Valeria Bobbio
IL MISTERO DELL'ULTIMO MAESTRO GNOSTICO
Nel settecentenario della morte dell'eretico Dolcino, a Trivero, paese del biellese in cui fu arso al rogo dall'Inquisizione, si svolgono dibattiti e mostre in suo ricordo. Durante le manifestazioni l’omicidio cruento e misterioso di un erudito professore dal torbido ato sconvolge il piccolo paese. Andrea, psicologa in crisi professionale interessata alla storia di Dolcino, si ritrova ad essere coinvolta come testimone. Unico indizio: un criptico schema in cui si menziona l'eretico e un elenco di chiese, personaggi, sette esoteriche e simboli difficilmente ricollegabili fra di loro. Il professor Ansaldi, storico recatosi a Trivero come conferenziere, e Andrea verranno arruolati dal maresciallo Polito nelle indagini, per decifrare il documento che potrebbe gettare luce sull'assassinio. Indagando nel ato del defunto affioreranno indizi che illumineranno i significati nascosti nella ostica “mappa” religiosa. Significati che affondano le radici in un tempo remoto, che ha influenzato pesantemente la cultura occidentale. Ma cosa c'entra Dolcino con tutto questo? E chi è l'autore del documento che potrebbe far tremare le fondamenta della religione che fece precipitare l'Europa nel medioevo?
Mentre si evidenzia un filo rosso che conduce fino all'anno zero, Andrea dovrà fronteggiare i suoi fantasmi interiori animati da un paziente piuttosto perturbante, per arrivare ad un epilogo imprevisto... proprio mentre un secondo omicidio ha luogo inaspettatamente.
Un thriller che è molto di più di una provocazione. Un romanzo che pone inquietanti interrogativi sul comune credo religioso. Un romanzo che propone un'alternativa storica non meno possibile di quella normalmente accettata per fede.
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I
Le due donne si trovavano davanti alla chiesa parrocchiale di Trivero. -Non mi dire che anche questa è chiusa! -C'era da aspettarselo, d'altronde. -Ma porca miseria, mica dovremo tornare un'altra volta in questo cavolo di paese? La piazza della chiesa era deserta, la chiesa sprangata. Il caldo cominciava a farsi sentire. -Ma io voglio vedere gli affreschi su Dolcino. -Ma sei sicura che si trovino in chiesa? A me pare particolare che le raffigurazioni di un famoso eretico locale si trovino proprio in un luogo sacro... disse scettica la più alta e mascolina, con i capelli corti e spettinati. -Eppure è così, Carla, e non c'è niente di strano, visto che illustrano la sua cattura, - affermò convinta la più minuta. - D'altronde qui c'è scritto proprio così - disse agitando il plico di fogli con ostinazione. -Magari c'era, e ora l'avranno tolto. - insistette la spilungona. -Sì, forse il quadro che si trova in sacrestia potrebbe darsi, ma spostare l'affresco mi pare difficile. Potremmo suonare alla parrocchia, ci sarà un prete, no? - disse mentre, seguita dall'amica, si avvicinava alla porta della chiesa, interessata alla lettura degli avvisi appesi. -Guarda, c'è un rosario alle diciotto, ma sono appena le tre! Senti Andrea, lo so che non hai voglia di camminare, ma se andassimo prima all'oratorio di San Bernardo, trascorrerebbe un po' di tempo, e poi ritorneremmo qui. Tanto era compreso nel percorso prestabilito, no?
-Dai, suona ora, così non dovremo più tornare su questo piazzale. Abbiamo girato un'ora per trovarlo... -Sì, perché siamo stordite. Sai che difficoltà trovare la chiesa parrocchiale di un paese... Abbiamo ato due ore alla parrocchiale di Croce Mosso pensando di essere in quella di Trivero. Che vergogna! E se non ce l'avesse detto la barista non ce ne saremmo accorte. -Beh, comunque quella chiesa è un posto interessante, se non ci fossimo sbagliate neanche l'avrei presa in considerazione. Quanto mi è piaciuta! -Mah, all'interno c'era un'accozzaglia di elementi eterogenei. E invece questa ti parrebbe degna di interesse storico? Andrea si mise a scartabellare nel suo plico e recitò: -“Dedicato ai SS. Quirico e Giuditta, l’edificio originario andò distrutto in epoca dolciniana; venne ricostruito nel secolo XV, modificato e ampliato nel corso del seicento e del settecento. Le pregevoli sculture sono di scuola valsesiana.” Come al solito si afferma che l'abbiano distrutta i dolciniani. Una bella palla, a parer mio. Vorrei vedere gli affreschi, almeno. Ma il prete sarà disponibile? E che scusa troviamo? -Sì, appunto, penserà che siamo delle ammiratrici di Dolcino, ma noi diremo che siamo interessate alla chiesa perché è antica. Dai, suoniamo alla parrocchia, dovrebbe essere quella porta. Si avviarono all'edificio posto quasi di fronte alla chiesa. -Io ci provo. Carla suonò il camlo. Attesero due minuti ma nessuno si fece vivo, quindi ripresero a vagare nel piazzale come due anime in pena. -Forse non c'è - disse Andrea - o magari sta dormendo o non ha voglia di aprire. Mentre girellavano chiacchierando davanti alla facciata della chiesa, videro un prete entrare dalla porta alla quale avevano appena suonato, ma non fecero in tempo ad attirare la sua attenzione. -Guardalo là, non era in casa, adesso se riproviamo magari ci apre. Infatti tornarono a suonare, ma nulla. Si erano quasi risolte ad andarsene quando l'uomo ricomparve sul piazzale, venendo verso di loro.
-Rieccolo! -Mi hanno riferito che avete suonato, ero dietro la casa a parlare con i muratori. Eh, queste ristrutturazioni... Vorreste vedere la chiesa? Ho qui le chiavi, non c'è nessun problema, se volete anche fare le foto, oramai con queste digitali... Il prete si avvicinò con fare amichevole. Era sui sessant'anni, con un ventre prominente e occhiali a fondo di bottiglia, un alito pericolosamente alcolico. -Sì, sì, grazie... - dissero a mezza voce, quasi bloccate dall'inaspettato tipo umano che si apprestava ad accompagnarle verso l'entrata dell’edificio. -Siete interessate a Fra Dolcino? O siete in cerca di antichi reperti? Eh, queste giovani. Si rivolgeva a loro come se fossero ragazzette, continuando a cianciare di questo e di quello, senza neanche attendere le risposte, intanto si apprestava ad aprire il portone, faticando ad infilare la chiave nel pertugio. -Eh, è un po' difettosa, ma dovrei riuscire... ecco qui. Finalmente la chiave girò nella toppa e la porta si aprì. Le due amiche si lanciavano sguardi interrogativi ed ironici alle spalle del prete, che ciarlava tutto soddisfatto con l'occhio a mezz'asta. Entrarono tutti e tre: la chiesa si rivelò piuttosto anonima, come del resto la facciata esterna. -Ecco una pregevole statua della Madonna alla vostra sinistra e qui c'è anche l'affresco su fra Dolcino che sicuramente vi interesserà. Si posizionarono tutti e tre sotto l'affresco novecentesco del defunto Ido Novello. -Bello vero? L'affresco rappresentava la cattura di fra Dolcino, indossante un improbabile vestaglione e un cappello alla bersagliera, placcato da degli armigeri. Ai suoi piedi la famosa Margherita appesa alle di lui vesti. Il tutto sullo sfondo di un'altura che doveva essere il monte Rubello, dove si erano accampati i superstiti
Dolciniani per l'ultima strenua resistenza. Nel complesso una raffigurazione di nullo valore artistico, oltre che ridicola, con santi che affioravano dal cielo. -Eh, questo frate fidanzato addirittura con la suora Margherita, che era suora come sono io prete! Le due donne si guardavano con raccapriccio misto a divertimento, fingendo ammirazione. -Mah... briganti che andavano in giro a molestare le ragazze, - disse il prete, stringendo il braccio di Carla. - Ora ti faccio vedere, - ammiccò rivolgendosi a Andrea, - visto che v'interessa l'argomento, un altro bel quadro in sacrestia, sempre con fra Dolcino come protagonista. Il prete seguitava a trattarle come adolescenti, cosa piuttosto ridicola dato che avevano quarant'anni suonati. -Visto che c'era? - disse Andrea rivolta a Carla con trionfo. E si avviò verso la sacrestia, mentre l'amica continuava a fotografare ogni angolo della chiesa. Costeggiando la navata destra arono vicino ad un affresco effigiante una Madonna nera ed entrarono finalmente in sacrestia. -Ecco qui. - disse il prete, indicando un quadro appeso alla sinistra della porta, ancor più brutto dell'affresco, se possibile. Qui Dolcino indossava improbabili bermudoni gialli con un drappo bianco stile Giulio Cesare avvoltolato al petto; gli armigeri invece erano abbigliati chi in stile rivoluzione se e chi alla Russel Crowe in “The Gladiator”. -Ah sì, molto interessante. E quello sullo sfondo sarebbe il Monte Rubello, no? Dove ora c'è l'oratorio di San Bernardo, costruito giustappunto dopo la sconfitta di Dolcino. - chiese Andrea. -Eh? Ma no, è un posto così. Il prete pareva ignorare totalmente le implicazioni paesaggistiche del quadro, che erano le uniche ad essere realistiche, invece.
Dopo avere parlato a vanvera dei meriti della chiesa, secondo la sua personale interpretazione e di altri futili argomenti, si congedò amichevolmente. -Vi lascio tranquille a far le foto, poi mi portate le chiavi, fate pure care. Io devo andare, perché forse i muratori hanno bisogno di me. Se ne andò ciabattando, con l'occhio sempre più a fessura e il sorriso beato. Le due si misero a ridacchiare scambiandosi occhiate incredule. -Che ne pensi? -Che avremmo potuto avere a che fare con una persona equilibrata o un pazzo furioso. - ...E... -E' un pazzo furioso, evidentemente. - disse Carla. -In ogni caso siamo riuscite a vedere la chiesa. E ci ha chiamate giovani! Questi dipinti su Dolcino, che orrore! -Io comunque ho fatto il mio dovere, ho fotografato tutto, anche quell'orribile martirio di sant'Agata, con quei torturatori che sembrano dei trans che stanno facendo un balletto. E poi che stava blaterando di frati e suore? Proprio un lapsus, ha detto “Dolcino era un frate e Margherita una suora proprio come lo sono io... ” Un lapsus da ubriaco, con quell'alito, l'occhio piatto... una macchietta. Certo, per lui la fidanzata di un frate non può essere che una suora, invece neppure Dolcino era un frate, frate starà per fratello. Che ci abbia scambiate per delle ragazze, poi, mi sembra normale, essendo palesemente alticcio. -Eh, cara mia, in vino veritas - disse Andrea, scuotendo i lunghi capelli neri con vezzo. - Neanche sapeva che quello che si vede sullo sfondo dei dipinti è il Monte Rubello. A proposito, ora possiamo anche andare, riportiamogli queste chiavi e torniamo sulla strada di stamattina, dovrebbe essere a due o tre chilometri. -Ma come, neanche sapeva del Rubello? Ma insomma, è storia locale, in fondo.
II
Nella sala regnava una certa irrequietudine. Nervosi brusii carichi di aspettativa erano sospesi e tagliavano come coltelli l'aria umida della sala. Un luglio soffocante... argomenti che si profilavano scottanti anche se sconosciuti a molti, ma non certo a chi era intervenuto al convegno e ancor meno al paese che lo ospitava. Un uomo si accostò al microfono, con un atteggiamento talmente composto che impose un silenzio quasi irreale, e cominciò a parlare: -"Or dí a fra Dolcin dunque che s'armi, tu che forse vedra' il sole in breve, s'ello non vuole qui tosto seguitarmi, sí di vivanda, che stretta di neve non rechi la vittoria al Noarese, ch'altrimenti acquistar non saria leve". Dante Alighieri, "La Divina Commedia", Inferno, XXVIII, versi 54-60. La citazione è d'obbligo, anche se non ci restituisce certamente lo spessore del personaggio, di cui ripercorrerò brevemente la vicenda storica. Le notizie storicamente accertate sulla figura e l'opera di Dolcino sono poche ed incerte e le fonti provengono da parte avversa ai Dolciniani. Alcune narrano che il suo vero nome era Davide Tornielli; non vengono menzionati il suo luogo di nascita e la data, ma si suppone fosse nell'alto novarese. Altre fonti, per screditare il personaggio dell'eretico Dolcino, sostengono fosse il frutto dell'unione di una donna del posto con un ecclesiastico. Nel 1291 Dolcino entrò a far parte del movimento degli Apostolici, guidato da Gherardo Segarelli; la definizione di "frate", con cui spesso Dolcino viene appellato, non deve essere fraintesa, perché è improbabile che egli abbia pronunciato voti religiosi; possiamo pensare che si autodefinisse "fratello" nell'ambito del movimento. Gli Apostolici, in sospetto di eresia e già condannati da papa Onorio IV nel 1286, furono repressi dalla Chiesa Cattolica e il Segarelli fu arso sul rogo il 18 luglio 1300. Come per altri movimenti giudicati ereticali, tra cui Valdesi e Patarini, il modello degli Apostolici è la chiesa di Cristo e dei primi apostoli, accuratamente praticato: un diverso stile di vita e società, una scelta etico-esistenziale autonoma, la cui coerenza gli fece guadagnare una
crescente credibilità popolare. Si fecero chiamare "Apostolici", "Poveri di Cristo" e "Minimi", proprio per sottolineare la loro posizione al livello sociale più basso, anche rispetto ai scani conventuali, per lo stile di vita integralmente povero che si esprime anche nel rito della "expoliatio" per i nuovi fedeli apostolici: vengono riuniti in cerchio e devono gettare i propri abiti, poi redistribuiti a caso, in attesa che ciascuno possa avere un saio di rozza tela di sacco. Anche il "surplus" delle elemosine ricevute viene lasciato sul posto o restituito. La predicazione di fra Dolcino continuò quella del Segarelli e si svolse anzitutto nella zona del lago di Garda, con un soggiorno accertato presso Arco di Trento. Nel 1303, predicando in questi territori, Dolcino conobbe la giovane Margherita Boninsegna, che divenne la sua compagna e lo affiancò nella predicazione. Dolcino fu uomo dotato di magnetismo tant’è che il numero dei fedeli crebbe. La sua dottrina era ostile a Roma e a papa Bonifacio VIII, di cui profetizzava la precoce scomparsa. Dolcino e i suoi furono ospitati tra il Vercellese e la Valsesia, sua terra d’origine. Qui, a causa delle dure condizioni di vita dei valligiani, le promesse di riscatto dei dolciniani conobbero un incredibile successo. Il 10 marzo 1306, tutti i seguaci si rifugiarono sul Monte Rubello sopra Trivero, nel Biellese, nella vana attesa che le profezie millenaristiche proclamate da Dolcino si realizzassero. Contro di loro fu schierato l'esercito di una vera e propria crociata, proclamata da Raniero degli Avogadro, vescovo di Vercelli che coinvolse anche truppe del Novarese. I Dolciniani resistettero a lungo, ma infine, provati dall'assedio e dalla mancanza di viveri, furono sconfitti e catturati nella settimana santa del 1307. Quasi tutti i prigionieri furono uccisi; fra' Dolcino, processato e condannato a morte, fu giustiziato pubblicamente il 1° giugno, dopo avere assistito al rogo di Margherita e del suo luogotenente e subito torture barbare, come il taglio del naso e dei genitali. Oggi, che corre il 700esimo anno dalla morte di Dolcino, siamo qui non solo per ricordare questo enigmatico e affascinante personaggio che fu catturato proprio nel nostro paese, Trivero, ma per ascoltare gli interventi di storici e studiosi del movimento dolciniano, che ripercorreranno con noi alcuni aspetti ancora dibattuti della storia che ho appena accennato. La provincia di Biella, in collaborazione con vari comuni del territorio, vuol ricordare così questi uomini, che sono stati protagonisti di vicende e di battaglie che hanno coinvolto una larga parte della popolazione biellese. Partiamo subito con l'intervento del Professor Ansaldi, docente di Storia delle religioni alla facoltà di Storia di Torino.
L'uomo cedette il posto all'oratore che aveva appena presentato, indietreggiando con fare cerimonioso. -Innanzitutto buongiorno a tutti e grazie di essere qui oggi. La storia di Dolcino è stata efficacemente riassunta. Il tema che vorrei approfondire riguarda il ruolo militare di Dolcino, ato alla storia come guerrigliero e partigiano, eroe precursore di un socialismo utopico per il mondo laico e come brigante, libertino e guerrafondaio per il mondo cattolico. Si tratta di una precisazione importante, con delle basi documentali storiche ormai comprovate. - esponeva il Dottor Ansaldi, studioso alto, asciutto e apparentemente flemmatico, ma che faceva intravedere la ione dei suoi studi. -Si asseriva che contro Dolcino si fossero costituite delle “Leghe Valsesiane”, ma gli statuti relativi sono oggi ritenuti dei falsi grossolani. E' invece presumibile che i Valsesiani, già ribelli per conto proprio ed abituati all'uso delle armi per cacciare, abbiano condotto una guerriglia contro il potere feudale dei comuni di Vercelli e di Novara, essendosi dimostrati insofferenti verso di esso durante tutto il XIII secolo. Nel 1291 il vescovo di Vercelli scomunica l'intero Biellese. Quindi è naturale che proprio nel Biellese attecchisse pochi anni più tardi il moto acattolico di fra Dolcino. Nella sala tutti erano attenti. In prima fila, tre uomini parlottavano tra loro. Uno di essi, vestito casual ma con il collare da prete, stava alzando la mano. -Prego. - disse il dottor Ansaldi. -Forse gli statuti sono falsi, - disse il prete, un uomo un po' robusto sulla cinquantina, con folti capelli grigi. - Ma non si può negare che gli abitanti delle vallate, esasperati dalle razzie dei Dolciniani e dalle profanazioni delle chiese, avvenute sia in Valsesia che in Val Sessera e Mosso, auspicassero la soppressione del movimento dolciniano, tanto che fecero voto di costruire il santuario di San Bernardo proprio sul monte Rubello. Un vociare irrequieto si animò dal fondo della sala. Lo sguardo di Ansaldi si posò naturalmente su quel punto. Nell'ultima fila di sedie vide alcuni giovani che si agitavano. Uno di loro, con una maglietta nera sulla quale spiccava la scritta “NO TAV,” gridò: -E tu sei solo un prete fascista! Sempre le stesse bugie! Tutti quelli che osano contestare la Chiesa Cattolica sono delinquenti, vero? Ci fu un tramestio nella sala, il e seduto alle spalle di Ansaldi, che
rimase fermo al microfono, si alzò in piedi e disse: -Siamo qui per un dibattito civile. Chi vuole intervenire può alzare la mano, come ha fatto padre Luigi. L'uomo che aveva dato la parola ad Ansaldi cercava di chetare le acque. Seduti accanto a lui c'erano altre tre persone, che presumibilmente avrebbero dovuto fare altri interventi sull'argomento. Ansaldi decise di ignorare la situazione e proseguì: -Le tesi dello scontro tra eretici e locali sono ormai saltate, fanno parte della serie di notizie false propagandate dalla letteratura clericale per demonizzare la figura di Dolcino, come la fuga da Vercelli per furto. Del resto - aggiunse pulendo le lenti degli occhiali, - Dolcino non aveva bisogno di convincere gli abitanti di queste montagne a sposare le sue visioni del mondo: anche loro erano contro la Chiesa, che ostentava ricchezze e sfruttava la povera gente in barba agli insegnamenti del vangelo. Un applauso scaturì dal fondo della sala. -Ma le chiese distrutte? Le razzie fatte ai danni dei poveri valligiani? - insistette il prete. -Balle, prete. Le uniche razzie sono state quelle fatte dai tuoi colleghi sanguisughe e stupratori, inventori di quella che fu modello di tutti i sistemi totalitari: l'Inquisizione. Il giovane con la maglietta e i capelli neri si era alzato in piedi. Gli occhi mandavano lampi. Era molto magro, quasi scavato, con barba incolta e capelli lunghi. Il comitato organizzativo stava per intervenire di nuovo, forse con l'intenzione di cacciare il giovane, ma Ansaldi fece un cenno con la mano e disse: - Un momento, ora ci riprendiamo. Il prete rimase del tutto senza reazioni, come se non avesse udito gli insulti. -Come dicevo, non si trattava di azioni condotte contro il popolo; gli Apostolici consideravano il clero corrotto e ritenevano le chiese prolungamenti di esso, ostentazioni inutili di una ricchezza che non aveva senso, poiché gli eretici pensavano, come i Celti, che Dio si potesse pregare meglio in mezzo alla natura. Sfogliando il plico che reggeva fra le mani, sbirciò in fondo alla sala il gruppo di
giovani. -Cito dalle lettere di Dolcino: “La chiesa consacrata non vale di più, per pregare Dio, di una stalla di cavalli o di porci” - Il prete ebbe un sussulto. - “Si può adorare Cristo nei boschi come nelle chiese”. Inoltre, - aggiunse sempre buttando l'occhio in fondo alla sala, - la storiografia contemporanea ha preteso di spiegare un episodio bellico sui monti valsesiani e biellesi durato circa due anni, il 1306 e il 1307, unicamente per via eresiologica, trascurando completamente l'aspetto della resistenza montanara, il contesto fondamentale per capire Dolcino.
III
-Ho visto abbastanza, ce ne andiamo? - chiese Andrea. -Credo che dovremmo riportargli le chiavi e anche ringraziarlo. Carla sbirciò fuori dalla chiesa: - Guarda, è lì che parla con due donne arabe. -Forse ha attaccato un bottone anche a loro. Poveracce. Andiamo al santuario del San Bernardo o alla conferenza? Io preferirei andare prima al santuario. -Credo che sia meglio. Tanto la conferenza dura quattro ore, non credo che avremmo voglia di sorbircele tutte. Andrea, corroborata dall'opinione dell'amica, si avviò decisa verso l'uscita. -Qui hai fatto un intero servizio fotografico. Consegnarono le chiavi al prete, che intanto si era congedato dalle due donne arabe. Cercarono di evitare altre conversazioni tediose, tornarono in macchina e puntarono verso il santuario. Le indicazioni spingevano a salire, essendo la chiesa molto più alta rispetto al centro del paese. Arrivate ad un certo punto, un cartello di legno indicava uno sterrato che deviava dalla strada principale, salendo per la montagna. Preso il sentiero, dovettero parcheggiare la macchina in uno spiazzo erboso per l'impossibilità di proseguire. -C'è l'indicazione. -Ma bisogna farsela a piedi? Non ho le scarpe adatte, con questi sandaletti mi storcerò una caviglia. Andrea si osservava i piedi con perplessità. L'altra aveva degli scarponcini da montagna. -E' solo un pezzetto, non sembra ripido. - disse Carla.
Si incamminarono per il sentiero. La vista su Trivero e la zona sottostante era incantevole, c'era il sole offuscato appena da qualche nuvola. Dopo circa un chilometro, un po' ansimanti, intravidero l'oratorio appena più in su. -Ti avviso che deve essere orribile dal punto di vista architettonico, l'hanno rifatto tutto nell'ottocento e di originale non sarà rimasto nulla. - disse Andrea. -Sì, vedo che è agghiacciante. Beh, almeno ci godremo un po' il panorama del monte Rosa. -E questo sarebbe il famoso monte Rubello! Proprio qui costruirono delle fortificazioni e resistettero per un anno, senza che nessuno potesse scendere a valle. I viveri già scarsi finirono ed è molto probabile che mangiassero pezzi di cadavere per sopravvivere. -Mi sembra ovvio. Ma certo che doveva essere un pazzo; perché rifugiarsi in questo vicolo cieco? Intanto erano giunti di fronte all'oratorio. -Ma guarda, sembra una casa anni settanta! Era una costruzione di due piani, biancastra, con un porticato laterale che si affacciava sullo strapiombo. Dalla zona antistante si accedeva ad un giardinetto in leggero declivio, delimitato da un muretto. L'accesso era garantito da un cancelletto metallico. All'interno erano posizionate alcune panchine, dove un paio di persone stavano divorando il loro pranzo al sacco. Entrarono e si recarono sulla terrazza dell'oratorio, che girava attorno ad esso offrendo una bella vista panoramica sui dintorni e sul monte Rosa. La porta della cappella al primo piano era chiusa. -E ti pareva. - disse Andrea. -Beh, nessuna meraviglia che tengano chiuso e aprano solo per dir messa. Non essendoci un custode, non possono certo lasciare aperto. Oggi poi è sabato. -Tanto non sembra ci sia nulla di interessante.
Andrea sbirciava da una finestrella l'interno della cappella, piccola, semplice e anonima. - Ce la fai a fare due foto dalla finestra? Carla si chiedeva perché mai volesse le foto se non era interessante, ma si avvicinò al vetro che Andrea teneva aperto per agevolarle i suoi compiti. -C'è una Madonna nera. -Sarà pieno di Madonne nere qui intorno, perché siamo vicine al santuario di Oropa . Andrea prese a gironzolare sulla terrazza intorno al santuario, per vedere se c'erano altre entrate, alla ricerca di chissà quali misteri e Carla scattò delle foto panoramiche. Peregrinarono nel giardinetto, dove su un lato campeggiavano due cartelli, che recavano notizie sull'origine dell'oratorio; mentre Andrea li leggeva, Carla li fotografava. Annunciavano che il santuario era stato frutto di un voto dei Triveresi, fatto affinché fossero liberati da Dolcino. -Ma guarda questi bugiardi figli di…! Queste sono falsità storiche palesi! Ma quale voto! I Triveresi erano dalla parte di Dolcino, che difendeva la povera gente. Questi cartelli fanno schifo, veniamo nottetempo ad imbrattarli? -Su, non te la prendere così. -Ma è pazzesco che scrivano queste cose. E nessuno li toglie? Cioè, tutti i turisti vengono qui e si bevono queste bubbole? Carla era piuttosto divertita da come l'amica prendeva a cuore le questione. -Va bene, mi procurerò della vernice. Ciò significa che torneremo una seconda volta? - ironizzò. -Sì, torneremo ad imbrattare tutto. Però adesso andiamocene, perché ne ho piene le tasche di questo santuario.
IV
La disquisizione continuava con toni accesi. Roberto Ansaldi non riusciva a non provare simpatia per quei giovani in fondo alla sala, che, pur con il loro discutibile linguaggio, esponevano idee per lui condivisibili. Del resto, nella sua vita di storico, si era imbattuto spesso nelle convinzioni della Chiesa Cattolica Romana: oscurantiste e pronte a negare l'evidenza dei fatti pur di non sacrificare i loro dogmi. Naturalmente l'anniversario della morte sul rogo dell'eresiarca Dolcino aveva risvegliato un vespaio, essendo sempre stato assunto come un simbolo non solo anticlericale, ma antifascista, addirittura socialista. -L'impianto dottrinale di Dolcino era piuttosto semplice, ma il suo movimento rappresentò dal medioevo ai giorni nostri un baluardo della libertà e della giustizia sociale. Alcuni lo videro come un precursore del socialismo utopistico. Nel 1974 venne inaugurato il cippo dedicato a Dolcino sui ruderi dell'obelisco distrutto precedentemente dai clerico-fascisti, con la partecipazione di eminenti personaggi quali Dario Fo e Franca Rame, e sorse il Centro Studi Dolciniani. Nel 1993 fu edito il numero zero de “La Rivista Dolciniana”. Lo stesso movimento NO TAV valsusino, non a caso, ha scelto Dolcino come uno dei simboli della sua ribellione per salvare la montagna. Alla luce di questi fatti, non si trattava solo di una condanna dell'Inquisizione, c'erano in gioco anche idee politiche, come dimostravano i giovani imbufaliti in fondo alla sala. Gli organizzatori dell'evento avevano consigliato prudenza nell'esposizione, evitando picchi di anticlericalismo, ma ormai i toni si stavano alzando parecchio. Infatti ora tutti discutevano ad alta voce, dicendo la loro. Anche coloro che avrebbero dovuto intervenire dopo Ansaldi avevano iniziato a rispondere sia ai giovani che al prete, quindi nella sala c'era molta confusione. Con pacata fermezza cominciò a parlare uno degli storici del Centro Studi dolciniani e subito si fece silenzio
-Gli Apostolici non avevano mai combattuto prima, né nel parmense, né in Trentino, perché la logica della guerra era avulsa dal loro impianto culturale e teorico e dalla loro prassi. Andarono incontro alla repressione ed ai roghi, ma non lottarono mai prima di solidarizzare con i montanari, gente che reagiva di fronte alla Chiesa corrotta, che insieme agli aristocratici schiacciava la plebe.
V
-Non ho più voglia di andare alla conferenza, perché invece non puntiamo su un'altra delle chiese che fanno parte della mia tabella di marcia? -Ah, per me va bene. Ti avevo vista notevolmente entusiasta. Quale chiesa ci aspetta ora? Carla era rassegnata. -Il santuario della Brughiera. Sicuramente è più pregevole di quest'ultima bruttura che abbiamo visto. C'è un parco, dove ci sono due chiese: una è piccolina e più antica, in mezzo ai castagni e ai pascoli, edificata nel XVI secolo sui resti di una chiesa del XIV secolo, presso la quale pare si accamparono i seguaci di Dolcino. La chiesetta fu eretta nel luogo in cui, secondo la tradizione religiosa, la Madonna apparve a una pastorella muta, donandole l'uso della parola, e nello stesso secolo, con le oblazioni di tutti, venne costruita la chiesa maggiore. Il parco comunque è molto bello, ci sono stata a marzo, ma la chiesa grande apre solo dopo il 25, quindi ho scattato qualche foto solo a quella piccola. Arrivarono ad una strada panoramica che le condusse all'ingresso del parco. Si misero a eggiare, ma si resero conto subito che la chiesa più grande era chiusa. Quella piccolina era graziosa, con un pronao che al massimo poteva contenere una ventina di persone. Non c'era nulla di notevole, ma Andrea ne era entusiasta e costrinse l'amica a fare tantissime foto degli affreschi. -Ma perché quella grande è chiusa? Eppure secondo quello che leggo dovrebbe essere aperta, essendoci una funzione intorno alle diciotto e trenta. Potremmo suonare anche qui? Guarda, su quella porta c'è scritto “accoglienza”. Di sicuro ci sarà un custode. -Proviamo a chiedere a quel vecchio che sta ramazzando. Andrea si guardò intorno e notò che in effetti c'era un signore anziano che scopettava la stradina che correva intorno al parco. -Buongiorno, scusi, mi saprebbe dire quando apre il santuario maggiore?
Il vecchio interruppe il suo lavoro. Era magro, non molto alto, con un viso vagamente inespressivo, ma occhi penetranti. -Di solito apre solo per le messe. Il custode è anziano, ultimamente fa fatica a far tutto, per cui è difficile che si faccia vivo, ma se volete potete provare. In ogni caso la chiesetta piccola è sempre aperta. Parlava con voce monotona e strascicata. -Grazie. Andrea dava segni di impazienza e già si stava allontanando. - Tanto non ci perdiamo niente mi sa, limitati alle foto esterne.
VI
Era stanco, molto stanco. Al mattino avevano suonato più volte, ma aveva fatto finta di nulla, l'importante era che non fosse la monaca. Lo tenevano d'occhio, temevano forse che fosse troppo vecchio e malandato per aver certi gravami. Don Ciribello si accontentava che fe il custode della Brughiera, ma quelle monache... che il diavolo se le portasse!!! Probabilmente erano allarmate per il suo stato di salute, in paese si sparlava sicuramente di lui. Era solo un po' acciaccato, ecco tutto, non certo un buon motivo per farsi ricoverare, magari in una casa di riposo. Proprio lui, un ex professore di latino e greco, con un'improbabile accozzaglia di vecchi. Si appoggiò stancamente al cassettone antico del suo piccolo studio. Certe giornate erano più dure delle altre, anche i più banali lavori diventavano faticosi. L'aria era calda ma non insopportabile, le vecchie mura garantivano una temperatura accettabile anche a luglio, e comunque il clima collinare non arrivava mai a essere torrido. Si affacciò alla finestra, scostando un po' le tende: le due donne si aggiravano intorno alla chiesa piccola. Si ritrasse per non essere visto, così se per caso avessero suonato non avrebbe risposto. Per visitare la chiesa grande avrebbero aspettato la messa. Questi turisti erano fastidiosi, facevano un sacco di domande e doveva sempre ripetere le stesse idiozie. Era una posizione comoda la sua: fare il custode gli garantiva un alloggio, ma alcune cose erano seccanti, le monache, soprattutto, e poi lo preoccupava il fatto di aver parlato con quel prete venuto da fuori, da Torino, aveva detto. Purtroppo lo aveva sorpreso mentre stava buttando la spazzatura, così aveva dovuto aprire la chiesa e intrattenerlo. Non era un ignaro turista da poter gabbare, ma avrebbe anche potuto essergli utile, chissà. Sentì suonare il camlo, certamente sarà stata la cara monachella. Nascose velocemente dentro un armadio a muro una bottiglia di vodka dalla quale aveva appena bevuto un bicchierino.
VII
Al secondo piano della chiesa grande, da quello che pareva l'appartamento del custode, su un filo teso sventolavano due paia di brache di consunti pigiami in flanella. Carla fotografò anche quelle, ridacchiando. Non c'era quasi nessuno in giro nel parco; avevano incontrato il vecchio che ramazzava, ora sparito, e due ragazzi sui vent'anni. Tra le due chiese c'era una fontana di pietra dove da quattro teste mozzate un po' inquietanti sgorgava acqua fresca, producendo un piacevole sciabordio. Due alberelli posti equidistanti da essa segnavano l'ingresso del parco, dove erano posizionate le chiese, parallele. Ora Carla stava fotografando le croci di ferro sul muro esterno laterale della chiesa piccola. I due ragazzi, che avevano incrociato prima, tornarono sui loro i andogli accanto. Probabilmente erano andati a vedere se la porta principale della chiesa era aperta e ora si dirigevano verso l'uscita del parco, che era delimitato da basse siepi e da arbusti. Andrea, mentre le avano vicino, vide che erano di bell’aspetto, anche se un po' troppo stile squatters. Uno di loro, quello più alto con i capelli lunghi, le indirizzò un sorrisetto. -Purtroppo potrei essere sua madre! Sebbene... -Cosa? -Nulla... Carla era tutta presa dal compito affidatole da Andrea, che svolgeva con meticolosità quasi maniacale. Stranamente nessuna delle due propose di suonare al custode, forse perché non
sembrava esserci nulla di attraente all'interno della chiesa grande, sul retro della quale, davanti alla fontana, c'era il portoncino in legno con il cartello recante la scritta “accoglienza.” Mentre bevevano alla fontanella sentirono un rumore, una specie di cigolio, e guardarono in quella direzione: un uomo magro, molto alto, sulla sessantina, con capelli radi e naso a becco, si dirigeva verso l'uscita del parco, da dove erano poco prima usciti i ragazzi. Portava una valigetta nera. -Sarà quello il custode? E' uscito dall'accoglienza? - Andrea era dubbiosa. -Mi pare, ma non sono sicura, magari è uscito da quell'altra porticina secondaria da cui si entra in chiesa. -A maggior ragione ci potrebbe fare entrare. -Sì, ma bisognerebbe inseguirlo e non mi pare il caso. La stanchezza e la noia si stavano facendo sentire. Si intrattennero ancora qualche minuto, Andrea cercando di immaginare le orde di Dolcino che si erano accampate dove ora c’era la piccola cappella, Carla scattando foto da tutte le angolazioni possibili. Prima di dirigersi verso l’auto incrociarono una religiosa, che a o lento e controllato si avviava verso la porticina dell’accoglienza. Mentre Carla metteva in moto ad Andrea parve di vedere che la suora stesse armeggiando con il camlo, ma ormai sopraffatta dal tedio decise di non approfittarne. Andrea aveva deciso di are quella giornata in cerca delle tracce di Dolcino, perché era una figura affascinante e misteriosa, su cui stava conducendo delle ricerche. Il lavoro di psicologa, che svolgeva da più di dieci anni nel dipartimento di Salute Mentale, e quello di psicoterapeuta con qualche paziente privato, dopo la laurea in psicologia e la specializzazione, era soddisfacente, ma non colmava sicuramente tutto l’ambito dei suoi interessi, quindi spesso apriva dei nuovi “cantieri” di ricerca collegati con le sue letture: divorava letteralmente thriller, in particolare prediligeva quelli teologici, esoterici. Ultimamente poi si era interessata ai movimenti ereticali, ai manoscritti del Mar Morto, ai vangeli apocrifi e simili. A vent’anni era affascinata dal buddismo, a quaranta suonati riscopriva da agnostica le origini del cristianesimo, avendo
ricevuto suo malgrado un'educazione cattolica. Era interessata alla figura di Gesù, come profeta e sapiente, e a tutto ciò che poteva farle conoscere meglio l'uomo, senza il filtro dogmatico e limitato della religione cattolica. Quell’anno, poiché cadeva il settecentenario della morte di Dolcino, avvenuta nel 1307 sul rogo, era tornata per la seconda volta in quella miriade di chiese in cerca di simboli esoterici inquietanti. Ma tutto pareva normalissimo. Trivero è un piccolo comune di circa seimila abitanti, ex importante centro laniero, con innumerevoli frazioni; appartiene alla comunità montana Valle di Mosso. Il santuario della Brughiera si trova a due chilometri da Trivero, e appartiene a un gruppo di santuari minori del biellese che si snodano lungo l’itinerario escursionistico denominato “Le valli della Fede”: Valle di Mosso, Valsessera, Valsesia e Cusio Mottarone e il suo tracciato è ispirato al cammino che San Carlo Borromeo ripeté presumibilmente più volte, durante gli anni nei quali fu arcivescovo di Milano. Prima di imbattersi nella storia di Dolcino, Andrea neppure conosceva l’esistenza di queste valli. In seguito ad alcune letture, divenne curiosa di vedere i luoghi dove l'eresiarca aveva ato l’ultimo anno con i suoi seguaci, quindi andò a visitare il santuario della Brughiera, che da subito esercitò su di lei una certa attrazione inspiegabile. Il portico attiguo alla chiesetta, dove probabilmente venivano ospitati gli appestati durante le epidemie e accolti i dipinti votivi donati dai fedeli al santuario, è stato aggiunto nel '700. Vi sono le cappelle della Via Crucis lungo il sentiero che dalla parrocchia di Bulliana conduce alla Brughiera. Niente di eclatante, quindi. Ma si era ripromessa di tornarvi quell’estate, per visitare anche altre chiese e seguire una delle tante conferenze di quel periodo, facenti parte di una serie di iniziative per il settecentenario della morte dell'eresiarca Dolcino. In quell’occasione si aspettava scontri titanici tra i rappresentanti della Santa Chiesa Cattolica e altre forze piuttosto variegate: nostalgici di un socialismo utopico, movimenti protestanti, cattolici alla riscoperta di un cristianesimo delle origini, addirittura il movimento NO TAV. Anche l'aspetto storico della saldatura fra eretici e ghibellini era un risvolto interessante. Ma quel sabato ne aveva abbastanza, così propose all’amica, che tanto
gentilmente l'aveva accompagnata durante le peregrinazioni, di sostare in un piccolo alberghetto sito a un centinaio di metri dal santuario, ”Il Castagno”, per seguire almeno un dibattito e dare un’altra occhiata in giro. Per giungere da Torino, dove abitavano, c’erano più di cento chilometri, sicché era meglio ottimizzare il tempo e approfittare del clima ben più gradevole dell’afa di quel luglio che le aspettava in città, nei loro solitari appartamenti. Entrambe vivevano sole, per scelta. Ma Carla non pareva molto propensa, avrebbe preferito uno scomodo agriturismo nella vallata adiacente, anche un pelino più economico. -Ma l’agriturismo all’alpeggio l’avevi proposto tu... -Sì, ma ora non ho nessuna voglia di andare fin lassù, voglio star comoda - disse Andrea toccandosi i capelli lisci che si ostinavano a svolazzare. -Ho bisogno di una doccia e di una bella cena, ci saranno i formaggi locali anche “Al Castagno”, ci beviamo il vino di Ghemme e dopo un bel digestivo. Non vedo l’ora di buttarmi nel letto a leggere, poi domattina una super conferenza, a cui interviene anche quella specie di legaiolo della Val Sesia, che ha scritto il libro sulle presunte spoglie di Dolcino. -Il vino di Ghemme? Ma che vitigno è?
VIII
Quel maresciallo risultava a dir poco insopportabile. Il carabiniere era comparso proprio all'ora di cena, salendo impettito la gradinata di pietra che dalla strada conduceva all'ingresso dell'albergo. -Ma miseria, sono qui da solo mezza giornata e già ci sono i carabinieri? E' proprio un posto di m... - disse Carla ironicamente. Il pasciuto e baffuto carabiniere si avvicinò al bancone della reception, che si vedeva dalla terrazza dove le due amiche stavano gustando l'ottima cena. Con fare sedizioso parlottò con la proprietaria dell'albergo, la quale, dopo una breve esitazione, indicò incerta un tavolo dove un signore piuttosto compito stava cenando tranquillamente, da solo. Non c'era molta gente quella sera; pur essendo sabato sulla terrazza si contavano una decina di persone, quattro tavoli occupati. Il gendarme si avvicinò al tavolo e, dopo quella che parve una breve presentazione, venne invitato a sedersi dal signore distinto, con folti capelli castani, che ora a ben vedere era più giovane di quanto sembrava a una prima occhiata: al massimo quarantenne, stimò Andrea. I due presero a parlare fittamente, ma le due amiche non udivano nulla dalla loro posizione, nonostante fosse calato un silenzio imbarazzante. La proprietaria sembrava poco soddisfatta di quell'improvvisata, ma comunque anche lei tendeva l'orecchio. Erano incuriosite dall'aria grave del carabiniere, che Carla rivelò poi essere maresciallo dalla valutazione dei gradi sull'uniforme. Si ripromisero di indagare presso la reception prima di salire nella loro camera. -Sarà successo qualcosa? Non c'è stato un po' troppo viavai di auto mezz'ora fa? -Non credo, ci sarà qualche processione o una novena. E poi alle 18,30 ci deve essere stata la messa. -Ma allora la chiesa grande sarà aperta ora! Altrimenti perché tutto questo trambusto?
-Ok, prendiamo un caffè e un digestivo e poi andiamo a fare un giro. - disse Carla rassegnata all'inevitabile. -Sì, sì, tu ordina, io salgo un momento in camera a prendermi un golfino, perché sento freddo. Tieni d'occhio quel che succede a quel tavolo. Andrea si avviò alla reception con un o da ungulato, su sandali con una zeppa alta poco adatti alla collina. La signora le consegnò distrattamente le chiavi, intenta ad osservare il maresciallo conversare con il cliente trasudante mistero. Certo che non era proprio male. Non bellissimo, ma la sua classe e i suoi lineamenti armonici non avano inosservati. Giunta in camera trafficò in valigia e poi spalancò la porta finestra, che conduceva ad una terrazza affacciata sulla Brughiera, distante non più di cento metri. Sotto i lampioni del parco, in mezzo alle due chiese, c'era un certo trambusto: attraverso i rami degli alberi, che ostruivano parzialmente la vista, si riusciva a vedere un capannello di gente, un'ambulanza, personale medico, carabinieri e parecchia confusione. Richiuse tutto e quasi si precipitò giù dalle scale, sedendosi ansimante al tavolo. Carla la guardava interrogativamente. -Ma che hai? Sei paonazza. -E' successo qualcosa sicuramente, dalla camera ho visto un bel po' di gente, carabinieri, ambulanza, proprio lì, nel parco della Brughiera, dov'eravamo oggi pomeriggio. -Un infarto al custode? -Boh? Strano che per un infarto si scomodi il maresciallo a venire a cercare un cliente del ristorante. A proposito, ma dove sono andati? -Sono scesi. - disse Carla flemmatica, indicando la gradinata di pietra che colmava il dislivello dall'hotel alla strada. - E non solo loro, a parte quella coppia di svizzeri che sono saliti in camera, tutti gli altri piano piano li hanno seguiti a ruota. -Andiamo anche noi, allora? Abbandonarono velocemente il tavolo, si avviarono giù per la gradinata e poi verso la Brughiera. Arrivate sul limitare del piccolo giardino, si resero conto che
gli abitanti della frazione erano tutti usciti dalle case per vedere ciò che era successo, si percepiva dall'abbigliamento “casalingo”. Non si riusciva a vedere altro che queste persone e due carabinieri, che controllavano che nessuno si avvicinasse all'ingresso di quella che nel pomeriggio avevano individuato come l'abitazione del custode, la cui porta era in quel momento spalancata. Dall'esterno si poteva scorgere una scala di pietra che saliva direttamente agli alloggi, sicuramente al primo piano. L'ambulanza era ferma e silenziosa, con il lampeggiante , tra l'ingresso del custode e la chiesa piccola. Il personale di soccorso era fermo in attesa vicino ad essa. Impazienti, chiesero informazioni ad un signore di mezza età, che si sporgeva come loro al di là del nastro tirato dai carabinieri per tracciare un limite invalicabile. -Hanno trovato il custode della Brughiera con la testa spaccata in due come un cocomero! Non so nient'altro. -Chissà quando l'hanno ammazzato? Non sa quando l'hanno trovato? -L'ha trovato don Ciribello quando è venuto per dir la messa, alle sei. Ho sentito che hanno chiamato quelli della scientifica... -Pazzesco, ma hai sentito? Quindi noi eravamo andate via da pochissimo! Ma ti pare possibile? Non mi son mai capitate queste cose. Accanita lettrice di thriller, Andrea non poteva credere che finalmente un delitto fosse accaduto nei suoi paraggi. -Ma dai, magari è semplicemente caduto, senza tanti misteri. -Ah sì? Ma il signore ha detto che han chiamato la scientifica. -Intanto guarda chi c'è... Il misterioso signore che era stato avvicinato dal maresciallo in albergo stava uscendo con quest'ultimo dalla porta dell'accoglienza. Era leggermente rosso in viso e parlava concitatamente. Era un tipo molto alto, superava l'uno e novanta, magro e asciutto. Pareva una persona posata, spirava dignità e compostezza e
aveva un abbigliamento apparentemente semplice, ma di un casual sapientemente studiato. “Interessante, ma troppo alto". Solo a guardarlo in faccia le sarebbe venuto il torcicollo. "Trenta centimetri di dislivello erano troppi”, pensò Andrea. Restarono ancora un po' nei paraggi, ma non succedeva nulla di particolare. Le chiese erano entrambe aperte e le entrate erano presidiate dai carabinieri, che ad un certo punto mandarono via tutti dicendo che bisognava sgomberare. Decisero quindi di tornare in albergo per ottenere ulteriori informazioni.
IX
Roberto Ansaldi era esterrefatto. Si era recato a Trivero per partecipare ad un dibattito storico ed ora si ritrovava sulla scena di un presunto crimine. Avrebbe non soltanto voluto are qualche giorno al fresco nel suo paese di origine, perché a Torino l'afa era insopportabile, ma anche prendere parte alle numerose conferenze, dato che la storia delle eresie era un argomento per lui apionante. Era laureato in storia delle religioni e professore associato all'Università di Torino. Per ora lo stipendio non era un granché, ma essendo una mente brillante aveva già pubblicato due libri e tenuto importanti conferenze e seminari in giro per il Piemonte, in particolare sul cristianesimo primitivo e sul Gesù storico. Il maresciallo Polito era venuto a cercarlo su consiglio del brigadiere Marangon, suo vecchio amico d'infanzia, che era al corrente delle sua presenza in paese. Tutti e due di origine triverese, entrambi ancora scapoli, si erano mantenuti in contatto negli anni, nonostante le loro vite avessero preso indirizzi così diversi. Marangon, conoscendo gli studi dell'amico, aveva ritenuto che potesse essere d'aiuto per una rapida consulenza su alcuni particolari che facevano parte della scena del presunto delitto. Il maresciallo, recatosi al suo tavolo, aveva interrotto una piacevole degustazione di formaggi e vini locali e gli aveva chiesto di seguirlo dopo aver spiegato l'accaduto. Era stato ritrovato il cadavere del custode del santuario della Brughiera, che si trovava proprio di fianco all'albergo. Il prete, don Ciribello, si era recato, come di consuetudine al sabato, alle ore diciotto per dir messa e, vedendo ancora la porta della chiesa grande chiusa, aveva suonato al custode, senza ricever risposta. Trovando la porta non chiusa a chiave, cosa assai strana, era quindi salito al primo piano dove lo aspettava uno spettacolo raccapricciante: l'uomo era a terra, nel suo studiolo, a faccia in giù in una pozza di sangue. Nonostante il panico, si era subito reso conto che Ludovico Boggio, che lui conosceva come ex professore di lettere antiche ritiratosi prematuramente dall'insegnamento, era indubbiamente morto stecchito.
