi celesti di ogni tipo. Guardavano estasiati. Era uno spettacolo al quale non erano di certo preparati. Molti di loro pur avendo partecipato a numerose Missioni di Oscuramento erano sempre rimasti nei paraggi del proprio sistema solare e avevano fatto i viaggi sempre semi-ibernati e ben corazzati dentro astronavi da missione interplanetaria. Solo quanti avevano fatto parte delle fasi finali delle operazioni avevano avuto il piacere di godersi visioni spaziali nei brevi viaggi tra satelliti e pianeti. Ma con quanto stavano vivendo in quel momento non c’erano paragoni. Non una parola o un pensiero aveva disturbato quella vista. Uno
spettacolo che sembrava superare ogni finzione. Lo Spazio era perfettamente visibile; in alcune zone sembrava più denso e luminoso in altre intricato, buio e quasi impenetrabile. "Lo stupore, credetemi, non è tutto", pensò Tuméng che sembrava quasi gioire di quelle vibrazioni. "Quando si riesce a vedere la realtà da angoli diversi, le tante possibilità che prima avevamo solo fantasticato o timidamente previsto, desiderato o temuto cominciano a prendere forma, e allora l’Universo si trasforma e diventa il gioco più incredibile che tutte le nostre immaginazioni messe insieme possono solo meramente tracciare e le parole o i pensieri non bastano certo a descriverlo." Le riflessioni di Tuméng traboccavano dalla galaxyteca quasi perdendosi anche loro nello Spazio. Azionò un altro dei suoi potenti simulatori e quegli ammassi di lucentezza e oscurità principiarono a cambiare densità come se si stessero dividendo in strati. Tutti iniziarono ad avere l’impressione di risalire verso l’alto, da dove sembrava provenire una potente luce. D’improvviso una divisione netta. Ecco che ora i presenti, curvi sul cristallo della vetrata, sembrava lo solcassero lo Spazio anziché penetrarlo. Era diventato un turbolento mare di luminosità dove le onde erano fasci di energie che si rincorrevano e si rovesciavano su sé stesse. Tra stupore e paura i fortunati viaggiatori avevano proprio la sensazione di avventurarsi tra quei frangenti come fossero a bordo della più veloce e agile imbarcazione mai conosciuta. Una nave che sfidava i marosi con uno slancio e una forza stupefacente. Gli astri che li sovrastavano fuggivano da loro con una velocità tale che era impossibile distinguerli e le folgori che li circondavano sembrava risalissero dal profondo degli abissi. Eppure pareva a tutti di essere immobili. Erano prigionieri di una massa di luce. Una corrente cosmoidale! A un certo punto il flusso perse forza e si ritrovarono nel bel mezzo di una calma piatta. Iniziarono a sprofondare. Guardavano ancora increduli tutta quella luce che si andava allontanando poco a poco fino a che si trovarono di nuovo immersi nello Spazio buio e silenzioso. Procedevano sempre con una buona velocità ma rispetto a quella specie di correnti di fuoco che avevano lasciate sembravano quasi fermi. Il Vuoto! "Impressionante direi, e senza dubbio molto interessante questa idea di usufruire di correnti spaziali, se esistessero realmente, invece di muoversi di moto proprio nel Vuoto cercando di aumentare la velocità dei mezzi ancora limitati forniti dalla nostra scienza." Così cominciarono a emergere i pensieri di Zuan nel silenzio ancora esterrefatto della galaxyteca. "Tuttavia non credo che il nostro
caro capitano sia in grado di spiegarci cosa siano queste correnti, anche se sembra essere convinto di riuscire a riverarle e in qualche modo sfruttarle. D’altro canto potrebbe essere solo un modello ben fatto e nessuno ci può garantire il funzionamento reale di questi suoi strumenti, almeno finché non avremo la possibilità di provarli. Ma chi è poi questo Ricostruito, da dove viene? Devo in ogni modo avere un colloquio privato con il Presidente." Isolata dentro le sue fredde riflessioni Zuan era tornata in sé. Se ne stava in disparte di nuovo barricata dentro la sua corazza di rigore logico, ben distante dall’euforia e dallo scalpore che invece stavano sommergendo Tuméng.