Senza perder la calma aveva quindi avvisato i carabinieri di Trivero, che si occuero poi di tutto. Si era premurato di mandare via i fedeli già in arrivo per la messa delle diciotto e trenta, dicendo che c'era stata una disgrazia: sentito ciò, questi non si erano più mossi e si erano assiepati nel parco, pontificando su quello che poteva esser successo. Ben presto erano accorse anche altre persone abitanti in zona, avvisati dai telefonini dei devoti. Il maresciallo aveva condotto Ansaldi al santuario, dove si era consumato il delitto: presunto perché dovevano ancora essere accertati i fatti e si attendeva l'arrivo della polizia scientifica, ma egli stesso aveva valutato da alcuni elementi che di un omicidio si dovesse trattare e non di un semplice incidente. Infatti, il prete affermava di avere trovato la porta al piano terra non chiusa a chiave come era uso tenere il Boggio; questo faceva pensare che la vittima avesse aperto la porta al suo assassino, non essendoci segni di scasso. In secondo luogo, tutto quel sangue richiamava un evento particolarmente violento, ma il corpo non era ancora stato spostato. Il professor Ansaldi non era certo un esperto di delitti, ma era stato chiamato perché, poco discosto dal malcapitato, era stato trovato un quinterno di fogli con appunti vergati a mano, sui quali avrebbe potuto offrire lumi essendoci a prima vista allusioni e citazioni religiose. Il maresciallo, cinquantenne un po' sfatto ma con una propensione operativa decente, appariva leggermente ansioso: forse non era abituato a questi casi così violenti in quel piccolo paese. Dopo aver ispezionato l'abitazione del custode, diede alcune spiegazioni ad Ansaldi: - Ho dato un'occhiata in giro, il cadavere si trova nel salotto-studio, che pare un po' in disordine, come se avessero rovistato. Ma non è sicuro, potrebbe darsi che si tratti di un'impressione. Dal salotto inizia un corridoio dal quale si accede nell'ordine alla cucina, alla camera e al bagno. In bella vista, sulla scrivania dello studio, c'erano questi appunti. Vedrò di farle avere una fotocopia, ma non riesco a farla entrare. E’ arrivato Bonelli con quelli della scientifica e il medico legale, e mi fanno casino se vedono entrare troppa gente. -E per quanto riguarda il contenuto degli appunti? -Mah, ci sono alcuni nomi di santi: non ho avuto tempo e non ci capisco nulla di queste cose. Per questo l'ho disturbata, se accetta mi accelera un po' le indagini, sennò l'esperto me lo devo cercare domani, eppoi Lillo mi ha detto tutto di lei... Cericchi! - il maresciallo chiamò a gran voce l'appuntato.
-Procura per il professore una copia degli appunti del defunto. -Ma ora li prenderà l'ispettore! Per le impronte, la perizia calligrafica e tutto il resto! -Appunto, mettiti alle sue calcagna e per stasera concludi tutto. Cericchi, un giovane basso, biondo e con una calvizie precoce, poco convinto, sulle prime rimase come folgorato, poi si riscosse. -Signorsì! - e se ne andò sforzandosi di mostrare un atteggiamento deciso. -Questi giovani! Si devono un po' svegliare. Sono due anni che è con me e sembra arrivato ieri. -Dov'è Stefano, ora? - chiese il professore. -Chi? -Stefano, Lillo, voglio dire. -Ah, sta in giro a cercar testimoni. Boggio è spirato questo pomeriggio, il medico legale è già arrivato e ci dirà l'ora approssimativa. Per la mia esperienza è morto intorno alle diciassette, valutando che quando siamo arrivati la pozza di sangue era ancora fresca fresca. A quell'ora dovevano esserci anche turisti nel parco; speriamo che si faccia vivo spontaneamente qualcuno che possa aver notato qualcosa di insolito. -Forse persone che erano lì per assistere alla funzione? -Quelli che vengono per la messa delle diciotto e trenta del sabato arrivano poco prima dell'orario della funzione. No, sto parlando di persone che vengono da fuori a fare il giro dei santuari, questo compreso, che è quello più frequentato. Sa, ce ne sono un'infinità da queste parti, magari non fanno a tempo a vederli tutti e si fermano in paese a dormire presso qualche albergo. Non è un turismo molto redditizio, ma sempre turismo è. -Conosco bene la zona, sono nato e cresciuto qui, come Stefano. -Già, è vero, me l'ha detto Lillo. Ah, eccolo che sta arrivando.
Stefano Marangon si stava avvicinando con o deciso e quando vide Ansaldi sorrise. Gli amici si salutarono, cordialmente ma un po' trattenuti, appena appena. Roberto Ansaldi era un uomo poco espansivo, i gesti affettuosi non gli venivano con facilità, comunque era sinceramente contento di rivedere “Lillo”. Un uomo pratico, ma dal cervello fine, magro e prestante, più basso di Roberto di almeno quindici centimetri. Ma poi chissà perché il maresciallo lo chiamava Lillo? -Maresciallo, la informo che i cartelli recanti le informazioni storiche dei santuari, allestiti per i turisti, sono stati divelti ed imbrattati con delle bombolette di vernice. -Un atto vandalico, quindi. E quando sarebbe avvenuto? -Don Ciribello è convinto che sia accaduto oggi, perché diversamente sarebbe stato sicuramente avvisato dal Boggio. -Ma se ha detto che il Boggio non usciva quasi mai, potrebbe anche non averlo notato! -Dalla finestra della sua camera si vedono benissimo i cartelli, se ne sarebbe di certo accorto e magari potrebbe aver visto chi è stato. -Di solito questi vandalismi vengono perpetuati nottetempo, mi sembra difficile che durante il giorno, con il viavai di turisti, uno possa fare gesti simili e are inosservato. -E infatti stavo per dirle che quell'anziana che abita in quella casa là sopra indicò nel buio un'abitazione sul pendio della collina - ha visto dei giovinastri vestiti male, pantaloni stracciati, borchie, capelli lunghi disordinati, aggirarsi nel parco questo pomeriggio e armeggiare intorno ai cartelli. -Benissimo! E cosa aspettavi a dirmelo? Abbiamo anche una testimone allora. E chi ci dice che non possano essere stati proprio loro ad ammazzare come un cane il Boggio? Abbiamo delle descrizioni precise? La signora può venire a deporre in caserma? -Non vuole venire, dice che ha male alle gambe e la tachicardia. Dovremo prendere una deposizione scritta a casa sua, magari domani. Inoltre, a quella distanza... non so che attendibilità possa avere. Può darsi che abbia visto gli atti
di teppismo, ma arrivare ad un identikit proprio no. La casa si trova almeno a trecento metri, ed è anche più in alto. È più vicino l'albergo. Controllerò domani la visuale, ma mi sembra difficile che abbia visto bene, una donna di ottant'anni almeno, non mi sembra neppure così sveglia, ma solo curiosa. Certo, è l'unica casa che c'è nei paraggi, oltre all'albergo, intendo. Ho fatto un salto anche lì, dopo che ci è andato lei; ci saranno cinque clienti arrivati ieri e tre oggi e eranno tutti la notte in albergo, ho controllato con la proprietaria. Adesso non c'era praticamente nessuno, saranno scesi tutti quanti a curiosare qui intorno, con questo casino. Conviene andarci domattina, prima che vadano via tutti, per verificare se qualcuno abbia visto qualcosa questo pomeriggio. Mi sono accordato con la proprietaria e ho già stilato la lista di nomi. Ma anche dall'albergo la visuale è piuttosto limitata, direi che si intravede appena il parco, troppi alberi che si frappongono, e solo dalle camere sul lato ovest. -Magari questi teppistelli potrebbero essere ancora nei paraggi e certo si saranno fatti notare. Dovremmo chiedere anche giù in paese, nei bar e nei locali pubblici. -Da quello che ho capito devono essere due ragazzi sui venticinque anni un po' conciati tipo “scapà da ca", sa, quelli lì dei centri sociali. Magliette nere con le scritte, jeans stracciati e appesi alle mutande. -Beh, è una descrizione abbastanza efficace, ce n'erano un paio del genere alla conferenza di oggi pomeriggio - disse Ansaldi - e mi erano simpatici. -Ma potrebbero essere loro? A che ora è terminata la conferenza? -La conferenza è terminata alle sedici e trenta e i ragazzi si sono molto, per così dire, “accalorati” nel dibattito. La scritta sulle maglie nere era “NO TAV”. -Ma allora saprebbe riconoscerli! -Beh, forse. Ma non possiamo essere certi che siano proprio loro e che c'entrino con il delitto. Sa quanti ragazzi così ci sono in giro? Se la signora non fornisce dei tratti somatici precisi, come fa a sapere che... -Ma non qui a Trivero! Inoltre lo sanno tutti che questi punkabbestia, o come cazzo si chiamano, sono dei comunisti mangiapreti, vivono tutti insieme e non rispettano la proprietà privata, a loro piacciono solo i terroristi e i ricchioni. Roberto Ansaldi non nascose il suo imbarazzo e il maresciallo comprese di
essersi lasciato andare troppo: quello era uno di Torino, ormai, e dall'andazzo doveva pure essere progressista, così lasciarono cadere il discorso e decisero di vedersi il giorno dopo alla caserma o in albergo. Lillo riaccompagnò l'amico verso “Il castagno”. -Sono contento che tu sia qui. -Sì, anch'io, mi hai fatto proprio un bel favore a farmi chiamare come super esperto. Il maresciallo è troppo supponente per i miei gusti, e poi, santo Dio, mi sembra a destra di Attila l'unno! -Ma no, è un bravo cristiano, can che abbaia... -Se lo dici tu. Ho già avvisato i miei genitori che erò la notte in albergo, per comodità.
X
Nel Monastero delle suore Romite di San Giovanni Battista, a pochi chilometri dal centro di Trivero, suor Veronica, superiora del convento, attendeva l'arrivo di suor Lucia. La cena a base di minestra di verdure era già stata servita nello spartano refettorio; le altre religiose si erano riunite nella cappella per l'orazione serale, ma lei no: era alla finestra della sua camera sperando di avvistare il prima possibile la consorella. Altrimenti avrebbe dovuto andare a cercarla, o peggio a dare l'allarme, ma non voleva attirare l'attenzione, non era il suo stile e mai lo sarebbe stato. Il loro ordine era contemplativo, con voto di povertà, castità, obbedienza e clausura. Era stata costretta a mandare suor Lucia in paese, non aveva potuto fare altrimenti, come sempre. Pensò alla religiosa che aveva fondato l'ordine due secoli prima; le chiese perdono, ma era certa di aver fatto quello che doveva. Erano ormai le sette e mezzo di sera, dove diavolo era finita? Un tuffo al cuore: dal sentiero che si faceva strada tra la boscaglia vide la familiare veste color cannella svolazzare e la giovane suora che tutta trafelata entrava nell'incolto giardino del monastero. Dimenticando l'abituale compostezza si precipitò fuori dal suo studio e giù dalle scale come una furia, poi fuori incontro a Lucia. Quasi le si gelò il sangue nelle vene quando vide il terrore negli occhi della consorella. -Ma cosa...? -C'è stata una disgrazia! Ludovico Boggio... -Ludovico Boggio... cosa? L'hai visto o no? -No, no, non mi ha aperto. Ma sono sicura che fosse in casa, quindi mi sono infrattata nella boscaglia che porta al rifugio dell'eremita e ho aspettato. Tenevo d'occhio la porta e le finestre, per coglierlo di sorpresa. Poi mi devo essere assopita e c'è stato un gran baccano: gente assiepata, carabinieri, ambulanza, ma son rimasta nascosta e appena possibile me ne sono andata, senza parlare con
nessuno e senza farmi notare. -Hai fatto bene. Sicuramente si sarà sentito male. -No, vi dico che c'erano i carabinieri, che non facevano entrare nessuno. Secondo me è morto. -Quell'uomo non ha fatto altro che creare problemi, da vivo e ora da defunto, se è come dici. Come facciamo adesso? Ti ha visto qualcuno? -Beh, mentre ero nel cortile del santuario, al mio arrivo, ho incrociato due donne, non so se mi hanno notata. -Il motivo per cui lo chiedo è per sapere se dobbiamo prepararci a una visita della polizia. E' chiaro che non potevi diventare invisibile. Suor Veronica si sentiva un po' in colpa per aver mandato suor Lucia, così giovane e inesperta, troppo esposta ai pericoli del mondo. Era piccola e magra, quindi veloce e agile, cosa che lei non era di sicuro. Aveva almeno trent'anni e quaranta chili in più, inoltre il loro ordine prevedeva una vita ritirata, non più clausura assoluta, dopo il Concilio Vaticano II, ma pur sempre uscite e contatti con il mondo limitati all'indispensabile. -Perché i carabinieri dovrebbero interessarsi a noi? In fondo andavamo dal Boggio per portargli i frutti della terra, perché lui non usciva mai. Un'opera cristiana, insomma. -Già, ma potrebbero chiedersi come mai non si recasse da lui qualcuno più comodo o vicino, per esempio don Ciribello. - disse suor Veronica. -Don Ciribello non dispone della verdura biologica e delle erbe per infusi del proprio orto come noi, e si sa che per i malati queste cose sono un toccasana. ammiccò suor Lucia. -Sarà che mi agito troppo, ma adesso con quest'uomo ato a miglior vita, pace all'anima sua, temo che questa nostra sollecitudine nell'andare a visitarlo possa destar sospetti. -Vedrete che non accadrà nulla.
-Lo spero, ma se verranno dovremo essere pronte ed ostentare la massima calma. Dovrai poi per forza ritornare in paese per cercare di avere delle informazioni su che piega ha preso questa storia e capire cosa può essere veramente successo. -Ma... perché dovremmo avere dei problemi? Ormai... -Non possiamo esserne sicure. Se è deceduto di morte violenta, non si può mai sapere cosa stesse combinando. E proprio per questo lo tenevamo d'occhio. -E avevamo ragione! -Ma certo, era una persona instabile. Quando lo conobbi, era uno stimato professore, uno studioso di lingue antiche. Poi, purtroppo, quindici anni fa, quella storia con la sua allieva, problemi di soldi, il processo, l'esaurimento nervoso. Ed ecco che un uomo così finisce a far le pulizie in un santuario. Ma non si è reso conto della sua decadenza interiore e proprio per questo temevo il peggio. Ora andiamo a mangiare qualcosa, dopo parleremo ancora.
XI
-E' inutile che tu continui a guardare, ci sono troppi alberi che impediscono la visuale. Domani vedrai che ne parleranno tutti, non sarà un problema capire cosa è successo. Carla si era già sistemata nel letto all'interno della camera e leggeva. La sua voce denunciava il fatto che stava per cadere in catalessi e, una volta addormentata, non avrebbe dato più segni di vita fino al mattino. Andrea era sul terrazzo, sperando di cogliere gli sviluppi della situazione. -Ma non sono neppure le undici, potevamo almeno bere ancora qualcosina. -Scusa, ma sei stata tu a voler venire in camera per sbirciare e adesso sono già quasi in stato comatoso, non ho voglia di rivestirmi e scendere. -Ma quanto ci metti? Figurati, puoi anche presentarti così. Sei in tuta, mica in pigiama. -Sì, ma sono ridicola. Mettiti anche tu a leggere e pensa a ciò che vuoi fare domani. -Sono troppo agitata, non riuscirei a dormire per nulla adesso. Io scendo a prendere qualcosa da bere. Siamo in ferie e poi devo digerire quel che abbiamo mangiato. -Ma se hai mangiato pochissimo! Un antipastino e quella degustazione di formaggi con quei ridicoli tocchettini. Io piuttosto, ho mangiato come un bufalo. E anche bevuto: quella bottiglia di rosso di Ghemme non era malaccio. Del resto son uve di nebbiolo. -Eh, ma tu digerisci tutto, inoltre non soffri neppure d'insonnia. Per cui buona notte e ci vediamo domani, svegliami pure un po' presto. Si stava già infilando i sandali e un maglioncino, perché c'era una brezzolina fresca all'esterno.
-Dì la verità, speri di incontrare quel tipo. -Magari! Così potrebbe rivelarmi quel che sa. -Non credo che vada a spiattellare tutto alle sconosciute, a meno che non rimanga colpito dal tuo fascino. -Sì, sfotti pure, se guarda dritto non mi vede neanche, da tanto che è alto. Sarebbe meglio scendessi tu, sei, per così dire, “alla sua altezza”. -Mica sono io quella interessata all'inchiesta. Andrea uscì e si recò quindi sulla terrazza dell'hotel, più che altro per far fronte all'insonnia e godere ancora un po' la frescura delle colline biellesi. Mentre ava accanto alla reception la proprietaria le fece un cenno, affinché si avvicinasse. Con fare serio e con discrezione le comunicò che i carabinieri le avevano chiesto di avvisare i clienti che nelle prime ore del mattino sarebbero ati per raccogliere eventuali deposizioni. -Eventuali deposizioni? -Sa, nel caso qualcuno abbia visto qualcosa di particolare, o si trovasse addirittura nel parco del santuario nel pomeriggio. Data la prossimità dell'albergo alle chiese è normale l'interesse per noi e i nostri clienti. Glielo dico anche perché non sapevo se sareste ripartite presto domattina. In questo caso dovremmo avvisare il maresciallo. -Non credo che andremo via prima delle undici. -Va bene, allora. Si era già congedata, agitata com'era, senza chiedere informazioni, peraltro legittime a quel punto, quindi si girò improvvisamente e cercò di approfondire quel poco che sapeva. Non ne cavò tanto più di ciò che avevano sentito dal vecchio: il custode trovato morto dal prete e la possibilità che si trattasse di un omicidio a scopo di rapina. Questa signora non chiacchierava facilmente, non abbozzò neanche un
commento o un pettegolezzo qualunque. Forse era stata invitata a far così dal maresciallo. Un po' scornata Andrea andò fuori per fumare una sigaretta ed ecco che vide lo spilungone serioso che risaliva all'albergo dalla gradinata di pietra. Rimase quasi raggelata per la sorpresa e si bloccò tra due tavoli. Il tizio era sovrappensiero e sembrò non accorgersi di lei, se non per il fatto che quando le ò vicino, tastandosi il taschino della camicia si girò improvvisamente e le chiese da accendere. Andrea rispose di sì e cominciò a rovistare convulsamente nella borsa, borbottando un “tanto dovevo fumare anch'io”. L'accendino non voleva proprio venirle nelle mani, tastava altri oggetti di forma simile (antizanzara, burro cacao e una quantità impressionante di oggetti), ma non quello. -Possiamo chiederlo al banco, non si preoccupi. -Eccolo! Quasi esultante tirò fuori l'accendino di plastica verde e glielo porse. Accesero le benedette sigarette e in quel momento decise che, data la situazione, non c'era niente di male ed essere un po' sfacciata. Del resto l'uomo non accennava ad allontanarsi, forse per educazione. -Scusi, ma non ho potuto fare a meno di notare che lei si è recato alla Brughiera con il carabiniere, quindi credo che sia più informato di me. Ci siamo andate anche noi e abbiamo saputo che forse c'è stato un omicidio. Ora la proprietaria mi ha detto che i carabinieri verranno domattina in cerca di testimoni. Mi sembra giusto e, visto che questo pomeriggio ero nel parco del santuario, vorrei sapere se lei sa l'ora in cui sarebbe morto questo signore. -Guardi, non sono un carabiniere, mi han chiamato per una semplice traduzione: in ogni caso l'hanno trovato alle diciotto e può essere morto più o meno una o due ore prima. Se ne saprà di più dalla scientifica. Ma sul serio oggi eravate lì? E a che ora? -Proprio intorno alle sedici e trenta, ci siamo trattenute fin dopo le cinque, dopo di che abbiamo deciso di pernottare qui e siamo venute a darci una rinfrescata e a cenare. -E, se posso, avete notato qualcosa di particolare? Andrea esitò un po', forse perché stava cominciando a chiedersi l'opportunità di
spifferare i fatti suoi ad un illustre sconosciuto, oltretutto collaborante con la polizia. Forse l'uomo se ne rese conto, perché a quel punto si presentò. Disse di chiamarsi Roberto Ansaldi e di essere docente aggiunto di storia delle religioni all'università di Torino, di trovarsi lì a Trivero per un paio di conferenze su Dolcino e per visitare i genitori. Andrea concluse che una delle conferenze era quella che si erano perse alle tre di quel pomeriggio. -Ma pensi, noi dovevamo venire alla conferenza, poi la stanchezza, il caldo e l'aver visitato almeno quattro chiese di seguito mi hanno convinta a desistere, ma immagino che sarà stata interessante, credo si discutesse intorno alla partecipazione popolare alla rivolta di Dolcino contro il potere ecclesiastico. -Sì, proprio questo era il tema. Per anni la storiografia di parte cattolica ha occultato con inganni e mistificazioni questa scomoda ma ormai comprovata verità, demonizzando Dolcino e le sue bande e attribuendogli stupri, omicidi, ruberie, promiscuità sessuale e dio sa ancora cos'altro. Ma credo che lei sia ben informata, visto che era qui per le conferenze. -Insomma, è da qualche mese che quando ho dei ritagli di tempo mi interesso alla storia di Dolcino. Mi ci sono imbattuta per caso, guardando alcuni documentari sull'eresia catara, che è maggiormente conosciuta di quella apostolica. -Allora si interessa di eresie? -In verità non so neppure io. Ho cominciato leggendo tutto ciò che riguarda il cristianesimo primitivo e che sia stato in qualche modo escluso dalla Chiesa cattolica, libri che parlano dei testi di Nag Hammadi, manoscritti del Mar Morto. Secondo me le eresie come quella catara e quella apostolica non facevano altro che riportare alla ribalta il cristianesimo originario, che non è certo quello paolino, una versione fasulla che doveva adattarsi come religione ufficiale dell'Impero Romano. -In quattro parole mi ha messo tanta carne al fuoco che per sviscerare tutto avremmo bisogno di una settimana. Posso chiederle che studi ha fatto? -Sono laureata in psicologia, il poco che so su questi argomenti l'ho approfondito da sola.
In quell'istante furono interrotti da un rumore di i sulla scala, difatti comparve Lillo, che andò verso di loro trafelato. -Speravo di trovarti ancora in piedi, Roberto, volevo aggiornarti. -Ti presento Andrea Monte. Anzi, forse ti può dare anche una mano... Si interruppe improvvisamente, rendendosi conto che non spettava a lui dire all'amico carabiniere ciò che la donna gli aveva rivelato sulla sua presenza al santuario. -Brigadiere Marangon, molto piacere. E in che modo mi potrebbe aiutare? La tranquilla affabilità dell'uomo la mise a suo agio. -Ma, veramente non saprei se posso essere utile. Si dà il caso che io e la mia amica oggi ci trovassimo nel parco del santuario a fare delle foto. -Interessante. A che ora? -Dalle sedici e qualcosa fino alle diciassette, almeno. -Proprio l'orario che ci interessa. Se occorresse, potrebbe darmi una copia delle foto? -Certamente, anche se sono foto fatte soprattutto a particolari delle chiese. -Non si sa mai. E avete notato qualche persona in particolare? -Non mi sembra. Un paio di ragazzi giovani e una monaca vestita con un abito di un colore strano, un marrone chiaro con un cordone legato in vita. -Beh, direi che si ricorda piuttosto bene. E i ragazzi com'erano? -Giovani, poco più di vent'anni. Magliette nere con scritta “NOTAV”, jeans lisi e strappati, pearcing, tatuaggi, uno con i capelli lunghi. Con l'andazzo un po' da contestatori. Stile centro sociale, ha presente? -Altri particolari... li saprebbe riconoscere? -Uno alto, quello con i capelli lunghi, l'altro un po' meno, entrambi con i capelli
castani... dovrei pensarci un momento. Dunque, mi ricordo soprattutto di quello alto: più o meno uno e ottanta, magro, capelli castani un po' arruffati con qualche ciocca rossastra, piercing al sopracciglio. L'altro, quello più basso, aveva i capelli molto lisci, come un elfo, ma non ce l'ho a fuoco. Possono essere coinvolti? -Crediamo proprio di sì. La signora che abita in quella casa lassù, sul pendio che si affaccia sul parco, li ha visti dalla finestra affaccendarsi intorno ai cartelli, sa quelli che danno le indicazioni ai turisti, infatti li abbiamo trovati divelti e macchiati con vernice rossa e scritte varie. -Accidenti, noi non ce ne siamo accorte! Ma è sicura la signora? -Sembra di sì, del resto chi altri potrebbe essere stato? -La monaca? - Andrea era vagamente ironica.
XII
Era quasi la mezzanotte di quell'interminabile sabato sera e il maresciallo Polito si trovava nello studio del custode, in compagnia del medico legale, dell'ispettore e di due agenti della polizia scientifica, che stavano eseguendo gli opportuni rilievi richiesti dal caso. -Ok, maresciallo Polito, noi qui abbiamo fatto. Con le foto abbiamo terminato, quindi se il dottore vuole può esaminare il corpo più accuratamente e farlo portare via per l'autopsia, se sarà necessaria. L'ispettore Bonelli era l'esatto contrario di Polito: asciutto, sia nel fisico che nei modi, molti capelli, toni sempre professionali. Il corpo era riverso a pancia in giù sul pavimento, la faccia nascosta nella pozza di sangue, in parte rappreso. -Un colpo alla nuca inferto alle spalle, direi, con un oggetto duro; dalla posizione non penso che la caduta sia accidentale, vero, maresciallo? Il dottor Depreti, omino basso e con un riporto di capelli perennemente unti, cercava sempre un appoggio alle sue teorie. -Ma certo, e poi dove potrebbe avere sbattuto? Ci dovrebbero essere tracce su qualche spigolo, almeno. -E noi non le abbiamo trovate - disse l'ispettore - e neppure il possibile oggetto contundente. E' assai probabile, ricostruendo la dinamica della caduta, che sia stato colpito alle spalle e sia caduto in avanti. -Un colpo dato alle spalle, sicuramente. Polito non aveva dubbi. -Possiamo girare il cadavere, così il nostro dottore ci dice qualcosa. Fate voi che avete le soprascarpe e tutte le diavolerie di lattice, non vorrei fare casino e appiccicarci le mie impronte.
I ragazzi della scientifica girarono il cadavere con lentezza e cautela. -Ma porc... cos'è quello? Il maresciallo Polito sussultò violentemente. -Cos'ha sulla faccia? Bonelli, i due agenti e Polito fissavano il cadavere con orrore e incredulità. Il dottor Depreti, invece, da consumato medico legale, si avvicinò incuriosito. -E' una mordacchia - disse, quasi soddisfatto di saperne più di tutti. -Una cosa? Mi sembra una muola. Ma è orribile. Ma come... -In effetti, maresciallo, è proprio una specie di muola, un bavaglio che veniva usato come strumento di tortura per i condannati a morte, soprattutto. Uno degli strumenti preferiti dall'Inquisizione. Vede quanto sangue ha in bocca? Di solito nelle mordacchie c'era un punteruolo che si piantava nella lingua, così il malcapitato o ingoiava il suo sangue o soffocava. Il dottore, infilatisi i guanti, muoveva la mascella del morto per vedere meglio. -Ecco qui. Ha la lingua infilzata, infatti. Ecco perché c'era tutto quel sangue. Non arrivava tutto dalla ferita in testa, ma dalla bocca. -Mi sta dicendo che non è morto per il colpo in testa? -Non saprei se quando gliel'hanno messa fosse ancora vivo, magari era solo stordito. In effetti, a guardare bene, la ferita alla nuca non è così profonda. A questo punto credo che l'autopsia sia indispensabile. Quelli della scientifica erano ammutoliti e il più giovane era sbiancato e corso fuori. Non era certo uno spettacolo per tutti i giorni, del resto. -Ma sono dei pazzi, dei maniaci! Un omicidio rituale, di qualcuno che odia i preti! -Maresciallo, il Boggio non era un prete. - disse Bonelli a mezza voce. -Non m'interessa se era o non era, quest'affare qui cambia tutto, capite? Non si può neppure più ipotizzare il furto o altre cosette più semplici. Ci potrebbero
essere delle impronte, su quell'affare... come si chiama. Diamoci da fare, non siamo neppure riusciti a trovare l'oggetto con il quale è stato colpito. Ma come abbiamo fatto a non accorgerci che aveva questa roba sul viso? -Beh, era a faccia in giù nel sangue e la parte dietro della mordacchia era ben nascosta dal collo della camicia. Di solito sono più voluminose, con una fascia di ferro che si chiude dietro il collo, ma questa è di cuoio, sembra un po' diversa dal solito, spesso le mordacchie sono in metallo. -Come se uno se la fosse confezionata artigianalmente? In effetti credo che sia difficile reperire questi oggetti, no, dottore? -Veramente ce ne possono essere di diversi tipi e... - il dottore pareva ansioso di continuare la sua conferenza. -Buona osservazione, ora però mettiamoci all'opera. - Polito tagliò corto. -E' già tardi, voglio are dall'albergo a vedere cos'ha concluso Lillo e sentire cosa ne dice il professore di questa novità, sempre che sia ancora sveglio. Ma dov'è finito Cericchi? Appuntato! -E' fuori a controllare le impronte, ha detto. Ma quale professore? -Benedetto ragazzo! Ma che impronte deve controllare? Adesso lo mando qui a darvi una mano, anche se credo che sarà solo un intralcio, ma almeno impara qualcosa. E fate attenzione che non tocchi niente. -Diceva di un professore? - Bonelli sembrava poco soddisfatto di dover fare da balia all'appuntato e si stava chiedendo cosa c'entrasse un insegnante. -E' un amico di Lillo, esperto in religione e balle varie, latino, eccetera. Siccome era già qui, ho deciso di servirmi di lui come consulente per quegli appunti che abbiamo trovato; magari anche su questa storia di torture mistiche mi può dare una mano. E' un tipo tutto compito, di questi intellettuali... va beh, ma Lillo dice che ne sa... -E uno così è amico di Lillo? -Erano compagni di giochi, il professore abitava a Trivero. Si vedono ogni tanto, ora era qui per quelle conferenze su quel frate, Dolcino.
-Non era un frate. L'ennesima precisazione dell'ispettore irritò il maresciallo. -Ma insomma, e questo non era un prete e quello non era un frate, vogliamo procedere? Abbiamo dei sospetti che potrebbero trovarsi ancora da queste parti e con la piega che sta prendendo il caso direi che sono un po' di più che sospetti.
XIII
Andrea e Ansaldi stavano ancora parlando con Lillo quando videro arrivare il maresciallo ansimante dalle scale della terrazza. Aveva il fiato mozzo quando cercò di parlare. -Lillo, presto, ci sono delle novità pazzesche! -Anch'io ho delle novità, maresciallo. Questa signora... -Lascia andare, aspetta, fai dire prima a me. Buona sera signora, piacere, Polito. - Con il braccio un po' rigido tese la mano che Andrea afferrò indecisa. - Potete venire un attimo, voi due? Scusi, sa, ma dobbiamo discutere delle indagini in corso. -Prego, prego, ci mancherebbe. I tre si allontanarono di qualche metro da Andrea. Il maresciallo informò brevemente Roberto e Stefano delle orribili scoperte sulla morte del custode. -Che brutta storia! Che ne dici, Roberto? -La “mordacchia”, detta anche “bavaglio di ferro”, è uno strumento di tortura tipico dell’Inquisizione. Non serviva però a strappare ai torturati la confessione di un qualche crimine, ma agli inquisitori perché potessero evitare di dover ascoltare le grida dei prigionieri. Si trattava di una specie di “muola” di ferro che veniva forzata in bocca alla vittima e di un collare che consentisse di stringerla. Spesso i condannati al rogo venivano condotti a morte così imbavagliati per evitare che disturbassero l’esecuzione delle musiche sacre. Secondo le cronache del tempo anche Giordano Bruno andò al patibolo indossando una mordacchia munita di due lunghi aculei, di cui uno perforava la lingua, mentre l’altro spaccava il palato. Ce ne sono di parecchie fogge, com'è quella che avete ritrovato sul cadavere? Ma come mai non l'avete vista subito? Deve essere di quelle poco voluminose, se non l'avete notata. -Ma cosa vuole che le dica, la salma giaceva faccia a terra, in una pozza di
sangue. Quell'aggeggio era agganciato sotto la nuca che era nascosta dal collo della camicia. Sul davanti pareva una sorta di muola, in cuoio. -Si, ma chi ha fatto la constatazione della morte non se n'è accorto? -La constatazione... il prete non ha chiamato neppure l'ambulanza, e poi il primo ad arrivare è stato Cericchi. E' chiaro che se si vede un cadavere, probabile vittima di un omicidio, non si tocca fino all'arrivo di quelli della scientifica. Il maresciallo cominciava ad agitarsi, quella storia era più grande di lui e temeva gli sfuggisse di mano. -Non intendevo dir nulla di male, mi sorprende solo che nessuno si fosse accorto della mordacchia. Del resto, se il cadavere era a faccia in giù è plausibile. Soprattutto con quel tipo di mordacchia che mi ha descritto. -Su, smettiamola. Piuttosto, maresciallo, quella signora - disse Stefano indicando Andrea, che poco discosta fumava apparentemente distratta - oggi si trovava nel parco a far foto e dice di aver visto due ragazzi e anche una monaca. L'ora coincide e quindi potrebbe avere nella sua macchina fotografica delle cose interessanti per l'indagine. -Benissimo, Stefano, sbrighiamo subito questa faccenda: allora, si tratta di lei? Il maresciallo, che poco prima aveva dato le spalle a Andrea con troppa disinvoltura, con una maestosa giravolta coprì quasi interamente i pochi metri che li separavano dal tavolino dove la donna si era seduta in disparte. Gli altri due lo imitarono, ma con meno foga. A volte, anche Ansaldi l'aveva capito, il maresciallo era come un elefante in una cristalleria. -Piacere di nuovo, sono il maresciallo Polito. Mi dicono che potrebbe essere una preziosa testimone, in quanto si aggirava sul luogo del delitto nell'ora fatidica. Non pretendo certo che venga in caserma per deporre adesso, però magari potremmo fare una bella chiacchierata per vedere cosa abbiamo in mano e poi con tutto comodo le faccende burocratiche le sbrigheremo domattina. Che ne dice signora? Come ha detto che si chiama? -Non l'ho ancora detto, infatti. Mi chiamo Andrea Monte. Il maresciallo ignorò volutamente la freddezza della donna e con il suo fare sbrigativo fece segno agli altri due di sedersi, mentre lui stesso si accomodava su
una scomoda seggiolina, troppo piccola per lui, di fronte ad Andrea, la quale ripeté quello che aveva già detto ad Ansaldi poco prima. -Potrei chiedere di vedere le foto subito? Anche se la sua amica sta dormendo? -Non si preoccupi, neanche una bomba la sveglierebbe. Vado in camera a prendere la digitale e anche il computer, così si vedranno meglio. Si alzò con fare rigido e composto e si diresse verso le scale che conducevano alla sua camera. -Madonna, che efficienza! Cerca Cericchi e digli di venire qui, così nel caso gli darò le foto da stampare e domani mattina potremo già diramarle. -Guardi che non è detto che l'amica abbia ripreso anche i sospetti nelle foto. -Cerchiamo di essere positivi, Lillo. Ma prendiamo qualcosa da bere almeno, ho bisogno di un digestivo, quella mordacchia del diavolo mi ha fatto venire il voltastomaco. Vai dalla signora ed ordina per me un grappino, per voi cosa volete. Quando Andrea tornò, pochi minuti dopo, la signora stava servendo i digestivi. -Per me un porto, per cortesia. - disse Andrea, appoggiando tutto l'armamentario sul tavolino. -Oh, scusi. Non abbiamo pensato a lei, - disse Roberto imbarazzato. -Non importa. Ma lei professore conosceva il Boggio? -Certo, io vivevo qui, fino ai diciotto anni. E lui aveva una bella villetta poco distante dalla Brughiera, anche se solitamente, insegnando a Biella, usava abitare nell'appartamento di sua proprietà vicino alla scuola, durante la settimana. Per un paio d'anni è stato anche il mio professore di latino e greco. -E che tipo era? -Un tipo schivo, riservato. Veniva a fare le sue ore a scuola e basta. Nessuna confidenza, mai. Non amava relazionarsi con i ragazzi e odiava l'insegnamento, per lui non era altro che un modo di arrotondare. - rispose Roberto.
-E arrotondare che? Aveva due o tre appartamenti a Torino, faceva il traduttore di testi antichi, più di così, vero Lillo? - intervenne il maresciallo -Vero. E guarda come si è ridotto, a fare il guardiano e le pulizie, non usciva quasi mai di casa ed era tutto trasandato quando lo vedevo lì fuori. Si diceva fosse malato. -Malato? Credimi, Lillo, era solo depresso, e chi non lo sarebbe, dopo essere ato dalle stelle alle stalle? Se Don Ciribello non l'avesse preso sotto la sua ala protettrice, sarebbe dovuto andare al Sermig con i barboni. Senza di lui sarebbe stato sì con il culo per terra. -Ma cosa gli è capitato? - chiese Andrea alzando gli occhi dal computer. -Donne... Il maresciallo fece un gesto vago ma evocativo con la mano. -In effetti, Roberto, tu hai detto che non gli piacevano i ragazzi, ma le ragazze sì e anche troppo. - disse Stefano -Sì, ho saputo qualcosa, mia madre mi ha raccontato. All'epoca studiavo a Torino, avevo già finito il liceo. -Pare che non fosse neanche la prima volta - spiegò il maresciallo - con le allieve, naturalmente. Ma era discreto, l'amico. Se le portava a Torino, in uno dei suoi appartamenti in via Po. Finché non ha trovato quella sbagliata. -Ovvero? - Andrea si interessò di nuovo. -Un demonio. Travestito da angelo, ovviamente. - Il maresciallo si divertiva ad usare toni da romanzo d'appendice. - Milena Sciacalli, ed il cognome la dice tutta, un bella ragazzina di una famiglia bene di Biella, sua allieva. Ma questa era più furba delle altre. Cominciò a ricattarlo e a spremerlo come un limone. -Credo avesse perso la testa per lei. Comunque, rischiose abitudini, le sue. -Infatti, Lillo, sapeva benissimo che se fosse stato scoperto a farsela con le ragazzine una cosa simile avrebbe danneggiato la sua immagine anche nell'ambiente delle traduzioni, che pullula di religiosi. Fatto sta che poi è
successo proprio così. -Cioè? -La ragazza lo accusò di stupro. Non le dico il finimondo che scoppiò. Io ero già qui a Trivero, ma naturalmente lei lo denunciò alla polizia di Biella. Il maresciallo pareva entusiasta di rimestare quella storia. Andrea sembrava sovrappensiero. Stava aspettando che il suo portatilino scaricasse le foto e aveva lo sguardo perso nel vuoto. -E come mai? -Come mai cosa? - chiese il maresciallo. -Perché ricattarlo, accusarlo di stupro. E le credettero? Dopo che avevano avuto una relazione? -Vede, signora... Monte - il maresciallo si apprestava a spiegare la cosa come si fa con un bambinetto delle elementari. - Quando lo accusò di stupro, non si sapeva che avessero una relazione e lui non aveva certo voglia di raccontarlo in giro. Sperava che non si arrivasse neppure in tribunale e che non fosse necessario tirare fuori tutta la storia. Ma poi fu costretto a farlo per scagionarsi; lei perse credibilità e non arrivarono neanche all'udienza preliminare. Ma fu rovinato, anche perché saltarono fuori le altre storielle che si faceva con le allieve... spesso minorenni, anche se tutte consenzienti. Comunque fu cacciato dalla scuola e subì il processo per abuso di minori. Se la cavò con la condizionale e una bella sommetta. Cominciò a bere e a comportarsi in modo strano e nessuno lo chiamò più per la traduzione di papiri e simili. Si vendette gli appartamenti e cominciò a giocare e nel giro di quindici anni finì letteralmente in mezzo ad una strada, salvato dal nostro Don Ciribello. Perché lo fece, dice? Lei era una ragazza bella e molto annoiata. E le piacevano i soldi. Forse il paparino non le elargiva più di tanto, così aveva trovato un pollo da spennare. Ma esagerò, rimase con niente in mano e sputtanata anche lei. All'epoca della fine del processo era ormai maggiorenne; se ne andò e non si è mai più rivista in giro. -E i genitori? - chiese Andrea. -I genitori... sono rimasti a Biella, neanche una parola sull'accaduto. Sono
persone riservate. Avevano una fabbrichetta, ora hanno venduto tutto e fanno vita ritirata. Non ne sapevano nulla, della relazione tra i due, così dissero agli inquirenti quando Boggio parlò della relazione per scagionarsi. Ma di sicuro mentivano. Come potevano non sapere, la ragazza ava fuori casa molto tempo, nell'ultimo anno. -Mia madre mi disse che questa Milena non solo era la sua amante, ma lavorava per lui nell'attività di traduzione. Forse loro pensavano che si trattasse solo di ricerche. - disse Roberto. -Ma sì, ma sì... - il maresciallo era scettico. - Lavorare, era una scusa per vedersi, ecco tutto. ava più tempo con lui che a casa sua, come confessò lo stesso professore agli inquirenti. E il custode del condominio dove si trovava l'appartamento del Boggio confermò tutto. Roberto espose i suoi dubbi: - Questa storia non ha senso. Continuo a non capire perché ricattarlo e poi accusarlo di stupro. Doveva ben sapere che sarebbe venuta fuori la loro relazione. -Sembra che avessero litigato, chissà, forse per i soldi. Credo che la Sciacalli abbia fatto questa denuncia in un impulso d'ira. In pratica la scoperta della relazione l'avrebbe danneggiata comunque, come in effetti successe. -Però questo Boggio... era un bell'uomo, almeno, visto che aveva tutte queste storie? Quanti anni aveva a proposito? Era il momento di togliersi alcune curiosità, per Andrea. -Non era certo brutto, vero, Lillo? Adesso aveva settant'anni, era mal ridotto anche fisicamente e poi si vestiva come un barbone. Pensare che vent'anni fa era uno di classe, girava in Mercedes, abiti di sartoria. A volte aveva quel modo di fare un po' da prete, strano vero? A proposito, ma lei signora Monte non l'ha mai visto? -No, non sono di qui, non so chi sia. -Quindi oggi non l'avete notato, lei e la sua amica, mentre visitavate la Brughiera? -No. Avevamo una mezza idea di suonare il camlo dove c'è scritto
“accoglienza”, ma poi abbiamo chiesto ad un vecchio che puliva la stradina che gira intorno al parco della Brughiera. Ci ha informate, con parole gentili, che il custode è un povero rimbambito che non apre mai a nessuno. -Un vecchio che spazza la stradina? E chi può essere, maresciallo? La casa più vicina è quella della signora che ha visto i ragazzi dalla finestra. Poi c'è l'albergo e le altre case son troppo lontane perché i proprietari si prendano il disturbo di spazzare la strada. Ma certo, avete visto il Boggio stesso! -E bravo Lillo, quindi forse le signore sono state le ultime ad averlo visto vivo. E a che ora gli avete parlato? Dove è andato poi? -Che roba, e sì che la mia amica aveva fatto anche una battuta, su quel signore. Certo che dimostrava ben di più di settant'anni. Quindi parlava di sé stesso. Uno strano modo di agire. Un pochino dissociato, mi sembra; in ogni caso è successo appena siamo arrivate, intorno alle sedici e quindici. Ma dalle foto lo sapremo, perché subito dopo aver parlato con lui la mia amica si è messa a far fotografie, quindi non sarà difficile risalire all'ora precisa. Vediamo un po': la prima del parco è alle ore sedici e venti, guardate qui. Sicuramente nel giro di pochi minuti non c'era più, sarà rientrato in casa mentre eravamo davanti alla chiesa grande e non potevamo scorgerlo. -Benone, ora guardiamo tutte le altre per vedere se ci sono 'sti disgraziati. Lillo, a i fogli trovati a casa del Boggio al Dottor Ansaldi, così può già dargli un'occhiata e ci portiamo avanti con il lavoro. Ah, se aspettavo Cericchi, avremmo potuto visionarli solo domattina. Intanto era arrivato il digestivo di Andrea, che la proprietaria appoggiò delicatamente in un angolo del tavolo, per poi allontanarsi con discrezione. Polito e Andrea fecero scorrere tutte le foto fatte da Carla, ma non si vedeva proprio nulla, oltre a croci e affreschi, particolari architettonici, vista delle chiese. -Accidenti! -Eh, la mia amica non ritrae mai nelle foto nulla di accidentale e detesta fotografare le persone. Come vede non ci sono neppure io. Avrei dovuto pensarci, così non le facevo perdere tempo.
Intanto Ansaldi stava scartabellando i fogli atigli da Stefano Marangon, con un'espressione corrucciata, che era probabilmente quella che assumeva quando si concentrava. -Beh, ci abbiamo provato. Allora, signora Monte, le chiederei di venire domani in caserma con la sua amica, per tracciare un identikit. Ci sarà un collega della polizia scientifica. Così potremo diramare un appello. -Ma... maresciallo, tutto ciò per atti vandalici? - chiese Andrea. -Non solo, perché, come ho già detto, è plausibile che questi giovinastri abbiano fatto secco Boggio. Magari volevano rubare qualcosa o ce l'avevano con i preti; da quanto mi risulta alla conferenza su Dolcino di questo pomeriggio non hanno avuto parole benevole verso Don Luigi, il parroco di Croce Mosso, il paesino qui sotto. Erano in due, mi hanno detto. Vedremo se sono gli stessi, li hanno visti in tanti. Me l'ha detto lei stesso professore che le erano rimasti impressi. Come anche a Don Luigi, del resto, dopo che ha saputo della disgrazia si è fatto vivo alla Brughiera e mi sono fatto raccontare di oggi pomeriggio anche da lui. Sembrava molto ansioso di collaborare. -Certamente. Del resto è inutile chiederle come mai due “punkabbestia” dovrebbero uccidere un laico con un rituale dell'Inquisizione, portandosi appresso quell'ordigno infernale, e poi scorrazzare in giro e farsi notare da tutti danneggiando la pubblica proprietà? - chiese Roberto ironicamente. -Ma che ne so... - Polito fece un gesto di impazienza - degli svitati? Tutti abbassarono gli sguardi un po' imbarazzati. -C'era anche una monaca, l'ho notata per il vestito insolito, di un marroncino chiaro. -Sarà sicuramente una monaca del monastero che si trova a qualche chilometro da qui, molto isolato. E' abitato da sette religiose che conducono praticamente vita di clausura; non è che si vedano spesso in giro, a parte una suora giovane, che ho notato qualche volta in paese, quasi sempre nei pressi della Brughiera. Sicuramente si tratta di lei. Dovremo interrogarla, maresciallo, potrebbe saperne qualcosa, questa suora. E cosa faceva di preciso? -Non saprei, l'abbiamo incrociata quando stavamo uscendo dal parco; lei stava
arrivando e mentre ci allontanavamo mi sembra di aver visto che sostava vicino alla porta del custode. -Non ha notato se ha suonato o se è entrata? -No. -Quindi riassumendo, voi entrate nel parco, parlate con il Boggio, che si dilegua. Poi? -Poi sono arrivati i ragazzi, qualche minuto dopo, entrando nel parco sono ati davanti a noi, che stavamo fotografando la chiesa piccola, e hanno proseguito, facendo il giro del parco che si dipana intorno alla chiesa grande. Circa cinque minuti dopo hanno fatto la strada a ritroso e non so dove sono andati, perché noi ci siamo poi spostate dirimpetto alla chiesa grande, da dove provenivano loro. Mi pare che si siano avviati verso l'uscita. -Quindi non avete notato né se i cartelli erano già danneggiati né se siano saliti dal custode. -Ma si figuri... non ci abbiamo proprio fatto caso. Quando siamo tornate di fronte all'accoglienza, non c'era nessuno, la porta pareva chiusa. Erano ati altri venti minuti, dopo poco siamo andate via e abbiamo incontrato la suora. -E quando li avete visti per la prima volta, da che direzione arrivavano? -Non saprei dire, mi pare dal parcheggio dell'albergo. Non li ho visti salire o scendere da qualche auto, però. -Bene, ma ora vorrei sapere che cosa ne pensa Ansaldi di quegli appunti. -A me pare, più che altro, che siano gli appunti di qualcuno che voleva schematizzare qualcosa, per capire... -Ma capire cosa? -Come posso spiegare... è come quando qualcuno legge un libro o un documento e lo vuole sintetizzare, o riassumere dei concetti. La forma di questi appunti mi dà l'idea di quegli schemini che facevo quando studiavo all'università, per trovare i collegamenti tra i vari argomenti di un testo. Guardate anche voi, - disse
porgendo il documento a Lillo, che educatamente lo mise in modo che sia il maresciallo che Andrea potessero vederlo. -Vedo nomi di santi, nomi di chiese, alcune parole di cui non conosco il significato e tutto collegato da frecce. In effetti hai ragione, Roberto, sembra proprio uno schema, quasi una mappa. Ma di cosa? -Per adesso non so ancora, devo rifletterci un po' meglio, poi vedremo se può essere qualcosa di interessante per noi, ovvero per il delitto. Tra l'altro è stato rubato qualcosa, maresciallo? -Beh, per ora non si esclude nulla. Certo che non ci sono porte scassinate e in casa c'era solo un lieve disordine, quindi se qualcuno ha trafugato oggetti non saprei. Non mi risulta che il morto possedesse alcunché da rubare, se non pochi euro della sua misera paga, che potevano attirare solo ladri di polli, come questi squatters. In ogni caso il fatto che abbiano usato quell'ordigno infernale per torturarlo, oltre ad indicare la premeditazione, significa che chi l'ha ammazzato ce l'aveva con lui, e come! -Scusi, ma se non ci sono porte scassinate vuol dire che lui stesso ha aperto al suo aggressore e quindi non possono essere stati i ragazzi. Visto che non apriva a nessuno, certamente non avrebbe fatto entrare proprio loro, ma qualcuno che lui attendeva o almeno conosceva, non trova? E poi questo scenario suggerisce un omicidio di tipo rituale e credo che si dovrebbe capire che cosa può significare l'utilizzo della mordacchia. -Professore, credo che non si possa escludere che abbia dimenticato di chiudere la porta e quelli si siano infilati su per le scale. La stessa signora Monte mi ha detto che si aggiravano vicino alla chiesa piccola, di fronte alla porta del custode. -Dopo quello che abbiamo sentito non credo proprio che fosse il tipo che si dimenticava le porte aperte, siccome non voleva essere disturbato da nessuno ed era molto schivo. Addirittura fingere di non essere lui per evitare qualunque contatto, mi pare un comportamento fobico. Forse aveva qualcosa da nascondere. E poi, se non sono indiscreta, di preciso com'è questa storia della mordacchia? Ansaldi le spiegò brevemente tutta la dinamica, con gran dispetto del maresciallo, che avrebbe preferito evitare di svelare quel particolare. In fondo
era una sconosciuta che si trovava sul posto proprio nel momento del delitto e la stavano coinvolgendo nelle indagini. All'inizio aveva pensato che si trattasse di un'amica del professore, ma le cose non stavano così, a quanto pareva. Andrea si ricordò di avere letto un romanzo piuttosto perturbante, dove si raccontavano particolari accurati sull'uso della mordacchia da parte dell'Inquisizione spagnola, durante la controriforma, e rimase senza parole. Il maresciallo e Stefano si congedarono, dopo aver raccomandato riservatezza sui particolari di cui erano stati informati e si avviarono verso l'auto. -Occorrerebbe sapere se il morto frequentava qualcuno e se ultimamente erano accaduti fatti particolari. -Senti, Lillo, ho già interrogato ampiamente Don Ciribello. Quest'uomo viveva proprio isolato dal mondo, le uniche persone che avevano dei contatti con lui erano il prete stesso e le monache, che, da un paio d'anni, una volta alla settimana circa gli portavano le verdure del loro orto e tisane varie. A quanto pare si erano prese a cuore il soggetto e la monaca più giovane veniva inviata per questo scopo e per vedere se abbisognava di qualche cosa. Sarà quindi utile che tu vada a parlare con loro, domattina, visto che proprio oggi la monachella si trovava lì.