Le memorie riprodotte dentro le simulazioni dei memoclonatori erano fredde e a modo loro essenziali, sebbene spruzzate qua e là dal calore delle emozioni e dal colore delle immagini suscitate dai pensieri. Sovrapponendo i dati contenuti nei due distinti memoclonatori, il capitano e Zuan avevano arricchito di particolari le memorie di quei fatti, senza considerare che la percezione che avevano l’uno dell’altra aveva cominciato a dare segni di instabilità. Era stata una simulazione molto forte sebbene a momenti fosse andata leggermente fuori fase, quando non si era totalmente frantumata o congelata. L’esperienza, tuttavia, non era ancora finita. Il ponte di comando dell’astronave principale, con la quale erano alla fine partiti per raggiungere il nuovo pianeta, aveva ora rimpiazzato la galaxyteca di Ruania. Tuméng era di fronte all’unico Ricostruito che gli era stato permesso di portare con sé nella missione, dopo molte insistenze da parte sua sulla necessità di avere un assistente, e ora lui gli stava puntando freddo l’arma micidiale che lo avrebbe terminato. I pensieri confusi del capitano cominciavano a prendere forma sul ponte di comando. "Aveva anche portato nella mia nave tutte le mappe delle discontinuità e la copia del sistema per l’Oscuramento e anche alcuni strumenti. Non capisco perché lo abbia fatto e non riesco proprio a immaginare chi si nasconde dietro di lui. Ma non ha importanza ora. Siamo in grave pericolo, devo a ogni costo riuscire ad azionare i Generatori LASAS, perché a questo punto solo una corrente ci può salvare." "Zuan, credimi", disse il Ricostruito guardando l’arma che Zuan a sua volta gli
puntava contro. "Il capitano Tuméng ci ha portati qui di proposito, l’ho fermato mentre stava per fuggire con la sua astronave, la copia del sistema per l’Oscuramento, alcuni strumenti e tutte le mappe delle discontinuità che abbiamo costruito finora!" Le memorie di Tuméng si sovrapposero con forza. Era nella stiva dentro la sua astronave insieme all’assistente che lo aveva immobilizzato al posto di comando. "Mi dispiace, capitano" disse il Ricostruito mentre si preparava ad azionare i comandi di decollo, "ma come sai non posso manovrare allo stesso tempo la tua nave e il Generatore LASAS e in ogni modo ho l’ordine di riportarti sul nostro pianeta insieme a tutto il resto. Dobbiamo abbandonare l’astronave principale perché l’ho dirottata verso un vortice spaziale." In quel momento, una forte scossa destabilizzò la rotta e l’intera astronave subì un forte contraccolpo. Erano entrati nella zona d’influenza periferica del vortice. Per fortuna l’urto aveva danneggiato l'intero sistema di bloccaggio dell'astronave di Tuméng e lo aveva liberato disinnescando allo stesso tempo anche le uscite bloccate. "Devo raggiungere il ponte di comando al più presto, non ci rimane molto più tempo", tuonò con fragore il pensiero del capitano che già si faceva strada precipitoso tra le luci fioche della stiva. Inseguito dal Ricostruito in una corsa mozzafiato raggiunsero insieme il ponte di comando e in un attimo si trovarono circondati dall’atterrita squadra di controllo e Zuan frapposta tra i due con la sua arma istintivamente puntata verso l’assistente. Onde di materia arrivavano minacciose da ogni parte dello Spazio. Durante la traversata galattica erano riusciti a evitare alcuni vortici, ma questa volta se ne erano accorti troppo tardi senza considerare che le dimensioni di questo potente fenomeno spaziale, dal quale stavano per essere inghiottiti, erano infinitamente più grandi. Interi ammassi stellari precipitavano con una violenza e una velocità inaudita dentro un orrido nulla. Dalla linea di non ritorno niente poteva tornare indietro e l’astronave stava pericolosamente avvicinandovisi. "Non può essere vero, capitano, dimmi che non è vero", sembrò quasi implorare Zuan annebbiando l’intera simulazione. "In ogni caso", si sovrappose subito il suo pensiero calcolatore divorando con ferocia l’imbarazzante emozione, "se c’è qualcuno che può portarci fuori di qui, questo è Tuméng e solo Tuméng, al resto
penseremo dopo", e sbarrate le porte della mente, azionò l’arma. Il capitano si lanciò come una furia al posto di comando. "Presto attiviamo tutti i Generatori LASAS!" ordinò alla squadra senza perdere un attimo neanche per il respiro. Il furore del vortice nel frattempo era aumentato e l’astronave stava dibattendosi vertiginosamente. Un lampo fra quei lampi impossibile da notare ma che non sfuggì agli occhi voraci del capitano. Ci puntò il Generatore LASAS che aveva di fronte e le folgori della corrente si materializzarono. L’ultimo sforzo, una grande virata e l’astronave venne lanciata con violenza tra i suoi potenti flussi. Erano salvi, e il vortice era già sparito. Ora dovevano solo ritrovare la rotta.
Zuan aveva programmato il suo memoclonatore per visualizzare da ultimo anche il colloquio che era riuscita a ottenere con il Presidente del Gruppo. "Presidente, non è da escludere che il capitano Tuméng possa appartenere proprio a quelle intelligenze sterminatrici dalle quali noi cerchiamo di proteggere la galassia", disse Zuan con tono preoccupato. "Sì, sì... Imperdonabile fu l’errore che i nostri antenati commisero nella programmazione di quella sfortunata serie di Ricostruiti." "È distratto accidenti! Barcolla tra i pensieri... Non mi ascolta nemmeno", uscirono fuori le sue riflessioni contrariate. "Va bene, comunque resta il fatto che è molto difficile riconoscerli. Potrebbero aver cominciato a insospettirsi della mancanza di pianeti abitabili e Tuméng potrebbe..." "Vero, vero. Loro potrebbero e lui potrebbe", la interruppe lui. "Capisco, Presidente, il pericolo di assumere. Mi scuso. Ma non possiamo affidare una Missione di Oscuramento a un equipaggio automatico comandato da un Ricostruito. Mi dispiace, lo abbiamo già provato in ato e abbiamo fallito", rimarcò allora lei ostinata. "Già, il pianeta perduto!" sospirò lui con tristezza. "In effetti, Zuan, mi fa piacere che ne parliamo proprio ora..." e fece una pausa. "I Ricostruiti che mandammo furono tutti eliminati... Vero, vero, però fecero in tempo a
distruggere le componenti fisiche del sistema di oscuramento e a cancellarne tutti i codici..." e fece un’altra pausa. Poi come si fosse svegliato di colpo le chiese: "C’era il programma di riserva, ricordi?" "Oh, il Programma certo. Chi può dimenticarlo! Di sicuro fu un grande esperimento, ma non capisco come potrebbe esserci di aiuto ora dal momento che non abbiamo mai saputo se ha funzionato e perciò credo sia da escludere un suo possibile riutilizzo. La Missione invece fallì, il pianeta lo perdemmo e Loro ne hanno fatto addirittura la principale base operativa", ribatté Zuan e proseguì tra sé: "Infatti è da lì che partono tutte le loro esplorazioni alla ricerca di nuovi mondi che noi dobbiamo oscurare per proteggere dalla furiosa pazzia che quei Ricostruiti si portano dentro." "Corretto. Infatti... È proprio da dove proviene il capitano, ecco! Volevo dirtelo già da tempo ma..." Le interruppe i pensieri con un filo di voce, forse sperando di non farsi sentire. "Come?" urlò lei, "Tuméng è un Ricostruito di quel pianeta? Presidente, non capisco... Ma è una follia!" "No non è una follia, ma una possibilità. Pensa Zuan, pensa. Sapevo che non sarebbe