XIV
Alle sei del mattino la superiora era alla finestra del suo studio e fissava il giardino. Non era riuscita a dormire. Continuava a pensare a Ludovico Boggio ed all'eventuale arrivo della polizia. Se fossero arrivati, l'avrebbero trovata pronta e avrebbe sempre potuto sfruttare l'occasione per capire meglio cosa poteva essere successo. Non riusciva ad escogitare un altro modo per sapere qualcosa, oltre che inviare suor Lucia a trovare il Boggio, fingendo che non fosse successo nulla. -Reverenda madre... - suor Lucia esitava sulla soglia dello studio della superiora. Suor Veronica si riscosse dai suoi pensieri e si voltò a guardare Lucia. La sera prima avevano appena sbocconcellato un pezzo di pane in silenzio, ognuna assorta nei suoi pensieri. Si era abituata a considerare la giovane suora una bambina, ma in realtà aveva più di trent'anni, anche se quel fisico minuto le conferiva un'aria da adolescente. Le altre monache, pur non essendo molto vecchie, sembravano decrepite al confronto di Lucia. Non era sicura di potersi fidare completamente di lei, solo da un paio d'anni era nel monastero, ma sicuramente era l'unica a cui poteva affidare certe missioni, come andare in paese a visitare il Boggio, per controllare che non fe stupidaggini. Naturalmente il motivo di quest'apprensione era noto a Lucia, ma non aveva potuto dirle proprio tutto. -Vieni pure avanti, Lucia. Come ti renderai conto, ho ancora bisogno della tua collaborazione, perché non saprei proprio di chi avvalermi, altrimenti. Le altre sorelle non sono molto adatte e soprattutto non sono abituate al mondo esterno. Sono avvezze a seguire rigidamente le regole dell'ordine, è da molti anni che fanno questa vita e non me la sento di turbarle inutilmente. -Non preoccupatevi madre, dite pure come potrei essere utile in questa situazione. -A dir la verità non ho ancora le idee chiare. Avevo pensato che tu potessi andare in paese fingendo di non sapere della morte del Boggio, per portargli il nostro
aiuto. Sarebbe plausibile, visto che il monastero è parecchio isolato e noi potremmo anche essere ignare. Ma tant'è, le informazioni arriveranno in ogni caso, televisione e giornali o addirittura la polizia. No, l'importante è recuperare quel documento e non so come. Non sarà facile e temo che lo troverà prima di noi chiunque frughi l'appartamento. Non a caso avrei voluto che si convincesse a lasciarcelo, perché la sua situazione psichica era instabile. Purtroppo è successo quel che temevo, a causa del suo rifiuto testardo, ed ora... -Ma, reverenda madre, non capisco cosa ci può essere di così grave! Se cade nelle mani della polizia, cosa potranno fare se non, dopo i dovuti studi, consegnarlo all'archivio storico? -Tu non capisci davvero... Se comprendessero quello che contiene potrebbero farlo sparire o qualcuno potrebbe utilizzare quelle informazioni in modo errato. Non era così che avrebbe dovuto andare e noi dobbiamo assolutamente recuperarlo, ad ogni costo! -Va bene, madre, ma come? -Ho già un'idea, ma solo a te posso chiedere... non è certo facile. Si tratterebbe di usare il sentiero, ma al buio, e non so se... -Non preoccupatevi, lo conosco a menadito, anche con gli occhi bendati potrei percorrerlo senza problemi. -Mi dispiace farti correre dei rischi, potresti incontrare qualcuno, anche qualche animale selvatico. -Me la so cavare, ho lo spray sempre con me quando cammino per i boschi. -Dovremmo cercare di capire benissimo quello che è successo, sentiamo la radio. -Potrei utilizzare il computer, lo so che si può fare solo in casi eccezionali, ma il web consente di reperire il più velocemente possibile notizie sui fatti di cronaca. -Del resto, anche se non sarebbe permesso, te l'ho fatto prendere apposta, quindi ti prego, dai subito un'occhiata così sapremo come muoverci. -Certo, dopo la preghiera provvederò subito, anzi, se non ci avviamo arriveremo
in ritardo.
XV
Quel mattino di domenica Andrea si svegliò piuttosto tardi. Anche Carla, nonostante fosse andata a dormire molto prima, si riprese verso le dieci. L'amica le raccontò quel che era successo durante la serata e accesero la televisione per accertarsi di cosa raccontassero i telegiornali, soprattutto regionali. Si parlava in generale di un omicidio sanguinario, senza far cenno alla mordacchia e ad altri particolari. Carla sembrava poco interessata, per ora, a tutta la vicenda. Puntualizzò solo che le sembravano una manica di imbecilli coloro che si stavano occupando delle indagini. -E poi le tue foto sono state una grande delusione per il maresciallo, perché tu non hai fotografato nessun umano, neanche per errore. -Ci mancherebbe, e chi dovrei aver fotografato? Così almeno sarai la testimone chiave della faccenda. -Ah, sai che testimone... due squatters che hanno visto più o meno tutti, una monaca che è una monaca, e di qui non si scappa. -E quello con la canapia enorme. -Ma chi? -Ma sì, non ti ricordi, quello vestito da beccamorto, che sembrava uscire dall'appartamento del custode, dalla porta a piano terra dove c'era scritto “accoglienza”. -Accidenti... me ne sono completamente dimenticata! E' vero, dobbiamo assolutamente dirlo al maresciallo. -Tanto ci dobbiamo are per forza, non dobbiamo rilasciare una deposizione? Direi di portare giù i bagagli, fare un po' di colazione e andare direttamente là. -Ma addirittura credo che si trovi già di sotto per interrogare gli altri clienti. Ieri sera disse che avrebbe fatto così.
Dopo aver messo insieme le poche cose che avevano, scesero nella hall che fungeva anche da sala da pranzo del piccolo albergo. Trovarono il maresciallo Polito che stava parlando con un'anziana coppia di clienti, seduto ad un tavolino. Ansaldi era ad un altro tavolo con un computer portatile e un plico di fogli. Appena vide il maresciallo, con quel mustacchio da Hercule Poirot e il fisico un po' tozzo, i pochi capelli scarmigliati, Andrea pensò che tutto sommato non riusciva proprio ad esserle antipatico, nonostante lo trovasse una persona un po' limitata. Ansaldi le fece un cenno di saluto, che ricambiò, ma non osò avvicinarsi per timore di disturbarlo. -Ah, ma allora è una cosa seria! Che cos'è, “Il silenzio degli innocenti” dei poveri? - disse Carla. -Sssssst... sbrigati, sediamoci fuori, facciamo colazione e non farmi ridere per favore! Quando poi il maresciallo si libera gli racconteremo la storia del signore con il naso adunco, che io non ricordavo. -Dillo al tuo amico professore, che fai prima. -Tutto sommato hai ragione, ma sediamoci e ordiniamo la colazione. -Dunque avete fatto tardi stanotte. -Sì, capirai, sei tu che ti sei addormentata prestissimo. -Ma la storia della mordacchia? -Sì, sembra un film dell'orrore. Ad un certo punto ho chiesto com'è morto il Boggio e il maresciallo non me lo avrebbe certo detto, ma Roberto mi ha spiegato che probabilmente è deceduto per soffocamento e che il colpo preso potrebbe averlo solo stordito, in realtà. -Ma perché torturare un vecchio simile? Non riesco a spiegarmelo. Solo un malato sadico potrebbe concepire una cosa del genere. Magari uno che ha il delirio di essere la reincarnazione di un inquisitore che tortura l'eretico. Ma che eretico poteva sembrare quel custode? Da come l'abbiamo visto mi sembrava un signore con lo sguardo un po' vacuo e basta. Sarà anche stato un donnaiolo, in ato, ma... -Si rifletteva anche sul fatto che fosse diventato così schivo. Forse aveva paura?
- chiese Andrea. -Non riesco proprio ad immaginare di cosa. Deve essere qualcosa legato alla sua vita precedente o alla rovina economica. -Dici? -Per forza, magari creditori che lo inseguivano o ex adolescenti vendicative. -Ma ormai era una decina d'anni che se ne stava a fare il custode della Brughiera: per tutto questo tempo temere la vendetta di una donna? -Tieni conto che chi ha usato quella mordacchia non può essere molto normale. E' qualcuno che può covare rancore per tanto tempo, farsene un'ossessione. E forse lui sapeva che questa pazza o pazzo prima o poi gli avrebbe fatto la festa. -Non so, Carla, mi sembra veramente tutto assurdo. Quello che non regge mi sembra la teoria sui giovinastri pazzoidi. -Mah, potrebbe essere una ritorsione contro le forze clericali o almeno quelle che loro vedono come tali. Dopo la piazzata che han fatto alla conferenza, come ha raccontato Ansaldi, loro arrivano vicino alla Brughiera, divelgono i cartelli e poi si infilano nell'appartamento del custode. Pensano che sia il prete e si vogliono solo divertire un po' con questo aggeggio di tortura, per fare anche una specie di messinscena ad uso e consumo della stampa. Però questo ci lascia le penne e scappano via. -Ma perché usare la mordacchia? E come spiegare che il Boggio li abbia fatti entrare? -Per una sorta di “legge del contrapo”. Si sentono i vendicatori di Dolcino, di Giordano Bruno e di tutti i grandi eretici che per loro rappresentano, magari pure a ragione, la lotta contro il potere costituito, la “scelta” di fronte al dogma imposto - argomentò Carla. - Magari si sono infilati di nascosto per le scale mentre il vecchio ramazzava, forse aveva lasciato la porta aperta. -Non ci avevo pensato. Eresia vuol dire scelta, vero? E' uno spirito di ricerca, di propensione al rapporto diretto con Dio senza intermediatori. L'ortodossia elimina lo stupore... e....
Andrea esitò perché Ansaldi si era avvicinato e stava ascoltando parte della conversazione. Disse: - Del resto lo stesso Gesù era un eretico, rispetto alla classe dei sacerdoti farisei e sadducei, alla morale falsa e corrotta del suo tempo. E, paradossalmente, la Chiesa condanna e ha sempre condannato tutti i movimenti pauperistici e comunitari, come i Dolciniani, che ad egli si ispiravano, criticando le ricchezze e la corruzione del clero, che ha fondato una religione, quella cattolica, che con Gesù ha ormai nulla a che vedere. -Beh, caro signore, questo è un luogo comune ormai abusato. Carla come al solito non usava eufemismi per dire quello che pensava. Andrea era abituata al suo spirito di contraddizione, ma fu infastidita da quella battuta eccessivamente animosa verso il professore. -Lei dice? È stato Saulo di Tarso, da tutti conosciuto come san Paolo, a operare la revisione del messianismo tradizionale degli Ebrei e la sua trasformazione in una teologia di matrice ellenistica, destinata a staccarsi dalla matrice giudaica e a porsi in conflitto con essa per i secoli successivi. Stravolse del tutto il messaggio di Gesù senza neppure averlo conosciuto personalmente e pose le basi della differenza tra la dottrina gesuana e la successiva struttura istituzionale della Chiesa. Quello che Gesù proponeva non era un mero codice di comportamento, ma un sistema basato sulla giustizia sociale e sulla fine della violenza e dei soprusi. Inoltre non si esclude che Gesù sia stato coinvolto dal messianismo esseno-zelota che invitava alla ribellione contro l'oppressore romano, e questo elemento, se reale, e non mancano indizi, doveva essere fatto sparire dai vangeli. Il neo cristianesimo paolino, misogino, rigido, moralistico, sessuofobo, diffusosi rapidamente tra i gentili in tutto l'Impero Romano a seguito dell'infaticabile apostolato del suo creatore e dei suoi seguaci, fu perfezionato dai primi Padri della Chiesa e poi definitivamente codificato dall'imperatore Costantino nel 325 d.C. Egli si era reso conto che il cristianesimo era oramai troppo diffuso e ben organizzato e che, invece di combatterlo, conveniva istituzionalizzarlo e inglobarlo nell'Impero, usandolo come collante di una situazione già in declino. Fece distruggere tutti i vangeli, a parte quelli canonici, redatti conformemente alla teologia paolina, e non certo dagli apostoli, ma da persone che non avevano mai conosciuto Gesù, come lo stesso Paolo. Per rendere compatibile e più accettabile dai pagani il nuovo cristianesimo, vennero inserite in questi vangeli le leggende mitologiche dell'annunciazione, della nascita verginale, dell'istituzione dell'eucaristia, della deificazione di Gesù.
-Paolo era un commerciante molto legato al mondo romano, essendo produttore di tessuti per tendaggi in uso alle legioni militari imperiali: egli approfittò degli spostamenti commerciali per svolgere proselitismo religioso, propagando la sua versione del cristianesimo, dopo averlo perseguitato in un primo momento. disse Carla. -Saul di Tarso, alias San Paolo, costruì un messianismo spoliticizzato, degiudaizzato, arricchito di elementi teologici pagani del tutto incompatibili con la spiritualità ebraica; un cristianesimo che iniziò subito la sua opera di aggressione verso il paganesimo e tutte le altre forme cristiane che non coincidessero con esso. Pensate alla distruzione della Biblioteca di Alessandria, operata dai cristiani, e il martirio orribile di Ipazia, studiosa pagana il cui corpo fu scarnificato con delle conchiglie. Appena riconosciuti dall'Impero, i cristiani arono subito dalla parte dei persecutori! - disse Andrea. -Sta arrivando Polito, possiamo rimandare la nostra piccola discussione a più tardi? - si allarmò Carla. Intanto Polito si avvicinava leggermente ansante. -Ci sono novità, cari miei... - disse buttando un'occhiata fugace a Carla. - Lei è certamente l'amica di cui ci ha parlato la signora Monte. Dovrete are in caserma per le deposizioni, prima di lasciare il paese. Ansaldi fece le adeguate e formali presentazioni e Polito, ormai incurante della riservatezza, riprese: -Dunque, sappiamo sicuramente che sono stati compiuti atti di vandalismo su altri cartelli nel santuario di san Bernardo, quello sul monte Rubello. L'ha denunciato stamattina Don Luigi, che si era recato per controllare il santuario, come tutte le domeniche, e ha trovato i cartelli turistici imbrattati di vernice con scritte oltraggiose, come “porci” “inquisitori” “bugiardi”. Altri escursionisti, che erano nei paraggi ieri pomeriggio, hanno notato questi due figuri che corrispondono alla descrizione e ci stiamo già muovendo con gli identikit, che riusciremo a far diramare entro stasera, domani anche sui giornali locali. Per il resto attendiamo il responso della scientifica, speriamo di trovare qualcosa di ancor più sostanzioso; tutto bene, dunque. Mi pare abbastanza chiaro: i colpevoli sono dei giovinastri fanatici anticlericali. A questo punto, caro professore, forse non avremo neppure bisogno dei suoi servigi. Anche se questa faccenda degli
appunti mi incuriosisce un pochino. Ci ha cavato qualcosa, per caso? -Sono elencati dei santi che dovrebbero avere qualcosa in comune fra loro, se non altro perché paiono tutti punti di riferimento diretti o meno per gruppi eretici. Poi c'è una frase, il cui significato è ben chiaro... -Va bene, va bene, ne discuteremo più tardi, così mi preparerà un bel riassuntino semplice, siccome io non ci capisco nulla di queste cose, sa? Son un carabiniere, mica un prete. Intanto Lillo è andato al monastero, per scoprire se questa monaca che hanno visto le signore ha notato qualcosa o ha parlato con il professore, prima che lo ammazzassero. Ci vediamo in caserma nel pomeriggio, se non vi dispiace, così anche voi potrete rilasciare le vostre deposizioni. Io ora con i clienti avrei finito, quindi andrò subito al santuario a vedere questi dannatissimi cartelli, altrimenti Don Luigi mi perseguiterà tutto il giorno. Sta già pensando al complotto, quello!! E si allontanò sballonzolando la sua mole con energia. -Che tipo! Si dà da fare, ma è confusionario da morire. E poi che vuol dire nel pomeriggio? Io volevo tornare a Torino un po' presto possibilmente, domani ho un risveglio all'alba. -Ma Carla, non puoi troncare tutto così, io sono molto curiosa e poi vorrei continuare la discussione di prima con il professore. E' incredibile la storia dei cartelli. Proprio ieri ero io stessa che avrei voluto imbrattarli, perché erano pieni di menzogne... e l'ho anche detto, ricordi? Meglio che non mi senta Polito, altrimenti mi arresta. Il professore intervenne con garbo nella conversazione: -Chiamatemi Roberto, va bene? Alle undici dovrei presenziare all'inaugurazione della mostra “Trivero e fra Dolcino”, alla biblioteca comunale. Se volete potete accompagnarmi e poi vi invito a pranzo. Eviterei di parlare con il maresciallo della storia dei cartelli, anche se sono d'accordissimo che son menzogneri. Carla non era convinta, ma all'occhiata di Andrea si rassegnò immediatamente. -Grazie, sarebbe interessante. Dove si trova di preciso? -E' sulla piazza di Croce Mosso, conviene andare in macchina, se volete vi
accompagno. -Sarà meglio che la seguiamo con la nostra, così non dovremo poi tornare fino qui. -Bene, allora la mia è quella Peugeot nera, seguitemi. Sapete dov'è la chiesa? -Certo, ci siamo state ieri! -Conviene parcheggiare un po' prima perché ci sarà confusione. Detto ciò si diresse verso l'auto e mise in moto. Appena salite in macchina, Carla precisò che non più tardi delle cinque sarebbe ripartita per Torino. -Non ho voglia di tornare a casa tardi, devo ancora sistemare cosucce di lavoro. Ti scoccia andare via? -Non ti preoccupare, adesso vediamo, magari mi annoierò entro le tre... vorrei solo dare un'occhiata agli appunti. E poi questo signore è una miniera di informazioni sugli argomenti che mi interessano. -Bah, ha delle teorie, che poi solo di teorie si tratta, visto che tutto si basa su supposizioni e non su documenti storici. Supposizioni spacciate come fatti assodati, come quel libro di cui mi hai parlato... sarà mica il suo? -Ma che dici? -Ora vedremo, ma... -Che c'è? -Non abbiamo detto nulla al maresciallo di quel tizio con il naso adunco! Mi sembra importante. -Non lo hai sentito? Tanto dovremo are da loro in caserma, per quello avrei preferito andarci subito, perché altrimenti dopo pranzo si fa tardi.
XVI
Lillo fermò la macchina di fronte al monastero. Era veramente un luogo spettrale, ricordava l'albergo di “Shining”, circondato da un bosco fitto di alberi alti che lo rendevano un po' buio anche in pieno giorno. Vide una tenda spostarsi ad una finestra. Bene, l'avevano sentito arrivare, però suonò comunque il camlo. Ma già una suora piccolina e goffa stava percorrendo il vialetto del giardino per aprirgli il cancello, chiuso con un lucchetto. Conosceva la superiora e voleva parlare immediatamente con lei, come disse alla monaca, dopo averla rispettosamente salutata. Con quel gran mazzo di chiavi pareva un piccolo san Pietro in gonnella. Fu fatto accomodare in uno studiolo con pochi mobili antichi, austeri, un poco lisi, proprio come l'ultima volta, quando era ricorso all'aiuto delle suore per individuare dei bracconieri, che facevano strage di animali in quella zona. Calcolò mentalmente che erano ati almeno quattro anni. Dopo qualche minuto arrivò suor Veronica, dritta e imponente, alta almeno quanto lui, che si muoveva con compostezza e agilità. -Reverenda madre, come sta? - Stefano abbozzò un inchino incerto. - Sono spiacente di disturbarla, ma è successo un fatto grave: non so come dirlo, Ludovico Boggio è stato trovato morto ieri pomeriggio e le circostanze della morte sono poco chiare... - si interruppe per valutare la reazione della suora, che rimase imibile, però. -Purtroppo sono già stata informata, l'hanno detto per radio. - disse la religiosa sedendosi dietro la semplice scrivania in mogano. -Ah, ecco... Don Ciribello ci ha riferito che vi recavate spesso dal Boggio e ieri pomeriggio una suora della vostra congregazione è stata vista nel parco del santuario. Mi occorrerebbe sapere chi è di voi, se l'ha incontrato e se ha visto qualunque cosa che possa servire all'indagine. Non la disturberei se non fosse importante, ma vede, queste circostanze di cui le parlavo sono veramente...
-Sì, ho sentito che è stato un omicidio efferato, il che mi ha turbato non poco. -In effetti all'albergo “Al Castagno” già ieri sera c'erano dei giornalisti, quindi non mi stupisce. -Come le ho detto, in una radio locale parlavano di rituali sanguinari, non meglio precisati. Avete qualche pista? Lillo era un po' stupito. La superiora era fredda e controllata, non sembrava turbata affatto, come diceva di essere. -Pare che dei giovani siano stati visti commettere atti vandalici e la vostra consorella potrebbe anche averli incontrati, perché l'orario in cui è stata notata sul posto più o meno coincide. -Capisco. Si tratta di suor Lucia, le darà lei stessa le informazioni che cerca. Ora è nella serra a lavorare, le faccio strada. E' la suora più giovane, è qui da poco. E' l'unica, oltre a me, a uscire dal convento. La nostra regola originaria, come sa, ci imporrebbe un totale isolamento dal mondo. Questa rigida severità di recente è stata mitigata dal Santo Padre, ma le suore più anziane preferiscono seguire le antiche abitudini. -E lei invece è qui da tanto, vero, madre? -Eh, da quando è stato fondato il convento, nel 1970. Lei neanche era nato, allora, o era un bambino. -Dunque si sono visti, ieri? Non ne avete parlato fra di voi? -Preferisco che conferisca direttamente con lei. Marangon fece per dir qualcosa, ma si sentiva gelato dall'atteggiamento della suora. Quest'ultima sembrò intuire il suo stato d'animo e disse: - In generale non spendiamo parole che non siano oltremodo necessarie. E' la regola del nostro ordine. La serra si trovava sul retro del monastero, in verità non l'aveva mai vista, ma non era meno spettrale del resto. All'interno una suora minuta era intenta a interrare delle piantine.
-Suor Lucia, ti presento il brigadiere Marangon, è venuto per parlare con noi della morte del professor Boggio. Vorrebbe sapere della tua visita di ieri. La superiora si allontanò leggermente verso l'uscita della serra e rimase in attesa. La suora si pulì le mani con uno straccio e si presentò, mormorando un “piacere”. Imbarazzata, abbassò fugacemente gli occhi. -Mi racconti come è andata. Come mai si era recata al santuario? Ha visto il professore? -No, non l'ho visto. Come tutte le settimane, sono ata a vedere se gli occorreva qualcosa. Verso le diciassette ho lasciato l'auto molto prima dell'albergo perché, essendo sabato, temevo di non trovare parcheggio di fronte. Poi mi sono recata al santuario, ho suonato alla porta del custode, ma non mi ha aperto. Ho fatto un giro intorno per vedere se si trovasse nel parco e, non vedendolo, me ne sono andata. Non c'era nessuno. Veramente non vi ho prestato attenzione. -Andava sempre lei a fargli visita? -Sì, sempre. Sa, le altre suore non escono mai. Mi occupo io di andare all'esterno del convento, se ce n'è bisogno. -Ha provato ad aprire la porta? Era chiusa a chiave? -No, non ho provato e quindi non so. Non mi sarei permessa di salire senza che mi avesse risposto. Ma era certamente chiusa; d’abitudine, si chiudeva dentro. -E il Boggio quando l'ha visto l'ultima volta? -Dunque... - suor Lucia aggrottò leggermente la fronte. Lillo notò il viso affascinante, con dei tratti regolari, che contrastava con la povertà del saio e del velo marrone che copriva i capelli. Assai giovane, ma difficile darle un'età. Subito pareva ventenne, ma ora non ne era sicuro. Più vecchia probabilmente, infatti qualche ruga di espressione faceva capolino intorno agli occhi, stretti a fessura nello sforzo di ricordare. -Credo che sia stato lo scorso giovedì, ero andata al mattino per portargli la spesa e alcuni infusi di erbe. Per i nervi, sa... l'avevo trovato un po' in stato
confusionale, diceva di sentirsi debole e stanco, ma capitava spesso. Sono rimasta con lui quindici minuti circa, poi l'ho salutato e da allora non l'ho più visto. Proprio per questo andavamo da lui, soffriva di attacchi di panico, non voleva uscire a far la spesa, a prendere le medicine. Il medico del paese, il dottor Lucci, lo sapeva, quindi andavo io a farmi fare le ricette. -Quali farmaci? -Ansiolitici, proprio per questi problemi. Li prendeva con regolarità, dopo l'esaurimento nervoso... sa... le sue vicende personali... - arrossì imbarazzata. -Sì, sono al corrente. Prima del suo arrivo al convento chi andava a visitarlo? -Qualche volta la superiora, ma non in modo assiduo. Negli ultimi tempi era piuttosto peggiorato e quindi ci andavo più spesso. -Riceveva altre visite? Ultimamente non aveva notato qualcosa fuori dall'ordinario? -No, che io sappia non vedeva nessuno e, oltre al fatto che mi sembrava più agitato del solito nelle ultime settimane, non mi pare che ci fosse niente di diverso. -E che ore saranno state quando ha deciso di andarsene? Ieri intendo... -Mah, non saprei proprio, avrò girellato intorno al santuario qualche minuto, quindi direi poco prima delle cinque, ma non ne sono certa. -Ed è rientrata subito in convento senza ulteriori accertamenti? -Sì, perché sapevo che intorno alle diciotto ci sarebbe stata la funzione e ho pensato che don Ciribello sarebbe salito lui a controllare. Inoltre ogni tanto capitava che non aprisse neanche a me, ma era un fatto sporadico. -Come mai non era il prete ad occuparsi del Boggio? -Don Ciribello non aveva tempo di pensare alla spesa e alle altre cose, inoltre il professore ci teneva alle nostre tisane. Si fidava di noi, anche perché tanti anni fa aveva collaborato con la nostra reverenda madre, si conoscevano abbastanza bene.
-Ah, e in cosa consisteva questa collaborazione? -Non so bene, dovrebbe chiederlo a lei. -Le è sembrato che ci fosse qualcosa di particolare che lo preoccue, in questi ultimi tempi? -Non saprei. Non mi ha riferito nulla. Era sempre depresso e ipocondriaco, se posso dire. Aveva la fobia di uscire e di incontrare gente, ava il giorno chiuso in casa a leggere, a pensare. Non si è mai più ripreso dopo lo scandalo. -Dunque anche lei, reverenda madre, l'ha conosciuto e si è anche occupata di lui. Si era rivolto, alzando la voce, verso la superiora, che era rimasta in piedi all'ingresso della serra. -Sì, lo conoscevo. Avevamo lavorato insieme per delle traduzioni, in quanto sono laureata in lingue antiche. Lo ammiravo, come studioso, ma poi non era rimasto più niente di lui, era come morto dentro. La suora si era girata verso di lui per rispondergli e ora gli diede di nuovo le spalle, per fargli intendere che la conversazione finiva lì. Nessun accenno al processo. -Capisco. Quindi, quando è rientrata al convento, ieri, suor Lucia? Si ricorda di aver visto qualche persona in particolare? -Non oltre le diciassette e trenta, sicuramente Mi pare di aver incrociato un paio di persone, che stavano andando via, ma non ho focalizzato bene, due donne giovani. -Bene, per ora la ringrazio. Dovrà venire in caserma, appena possibile, per la deposizione e, se nel frattempo le verrà in mente qualcosa... ah, quasi dimenticavo, ha incontrato qualcun altro, mentre tornava alla macchina? -C'erano persone ma erano davanti all'albergo, tre anziani che conversavano. Per la deposizione verrò domani in paese. -Spero che non sarà necessario coinvolgere le nostre consorelle, vero? - disse suor Veronica.
-Ma certo, non si preoccupi, reverenda madre, ora vi lascio e vi ringrazio. Suor Lucia salutò e ritornò alle sue piantine, Lillo si avviò con la superiora. Attraversato il giardino, venne congedato sul cancello e salì in macchina. La suora giovane l'aveva incuriosito. Tutta questa faccenda delle visite, la superiora tranquilla, quasi glaciale, imibile di fronte a tutto. Mah... forse fantasie sue. Certamente avrebbe voluto fare qualche domanda in più, ma non aveva osato insistere. Magari più in là, se fosse stato necessario.
XVII
-Mmm, sì, un uomo alto e magro con il nasone. Un prete, forse? Terremo in conto anche questo. L'appuntato aveva svogliatamente trascritto le deposizioni al computer. Avevano anche riferito il poco che si ricordavano dei due ragazzi al poliziotto della scientifica che si occupava dell'identikit. Alla fine avevano deciso di togliersi subito il pensiero della grana burocratica e si erano precipitate in caserma invece di andare alla mostra, scusandosi con Roberto e dandosi appuntamento intorno a mezzogiorno. L'appuntato Cericchi aveva battuto al computer molto velocemente, come se gli dettassero una favoletta. Pareva poco interessato al particolare aggiunto da Andrea sull'uomo misterioso. Tutto sudato, i pochi peli biondicci appiccicati alla testa e gli occhi azzurri da pesce lesso, non trasudava certo intelligenza. -Bene, allora possiamo andare. Carla si era stufata. -Mi raccomando, dica poi al maresciallo dell'uomo vestito di nero. Io non lo ricordavo, ma... -Stia tranquilla. Ora il maresciallo è andato su al san Bernardo per quei cartelli e si è fissato su quei punkabbestia. Appena scende e si calma gli riferirò ogni cosa. -Sì, sì, ma credo che dovrebbe saperlo subito. -Non preoccupatevi e arrivederci. I dati li abbiamo, se avremo bisogno di altre delucidazioni ve lo faremo sapere sicuramente. Torino sta solo a novanta chilometri. Uscirono dalla piccola caserma, due stanzette e poco più al centro del paese. -Insomma, ti tranquillizzi o no? Hai paura che arrestino i contestatori? -Beh, secondo me loro non c'entrano ed il maresciallo invece si è intestardito,
l'ha capito anche quella specie di neonato in formato gigante. -Ma come sai che non c'entrano? Il discorso che ho fatto prima mi pareva averti convinta. -Dal punto di vista teorico sì, ma dai, però... li hai visti? Quei tipi che vanno in giro a fare torture! -Sì, in effetti mi parevano troppo cialtroni, anche se magari, come ti ho detto, si poteva trattare semplicemente di un qualcosa che doveva essere una ragazzata e si è risolto in tragedia. -Sarei curiosa di sapere cosa ne pensa Roberto Ansaldi. Tutta questa storia è assai strana e vorrei conoscere qualcosa di più di questo famigerato vecchio professore che è stato ucciso. E poi la monaca? Come mai nessuno se ne interessa? -Non l'hai sentito il maresciallone? Ha mandato l'altro a far domande. E poi non sappiamo se sia entrata in casa del Boggio, non l'abbiamo mica vista. Tanto se rimaniamo un po' con il tuo nuovo amico ci aggiornerà sicuramente. -E' verissimo. Quindi vedi che abbiamo fatto bene ad accettare l'invito? Dai, andiamo all'appuntamento davanti alla chiesa. E' mezzogiorno ato, ormai. Si avviarono verso la chiesa di Croce Mosso. Questo è un piccolo paese che confina con Trivero, in realtà è una frazione del più ampio comune Valle Mosso, situato pochi chilometri a valle. I paesini parevano piuttosto in subbuglio, c'era parecchia gente per strada, anche perché era l'orario in cui le funzioni della domenica volgevano al termine. Inoltre la notizia del delitto aveva facilmente fatto il giro del circondario, già si vociferava di un paio di pericolosi anarchici. Videro Ansaldi davanti alla chiesa, mentre parlava con il suo amico carabiniere. -Bene, così sapremo subito le novità. -Ammesso che vogliano raccontarle a noi. -Io gli dico subito dello sconosciuto che si aggirava sul luogo del delitto.
-Salve, eccovi qui. Già finito con le deposizioni? Io ho fatto il mio breve intervento, e sono scappato. Ormai tutti paiono interessati al delitto, più che ai resoconti storici. C'era poca gente. -Il suo collega ci ha liquidate in un nanosecondo. - disse Andrea rivolgendosi a Lillo. -Meglio così, no? -Ma veramente ci eravamo ricordate un particolare e pensavo che fosse importante. -Ovvero? -Ieri, oltre alla monaca e ai ragazzi abbiamo visto un signore sulla sessantina, alto e con il naso adunco, che ci pareva essere uscito dalla casa del custode. -L'avete visto uscire? - Lillo si era fatto attento. - E più o meno quando? -Visto no. - intervenne Carla. - Abbiamo sentito un rumore, come una specie di cigolio e abbiamo notato il tizio che proveniva da quella direzione, ma non possiamo essere sicure che sia uscito di lì. Mi pare fosse subito dopo che i ragazzi si sono avviati fuori dal parco. -Quindi l’ultima persona prima della monaca. Avete rilasciato regolare descrizione? -Certamente. Avete scoperto chi è la religiosa? -Stavo appunto raccontando a Roberto che questa mattina ho parlato con suor Lucia, che lei ha visto ieri pomeriggio. Una suora giovane, dinamica, non la conoscevo personalmente. L'avevo notata qualche volta in paese. Esile, piccolina. Ha confermato di essere andata a far visita al Boggio, ieri pomeriggio, nell'orario in cui l'avete vista, ma a quanto pare non le ha aperto. Lo ha trovato strano, dato che ava da lui tutte le settimane per vedere se aveva bisogno di qualcosa e per consegnargli vettovaglie e medicine. Stefano riferì brevemente l'esito della sua visita al monastero e raccontò che le suore gli erano parse stranamente reticenti.
-Non mi sembra così strano, visto che fanno parte di un ordine contemplativo. Devono esserlo per forza... - disse Roberto -Sì, ma non mi convince tutto questo interessamento che avevano per il Boggio. -L'hai detto tu stesso che con la superiora si conoscevano. -Appunto, e vorrei saperne di più. Ma quella donna mi intimidisce, non riesco a torchiarla come vorrei. Devo chiedere al maresciallo, forse lui conosce più pettegolezzi. Comunque tornerò a scocciarle, anche se quel monastero è veramente spettrale. Sembra un cimitero. -Ma questo signore non aveva parenti? - chiese Andrea rivolgendosi al carabiniere. -No, nessuno. Era figlio unico e i genitori sono morti da molto tempo. -Strano che non abbia aperto alla suora. -Tutto è avvenuto mentre voi vi trovavate nel parco. Ricostruendo: voi arrivate sul luogo intorno alle sedici e quindici e lo vedete ramazzare. Subito dopo deve essere rientrato in casa. Cominciate a fare le foto, per mezz'ora, e abbiamo l'ora registrata dalla digitale. In quel lasso di tempo notate i due squatters che fanno il giro delle chiese ed escono dal parco. La suora suona tra le sedici e quarantacinque e le diciassette e lui non apre, supponiamo quindi che fosse già morto. In quella mezz'ora qualcuno ha suonato, lui lo ha fatto entrare ed è stato ucciso. Lo sconosciuto l'avete visto prima o dopo la suora? -Prima, ne sono sicura, vero Carla? -Certo, la suora l'abbiamo incrociata andando via. -Abbiamo anche rintracciato altre persone che si trovavano nel parco, ma tutte prima delle sedici, a parte una signora cinquantenne che se n’è andata quando vi ha viste arrivare. -Sentite, perché non andiamo a mangiare qualcosa in quella trattoria laggiù? disse Roberto, indicando un piccolo dehors dall'altro lato della strada. -Per me va bene e credo che... ma dov'è? Andrea era stata così presa dalla
conversazione che non si era accorta che Carla stava discutendo animatamente al cellulare. -Aspettiamo che finisca. - disse educatamente Ansaldi. -Sicuramente la staranno cercando dal lavoro, vedrete. - disse Andrea rassegnata. Carla tornò vicino a loro mentre riponeva il telefono in borsa. -Devo assolutamente rientrare. In ufficio hanno smarrito dei documenti che devono consegnare domattina presto e prima correggere, devo per forza andare a casa e inviarglieli. Mi dispiace, non vorrei obbligarti a tornare. Tu volevi rimanere ancora? -Io vorrei trattenermi fino a domani, almeno. -Tra l'altro - sottolineò Lillo - sarebbe il caso che ci mantenessimo in contatto, visto che siete le ultime persone ad avere visto il Boggio vivo. Carla fece una buffa espressione interrogativa: - Non esageriamo, ora. -Io rimarrei, al limite per il ritorno potrei prendere il treno da Biella per Torino. Ci sarà un pullman che mi porta a Biella? -Non ti preoccupare, anch'io dovrò andare a Biella per commissioni, ti accompagnerò in stazione o magari anche a Torino. Dipende quanto ti fermi. Andrea arrossì dalla testa ai piedi, notando che l'altro era ato disinvoltamente al tu. -Sei gentile, ma mi scoccia un po' rimanere appiedata, non è molto agevole spostarsi tra questi paesini. Potrei anche rientrare con te, Carla, per recuperare la mia auto. -Se ti servono dei aggi ci sono io. Per oggi sono libero, poi domani andrei a Biella nel primo pomeriggio. -Ma dai, è una buona soluzione, sennò rischi di andare e venire, per cosa poi? Vedrai che domani sarai già stufa di questo posto. A meno che tu voglia farti le ferie qui... - disse Carla ironica.
-Ma tu non mangi neppure con noi? -Non posso proprio, guarda, devo far prima possibile. Sono degli imbecilli, pensa che hanno lasciato i documenti sul tetto della macchina e son partiti... e se ne accorgono adesso... oltretutto cose un po' riservate, sai, progetti... devo andare subito. -Io pure, devo andare a informare il maresciallo e verificare i dati della scientifica e del medico legale. Ci aggiorniamo più tardi. Fatti i dovuti convenevoli, Stefano si congedò e Andrea disse che avrebbe accompagnato Carla alla macchina per prendere la borsa. -Va bene, ti aspetto qui. Arrivederci allora... Carla, vero? - disse Roberto esitante. Si avviarono verso la macchina e Andrea si riprese il suo bagaglio, salutando l'amica. -Allora divertiti e tienimi informata sugli sviluppi, mi raccomando. -Sfotti, sfotti... -Ma che sfotto, non sto scherzando e poi mi sembra che “Roberto” farà anche da cavalier servente. -Speriamo, perché qui a piedi non si possono visitare santuari. -Ma come no, ci sono i sentieri… -Eh, mica voglio farmi quaranta chilometri a piedi. Sai che cammino volentieri solo in pianura. -Vedrai che non sarà necessario camminare, al limite ti fai scarrozzare dai caramba. A presto e scusami ancora, mi spiace mollarti qui, ma sei in buone mani. Andrea guardò Carla uscire dal piazzale della chiesa con l'auto, poi raggiunse il professore, che le cedette il o per entrare nel ristorante... assolutamente vuoto. Meglio così, perché non amava di sicuro la ressa, già era a disagio a
mangiare con una persona appena conosciuta.
XVIII
-Ma come ti è venuto in mente di mentire in questo modo? - chiese inquieta suor Veronica. -Come potevo dirgli che sono rientrata tardi perché sono stata nascosta nei cespugli ad osservare ciò che succedeva? -Questo no, ma la bugia che sei andata in auto te la potevi risparmiare. Speriamo che nessuno ti contraddica. -L'ho fatto perché è meglio che non sappiano del sentiero, visto che potremmo aver bisogno di usarlo di nuovo, e non è credibile farsi tutta quella strada a piedi sulla provinciale, ci vorrebbero ore. -Certo, hai ragione, naturalmente. Inoltre tutta questa violenza... non posso crederci. Certamente avranno già perquisito tutto, vista la situazione. E' inutile che tu ci vada, a questo punto, spero solo che quel pazzo non abbia fatto sciocchezze. -Non saprei, e poi... -Che altro vuoi dirmi? -C'è anche quello sconosciuto che ho visto uscire dalla casa... -Di che sconosciuto parli? -Mentre stavo per avviarmi a suonare a Ludovico, ho visto un signore alto, magro come uno scheletro, pallido, uscire dalla porta dell'accoglienza, ovvero dall'appartamento del Boggio. -Ma questo è molto strano, non faceva salire nessuno, a parte don Ciribello. Dovevi dirmelo ieri! E dovevi dirlo anche ai carabinieri. -Ma non sono così sicura che uscisse proprio di lì... Mi sono agitata, avevo paura
di contraddirmi. Aspettiamo per vedere come vanno le cose e poi decideremo come fare per aggiungere questo particolare. -A me sembra importantissimo, non accoglieva mai nessuno, almeno da un paio d'anni. Chi potrà mai essere stato? Ed è possibile che tu non abbia visto questi giovani? -I vandali? No, davvero, ve l'ho già detto, non saprei neppure come sono fatti, devono essere andati via prima che io arrivassi. Magari era già morto, per quello non mi ha aperto. -L'unica cosa da fare è tenerci informate su come va questa storia e se scoprono qualcosa. Quando andrai a deporre, stai attenta a quello che dicono. Mi sembra una cosa assurda che qualcuno abbia voluto farlo fuori e per di più in questo modo barbaro, è totalmente inverosimile. Dalle notizie che hai visto sul computer pare che non ci siano sospetti, squatters a parte. -Per adesso è quella l'ipotesi più accreditata, visti gli atti vandalici perpetrati a danno dei cartelloni di tre chiese, proprio quelli dove si parlava di fra Dolcino in modo poco edificante. Siccome questi giovani si erano fatti notare alla conferenza di ieri nella biblioteca comunale per essere fervidi sostenitori dell'eretico e mangiapreti, ecco che i sospetti si sono appuntati su di loro. Ma cosa potevano mai volere dal Boggio? Inoltre non hanno trovato segni di scasso sulle due porte che separano l'esterno dall'appartamento, entrambe non erano chiuse a chiave. Davvero tu non ha provato ad aprirla? -Eppure lui le teneva sempre chiuse e noi lo sappiamo bene. Quella a piano terra, dove suonano i visitatori, e quella in cima alle scale dalla quale si accede allo studiolo. Allora, chiunque siano, li ha fatti entrare lui stesso? In verità ho provato a spingere la porta, mi è parsa chiusa. -A meno che non l'abbiano sorpreso mentre era fuori in giardino e siano saliti con lui. -Sì, ma era un grosso rischio, potevano essere visti e lui si sarebbe ribellato a far entrare certe persone. E non capisco la ragione poi... -Forse una bravata o li ha colti mentre rovinavano i cartelli... -Non so, e allora l'uomo sconosciuto? Chi era? Eppure usciva da casa sua e
proprio lui potrebbe essere l'assassino. Forse sapeva qualcosa? Sicura che non fosse un viso conosciuto? Lui non ti aveva mai accennato di aver visto qualcun altro in questo periodo? -Io non l'ho riconosciuto, sono certa di non averlo mai e poi mai visto! E no, lui non me ne aveva mai parlato. -Davvero, Lucia, conviene che tu vada il prima possibile a parlare con i carabinieri.
XIX
Avevano ordinato due insalate e una bottiglia d'acqua. Il professore avrebbe preferito un pasto degno, ma Andrea aveva riferito di non bere mai vino a pranzo e di cibarsi solo di frutta e verdura, come i conigli, per problemi digestivi. -Allora ci rifaremo stasera, hai già provato la cucina del “Castagno”? -Si, in effetti sono molto curati in tutto; la mia amica non è rimasta entusiasta per la verità. Ma lei è molto esigente e intransigente. Per lei quelle porzioni erano da erotto, mentre io ho mangiato fin troppo. -L'avevo intuito. -Mi ha incuriosito molto quel testo su cui stavi lavorando da ieri, gli appunti del morto. Credi che sia connesso con la sua uccisione? -Non saprei proprio cosa pensare, data la natura del testo il mio intuito mi dice di sì. -Come mai? -Premesso che non credo alla storia degli squatters e a tutte quelle panzane, perché io i ragazzi li ho visti, e mi ci giocherei la cattedra che non c'entrano nulla, almeno con la morte del Boggio, direi che la lista di santi e il modo brutale con il quale il professore è stato torturato sono una curiosa coincidenza. Ma se non te lo mostro tu non potrai capire niente di niente. -Beh, lo vedrei volentieri, ma non vorrei creare problemi... forse il maresciallo non ne sarebbe contento. -Nessun problema, avevo già informato Polito che sei una psicologa e potresti essere utile. Mentre parlava si mise a frugare nella sua valigetta, che straripava di fogli.
-Ho ancora tutto il materiale per le conferenze, attendi un istante. -Certo. -Eccolo qui. Roberto estrasse un quinterno di fogli protocollo a righe, fotocopiato, scritto a mano con una grafia regolare ma un poco difficile da decifrare. -Dunque, abbiamo una sequela di nomi di santi che apparentemente sembrano non avere un legame tra di loro: Giovanni, Sara, Celestino. Poi... vediamo... “non nobis domine, quarta lettera di Dolcino”, leggi tu stessa. Questa è una fotocopia, l'originale ce l'ha il maresciallo, ma il foglio sembrava parecchio ingiallito, come se fossero appunti presi anni fa. Ma come mai era sulla scrivania in bella vista? Non può essere un caso. La grafia non è sicuro che sia del Boggio, si faranno perizie per conferma e anche per le impronte. Dai un'occhiata. Andrea prese in mano la fotocopia, un foglio protocollo a righe formato A4, come quello dove un tempo ricordava di avere svolto i compiti in classe. -Forse aveva lavorato in ato su queste cose. Ci sono anche elencati i nomi di alcune chiese, sono tutte di queste parti? -Mi pare di sì, proviamo a presumere che sia così. Dunque abbiamo “chiesa dei santi Antonio e Bernardo”, parrebbe la parrocchiale di Croce Mosso, ci siamo ati prima davanti; “parrocchiale della Beata Vergine Assunta”, è a Mosso Santa Maria; “santuario di Oropa”, lo conoscerai di certo, a una vallata di distanza di qui; “santuario di Crea”, questo no, è in provincia di Alessandria; “santuario dei Moglietti”? Non ricordo bene, ma credo che non sia lontano; “chiesa delle Marie”? E' scritto maluccio e non so a cosa si riferisca. Santuari dedicati a Maria ce ne sono un'infinità da queste parti, anche troppi! Devo riordinare un poco le idee e poi dovrei parlare al più presto con Polito, per vedere se ci sono delle novità degne di nota. Certo questa specie di schema va interpretato e non si può ignorare. -Ma che cos'è la quarta lettera di Dolcino? -E' appunto questo che mi ha colpito subito. Innanzitutto il riferimento all'eretico, messo accanto a questa sequela di santi, e poi la quarta lettera. Per quello che sappiamo, Dolcino scrisse tre lettere ai fratelli apostolici, del
contenuto delle quali siamo a conoscenza indirettamente, perché vengono citati dei brani nei documenti dell'Inquisizione. Non ho mai saputo dell'esistenza di una quarta lettera, anzi, lo escluderei per certo. Intanto il cameriere era arrivato con dei piatti di enormi insalate miste, così il professore mise da parte i fogli per permettergli di posarli e di allontanarsi dal tavolo. -E' meglio mangiare e trovare un posto più tranquillo per discutere di queste cose. -Sì, mangiamo, ma intanto mi puoi rinfrescare sul contenuto delle prime tre lettere? Non ricordo con precisione e i miei appunti sono buttati nella borsa in una maniera molto più caotica dei tuoi. -Ah, ma allora sei veramente interessata a questi luoghi se vai in giro con “gli appunti”. I principi fondamentali della dottrina di Dolcino sono espressi in tre lettere, come dicevo non pervenuteci direttamente, ma per fonti "avverse", ovvero dall'inquisitore e persecutore della setta apostolica dolciniana Bernardo Gui. Nella prima lettera, che risale all'agosto del 1300, Dolcino precisa che la sua congregazione si fonda sui principi degli Apostolici, ne segue la povertà e lo stile di vita senza vincoli esteriori di regola alcuna. Essa è stata scelta da Dio ed inviata nel mondo per spiegare adeguatamente le profezie contenute nelle Sacre Scritture del Vecchio e del Nuovo Testamento e per combattere gli esponenti della gerarchia ecclesiastica, che Dolcino definisce "avversari e ministri del diavolo". Costoro sono infatti destinati ad essere dispersi ed uccisi se non si convertiranno alla dottrina degli Apostolici. -Beh, sicuramente anche lui non era pacifista. -Nel dicembre del 1303 ne scrisse una seconda, in cui si proclamò capo della congregazione apostolica, ricordando i suoi più fedeli discepoli: in primo luogo Margherita. Sottolineò che coloro che erano confluiti nella sua congregazione in tutta Italia erano circa quattromila. Nella terza lettera, che Dolcino inviò "a tutti i fedeli di Cristo", annunciò di aver finalmente trovato un luogo inespugnabile, la Parete Calva del monte Balma, a poca distanza da Varallo, e li invitò a raggiungerlo per unirsi a lui nella lotta. Ma su quest'ultima ci sono più dubbi che certezze.