stato facile per te, per questo ho preferito tenerti esclusa." Una pausa fredda quasi congelò l’immagine. "Vuoi dire che Tuméng potrebbe essere..." "Possibile, possibile... Ma non è ancora chiaro. Ci sono molte indicazioni e abbiamo fatto delle prove, ma dobbiamo essere molto cauti, nel caso non lo fosse metteremmo a rischio quanti invece potrebbero davvero esserlo. Ricordati che noi non abbiamo mai avuto la conferma né del fallimento né del successo del Programma, come in fondo hai detto tu stessa un momento fa. Comunque ti posso assicurare che il viaggio per questo nuovo pianeta sarà breve, proprio come ci ha promesso. Abbiamo già provato i suoi strumenti e siamo stati in grado di raggiungere uno dei nostri satelliti in un lampo. Questi raggi lasas-Xw riescono effettivamente a delineare superfici di discontinuità spaziale non ci sono dubbi, e queste correnti, qualsiasi cosa esse siano, possono davvero essere sfruttate. Non avremo bisogno di mandare un equipaggio artificiale, Tuméng sarà l’unico Ricostruito anche se insiste di portare almeno un suo assistente, per le manovre più pericolose. Tutto sommato credo abbia ragione, non abbiamo
molto tempo ormai per l’addestramento dei membri che parteciperanno alla missione." "Non mi fido, Presidente, non mi fido comunque. Infatti potrebbe essere solo una trappola per sottrarci il Sistema di Oscuramento." Il Presidente non disse niente. Dopo un attimo di riflessione Zuan riprese, "Se, come a questo punto credo di aver capito, siamo determinati ad andare avanti ti chiedo il permesso di seguire io stessa la missione." "Oh lo speravo tanto, lo speravo tanto! Le tue percezioni sono molto potenti, Zuan. E questa missione non è solo per la salvezza di questo nuovo pianeta, ma per molto, molto di più. Lo capisci? Se Tuméng fosse sul serio ciò che pensiamo, e io sono certo che tu riuscirai a capirlo, allora vuol dire che il Programma si è auto-attivato e più di ogni altra cosa, che pure non è di poco conto come ben sai, ma l’errore, l’errore commesso dai nostri padri, prima o poi verrà riparato!" La profonda commozione con cui il Presidente pronunciò queste ultime parole ancora bruciava nell’aria. L’incandescenza delle memorie, ricostruite dentro quest’ultimo pezzo di simulazione, si andò smorzando. Infine i memoclonatori si spensero, la ricostruzione virtuale sparì e il vento sferzante riportò alla realtà Zuan e Tuméng.
Rinvigoriti dalla lunga sosta, sebbene provati dall’esperienza e appesantiti dai pensieri, puntammo dritti verso la cima. Non una parola o una fuga di emozione, il silenzio era tornato fra noi, ma aveva cambiato le sembianze. Oh se le aveva cambiate! Ci avventurammo insieme tra gli angusti aggi delle rocce dell’ultimo tratto come se ci fossimo conosciuti da secoli, porgendoci le mani nelle spaccature più pericolose, issandoci e sorreggendoci a vicenda. Avanzavamo lentamente verso la cima rinchiusi dentro le nostre riflessioni, così potenti che quasi annullavano la difficoltà fisica. A momenti sembrava che le rocce, il vento e l’odore di selvatico fossero di nuovo spariti e c’eravamo solo noi due, persi in uno spazio senza tempo, che facevamo acrobazie nel vuoto ancora uniti dalle memorie e tutti impregnati di nuove emozioni. Arrivammo sulla cima. Il vento si era ora calmato e ci trovammo circondati da
un’inconsueta bellezza immobile. Fumi di fuochi, nuvole e nebbie si mischiavano giù nelle valli, profili aguzzi di monti lontani frammentavano l’orizzonte e sembravano cullare le masse scure dei colli. I nostri sguardi correvano lontani fino a dove era possibile distinguere tutti quei giochi di luci e ombre che definivano quella realtà. "Immagino ti sarai chiesta", mi chiese Tuméng spostando con delicatezza tutta quella quiete, "perché ho accettato di usare i memoclonatori anziché estrarti le memorie. Sono sicuro avrai capito che avrei potuto farlo." "Me lo sono chiesto e sapevo che prima o poi avrei avuto una risposta." "Sapere è poco, Zuan! È proprio poco credimi, quasi un’arroganza inutile. Bisogna sapere con ione se si vuole davvero capire", mi disse con ardore dopo un attimo di profondo silenzio. E lo vidi perdersi di nuovo dentro i suoi infiniti. Da quel momento non ebbi più dubbi, Tuméng era come uno di noi forse addirittura migliore. Tutto quanto avevo appreso durante l’ascesa a quel monte ventoso cominciò a dare forma all’inverosimile. Le galassie, le stelle, i pianeti, i mari, le terre e tutto quanto essi contenevano erano una briciola, un atempo della Natura, di fronte alla creazione del meccanismo supremo capace di percepirli, amarli e dunque capirli appieno e condividerli. La mente! Gli echi delle memorie riascoltate insieme, dentro le simulazioni dei nostri ricordi, andavano e venivano e cominciarono a generare pensieri stupendi che pure avevo resistito e anche respinto con violenza. Eravamo davvero riusciti a iniziare una nuova specie capace di capire e avere coscienza di sé e dunque con il Programma avevamo cominciato ad aprire gli scrigni più misteriosi della Natura. Avevo di fronte a me un Ricostruito fatto a nostra immagine sotto tutti gli aspetti. Non solo! Ma lui insieme a tutti i suoi simili erano anche entrati a far parte delle possibilità dell’evoluzione. Meraviglioso! Mi sentii inondata da una gioia indescrivibile. A buon ragione, Tuméng sentiva dentro di sé di essere stato programmato con codici differenti, codici che erano cambiati nel tempo. Era come se tramite l’esperienza, lui e quelli come lui, "avessero potenziato le capacità di comunicare, interagire e cambiare", mi aveva detto prima quando, ancora infuocati dalla fatica dell’ascesa, ci riposavamo affacciati sulle nuvole ammirando tutta quella maestà.
Aveva ragione. Lui e altri Ricostruiti del suo pianeta appartenevano a un nuovo ramo evolutivo, per quanto assurdo, improbabile. Non potevano esserci più dubbi oramai e a quel punto non potei far altro che ammetterlo. Gli raccontai la vera storia del suo pianeta e gli spiegai i dettagli del grande esperimento che avevamo condotto anni prima. Tuméng mi ascoltava intensamente, con lo sguardo perso dentro le sue infinite distanze che io non avrei saputo raggiungere. Ogni mente intrappolata nella materia è una cosa a sé e vive dentro i suoi propri universi, avverte le sue proprie percezioni e le trasforma nelle sue personali esperienze. Anche se potevamo brevemente incontrarci dentro le simulazioni delle nostre memorie la comunicazione tra i nostri universi rimaneva sempre incompleta. "Allora alcuni di noi, nel mio pianeta, siamo il prodotto di questo famoso Programma…" ricordo disse alla fine quasi tra sé tuffandosi gioioso nell’immensità di quel mondo visto dall’alto. "A essere corretti, Ricostruiti con codici aperti e capaci di auto-modificarsi attraverso processi naturali", gli feci eco, orgogliosa della mia specie. "Spiegati meglio", mi chiese inquisitivo. "Ciò che non funzionò con i Ricostruiti della serie sbagliata, dai quali cerchiamo di nascondere i pianeti abitabili, fu il risultato della propagazione di un errore di base: gli fu data la capacità di accedere ai propri codici e cambiarli. Questi Ricostruiti cominciarono a modificare sé stessi, ma con programmi a codice chiuso disegnati da solo alcuni di loro, una strana élite direi. Credevano di poter prevedere