-Ma Bernardo Gui non è il padre domenicano che ha portato avanti anche l'inquisizione contro i Catari? -Certo, è noto proprio per avere inquisito a Tolosa, agli ordini di papa Clemente V, gli Albigesi o Catari. Era se e fu fatto vescovo per i suoi servigi e considerato uno dei più prolifici scrittori del Medioevo. Scrisse il trattato” Practica Inquisitionis Heretice Pravitatis”, un vero e proprio manuale per gli inquisitori, su come interrogare e punire gli affiliati di sette, i Manichei, i Valdesi, gli Apostolici, da lui appellati falsi apostoli, e i Begardi. Dunque il temuto Gui, protagonista dell'Inquisizione medioevale, ha avuto nelle sue mani le prime due lettere. E' probabile che la terza lettera sia stata scritta nel 1304, per quel che sappiamo. Per quanto riguarda la quarta lettera, non mi risulta esistente. -Ma è possibile che di questa quarta lettera non si parli da nessuna parte? -Ci sono così tanti elementi in questi appunti che non so da dove iniziare. Sicuramente è giusto partire dal riferimento a Dolcino, per vedere se ci aiuta a costruire questo puzzle. -Qualcuno che conoscesse bene il morto, ecco chi ci servirebbe. Sì, le monache o il prete potrebbero conoscere l'origine di questi appunti. O piuttosto qualcuno che abbia lavorato con lui in ato nell'ambito delle traduzioni, visto che il documento pare vecchio di qualche anno. -Dall'ingiallimento direi almeno dieci. No, don Ciribello non sa proprio nulla e non riconosce neanche la grafia, anche perché non entrava mai nell'alloggio del custode, tranne il giorno in cui l'ha trovato con la testa spaccata. Anzi, veramente pareva spaccata, tutta quella pozza di sangue arrivava dalla lingua e lui ci è soffocato, nel suo sangue. Come mi ha detto Polito, la scientifica ha rilevato che in realtà la botta non l'avrebbe ucciso, ma solo stordito, per permettere all'assassino di applicargli la mordacchia. -Una morte orribile: una volta ho letto un libro che narrava con dovizia di particolari l'uso della mordacchia e altre amenità dell'Inquisizione. Ma in quel caso si trattava dell'Inquisizione post controriforma, che prese il via dopo la riforma protestante di Martin Lutero, certo non meno terribile di quella medievale. -Ci potrebbe parlare del Boggio solo la superiora del convento, che, a quanto ha saputo stamattina Lillo, aveva lavorato con lui a dei progetti di ricerca,
archiviazione e traduzione, presso svariati archivi piemontesi. -A proposito, lui era credente? -Da che mi ricordo, quando insegnava non andava a messa la domenica e, credo, neppure ora. Snobbava anche le funzioni in Brughiera, tanto era schivo. -A questo punto bisognerebbe interpellare meglio la superiora. -Lillo è stato al convento, come sai, ma non ha approfondito questo aspetto che stai giustamente evidenziando. Hai sentito ciò che ha detto: la superiora pareva piuttosto fredda e reticente e l'altra, quella che hai visto tu alla Brughiera il giorno dell'omicidio, dovrà andare a deporre; comunque non aveva visto il Boggio, perché anche a lei non aveva aperto, quindi se ne è tornata al convento entro le diciassette e trenta, dice, e non ha incontrato nessuno in particolare, a parte voi due che ve ne stavate andando. Intanto avevano finito le insalatone, il professore aveva ordinato un caffè e Andrea una tisana. Andrea aveva mangiato svogliatamente, giusto per la sopravvivenza. Soffriva di una terribile gastrite e per digerire bene necessitava di mangiare in situazioni di rilassamento assoluto, gustandosi il cibo fino in fondo. Se la situazione era insidiosa per il suo umore, preferiva digiunare. Il pasto era sacro e nessuno doveva turbarlo. Contava di rifarsi alla sera, sperando di essere più distesa e di essersi abituata alla nuova situazione. Non riusciva ad essere spontanea con la gente appena conosciuta e quindi ogni gesto e parola le costavano qualche dispendio di energia in più. Era attratta dal cupo mistero della morte cruenta del custode e da quei paesi, così sobri e con nessun'altra attrattiva che santuari dedicati ai santi e alle Madonne; senza contare che intrattenersi con Roberto era interessante. -Ora capisco come mai sei così in linea. Ma ti nutri sempre così poco? -Ma no, ma no, è che preferisco mangiare più abbondantemente a cena e con tranquillità. A pranzo di solito mi cibo solo di vegetali. -Ma sei vegetariana? -Non proprio, ma la carne la mangio solo eccezionalmente e...
Lo squillo di un cellulare interruppe la conversazione e, scusandosi, Roberto rispose, dicendo ad Andrea che si trattava di Polito; dopo un rapido scambio di battute, sufficienti a darsi un appuntamento, Roberto le disse: -Ci vediamo in caserma tra dieci minuti. Vieni anche tu, ormai sei ufficialmente coinvolta... -Uhm... -Avviamoci a piedi, facciamo una eggiata. Arrivati davanti alla caserma, suonarono e gli aprì un Cericchi esitante e sudato, come al solito. -Sì? Il maresciallo vi sta aspettando... nel suo ufficio. Vennero introdotti in quello che pareva più un ufficio da dirigente della saga fantozziana che quelli soliti, tristi e spogli dei marescialli. Nella stanza campeggiavano due ficus, la scrivania dietro la quale stava il maresciallo era una falsa Luigi XVI e ai muri, oltre alle solite decorazioni dell'arma, c'erano foto che lo ritraevano con diverse persone, non famose però, visto che non ne riconobbero nessuna. Il maresciallo stava scribacchiando al computer, li accolse con larga cordialità e parve accettare con naturalezza la presenza di Andrea, la quale si rilassò notevolmente. -Oh, signori, venite avanti e accomodatevi, - disse indicando due poltroncine in finta pelle, di quelle girevoli. - Dunque, sono stato al santuario di san Bernardo e alla chiesa parrocchiale dei santi Quirico e Giuditta. I nostri eroi sono ati anche lì e hanno danneggiato i cartelli, alcuni divelti e altri impiastricciati con la vernice rossa. Se ne sono accorti i preti questa mattina, ora di dir messa. Siccome questi figuri sono stati visti in giro da più di una persona e, come sappiamo, si sono fatti pure notare alla conferenza di ieri pomeriggio alla biblioteca, stiamo per diramare un bell'identikit, e volevo che voi ci deste un'occhiata. Sono solo delle bozze, osservatele con attenzione. Il maresciallo porse due ritratti su fogli formato A4 ai due visitatori. -Se devo essere sincero non saprei, potrebbero essere somiglianti, ma non ho registrato molto bene la fisionomia. Questi visi non mi dicono nulla.
-Anche a me, maresciallo, anzi il viso su cui mi sono soffermata meglio nel giardino della Brughiera non mi ricorda nessuno di questi due. -Va bene, va bene, magari i nostri amici sono ancora nei paraggi e non è escluso che si faranno notare, con quel look da punkabbestia. La notizia è già ata sul TG regionale, quindi qualcuno potrebbe segnalarli, se sono ancora in questi paesucoli. Ah, e ho parlato anche con don Ciribello. Era ancora sconvolto, ma sono riuscito a cavarci qualcosa in più di ieri sera. Mi ha confermato quello che già sapevamo e di essere al corrente che il professor Boggio aveva collaborato, una quindicina di anni fa, a un lavoro di ricerca con la superiora del convento e con l'allora vescovo di Ivrea, ora a riposo, mi risulta. Non si ricorda molto di più, comunque è già qualcosa. Stiamo aspettando la deposizione della monaca giovane, dovrebbe venire nel pomeriggio. E voi cosa mi raccontate? -Secondo noi il foglio con gli appunti può essere importante, perché sembra essere una specie di “mappa religiosa” e l'omicidio richiama rituali dell'Inquisizione, metodi brutali utilizzati sulle streghe e sugli eretici. Nella mappa c'è un riferimento a Dolcino, un eretico a sua volta. Varrebbe la pena di approfondire dove ci porta questo documento. E rimane il fatto che, non essendoci segni di scasso, sarebbe strano che il professore abbia aperto a dei punkabbestia, con quel look così vistoso. Quindi gli appunti potrebbero indicarci un'altra pista. -Io ci andrei cauto con le piste. Certo che la vostra idea è molto più intrigante della mia, non ci sono dubbi, non mi sembra molto fondata, però. Da dove vorreste partire? -Sicuramente pensiamo che si tratti di qualcosa che ha a che fare con il suo lavoro di traduttore. Ora abbiamo la conferma che una quindicina d'anni fa aveva lavorato con il vescovo di Ivrea ed anche con la superiora del convento. Io sono amico personale del vescovo di Ivrea, potrei parlargli per capire se c'è qualche connessione. -Beh, se non altro potrebbe illuminarci su qualche aspetto della vita del Boggio. La superiora si è esposta poco, per ora, proviamo con il prelato. Io sono piuttosto impegnato, devo vedere il GIP, conferire con la scientifica... Cericchi mi fa da segretario e Stefano è sulle tracce di questi sfaccendati, in giro ad interrogare le vecchiette. Potreste occuparvene voi, in qualità di consulenti, di questa “pista”. La signora Monte è anche una testimone, ma chiudiamo un occhio. Il professore
mi ha detto che lei è una psicologa e quindi potrà essere utile. Senza contare che se ci andassi io dal vescovo non saprei che domande porre riguardo al documento. Se viene fuori qualcosa, chiamatemi. Spero che lei professore abbia un po' di tempo da spendere in questa faccenda, visti i suoi impegni. -Non si preoccupi, avevo pensato di fermarmi qualche giorno qui per le conferenze del settecentenario della morte di Dolcino e avevo previsto qualche giorno di riposo. -Bene... e la signora invece? -Beh, mi terrò a disposizione, dato che mi è venuto in mente di aver visto quel tizio che forse usciva dagli appartamenti del Boggio. Prevedo di rientrare domani a Torino, ma poi certamente... -Scusi, ma quale tizio? Ah sì, l'uomo alto vestito di nero. -Non l'ha letta la mia deposizione? - disse Andrea sbigottita. – L'ho rilasciata all'appuntato Cericchi poche ore fa. Il Maresciallo trasecolò: - Lasciamo stare, mi ha avvisato Lillo, che se aspettavo Cericchi… Tra l'altro come mai non l'ha detto subito? -Me l'ha ricordato la mia amica, l'avevo completamente dimenticato, ero concentrata sulla suora. -E la sua amica ora dov'è? -E' già andata via, ma ha reso regolare deposizione con tanto di descrizione di quel signore. Nel frattempo Cericchi fece capolino sulla soglia dell'ufficio, rosso in viso e un po' agitato. -La prossima volta che ci sono novità importanti nelle testimonianze, fammi la cortesia di avvisarmi. Che cosa aspettavi a riferirmi della deposizione delle signore? -Ehm, ma... pensavo...
-Mi fai riaprire le ulcere, già non ho digerito il pranzo che ho ingurgitato. Piuttosto portala qui, poi fila di là a finire quello che stavi facendo e lasciaci lavorare. Allora, mi diceva di questo signore... Accidenti, siamo in tre ma è come essere in due a lavorare, quello pare un bradipo. - disse facendo un cenno del capo poco lusinghiero in direzione di Cericchi, che si era già allontanato verso gli schedari della stanza attigua. - Meno male che c'è Lillo, che fa per due, altrimenti sarei rovinato. Quindi se mi date una mano voi son contento. Inoltre ci sarà un bel casino quassù, c'è già confusione di giornalisti e di curiosi; la versione del telegiornale era purgata, ma c'è stata una fuga di notizie, su internet naturalmente. Qualcuno è riuscito a scattare delle foto del morto, ieri sera. Avremo gli occhi addosso e non posso fare errori e stare appresso a tutto. Avendo anche questo misterioso signore con la valigetta da identificare, poi... Andrea era un po' sorpresa su come il maresciallo avesse fatto un'inversione di rotta, tenendo in considerazione o almeno non escludendo del tutto altre possibilità. In fondo non era così ottuso come aveva pensato inizialmente; anche a lei capitava di essere influenzata dai pregiudizi. -Facciamo così, vediamo in queste ore cosa riuscite a tirarmi fuori da questo documento e poi mi scriverete anche due righe, magari. Cosa c'è, Cericchi? -Maresciallo, è giunta ora suor Lucia, dice che era stata invitata per la deposizione. -Va bene, vengo subito, visto che Lillo non è ancora arrivato. Voi potete andare, ci sentiamo per telefono. E se ne andò sudato e agitato mollandoli nell'ufficio. -E adesso da dove iniziamo? -La cosa più logica sarebbe andare a parlare subito con il vescovo di Ivrea. -Vuoi dire Giovanni Brogliani, ma si è dimesso, vero? -Sì. E' un uomo molto saggio e disponibile, se riesco a rintracciarlo ci darà una mano, se può. Ho il suo numero privato, dammi un minuto che provo a sentire se è possibile organizzare un incontro tra oggi e domani. Mentre uscivano dalla caserma incrociarono la suora e Andrea la riconobbe
subito. Notò che pareva molto giovane, una ragazzina, minuta e graziosa, con gli occhi inquieti. Si guardarono di sottecchi e suor Lucia fece un cenno con il capo, come un piccolo inchino. Fuori la giornata stava diventando afosa, di un'afa che le colline non riuscivano a stemperare. Andrea si stava chiedendo se Roberto alloggiasse dalla sua famiglia. E si domandava se fosse sposato, ma pensava proprio di no. La riservatezza del personaggio le impediva però di fare domande. -Pensa che fortuna, si trova al castello vescovile di Albiano, ci ha invitati a cena. - disse Roberto riponendo il cellulare in tasca. -Al castello vescovile? -Sì, ma non preoccuparti, è un buongustaio. -Io non mi preoccupo affatto, era una curiosità. Allora siete in confidenza, se ti invita a cena. -Sì, lo conosco da quando ero bambino, perché frequentava i miei genitori. Così avremo tutto il tempo di mostrargli questi dannati appunti e di studiarli tranquillamente, non ne abbiamo ancora avuto il tempo. E credo che sulla Serra staremo anche al fresco.
XX
Il sole cominciava ad abbassarsi, mentre l'auto di Roberto si accostava al castello vescovile di Albiano, che è adagiato su una collina tra vigneti e boschi d'acacia, dominando il piccolo paese. E' molto antico; è nato sui resti di una villa romana. Albiano è sempre stato sotto il dominio temporale dei vescovi d'Ivrea sin dai tempi più remoti. Qui i vescovi della diocesi di Ivrea stabilirono la loro dimora estiva e monsignor Giovanni Brogliani vi risiedeva stabilmente con alcune famiglie che formano la Comunità del Castello . Per giungervi avevano attraversato la Serra di Ivrea, un rilievo morenico di origine glaciale che si estende tra le province di Torino e di Biella, ed è la più grande formazione del genere esistente in Europa: ha uno sviluppo quasi rettilineo per circa venti chilometri fino al Lago di Viverone. Il percorso denso di curve aveva un po' turbato lo stomaco di Andrea che, pallida come un cencio, cercava di occultare il suo stato a Roberto e già pensava a come fare ad ingoiare qualunque cosa che non fosse una tisana. Per fortuna la breve eggiata che fecero per arrivare alla porta di accesso del castello e un antiacido messo di soppiatto sotto la lingua l'aiutarono a rilassarsi un po'. La conversazione languiva fra di loro, più che altro aleggiava un silenzio imbarazzante. Fortunatamente Roberto sembrava non far caso ai suoi malesseri ed era stato concentrato sulla guida per tutto il percorso. Almeno non doveva sforzarsi di parlare a vanvera, cosa che le riusciva difficilissima, soprattutto in quei momenti. Mentre stava pensando a queste cose, si accorse che già un'anziana faceva capolino da un ingresso, spalancando un portoncino di ferro battuto elegantemente lavorato. Si presentò e disse che li avrebbe accompagnati negli alloggi del vescovo, perciò la seguirono. Dopo lunghi corridoi furono introdotti
cerimoniosamente in un salone un po' tetro, ma affascinante, con un lungo tavolo di cristallo e un camino, antichi paralumi e quadri di soggetto religioso che dominavano dalle pareti. L'ambiente era fresco e riposante, si sentiva in sottofondo “La ione secondo Matteo” di Bach. Dal fondo poco illuminato della sala si avvicinò un signore, piuttosto elegante ed abbronzato, che Andrea riconobbe come Brogliani, volto noto per essere un conferenziere impegnato in trasmissioni televisive proponenti dibattiti su temi teologici e sociali. A una prima occhiata dava l'idea di un settantenne, poi la vicinanza rivelava qualche anno in più, ma indubbiamente era affascinante, come Sean Connery. Era noto per aver idee progressiste all'interno della chiesa; impegnato per i diritti civili caldeggiava il sincretismo religioso e si era quindi attirato l'antipatia di molti alti prelati. Andrea si accorse che il vescovo le stava tendendo la mano e si riscosse finalmente da quello stato di semi-catatonia in cui era piombata da quando era salita sulla macchina di Roberto. -Andrea, molto piacere. - si sentì dire, tremolante e soffocata, stringendo la mano affusolata del distinto signore. Due occhi azzurri e intensi spiccavano su un volto espressivo ed aperto, con il quale il tempo era stato clemente. L'abbigliamento era sobrio, ma raffinato. -Carissimo Roberto, come sono contento di rivederti! Proprio un'indagine dei carabinieri ti doveva condurre qui, altrimenti chissà quando saresti venuto a farmi visita! E come stanno i tuoi genitori? Ancora niente sul versante amoroso? - disse, lanciando un'occhiata di approvazione verso Andrea, che arrossì imbarazzata. - Perdonami, sono ormai un vecchio curioso. Ma accomodatevi, è già tutto pronto. Così le domande di Andrea avevano avuto risposta senza neppure aprir bocca. -Caro Giovanni, per me le donne continuano ad essere un grande enigma, sicché preferisco andarci cauto e aspettare di scoprire i loro segreti. Una risposta evasiva, senza dubbio. Eppure, pensava Andrea, era proprio lui a possedere un fascino enigmatico ed era convinta che non poche l'avessero corteggiato. Uno scapolo ambito, sicuramente. Un quarantenne affascinante e un po' stravagante. La vecchia signora che li aveva accolti all’uscio, con una bottiglia di vino e una caraffa di cristallo, fece capolino dalla porta del salone che probabilmente
conduceva alla cucina. Un tavolo più piccolo di quello di cristallo era apparecchiato di tutto punto, con calici antichi e posaterie d'argento. L'anziana, con il candido grembiale e la crocchia di bianchi capelli vaporosi, posò tutto sul tavolo e dopo aver scaraffato il vino si allontanò con un breve inchino. -Grazie, Adelma. - disse il vescovo con un sorriso benevolo. -Spero che, nonostante la stagione, vogliate gradire un barolo da me molto apprezzato. O forse la signora preferisce del bianco? Andrea disse che andava assolutamente bene e lo osservò versare il vino, con piglio deciso e raffinato. Furono fatti accomodare su delle comode poltroncine imbottite e Roberto e il vescovo si scambiarono convenevoli e notizie su comuni conoscenti. Adelma servì come aperitivo delle uova di quaglia. Vide Roberto che assaggiava il vino, poi il vescovo provvide a riempire generosamente i tre calici. -Mi dica signora, di cosa si occupa? E' nella polizia? -No, per carità, è accaduto tutto per caso; mi trovavo a Trivero per il settecentenario della morte di Dolcino e sono stata coinvolta come testimone. In realtà sono psicoterapeuta. In questo momento in vacanza. -Ah, interessante, ed è dipendente pubblica? -Lavoro ad uno sportello di ascolto presso l'ASL e ho anche dei pazienti privati che ricevo nel mio studio. -Bene, oggigiorno l'importante è lavorare, e io ne so qualcosa. Quanti giovani disoccupati abbiamo anche qui in provincia o con contratti precari. L'affabilità del vescovo ed il vino la stavano rilassando e le parole uscivano fluentemente. Intanto la vecchia serviva con una lentezza quasi liturgica degli antipasti vegetariani caldi, veramente squisiti. Si chiese se fosse un caso. Come se le avesse letto nel pensiero, il vescovo le disse che Roberto l'aveva informato del fatto che lei non mangiava affatto carne. -Mi dispiace di aver dato incomodo. A dire il vero non sono così rigida, è solo che non ne mangio molta... ma la ringrazio veramente per la sua premura.
-Non si preoccupi, anche io non sono propriamente un carnivoro e del resto se si vuole mangiare carne degna di questo nome è opportuno girare per le fattorie qui vicino. Altrimenti si rischia di ingoiare un cocktail di antibiotici e consimili additivi. Ma aldilà del cibo è un piacere avervi qui, nonostante questa circostanza orribile. Lo conoscevo, Ludovico, e abbiamo lavorato insieme una quindicina d'anni fa, nel novantatrè, in un gruppo di studio formato, oltre che da noi due, da suor Veronica e da un giovane traduttore di Torino, di cui ora non mi sovviene il nome. Eravamo stati scelti dall'Assessorato alla Cultura della Regione Piemonte per occuparci di alcuni approfondimenti sulle sette eretiche piemontesi. Questo comportava scartabellare negli archivi storici per reperire ogni tipo di informazione inerente l'argomento. -Trovo strano che una suora ed un vescovo cattolici vengano coinvolti in questo tipo di ricerche. Che scopo aveva la cosa? -Un modo per riscoprire alcuni luoghi del Piemonte ed attirare turisti. Si sarebbe dovuti arrivare alla stesura di una guida dell'eresia nella nostra regione, con annessi percorsi turistici ed esercizi commerciali con nomi suggestivi, per rivalutare soprattutto alcune zone montane semisconosciute. La presenza mia e di Veronica garantiva che la ricerca non avrebbe infangato il nome della Chiesa, per non offendere la sensibilità dei cattolici. Sa com'è, Andrea, in fondo la maggioranza delle persone si dichiarano tali, anche se in realtà neppure sanno cosa significa. Neppure io stesso l'ho saputo, per molti anni. Andrea guardò Roberto con aria perplessa, ma non osò approfondire. La sua espressione era imperscrutabile, sembrava quasi distratto. -Tornando al delitto, voi pensate che questo nostro lavoro con Ludovico possa chiarire qualcosa? -In realtà non ne siamo certi, ma speriamo appunto di avere maggiore informazioni da te. Con la superiora non ho confidenza, ma noi siamo vecchi amici. Il maresciallo sta seguendo altri aspetti, come ti ho detto, e ha inviato noi a interessarci di questo episodio della vita del defunto, perché in realtà la ritiene una pista secondaria. Vorremmo sapere se avevate rinvenuto qualche documento particolare e poi ti chiederei di dare un'occhiata a questi appunti, che erano in bella vista nello studio del Boggio. Non sappiamo se siano stati scritti da lui. In particolare si cita “la quarta lettera di Dolcino”, di cui non ho mai sentito parlare. Ci puoi illuminare tu?
-Quarta lettera? Che io sappia non esiste affatto. Ce ne sono tre, come saprete sicuramente. In alcuni documenti inquisitoriali avevamo trovato dei riferimenti inediti all'eresia apostolica, ma avendo tantissimi scritti, in latino e non, da esaminare, avevamo ato parte del lavoro ad un giovane di Torino, che mi era stato segnalato da mio nipote per la sua ampia cultura e precisione. Altro non so, dal momento che tutto fu interrotto ed il progetto finì nel nulla. Eppure erano aspetti interessanti e credo che sarebbe valsa la pena continuare, naturalmente dal punto di vista storico. -Hai conservato qualche cosa di questa documentazione? E dove avevate lavorato per cercare queste informazioni storiche? -Non so, forse qualche appunto, ma ne dubito. Devo controllare nel mio studio, la mia memoria ultimamente non è più molto buona. Vi consiglio di cercare questo traduttore, dovrebbe avere sui cinquant'anni ora, potrebbe ricordare più particolari di me. Per quanto riguarda gli archivi, avevamo lavorato nell'Archivio di Stato di Torino, nell'Archivio storico diocesano di Torino e in quello della Diocesi di Novara. E sicuramente anche in altri fondi archivistici minori. Di recente ha preso avvio il progetto di censimento degli archivi dell’Inquisizione in Piemonte, finalizzato al riordino della documentazione relativa all'età medievale e moderna nell'area piemontese. Esso cominciò dall'apertura dell'Archivio della Congregazione per la Dottrina della Fede e fu ricavata una banca dati che è oggi il principale strumento di ricerca nei fondi. -Sai darci delle indicazioni più precise per cercare il vostro ex collaboratore? -Dovrò telefonare a mio nipote, che era stato un suo compagno di università. -Quanto siete andati avanti in queste ricerche? E perché le avete interrotte? -Ludovico era veramente entusiasta e voleva continuare a tutti i costi il lavoro dopo i tre mesi concordati, anche se il progetto non aveva più finanziamenti e il lavoro effettivamente commissionato era finito. Aveva coinvolto anche una sua ex allieva, ma non credo che sia stata una scelta molto azzeccata, la sua. Sappiamo come è finita. Sicuramente in questi testi venivano evidenziati aspetti sconosciuti sull'eresia degli Apostolici e forse di altre sette. E Ludovico era determinato a proseguire e ad approfondire le ricerche. -Ma allora la Signorina Sciacalli lavorava davvero con lui. Il maresciallo Polito sembrava essere scettico, su questo fatto.
-Sì, la signorina lavorava con lui. Anche se era molto giovane, Ludovico riteneva che fosse realmente interessata a queste ricerche, persino in modo esagerato per una ragazza di quell'età. Aveva a malapena diciotto anni ed era stata sua allieva nel biennio del ginnasio. E' venuta una sola volta in un archivio, di solito le dava del lavoro da sbrigare nello studio di Ludovico stesso, nell'appartamento di Biella. In quel periodo la ragazza stava già terminando il liceo. Sembrava che la ricerca le occorresse per mettere da parte delle idee per una tesi. Ludovico mi disse che anche lei era determinata a continuare a indagare sull'eresia dolciniana. Desiderava laurearsi in storia delle religioni, a quanto pare. Lui cercava di tenerla lontana da tutti, per non dare troppo nell'occhio. Come avrete saputo, saltò fuori che avevano una relazione “sentimentale”, da quando lei era ancora minorenne. E il resto è storia. -Fu per questa vicenda con Milena che vennero interrotte le ricerche definitivamente? -No, la denuncia di stupro avvenne dopo qualche mese e nessuno sembrava far caso alla vita privata di Ludovico, che era sempre riuscito a nascondere bene i suoi affari di donne. Il problema fu un altro: nelle alte gerarchie ecclesiastiche qualcuno non era affatto contento, perché erano saltate fuori cose non molto gradite e fece pressione affinché tutto fosse insabbiato. -Addirittura! Cosa accadde? -Fui convocato da un cardinale, del quale non ti rivelerò il nome, che mi intimò in modo poco piacevole di smentire ogni informazione inedita scoperta, relativa all'eresiarca Dolcino; una sera due sgherri mi rapinarono sottraendomi una cartella zeppa di documenti. E il mio studio fu violato e messo a soqquadro da qualcuno che fece sparire tutte le fotocopie fatte negli archivi. Anche a Ludovico successe la stessa cosa. Misero sottosopra il suo appartamento di Biella, dove lavorava alla ricerca con Milena, e anche la villetta di Trivero. Nel frattempo stavo partecipando ad un ciclo di conferenze su un libro che avevo pubblicato in quel periodo ed ero impegnato nella stesura di un saggio. Ero anche spaventato, siete i primi a cui racconto tutto ciò. Ormai sono vecchio, non temo più nulla. Ma allora minacciarono di fare del male a delle persone a cui volevo bene, quindi ubbidii. E fecero sparire ogni traccia della ricerche fatte, perlomeno quelle per loro fastidiose.
-Fastidiose? E perché? -Erano preoccupazioni immotivate ed eccessive. Veniva messo in luce da alcuni testi un collegamento tra Dolcino e l'eresia catara. Si trattava di particolari di stampo dottrinale, che non erano stati mai evidenziati in nessuno studio sulla setta dolciniana. E questo è tutto ciò che ricordo. -E per quanto riguarda la quarta lettera? -Ti ripeto e ti giuro che non ho mai trovato riferimenti ad essa. Potrebbe trattarsi della terza, questo sì. Su di essa il contenuto è sempre risultato incerto e nelle nostre ricerche eravamo riusciti a ricostruire meglio ciò che Dolcino voleva comunicare ai suoi, alcune precisazioni teologiche inedite. La cena stava volgendo al termine: dopo le verdure ripiene, lasagne vegetariane al pesto e polpette di seitan, Adelma servì il caffè con il gelato e mise in tavola digestivi vari. Il sole era calato da un po', e l'anziana cameriera accese i paralumi che emanavano una luce soffusa. In quel momento Andrea invidiò la solitudine del Brogliani, il suo sereno celibato. Pensò machiavellicamente che sarebbe stata una gran fortuna per lei intraprendere la carriera ecclesiastica, anche se le suore ovviamente non se la avano certo bene come i vescovi; comunque potevano evitare complicazioni varie. Ma anche lei, stando sola, le stava già evitando. Tuttavia, ogni tanto, qualche tentazione... Si riscosse dai suoi pensieri, perché il vescovo aveva ripreso a parlare dopo aver sorbito silenziosamente il caffè, condito da un cucchiaino di gelato. -E' per questo che sarà difficile ritrovare delle tracce di quei documenti, loro si accertarono che non avessimo nulla in mano e poi logicamente fecero sparire tutto anche dagli archivi. Tempo sprecato quindi cercare prove documentali, solo la memoria rimane. Credo che faremmo meglio a sentire mio nipote, così potrete mettervi in contatto con il traduttore torinese, se avete premura. -Forse avreste potuto scoprire qualcosa di più sconvolgente, se foste andati avanti, che giustificasse l'ira dei prelati? -Può darsi, non lo so. Ci eravamo avvicinati probabilmente a qualcosa di scottante. O almeno per loro lo era. Altrimenti perché reagire così? Veronica
invece ha sempre negato di aver subito queste pressioni. Anche perché lei non andò oltre il lavoro commissionato e sembrò ignorare del tutto le nostre scoperte. -Ne sei certo? -Non sono più sicuro di alcunché. Ma da lei forse non temevano nulla, vista la sua rigidità dottrinale. Inoltre lavorava solo negli archivi e non portava mai via materiale. E loro certamente lo sapevano, come sapevano tutto ciò che facevamo. -Va bene, vorrei almeno che tu leggessi questi appunti per dirmi cosa ne pensi. Se tutto è collegato, allora c'è qualcuno che ricorda molto di più di te. Ti potrebbero perlomeno far sovvenire qualcosa, forse contengono delle informazioni su quel che avete scoperto o avreste potuto scoprire. -Ma certo, con molto piacere, sono anche curioso, oltre che scosso per la morte di una persona alla quale ero legato, nonostante tutto. E non posso escludere che Ludovico avesse compreso qualcosa più di noi. -Non vi siete più rivisti in questi anni? -No, mai. L'imbarazzo ha prevalso sul resto. E da quanto ho sentito, negli ultimi quattordici anni non era in grado di far nulla a livello di ricerca. Magari rimuginarci sopra, ma a che scopo? Credo che tutto quello che possa aver scoperto lo scoprì in quei mesi. La ricerca fu condotta da aprile a giugno del novantatré; e all'inizio del novantaquattro subì la denuncia per stupro e il processo per abuso. Il vescovo distolse lo sguardo per leggere gli appunti. Andrea stava sorbendo l'acquavite ultra invecchiata e si sentiva ormai completamente rilassata, proprio per questo non le sfuggì ciò che normalmente le sarebbe sfuggito: l'espressione forse un po' inquieta di Brogliani. -Oh, interessantissimo! - il vescovo stava leggendo la fotocopia del manoscritto. - E' rappresentato un simbolo che ho studiato all'università, quello del dio del sole babilonese Shamash. -Sì, lo conosco - disse Roberto, - ma non riesco a capire cosa c'entri con Sabei, Nasurei e Giovanni Battista. Sinceramente mi sfugge il collegamento, per ora.
-Bene, ragioniamoci sopra, sicuramente sarà stimolante. -Che tipo è la superiora? Mi ha detto Stefano che ha reagito freddamente alla notizia dell'omicidio e gli è sembrata evasiva. -Sì, Veronica è imponente fisicamente quanto moralmente. Ineccepibilmente coerente, nel lavoro e nei ragionamenti. Chiusa in quel convento, ne è uscita solo per gli studi esegetici sui testi. Non la vedo da quindici anni, ora dovrebbe averne quasi settanta, se non sbaglio. Se la interpellerete su questo argomento, non so quanto vi servirà, perché sembra che abbia voluto estraniarsi da questa faccenda. Come vi ho detto se ne disinteressò semplicemente, disapprovando l'atteggiamento di Ludovico che si faceva così insistente. -Forse Ludovico scoprì qualche cosa. Ma cosa? - Roberto era dubbioso. - Forse l'accusa di stupro fu un espediente per fermarlo? Sappiamo che lo ricattava; Milena fu forse manovrata da qualcuno? Altrimenti perché poi sparire nel nulla? Sinceramente non mi sembra che abbia senso, come già aveva sottolineato Andrea al maresciallo. Qualcuno la manovrò per danneggiare Ludovico e poi fece in modo che sparisse. Come, non lo sappiamo. -E' possibile. Ma non capisco chi può avere ucciso Ludovico ora, attirando tutta questa attenzione con un'esecuzione plateale, rivangando una storia chiusa. disse il vescovo. - Tra l'altro, non mi sembra che questa sia la sua grafia. -A maggior ragione qualcuno ha voluto seminarci una bella traccia, altrimenti avrebbe fatto sparire questi appunti, invece di lasciarli in bella vista perché li trovassimo. - aggiunse Andrea. - Qualcuno lo ha torturato e poi ci ha proposto un rebus perché anche noi potessimo capire qualche cosa. Non può trattarsi quindi delle persone che vi minacciarono, che non avrebbero interesse a rispolverare questa storia. -Bisognerebbe sentire il maresciallo per sapere se ci sono notizie dalla scientifica: impronte digitali, da dove viene la mordacchia e tante altre cosette. E Milena? Chissà che fine avrà fatto? - disse Roberto. Brogliani si riscosse dai suoi pensieri: - Perché non vi fermate qui, questa notte? Domani mattina potremmo metterci a studiare meglio questi scarabocchi e sentire il maresciallo. Intanto vi riposerete, il caldo deve avervi stancato, soprattutto lei, signora, mi pare provata. Domattina ragioneremo meglio. Vi farò preparare le camere degli ospiti nell'ala più fresca del castello, vedrete che
dormirete bene, qui la Serra ci grazia di una brezza serale gradevolissima. I due ospiti protestarono dicendo di non volere disturbare, ma alla fine cedettero a quell'allettante invito, aborrendo l'idea di rimettersi in macchina a stomaco pieno. Furono accompagnati da Adelma al secondo piano del castello, sulla soglia di due bellissime camere con letti singoli, naturalmente, trattandosi di una dimora per vescovi in pensione, con mobili antichi, severi, pregevoli e tendoni di broccato in tinta con i tessuti che ricoprivano i letti. La domestica aprì le due porte agli ospiti e fece un breve inchino, lasciandoli discretamente. Un antico orologio suonò dodici rintocchi che echeggiarono nel corridoio. -Beh, allora buona notte Andrea, ci vedremo domani. -Buona ehm, notte. Andrea era confusa, turbata. Sola in camera si spogliò e dopo una doccia si mise a letto senza pensare più a nulla, certa che altrimenti non avrebbe dormito, se si fosse messa a rimuginare. Decise di non accendere neppure il telefono, che era spento ormai da ore. Il mattino dopo, intorno alle nove, quando scese in sala, trovò il vescovo e Roberto che già discutevano animatamente davanti agli appunti. -Buon giorno, mia cara. Abbiamo già iniziato a dare un'occhiata, ma il tutto è parecchio criptico. A parte il riferimento alla quarta lettera cosa abbiamo? Un simbolo, nomi di santi e di chiese. -In capo a tutto abbiamo sicuramente un simbolo del sole. E' un simbolo usato nella zona del Tigri e dell'Eufrate nel 1000 a.C. per indicare il sole ed il dio Shamash. - disse Roberto. -Molti culti, compreso quello di Gesù, sono sempre stati associati ai simboli solari. Ma perché questa croce solare in particolare? - chiese Andrea. -Come dicevamo ieri sera, il simbolo viene collegato da queste frecce a San Giovanni, ai “Nasurei” e ai “Sabei”. Subito dopo vengono citate “le tre Marie” e “Santa Sara”. Forse la leggenda delle Sante Marie che vengono dal mare? Ogni anno, a Saintes Maries de la Mer, un suggestivo paesino alle foci del Rodano, si celebra una processione, in cui si riportano dalla chiesa al mare le statue di due donne che vengono poste in una barchetta sulla spiaggia, dove la leggenda dice
che siano approdate, dopo essersi imbarcate in Palestina per sfuggire alle persecuzioni dopo la morte di Cristo. Vengono identificate come Maria Jacobi e Maria Salomè, due zie di Gesù. -Conosco queste leggende, frutto di una mia lunga permanenza in Camargue. disse Andrea. -Maria Jacobi, - raccontò Roberto, - viene nominata nel vangelo di Giovanni, come sorella della Madonna e madre di Giacomo detto il minore, apostolo di Gesù. Maria Salomè viene invece citata due volte nel vangelo di Marco, con il nome "Salomè", e la si può identificare con la madre di Giovanni l'Evangelista. La tradizione pone l'arrivo delle Marie in Provenza verso il 42 d.C. e a quell'epoca, probabilmente, risale la costruzione di un piccolo oratorio nel paesino di Ratis, in riva al mare. Si ha notizia dell'esistenza, nel V secolo, di un piccolo santuario chiamato Sainte-Marie de l'Ilot. Nel XII secolo Sainte-Mariede-Ratis diventa Nôtre-Dame-de-la-Mer, la borgata viene cinta da mura e la chiesa ampliata e integrata nel sistema difensivo della città, diventando meta di pellegrinaggio. Nel XIV secolo si scava la cripta sotterranea sotto l'abside, dove si situa la statua di un misterioso personaggio, non riconosciuto dalla Chiesa: santa Sara, una bruna signora dalla pelle scura. La chiesa era progettata come castello fortificato e conserva un pozzo al centro della navata, che forniva l'acqua per i rifugiati. Sul tetto ci sono merlature difensive ed è ricavato un cammino di ronda per le vedette. L'interno è a navata unica, senza cappelle laterali e decorazioni. La statua di santa Sara potrebbe essere legata al culto delle Vergini Nere e svelarcene le origini. Incastonata nel muro, una pietra levigata viene indicata come il "guanciale delle Marie": è la pietra che venne ritrovata posta sotto il capo dei corpi rinvenuti durante gli scavi del 1448, identificati come i resti delle due donne. Poco discosta vi è la scultura delle due "Sante Marie" dentro la loro imbarcazione, che ogni anno viene portata in processione sulla spiaggia. -Pietre, acqua, statua nera, una triade spesso significativa. I vangeli canonici non parlano di questa Sara, ma esistono tradizioni che la riguardano. Alcune dicono che fosse la figlia della Maddalena, effigiata scura perché nata in Egitto, altre che rappresenti la Maddalena stessa, sbarcata in Francia, come racconta Jacopo da Varazze, e altre ancora che fosse una serva delle Marie. Comunque, anche i gitani la venerano come loro protettrice e la chiamano “Sara la Nera”. Ogni anno, migliaia di loro si radunano in questa regione per onorarne la memoria,
portandola in processione fino al mare, tra canti e balli. - disse Andrea. -Anch'io conosco queste leggende, - disse il vescovo - e sono stato nel paesino: ci sono spiagge bellissime, sentieri infiniti che attraversano paludi dove moltissime specie di animali vivono indisturbati in quest'oasi protetta. -Andiamo avanti: dalle Sante Marie la freccia indica simultaneamente “bassorilievi del santuario di Crea” e “San Cristoforo in Vercelli”. Due chiese dove sicuramente ci sono statue di Madonne nere, per restare in tema. E non solo, a San Cristoforo c'è un ciclo di affreschi sulla Maddalena, tratto da “La leggenda aurea” di Jacopo da Varazze. Quindi abbiamo un doppio collegamento! - si entusiasmò Roberto. - Subito dopo viene citato il santuario di Oropa, a cui viene accostato il simbolo del “rolly rogers”, teschio e tibie. E vicino compare la scritta “Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam”. E’ il motto dei Cavalieri Templari e significa: "Non a noi, o Signore, ma al tuo nome dà gloria". Il teschio con le tibie è spesso associato ai pirati, ma nelle leggende è anche un simbolo templare. Anche i Templari erano devoti della Madonna nera. E poi uno scarabocchio: “epigrafe”? Non si capisce bene. Sicuramente significa che ci sono tracce dei Templari ad Oropa. -Poi, vediamo: Pietro da Morrone. Tu sai benissimo di chi si tratta, vero Roberto? E lei Andrea? - chiese il vescovo. -Questo nome non mi dice molto, mi pare che fosse un santo eremita che venne in contatto con i Cavalieri Templari. -Oh, fu molto di più. Diventò papa, una storia incredibile. Di origini contadine, Pietro Angeleri nacque nei primi anni del 1200 in Molise. Da giovane, per un breve periodo, soggiornò presso il monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli, dove mostrò una predisposizione all'ascetismo e alla solitudine, ritirandosi in una caverna isolata sul Monte Morrone, sopra Sulmona. Qualche anno dopo si trasferì a Roma e qui studiò fino a prendere i voti sacerdotali, per ritornare poi sul monte Morrone, in un'altra grotta, ove rimase per cinque anni e successivamente in un luogo ancora più inaccessibile, sui monti della Maiella, negli Abruzzi. Costituì una Congregazione ecclesiastica riconosciuta da papa Gregorio X come ramo dei Benedettini, denominata "dei frati di Pietro da Morrone", presso l'eremo di Sant'Onofrio al Morrone. Nell'inverno del 1273 si recò a piedi a Lione, dove si teneva il II Concilio, per impedire che il suo ordine fosse soppresso. E fu proprio in quest'occasione, si racconta, che incontrò i
Cavalieri Templari e strinse amicizia con loro. Essi, a quanto pare, sostennero la sua causa durante il Concilio. Vent'anni dopo accadde che il Collegio cardinalizio non riuscisse ad eleggere un Papa. Nel conclave si propose la persona del Morrone come Pontefice, poiché era noto a tutti per la sua santità e semplicità, così nel 1294 emerse, all'unanimità, il nome dell'eremita. -Come mai fu eletto come Papa un semplice frate, completamente privo di esperienza di governo e totalmente estraneo agli sfarzi della Santa Sede, addirittura a voti unanimi? - chiese Andrea. -Beh, il fine dei cardinali era sicuramente quello di prendere tempo per placare l'opinione pubblica e i sovrani, pensando anche di poter manipolare la totale inesperienza dell'anziano frate, al fine di trarne vantaggi personali. - spiegò il vescovo. -E come reagì il Morrone alla notizia? -La notizia dell'elezione gli fu recata nella grotta dove egli risiedeva. Sorpreso, subitaneamente oppose un netto rifiuto, che poi trasformò in un'accettazione, per puro dovere di obbedienza. Nella chiesa di Santa Maria di Collemaggio fu incoronato il 29 agosto 1294, con il nome di Celestino V. Il primo atto ufficiale del nuovo pontefice fu l'emissione della cosiddetta Bolla del Perdono, che ancor oggi elargisce l'indulgenza plenaria a tutti coloro che, pentiti dei propri peccati, si rechino nella basilica di Santa Maria di Collemaggio della città dell'Aquila, dai vespri del 28 agosto al tramonto del 29. La Perdonanza fu una celebrazione religiosa che anticipò il primo Giubileo del 1300. Pietro si affidò nelle mani di Carlo d'Angiò e dietro suo consiglio trasferì la sede della Curia da L'Aquila a Napoli, fissando la sua residenza in Castel Nuovo, dove visse in una piccola stanza molto semplice conducendo una vita ritirata e di preghiera. Molte delle decisioni pontificie erano direttamente influenzate dal Re Angioino; quattro mesi dopo la sua incoronazione, Celestino V, nel corso di un Concistoro, diede lettura di una bolla nella quale si contemplava la possibilità di una abdicazione del Pontefice per gravi motivi. La bolla era stata compilata probabilmente dal cardinal Caetani, il quale, vista l'impossibilità di controllare il Papa come aveva previsto, era intenzionato ad ascendere lui stesso al soglio pontificio, come aveva tramato fin da quando aveva aderito all'elezione del Morrone. Pochi giorni dopo le dimissioni di Celestino V, infatti, il cardinal Caetani fu eletto pontefice col nome di Bonifacio VIII e dispose che l'anziano frate fosse messo sotto controllo, temendone un rapimento da parte dei suoi nemici. Pietro, con la
complicità dei cardinali a lui fedeli, tentò una fuga verso la Grecia, ma fu catturato e rinchiuso nella rocca di Fumone nei territori dei Caetani e lì morì il 19 maggio 1296, distrutto dalla deportazione e dalla prigionia. Nel 1313 Celestino V fu canonizzato santo da papa Clemente V: le spoglie furono portate all'Aquila, nella basilica di Santa Maria di Collemaggio. Il 18 aprile 1988 la salma di Celestino V fu rubata. Due giorni dopo, venne ritrovata nel cimitero di Rocca a, nel comune di Amatrice. Non si sono mai scoperti i mandanti e gli esecutori; pare però che durante quei due giorni sia stata eseguita una TAC sul corpo del pontefice! -Che storia! - Andrea era esterrefatta. - Chissà cosa cercavano nel corpo dell'eremita? Ma è vero che incontrò i Templari o è leggenda? -Sì e soggiornò per due mesi in una loro magione, che poi sarebbe diventata un convento celestiniano. I Templari strinsero un tale rapporto di fiducia con il futuro Papa Celestino V che li convinse ad affidare a lui la custodia di un qualcosa che non conosciamo, ma che doveva essere assai prezioso per loro. Durante il suo rientro da Lione, Pietro narrò di aver incontrato un cavaliere, che lo avrebbe protetto nel cammino. In un affresco, nella Basilica di Collemaggio, compaiono proprio Celestino e un angelo con uno stemma: la croce rossa dei Templari. -E poi tutti questi fatti legati alla sparizione del cadavere e alla sua morte... si sospetta che lo stesso Bonifacio lo abbia fatto uccidere. - disse Roberto. -Ma che mai gli affidarono? E come può essere connesso con tutti questi personaggi citati negli appunti? -Nessuno lo sa, cara signorina, e non siamo certi se sia un fatto accaduto realmente. Ma anche l'eremita di Morrone era devoto della Vergine nera. Infatti, sulla via del ritorno dal Concilio, Pietro racconta che si fermò a l'Aquila per riposare e nel sonno vide la Madonna, che gli chiese di costruire, nella città, un santuario a lei dedicato. E in pochissimo tempo Pietro trovò le risorse per edificare la propria basilica, tant'è che in quattro anni la Chiesa di S. Maria in Collemaggio fu consacrata, nonostante egli non disponesse del danaro e dell'esperienza per un'opera di tal fatta. Potrebbe allora essere possibile che i Templari l'abbiano coadiuvato e sostenuto con i loro mezzi e conoscenze. -Per iniziare - disse Roberto - dovrei recarmi nei santuari citati, per vedere se
riesco a trovare qualcosa di interessante, ovvero a Oropa, a Crea e a san Cristoforo in Vercelli. Intanto il vescovo aveva già chiamato suo nipote, il quale gli aveva riferito l'identità del misterioso traduttore torinese e ad Andrea quasi venne un colpo quando sentì il nome: Matteo Pellice. -Ma io lo conosco... o almeno lo conoscevo ai tempi dell'università, è da molti anni che non lo vedo. -Benissimo, allora si potrà occupare di rintracciarlo e di parlargli. Può farlo? Intanto tu Roberto sentirai il maresciallo per sapere se ci sono novità. -Sì certo, ma ancora non mi capacito di come ne possa sapere più il traduttore che i ricercatori. -Come ti ho detto, arrivò quell'avvertimento poco simpatico, perciò, a differenza di Ludovico, ho lasciato subito perdere. C'erano spie ovunque, in quegli archivi. Andrea intanto era rimasta a pensare in silenzio e improvvisamente disse: -Per il traduttore, a meno che non sia un caso di omonimia, credo di poter avere di lui notizie da un amico comune. Che tipo era? -Credo di averlo visto poche volte. Un biondino, un po' stizzoso, ma arguto, direi. -Ah, sembra che si tratti proprio di lui, allora. Cercherò subito il mio amico e mi informerò su come posso reperirlo, avevo intenzione di rientrare domani. -Ho sentito anche uno studioso del Centro Studi Dolciniani, mi hanno assicurato di non aver mai udito parlare di una quarta lettera. Deve trattarsi di uno sbaglio di chi ha scritto questa misteriosa mappa. Del resto, come vi avevo anticipato, non faceva parte delle nostre “scoperte”. Avevamo sì fatto ricerche sulla terza, ma... -Chissà... - disse Roberto. - Molto strano, allora. A meno che Ludovico non vi avesse nascosto qualcosa. -Non credo. Inoltre, se come sembra gli appunti non li ha scritti lui...
-Sarebbe interessante vedere questi santuari, però, potrò venire anch'io a visitarli? - chiese Andrea. -Diciamo che Roberto farà prima un po' di ordine in questo guazzabuglio e poi cercheremo di ricostruire il puzzle, andando anche nei luoghi indicati. -Dobbiamo ancora chiarire la presenza di questo simbolo solare. - disse Andrea. - Approfondiamo meglio il discorso dei Sabei e di San Giovanni, collegati da quella croce arcaica. Chi sono i Sabei? -Il termine Sabei viene utilizzato nel Corano, anche se non è chiaro per indicare quale tipo di popolazione; siccome vengono accostati alle genti del libro, cioè a ebrei, cristiani e zoroastriani, ovvero ai monoteisti, è probabile che fossero identificati con i Mandei, una setta unica, l'ultima setta gnostica ancora oggi esistente al mondo. La gnosi è la dottrina della salvezza tramite la conoscenza, una forma di conoscenza superiore e illuminata dell'uomo, del mondo e dell'universo, frutto del vissuto personale e di un percorso di ricerca interiore. Essa si affida all’intuizione, anche se non rifiuta l’uso della ragione. - disse Roberto. -Certo, Andrea, lei saprà che le origini della gnosi sono tutt'ora oggetto di controversie, ma secondo recenti teorie sicuramente le radici affondano in epoca precristiana. Alcuni sostengono sia nata in Mesopotamia, altri nel mondo ellenistico ad Alessandria d'Egitto. Le idee gnostiche, anche dopo il cristianesimo, continuarono ad affiorare ad intervalli regolari, con alcuni movimenti ereticali, ma esiste questa setta giunta fino a noi incontaminata: i Mandei dell'Iraq meridionale. Continua pure tu, Roberto. -Dunque, dicevo che con il termine Sabei nel Corano si intendono i Mandei, che in antico aramaico significa gnostici. Negli appunti sicuramente il riferimento è proprio a questa setta, perché sono accostati a Giovanni Battista, che la setta mandea riconosce come un grande maestro. Ci sono idee controverse sull'origine del mandeismo: alcuni pensano che sia una eresia cristiana dei primi secoli, altri che sia una gnosi pre-cristiana ed un terzo partito è convinto che il loro sistema si fondi su un sincretismo tra elementi cristiani, giudei e manichei. -E la simbologia mandea è collegata a questa croce che si trova negli appunti del Boggio? -Sarebbe possibile, certo, nel caso in cui fosse accreditata la teoria per la quale la
dottrina mandea fosse originariamente nata in zona Tigri-Eufrate, ma comunque non ricordo di un'associazione della setta con questo simbolo. -Rimarrebbe ancora un riferimento da indagare, questo “leggi, giudica, taci”, che si trova alla fine degli appunti ed è associato a tre simboli: la luna con il cielo stellato, una rosa con la croce e il sole. Un invito o un suggerimento? Il vescovo Brogliani posò il plico sul tavolo della colazione, con fare un po' disfattista. - C'è da impazzire per venire a capo di qualche cosa. Sicuramente gli stimoli non ci mancano. Ci sono poi altri indizi: chiesa di Santa Cecilia di Portula, Beata Vergine Assunta di Mosso Santa Maria, santuario dei Moglietti. Le prime due fanno riferimento al termine “confraternita” con una freccia bene in vista. Bisognerebbe scoprire cosa hanno a che fare con tutto ciò che viene prima. -Sì. Nota che la frase sibillina che citavi viene collegata con la chiesa della Beata Vergine Assunta. In capo a tutto abbiamo la quarta lettera, di cui nulla sappiamo e forse neppure esiste. Speriamo che il traduttore ricordi particolari che ci possano aiutare. - disse Roberto.
XXI
Nel tardo pomeriggio il maresciallo si era intrattenuto con l'inquieta suor Lucia, che aveva dovuto parlare del misterioso signore vestito di nero che si aggirava intorno alla porta che conduceva agli appartamenti del morto. -Ma questo cambia tutto!! Mi chiedo come mai non l'abbia riferito al brigadiere Marangon quando l'ha interrogata in convento. Anche perché ciò collimerebbe con quello che hanno detto altre due testimoni, una delle quali ha visto una monaca, la cui descrizione coincide proprio con quella della sua persona, suor Lucia. E lei ricorda di aver visto due donne, l'ha già detto al brigadiere. Loro l'hanno notata, anche perché la vostra tunica è molto particolare. Ci può aiutare a fare un identikit? Che tipo era? Un prete, forse? -Ma, non saprei, sembrava uno di quei fratelli laici, non proprio un prete. La stranezza è che potesse essere a casa del professore, visto che non apriva a nessuno oltre a noi suore e a don Ciribello. E infatti l'ho visto provenire da lì, ma non sono sicura sia uscito dalla porta. Aveva in mano una valigetta nera, di pelle, mi pare. Poi, siccome quando ho suonato Ludovico non ha aperto, ho pensato che non poteva essere in casa. Sarebbe innaturale pensare che avesse aperto a uno sconosciuto e non a me. Ecco il motivo della mia confusione. Quindi avrebbe potuto essere già morto quando ho suonato? -E’ probabile. Bisognerebbe accertare se questo signore è stato davvero a casa del custode. Che cosa poteva mai volere da lui? E' sicura che non fosse di queste parti? Inoltre come possiamo essere certi che fosse uno sconosciuto per lui? -Maresciallo, sa bene che io sto qui in convento da due anni appena; la mia conoscenza della gente del luogo è piuttosto limitata. Sempre che fosse del luogo. -Forse c'è qualcos’altro che vorrebbe dirmi? Sa benissimo com'è stato torturato il Boggio… questo mette in campo un altro sospetto, sicuramente. E la porta com’era? Chiusa o aperta?
-Non ho provato ad aprirla. Ho suonato e basta, e più volte, poi ho fatto il giro della canonica. -Capisco. Per ora basta così. Vorrei ancora chiederle se può leggere questi appunti vergati a mano per poi dirmi che idea le fanno venire in mente. Le sembra la grafia del professore? Suor Lucia prese i fogli e li esaminò per alcuni minuti, poi li restituì sconsolata. -Non so cosa possano essere, non li ho mai visti. E non so se è la sua grafia. Direi che sono parecchio vecchi, dalla carta. -La saluto, allora. Prima di andarsene, i da quel mio collega, seduto alla scrivania nell'ufficio attiguo, per collaborare alla stesura dell'identikit del signore che ha visto. Avvisi suor Veronica che sarò costretto a disturbarla. Appena la religiosa si allontanò, il maresciallo telefonò a Stefano, gli riferì gli ultimi sviluppi e gli suggerì di fare delle ricerche per scoprire dove potesse essere finita Milena Sciacalli.
XXII
Roberto insistette per accompagnare Andrea fino a casa, nel centro di Torino, il lunedì mattina. Dopo aver salutato Brogliani, decisero che lei si sarebbe occupata di rintracciare Matteo Pellice per avere le informazioni che servivano, mentre Roberto avrebbe studiato con calma la mappa, nella solitudine del suo ufficio, agevolato dall'avere a disposizione una fornita biblioteca universitaria. Il professore aveva avvisato i genitori che sarebbe tornato a Trivero il seguente fine settimana a causa di un lavoro improvviso, senza dir nulla del suo coinvolgimento nell'indagine, per non far agitare la mamma ottantenne. Durante il viaggio in auto i dialoghi tra di loro si limitarono alla vicenda dell'omicidio e, dopo una pranzo veloce in un ristorante vicino all'appartamento di Andrea, si salutarono cordialmente ma con riserbo, dandosi un appuntamento telefonico entro qualche giorno. Stefano era invece dedito alla ricerca di Milena ed il maresciallo ora indagava oltre che sui ragazzotti dei centri sociali anche sull'uomo misterioso. Ognuno avrebbe fatto la sua parte, quindi. Giunta in casa Andrea pensò che doveva occupare la settimana fino alla partenza, per evitare strane tentazioni. Aveva fatto importanti scoperte, conosciuto persone nuove, eppure rimaneva quell’ansia, quel senso di colpa. Una stanchezza indicibile la pervadeva; le mancava l'appetito, anche se a tratti sentiva una gran fame. Intanto, già quel lunedì sera, grazie al suo amico, era riuscita a contattare Matteo; non essendo il caso di trattare tutta la questione per telefono, avevano ricordato i vecchi tempi e parlato della morte del professore, senza troppi particolari. Il ricercatore universitario aveva reagito con la solita fredda superiorità; si sarebbero visti la sera dopo, a cena. Ricevette parecchie telefonate, amiche e amici che non la sentivano da qualche giorno e volevano vederla, ma in realtà lei desiderava avere notizie di un suo ex paziente, per il quale era preoccupata. Solo preoccupata? Non era un caso che Andrea avesse voluto fermarsi a Trivero e farsi coinvolgere nella vicenda dell'omicidio. La sua era stata una fuga, perché temeva di rientrare a Torino. C'era una vicenda che l'aveva turbata. Ripensò a quel tardo pomeriggio di fine giugno, poco prima delle ferie, quando all'Unità Operativa di Salute Mentale dell'ASL, dove era attivo uno sportello di ascolto per persone con comportamenti disfunzionali, gestito da lei e
da altri colleghi, si era presentato un uomo sulla quarantina, con un viso da adolescente, magro e consumato. Dal primo momento egli aveva mostrato subito un interessamento per lei, non solo come terapeuta, e l'ego assai narciso di Andrea aveva preso un po' il sopravvento, quella volta. Pazienza, poteva capitare. Belloccio, trasandato, aveva esposto una sequela di problemi in modo caotico: un senso di torpore, debolezza, depressione, carenza di lavoro e povertà, dopo essere vissuto senza badare a spese per molti anni. Da sempre aveva provato tutto, droghe, donne, convivenze. Alla domanda di quale lavoro avesse svolto aveva fatto vaghi gesti assai poco rassicuranti, alludendo a mediazioni d'affari. -Io sono stanco, e sento solo una gran voglia di finire questo viaggio e cominciarne un altro, magari con molto valium e nella vasca di casa mia con i polsi tagliati, - aveva detto sdegnosamente - ecco qual è la mia fantasia migliore. E un tempo non mi mancava nulla. Una casa, che per fortuna mi è rimasta, un lavoro sopportabile, donne a non finire, un fisico decente, un'età ancora accettabile. Ma l'orribile senso di vuoto e di estraneità non cessa più, ora. Sto da almeno nove mesi come un extraterrestre appena arrivato sulla terra, una sensazione amplificata dalla morte di mia madre. Basta. Ho fatto tutto quel che mi ava per la testa, o quasi. Ma mai fino in fondo. Donne, droghe ed alcol, tutto sempre nei limiti della normalità, però. Perché io non sono mai stato un depresso o un malato. Ma ora mi sento turbato, esco solo per andare al cimitero. Ansioso, bipolare, disforico, instabile, e anche un po' tossico, aveva pensato Andrea. -Mi sono sempre mosso per fare quello che c'era da fare e per cercare stimoli nuovi. Speravo di incontrare qualcuno che mi potesse distrarre dall'idea del suicidio... forse qualcuno che mi venisse a cercare, come nella canzone di Battiato. Un mese fa ho incontrato una ragazza... due giorni dopo le ho telefonato per invitarla a cena, in casa, ovviamente, visto che non ho più soldi. Che cosa è successo? Data l'ovvia scomodità del soggiorno, nel giro di cinque minuti l'ho invitata in camera per sedurla e lei, pur conscia delle mie intenzioni, ha accettato. Più che altro per indolenza e ività, pur di far qualunque cosa per placare l'ansia: ha preso due ansiolitici davanti a me scusandosi. Tutti e due messi bene, direi. E poi... scoppiò un delirio chimico, inspiegabile, che improvvisamente ha pompato qualcosa di potente nelle vene, qualcosa che non ricordavo più, qualcosa che ti fa attaccare ancora per un po' alla vita come una patella allo scoglio putrido. Andò così per cinque giorni. Ogni sera tornava da
me e non pensavo più a morire, e neppure lei pensava agli ansiolitici. Il cielo aveva forse mandato un angelo a salvarmi, ma l'angelo era messo poco meglio di me. Si è aggrappata a me, ma questa intensa relazione non ha retto oltre dieci giorni. E ora sono disperato. In poche ore l'avevo posta al centro della mia vita, e mi ha deluso. Io sono esigente, intransigente, violento e molto grezzo. Pretendo tutto e do tutto. Ma lei non ha voluto saperne di prestarmi i soldi che mi occorrevano, si limitava a farmi prediche, cucinava e puliva, diceva che dovevo darmi da fare. Ma io sono un uomo! E voglio una famiglia. Lei aveva paura, non si fidava di me, ed è sparita. E io sono rimasto solo, chiuso in quella casa. -Attualmente, usa farmaci o droghe? -Sì, uso il valium per calmarmi, qualche volta, e dormo molte ore. Sono finito anche al pronto soccorso, una volta, per abuso. Controlli pure all'ospedale, se non ci crede. Volevo lasciarci le penne, ma non ci sono riuscito. -E come mai, Fabrizio? -Gliel'ho detto. Sono stufo. Mi va tutto male e quella volta fu una mia fidanzata a chiamare il 118. Eravamo al telefono e persi conoscenza. -Stavate litigando? -Non proprio... -La ragazza le aveva negato qualche cosa? Soldi, forse? -E se fosse? Ma porca puttana, tutti state a pensare ai soldi! Non esiste altro, per voi. -A chi si riferisce con quel voi? Lei non si prende nessuna responsabilità? Si rende conto che è lei stesso a fare terra bruciata? Lei chiede, chiede e manipola. Secondo me non ha mai pensato veramente di poter morire. E' un modo manipolatorio per farsi compatire. Anche l'ultima donna l'ha mandata via lei, in fondo. Non ha pensato che era una persona che, come lei, aveva bisogno di aiuto? L'ha caricata con i suoi bisogni, senza preoccuparsi minimamente di come avrebbe potuto reagire. E lei è scappata, per difendersi. Forse era solo più sana di tutte le altre, che mi ha detto di avere lasciato. Era stata un po' dura, senza approfondire abbastanza la personalità del paziente,
ma quella serie di lamentele così aggressive e manipolative le avevano fatto salire la voglia di dargli uno scossone. Nessuno gli aveva detto mai veramente di no. Le donne che l'avevano attorniato avevano sempre fatto di tutto per compiacerlo e lui giù a far la vittima. E ora quest’ultima, che addirittura si era permessa di mollarlo… una situazione nuova e tanto più insopportabile. D'improvviso l'uomo era scoppiato a piangere, inaspettatamente. -Vede, neanche lei mi vuole aiutare, cosa li tengono a fare questi posti? Non ho più una famiglia, non ho più nessuno, cosa mi rimane in questo mondo? Manipolatorio o no, quel pianto dirotto, a singhiozzi, così infantile, stringeva il cuore. Mentre gli porgeva i fazzoletti repentinamente lui le aveva buttato le braccia al collo. Andrea aveva sentito un forte turbamento. Alla fine della seduta, che era durata quasi un'ora e mezza, con gli altri pazienti in coda che scalpitavano, gli aveva dato il suo numero di cellulare. Era una cosa che non aveva mai fatto, con nessun paziente, se non quelli in terapia presso il suo studio privato. Si era resa conto di essere caduta anch'essa nel suo tranello, nei suoi ricatti. -La prego, - aveva detto singhiozzante, - mi lasci il suo numero, ho troppa paura di stare di nuovo male, sono solo... spero sempre che lei ritorni. Quella che è andata via, lasciandomi senza aiuto, sparendo nel nulla… solo lei potrebbe aiutarmi. Ne sono innamorato. -C'è il numero del centralino... per le emergenze. -Ma lei è l'unica persona che mi ha ascoltato, che sa di me... Alla fine aveva ceduto, facendogli promettere che sarebbe venuto al prossimo appuntamento e pretendendo che accettasse anche un consulto psichiatrico, sul quale però egli era stato irremovibile nel suo rifiuto. Aveva detto di non essere pazzo e quindi... solita argomentazione difensiva. Aveva chiesto i che lei non poteva e non doveva dare, come professionista. Si riscosse dal ricordo, per sfuggire a quel senso di colpa odioso. Avevano fatto ancora un paio di sedute, in cui il paziente esplicava atteggiamenti seduttivi nei suoi riguardi, raccontava di fare qualche “lavoretto” e di stare meglio. Poi era sparito, certo frustrato dal fatto di non avere avuto riscontri nella
sua azione seduttiva. Chi lo sa? Sicuramente non l'avrebbe chiamata. La verità era che avrebbe dovuto subito condividere il caso con lo psichiatra del pool dalla prima seduta, per il bene del paziente, essendoci anche palesi segni di abusi di sostanze e non solo quelle che ammetteva lui. Ma non l'aveva fatto. Perché? Voleva fare la fatina buona che trasformava Pinocchio? Manie di grandezza? Forse con l'esperienza e il consiglio del collega avrebbe potuto aiutarlo. E invece lei era andata in ferie; aveva sbagliato e poi impaurita se l'era squagliata. Quel martedì aveva appuntamento con Matteo Pellice e ò il pomeriggio a bighellonare e a far compere, per rilassarsi un poco. Ma prima di uscire aveva telefonato in ufficio per sapere se il paziente si era fatto vivo. Chiamò il centralino, ma le dissero che non si era mai più presentato in Salute Mentale. Cercò quindi di focalizzarsi su Matteo. L'aveva conosciuto vent'anni prima, era ricercatore universitario alla facoltà di lettere antiche e certo non spiccava per umana comprensione. Intellettuale brillante, ma odioso, aveva attirato la sua curiosità durante alcune lezioni di letteratura latina. Era un esame opzionale che aveva voluto dare, pur non facente parte del suo piano di studi. Matteo non eccedeva per simpatia o bellezza, erano usciti qualche volta a cena, ma non era mai scattato niente. Chissà... era partita dal segreto di Dolcino per arrivare a questo? O forse tutto questo serviva per scoprire il segreto di Dolcino? La quarta lettera. Prima ancora di sapere della possibile esistenza della quarta lettera, più volte aveva sentito girare in testa quella domanda: qual è il segreto di Dolcino? Senza un particolare motivo, poi, era andata nei luoghi dolciniani già in primavera, per scoprire chissà cosa. Bene, era stata accontentata. Dolcino aveva un segreto, ora ne era certissima. E Matteo magari poteva illuminarla, quindi avrebbe fatto meglio a sbrigarsi. Erano le otto ate e stava ancora acquistando un paio di jeans molto attillati e una maglietta grigio ematite. L'appuntamento era per le ventuno in un ristorantino poco lontano. Nel camerino, mentre si stava sfilando i pantaloni, squillò il cellulare: un numero sconosciuto. Rispose con una certa ansietà, temeva che fosse qualche paziente privato. Ma si trattava di “quel paziente”. Fabrizio! Ma perché aveva il cuore in gola? Quell'uomo era sicuramente un maniaco depresso, borderline e pericoloso sotto tutti i punti di vista; il suo oscillare rapidamente tra la serenità e la forte tristezza, tra l’intensa rabbia e il senso di colpa gli provocavano emozioni violente, che creavano il caos in lui e nelle persone che gli erano vicine. I rapporti di amicizia, affetto o amore erano instabili nel tempo, intensi ma distruttivi: emozioni devastanti, manifestate in
modo teatrale, lo inducevano a proiettare le sue mancanze sugli altri, per essere compatito come vittima, mentre era un carnefice. Anche di sé stesso, certo. I suoi comportamenti erano associati a scoppi di ira e all'uso di sostanze psicotrope, legali e non. Era stata una pazza a lavorarci da sola nell'ambito di un semplice consulto, che era di solito il primo step per questo genere di pazienti. Soprattutto tenuto conto del suo “strano” coinvolgimento. Non era il paziente a sbagliare, manifestando un normale transfert, ma lei a non saperlo gestire. Quando rispose, una voce ben nota, sepolcrale e biascicante, la informò che stava per morire... -Ti prego, vorrei chiederti di venire qui perché ho paura di morire solo e vorrei anche lasciarti... il... -Cosa hai preso? Dammi l'indirizzo e ti mando subito il 118. -Non arriverebbero in tempo. -Scusa, ma se non arrivano in tempo loro, come potrei farlo io? -Loro… ci mettono venti minuti, mentre tu in cinque minuti potresti essere qui... so che sei in ufficio. La macchina è parcheggiata davanti al condominio dei servizi sociali, vicino all'aiuola con le giostre dei bambini. Mentiva, per spaventarla. Lei si trovava in un negozio del centro. -E tu come lo sai? Non sei a casa tua? -Certo… che sono a casa mia. Ma non più di mezz'ora fa sono ato davanti al posto dove ci siamo parlati, e la tua Suzuki Ignis era lì. Ok. Niente panico. Doveva aver aspettato che uscisse, dopo una delle sedute e aver sbirciato su quale macchina saliva. Ecco tutto. Ed ora bluffava. In fondo si trattava di una persona malata. Bene, e come tale doveva trattarlo, cercando di farlo ragionare; era certa che non fosse in fin di vita, ma che avesse certamente abusato di qualche sostanza, a giudicare dalla voce. -Non sono in ufficio, ma cosa hai preso? Dimmelo, altrimenti non posso aiutarti. -Non ho preso nulla. - disse ansimando con la voce spezzata. - Mi sono iniettato
dell'aria con una siringa. Mi manca il respiro. Fece mente locale velocemente, le pareva che la morte dovesse essere istantanea, mediante una bolla di aria in vena, ma non ne era certa. Mentiva? Nel dubbio meglio chiamare l'ambulanza. -Ok, dimmi dove abiti. Arrivo subito. Comincia ad aprire le porte, se riesci a muoverti, altrimenti non potremo entrare. La decisione era stata repentina, si era resa conto che doveva agire. Appena ebbe l'indirizzo, chiamò a gran voce la commessa urlando di comporre il 118 per un caso urgente, intanto lei si stava rivestendo alla velocità della luce. Diede l'indirizzo al 118 e uscì velocemente lasciando la donna a bocca aperta. L'appartamento era veramente a pochi minuti dal suo studio al Centro di Salute Mentale, ma ci mise venti minuti ad arrivare dal negozio. Il caseggiato era in una zona semi periferica. Era ancora presto, ma tutto era silenzioso in modo quasi sinistro. Dell'ambulanza nessuna traccia. Il portone era aperto e salì a piedi al quarto piano, visto che non c'era l'ascensore. La porta dell'appartamento, sulla quale c'era scritto il cognome di lui, era accostata, una fioca luce proveniva dall'interno, buio nonostante il chiarore esterno. Non erano ancora le nove. -Fabrizio? Sto per entrare. Nessuna risposta. Si rese conto di avere paura, non sapeva proprio in che situazione si sarebbe potuta trovare. Avrebbe preferito aspettare l'ambulanza, ma poi si decise, spingendo la pesante porta tutta lurida di polvere. Vide subito la camera da letto, la prima che si affacciava sul corridoio. Fabrizio giaceva sul letto, pareva addormentato. Si avvicinò chiamandolo per nome, ma non ci fu nessuna reazione. Era pallidissimo, possibile che fosse morto? Fino a mezz'ora prima stava parlando con lei al telefono. Cominciò a scuoterlo leggermente e l'uomo gemette, con suo enorme sollievo. La stanza era opprimente, troppi mobili impedivano il movimento, c'erano cianfrusaglie ovunque nelle quali inciampare. La tapparella era abbassata e rotta e non si vedevano interruttori, nella penombra. Un ringhio la fece sobbalzare. Mentre si guardava intorno cercando una fonte di luce, vide due occhiacci luminosi che la fissavano da sotto il letto matrimoniale. Istintivamente fece per balzare indietro, ma lo spazio angusto in cui si trovava non glielo permise. Rimase quindi lì a
fissare quella cosa sotto il letto, che mise a fuoco finalmente come un enorme cane nero, con un atteggiamento per nulla accogliente: difatti cominciò ad abbaiare rabbiosamente. -Su bello, fai da bravo. Si rese conto che era madida di sudore, quella casa era una fornace. Nel frattempo sentì la sirena dell'ambulanza e anche il cane ne fu distratto; uscì impetuosamente da sotto il letto, continuando ad abbaiare furiosamente da un balconcino strapieno di masserizie. Almeno era arrivato qualcun altro. Questo era rassicurante. Approfittò del fatto che il cane fosse occupato e si allontanò velocemente verso la porta, pensando di andare incontro al personale del 118 e cercando nel contempo di darsi un tono professionale. Scese le scale e accolse i tre uomini che uscivano dall'ambulanza parcheggiata vicino all'ingresso del condominio. Il cane intanto l'aveva seguita, era un enorme pitbull che ringhiava sbavando. I tre paramedici si bloccarono istintivamente, domandandole perché non tenesse a bada l'animale. Intanto alcuni inquilini facevano capolino dai balconi chiedendosi cosa stesse succedendo. -Ma... non è mio... io non... -Non ha chiamato lei? -Sì, ma, voglio dire, è la prima volta che vengo in questa casa, c'era la porta aperta e... -Insomma, l'importante è che tolga di mezzo il cane, altrimenti non possiamo salire. Il paziente è cosciente? Respira? -Sì, respira, ha anche risposto ai richiami con dei gemiti. Andrea aveva già i sudori freddi e si sentiva del tutto fuori posto, ma rimandò le spiegazioni e cercò di richiamare il cane con dolcezza; l'animale, per fortuna, si ammansì subito diventando docile come un agnellino. Presolo per il collare, gli si accovacciò accanto, permettendo così al personale medico di salire le scale. E ora come fare? Si ricordò di avere intravisto un guinzaglio, nell'entrata, appeso al muro. Risalì le scale per prenderlo, rientrò in casa con l'animale che la seguiva e
che si fece allacciare senza problemi. A quel punto, con il cane legato, si sporse nella stanza da letto per vedere cosa stava succedendo. -E' incosciente ora, ma respira. Non sa se abbia preso farmaci? -So veramente poco, mi creda, capisco che è una situazione strana. Sono una psicoterapeuta, quel signore è un mio ex paziente che mi ha telefonato stasera per dirmi che si sentiva poco bene e io ho chiamato voi. Mi ha dato l'indirizzo e sono venuta qui, trovando la porta aperta. Al telefono mi ha riferito di essersi iniettato dell'aria nelle vene. Io ero a far compere in centro, si figuri. -Infatti c'è una siringa, qui, a terra. Il signore è tossicodipendente? -Non ne sono sicura, avevamo fatto poche sedute, potrebbe aver assunto dei sedativi. -E anche alcol, si sente dall'alito. Non possiamo lasciarlo qui, lo dobbiamo portare in ospedale. Le dispiace guardare in giro se ci sono scatole di farmaci che potrebbe avere assunto? -Certo, ma non saprei dove cercare. Nel cassetto del comodino? Provo a guardare in bagno. Nel bagno, disordinato e zeppo di oggetti come il resto della casa, c'era un armadietto pieno di medicine, tra i quali molti sedativi. Ne memorizzò i nomi e li trascrisse su un foglio, che diede poi a uno dei tre operatori del 118 che sembrava avere autorità sugli altri, un signore baffuto di mezz'età. Guardò Fabrizio, era pallidissimo, ma muoveva le palpebre. Non rispondeva ai richiami. Alla fine lo portarono via, al più vicino ospedale, il Martini. Lei diede da bere al cane e gli fece fare pipì, poi, trovate le chiavi dell'appartamento, lo chiuse e si avviò stancamente con la sua auto in direzione del pronto soccorso, che distava un paio di chilometri. Nel frattempo erano le nove ate e dovette avvisare Matteo che non avrebbe potuto recarsi all'appuntamento per motivi di lavoro. Mentre all'interno del pronto soccorso parlava con la dottoressa per spiegare quello che era successo e fissava il volto di Fabrizio sdraiato su una lettiga, si sentì ancora una volta in una situazione troppo coinvolgente, ma dove
l'emozione preannunciava una prigione e non già qualcosa di positivo, oscuri grovigli di rovi dove i fiori giacevano già secchi a terra. Inoltre si rese conto di aver avuto paura e di essere stata ansiosa di giustificarsi con quelli del 118, comportandosi pavidamente. La cosa più saggia sarebbe stata quella di andarsene e chiudere subito quell'episodio professionale off-limits, ma non ci riuscì. E se lo sarebbe ricordato per sempre.
XXIII
Il giorno dopo decise di tentare di ricontattare Matteo, che fu piuttosto freddino al telefono, essendo stato bidonato. Era quasi l'ora di pranzo quando telefonò. Gli spiegò che stavano facendo delle ricerche su Dolcino, riprendendo quelle iniziate quindici anni prima dal gruppo di Boggio. -Poi mi racconti meglio dell'omicidio. Lo sai che non seguo la cronaca nera. Ma come è finita ieri sera? Qualche squilibrato? Un paziente riottoso? E sei andata in ospedale da lui? Male. Poco professionale. -Piantala con questa storia, non puoi fare un attimo mente locale? Alla fine il Boggio era una persona che conoscevi, potresti dare un contributo. Noi crediamo che... -Ma hai presente casa mia? Penso di no. Secondo te ci può ancora essere traccia di quella ricerca? Credo proprio sia impossibile, anche perché allora non salvavo tutto su Word, come ora, ed inoltre neanche me ne fregava più di tanto. Le traduzioni mi han chiesto, con commento a margine e quelle ho elargito. E di visionare moltissimi documenti inquisitoriali. -Si, ma traduzione di che? E non hai mai più rivisto Ludovico in tutti questi anni? -No. Mai avuto contatti. Dovrei ripensare a tutta la faccenda. -Non ricordi nulla di una certa quarta lettera di Dolcino? -No, come ti ho detto mi occupavo di traduzioni dal latino o mi davano dei documenti di processi dell'Inquisizione da scartabellare. E' l'ansimare di una bestia quello che sento? Aveva anche dovuto andare a prendere il cane, perché Fabrizio non era stato dimesso. Lei aveva aspettato che le comunicassero che era fuori pericolo dalla scorpacciata di farmaci e poi era andata a recuperare l'animale. Di prima mattina lui le aveva telefonato, pregandola di curarlo fino al suo rientro a casa.
-Evita il sarcasmo tuo solito. Un amico è stato molto male e ho dovuto tenermi il suo cane. - disse Andrea stizzita -Vieni una sera alla Gran Madre a farti un aperitivo e vedrò di ricordare meglio questa questione. Io sono libero dopodomani. -Ma non ho tempo! Questo professore di cui ti ho parlato dopodomani sarà in arrivo e vorrà già avere notizie precise. -E allora porta anche lui, no? -Guarda, mi farei volentieri una serata in compagnia, ma proprio non so come fare. E poi non so se lui... insomma. L'idea di un simposio a tre con Matteo e Roberto le dava i brividi. -Se ci siete dopodomani bene, altrimenti dovrete aspettare qualche giorno, perché vado da mia madre. Allora venite o no? Se sì, magari stasera do un'occhiata nelle vecchie scartoffie, sempre che ci siano. -Va bene, alle otto vedrò di esserci. Ma cerca di non essere troppo sciolto con questo qui, è un po' ingessato. -Beh, adesso mi chiedi troppo, dopo che mi hai addirittura bidonato. -Ah, finiscila di riesumare questa storia. Mi sono già scusata tre volte per la mia defezione. Queste osservazioni poco piacevoli la indussero a ricordare che avrebbe dovuto telefonare in ospedale, per sapere come stava Fabrizio e anche per invitarlo a trovare qualcuno che si prendesse il cane. Era già mercoledì. E sicuramente venerdì o sabato sarebbe ripartita per Trivero. La prima cosa da fare era liberarsi di Flick, per cui telefonò subito a Fabrizio, che le annunciò che l'avrebbero dimesso l'indomani. In fondo era solo un altro giorno, come lui stesso le sottolineò. Numerose telefonate erano intercorse fra di loro in quei due giorni. Telefonate che aumentavano la loro confidenza, ma anche la sua paura. Era una situazione da troncare subito, continuava a dirsi. Telefonò quindi in ufficio per parlare con un suo collega psichiatra, Federico Serra, raccontandogli del caso di Fabrizio e proponendogli di prenderlo in
carico. L’uomo accettò e chiusa la telefonata si sentì più tranquilla. Quel giorno, con Flick che la guardava dal divano, dal quale aveva ormai rinunciato a farlo scendere, sbocconcellò un po' di frutta secca davanti al computer e andò avanti tutto il giorno a far ricerche su argomenti che potevano sembrare connessi alla mappa di cui aveva avuto una copia. Le ore volarono e si accorse che si stava facendo sera, erano quasi le nove. Aveva fumato dieci sigarette e bevuto litri di tè e ora lo stomaco brontolava e protestava. Aveva sentito Fabrizio già tre volte. Portò quindi il cane a fare una eggiata nella via centrale di Torino, dove era sito il suo appartamento, camminando fino a piazza Statuto. Fece ritorno a casa con l'idea di cucinare una gustosa cena da consumare in santa pace. Mentre stava spadellando, sentiva in testa la solita domanda: qual è il segreto di Dolcino? Pensava forse, come i Catari, che Gesù non era altro che un grande profeta, come il suo predecessore Giovanni? Aveva letto di teorie che sostenevano che entrambi fero parte della congregazione essena, di cui ora si conosceva l'esistenza grazie ai Rotoli di Qumran e agli scritti di alcuni scrittori antichi: Ippolito Romano, Plinio il Vecchio, Filone Alessandrino. Secondo certi studiosi questa setta giudaica, in eremitaggio nel deserto, aveva custodito, oltre a testi sacri tradizionali, testi esoterici contenenti indicazioni per praticare culti che portassero alla conoscenza della divinità. Quindi gli Esseni erano davvero una sottosetta ebraica o qualcosa di completamente originale? Al tempo di Gesù, seguendo le regole del Levitico, nel tempio si offrivano sacrifici di alcuni animali a Dio, ma gli Esseni non eseguivano questi rituali. Il motivo era forse da ricercarsi nella probabile influenza delle tradizioni avestiche iraniche, che originarono in questa setta riti estranei al giudaismo, come la preghiera mattutina al sole, citata dallo storico Giudeo Giuseppe Flavio? Inoltre erano anche vegetariani: per alcuni aspetti parevano una setta gnostica, anticipatori dei monachesimo, ma quest'idea mal si conciliava con il contenuto di alcuni rotoli, come quello della guerra. D'altro canto anche il Gesù partigiano fondamentalista e fautore della liberazione dall'occupazione romana, ricostruito da alcuni studiosi, non si conciliava facilmente con il Gesù gnostico dei rotoli di Nag Hammadi, che esaltavano il rito della resurrezione dei vivi, ignorando tutta la storia della crocifissione. Nel vangelo di Filippo si leggeva: "Se non si resuscita mentre si è ancora in vita, morendo non si resuscita più". E nel vangelo di Tommaso: "I morti non sono vivi e i vivi non morranno". Quale era il significato di tali parole? Forse rituali esoterici svelati a pochi eletti? Da mesi le sue
ricerche la spingevano a fare simili congetture. Continuò a cucinare, con Flick accanto che la osservava interessato, mentre “I Concerti Brandeburghesi” di Bach rasserenavano il momento. Finalmente, intorno alle ventidue, si accomodò al tavolo di legno antico del suo soggiorno, apparecchiato di tutto punto, e gustò delle tartine guarnite con salsa di avocado e di carciofi, un piatto di tagliolini al ragù vegetale con tofu, verdure e spezie, accompagnando il tutto con un buon bicchiere di Chianti, degustato in un ampio calice. Flick intanto si dava da fare con una scatoletta della migliore qualità che aveva acquistato per lui. Chiuse la serata bevendo il caffè a letto e fumando una sigaretta. Poi il sonno ebbe la meglio e si addormentò con il sottofondo del telegiornale della notte e il russare dell’animale, che si era rannicchiato sotto il letto. La mattina si svegliò tardi e telefonò a Fabrizio: il cellulare squillò molte volte e finalmente rispose con una voce un po' fredda, molto diversa da quel tono entusiasta che aveva contraddistinto le loro ultime conversazioni, quando aveva manifestato il desiderio di entrare in terapia, riprendere a cercare lavoro, fare progetti. Progetti in cui era inclusa anche lei, in un ruolo che non era abbastanza chiaro, ma certamente non in veste di terapeuta. Proprio per questo motivo aveva rifiutato il suo invito a vedersi, chiarendo che lei era in ferie e proponendo il dottor Serra per le sedute. -Allora? - fu tutto quello che disse Fabrizio. -Come stai, innanzitutto? -Sto bene, sto bene. Finalmente dopo esser ato per le grinfie di due strizzacervelli mi hanno dimesso. Stamattina presto. Sono già a casa. Cosa c'è? Un po' spiazzata da questo repentino mutato atteggiamento, disse: -Innanzitutto sono contenta che tu sia tornato a casa e ti vorrei riportare il cane, visto che ti senti meglio. Devo sbrigare delle cose fuori Torino e sai, sono in ferie. -Ti vuoi liberare anche di lui? Andrea ignorò volutamente la provocazione.
-E' tuo, è giusto che stia con te. Ti farà compagnia. Posso portartelo questo pomeriggio? -Quando sei sotto casa fammi uno squillo. E attaccò il telefono. Probabilmente era ripiombato in una fase depressiva, con venature aggressive e nutriva avversione nei suoi confronti per averlo rifiutato come paziente e forse come altro. Pranzò velocemente e frugalmente, diede da mangiare anche a Flick e poi, dopo avergli fatto fare una eggiatina, si avviarono in macchina verso la casa di Fabrizio, spostandosi nella zona più a ovest della città. Arrivata sotto casa sua, fece lo squillo e attese. Dopo pochi minuti una ragazza molto carina, in tuta da ginnastica, uscì dal portoncino del noto condominio e le fece un cenno. Andrea scese dalla macchina, avendo compreso che l'aveva mandata lui. Una delle sue donne? Forse l'ultima malcapitata di cui le aveva parlato in seduta. Istintivamente pensava di no. Quando scese dalla macchina e se la trovò di fronte vide che una quarantina d'anni li dimostrava tutti, forse anche di più. Del resto Fabrizio non sembrava il tipo da giovani studentesse, visti i rapporti che amava instaurare. Nel giro di poco si era trovato un'altra che lo accudisse. Una bella donna, nel complesso. Era una morsa di gelosia quella che sentiva? “Piantala”, si ordinò. -Salve, puoi darlo a me il cane. Sono la fidanzata di Fabrizio. Mi chiamo Enrica. E tu sei... la psicologa? -Sono Andrea, spero che Fabrizio stia bene, salutamelo. Era rimasta un po' spiazzata dalla presentazione. La donna era quasi intimidita. -Sta bene, ora. E volevo ringraziarti, per aver tenuto Flick. Io ho saputo ieri che era in ospedale. Non ha voluto dirmi cosa gli è successo, mi ha chiesto di andare a prenderlo e di tornare a casa, finalmente. -Finalmente? La domanda le sorse spontanea, ma se ne pentì subito, visto che si era ripromessa di non indagare oltre nella vita del suo ex paziente. La ragazza però sembrava desiderosa di fare outing, anche se esitante.
-Dieci giorni fa mi ha cacciata di casa, - disse sconsolata scuotendo i lunghi capelli biondi e gonfi. - Era furibondo, perché quel giorno sono rincasata tardi dal lavoro e ho preparato una magra cena. Mi ha fatto una scenata, cosi gli ho detto che con tutto il tempo che aveva avrebbe potuto pensarci lui... cielo apriti! Ha riempito le mie borse gridando e mi ha messa alla porta. Non mi ha più risposto al telefono, fino a ieri. Ero preoccupata e facevo bene ad esserlo. Se avessi saputo che stava così male l'avrei seguito meglio. Ma, a parte l'umore altalenante e gli scoppi di rabbia, non credevo potesse essere epilettico. A volte dormiva profondamente, improvvisamente, per ore. Altre volte spariva senza dir nulla. Ho deciso che gli darò quello che vuole, ora. -Beh, epilettico non direi. Non è questo il suo problema. - Andrea era esterrefatta. Mentire sembrava proprio un'abitudine, per Fabrizio. -Ma da quanto tempo state insieme? -Da una ventina di giorni, l'ho conosciuto in un locale. Ma è un periodo nero per lui. Eppure nonostante i guai, i primi tempi sembrava una persona così solare. Per questo non mi aspettavo che cambiasse così. Gli ultimi tre giorni aveva cominciato a comportarsi come ti ho detto, diceva di essere in procinto di partecipare ad un grosso affare e gli serviva un cospicuo anticipo. Diecimila euro, mi aveva chiesto, tutti i miei risparmi. Sai, le banche o le finanziarie gli rifiutano prestiti anche minimi, vista la sua situazione pecuniaria. Molti debiti. Per cui ci ho riflettuto un po' e lui ha pensato che non avessi fiducia. E’ stato abbandonato dalla sua fidanzata un mese fa, nonostante fosse solo col cane e senza un soldo. -E che lavoro fa di solito? Di che affari si tratta? -Fa l'intermediatore d'affari, di più non so, ma adesso è da un po' che è a piedi. E la casa sta cadendo a pezzi. Andrea già si immaginava di che genere di affari si trattasse, sicuramente cose poco ortodosse, a non voler pensare peggio. E poi chiedere i soldi a questa poveraccia, che già non navigava certo nell'oro! Quindi, nelle due settimane in cui non si era fatto vivo in seduta, aveva messo in piedi questa relazione, troncata e ripresa a suo comodo. -Io lavoro come cameriera in un locale, per ottocento euro al mese. E quei soldi sono tutti i miei risparmi. Ma se servirà a farlo stare bene, glieli darò.
-Vedi Enrica, non sono quei soldi che potranno aiutarlo, purtroppo, ma seguire una terapia adeguata. Come del resto hanno consigliato anche in ospedale. E poi, scusa se te lo dico, ma lo conosci da troppo poco tempo per poterti fidare. Non si elargisce il frutto del duro lavoro a una persona che frequenti da tre settimane. -Ma una terapia per che cosa? A livello psichico, intendi? -Ne avevamo parlato con lui, ma non posso dirti di più, sarà lui a decidere cosa fare. Le porse un biglietto, dove era segnata la data della prima seduta con Serra, il giorno seguente. -Dagli questo, è il suo appuntamento e consiglio che ci vada. Ed ora devo proprio scappare, ti auguro buona fortuna e fai attenzione. -Attenzione a cosa? Ma di preciso cosa è successo, perché è finito in ospedale? Tu lo sai, mi ha detto che ti ha incontrato lì in reparto e avete parlato. -Ascoltami Enrica. Abbiamo fatto tre sedute circa un mese fa, quando ancora forse non lo conoscevi e quello che è successo fattelo raccontare da lui, per favore. Sono cose dette in un setting terapico, quindi non credo proprio di poter... mi dispiace. Posso solo auspicare che segua la terapia con questo collega, perché sto partendo, e non solo per questo. Deve essere seguito da uno psichiatra, che potrà consigliarlo sui farmaci. E' tutto gratuito, perché si svolge all'ASL. Ora ti saluto. E la piantò lì, dopo aver fatto scendere il cane dall'auto, che subito andò dalla malcapitata a farle le feste, sul marciapiede. Mentre se ne ritornava verso casa non poteva fare a meno di pensare a tutte le bugie che le aveva raccontato Fabrizio, per farsi compatire, per manipolarla. Ma era un paziente, che si aspettava? E perché se la prendeva tanto? La storia squallida di un piccolo profittatore, malato, certo, il cui scopo era far gravitare più persone possibili intorno alla sua squallida orbita. E lui non aveva mai avuto l'intenzione di lavorarci sopra. Poteva prendersela solo con se stessa. Quasi le fece pena, la povera ragazza, quando le lanciò un ultimo sguardo dallo specchietto retrovisore. Ma non poteva farci niente. Anche se le avesse aperto gli occhi non le avrebbe creduto. Meglio dimenticare questa storia.
XXIV
Mentre attendeva l'incontro con Matteo e Roberto, si dedicò di nuovo ad internet per reperire notizie, esoprattutto sulla setta mandea. Aveva sentito Roberto al telefono e sarebbe ato a prenderla la sera, intorno alle sette, per recarsi all'aperitivo con quello scorbutico tuttologo di Matteo. Seduta ore ed ore al computer, fu interrotta solo dalla telefonata del collega al quale aveva ceduto il caso di Fabrizio e da quella di Carla, che la invitava a cena la sera dopo in un ristorante particolare fuori Torino. Accettò l'invito perché non le sarebbe dispiaciuto discutere con l'amica le evoluzioni dell'indagine. E mentre faceva le sue ricerche, a volte rimaneva per mezz'ora a fissare lo schermo, senza vedere ciò che aveva di fronte, fumando una sigaretta dietro l'altra. Pensava a Fabrizio, odiandolo per quello che stava facendo a quella povera donna così indifesa. Fu più volte sul punto di prendere il telefono e chiamare, ma che cosa avrebbe potuto dire? Aveva deciso che non era più un suo paziente e quindi essere coinvolta ad altri livelli sarebbe stato un danno, anche per se stessa. Non giudicava sano continuare a pensarci. Una parte di lei sapeva bene che non erano motivi umanitari. Si era sorpresa più di una volta a sobbalzare quando sentiva lo squittire del cellulare. Ma perché avrebbe dovuto sperare che la chiamasse? Era ancora attratta da lui, nonostante tutto. E questo non era lecito né professionalmente né umanamente. Alle cinque del pomeriggio si rese conto di essere uno straccio. Aveva dormito male negli ultimi due giorni e aveva un aspetto orribile. Si recò nel bagno per lavarsi e per poco non si spaventò: borse sotto gli occhi, viso segnato, sguardo allucinato alla poltergeist. Urgeva subito un rimedio: maschera ai sali del mar Morto, un bel bagno tonificante, lavaggio dei capelli che erano sporchi e aggrovigliati. I lavori di ripristino durarono non poco, ma alla fine dettero un buon esito: infilati un paio di jeans slavati e una maglietta nera scollata, con i lunghi capelli scuri resi vaporosi da uno dei suoi intrugli di erborista autodidatta, aveva davvero un aspetto soddisfacente. Ma si rendeva anche conto che la vera stanchezza non se ne era andata via, soprattutto i brutti pensieri. In tutti i casi,
alle diciannove e trenta suonò il camlo; era Roberto e quindi scese velocemente i due piani di scale. Uscendo dal portone, se lo ritrovò a pochi metri, appoggiato alla sua auto. Si mosse un po' esitante, tendendo la mano. La stessa timidezza che manifestò anche lei. Dopo rapidi e convenzionali saluti, salirono in macchina. Roberto conosceva bene la strada e così ci fu qualche minuto di silenzio, interrotto da lui. -Allora? Cosa hai fatto in questi giorni? -Niente di che, ho fatto qualche ricerca su internet, ho badato a un cane. Una lunga storia. Scusa, ma sono un po' stordita perché ho dormito male e non so come affrontare questa serata; questo mio amico traduttore è un tipo sui generis, a volte è proprio antipatico, preparati. Gli ho detto della morte di Ludovico, ma non sembrava turbato. Non sapeva ancora quasi nulla, non segue la cronaca nera. -Non preoccuparti, a noi servono solo alcune informazioni, poi se la serata sarà piacevole meglio ancora. Altrimenti pazienza. Dovresti rilassarti, sembri tesissima. Arrivati alla piola vicino alla Gran Madre, fatte le presentazioni, si sedettero nel dehors e ordinarono una bottiglia di Traminer aromatico molto freddo. Il locale era piccolo ma aveva conservato le caratteristiche della tipica piola torinese. Immediatamente Roberto cominciò a parlare delle loro antiche ricerche sull'eresia. Matteo ascoltava con il suo bicchiere di vino fra le mani, tra l'annoiato e l'ironico e Andrea aspettava da un momento all'altro una battuta al vetriolo. Mentre Roberto parlava, Andrea osservava Matteo: doveva essere sui cinquanta, se la memoria non la tradiva. Non sembrava eccessivamente invecchiato, ma rispetto a Roberto, di pochi anni più giovane, pareva piuttosto sciupato e imbolsito. Roberto l'aveva presa alla lontana, come suo solito, ma finalmente stava arrivando al punto. -Ora noi ci chiediamo perché venga citata questa quarta lettera, di cui nessuno sa nulla. Esiste? E quali erano gli aspetti inediti dell'eresia apostolica che avevate scoperto? -No, no, nessuna quarta lettera. Forse alcuni contenuti mai conosciuti li avevano
trovati nella terza, della quale come saprete poco si conosce. Da quel che mi ricordo, mi pare che Dolcino argomentasse forse sulle origini del cristianesimo o sulla sua stessa impostazione dogmatica. Ma mi baso solo sulla memoria, perché non ho conservato nulla. -Inoltre abbiamo questa specie di mappa... -Sì, Andrea me ne ha parlato, ma tutto questo ha a che fare con l'omicidio di quel professore, vero? Come si chiamava? Ah già, il Ludovico. Tipo strano. All'inizio pensai che fosse un gay o un prete. Invece a quanto pare si dava da fare, l'amico. Roberto aveva già estratto il plico e lo stava appoggiando sul tavolinetto rotondo e pencolante, in mezzo ai calici da degustazione che traballavano vistosamente. Infatti l'oste li guardava seccato, con le braccia a caffettiera, temendo l'insalata di cocci. -E da questi scarabocchi dovrei ricordare qualche cosa? Avete chiesto alla suora? Quella Veronica non me la raccontava giusta. Sempre con le labbra strette in segno di disapprovazione per noi debosciati, rigida come una scopa, mai una battuta… che tedio. Era una moralista, inoltre Ludovico mi confidò che gli rompeva spesso i coglioni perché si faceva aiutare da una studentessa e lei non era d'accordo. La sua “assistente”, la chiamava il professor Boggio. E faceva bene a divertirsi. Anche se poi quella ragazzetta non sapeva tutto quello che facevano, è ovvio. Non se la portava negli archivi, e neppure io ci andavo. Io la vidi perché venne un paio di volte a casa a consegnarmi il materiale o a ritirarlo. Altre volte mandavano dei fattorini. Ricordo poco di questa faccenda. Come dico, non è più il mio campo. Traduco romanzi dall'inglese da molti anni. Quelle ricerche erano talmente soporifere: i di inquisitori, padri della chiesa che inveivano contro le eresie e via dicendo. Mi ricordo soprattutto un o in cui si affermava che Dolcino screditava Cristo. E' tutto, davvero, è ato tanto tempo. Potrebbero essere accuse vaghe dei soliti inquisitori, senza alcun fondamento. -Screditare? -Il termine non era proprio screditare, mi pare sminuire, per paragonarlo ad altri profeti.