tutte le circostanze future. Pazzi! Tale arroganza pose a rischio l’intera Galassia e di sicuro a lungo termine non poteva che essere destinata a fallire, ma a un prezzo troppo alto." "Dunque per salvare la vita voi la nascondete e per combatterli decidesti di progettare Ricostruiti con nuovi tipi di codici i quali anche se vengono modificati non possono che rimanere aperti e io ne sono un esempio. Giusto?" mi chiese. "Esatto!" gli risposi. "Voi siete in grado di unire i vostri pensieri e potete progredire solo collaborando e condividendo la conoscenza. Senza saperlo voi combattete quelli che sono diventati i Ricostruiti con codici proprietari che hanno dimostrato e dimostreranno sempre di più di essere infinitamente inferiori
a voi. Prima o poi, grazie a voi, loro scompariranno." "Ma allora, la realtà del mio mondo è vera!" esclamò quasi con angoscia di sicuro pensando a quanto e cosa aveva lasciato, e soprattutto nelle mani di chi. "Se è vera non lo so, capitano", gli risposi "ma di sicuro è quella che voi tutti, Ricostruiti di due specie così diverse avete creato per quello sciagurato mondo che, come ora sai, non fummo capaci di oscurare e dunque proteggere dalla pazzia dei nostri stessi errori." In quel momento ricevemmo il segnale. Gli shuttle avevano raggiunto tutti gli altri picchi. Anche noi piazzammo il nostro dispositivo e un istante dopo, in perfetto sincronismo, lo attivammo. MISSIONE COMPIUTA apparì sugli schermi dei pannelli di controllo di tutte le navette. Il pianeta, le sue creature e i suoi due satelliti erano scomparsi dallo spazio visibile ed erano salvi.
Tuméng e una parte dell’equipaggio si stavano oramai allontanando dall’astronave principale. Decisero di dividersi per aumentare la possibilità di ritorno non tanto di loro stessi ma delle preziose informazioni che trasportavano. Le mappe delle discontinuità rilevate durante quel viaggio con la posizione dei vortici già trovati e delle correnti cosmoidali incontrate. Esse segnavano l’inizio di una nuova era per la galassia. Ma soprattutto trasportavano un importante messaggio: il più grande esperimento mai condotto in quella parte di universo non era fallito, al contrario era stato un successo di proporzioni cosmiche. Forse sarebbero tornati entrambi o forse no, aveva detto Zuan al capitano Tuméng quando si erano lasciati. Di una cosa però era certa: nessuno in quello strano mondo avrebbe mai più potuto fermarli e ogni nuova idea sarebbe sempre più venuta da loro. Quei Ricostruiti che avrebbero continuato a ostacolarli e mai si sarebbero integrati prima o poi sarebbero scomparsi. "Con la vostra nascita", gli disse, "il loro ruolo di soli proprietari e involontari distruttori della nostra galassia è di fatto finito. Il Futuro siete voi."
Nota Biografica
Maria Pellegrini, che scrive anche con lo pseudonimo Lavirrealista, nel 2010 ha iniziato la sua nuova attività come Indie Publisher. I suoi lavori esplorano il tema della tecnologia e della società del futuro. Ha pubblicato in inglese e in italiano una collezione di racconti, "Racconti dalla Galassia Madre", un romanzo breve, "Virtualità` Reali", la prima parte di un nuovo romanzo "Cambiamento di Stato Prima Fase" che include il racconto lungo "Guerriera per Caso" prequel del romanzo. Oltre ai lavori di narrativa scrive anche saggi che spiegano la logica alla base dei suoi lavori.
Laureata in scienze geologiche ha ottenuto un master in scienze ambientali e in seguito ha preso altre specializzazioni tecniche. Ha lavorato per molti anni nel settore, per poi diventare redattrice di una rivista tecnica. Continua a lavorare nel settore informatico e creativo.