-Forse Dolcino diceva delle cose su Gesù che ne mettevano in dubbio la natura divina, come le sette gnostiche cristiane? - chiese Andrea. -Credo che Dolcino non si ponesse neppure la questione; che io sappia, a lui interessava sottolineare l'esempio di Cristo, che viveva semplicemente predicando tra gli umili. Ma che senso aveva paragonarlo ad altri profeti per sminuirlo? E quali profeti? E questi contenuti potevano far parte di ciò che l'eresiarca divulgò nella terza lettera? - domandò Roberto. -Non ricordo, può darsi. Scusate, ma perché non ci andate voi ora a scartabellare negli archivi in cui sono stati loro? Fatevi dire dal vescovo dove hanno lavorato, mi sembra ovvio. Tra l'altro ora è tutto informatizzato e si possono condurre ricerche anche comodamente seduti a casa propria. Ricordo di essere stato almeno una volta nell'archivio della diocesi di Novara, comunque. -Se prima non riusciamo a decifrare qualcosa di questi appunti, sarà come cercare un ago in un pagliaio. Invece, avendo almeno un orientamento, sarebbe più probabile approdare a qualcosa. - disse Roberto. - Inoltre, se poi tutto fu sepolto in fretta e furia, è impossibile che i documenti probanti siano rimasti lì ad aspettare noi. Fra l'altro qualcuno all'epoca ha fatto pressioni affinché tu interrompessi il tuo lavoro? -Assolutamente no; perché è successo qualcosa di questo genere agli altri? Mi sembra melodrammatico. No, io ricordo veramente quello che ho detto e non ho motivo di nascondere nulla; questo Ludovico devo dire che non mi era simpatico, a parte i suoi racconti di quanto era efficiente la sua assistente. E, francamente, questa mappa mi sembra lo schizzo di una persona molto confusa. Chi è l'autore? Non ci sono impronte digitali? -Ancora non sappiamo, ma pare certo che non sia Ludovico. Eppure loro furono minacciati, quindi significa che avevate scoperto qualcosa di importante, proprio su questa setta. Ci furono molti altri movimenti pauperistici ereticali. Si iniziò a fare del "pauperismo" un valore di vita alternativo alla corruzione dominante quando l'occidente si urbanizzò. Gli attacchi alla Chiesa a questo punto erano sempre più frequenti da parte di eretici di origine sia contadina che borghese: una critica allo stile di vita del clero e il rifiuto di sacramenti e dogmi di cui non si accennava nei vangeli, ma che erano il prodotto di secoli di interpretazioni arbitrarie dei padri della chiesa. I movimenti pauperistici volevano riscoprire la cristianità originaria, (quella divulgata dai vangeli, perlomeno) rinunziando ai
beni materiali e prodigandosi per i più deboli, che sicuramente non sembravano essere interesse del clero di quei tempi. Ma suppongo che le vostre ricerche si siano svolte anche su altre eresie medievali più conosciute in Piemonte, come i Catari o i Valdesi. - disse Roberto. -Sì, in effetti, ma poi a dire il vero si erano soffermati su Dolcino, principalmente, proprio perché forse, come dite voi, quel Ludovico aveva fiutato qualcosa di particolare; non ho mai sentito parlare però della famigerata quarta lettera. E più facile condurre delle ricerche sui Valdesi, una confessione che è riuscita a sopravvivere, tra traversie e persecuzioni, fino ad oggi nelle nostre valli, e sui Catari, eretici diffusi dalla Francia meridionale fino al centro Italia. Ma sui Dolciniani, o Apostolici, nulla è rimasto di scritto, tutto ciò che sappiamo è indiretto, descritto dagli inquisitori. A prima vista parrebbe un movimento pauperistico molto semplice, ma quest'appunto sullo svilimento della figura di Gesù significa che forse era un'eresia più strutturata. Sono certo di aver letto che non credevano nella resurrezione della carne, quindi c'era una contestazione dottrinale dell'escatologia cattolica più profonda di quanto appare in superficie. Inoltre sembra che ci fosse un collegamento con i Catari, di cui non si era mai saputo nulla, ma non ricordo altro. La discussione fu interrotta dal cellulare di Andrea, che guardando il display assunse un'espressione tra il catatonico e il cadaverico, ma si limitò a silenziare la suoneria. -Problemi sul lavoro? Te l'avevo detto... - disse Matteo sardonico. Andrea trasalì. A quanto pare aveva colto nel segno. Roberto era mortificato dal sarcasmo di Matteo e chiese ad Andrea se andasse tutto bene. Lei annuì, però si vedeva che aveva ormai fretta di congedarsi. Matteo non fece una piega e già stava attaccando discorso con l'oste commentando il vino. Accampando impegni mattutini, i due investigatori improvvisati salutarono, chiedendo a Matteo di fargli sapere se gli fosse venuto in mente altro. Mentre si avviavano verso l'auto, Andrea disse: -Io avrei bisogno di bere qualcosa di forte. Mi vorresti far compagnia per favore? -Oh, accidenti, ma certo, mi dispiace non averci pensato. Senti, andiamo in
collina, che qui si muore di caldo. Magari prendiamo un cocktail o qualcos'altro. Certo che quel tuo amico a volte è un po' pesante. -E' fatto così, deve mostrarsi superiore. Non è cambiato da quando lo conobbi. Non ho mai capito come fe ad essere uno sciupafemmine, antipatico com'era. Andarono in un locale gradevole, vicino a Superga, con tavolini e dondoli in un grazioso giardino; si sedettero in un comodo divanetto imbottito e ordinarono un mojto per lei e un white lady per lui. Andrea considerava Roberto una persona fidata e perbene e gli raccontò ciò che era successo con il suo paziente. Quando aveva visto comparire il suo numero sul display, spiegò, aveva avuto un tuffo al cuore e anche la malaugurata tentazione di rispondere. “Crollerai, prima o poi”, si disse. Meglio scappare, ed al più presto. Intanto Roberto cercava educatamente ed analiticamente di sdrammatizzare la situazione, dicendo che uno scivolone professionale poteva capitare a tutti. Uno scivolone a fin di bene, forse. Ma lui non aveva idea di come si sentisse in realtà. Aveva paura dell'attrazione infida che sentiva, ma non lo disse a Roberto, non voleva rendersi ridicola. Egli discretamente intuì il suo imbarazzo e cambiò discorso. -Ho continuato a sentirmi con Brogliani, ma sembra ricordare poco altro. Impegniamoci in queste ricerche; io ho bisogno di qualcuno con cui consultarmi, andremo da lui a fare il punto della situazione. Il maresciallo ora si è fissato sull'uomo che hai visto con la tua amica; anche la suora ha confermato, ma non è sicura neppure lei che sia uscito dagli appartamenti del Boggio. Il maresciallo tiene conto degli appunti, ora, dopo aver parlato con Brogliani. La grafia non risulta del morto, comunque, neanche delle suore e di Don Ciribello, tantomeno del vescovo. Hai notato come Matteo si sia preoccupato di sapere se abbiano trovato impronte sui fogli? Purtroppo però non è stato possibile rilevarle. Pare che qualcuno si sia premurato di cancellarle tutte con il borace. Questo è un altro motivo che ha convinto il maresciallo a considerare le nostre ipotesi. -Infatti questo conferma che l'autore della mappa vuole restare nell'ombra. Comunque da Brogliani eravamo rimasti fermi ai Mandei e ho approfondito l'argomento. Ho trovato molto materiale sul web e vorrei che mi dicessi che ne
pensi. Si ipotizza che ne siano rimasti solo ventimila, sparsi nella zona tra Tigri ed Eufrate, in isolamento culturale e spesso vittime di persecuzioni, compresa quella di Saddam Hussein. Ma probabilmente altri ventimila vivono nella diaspora in Europa occidentale, ma anche in Australia, Stati Uniti, Canada e Nuova Zelanda, in Siria e in Giordania. I monaci missionari portoghesi li appellarono “Cristiani di San Giovanni”, per la loro devozione al Battista. Tra loro, si definiscono “Mandei” in lingua “mandea”, un dialetto di derivazione aramaica, la lingua del tempo di Gesù. Mandei significa “coloro che cercano la conoscenza”, derivando dall'aramaico “manda” “sapere” ed è la traduzione aramaico-orientale del greco “gnostikoi”. -Il motivo dell'importanza storica dei Mandei, - disse Roberto, - è causato dal loro isolamento socio-culturale, che ha congelato un patrimonio religioso fermo attorno al I secolo d.C. Essi hanno il loro testo sacro: il Ginza, una raccolta di storia, teologia e preghiere liturgiche. Attraverso lo studio di questo testo si è potuto stabilire che, come confermato anche dall'Harrān Gāwetā, un altro libro sacro di poco successivo, i Mandei devono aver lasciato l'area palestinese nel I secolo d. C., subito dopo la distruzione di Gerusalemme, per rifugiarsi nell'area mesopotamica, dove però, ben presto, iniziarono ad avere contrasti anche con i Persiani. Il mandeismo è una religione completamente pacifica e non fa proselitismo; la sua visione del mondo si basa su un dualismo tipicamente gnostico: la contrapposizione tra un dio supremo del mondo della luce e il mondo delle tenebre e del male, abitato da demoni di cui il capo è Ruha, uno spirito malvagio. L'uomo vive nel mondo delle tenebre e dopo la morte ogni anima a attraverso diverse stazioni, aiutata da un messaggero, fino a raggiungere il mondo della luce. Alla fine il regno delle tenebre sarà esaurito e rimarrà solo quello della luce. -Ho letto che vedono la donna come un dono del regno della luce, di conseguenza esiste parità assoluta di diritti. E che non hanno templi o chiese, per loro l'unico tempio sono le acque dei fiumi, dove esercitano la cerimonia più importante per loro: il battesimo. - raccontò Andrea. -Dei Mandei come popolo di “battezzatori” tratta, già nel II secolo d.C., Luciano di Samosata, che parla esplicitamente di un gruppo di persone che sull'Eufrate, nel nord della Siria, si alzano ogni giorno all'alba e “ricevono il battesimo” indossando vesti di lino. Il significato del battesimo come inteso da questa setta
risulta molto differente rispetto alla visione cristiana: è un atto purificatorio continuamente ripetuto, settimanalmente, per avvicinarsi al mondo della luce, permettendo così la guarigione del corpo e dell'anima. -Apparentemente, infatti, è un tipo di battesimo diverso da quello praticato da Giovanni Battista, che lo utilizzava per convertire. - precisò Andrea. -Dobbiamo andare oltre quello che leggiamo nei vangeli. Anche gli Esseni erano soliti indossare vesti di lino bianco all'atto dell'abluzione e, anche per quanto riguarda i Mandei, il battesimo è somministrabile unicamente a chi indossi il tipico costume, composto da sette pezzi di lino bianco. Nel Ginza vi è una lista di profeti e l'ultimo profeta, il più grande, è “Iuhana Masbana”, cioè Giovanni il Battista. Alcuni studi biblici raccontano che Giovanni si era ritirato nel deserto in eremitaggio, praticava il battesimo a mezzo di abluzioni e non mangiava carne. Tutte queste caratteristiche potrebbero indicare che Giovanni fosse un esseno: gli Esseni erano infatti una comunità di eremiti che abitavano nel deserto, avevano semplici vesti, vivevano mangiando quello che il deserto gli forniva e praticavano abluzioni plurigiornaliere per purificare spirito e corpo. I vangeli ci dicono che Giovanni praticava il battesimo di conversione, ma non specificano che tale battesimo fosse unico. A tale battesimo si sottopone Gesù e, nella teologia mandea, Gesù (Ishu Mshiha) è un “mšiha kdaba”, un falso Messia, come Abramo e Mosè, che ha completamente stravolto l'insegnamento impartito dal Battista. -Voglio tornare su questo discorso con calma, perché voglio capire il motivo di questa avversione verso Gesù. Ma dimmi, cos'altro è saltato fuori dalle rilevazioni scientifiche? - chiese Andrea. -In casa del morto non sono state rilevate impronte digitali che non siano di lui stesso, del prete e delle suore. Sulla mordacchia niente e nessuna traccia utile. E' una mordacchia atipica, ma efficace allo scopo. Il poveraccio è morto soffocato nel suo sangue che spillava dalla lingua; l'assassino gli ha dato una botta in testa per stordirlo, poi deve avergli applicato sul viso lo strumento di tortura. -Ma gli inquirenti non si sono chiesti a che scopo applicare questa mordacchia? Un omicidio rituale o altro? Una vendetta? -Nel mirino ci sono gli squatters e ora anche l'uomo misterioso. La stampa si è scatenata, ovviamente, come hai visto. Anche perché ha attirato parecchia
attenzione quest'omicidio. - disse Roberto. -Sicuramente Ludovico aveva qualcosa o sapeva qualcosa. E qualcosa che ha a che fare con la loro ricerca su Dolcino. Altrimenti che senso avrebbe tutto ciò? Mi sembra evidente il collegamento. -Anche a me sembra del tutto evidente. - ammise Roberto. - Proprio per questo voglio andare avanti. Continuo a non capire il riferimento alla quarta lettera. Pare proprio che non esista, ho fatto ricerche di ogni genere, ma nulla. -Chi può dirlo? Magari qualcuno sa e non vuole parlare. Avrei bisogno che tu mi fi un piccolo riassunto di quello che hai trovato su queste chiese indicate negli appunti. -Non preoccuparti, ripercorreremo tutto insieme. Il filo è sottile, ma potrebbe esistere. Sabato ripartiamo e faremo alcune delle tappe necessarie: Crea, Vercelli e Oropa. Ci vedremo quindi in mattinata, ti o a prendere a casa. La riaccompagnò e si diedero appuntamento per il sabato.
XXV
La mattina dopo si svegliò presto per proseguire le ricerche sulla base di quello di cui aveva parlato con Roberto e sprofondò in internet. Quella sera si recò quindi a Santena, dove abitava Carla. Voleva are una serata rilassante, perciò si fece condurre come previsto in un ristorantino a Carmagnola, dove spesero un capitale. La cena gustosa e l'ottimo vino, il servizio impeccabilmente sabaudo e i piatti piemontesi le stimolarono a formulare congetture sull'indagine. -L'indagine è piuttosto complicata, direi. - cominciò Carla. - Cosa c'entrano queste chiese tutte posteriori alla morte di Dolcino? Qualcuno preserva segreti e lascia tracce in giro. E poi vorrei sapere come mai nessuno dei tre studiosi si ricorda niente delle famosa quarta lettera, che pare proprio non esistere. Il tuo amico traduttore è quello che in effetti sembrerebbe meno coinvolto, ma gli altri? Sono ati solo quindici anni, in fondo. Forse c'era qualcosa di veramente importante e qualcuno si è premurato di lasciare un mosaico di tracce, che dovrete ricostruire. E chi sarebbe il misterioso nasone che si aggirava intorno agli appartamenti del Boggio? Qualcuno interessato non a lui, ma a qualcosa che aveva o sapeva. Chi ha avuto la trovata teatrale della mordacchia? Non capisco cosa c'entri. Se si vuole far parlare qualcuno non gli si mette la mordacchia, se mai gliela si mette per farlo tacere, come gli inquisitori che non volevano che si sentissero le urla dei condannati. No, sono due persone diverse che hanno fatto questo. Il nasone si è appropriato di qualcosa e qualcun altro si è vendicato del Boggio. -Le tue osservazioni mi sembrano appropriatissime, - esclamò Andrea convinta. - Tutti continuano a pensare che qualcuno abbia rubato qualcosa al Boggio, ma secondo me di qualunque cosa si tratti il custode l'ha consegnato spontaneamente. E poi quegli appunti, la cui grafia non è del morto, con le impronte intenzionalmente fatte sparire. Carla continuò il suo ragionamento.
-Il fatto è che proprio l'autore dell'omicidio ha lasciato lì in bella vista quegli scarabocchi. Ma perché? Vuole che seguiate una pista, che scopriate qualche cosa, rimanendo nell'ombra. Qualcuno ha preso quello che voleva, l'altra persona però non è stata molto contenta. E si è vendicata in questo modo cruento. Tra l'altro non mi sembra molto a posto di cervello questo tizio, sai, fate attenzione lassù. -E quindi noi staremo seguendo le tracce di questo pazzo? - chiese Andrea. -Ludovico sapeva tutto, o almeno gran parte di questa storia; forse era in possesso di prove, ma le cede a qualcuno o le vende. L'omicida si vendica e lascia lì quegli appunti, forse scritti proprio di sua mano, perché vuole che arriviamo a qualche verità, che per ora non possiamo immaginare. Ma ci tiene molto anche a farci capire il motivo del suo gesto, che è sicuramente un gesto di punizione contro il Boggio per aver tradito e consegnato o rivelato qualcosa che era rimasto segreto tra i ricercatori del progetto. -Ma Brogliani sembrava disponibile ad aiutarci, anche se veramente a volte mi pareva effettivamente che si fingesse smemorato. E che dire della superiora? Potrebbero essere implicati? -Se sono veramente reticenti, vorrebbero che la faccenda rimanesse così com'era. In teoria, se non fingono, non possono essere stati loro ad attirare l'attenzione sugli appunti e meno che mai ad inscenare un omicidio così cruento. Sarebbe interessante tra l'altro capire veramente che cosa c'era scritto in questa quarta, o terza lettera. Matteo Pellice afferma che se ne parlava nelle memorie di un inquisitore, il quale se la prendeva con Dolcino perché secondo lui screditava il nome di Cristo. -Ma allora chi può essere l'omicida? - domandò Andrea. -Sicuramente qualcuno che sapeva ogni cosa e voleva renderla nota in un certo modo. Probabilmente potrebbe venire fuori qualcosa che disturba la Chiesa come istituzione. - rispose Carla. - Rivelazioni sull'origine del cristianesimo, come ha suggerito Matteo? Magari contenute proprio nella terza, o quarta lettera che sia. Almeno vi ha dato degli spunti importanti. -Ma se avesse saputo, non aveva che da raccontare tutto senza problemi, chi poteva impedirglielo?
-Magari aveva bisogno di documenti e gli mancavano le prove, quelle che si è portato via il nasone. E' probabile che il Boggio gliele abbia vendute a poco prezzo, visto che viveva come un pezzente. Non hanno trovato contanti o qualcosa che possa far pensar ad una transazione d'affari? -Non che io sappia, ma adesso che torneremo a Trivero dovremo avere per forza un confronto con il maresciallo e credo che il quadro che mi hai fatto sarà molto utile. Anche se questo mister x non saprei proprio dove andare a cercarlo. Le suore, come dici tu, credo non c'entrino niente con l'omicidio, anzi, sembravano tener sotto controllo il professore, come se avessero paura che potesse fare qualche bestialità. -E l'ha fatta, - disse Carla. - Ma allora le suore sapevano che era in possesso di qualcosa. -Scusa, ma perché non ci vieni anche tu, a Trivero? Mi sembra che tieni la situazione in pugno molto meglio di noi... -Non ho veramente tempo. E con questa frase chiuse il discorso. Andrea rientrò a casa alle due di notte e notò le dodici chiamate di Fabrizio, che non aveva udito, avendo silenziato il cellulare durante la serata. Al mattino alle sette la chiamò di nuovo; lei aveva ato una notte agitata rigirandosi nel letto. Gli rispose chiedendogli come stava e se era andato alla seduta fissata per il giorno prima, annunciando anche che sarebbe partita. -Parto tra poco per conferenze, cerca di seguire le indicazioni del dottor Serra. -Sto facendo come posso, non ho neppure i soldi per le sigarette e ho una bolletta della luce scaduta da due mesi. Comunque ieri sono andato alla prima seduta, ma non è lo stesso come con te. Non mi mette a suo agio con quel fare da Freud, sta lì, ascolta e non dice nulla. Mi ha anche prescritto dei farmaci, delle gocce. Sono antidepressivi credo, ma non mi fanno effetto. -Ci vuole un po' di tempo e di pazienza. Stai mangiando? -Il frigo era quasi vuoto e la nausea non mi permetteva di cucinare. Ma Enrica ha
fatto la spesa. -E' proprio una brava donna. Trattala bene, hai bisogno di qualcuno che ti stia vicino. -Sì, è brava, ma non capisce nulla. Non è come te... -Cosa c'entra questo? Io faccio il mio lavoro, lei è la tua fidanzata. Mi ha detto che vi frequentate da tre settimane. -Fidanzata? Ma no, è un'amica che mi accudisce un po', tutto lì. E' così poco stimolante... sai cosa intendo. Sono sparito perché speravo che tu mi cercassi. -Non so cosa intendi e non sono affari miei. Se non ti piace diglielo e trovane un'altra che faccia al caso tuo, senza illuderla. -Io avrei in mente una persona, ma lei non mi considera... - disse Fabrizio in modo allusivo. Lei si sentì turbata e questo la fece riscuotere. -Son cose che capitano, ora devo prepararmi per la partenza. Sentirò il dottor Serra per sapere come va. Vedrai che tra qualche giorno ti sentirai meglio e con più energia per cercar lavoro. Anche i pensieri molesti se ne andranno piano piano. Intanto cercava di concludere la telefonata. Lui chiuse la conversazione a malincuore, chiedendole di poterla contattare per informarla dei suoi progressi. Lei tergiversò dicendo che il telefono avrebbe avuto poco campo nel luogo dove si recava. -Dove vai, a proposito? -In val Varaita. - mentì. - Ora devo proprio sbrigarmi. Salutami Flick. Prima di partire voleva sentire il dottor Serra Era molto presto, ma sapeva che di sabato era mattiniero e andava al parco con il cane. Fece il numero del cellulare, rispose quasi subito. -Sono Andrea. Puoi parlare?
-Sì, certo, sto gironzolando al parco del Valentino, c'è un'arietta piacevole. Ma ti avrei chiamato io comunque. So che andrai via qualche giorno e ti volevo raccontare del tuo ex paziente, che ho visto ieri e verrà da me una volta alla settimana, spero con costanza. Un caso sicuramente particolare. Ha accettato di prendere la paroxetina, promettendo che non avrebbe abusato di tranquillanti. Vedremo. All'inizio pareva piuttosto ostile, soprattutto per il cambio di terapeuta e anche di terapia, ma poi alla conclusione della seduta era collaborante. Probabilmente è anche in una fase di umore meno disforico, però ho il sospetto che il vero motivo sia tu. -In che senso? Già sentiva un vuoto allo stomaco. -Parla spesso di te e in termini affettuosi, di ammirazione, come se tu fossi un'amica, se non oltre. Andrea si chiese se il collega sapesse già la faccenda del cane e del cellulare. Sperava di no, avrebbe dovuto essere lei a dirla per prima. Ma Serra pareva ignorare il fatto. -Mah, pensa che l'altro giorno ancora un po' non mi rivolgeva la parola e poi poco fa mi ha telefonato per adularmi tutto il tempo. -Direi tipico della sua struttura mentale. Si sente abbandonato e ha delle emozioni contrastanti. Quando ritorni, vorrei rivedere il caso con te e forse sarebbe opportuno che tu fi una seduta con lui come una specie di affiancamento, per congedarti, forse il aggio è stato troppo brusco. A volte questa fissazione che ha nei tuoi confronti è entusiastica, maniacale, ed è meglio cercare di risolvere la cosa professionalmente, di modo che il paziente riduca questo transfert poco per volta. Sai, sono un po' preoccupato. Ti ha cercata privatamente? -Per la verità sì, ma ti chiedo di non farne parola con nessuno. Sai, è stata anche colpa mia, perché era in ospedale e mi sono occupata del suo cane. Lo so che non avrei dovuto ma... -Strano, di questo non mi ha accennato nulla. Ma sa dove abiti? E ha il tuo numero di telefono! -Ma no, figurati. Il cane gliel'ho riportato io. Ma il mio cellulare ce l'ha. Aveva insistito così tanto, aveva paura che gli venissero attacchi di panico, parlava
sempre di suicidio. -Capisco, ma queste cose si fanno in rare occasioni, era sufficiente il numero del centralino, dove c'è la linea d'ascolto anche notturna. Ma come ti è venuto in mente? In fondo non è un tuo paziente privato e non lo conosci. Va bene, la smetto con le prediche. Ma fai attenzione, non c'è da fidarsi. Magari ha una cotta per te. E non dico che sia pericoloso, ma è sicuramente ossessivo. -Figuriamoci, con tutte le donne che ha. E poi sono anche vecchia. -Ma piantala, al massimo avrai qualche anno più di lui e non si nota proprio. -Sei sempre galante, Federico, ma la realtà è un po' diversa. -Comunque sono più tranquillo all'idea che tu sia fuori Torino. Dove vai a proposito? -Nel Biellese, a Trivero, per il caso di omicidio di quel custode del santuario. Sto collaborando con i carabinieri come consulente in via ufficiosa. -Ah! Ma allora non è una vera vacanza! Ne ho sentito parlare. Che cosa macabra! -La mia presenza è, per così dire, informale... niente di impegnativo. -Buone divagazioni, comunque, parliamo poi del caso al tuo ritorno e non ci pensare nel frattempo. E se ti chiama non rispondere! -Ok, certo. Grazie Federico. A presto. E riattaccò un po' inquieta. O forse si sentiva di nuovo lusingata? Questa poi... Tra una telefonata e l'altra aveva fumato cinque sigarette e non aveva fatto colazione. Non aveva fame e sorseggiò solo una tazza di tè. La borsa da viaggio era già pronta e alle nove e mezzo in punto suonò il citofono. Era Roberto, ovviamente, perciò scese in strada. Quando lo vide in macchina che la aspettava, sfoggiò un sorriso stiratissimo e cercò di sistemarsi i capelli, che non volevano saperne di stare a posto e svolazzavano percorsi dall'elettricità statica nonostante l'afosa giornata.
Roberto era seduto in auto, stava fumando una sigaretta, poi scese e le chiese se andava tutto bene, mentre spegneva il mozzicone. Indubbiamente era una persona timida e riservata, che s'imbarazzava facilmente. -Ho solo fumato troppo. E ieri sera a cena con Carla devo aver esagerato con il vino. Niente di scandaloso. Ho dormito non più di quattro ore. -Sei bianca come un lenzuolo, sali e andiamo via, al limite ci fermiamo per strada a prendere qualcosa. - disse aprendole la portiera e sistemando il piccolo bagaglio sul sedile posteriore. Andrea si buttò in macchina, chiuse gli occhi e dopo pochi minuti cadde in uno stato di dormiveglia. Continuava a sentire la voce di Fabrizio e, per brevi istanti, a vedere il suo viso sofferente. Quando si riscosse stavano già viaggiando sull'autostrada Torino - Milano. -Come va? -Meglio, grazie, volevo raccontarti che ieri sera ho avuto un'interessante discussione con Carla, parecchio illuminante. Penso che i suoi ragionamenti potranno esserci molto utili. Cercò di riassumere con più chiarezza possibile ciò che aveva detto la sua amica sul caso. -Mi sembrano indubbiamente ipotesi attendibili, ma troppo complicate per il maresciallo. Ha rintracciato i giovani: erano due ragazzi trentenni del Centro sociale di corso Regina a Torino, come saprai. Risiedono stabilmente nel centro ed erano già stati segnalati per tafferugli vari alle manifestazioni e per danneggiamenti della pubblica proprietà. Li ha interrogati, ammettono i vandalismi ma negano il resto, ovviamente. E dicono di non aver visto nessuno nel parco, a parte due donne, tu e Carla, appunto. Dell'oggetto con il quale il Boggio è stato colpito in testa nessuna traccia. -Sì, - disse Andrea, - ho letto sui giornali di ieri. Sono stati riconosciuti un po' da tutti e una signora che abita sulla collina dietro al santuario li ha visti far danni ai cartelli. Il maresciallo non ci ha chiamati per riconoscerli. -Ovvio, non hanno neppure negato la loro presenza e gli atti vandalici, sostenendo che volevano solo far sparire le “bugie“ su Dolcino raccontate dai
cartelli. Peccato che il maresciallo voglia appioppargli anche il delitto, se possibile, perché l'opinione pubblica preme e nessuno ha la più pallida idea di chi sia il misterioso nasone. Questo omicidio ha spaventato parecchio gli abitanti del luogo; con tutti questi film sui serial killer si scatenano delle fantasie perturbanti. Ma adesso almeno il maresciallo ha un sospetto in più, l'uomo misterioso. Da quel che mi hai detto era vestito come un prete, ma senza collare. Alto, magrissimo, capelli radi, con una valigetta; a quanto pare siete state solo in tre a vederlo: tu, la tua amica e la suora, che ha ammesso solo in un secondo momento di averlo notato. -Beh, anche io l'avevo dimenticato. - puntualizzò Andrea. - Non hai ancora parlato con la superiora? -No, dopo Stefano l'ha fatto il maresciallo, ma non è venuto a capo di nulla. Lei ha solo ammesso di aver lavorato a quel progetto con il Boggio e di essersi tirata indietro quando il lavoro ufficiale finì. Non ha parlato di pressioni della Chiesa, come Brogliani. Ma Stefano continua a dire che è reticente e troppo riservata, ed è parecchio incuriosito da queste suore. Si occupavano del Boggio, ma perché? Questo fatto non l'ha mai convinto. Non è quel tipo di ordine religioso che si occupa di andare in giro a soccorrere i bisognosi. Forse lo tenevano davvero d'occhio, come dice Carla? -Ne sono certa. Inoltre in virtù del fatto che avevano lavorato insieme era nata un'amicizia e ora la superiora si preoccupava per lui. -Questo non lo credo. Stefano ha detto che non ha manifestato particolare empatia per la vicenda del suo ex collega, anzi, è stata piuttosto fredda. - obiettò Roberto. -Beh, sicuramente il suo concetto di moralità era distante da quello dello studioso. Sarei curiosa di conoscerla. Anche Matteo non sembrava colpito o dispiaciuto. Certo la sua opinione non fa testo, ma sembra non fosse un individuo gradevole. -Era una persona fredda e sdegnosa. - disse Roberto. - Per quanto riguarda le suore, credo che non parlino con nessuno, a meno che non siano obbligate. E infatti per ora han conferito solo con la polizia. -Che strana, quella tunica di lino che indossano. Non ho mai visto una divisa simile.
-Secondo me, essendo devote del Battista, il loro abito vuole un po' ricordarne le vesti grezze da eremita. -Non ricordavo che fossero devote del Battista. Vorrei riprendere da dove avevamo lasciato con Brogliani. Hai trovato qualcosa di interessante nei luoghi indicati dagli appunti? - domandò Andrea. -Allora, come ti ricorderai, lo scritto parte dalle tre Marie e la santa Sara dei Gitani, che forse rappresenta la Maddalena o la presunta figlia, non lo sappiamo. Probabilmente si intendeva la Maddalena, perché come vedi la freccia indica San Cristoforo in Vercelli e il bassorilievo di Crea. Come avevamo detto, a San Cristoforo, dove ora intendo condurti, ci sono gli affreschi che illustrano la presenza a Marsiglia della Maddalena che, sbarcata nel sud della Francia, continua la predicazione cristiana. E non solo, c'è anche una cappella dedicata alla Madonna nera di Loreto, perfettamente ricostruita nei minimi dettagli. Intanto erano giunti a Vercelli e in pochi minuti entrarono nel centro della città. Roberto parcheggiò l'auto e dopo pochi metri a piedi si ritrovarono davanti alla chiesa di San Cristoforo. -La chiesa venne edificata nel 1515 per iniziativa dell'Ordine degli Umiliati, dopo l'abbattimento di quella preesistente che risaliva al secolo XII. Nel transetto destro si trovano gli affreschi della Cappella della Maddalena, eseguiti da Gaudenzio Ferrari per incarico di Giovanni Angelo dei Corradi di Lignana. spiegò Roberto. -Sì, ho letto qualcosa durante le mie ricerche. - disse Andrea. - Ho visto anche gli affreschi su internet, ma dal vivo sarà un'altra cosa. L'imponente facciata in stile rinascimentale si ergeva di fronte a loro. Entrando, nel transetto destro si trova la cappella della Maddalena, dove la parete affrescata narra le storie della santa; un angelo che regge una targa avverte lo spettatore che le vicende raffigurate sono tratte dal racconto agiografico contenuto nella "Leggenda Aurea" di Jacopo da Varagine. Gli episodi raffigurati riguardano la predica di Cristo agli apostoli e a un gruppo di fedeli, tra i quali si distinguono la Maddalena ed altre figure femminili in assorto ascolto; la cena in casa di Simone, con la santa prostrata sotto il tavolo, intenta ad asciugare con i capelli i piedi di Gesù; il fariseo Simone che banchetta
in casa sua; nelle pareti della sala si aprono due piccoli riquadri che alludono alla scoperta del sepolcro vuoto di Cristo ed il “Noli me tangere”; il battesimo dei principi di Marsiglia, secondo la tradizionale credenza sull'opera di evangelizzazione compiuta dalla santa, assieme alla sorella Marta ed il fratello Lazzaro, in terra di Provenza; infine l'ascensione della Maddalena che sale al cielo, coperta solo dei suoi lunghi capelli. -Questi affreschi sono bellissimi, ma c'è qualcosa che non mi torna. - disse Roberto. - Guarda la scena del battesimo dei principi di Marsiglia, quel gesto sulla testa dei principi compiuta da Lazzaro: a me non sembra proprio un battesimo. Lazzaro sta per imporre la mano sul capo del principe, ma acqua non se ne vede da nessuna parte. -In effetti... ma non me ne intendo molto di iconografia cattolica. Secondo te dunque? -A me pare un altro sacramento, il consolamentum, che era il rito battesimale dei Catari, che non richiedeva la presenza dell'acqua, ma solamente le parole del rito, l'imposizione delle mani e il porre il libro del vangelo attribuito a Giovanni sopra il capo del battezzato. -Hai ragione! - esclamò Andrea - Ho letto parecchio sui Catari e sul loro sterminio per mano di una crociata indetta dal papa. I Catari erano differenti dai cattolici romani per una dualistica interpretazione del mondo. Per essi Dio creava l'eternità e lo spirito, mentre il tempo e la vita materiale erano creazioni del Diavolo. L'anima umana per i Catari era divina, il corpo al contrario ne era la prigione. Il battesimo o "consolazione" era l'unico sacramento che praticavano; esso rivelava all'uomo la sua natura divina. Vivevano tra la gente dei villaggi, ignorando chiese o cappelle, rifacendosi ai principi della predicazione itinerante; non uccidevano uomini o animali, non mangiavano la carne, la donna aveva parità con l'uomo. Avevano rigide norme che distinguevano gli iniziati o perfetti dai semplici credenti. Inoltre abolivano anche la proprietà privata, il che favorì la stretta alleanza tra Stato ed Altare. Le loro terre ricche non facevano che aumentare la brama dei vari signori e l'autonomia della Provenza non era molto gradita. Anche per questi motivi, e non solo quelli religiosi, furono attaccati.. Fu per contenere l'estendersi del fenomeno cataro che, dopo infruttuosi tentativi da parte di alcuni legati papali, Domenico di Guzmán concepì un nuovo modo di
predicare usando i loro metodi, vale a dire, operare in povertà, umiltà e carità, per sconfiggerli sul loro stesso terreno. -E fu proprio Domenico che fonderà l'ordine domenicano che sarà il futuro responsabile dell'Inquisizione catara. Bernardo di Chiaravalle, il quale creò per i Catari i "conversi", corpo laico all'interno dei monasteri cistercensi, nei quali essi potevano esprimersi nelle loro pratiche religiose, cercò di inglobarli nella Chiesa: il loro modo di vivere era più vicino alla povera gente di quanto non lo fosse quello degli ecclesiastici del tempo. Ma la loro visione dualistica non era accettabile da parte del clero. Data l'inefficacia di questi interventi di tipo non violento, papa Innocenzo III bandì contro di essi nel 1208 una vera e propria crociata, prendendo come pretesto l'assassinio del suo legato. Béziers fu presa, la città fu distrutta e l'intera popolazione uccisa e arsa viva. Ai soldati che chiedevano come cogliere la differenza tra i Catari e i cattolici, il legato papale Arnaud Amaury indirizzò queste famose parole: "Uccideteli tutti, Dio li riconoscerà". Per debellare l'eresia catara fu appositamente creato da papa Gregorio IX il Tribunale dell'Inquisizione, che impiegò settant'anni ad estirpare il catarismo dal sud della Francia. Tolosa e Carcassonne, con sorti alterne, nei dieci anni successivi caddero e i nobili che avevano sostenuto il movimento cataro dovettero firmare dei trattati. A Montségur viveva una comunità catara molto grande. Questo villaggio, collocato su un'altura e fortificato, fu sconfitto dopo un lungo assedio durato nove mesi, nel 1244. Più di duecento eretici furono bruciati e il castello di Quéribus fece la stessa fine pochi anni dopo. In ogni caso, i Catari pensavano alla Chiesa cattolica come mistificatrice del messaggio di Gesù, che consideravano maestro gnostico, e non un dio: non adoravano la croce, perché erano sostenitori del docetismo. E loro stessi erano gnostici, secondo la cosmogonia che ci perviene dai loro pochi scritti, quasi tutti distrutti durante le crociate, che coincide a quanto hai detto sulla loro visione dottrinale -Cosa significa docetismo? - chiese Andrea incuriosita -Il docetismo è una dottrina cristologica, ovvero una concezione particolare della vera natura del Cristo. Il suo nome deriva dal verbo greco dokéin, che significa apparire. Essa si riferisce alla convinzione che le sofferenze e l'umanità di Gesù Cristo fossero apparenti e non reali.
-Non capisco. - ammise Andrea. -Secondo i docetisti, non era concepibile che in Gesù Cristo potessero convivere contemporaneamente natura umana e divina, essendo queste rappresentazioni, rispettivamente, del Male e del Bene. Da questa considerazione deriva che Cristo non avrebbe potuto avere un corpo umano reale, ma soltanto un corpo etereo e quindi non sarebbe potuto nascere da Maria, né morire e neppure resuscitare. Ne consegue che tutto ciò che riguarda la natura umana di Gesù si risolverebbe allora in una pura illusione dei sensi. Anche i musulmani sono docetisti. Nel Corano si afferma proprio che i malvagi credettero di aver ucciso Gesù, ma in realtà egli fu assunto in cielo. La Chiesa cattolica ha scelto come simbolo di Gesù la croce che ricorda il suo supplizio, ma nella storia archeologica le prime croci risalgono all'antica Mesopotamia, come abbiamo visto. -In realtà è un controsenso identificare Gesù con la croce, - affermò Andrea perché egli era ebreo e per gli ebrei la croce era simbolo di biasimo. -Probabilmente i Catari attingevano a conoscenze del cristianesimo antico, non quello che noi sappiamo trasformato e snaturalizzato da san Paolo e dai padri della chiesa, il Credo Niceano. Quello che a mio avviso sembra importante è il collegamento che negli appunti si fa tra questi affreschi e la cripta di santa Sara: si sottolinea l'arrivo della Maddalena e di altri apostoli, che dalla Palestina portano la predicazione, in Francia meridionale. Avrebbero continuato la predicazione di Gesù, forse quella vera. La leggende narrano che Maria Maddalena, dopo essere entrata nelle grazie dei sovrani del luogo, decise di ritirarsi per condurre una vita da eremita nella grotta della Sainte Baume. Proprio vicino a questa grotta visitata dai pellegrini si trova la basilica a lei dedicata, una chiesa gotica grandiosa, al cui interno sono disseminati innumerevoli richiami alla santa. Nel redigere la Costituzione dell'Ordine dei Cavalieri Templari nel 1128, San Bernardo da Chiaravalle menzionò specificatamente il dovere di "obbedienza a Betania, il castello di Maria e Marta". E' quindi molto probabile che le grandi cattedrali di "Notre Dame" in Europa, tutte sorte per volere dei Cistercensi e dei Cavalieri Templari, fossero in realtà dedicate a Maria Maddalena. Anche i Catari tenevano in grande considerazione questa santa: “Colei che conosce il Tutto”, la
Conoscenza. -I Catari avevano del mondo una visione dualistica, chiaramente gnostica e questo ci riporta ai Mandei. Ma quale è il filo rosso? - chiese Andrea. - Si tratta di cristiani gnostici o di gnostici intesi come movimento che nasce indipendentemente dal cristianesimo, come parrebbero essere i Mandei? Secondo te il cristianesimo originario era di natura gnostica? -Hai fatto la domanda fatale! - esclamò Roberto. - E' qui che dobbiamo cercare la risposta. E gli Esseni? Non avevano forse una cosmogonia simil - gnostica pur essendo una setta di eremiti giudaici? Che relazione c’è tra Esseni, Mandei, Cristiani, Nozirei, Ebrei di varie correnti, Catari? E Dolciniani? E le teorie sulla messianicità di Gesù e il suo coinvolgimento con il movimento zelotico? E quelle su Maria Maddalena e i Catari? E la relazione tra Giovanni Battista e Gesù? Gli elementi che saltano agli occhi sono due: abbiamo parlato dei Mandei e del loro considerare Cristo un impostore. Cosa ti ricorda questo? Dopo attenta riflessione Andrea esplose: -Mi ricorda quello che ha detto Matteo sul o di un inquisitore, dove Dolcino sminuiva il nome di Cristo. E’ vero! Sto collegando ora i due fatti… -Esatto. E il secondo fatto è, che se è vero che la Maddalena e altri discepoli sono veramente sbarcati nella Francia meridionale, hanno predicato la dottrina originale, non contaminata dal credo paolino. -La dottrina originale cristiana sarebbe gnostica, dunque? - chiese Andrea. -La questione è complicata. In realtà sembra che lo gnosticismo si insinui all’interno dei grandi monoteismi per svelarne la dimensione più esoterica, ma alla fine mette in discussione la loro stessa esistenza. -Hai ragione, hai espresso benissimo qualcosa che pensavo, ma non riuscivo a verbalizzare. Ma - continuò Andrea alzando gli occhi sull'affresco - che significato può avere un battesimo cataro, compiuto da Lazzaro e dalla Maddalena, all'interno di un affresco del millecinquecento in una chiesa cattolica? -Proprio questo particolare sembra suggerire ciò che ho detto. Un elemento gnostico e quindi eretico in un affresco cattolico. Un messaggio? Forse dobbiamo tenere conto che la costruzione di questo edificio fu voluta dall'ordine
degli Umiliati. Erano un movimento religioso, sorto in Lombardia verso la metà del XII secolo; anch'essi si proponevano di vivere secondo i dettami della Chiesa primitiva, senza possedere nulla personalmente, in comunità basate sul lavoro di uomini e di donne, che vivevano insieme. In seno al movimento nacquero due tendenze: una, bandita come eretica e che diede origine ai Poveri Lombardi, l’altra che si inserì pienamente nei ranghi della Chiesa, costituendosi in un ordine religioso con una regola, che teorie non comprovate fanno risalire a Bernardo di Chiaravalle. Si tratta quindi di una chiesa voluta da un movimento nato come eretico. L'affresco sembrerebbe rimarcare una tangenza tra il cristianesimo primitivo e il catarismo, mettendone quindi in evidenza la connessione. Può anche essere questo il motivo per il quale siamo stati spinti qui e non solo per l'importanza delle leggende di cui parlavamo. Ma che cosa dobbiamo intendere per cristianesimo primitivo? Non a caso stiamo parlando del collegamento della Maddalena con i Catari. E, non a caso, anche qui c'è una Madonna nera, quella di Loreto. -Per ora vediamo qual è la tappa successiva: le indicazioni ci rinviano ad un misterioso bassorilievo di Crea.
XXVI
Il cellulare di Andrea squillò ripetutamente. Era Fabrizio. Erano ate poche ore da quando l'aveva sentito al mattino. Roberto fece finta di non notare il palese nervosismo di Andrea e si avviarono all'auto per dirigersi verso il Sacro Monte di Crea, parco naturale e patrimonio UNESCO, situato su una delle più alte colline boschive del Monferrato, tra Asti e Alessandria. Secondo la leggenda, a Sant'Eusebio, vescovo di Vercelli, si deve l'origine della località: egli ricevette l'incarico di evangelizzare il Piemonte nord occidentale e per far questo creò degli oratori, specialmente nei centri di antichissimo culto pagano, come ad Oropa e a Crea, sostituendo il culto delle deità femminili celtiche con il culto di Maria. Egli, come si racconta nel manoscritto “Vita Sancti Eusebii”, del IX secolo, verso il 350 d. C avrebbe fatto edificare un primo oratorio dedicato alla Madonna sul colle di Crea. Circa dieci anni dopo, di ritorno dall'oriente, avrebbe portato nell'oratorio una statua lignea della vergine nera, scolpita da san Luca. La statua della Madonna presente ora nel santuario di Crea è del XIII secolo e poco si sa sulla sua provenienza: è di piccole dimensioni, circa trentatré centimetri, di legno di cedro scolpito. La chiesa fu eretta sul luogo dell'oratorio ed esisteva già al tempo delle crociate, come è testimoniato da tre reperti di arte romanica, ritrovati sotto la pavimentazione. I bassorilievi sono ora posizionati nei primi due pilastri della navata. Intorno all'anno mille già esisteva un convento nel quale si erano stabiliti i canonici regolari di Vezzolano ed era un luogo importante di culto, quando nel 1156 i Marchesi del Monferrato gli fecero dono di una reliquia della Santa Croce. Su loro commissione nel XIV secolo, all'interno della chiesa, fu eretta la cappella di Santa Margherita di Antiochia e anni dopo fu realizzato il ciclo di pregevoli pitture rappresentanti il duro martirio della santa. Nel 1600 fu costruita la facciata, rifatta poi nel '700 in stile barocco. Già a partire dalla fine del '500 venne concepito il primo progetto di costruzione delle cappelle del Sacro Monte, come percorso devozionale in ventitré stazioni dedicate alla vita della Vergine e in cinque romitori dedicati ai santi.
Dopo un viaggio attraverso le ondulate colline del Monferrato, Roberto e Andrea giunsero nel bel piazzale di fronte al santuario, affiancato dal convento di origine duecentesca rimaneggiato nell'ottocento. Andrea decise di rispondere al telefono che vibrava ininterrottamente da un'ora. Udì subito un pianto dirotto e Fabrizio che le chiedeva dove si trovasse. Lei bofonchiò qualcosa e le mancò il coraggio di riattaccare. -Ma che succede? - gli chiese. -Sto male. Sei con qualcuno? -Ma che dici... cosa c'entra? -Ti prego, dimmi dove sarai questa sera e ti raggiungo. Devi aiutarmi, ho la testa che mi scoppia... -Non è una buona idea. Telefona in Salute Mentale e fissa subito un appuntamento. -Non ce la faccio a far nulla, prima ho bevuto e preso gli ansiolitici. -E vorresti metterti alla guida? Se ti senti così male ora vedi di calmarti, prendi qualcosa di caldo e poi vai a piedi al centro d'ascolto, se non vuoi telefonare. Potresti addirittura trovare in servizio il dottor Serra stesso. -Smettila! Sono anche una tua responsabilità, un tuo paziente, ma chi ti credi di essere? Come previsto, di fronte ad un no stava diventando aggressivo e attribuiva agli altri la colpa del suo malessere. Parlare era inutile, chiuse il telefono, lo spense e raggiunse Roberto dentro il santuario. Rimase subito colpita dall'interno della chiesa, a tre navate, in stile gotico con volte a crociera e due cappelle dietro l'altare, quella della Madonna e di Santa Margherita. Intanto Roberto era intento a fotografare il bassorilievo di cui avevano parlato prima e non si era reso conto della concitata conversazione che la sua compagna aveva appena avuto al telefono fuori dalla chiesa. -Ma è interessantissimo... - esclamò Roberto - quest'iconografia è totalmente inusitata e sembra fare riferimento alla leggenda di cui parlavamo a Vercelli,
secondo la quale alcuni discepoli di Cristo, le Marie, o membri della sua famiglia si sono imbarcati per sfuggire alle persecuzioni e sono approdati nella Francia meridionale. Non è altro che una conferma che queste leggende sono radicate anche quassù! Uno dei bassorilievi rappresentava una piccola barca con due rematori e una giovinetta. -Osserva bene: ci sono due vogatori, uno sembra un uomo, l'altra una giovane, la terza al centro senza remo in mano è una bambina. - spiegò Roberto. -Forse la figlia di qualcuno? -Beh, se ti ricolleghi con le leggende di Saintes Maries, una delle ipotesi è che Sara rappresenti la figlia della Maddalena. Di questi bassorilievi, secondo me, dovevano essercene una serie di quattro, che avrebbero dato un senso compiuto alla storia. Invece ce ne sono tre e il secondo rappresenta un uomo con un orso tenuto per il collare. Questi devono essere i famosi tre frammenti scultorei recuperati durante scavi effettuati nel sottosuolo della chiesa: sono di alcuni secoli più antichi dell’intero edificio. Il terzo frammento - disse Roberto indicandolo - presenta tre quadrupedi alati tra nodi di Salomone, un simbolo antico che nella sua valenza originaria allude all'unione profonda dell'uomo con la sfera del divino, della terra con il cielo, del piano materiale con quello spirituale. Il nodo di Salomone è un simbolo preistorico che è arrivato fino ai giorni nostri, oggi spesso con sole attitudini decorative, ato dai Celti ai Romani, entrato poi nell'arte cristiana... ma che significato ha qui? Roberto cercò di informarsi presso la libreria adiacente alla chiesa sull'esistenza di altri bassorilievi, ma riuscì solo ad acquistare un pesante tomo che raccontava tutta la storia del santuario e ne descriveva le opere. Alla fine, accaldati, si scolarono una bottiglia d'acqua; erano ormai le due e avevano saltato il pranzo. Decisero di avviarsi verso la loro terza tappa: il santuario di Oropa. Salirono in macchina e Andrea cercava di mantenersi calma, pur continuando a pensare a Fabrizio e al suo comportamento: in fondo erano le reazioni normali di un paziente a dir poco difficile, ma era preoccupata. Cercò di concentrarsi sulle ricerche e disse: -Anche ad Oropa ci sono stata più volte. E' un luogo molto suggestivo,
trasudante energie telluriche fortissime. Crea è collegata con Oropa dalla leggenda eusebiana: le Madonne nere portate da Eusebio in entrambi i luoghi. -Seguendo la mappa siamo alla ricerca di un'iscrizione templare con simbolo di teschio e tibie, che dovrebbe essere presente su di essa, - disse Roberto. -Ma è vero che questo simbolo venne usato dai Cavalieri Templari? E perché? -La notte del 13 ottobre 1307, prima dell'arresto di massa, ordinato dal re di Francia in gran segreto, diciotto galee Templari navigarono lungo la Senna e presero il mare, dirette a La Rochelle, dove una flotta del loro ordine li attendeva. I Templari erano stati avvertiti del blitz escogitato dal re, e poterono portare in salvo i loro tesori e le reliquie più preziose. Le loro vele erano state annerite con del catrame per non essere visti nella notte. Non potendo più utilizzare la classica croce rossa, ormai bandita, fu decisa l'adozione dell'antico simbolo di pericolo, il teschio con le tibie incrociate: da quel momento nacque la classica bandiera pirata. Secondo la storiografia di fonte se, Ugo di Payns, originario dell'omonima cittadina se della Champagne, insieme al suo compagno d'armi Goffredo di Saint-Omer e ad alcuni altri cavalieri, decise di fondare il nucleo originario dell'Ordine Templare, per assicurare l'incolumità dei pellegrini che si recavano a Gerusalemme, riconquistata con la prima crociata. Ma troppo scarsi sono i documenti attinenti ai primi anni dell'ordine. Sappiamo però che Baldovino, il patriarca di Gerusalemme, e tutto l'alto clero appoggiarono l'impresa e venne concesso loro di occupare i sotterranei della Grande Moschea di Al-Aqsa, costruita dove un tempo sorgeva il Tempio di Salomone. Ecco perché il gruppo cominciò ad essere chiamato "Cavalieri del Tempio" e quindi Cavalieri Templari. In realtà, come ordine monastico vero e proprio, venne approvato soltanto nel 1128, con il Concilio di Troyes e il riconoscimento ufficiale fu dato da Bernardo di Chiaravalle, allora massimo esponente dell'ordine dei frati Cistercensi, che redasse per loro una regola specifica, in quanto erano unici nel loro genere: monaci e cavalieri. Il papa concesse loro una prima serie d'importanti privilegi e, dopo la partecipazione alla seconda crociata, ebbero l'autorizzazione ad aggiungere una croce rossa sul loro mantello bianco. L'Ordine crebbe divenendo sempre più potente e ricco, acquistando territori in tutta Europa, ma soprattutto in Francia ed in Italia, dove furono fondate le chiese e le “mansio” più importanti. Essi erano così potenti che non erano soggetti ad autorità alcuna, eccetto quella del Papa. Avevano accumulato immense ricchezze
e molti sovrani erano ricorsi a loro per prestiti finanziari. Fu appunto il re di Francia Filippo IV il Bello, uno dei loro grossi debitori, che decise di porre fine al loro ordine, riuscendo a convincere l’allora papa Clemente V ad accusarlo di eresia e a farlo perseguire. Lettere con ordini segreti vennero inviate a tutti i mandati del re sul territorio se, con l'obbligo di apertura simultanea per il 13 ottobre 1307, e l'ordine di arrestare tutti i Templari che venissero trovati nelle loro mansio. Era un venerdì, e da allora il venerdì 13 è diventato simbolo di sfortuna. Sotto tortura confessarono qualunque cosa i loro persecutori volessero attribuirgli; molti abiurarono la loro fede, altri furono arsi al rogo, altri ancora furono reintegrati in ordini diversi, come gli Ospitalieri o i Cavalieri Teutonici. Una leggenda ci racconta che, prima di morire, il Gran Maestro pronunciò una terribile maledizione contro il re ed il papa e in quell'anno, morirono sia Clemente V che Filippo il Bello, e la famiglia di quest'ultimo si estinse totalmente. Comunque, molti riuscirono a fuggire. -Sui Templari ci sono veramente tantissime illazioni: erano solo cavalieri combattenti per la chiesa o una società segreta dai tratti gnostici ed eretici? Tennero dei buoni rapporti con l'Islam e vennero accusati di eresie e di ogni nefandezza possibile, ma la più importante era di condurre delle riunioni segrete, in cui sputavano sulla croce e adoravano una strana testa chiamata “Baphomet”. -Ebbene, credo che gli furono attribuite le cose più stravaganti, - rispose Roberto, - ma sappiamo che già vent'anni prima della caduta di Gerusalemme i Templari, la cui presenza nella Francia meridionale era sempre forte, si avvicinarono ai Catari. Durante le crociate apparentemente l'ordine si mantenne neutrale, ma è risaputo che ò gli eretici, offrendogli spesso rifugio e accettando anche tra le sue fila i nobili catari. Il rifiuto della croce di cui furono accusati i Cavalieri e i Catari e la forte venerazione per Maria Maddalena avvicinavano questi due gruppi profondamente. Dopo la caduta di San Giovanni D'Acri, i Templari si concentrarono sulla Linguadoca, fondando nuove mansio. E poi, nell'anno fatidico, la tragedia. Ma furono veramente le questioni di denaro con Filippo a decretarne la fine? Sarebbe bastato far scomunicare l'ordine dal papa e sequestrare i loro beni. Perché tutte quelle torture e il trattamento alla stregua degli eretici? Forse l'Inquisizione voleva estorcere qualche informazione importante, che i Templari avevano acquisito in Terrasanta o dai Catari. -E cosa potrebbe essere? Il famoso Graal di cui tanto si parla? - domandò
Andrea. -Alcuni studiosi affermano che, soprattutto nei primi anni, i Cavalieri scavarono sotto il tempio di Salomone e non si sa cosa trovarono, se reliquie o documenti. C'è tutta una teoria, sostenuta da scrittori e non, che i Cavalieri fossero stati lì inviati non certo per proteggere i pellegrini, essendo all'inizio solo in nove, anche se si tratta certamente di un numero simbolico. -E inviati per fare cosa, dunque? -Anche qui, si cade nella congettura. I Cavalieri Templari sarebbero stati il braccio armato del mitico Priorato di Sion, organizzazione segreta avente lo scopo di proteggere la verità e la discendenza di Cristo e della Maddalena. Fondata da Goffredo di Buglione, tra i suoi maestri vi sarebbero stati tra i più grandi intellettuali e nobili artisti, che sponsorizzarono le ricerche di documenti che svelassero la verità sul cristianesimo. Ma non ci sono prove al riguardo, se non tentativi di mistificazione dell'esistenza di tale misteriosa organizzazione. -Io credo che i Cavalieri abbiano scoperto sicuramente qualcosa di scottante, ma non so come o da chi. - affermò Andrea. -Oggi forse potremo aggiungere qualche elemento in più cercando quest'epigrafe tombale. Intanto, tra congetture varie, stavano arrivando a destinazione. Il santuario di Oropa sorge a milleduecento metri di altitudine ed è inserito in una cornice naturale, una specie di conca fra le montagne, circondato da prati verdeggianti e ricorda una reggia, essendo un grandioso insieme di edifici. La statua della Madonna di Oropa secondo la leggenda sarebbe stata nascosta da Eusebio in una nicchia scavata all'interno di un masso erratico, lo stesso che oggi si trova addossato alla chiesa più antica. Accanto al masso sorse in seguito un sacello, dopo il ritrovamento, da parte di alcuni pastori, dell’immagine sacra. La chiesa crebbe nel XIII secolo intorno al sacello quando il flusso di pellegrini ed il culto della Vergine Nera erano notevolmente aumentati e venne ampliata, ottenendo l’aspetto attuale, verso la metà del XVI secolo. Oltre l'imponente scalinata, che si apre a monte del Piazzale Sacro, si erge la basilica superiore, costruzione molto più recente dalle proporzioni monumentali, consacrata negli anni sessanta, situata nel bel mezzo delle alte montagne e simile ad un misterioso portale, in contrapposizione con la dimensione più intima e modestamente
piccina dell'antica basilica. Scendendo dalla macchina un vento piuttosto fresco li fece rabbrividire. Le nuvole oscuravano il sole ed erano gravide d'acqua, l'umidità si poteva percepire come un viscido mantello. Il clima di questa zona è sempre piuttosto freddo e piovoso, anche nella stagione calda. Si avviarono, salendo la prima parte della maestosa gradinata, verso la basilica antica addossata al masso di Eusebio, visibile anche dall'interno della chiesa grazie ad un’apertura sulla parete, protetta da un cancelletto. La tradizione attribuisce a questa pietra poteri taumaturgici e, soprattutto, propiziatori della fertilità: le donne, infatti, venivano fin qui a strofinarsi per assicurarsi una feconda gravidanza. All’interno la chiesa è suddivisa in tre navate e dietro l’altare principale si trova la nicchia decorata che custodisce la statua della Vergine, alta circa un metro e trenta e scolpita in legno di cirmolo, in posizione eretta, con vesti dorate, che regge il Bambino seduto sul suo braccio sinistro. La statua, del XIII secolo, sostituì quella originale portata da Eusebio, esattamente come a Crea. Molti affreschi decorano la cappella, opera di un ignoto pittore del trecento, noto come Maestro di Oropa. Ci sono dipinte molte Madonne che allattano Gesù e anche la raffigurazione della Stella Polare, stella ad otto punte che è uno dei simboli fondamentali della dea Ishtar, il cui culto era diffuso in area mesopotamica, ma anche di tutte le divinità femminili corrispondenti, come Astarthe, Iside, Afrodite e Venere. -Il simulacro della Madonna è stato lasciato nella basilica vecchia che fu costruita sul “masso della vita”. A quei tempi infatti la popolazione del vastissimo territorio che corrisponde grosso modo all'odierno Piemonte, soprattutto alpino e prealpino, era ancora quasi tutta pagana. In Vercelli prevaleva il politeismo romano, mentre nelle valli alpine e nel Monferrato si conservava intatto il culto degli antichi Celti, come la venerazione di grandi massi erratici dove probabilmente si svolgevano riti druidici, derivanti da arcaici culti legati alla Grande Madre, una divinità femminile primordiale, presente in quasi tutte le mitologie note, la quale rappresenta la terra, la generatività, il femminile come mediatore tra l'umano e il divino. Il culto della Grande Madre risale al Neolitico: numerose figure femminili steatopigie furono ritrovate in tutta Europa. L'evoluzione teologica della figura della Grande Madre venne costantemente rappresentata da segnali di connessione tra le nuove divinità e quella arcaica. Anche nel mutare delle religioni la memoria della divinità archetipica si mantenne e si trasmise lungo le generazioni, dando luogo a culti
forse inconsapevolmente sincretistici, le cui ultime raffigurazioni potrebbero essere considerate le molte Madonne nere, il cui colore scuro evocherebbe quello della terra. Mentre Roberto esponeva questi concetti, percorrendo la prima porzione della gradinata che culmina con la basilica nuova, erano ormai sull'entrata dell'antica basilica, costruita sul primitivo sacello eusebiano. -Queste sapienze influenzarono certamente l'Ordine dei Templari e gli ordini gnostici quanto i costruttori delle cattedrali gotiche. La Madonna nera dunque non rappresenterebbe solo Maria madre di Gesù, ma Iside, la Maddalena, le sacerdotesse del femminino sacro rimosse dai canoni cattolici. Assieme al sapere gnostico, il culto della Grande Madre superò i secoli di persecuzione, occultato in testi e segni eretici, fino al momento in cui ci furono congreghe in grado di portare alla ribalta questi riti sincretistici: i Templari e i Catari. E la lapide templare che stiamo cercando credo sia collocata all'ingresso della basilica vecchia. Porta il simbolo del teschio e delle tibie, come indicato negli appunti. Eccola lì! - indicò Roberto. La lapide nera era alta un metro e mezzo da terra, sulla sinistra della basilica, nera e ruvida con iscrizioni in latino. Recava il simbolo del “rolly roger” e sotto una croce gigliata, spesso simbolo araldico delle famiglie templari di Francia. L'epigrafe pareva a prima vista un'iscrizione funeraria. -E' strano. E' un'iscrizione molto ermetica. Ora scattiamo una foto e la studierò con calma, - disse Roberto. -La data è del 1726, presunta morte della persona a cui si riferisce, ma questa lapide mi pare molto più antica. Quello che in realtà mi colpisce ora più' che mai è che la data di soppressione dell'ordine coincide con la caduta di Dolcino e dei suoi sul monte Rubello. -Secondo te esiste un collegamento? - chiese Andrea. -Diciamo che ora, vista la penuria di indizi, dobbiamo ritenere, anche se non abbiamo prove, che Dolciniani e Templari avessero avuto dei contatti. -E dopo quest'epigrafe cosa viene citato nella nostra mappa?
-“L'eremita di Morrone”. Cioè Papa Celestino V, di cui Brogliani ci ha narrato la storia. Le connessioni sono più di una in questo caso. A parte il fatto che i Templari abbiano consegnato qualcosa di segreto al Morrone, egli stesso, come tutti i personaggi ed gli ordini fin'ora analizzati, era devoto della Madonna nera, compreso Bernardo di Chiaravalle che, come sappiamo, ebbe un ruolo importante per Catari e Templari e forse anche per gli Umiliati. Ma chi è per loro la Madonna nera? Maria Maddalena? La Grande Madre? La figlia della Maddalena? O nient'altro che un archetipo del femminino sacro? Tutti questi ordini erano temuti perché portavano alla ribalta il sapere gnostico, che coinvolge l'importanza delle donne. E tutti erano devoti del Battista, compreso il Morrone che istituì la perdonanza, il giorno in cui si ricorda san Giovanni Battista. Dobbiamo anche tener conto di quello che ci hanno rivelato sia Brogliani che Matteo: la loro scoperta di un presunto legame tra l'eresia catara e quella apostolica, non meglio chiarito. -E i Mandei, che screditavano Gesù come Dolcino. E' dai Mandei che partono gli appunti e anche per loro è Giovanni Battista il maestro, mentre i Catari utilizzavano solo il vangelo di Giovanni l'evangelista. Dobbiamo incastrare anche questo nel puzzle. E cosa consegnarono i Templari al Morrone? Qualcosa legato alle origini del cristianesimo, che avrebbe potuto minare le basi della Chiesa e rivelarne le mistificazioni? Questa mappa sembra sottolineare che il sapere originario sia arrivato direttamente dalla Palestina alle coste della Francia, per poi are dalle mani di tutte queste persone o fratellanze citate in questi appunti, direttamente o indirettamente. - disse Andrea. -Sì, per arrivare sin qui, nelle mani di un eretico come Dolcino, che si trovava in un'area che abbondava di Madonne nere e di messaggi in codice, rimasti anche nella coscienza collettiva, affinché qualcuno li ricostruisse. -Cosa vuoi dire? Che l'ambiente era, per così dire, predisposto? -La copiosa presenza dei Celti, di cui si vedono ancora i segni; la Chiesa cattolica, quando costruì i suoi monumenti, in certi luoghi inglobò semplicemente i massi sacri all’interno delle costruzioni, come è successo ad Oropa. Un altro esempio di questi massi si trova nella chiesa di S. Sebastiano, a Postua in Valsessera, che confina con la Valle Mosso, e nel santuario di Azoglio a Crevacuore, dove una roccia e una fontana diventarono in seguito luoghi di culto, cristianizzati, con valenze taumaturgiche. E potrei fare mille altri esempi. I
ritrovamenti archeologici testimoniano che i primi abitanti del Biellese furono, in epoca preistorica, popolazioni liguri e celtiche, dedite alla caccia, alla pesca e successivamente alla pastorizia, che si stanziarono soprattutto nelle regioni subalpine e collinose, vicino ai corsi d' acqua, ricchi di rocce e massi, elementi indispensabili per la presenza del culto della Dea Madre. In generale, le popolazioni celtiche riuscirono per secoli a radicarsi sul territorio, vivendo a contatto con le genti autoctone, integrandosi con successo e lasciando tracce indelebili, che sono tutt’oggi riscontrabili nella cultura e negli usi di alcune zone alpine e prealpine piemontesi. Nonostante la sopraffazione dei Romani, avvenuta un paio di secoli prima di Cristo, i Celti non scomparvero. Residui di tribù celtiche, anche dopo il predominio romano, perdurarono soprattutto sulle montagne, dove continuarono più a lungo le loro usanze. I Celti coltivavano degli alti ideali spirituali connessi alla natura, con un rispetto ed un senso di intrinseca unità con la terra analogo a quello dei nativi americani. I sacerdoti celti, i druidi, erano sia maschi che femmine e avevano il compito di celebrare le funzioni religiose, curare, istruire i giovani e custodire a memoria le tradizioni sacre; il potere supremo veniva assegnato ad un Arcidruido. Il loro pensiero ha aspetti di grande modernità, se si pensa che riconoscevano lo stesso valore all’uomo e alla donna e che consideravano la libertà più importante della vita stessa. La spiritualità celtica non è una religione nel senso corrente del termine, ma una tradizione animista e universale: la divinità è insita nella creazione e non al di fuori. I druidi abbracciavano quindi credenze protognostiche che si fo nel cristianesimo, ma non si fecero assorbire, mantenendo sempre la loro vitalità. Oggi tracce più evidenti del cosiddetto “cristianesimo celtico” perdurano nel Galles, in Scozia e in Bretagna, dove quella cultura rimase radicata per più secoli. -So che la loro cultura ebbe il suo apogeo tra la seconda metà del IV e la prima metà del III secolo a.C. quando la lingua e la cultura celtica costituivano l'elemento più diffuso e caratteristico dell'intera Europa. Essi formavano un'unità culturale e linguistica, ma non politica: erano suddivisi in tribù ma uniti da identica spiritualità, disinteressati alla conquista ma solo alla competizione fisica e all'unione panteistica con la natura. Fu proprio questo disinteresse verso la conquista di nuove terre che condannò questo popolo ad essere sopraffatto dai Romani e dai Germani; la loro lingua venne a decadere e ne rimangono tracce solo nelle sole isole britanniche, dove emersero gli eredi dei Celti: le popolazioni dell'Irlanda, delle frange occidentali e settentrionali della Gran Bretagna e la
Bretagna parlanti lingue brittoniche o goideliche. -Comunque, - disse Roberto - tornando al nostro percorso, il punto di arrivo è in queste valli, dove morì Dolcino. E le ultime indicazioni ci spingono a cercare sempre più vicino a Trivero. Significa che il bandolo della matassa si trova proprio qui. Brogliani sa e Veronica era al corrente del fatto che Ludovico possedeva qualcosa di importante, per questo la suora giovane veniva inviata per tenerlo d'occhio. Sono stanco, ora, e voglio andare in albergo a tradurre bene quest'epigrafe e a fare alcune ricerche. Spero che ci aiuti un poco.
XXVII
Arrivati “al Castagno”, non avevano fame e si ritirarono nelle rispettive stanze, dandosi appuntamento in serata. Andrea durante il tragitto aveva raccontato a Roberto della telefonata ricevuta da Fabrizio. Alle nove di sera si incontrarono sul terrazzo dell'albergo; la psicologa si sentiva più a suo agio e si impose di non pensare all'ex paziente. Si convinse che sicuramente si era ubriacato fino a svenire o magari aveva deciso di andare in Salute Mentale. Ad uno dei tavoli era seduto il maresciallo Polito, con il suo solito piglio da energumeno attivo e loquace. -Oh, buonasera signorina, è tornata? Novità? Sono ato per parlare con il dottor Ansaldi, speravo che ci fosse anche lei. Del resto una strizzacervelli fa sempre comodo. -Buonasera, maresciallo. Mi fa piacere rivederla. L'Ansaldi mi ha informato degli sviluppi delle sue indagini. -Ah! Non avrei mai indovinato... che le interessassero, - disse con fare sornione. -Si ferma a cena con noi? - chiese Roberto con poca convinzione. -Purtroppo mi accontenterò di un aperitivo per aggiornarvi sul poco che c'è, ho promesso a mia moglie di cenare a casa. E' già così tardi! Se mi permettete vado ad ordinare tre prosecchini. - e si allontanò senza attendere risposta. -Beviamo questi “prosecchini”, poi ti porterei, se lo gradisci, in una locanda a due i da qui, dove servono ottimi taglieri di formaggi e buon vino. Capisco che tu sia sconvolta, ma dobbiamo pur mangiare qualcosa, abbiamo saltato il pranzo. E vorrei parlare tranquillamente lontano da orecchie indiscrete. - disse Roberto. L'aperitivo con il maresciallo fu veloce, come pure lo scambio di informazioni.
Parlò degli squatters, del misterioso figuro col nasone e delle monache, che sembravano irritarlo particolarmente. -Monache reticenti, affreschi in chiesa... mah. Spero che ora che siete tornati arriveremo a qualcosa di più concreto. Non nego che quelle suore mi convincano poco, domattina vorrei andare a fargli una visita a sorpresa. Voi tornate a parlare con il vescovo, i preti sanno sempre se c'è del marcio... Speriamo che si decida a cantare, almeno lui. -E Stefano? Ha scoperto qualcosa su Milena Sciacalli? -Ancora nulla. Ha cercato di contattare i genitori, ma sono fuori per una vacanza. Dovrebbero rientrare domani. Pare svanita, magari è morta, chissà. Non aveva amicizie della sua età, a quanto pare, e non si confidava con nessuno. E nessuno si è fatto vivo per darci notizie, anche se abbiamo diramato appelli su giornali e televisioni. All’epoca era una ragazzetta, ora dovrebbe avere più di trent'anni. La gente cambia. -Si, ieri ho visto la foto sul giornale. Pareva davvero una bambina, molto più giovane della sua età - disse Andrea. -Ma sì, poveretta, certo che il professore aveva un debole per le giovanissime. Eppure secondo me la Sciacalli sapeva quel che voleva: soldi, notorietà. Non le bastava essere figlia unica di industriali. -Non è molto chiaro, invece. Brogliani ci ha detto che sembrava interessata solo alle ricerche, a quanto capì, neanche tanto al professore o al denaro. puntualizzò Andrea. -Ma sì, ma sì, vedremo cosa diranno i genitori, non appena saranno reperibili. Quel che è sicuro è che non ne hanno mai denunciato la sparizione. Certo, è strano. Ci vedremo domattina, erò di qui per un caffè, prima di recarmi in convento. E conclusa così la conversazione, il maresciallo li salutò cordialmente. Andrea e Roberto si avviarono a piedi verso la locanda concordata precedentemente. In pochi minuti giunsero a destinazione. Il rustico locale aveva un dehors su una stradina in leggero declivio ed era deserto, quindi ideale per
loro. Ad un tavolino era seduto un omino grassoccio senza capelli, dall'età indefinibile, che alzando gli occhi da un quotidiano annunciò che avrebbe volentieri messo insieme un paio di taglieri di formaggi, accompagnati da una bottiglia di buon vino e da pane casereccio. Naturalmente accettarono e si accomodarono ad uno dei grezzi tavoli di legno. -Allora? - disse Andrea appena l'oste portò il vino. - Hai tradotto l'epigrafe? -Non ha molto senso, è chiaramente un anagramma. Non sono competente in queste cose, perciò ho consultato telefonicamente una mia amica esperta di codici e ha estratto questo testo: “Nell'anno 1306, due cavalieri del tempio si recarono segretamente a Chieri dai boni homines per narrare la storia di Giovanni il battezzatore, tradito da Gesù l'impostore, che distorse i suoi insegnamenti. Essa gli fu narrata dai Sabei di Harran che avevano avuto in Giovanni il maestro della luce e dopo la sua morte sfuggirono alle tenebre dei dodici seduttori, che viaggiarono per il mondo divulgando la menzogna del Cristo romano. Ma l'insegnamento di Giovanni arrivò fino in Linguadoca ”. In apparenza sembrava la lapide tombale di un cavaliere massone, deceduto nel 700, ma siccome il testo pareva privo di logica abbiamo tratto questa frase, che per noi invece è alquanto sensata e si incunea nel nostro percorso. -A me non è molto chiaro, forse sarò rimbambita ma... -Giovanni viene descritto come un maestro gnostico. In pratica, i Templari riferirono ai Boni Homines, ovvero ai Catari, ciò che gli avevano rivelato i Sabei. -Ma... -Dobbiamo andare oltre quello che abbiamo sempre conosciuto. Dunque, Harran è una zona paludosa nel sud della Mesopotamia, dove erano fuggiti i Mandei in seguito al disastro della prima guerra giudaica. Come presumiamo, erano malvisti sia dai giudei che dai cristiani, per cui si rifugiarono probabilmente in questo luogo. I Templari entrarono in possesso della rivelazione su Giovanni dagli stessi Mandei, o Sabei, come vengono chiamati nel Corano. All'epoca, infatti, Harran faceva parte del più orientale dei regni che i crociati avevano fondato in Medioriente. Nell'Europa dell'epoca si vociferava che a provocare la distruzione dei Templari era stato un segreto che i Cavalieri avevano appreso dai
"Giovanniti". In pratica, i Giovanniti non erano altri che i Mandei. Non sappiamo se i Templari vennero a contatto con questo popolo per caso, durante le crociate, o sapessero già qualche cosa che li spinse a cercarli. Forse a Gerusalemme durante le ricerche di reliquie trovarono dei documenti storici dove si parlava di questa setta, mai nominata dalle Sacre Scritture, come del resto gli Esseni. Capirono che molte cose erano state cancellate dalla storia di quel periodo travagliato. Fatto sta che, trovati i battezzatori, raccolsero la loro testimonianza e forse misero per iscritto una parte dei loro testi sacri, soprattutto inerenti a Giovanni. Possiamo presupporre che si impadronirono anche di documenti, ma non esserne certi. Di sicuro ebbero la prova che ciò che la Chiesa propinava era una religione falsa, tramite vangeli pseudoepigrafi, scritti da persone che neanche avevano conosciuto Gesù e la creazione del Credo Niceano. Una dottrina costruita a tavolino, insomma, con la complicità ultima di Costantino. Ma forse c'era dell'altro, qualcosa che ancora non immaginiamo. Pericoloso per la Chiesa. -Più pericoloso di questo contenuto dell'epigrafe? - chiese Andrea. -Certamente qualcosa di più preciso rispetto all'identità di Gesù che non abbiamo idea di cosa possa essere. - rispose Roberto. -Sicuramente c'entra con l'avversione dei Mandei verso Cristo. -Può darsi, e forse non lo scopriremo mai. Finora, gli indizi della mappa ci hanno spinto a supporre che Maddalena e altri apostoli avessero predicato nella Francia meridionale, ma non vi era rimasto nulla di scritto, solo tradizioni orali che col tempo si deformarono. Ma cosa predicarono? La predicazione portata dalla Maddalena fu gnostica giovannita, ma non cristiana. E se prima avevamo indizi, ora ne abbiamo la prova. Questo potrebbe essere il segreto che finì nelle mani di Dolcino e che i ricercatori scoprirono. Torniamo al rapporto tra Templari e Catari. Dunque i Templari scoprirono l'esistenza dei Mandei e lo gnosticismo originario, predicato dal Battista e dai suoi seguaci e divulgato dalla Maddalena nel sud della Francia! E ne recarono notizie ai Catari, i “Boni Homines” che erano gnostici e ne condividevano alcune sapienze. Ormai Monsegur era stata presa da cinquant'anni e molti Catari si erano rifugiati nell'Italia settentrionale. In particolare sappiamo di
insediamenti a Sirmione, a Desenzano sul Garda e a Chieri. Il catarismo era già diffuso da molti anni in Italia e nel trecento questa comunità esisteva ancora, come sappiamo dai resoconti inquisitoriali, nonostante lo sterminio in Francia. Secondo alcuni storici i Catari erano già insediati a Chieri negli ultimi decenni del 1200, beneficiando della protezione delle fazioni cittadine ghibelline, avverse ai papi. Per quanto riguarda i Templari gli insediamenti che interessano la zona di Torino sono Livorno Ferraris, Chieri, Moncalieri e Torino stessa. A Chieri sulla strada principale si trovava la magione templare di San Leonardo, i cui resti sono incorporati in un edificio dell'Istituto dei Salesiani. Entrambe le sette erano dunque presenti nel territorio citato dall'epigrafe, Chieri, nel periodo interessato. Ed ecco che i Templari arrivano alla verità sul Battista e su Gesù e la rivelano ai Catari: la dottrina che essi seguono deriva dal Maestro Gnostico Giovanni. Lui è la vera figura centrale, e non Gesù. Anche il Morrone, che essi avevano conosciuto come uomo saggio e pio, fu informato. Se erano in possesso di qualcosa, che avrebbero dato all’eremita, dove è finito? Forse gli diedero dei documenti, che lui provvide a nascondere in qualche luogo dove conduceva i suoi eremitaggi. Di recente alcune teorie scandalistiche parlano di misteri nascosti nella Basilica di Collemaggio, dove le sue spoglie giacciono tutt'ora. E infine Dolcino. Sappiamo che intorno al 1300 condusse la sua predicazione sul lago di Garda, zona catara, e anche nell'Italia centrale. E' possibile che Dolcino, venuto in contatto con questa setta perseguitata dall'Inquisizione come lui, sia stato messo a parte di queste informazioni. Inoltre, ciò che ha detto il tuo amico Matteo mi ha fatto riflettere. Ha detto di essere sicuro di avere letto che i Dolciniani rifiutavano la resurrezione della carne. Forse si avvicinarono anche loro a teorie gnostiche e docetiste, non possediamo i loro scritti. Ma i ricercatori stessi, almeno Brogliani e Matteo, ci hanno riferito che avevano scoperto una connessione tra le due sette, anche se non hanno saputo o voluto precisare di cosa si trattasse. E Matteo ha detto che Dolcino sminuiva Cristo! Paragonandolo ad altri profeti! Cosa voleva dire se non quello che abbiamo letto nell'epigrafe? -Quindi anche Dolcino seppe dei segreti dei Sabei, tramite i Catari. E furono sterminati tutti quelli a conoscenza o in possesso di documenti provanti queste
storie. - disse Andrea. -Certo, ma qualcuno sopravvisse e la tradizione non andò perduta. Di segni ne sono rimasti, come abbiamo visto. Basta cercarli. -Fu quindi possibile che uno sparuto gruppo di persone sopravvissute siano riuscite a tramandare la verità? E come? - Andrea era esterrefatta. -Non dimenticare tutte le società gnostiche ed esoteriche, come i Rosacroce, che continuarono la diffusione dello gnosticismo di Templari e Catari. Guarda caso tutti scelsero come patrono Giovanni Battista. Rimasero dei segni… verso i quali noi siamo stati spinti. Probabilmente i tre ricercatori vennero per caso a conoscenza di alcune strane coincidenze e leggendo valanghe di documenti inquisitoriali riuscirono a ricostruire qualcosa. Magari grazie a qualche documento compromettente sepolto negli archivi; ma qualcuno impaurito, all’interno degli alti gradi della Chiesa, fece in modo che tutto venisse risommerso. E adesso capiamo anche il perché! Il Professor Boggio si deve essere dato molto da fare, e più caparbiamente degli altri. Ma dopo che cadde in disgrazia a causa di processi e debiti, non fece altro che serbare ciò che aveva trovato. E le monache sapevano e temevano che lo vendesse a qualcuno. -Ma vendere cosa? E a chi? E soprattutto cosa aveva in mano? -Era forse in possesso di qualche prova, forse uno scritto. E poteva essere la chiave per risalire a documenti più importanti. Sappiamo che l’uomo misterioso è uscito dalla casa del Boggio, forse proprio dopo essersi impadronito del presunto documento. E il nostro assassino è arrivato in ritardo e deve essersi molto adirato. Uno squilibrato. La mordacchia sembra una metafora per far comprendere che Ludovico avrebbe dovuto tacere. E forse quel “leggi, giudica, taci” sembrerebbe rivolto a lui. Sebbene sia anche un motto rosacrociano. Tornando a Dolcino, egli deve essersi reso conto, venendo in contatto con i segreti riportati dai Templari, che la cristianità delle origini, come gli eretici in genere la immaginavano, non era mai esistita: esistevano molteplici sette in contrasto tra loro e nessuna aveva avuto un ruolo prevalente. Una di queste è quella che è impropriamente chiamata eresia gnostica. Impropria perché la gnosi era preesistente al cristianesimo e lo gnostico cristiano non era altro che uno gnostico che aveva riconosciuto Gesù come un maestro importantissimo, ma non certo il figlio di Dio, bensì un “eone” che viene sulla terra per svelare a pochi
iniziati come ritornare alla luce, con una conoscenza dalla quale dipende la salvezza spirituale: conoscenza intuitiva, misteriosa, esoterica, espressa in forma di mito; una conoscenza di noi stessi, perché tutti hanno conservato dentro una scintilla divina del mondo della luce che esiste "al di sopra" del nostro mondo, occupato da esseri divini, gli Eoni. Solo uomini spirituali possono accogliere questi insegnamenti. La prassi religiosa può essere varia: simbologia complicata, riti d'iniziazione, ma non ci sono regole e dogmi dati dall'alto, perché la conoscenza e la divinità sono dentro l'uomo, ed esso stesso stabilisce la sua morale, non segue le regole per paura della punizione. E' una specie di sincretismo filosofico-religioso, ricco di elementi orientali, e gli studiosi ne indagano ancora le origini. E come vedi ha un impianto cosmologico completamente opposto al cristianesimo, quindi è una dottrina originale, non è variante eretica. E poi abbiamo la setta mandea a testimoniarcelo, giunta sino a noi. L'insegnamento di Giovanni, custodito dai Mandei, attraverso comunità mistiche e gnostiche, è giunto fino in Francia: i Catari, e prima di loro piccoli gruppi di persone, avrebbero conservato il sacro tesoro della conoscenza portato in quelle terre da Maria Maddalena, venerata difatti nel sud della Francia come la vera fondatrice dello gnosticismo, in opposizione alla Chiesa ufficiale. Essi sarebbero stati i prosecutori di questo “vero culto”, seguendo gli insegnamenti della comunità mandea grazie a un’altra istituzione fedele ad un tale ideale: i Templari. -Un ambiente che è stato sempre intriso dallo gnosticismo, insomma. -Certo. Inoltre altri elementi crearono terreno fertile: il fiorire di studi Kabbalistici, che altro non sono che una corrente gnostica della tradizione ebraica; la presenza dei Celti; le scuole pitagoriche diffuse attraverso contatti commerciali con le colonie greche dell'Italia Meridionale, dove Pitagora fondò la prima scuola filosofica, una setta ispirata a principi gnostici. -Ma se i vangeli omettono tanti elementi legati al periodo in cui visse Gesù, su cosa possiamo contare per capire qualcosa sul cristianesimo originario?- chiese Andrea. -Non sappiamo bene cosa fosse il cristianesimo prima dello stravolgimento del buon san Paolo. Possiamo basarci però, come ben sai, sui Rotoli del Mar Morto,
la scoperta straordinaria avvenuta in alcune grotte a Qumran ove furono ritrovati ben ottocento documenti, alcuni in discreto stato di conservazione, scritti tra il II secolo a. C. e il I d. C., che svelarono l’esistenza di una setta, gli Esseni, che contribuiscono a chiarire l'humus culturale da cui potrebbe essere nato il cristianesimo. Ma in questi testi non viene mai menzionato Gesù. Le controversie sorte in seguito al ritrovamento dei testi riguardano le evidenti relazioni e somiglianze con il nuovo testamento e il fatto che questi scritti precedono i vangeli di molti anni. Il riferimento al Maestro di Giustizia, capo supremo della congregazione, è stato spesso identificato arbitrariamente con Gesù o Giacomo, ma sono solo supposizioni. Già nel 1829 un certo reverendo Taylor teorizzò che la storia dei vangeli fosse già esistente e composta ad Alessandria da monaci chiamati Terapeuti in greco ed Esseni in egiziano, cioè guaritori. Lo stesso Eusebio di Cesarea si disse convinto di questo fatto. I testi di Nag Hammadi, invece, tra i quali ci sono testi apocrifi e gnostici, scoperti nello stesso anno dei Rotoli, rappresentano una testimonianza di fondamentale interesse per la storia della filosofia e del cristianesimo gnostico perché propongono interpretazioni e rituali cristiani diversi da quelli “ufficializzati” a Nicea nel 325. -Ma secondo te anche gli Esseni erano una setta gnostica? -Una reale componente gnostica era presente. Partendo dal rotolo contenente gli Inni, ci si rende conto che il tema dei Misteri e della necessità di una interpretazione Illuminata è onnipresente a Qumran. Gli Esseni leggevano i testi sacri ma li interpretavano con l'uso dei simboli e con libertà scevra da rigidità dottrinali. Anche per essi, come per i Mandei, il battesimo è un rito di purificazione giornaliero, ovvero immergersi interamente e fino al capo nell'acqua dove ci si specchia. Inizia così il lungo e doloroso processo di iniziazione che è teso unicamente a realizzare quella introspezione con cui l'uomo giunge alla radice del male in sé e indaga nel suo inconscio per conoscere l'altro Io. Ma, nello stesso tempo, la conoscenza porta alla riscoperta della scintilla divina: la resurrezione deve "avvenire in questa carne" e quindi in vita e non, come sostenuto nell'ambito del cristianesimo paolino, dopo la morte. Dopo questa rinascita l'uomo si è liberato dalle incrostazioni del mondo. Nell'essenismo sembrano inoltre trovarsi gli elementi tipici del patrimonio gnostico: il dualismo tenebre luce, il rifiuto dei sacrifici, la comunione dei beni, la libertà interpretativa e l'uso del simbolo.
Del resto, come ho detto, lo gnosticismo esisteva sotto forma di scuole filosofiche, sia in ambito ellenistico che ebraico, in epoca precristiana. Il Padre della Chiesa Epifanio, che scrisse intorno al IV secolo d. C., sembra fare una distinzione tra due gruppi principali all'interno degli Esseni: nel suo Panarion, distingue in Nazoraioi e Nosoraioi. Questi ultimi, quasi sicuramente, furono i "Nasurei", collegati a Giovanni, proprio come riporta la mappa. Al contrario, i Nazoraioi, che Epifanio appella anche Ossanoi, furono gli esseni di Qumran, i quali, a differenza degli esseno-nasurei, palesemente antigiudaici, erano filogiudaici. Ma nelle fonti canoniche evangeliche non si parla di Esseni e di Mandei. E si tiene uno strano riserbo sul Battista e i suoi seguaci. I Mandei nei loro scritti e racconti non fanno menzione della morte del loro maestro. Del resto tutta la storia del Battista, che viene decapitato perché accusa Erode Antipa di avere violato un precetto della legge ebraica, ha poco senso. Sembra una maniera molto veloce di toglierlo di mezzo da tutto un complicato periodo storico e religioso per semplificare e lasciare tutta l'origine del Cristianesimo come una novità di Gesù, che deve rimanere il protagonista assoluto nella versione paolina. La cosa più singolare dell'inizio del vangelo di Giovanni è che, da un lato si parla di Giovanni Battista come il primo che ha riconosciuto Gesù come messia (Gv 1,26); dall'altro invece, pur essendo stato l'apostolo Giovanni un discepolo diretto del Battista, non si fa alcun riferimento al battesimo di Gesù, di cui narrano gli altri tre vangeli. Non solo, ma il Battista non appare mai, in alcun vangelo, come un seguace del movimento di Gesù. Giovanni era lontano dall'essere un messia ebraico, la sua era una scuola di mistero gnostico, infatti per i Mandei, gli gnostici per eccellenza, costituisce la figura di riferimento principale di quel momento, senza però dimenticare simboli importanti, come la divinità solare Shamas, il cui richiamo iconico si trova nella mappa. Siccome i Mandei vissero lontano dalle influenze cristiane e giudaiche, i loro scritti appaiono genuini, dal momento che essi non furono legati ad interessi di parte: né nei confronti dei cristiani, né nei confronti del mondo giudaico. I Mandei rappresentano un metro di paragone mediante il quale è possibile stabilire la veridicità della letteratura neotestamentaria e della letteratura talmudica. Essi hanno anche testi e riti nascosti, non aperti al pubblico, come tutti gli gnostici. L’antropologa Lady Ethel S. Drower visse con loro per ben undici anni senza carpire tutti i loro segreti.
-Un fatto è certo: la figura di Gesù viene capovolta, e resta da capire l'avversione dei Mandei nei suoi confronti. Del resto le testimonianze storiche su Gesù sono controverse, e non a caso se ne discute l'esistenza. I soli dotti del tempo che fecero il suo nome sono Flavio Giuseppe, Tacito, Svetonio e Plinio. I primi due furono interpolati e falsificati, mentre Svetonio e Plinio parlarono di Cristo per designare la superstizione che ne prese il nome, ma scrissero senza averlo conosciuto molto tempo dopo e in cenni fuggevoli. Coevi a Gesù c'erano prolifici scrittori romani, giudaici, greci. Ma non un cenno su Gesù, uno dei più grandi personaggi apparsi sulla terra. -Ma allora le persecuzioni dei cristiani? Come le spieghi? - chiese Andrea che era rimasta ipnotizzata da quella sfilza di ragionamenti e informazioni. -Le persecuzioni a loro danno, esagerate e ingigantite dagli apologeti, poiché i martiri aumentavano le conversioni, non ebbero mai motivi religiosi, in quanto i Romani erano abituati a rispettare ed inglobare i culti dei popoli sottomessi. Esempio lampante: i culti di Iside, i cui seguaci, però, non rifiutavano, come i cristiani, il riconoscimento del culto pubblico ufficiale, soprattutto quello riservato agli imperatori, che era considerato espressione della disposizione corretta e patriottica verso lo Stato e quindi doveroso da parte di tutti gli abitanti. Chi si rifiutava, veniva punito con la crocifissione o nelle arene, cristiano o non cristiano. Ma fin dall'inizio i cristiani furono intransigenti e spesso attaccavano i siti dei culti pagani. Dopo la crisi della distruzione del Tempio del 70 d.C., le presunte sette giudaico cristiane scomparvero quasi del tutto, mentre il cristianesimo paolino continuò ad espandersi, a scapito di gruppi di ispirazione cristiana che si rifacevano a dottrine ritenute pericolose, come lo gnosticismo. La diffusione del cristianesimo nel II e III secolo fu rapida, perché l'organizzazione cristiana fu molto capillare ed efficiente e si diede al proselitismo sfrenato, coinvolgendo inizialmente gli strati più emarginati della popolazione. Fin dall'inizio si organizzarono in modo pratico e gerarchico: ogni città aveva un vescovo e una rete che si occupava dell'insegnamento e dell'assistenza sanitaria. A poco a poco diventarono uno stato nello stato, e tra il II e il III secolo cominciarono a convertire anche persone di alto rango. Con l'editto di Milano, del 312, l'imperatore Costantino concesse la libertà di culto nell'impero e cominciò una politica di sostegno a favore dei Cristiani. L'editto di Tessalonica
dichiarò il Credo Niceano religione ufficiale dell'impero, proibendo l'arianesimo e anche i culti pagani. Per combattere l'eresia si esige da tutti i Cristiani la confessione di fede conforme alle deliberazioni del concilio di Nicea! Inizieranno tempi duri per gli ebrei, il cui culto era sempre stato rispettato nell'impero, essendo riconosciuto come antichissimo, ma anche per tutti i cristiani non “conformi” a Nicea. Con la caduta dell'impero romano d'occidente, le istituzioni ecclesiastiche rimasero l'unico riferimento per i cittadini, con chiese, conventi e vescovati, diffondendo e imponendo, ormai da persecutori, un credo segnato da un pesante maschilismo e dall'oscurantismo che caratterizzerà tutto il medioevo, con il ripudio di tutta la tradizione filosofica, l'arte classica e le conoscenze medico scientifiche: con il rinascimento si riscoprirà tutto ciò, anche se l'Inquisizione durerà fino all'età napoleonica. Andarono a dormire molto stanchi, dandosi appuntamento per il giorno dopo.
XXVIII
Al mattino intorno alle nove Andrea si risvegliò e guardando dalla finestra ebbe un colpo al cuore: c'era Fabrizio, semisdraiato su una sedia del terrazzo dell'albergo, che fumava davanti ad un posacenere pieno. La foga con cui si precipitò giù dalle scale, dopo essersi preparata in tre minuti, le fece girare violentemente la testa e per poco non sbatté contro Roberto ed il maresciallo Polito, che la fissavano come se fosse appena uscita dal film “L'esorcista”. Sorrise affettatamente, sentendo il sudore che le imperlava la fronte. -Tutto bene? - chiese Roberto. Il maresciallo è ato di qui per... -Avrei bisogno di qualcosa di caldo, ma non potremmo andare da un'altra parte? - lo interruppe bruscamente Andrea, inviandogli occhiate allarmate. -Ma... ah, conosco un baretto giù in paese, viene anche lei, maresciallo? -No, come vi dicevo ieri sera, questa mattina voglio parlare con le suore. Alle domande devono rispondere come gli altri testimoni, in fondo il Boggio ci ha pur lavorato con la superiora e si conoscevano bene, come le ha raccontato il vescovo Brogliani. E allora perché tutti questi segreti? C'è del marcio in Danimarca, se credete a me, inguacchi strani. Non me la raccontano giusta. E poi quella suorina così carina, che viene a dirmi solo dopo due giorni di aver visto quel losco figuro uscire dalla casa del Boggio; per non parlare del fatto che ha detto di essere uscita in macchina per andarlo a visitare, ma nessuno ha notato la sua auto nel parcheggio dove dice di averla lasciata. E uno scarcassone così non a certo inosservato. Per non aggiungere poi che Lillo mi ha detto che l'auto sembrava ferma da giorni, la mattina dopo l'omicidio, quando è andato ad interrogare le suore. E Lillo ha occhio per queste cose. A me a volte sfuggirebbero, ma a lui no... Ah, ma se mi vedranno arrivare al convento un'altra volta, un poco meno paziente, magari si decidono a parlare. E poi chi diavolo avrà scritto quella famigerata mappa? Finora non ne siamo venuti a capo.
Finalmente erano giunti al parcheggio delle auto e si salutarono. Andrea e Roberto scesero con la macchina al bar in paese e ordinarono la colazione, continuando a parlare di quello che aveva detto Polito. Intanto Andrea si guardava intorno, ma di Fabrizio nessuna traccia. Finì la tisana e pagò, anche per Roberto, nonostante le sue proteste, per accelerare la partenza. -Ok, andiamo. Ma che ti succede? Sembri terrorizzata. -No, è che... mi pareva di aver visto una persona, dalla finestra, ma poi sono scesa e non c'era. Devo essere veramente stressata. -Il tuo paziente, per caso? -Hai indovinato. L'ho visto seduto ad un tavolo della terrazza dalla finestra della mia camera. -Io ero sotto da mezz'ora, ma non saprei dire, perché non lo conosco. Non ho fatto attenzione, oltretutto. -Comunque mi sarò sbagliata. Ero ancora assonnata quando ho guardato. In quel momento lo vide. Risaliva faticosamente la scarpata sulla quale si affacciava il bar e veniva verso di loro, che in quel momento erano usciti e stavano ancora parlando. I capelli lunghi e scompigliati parevano unti e appiccicosi. Sembrava una canna al vento, barcollava e piangeva. Andandole incontro, le si buttò addosso, disse che la macchina era caduta in fondo alla scarpata ed era vivo per miracolo, sbalzato via dall'impatto contro un albero. Per istinto lo strinse a sé e rientrarono tutti nel bar. Fabrizio era sconvolto, quasi catatonico. Improvvisamente furono percorsi come da una scossa. Folgorati, rimasero seduti, in silenzio, attoniti. Il primo a riscuotersi fu Roberto, che corse fuori, seguito da altre due persone, spaventate dal botto che c'era stato. Dal fondo della scarpata, arrivava una nuvola di fumo: qualcuno disse che c'era stato un incidente ed era esplosa un'auto.
Andrea guardava attorno freneticamente, cercando l'auto di Fabrizio. Non si vedeva il fondo della scarpata, troppi alberi. Continuava a parlare con lui e a chiedergli cosa gli fosse successo, ma il suo sguardo era spento. Era tutto sporco di terra e il suo alito sapeva di alcol. Proprio in quel momento vide i carabinieri e l'ambulanza che stava arrivando a sirene spiegate. Fabrizio venne scosso con violenza da Roberto. -Allora! Cosa è successo? Finalmente, con una flemma innaturale, spiegò di aver perso il controllo dell'auto nel tornante che saliva verso il paese. Mentre Roberto lo interrogava per sapere i particolari e cercare di riscuoterlo, si avvicinò un carabiniere che aveva sentito tutto e si rivolse ad Andrea. -La macchina era infuocata, qualcuno ha chiamato il 112 e i pompieri, ma al loro arrivo l'incendio era già spento. Deve essere esplosa la bombola del gas GPL. Un fatto raro. Fabrizio taceva. Andrea cercò qualcosa da dire, ma il carabiniere aggiunse: -C'è un corpo carbonizzato, al posto del eggero. Con chi era in auto signor…? La macchina, mi par di capire, era sua. Fabrizio guardava il carabiniere e non rispondeva. -Fabrizio! Chi c'era con te? Andrea sentiva l'orrore percorrerla. Alla fine, non era morto lui, ma qualcun altro. -Signore, ci può dire il nome della persona a cui appartiene quel corpo? -Sentite, il signore è sotto shock, chiaramente. Forse dovremmo condurlo al pronto soccorso. - disse Andrea. -A me sembra sotto l'effetto di sostanze psicotrope, per cui dovrà venire con noi per il controllo antidroga e poi, in base ai risultati delle rilevazioni, vedremo se sarà accusato di omicidio colposo. -Ma io non credo che...
-State zitti!!! - proruppe improvvisamente Fabrizio uscendo dal suo silenzio spettrale. -Era una donna, una mia amica che mi aveva accompagnato a cercare la dottoressa che era scappata quassù abbandonandomi nel mio male. Si chiamava Enrica Vivenza... -Enrica? Oh mio dio, povera ragazza. Andrea era scioccata pensando a quella donnina ingenua e innamorata, e per le cose che stava dicendo Fabrizio. -E' colpa sua! - gridò furibondo, puntando il dito contro Andrea, minacciosamente e con una rabbia che non gli aveva mai visto direttamente prima. L'agente era rimasto un po' bloccato, ma poi intimò a Fabrizio, e non in modo gentile, di darsi una calmata. -Non capisco cosa c'entri la signora. Vedremo come è andata la dinamica dell'incidente. Intanto Roberto era sopraggiunto e si comportava in modo protettivo nei confronti di Andrea, cercando di far ragionare Fabrizio, che ora stava per prendersela anche con lui. -Lei... loro... sono venuti a farsi la vacanza, mentre i pazienti stanno male, e non rispondono neppure al telefono. Io ero sconvolto, in crisi, avevo bisogno di parlare con la mia terapeuta e dalla disperazione son venuto a cercarla, mentre si divertiva. Mi ha mentito, dicendo che andava a delle conferenze. Il carabiniere fece per parlare, ma Andrea lo chiamò in disparte, mentre Roberto litigava con Fabrizio. -Vede agente, si tratta di un mio ex paziente, con disturbi comportamentali piuttosto seri. Ora è sconvolto; per la sua patologia è normale accollare la colpa agli altri. Sarebbe meglio contattare il dottor Serra, suo attuale psichiatra. -Faccia come vuole. Ma se continua a dar di matto o lo porto dentro oppure subito un bel TSO in clinica psichiatrica, scelga lui. E' morta una donna e non
credo che gliene importi granché. Potrebbe essere solo sua la causa dell'incidente, mi pare dai primi rilevamenti che la velocità fosse elevata. Inoltre puzza di alcol, non era certo nello stato di guidare. In ogni caso con noi ci deve venire. -Non è riuscito a tirare fuori la signora dall'auto? - stava intanto domandando un altro agente a Fabrizio. -No... non so... non credevo che esplodesse, sono andato a cercare soccorsi, ero confuso. Ma è colpa di questa puttana, io non c'entro nulla! E così l'aveva lasciata lì da sola. A morire. Concluse Andrea. Andrea avrebbe voluto accompagnarlo, per spiegare la situazione del paziente ai carabinieri, ma questi continuava a manifestare un'estrema aggressività. Infatti stava dando in escandescenze mentre i gendarmi lo invitavano a salire in macchina. A quel punto Andrea decise di telefonare al collega per raccontargli tutto e farsi consigliare. Serra fu inflessibile. -Non ci devi andare. Verrò io, appena possibile, per spiegare le condizioni del paziente. Alla fine è molto più disturbato di quel che credevamo; è riuscito non so come a seguirti fin lì e ora ti attribuisce la colpa che sente dentro di sé. No, non devi avere niente a che fare con lui: è troppo pericolosa questa fissazione che ha nei tuoi riguardi. A quel punto Andrea spiegò al carabiniere che sarebbe arrivato nel pomeriggio un suo collega da Torino, nella caserma di Biella dove erano diretti per l'accertamento dei fatti, dopo un aggio al pronto soccorso. Intanto erano riusciti a convincere Fabrizio a salire in macchina, con l'aiuto di Roberto. -Se continua così, caro signore, sarà accusato di resistenza a pubblico ufficiale. Accendendosi una sigaretta, Fabrizio disse che potevano fare quel che volevano e, lanciando insulti contro la psicologa, tirò su i finestrini.
-E' meglio che vi allontaniate, ora ci pensiamo noi. Lasciatemi le vostre generalità, in caso avessi bisogno di chiarimenti. -Certo. Telefonerò per sapere come va. Si salutarono. Andrea era visibilmente sconvolta e non di meno Roberto. -Ma allora era veramente un pazzo. Ti stava pedinando, ma come ha saputo che eri qui? -Non ne ho idea. Ma quella Enrica, l'avevo conosciuta, era la sua ragazza da circa un mese e si prendeva cura di lui. Che fine atroce! Deve averlo accompagnato per controllarlo, sapeva che non stava bene. E quell'impianto a gas se l'era costruito da solo, ne sono sicura, con l'aiuto di qualche sfasciacarrozze di incerta onestà che frequenta per i suoi affaruncoli. -Povera donna. E' stata sfortunata nella sua generosità, ma anche incauta. -Fabrizio sa recitare molto bene e all'inizio l'ha abbindolata per farsi dare un sacco di soldi. -Un tipo pericoloso, direi. -E' disturbato. Sono gli incerti del mestiere. Anch'io ho sbagliato a dargli troppa confidenza. Avevo pena di lui e mi sono fatta coinvolgere emotivamente. Tutto ciò è anche colpa mia. -Smettila! Tu eri in buona fede, io lo so benissimo, volevi aiutarlo. E basta. Chio il discorso, ma rimasero pensierosi e silenziosi mentre si avviavano fino al “Castagno” per pranzo, visto che le altre tappe in previsione per il pomeriggio si trovavano a Trivero o comunque in quei dintorni.
XXIX
-Ma senta, superiora, lei conosceva bene il morto, vero? Avete lavorato insieme quindici anni fa. Non capisco allora come può affermare di non avere neppure un'idea sul fatto che ci possa essere qualche connessione tra la sua morte violenta ed il suo ato. Non ho detto che debba per forza saperlo, le ho chiesto solo un'opinione. Non ha un'opinione? -Come le ripeto, non si trattava altro che di traduzioni e lavori di ricerca. Non riesco proprio ad immaginare cosa possa c'entrare con il delitto. -Ascolti. Qualcuno, non sappiamo chi, ha lasciato in bella vista alcuni appunti che, secondo il vescovo Brogliani, potrebbero ricondurre a quei lavori che avete svolto insieme. Secondo lei, chi avrebbe potuto voler attirare l'attenzione su questo? -Non ne ho idea e non so quale sia la finalità di tutto ciò. -E lei, suor Lucia? La superiora mostrava un'imperturbabilità quasi sovrannaturale; suor Lucia era appena più agitata, ma nulla che lasciasse presagire di ottenere qualche informazione... Il maresciallo era agli sgoccioli, anche perché non sapeva cosa fare con le due suore, insistere con durezza sarebbe stato quasi un sacrilegio. -Capite, è successo un fatto gravissimo. Un omicidio, con tortura annessa. E voi eravate le uniche a frequentarlo, a quanto sappiamo; non posso credere che non abbiate neppure un'idea, un'opinione su quanto è accaduto. Non dico che dobbiate dirmi chi è stato, ma almeno il vostro parere. Suor Lucia sembrava impaurita e ansiosa di dire qualcosa. La superiora, essendosene accorta, cominciò a mostrare una certa ansia che scalfiva il viso ieratico. -Io, veramente, posso solo supporre...
-Sì, la ascolto. -Non so, credo che il professore fosse in possesso di qualcosa di importante... -E cosa poteva essere? -Non saprei… forse… Nel frattempo l'espressione ieratica di suor Veronica cominciava a mostrare delle piccole crepe. Niente di eclatante, ma smorfie involontarie, anche minime, che sulla sua fisionomia spiccavano enormemente. -Dica quello che pensa. - insistette il maresciallo. -Penso solo che avesse qualcosa da nascondere. Sicuramente è così. Il modo di fare circospetto, a volte da paranoico... non mi ha mai convinto, non mi sembrava il semplice atteggiamento di una persona che vive isolata. E che soffre di depressione. -E cosa pensa che sia questo qualcosa da nascondere? -Beh, non saprei. Sicuramente qualcosa legato al suo ato, che io conosco poco. Alle sue ricerche, presumo. -Appunto... e ci dovrebbe illuminare la superiora, giusto? Suor Veronica pareva di ghiaccio. -Sappiamo, cara superiora, che di sicuro qualcosa avete scoperto, ce l'ha detto il vescovo. Perché fa finta di niente? Non vuole parlarne? -Non è questo. E' che non ho niente da dire, abbiamo fatto delle ricerche e basta. Non capisco cosa c'entri con tutto ciò. Se poi ha già conferito con il vescovo, allora le avrà detto tutto quello che c'era da sapere e non ho nulla da aggiungere. -Non si arrabbi, superiora, vorrei solo conoscere il suo parere su questi appunti, lasciati in modo che potessero essere facilmente trovati, vicino al cadavere. Vuole vederli? Le porse il plico, con gentilezza. La suora rimase imibile e allungò la mano
per prenderlo. Si infilò con composta lentezza gli occhiali, che riposavano sempre sul suo petto, e cominciò a visionare lo scritto. Il suo viso non lasciava trapelare nulla. -Non capisco. Mi sembra un'accozzaglia di elementi buttati lì, da una persona in stato confusionale. -Davvero? Il vescovo non la pensa come lei, tant'è che un paio di consulenti stanno cercando un senso a quest'accozzaglia, che non è opera del Boggio. La grafia non risulta la sua. -Monsignore è libero di pensare quello che vuole, si vede che a me sfugge qualcosa. Non posso aiutarvi. E non riesco a ricollegare questo alle nostre ricerche. -E lei, suor Lucia? Perché non dà un'occhiata? La superiora le porse il plico e la giovane lo sfogliò velocemente. -Non ha senso neppure per me, maresciallo. Del resto come potrei capirci qualcosa se non ci riesce neppure la superiora? -Tolgo il disturbo. Ma potrebbe capitare che foste chiamate in caserma o con un mandato in tribunale. Chiamate davanti al G.I.P. Quindi se vi viene in mente qualcosa, fatemi una telefonata. Ossequi... E uscì dal refettorio, dove era stato ricevuto, dicendo che avrebbe trovato da solo l'uscita. Le due consorelle attesero che il cancello sbattesse e poi si guardarono. La superiora aveva perso gran parte della sua consueta compostezza. -Hai visto? Hanno trovato qualcosa, lo sapevo. Quel pazzo lasciava in giro tutto, e poi che stranezza... come mai rivangava ancora quella storia e ci rimuginava sopra? Perché monsignore collabora con loro? Voglio parlare con lui assolutamente. Non capisco cosa possa avergli detto. E soprattutto perché. -Magari solo per sviarli. Probabilmente anche lui sarà stato preso alla sprovvista. -Sì, ma perché non avvisarmi? Adesso dobbiamo assolutamente agire.
Innanzitutto bruceremo quello che è in nostro possesso, prima che ci arrivino loro. Perché torneranno e se avranno scoperto altro metteranno sottosopra il convento. -Ma non possiamo! Così andrà perso tutto. -Meglio così. Meglio così, piuttosto che finisca nelle loro mani. E lo capisci anche tu. -Potremmo nasconderli molto bene. -Ho un'idea migliore. Devi portare tutto a Brogliani, dopo che gli avrò parlato. Lui saprà che fare. E' un uomo saggio e gestirà questa responsabilità nel modo migliore. Ma dobbiamo agire già oggi. Abbiamo tutto il giorno per organizzarci. Dico a suor Matilde che prepari il pranzo un po' prima, così potrai partire subito dopo. Intanto vado a cercare il numero. Ho un mal di stomaco terribile e continuo a chiedermi: chi avrà lasciato questi indizi? Forse quell'uomo che hai visto? -Da troppi giorni mangia a malapena e ha un brutto colorito. Dovrebbe riguardarsi di più, con questi problemi, visto quello che deve affrontare. -Questa notte ho avuto una brutta colica. Non sono stata costante con le gocce, adesso le prendo subito. -Mah, quella roba omeopatica dubito che funzioni. Dovrebbe sentire un vero medico. -Non mi piacciono "i veri medici", e non mi hanno mai risolto i problemi, che, tra l'altro, in questo momento, sono aggravati dallo stress. Vado a cercare il numero di monsignore.
XXX
Quel pranzo domenicale fu piuttosto agitato. Appena fu possibile Andrea telefonò al dottor Federico Serra, voleva aver notizie della drammatica vicenda di Fabrizio. A quanto pareva si trovava ancora in caserma; era risultato positivo al test dell'alcol e della droga ma si era calmato, continuando però ostinatamente a incolpare lei di tutte le sue disgrazie, ossia di averlo abbandonato come paziente dopo averlo illuso di provare dei sentimenti per lui, inducendolo poi a cercare una donna che lo accudisse. Un mix di bugie e di delirio, che Serra aveva accolto con calma, cercando di farlo ragionare, una volta smaltito tutto ciò che aveva in corpo. Per ora era accusato di omicidio colposo, aveva chiamato il suo avvocato e stava riposando sotto sedativi. Il collega le disse che per ora la sua presenza non era necessaria, perché lui stesso si sarebbe preso cura di Fabrizio e avrebbe collaborato con i carabinieri. Quando interruppe la telefonata Andrea si sentì male, debole e in colpa per aver commesso degli errori stupidi, seppur le avessero detto che lei non aveva responsabilità, anzi, era una vittima: era stata seguita fino a Trivero perché Fabrizio era penetrato in casa sua e aveva rintracciato l'indirizzo del “Castagno”, appuntato vicino alla scrivania, sulla bacheca in sughero. Il custode del suo palazzo le aveva confermato che la porta era stata forzata ed ora stava provvedendo a farla accomodare. I carabinieri di Torino non avevano trovato altri danni nell'appartamento. -Allora ti aveva seguita, sapeva dove abitavi. Direi che poteva anche finir peggio. Come va? Un po' meglio? - le domandò premurosamente Roberto. -Aspetta, mi vibra il telefono… Sì? Ah, salve maresciallo, che novità? - il viso di Roberto si contorse per lo stupore. - Come? Morta? Andrea era impaziente di sapere cosa diavolo fosse successo e aspettava con ansia che la telefonata finisse. -Va bene, arriviamo subito. Roberto chiuse la telefonata e riferì che la superiora era stata trovata morta mezz'ora prima e che non c’erano segni di ferite o colluttazione sul cadavere.
Ora erano attesi al convento: il maresciallo si era convinto a seguire la pista suggerita dagli appunti, soprattutto nel caso in cui la morte della suora non fosse stata naturale, fatto da accertare con l'autopsia.
XXXI
Quando arrivarono al convento, un'ora dopo, il cadavere della superiora, essendo già state espletate tutte le formalità, compreso il sopralluogo del medico legale, era stato rimosso dalla serra, dove era stato rinvenuto da una delle suore più anziane, riverso in mezzo ai filari di erbe aromatiche e officinali. Dalle finestre si intravedevano cinque suore, che spiavano quello che succedeva all’esterno. Il maresciallo stava parlando con suor Lucia, nel cortile davanti al convento, e vedendoli arrivare gli andò incontro per informarli rapidamente dell’accaduto, senza troppi convenevoli, come nel suo stile. C'era anche Stefano, che li salutò con aria cupa e seguì la suora all'interno dell’edificio. -L’ha trovata stamane, intorno all'una, suor Ugolina, la più anziana del convento - spiegò il maresciallo. - Ha dato l'allarme e suor Lucia è venuta in caserma ad avvisarci. Sospettiamo che si tratti di un ictus. Ero stato qui questa mattina, intorno alle dieci, dopo che ci eravamo salutati. Neppure due ore dopo: morta! Mi ha avvisato Cericchi che c'è stato anche un grave incidente d'auto, in paese, ma se ne stanno occupando i colleghi di Biella, per fortuna. Andrea fece per dire qualcosa, ma tacque. Suor Lucia, uscendo dal convento in compagnia di Stefano, fece loro un cenno di saluto con la testa: aveva gli occhi lucidi, era apparentemente composta, ma comunque sicuramente turbata da una morte così inaspettata. Si rivolse verso il maresciallo, mostrando il suo profilo grazioso e disse: -Ultimamente la superiora era un po’ stressata, mangiava poco e aveva problemi gastrici, ma non consultava il medico, diceva che erano problemi cronici che curava con tisane fatte con le nostre erbe e rimedi omeopatici che le preparava la farmacia. Mi aveva detto che non si fidava dei dottori e da vent'anni non ne vedeva uno. Ho già parlato con suor Battistina, che temporaneamente assumerà il ruolo di superiora, ma preferisce che sia io a farle da portavoce. Sa, le nostre regole… - esitò suor Lucia.
-Alle quali lei non sembra obbligata, però, - disse Stefano in modo un po’ provocatorio. -Sì, infatti ha ragione. La nostra regola negli ultimi anni è stata un po’ mitigata nella sua severità, ma le suore più anziane preferiscono mantenerla, sono abituate così. Inoltre mi occupo io dei contatti con l’esterno, mentre prima dovevano ricorrere a fattorini e consimili. -Abbiamo capito. - tagliò corto il maresciallo. - Lillo, vai nella stanza della superiora a dare un’occhiata, accompagnato da suor Lucia, e porta via tutti i farmaci e le prescrizioni che trovi. Poi andrai nella farmacia dove si serviva la superiora a parlare con la dottoressa. Mentre i due si allontanavano verso l’ingresso principale del convento, il maresciallo si rivolse di nuovo a Roberto e ad Andrea. -L’affare si complica. Magari può essere morte naturale o no. Detto tra noi, il medico legale ha notato che il corpo aveva una rigidità innaturale, non dovuta al rigor mortis, che sopravviene solo tre ore dopo la morte e la superiora era stata vista entrare nella serra viva e vegeta appena un’ora e mezzo prima di essere trovata stecchita. Ebbene, al medico legale lo stato del cadavere più che ad un ictus ha fatto pensare ad un avvelenamento. Ma le suore non sanno nulla per ora, l’informazione è confidenziale. Il maresciallo aveva abbassato la voce con fare circospetto. - In ogni caso, le avevo interrogate questa mattina, come vi ho detto, e non ero proprio riuscito a cavarci nulla in più dell'ultima volta. Certamente la superiora nascondeva qualcosa, non ha voluto darmi un parere sugli appunti. E neppure accennare a che cosa successe quindici anni fa durante le loro ricerche. Mi chiedo il perché di tutta questa reticenza. E ora è morta. Poche ore dopo la nostra chiacchierata. -E suor Lucia? -Ah, quella suorina sicuramente saprà qualcosa, secondo me. Pareva più disponibile a parlare. Adesso che la cara superiora non c’è più, forse dirà quello che sa senza essere intimorita. -Mamma mia, come è cinico, maresciallo! Crede davvero che suor Lucia fosse condizionata dalla superiora? - esclamò Roberto.
-Ma sicuramente, dottor Ansaldi, non aspetto altro che si riprenda un pochino e poi la interrogheremo insieme. Andremo anche dal suo amico vescovo. Dai parenti della Sciacalli ci manderò Lillo, che ha un po’ più tatto di me. Alla fine è una faccenda di documenti rubati, se ho ben capito. Non rimane che pensare a quel losco figuro, che ben tre persone hanno visto allontanarsi dalla casa del Boggio. Avrà sottratto i documenti e se ne sarà andato uccidendo il malcapitato o glieli avrà chiesti, avranno litigato… ma certo che trucidarlo con quella roba sul viso… sarà fuori di testa oppure è una vendetta? Ah, questi ricercatori, a volte non sono molto a posto, sempre a scavare negli archivi come topi. Oh, mi scusi, non intendevo… cioè, lei non… -Non si preoccupi, maresciallo, io non o la vita negli archivi. Noi invece pensiamo che l’assassino sia una persona diversa dall'uomo vestito di nero; cioè colui che ha lasciato la mappa in vista per farcela trovare, cancellandone le impronte, qualcuno che ce l’aveva con il Boggio proprio perché ha dato o venduto qualcosa a quell'uomo. -Ah, mi sta facendo venire mal di capo, davvero. Ma qui siamo nel campo delle supposizioni pure. Alla fine che ne sappiamo di preciso di cosa ha preso questo signore? Quello che mi ha detto al telefono poco fa è un po' vago, professore. Ne siete venuti a capo, per caso? Sulla base di quello schema assurdo? Mi sembra che possano essere bubbole tra studiosi, magari qualcosa di grosso per loro, una cavolata per noialtri. Ma che ci sia una terza persona, addirittura... Cominciamo a scoprire chi mai poteva volere questi presunti documenti o cosa diavolo sono. Cosa ne penserà il vescovo? Chi poteva essere interessato a questi testi? Se esistono poi. Voi basate tutto sullo schema, ma io non capisco niente di queste cose teologiche, dovete decidere voi se ha un senso o è solo una marea di supposizioni. -Ci stiamo lavorando, ma il filo rosso l’abbiamo già trovato. Adesso, con l’aiuto di monsignore e magari della suora, potremo aggiungere altri elementi importanti. Il vescovo è già stato avvisato della morte di suor Veronica? -Certo, ed era sconvolto. Andrà Lillo a parlare anche con lui, dopo aver terminato l'incontro con gli Sciacalli, questo pomeriggio. In quel momento suor Lucia ricomparve in giardino, accompagnata da Stefano che teneva in mano una busta di plastica.
Intanto il maresciallo disse: - Beh, avrei aspettato a dirvelo, ma è meglio che lo faccia subito. Prima del vostro arrivo mi hanno telefonato dall’obitorio per dirmi che è stato trovato un foglio di carta da lettera nelle tasca della tonaca di suor Veronica. Sembra che voi ne sappiate abbastanza di questa storia, quindi è meglio che ne siate informati. -Davvero? Di che cosa si tratta? E’ scritto a mano? -No, è composto con le lettere ritagliate da una rivista. Per me non ha senso, forse per voi sì. Mi son fatto dettare il testo, ecco qui, leggete. Il maresciallo estrasse dalla tasca dei pantaloni un foglio tutto stazzonato e lo porse a Roberto, che lo prese impaziente e lesse ad alta voce: -“Una confraternita tramandò il segreto dei seguaci del maestro. La croce per loro è vita e sole, essi dicono: leggi, giudica e taci Ed il fiore mettono nella croce.” -Accidenti, Roberto… proprio quello che dicevamo prima. Qualcuno che ha tramandato questo segreto, di cui forse parla Dolcino nella quarta lettera. - disse Andrea. -Bah… - bofonchiò il maresciallo, - poi decidetevi a spiegarmi. -Non è così semplice, maresciallo. Bisogna capire da dove arriva veramente questo messaggio. -Dalla superiora? -Ma perdio, lo avrebbe scritto di suo pugno, in questo caso. No, si tratta di un’altra traccia che ci è stata lasciata a bella posta. E scommetto che la superiora non è deceduta naturalmente. Sapeva qualcosa, ma non voleva o non poteva dirlo.
-E allora questo indizio? -Ma è chiaro che deriva dalla stessa persona che ci ha lasciato gli appunti in evidenza. E questa persona vuole essere seguita. Ci lasci provare, tutto combacia. Se sapessimo a chi appartiene la grafia… ancora nulla? Il maresciallo scosse la testa sconsolato. -La croce… sarà quella descritta negli appunti. - disse Andrea -Cosa sarebbero? Croci cristiane? -No, maresciallo. Sono croci molto più antiche della croce cristiana, che ha tutt'altra valenza. Le prime croci che la storia archeologica ricorda risalgono all'antica Mesopotamia. La croce rientra in un simbolismo antichissimo, manifestatosi in numerose varianti. Per i cristiani è un simbolo legato a Gesù e al suo sacrificio. Per gli ebrei è un simbolo di biasimo e l'uso della croce nell'adorazione è idolatria. -E quindi? - chiese il maresciallo. -Quest’oggi ci mancano ancora alcune tappe indicate dagli appunti. E forse decifreremo il messaggio. Intanto aspettiamo i risultati dell’autopsia. - disse Roberto. -Ma chi ha lasciato il messaggio allora è l'assassino della superiora! - esclamò il maresciallo. -Credo di sì. Il messaggio è indissolubilmente legato all'ultima parte della mappa. -Ma perché lasciare una traccia? Non capisco...
XXXII
Erano tornati in albergo per un caffè. -Guarda, Roberto, c’è un articolo sull’omicidio del professor Boggio, ma non dice nulla di nuovo, solo che si pensava inizialmente a degli squatters ma adesso si imputa tutto ad un pazzo ignoto, che aveva scambiato il morto per un prete. -Certo, non possono dire nulla perché le nostre indagini non erano note, almeno fino ad oggi. Frattanto trillò il cellulare di Roberto che parlò a lungo con il maresciallo. -Polito mi ha detto che i medicinali trovati erano a base di cicuta, pianta mortale che viene usata in omeopatia per curare certi disturbi nervosi, in quantità infinitesimali. Ma pare impossibile che possano essere la causa della morte, neppure ingoiandone un botticino potrebbero uccidere. Ora Stefano è andato a parlare con i genitori della Sciacalli, se la trovassimo forse potrebbe dirci qualcosa di interessante. Come sappiamo, è sparita dalla circolazione. Ho sentito anche Brogliani. Ha detto che dobbiamo are da lui, entro stasera. -E che ne pensano suor Lucia e Brogliani del messaggio trovato nella tonaca della superiora? -Brogliani è cauto ma sembra disposto a dire quel che sa. Suor Lucia non ci capisce nulla, però dice di avere sentito la superiora parlare di una misteriosa confraternita, anche se non sa di cosa si tratta. Afferma di aver sempre avuto l’impressione che la superiora volesse tenere d’occhio il professore a causa di queste cose, ma di non essere mai stata messa a parte di che cosa si trattasse in realtà. -Uhm, mi pare strano, - disse Andrea -Cosa? -Che non sappia nulla, come dice.
-Comunque ci conviene andare in queste chiese e poi a parlare con il vescovo per riferirgli le nostre conclusioni. A questo punto non potrà più negare di saper qualcosa in più di quello che ci ha già detto. -Intanto speriamo che Stefano carpisca qualcosa dalla famiglia Sciacalli.
XXXIII
Andrea e Roberto si erano avventurati nel paese di Portula, pochi chilometri più in basso rispetto al santuario della Brughiera e stavano ora entrando nella chiesa parrocchiale di Santa Cecilia. -Sono certissima di avere visto un’iscrizione in cui veniva citata una confraternita, quando ho visitato questa chiesa a marzo. Per fortuna la chiesa era aperta. Il nome "Portula" deriva dalla parola "porta", che indica il punto di aggio tra due valli, la Valsessera ed il Triverese. La chiesa era vuota, solo una vecchia pregava inginocchiata in un banco in prima fila. Si misero a cercare freneticamente nelle molte cappelle, sotto gli occhi stupiti dell'anziana. -Il comune di Portula risale al XVII secolo d.C. e più precisamente è stato fondato il 24 ottobre 1627 e la parrocchia un anno dopo. Ma la chiesa può essere più antica. Non ho trovato molte informazioni su di essa. - disse Andrea. -Oh, qui si parla di una confraternita, guarda. Andrea corse letteralmente verso Roberto, intento a leggere un cartello che spiegava l’origine di una particolare cappella, detta della “Madonna del suffragio”. -Roberto, è quel che ti dicevo. Questa cappella è molto più antica della chiesa ed era stata voluta da questa confraternita di cento religiosi e religiose, che gestivano la farmacia! Qui dice che nacque nel 1594, però. -Sì, dice anche “canonicamente”, non sappiamo se esistesse già prima. Dobbiamo pensare che chi tramandava queste cose cercasse di dissimularsi in consorzi di religiosi per essere coperto e sfuggire all’Inquisizione. Allora la mordacchia era una realtà di tutti i giorni, non dimenticartelo. E queste persone,
oltre a custodire qualcosa di esplosivo, rischiavano di essere accusate di eresia. Certamente questo conferma le nostre ipotesi. -Ora è il momento di visitare la chiesa dei santi Antonio e Bernardo. -Sì, andiamoci subito, è a pochi minuti di macchina. Uscirono e saltarono letteralmente sulla Peugeot di Roberto. Arrivarono sulla piazzola antistante la chiesa e parcheggiarono proprio davanti all’entrata. La parrocchia di Croce Mosso è stata costituita nel 1534 e come cappella di Sant'Antonio è attestata dal 1444. Nella chiesa di Crocemosso la facciata è preceduta da un portico con affreschi, opera di Crida e Bluffo. L'interno della chiesa è pieno zeppo di dipinti e decorazioni. Sulla sinistra spiccano le immagini di Oropa e un’inquietante statua di una madonna nera. -“Essi dicono: leggi, giudica e taci. Ed il fiore mettono nella croce”. Che cosa vorrà dire? -Vorrà dire che dobbiamo cercare delle croci con il fiore, tipo il simbolo usato dai Rosacroce. Qui non ne vedo, almeno mi pare. E poi questo motto “Leggi , giudica, taci”, l’ho letto su un testo dove si parlava appunto dei simboli rosacrociani. -Anche i Rosacroce sarebbero coinvolti in questa storia, dunque? - chiese Andrea. -C’è chi teorizza che siano stati gli eredi dei Templari, o addirittura la stessa organizzazione. Ma adesso andiamo alla nostra prossima tappa e magari avremo altre risposte: la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta di Mosso santa Maria. Andrea non si stancava di osservare con cura tutti gli affreschi. -Guarda lassù - disse, indicando un punto del soffitto con il dito. - Non ti sembra la croce di Shamash, anche se un po' trasformata? -E' vero, parrebbe proprio lei. E se avessimo tempo, forse altre ne troveremmo. E
lassù, sulla volta, il ritratto di una donna con l'arpa celtica. Roberto era ormai un treno, sicuro di aver percorso la strada giusta. Tornarono alla macchina e procedettero per un chilometro. La chiesa in questione era molto più maestosa. La Chiesa Parrocchiale della Beata Vergine Maria Assunta di Mosso risale al 1650. Costruita in stile romanico, oggi dell’originale rimane solo il campanile, mentre il resto è di fattura barocca. Si ha notizie di una sua distruzione nel 1306 ad opera delle bande di Dolcino. All’interno, anche qui vi è una miriade di affreschi e cappelle. Iniziarono ad osservare tutto minuziosamente, dividendosi gli spazi; anche questa volta fu Roberto, attento osservatore, che trovò qualcosa di interessante. -Guarda, a lato di questa cappella vi sono due croci con il fiore dentro! -Bravo, e non solo… guarda su quegli altari marmorei quante croci a forma di giglio. Il giglio viene spesso accostato ai Rosacroce e all’araldica templare. E nota la cappella del sacro cuore: c’è in cima lo stemma della famiglia che l’ha fatta costruire, qui si dice che provenissero dalla Francia meridionale. Può essere tutta una serie di coincidenze ma... -Per noi non lo sono di sicuro. - esclamò Roberto. - Cristoforo Baggiolini, storico ottocentesco, afferma che la “pestifera” eresia catara fu portata in Piemonte da persone che avevano contatti commerciali con la terra della lingua d'oc. -Guarda cosa c'è scritto in questo riquadro: si fa riferimento al fatto che la porta laterale di questa cappella, detta dell'Immacolata, “conduce all'antica cappella di San Carlo, utilizzata dalla confraternita nel periodo invernale”. -Fin dal XII secolo si ha riscontro delle prime confraternite formate da laici. A seconda dell'importanza della confraternita, si ritrovavano su un altare o in una cappella o un oratorio, per compiere le pratiche religiose, sotto la guida di un capo e di un sacerdote e spesso si occupavano di attività benefiche e di assistenza. Ma questa cappella è contrassegnata da due croci con una rosa piccina dentro. E siamo stati inviati qui sia dalla mappa che dalla criptica poesia trovata nella tasca della superiora. Sicuramente entrambe le confraternite avevano un unico fine nascosto: preservare quello che era rimasto del segreto, forse anche oralmente. Ed erano affiliati ai Rosacroce e ai Templari. Non
sappiamo chi fondò la confraternita. Forse qualche dolciniano sopravvissuto al corrente del contenuto della terza lettera? Sarebbe interessante entrare in questa cappella di San Carlo, la porta è proprio lì, guarda. Andrea entrò con un balzo nella cappella e provò ad aprire la pesante porta di legno, ma era chiusa. -Non ci contavo d'altronde. - disse Roberto - Non mi soffermerei oltre, ci manca ancora il santuario dei Moglietti e poi partiamo subito per Ivrea. Si trova nel comune di Coggiola, che confina con Portula, dove ci trovavamo prima, anche se è situato fuori dal paese, su una strada sterrata. - disse Roberto. Con l'auto, in meno di mezz'ora, arrivarono sul posto. Il santuario è costituito da una chiesetta, con abside, porticato, campanile e un piccolo romitorio. L'antico pilone votivo all'origine del santuario, recante una immagine della Madonna con in braccio il bambino Gesù, è tuttora inglobato nell'edificio sacro. -Gli affreschi nel pilone votivo sono stati datati di epoca dolciniana. Leggendo il cartello che descrive l'affresco vengono nominati tre personaggi: San Giuseppe e Santa Lucia che fiancheggiano la Madonna d'Oropa con il bambino in braccio. Stranamente la Madonna d'Oropa qui è raffigurata con la carnagione bianca. Ma nota bene: sulla sinistra c'è una quarta figura, che non viene neppure menzionata, ha i capelli lunghi, è di pelle scura e ha una spiga in mano. Sembrerebbe una donna, a prima vista. -E' vero! Ha la pelle scura, ma non è la Madonna, perché essa sta al centro dell'affresco. - esclamò Andrea. -Questo affresco forse vuol far intendere che le madonne nere non rappresentano Maria, ma un'altra persona. Non può essere un caso che questa misteriosa donna sia di pelle scura. Ed è curioso che venga ignorata nella descrizione per i turisti. Interessante anche la presenza della spiga. Come in quasi tutti i culti essa è sinonimo di fecondità e rinascita, ma poiché il cereale, prima di nascere in primavera, resta sepolto sotto terra, è l’analogia del aggio dell’anima dall’ombra alla luce. Nell’antico Egitto la spiga dorata era attributo di Osiride. Nella mitologia babilonese il dio Tammuz incarnava lo “spirito del grano”: era un giovane dio che ogni anno moriva per poi tornare in vita, così come il seme di grano deposto nella terra deve morire per poi rivivere come germoglio e infine
come spiga.
XXXIV
Erano ormai le cinque del pomeriggio, e decisero di partire in anticipo per evitare una corsa ciclistica che doveva attraversare la Serra. Arrivarono quindi ad Albiano intorno alle diciotto e parcheggiarono vicino al sentiero acciottolato che conduce al cortile del castello. Siccome era molto presto, Roberto propose un aperitivo. Si sedettero nel dehors di un grazioso baruccio nel centro storico di Albiano e ordinarono del vino bianco. La giornata era calda, ma spirava un venticello piacevole. Andrea tolse la giacchetta nera, era un po' sudata. I lunghi capelli scuri si appiccicavano al viso, esso pure madido di sudore. -Cosa c'è? Ti vedo un po' agitata. -Temo che Brogliani non voglia aiutarci. -Lo vedremo. Oramai anche lui è alle strette. Sorbirono con calma i bicchieri di vino, fumando un paio di sigarette. Roberto stava riguardando le foto che aveva scattato ai simboli trovati; Andrea rimase in silenzio, assorta nei suoi pensieri, e si mise a rileggere gli appunti che aveva nella borsa, presi durante lo sviluppo del caso. Ad un certo punto Roberto attirò l'attenzione di Andrea, toccandola su un braccio. Lei trasalì. Alzò la testa e con uno sguardo d'intesa Roberto le indicò un uomo. Sembrava un beccamorto, alto quasi due metri, con il naso a gobba, tutto vestito di nero. Si stava avviando verso una Ford Fiesta nera, parcheggiata poco distante dalla stradina che tra poco avrebbero dovuto percorrere. -E' sceso dal castello. -E' lui, il nostro uomo misterioso! Lo riconosco! - Andrea quasi rovesciò il tavolino scattando in piedi. -Ne sei sicura? - Roberto era sorpreso, ma non perse la sua imibilità.
-Voglio parlare con il vescovo, prima di trarre conclusioni affrettate. Tu non accennare nulla, lascia fare a me. -Sono le sette. - disse Andrea - Andiamo? Si incamminarono verso il portone principale, un po' emozionati. I jeans stretti si appiccicavano come una seconda pelle alle gambe di Andrea, da tanto stava sudando. Erano all'epilogo del mistero? Brogliani li accolse con cortesia, ma si vedeva che era sconvolto per la morte della superiora. Disse parole di cordoglio e che era stato convocato dai carabinieri di Trivero per collaborare a far luce sui delitti. Roberto era più distaccato del solito e il vescovo se ne accorse. Li fece accomodare nella sala da pranzo di cui ricordavano la sontuosità degli arredi e cercava di dissimulare il suo disagio proponendo aperitivi rinfrescanti. -Ascolta, Giovanni, smettiamola con queste manfrine. Abbiamo visto uscire di qui lo stesso uomo che Andrea, la sua amica e suor Lucia hanno notato nei pressi dalla porta del Boggio il pomeriggio in cui si è consumato il dramma. Che ci faceva qui? Siamo certi che non sia stato lui ad ucciderlo, ma di sicuro era da Ludovico per avere qualche cosa. Ormai lo sappiamo. Ciò che non sospettavo era che tu fossi coinvolto fino a questo punto. Abbiamo ripercorso tutta la strada indicata dagli appunti e sappiamo che al tempo delle vostre ricerche avete scoperto qualcosa di grosso, che sicuramente la Chiesa non gradirebbe affatto riesumare. Abbiamo anche capito di cosa si tratti ed è difficile adattarsi a quest'idea anche per noi. Il professor Boggio aveva le prove. E tu hai mandato questa persona a prenderle, un documento forse, non so di che genere. Si tratta proprio della terza lettera? Ma perché non dircelo subito? Ora ci dovrai spiegare cosa c’entrano le croci di Shamash, le Madonne nere, i Templari, i Catari, i Mandei e i Rosacroce con Dolcino. E immagino che tu sappia della strana poesia trovata nella tasca della superiora. Brogliani era crollato seduto su una sedia accanto alla sontuosa tavola da pranzo attorno alla quale avevano cenato una settimana prima. -Non so nulla di come sia morta Veronica e neanche della poesia. Se vi avessi detto quel che era successo voi avreste sospettato di me e anche la polizia. Non ho idea di chi abbia ucciso Ludovico ma è venuto il momento che vi dica quello che so.
Si allontanò per pochi minuti dalla sala e rientrò con in mano una cartellina nera, dalla quale estrasse un foglio molto ingiallito. -Ecco ciò che ha causato tutto: è la fotocopia di un documento originale in latino, che riporta un brano che alla Chiesa era sfuggito, un brano che si ritiene per certo sia stato scritto da qualcuno vicino a Bernardo Gui. Questo probabile collaboratore di Gui, il cui nome rimane ignoto, nel suo resoconto, fa riferimento ad argomenti della terza lettera, i cui contenuti, come tu sai bene, sono sempre stati solo presunti. Si conoscevano i contenuti delle prime due dai riassunti di Gui. Era la terza ad essere oggetto solo di ipotesi, per mancanza di fonti. Ed ecco che, durante le nostre ricerche, Ludovico trovò nell'archivio storico della Diocesi di Novara questo riferimento al contenuto della terza lettera di Dolcino, in un documento manoscritto originale. Nel 1304 Dolcino giunse in questi territori e a questo periodo molto probabilmente risale la terza lettera da lui scritta, che Bernardo Gui diceva di ricordare, senza però averla vista. Ma sicuramente la lesse e la distrusse per ovvi motivi, non senza allertare i più alti rami ecclesiastici, affinché si accelerasse la strage dei dolciniani e fosse sepolto questo terribile segreto. Purtroppo per lui rimase una traccia di questa corrispondenza, che Boggio aveva per caso ritrovato. Ora solo la fotocopia rimane, la sola prova documentale della nostra ricerca. Tutto fu fatto sparire dalla Chiesa, quindici anni fa. La vostra famosa mappa era sbagliata in partenza, ve l'ho detto, ma non so chi abbia commesso un errore così grossolano. Non c'è mai stata nessuna quarta lettera e quell'indizio fu scritto forse per confondervi. Speravo che lasciaste perdere questa storia e poi ero stupito, attonito. Quegli appunti... mi resi subito conto che non potevano essere di Ludovico, ma allora di chi? Ero inquieto, volevo pensare, temevo che qualcun altro sapesse. Chi altri oltre a Veronica? E' vero, quella specie di mappa era molto vaga, ma riportava una parte degli indizi da noi trovati, che avevano condotto, soprattutto me e Ludovico stesso, a trarre le conclusioni a cui mi pare che anche voi siate arrivati. Ma l'incipit è stato il riferimento al contenuto della terza lettera, dai quali si evince che Dolcino era già venuto a conoscenza di fatti veramente scottanti per la Chiesa. Da quanto viene riportato, Dolcino afferma che l'eresia più grande è quella della Chiesa romana, che non solo è corrotta, ma propugna un credo totalmente falso e che la vera dottrina ci è pervenuta dalla Francia meridionale, predicata da alcuni apostoli in fuga da Gerusalemme durante il primo secolo, supponiamo non oltre la seconda guerra giudaica. Ma parla di apostoli di Giovanni Battista. E afferma
di sapere che il credo giovannita insegna una dottrina molto antica, precedente a Gesù . Ecco tutto quello che sappiamo dalla lettera. Ma la cosa più sconvolgente era che il credo gnostico, che ben si integrava con la religione druidica, e non quello gesuano, fosse giunto sulle coste della Francia dalla Palestina; come si evince dalla cultura di quei luoghi e dalla mitologia ad essa collegata, anche se la tradizione legata a Giovanni sarebbe poi stata messa in ombra dalla predicazione evangelica inviata da Roma. Come e da chi Dolcino abbia saputo rimane un mistero. Dai Templari? Pare difficile. La risposta più ovvia sarebbe dai Catari, e ci avrete sicuramente pensato. E loro vennero a conoscenza del segreto dai Templari. Un segreto intuibile anche da altri elementi: Simon Mago e Dositeo, discepoli e presunti eredi del gruppo di Giovanni, fondarono sette gnostiche giudicate eretiche dalla Chiesa cristiana primitiva. Inoltre, come pare, gli elementi gnostici del Vangelo di Giovanni sono affini agli scritti dei Mandei e ai testi gnostici precristiani; tutto ciò ci induce a pensare che Giovanni Battista stesso fosse gnostico. San Giovanni è stato sempre scelto quale patrono da quasi tutte le antiche sette esoteriche e dalle società iniziatiche. La decollazione del Battista si celebra il 29 agosto, data in cui si svolge la Perdonanza, perché sicuramente anche il Morrone era stato messo a parte del segreto. Le sette collegate a Giovanni Battista, ovvero una parte degli Esseni di matrice non giudaica, come testimoniato da Epifanio, Mandei, Simoniaci e seguaci di Dositeo, erano tutte originarie della Palestina, ma non seguivano la religione ebraica. Nonostante i testi dei Mandei siano spesso oscuri, molte delle loro affermazioni sono state confermate dagli studiosi contemporanei. I Mandei sono certamente i rappresentanti di una gnosi unica, nella quale, nonostante i dubbi circa la sua origine e il suo carattere, c'è il prodotto di una speculazione razionalistica tra la religione astrale babilonese (ed ecco la croce di Shamash) e il dualismo iranico, con la conservazione di miti naturistici d'origine anche più antica che ben si integrarono con il druidismo. Nella dottrina mandea inoltre mancano elementi greci, mentre questi sono presenti in tutte le rimanenti dottrine gnostiche, compreso il manicheismo. La loro setta ebbe in Giovanni Battista un profeta, ma era stata fondata molto tempo prima: i seguaci lo onorano, ma lo considerano solo un maestro e un profeta. Essi furono perseguitati, prima dai giudei e poi dai giudeo cristiani e furono cacciati dalla Palestina, verso i territori in cui vivono oggi.
Inoltre, se il Vangelo di Giovanni contiene molte parti di documenti scritti dai seguaci di Giovanni Battista, si spiegherebbe l'interesse che i Catari mostrarono per questo scritto, ma anche la confusione, probabilmente deliberata, tra Giovanni e Gesù. Infatti i Catari utilizzavano solo il vangelo di Giovanni l'Evangelista e non a caso, perché ha un'impostazione di tipo gnostico, come risulta evidente dal prologo e dall'affermazione di uno dei princìpi fondamentali dello gnosticismo: l'uomo proviene da Dio e partecipa della sua natura divina. Gli stessi testi mandei infatti ne recano dei brani nelle loro scritture. Ci sono numerose somiglianze con i testi gnostici nel linguaggio usato nel vangelo di Giovanni. Quello che leggiamo noi è stato, come gli altri, epurato ad arte, ma è l'unico vangelo che molti studiosi non escludono possa essere stato scritto proprio dal discepolo Giovanni, che inizialmente era discepolo del Battista, mentre i sinottici sono chiaramente pseudoepigrafi. Noi quindi abbiamo indizi che confermano l'esistenza di un movimento gnostico ispirato da Giovanni il Battista, i cui eredi contemporanei sarebbero i Mandei. Ora grazie all'epigrafe templare sappiamo per certo che i Mandei, al tempo delle crociate, vennero in contatto con i Templari che rivelarono tutto ai Catari: l'ultimo maestro gnostico era Giovanni, e non Gesù. -Ma come siete arrivati all'epigrafe?- domandò Roberto. -Ludovico era convinto che nelle chiese qui intorno fossero rimaste delle tracce esoteriche, indizi lasciati a bella posta affinché le antiche sapienze non andassero perdute. E così si mise ad esaminare chiese, oratori e santuari nei minimi dettagli. E trovò un'infinità di segni. Si spinse anche a Vercelli, e a Crea, che aveva in comune con Oropa la leggenda eusebiana e la presenza della Madonna nera. Quel capitello... l'avete visto no? Il messaggio di Gesù, così come lo conosciamo noi oggi attraverso la mediazione dei vangeli canonici, non è altro che il frutto della manipolazione paolina. L'apostolo Paolo di Tarso, in rotta con la comunità protocristianagiudaica di Gerusalemme, aveva stravolto il suo insegnamento, che in verità abbiamo difficoltà a capire quale fosse, sradicandolo dal contesto ebraico ed adattandolo al pubblico greco-romano. Il legato originario del Messia, quindi, è andato perduto. Nulla in realtà si sa su chi fosse Gesù e sulla sua storicità si discute ancor oggi, proprio perché non solo nessuno storico parla direttamente di
lui, ma le poche notizie che abbiamo sono falsate, interpolate e contrastanti, tanto che viene identificato con persone del tutto diverse fra loro: il nome Jeshua era comune tra gli Ebrei e l'appellativo di Cristo era un titolo che significava “l'unto”. Gli Ebrei attendevano un messia, un unto del signore, capo politico antiromano. Siccome l'eroe archetipo era Giosuè, conosciuto anche come “Gesù del pesce”, il nome Jesus era originariamente un titolo di “salvatore”; ogni gruppo di resistenza ebrea aveva un proprio eroe con quel soprannome. All'epoca non c'erano meno di diciannove Jeshua. Ma chi era tra questi il Gesù dei vangeli? Neanche i padri della chiesa sono concordi sulle date e ci sono quattro vangeli in contrasto fra di loro. Nello stesso vangelo sembra che si parli di due o tre persone diverse, se si legge con attenzione. E non c'è certezza storica, come per esempio esiste per tanti altri profeti che fecero altrettante meraviglie e furono molto più magnanimi: Apollonio di Tiana, per esempio, o il grande Pitagora di Samo. Su Maometto e Buddha sappiamo vita, morte e miracoli, riti certi, e quelli rimangono. Può darsi allora che i Cavalieri avessero scoperto l'ultima verità, che per noi rimane ancora oscura. Invece la dottrina che predicava Giovanni Battista, densa di gnosticismo e seguita dai Mandei come affine alla loro, aveva mantenuto il suo spirito originario e continuava a perdurare custodita e tramandata dalla loro setta. Furono questi gnostici i veri portatori della tradizione occulta, che avrebbe penetrato le fila dell'Ordine del Tempio durante le crociate in Terra Santa e che sarebbe poi tornata alla ribalta nel corso di tutto il Medioevo e del Rinascimento. Per farvi meglio capire il contenuto dell'epigrafe, vi cito un testo tratto dai libri sacri dei Mandei: “Quando Giovanni sarà un uomo, battezzerà per quarantadue anni, prima che Nebou si rivesta di carne e venga al mondo. Mentre Giovanni vivrà in Gerusalemme, diventando influente oltre il Giordano, e battezzando, Gesù Cristo verrà a lui, si renderà umile, riceverà il battesimo di Giovanni e diventerà saggio con la saggezza di Giovanni. Ma poi egli corromperà gli insegnamenti del maestro, pervertirà il battesimo del Giordano, distorcerà le parole della verità e predicherà la frode e la cattiveria del mondo. (…) Dopo la morte di Giovanni, il mondo cadrà in preda all'errore. Il Cristo romano abbatterà i popoli, i dodici seduttori viaggeranno per il mondo: per trent'anni il Romano manifesterà se stesso agli uomini.” I dodici seduttori sono, come avrete capito, gli apostoli di Gesù. Maria Maddalena, in realtà, operò in Palestina al fianco di Giovanni, ed era il collegamento terreno al femminino sacro, sostenuto da tutti gli gnostici. Quella
sacralità che fu poi duramente condannata dal cristianesimo paolino e infine del tutto cancellata dalla Chiesa Cattolica Romana, la quale relegò la donna all'ignoranza e alla sottomissione. Dopo la distruzione del tempio Maddalena fuggì in Francia a divulgare il messaggio gnostico giovanneo e dei Mandei. Ecco il perché della presenza di tutte quelle Madonne nere, che Madonne non sono ma rappresentano la Maddalena e tutte le sacerdotesse e le deità femminili gnostiche, onorate anche dal druidismo celtico, largamente diffuso in Francia e anche in queste zone. E se siete andati a visitare il santuario dei Moglietti ve ne sarete resi conto. In ogni santuario dove è presente una Madonna nera, c'è un indizio della verità. La grande concentrazione di chiese dedicate a Giovanni Battista, che custodiscono reliquie della Maddalena e statue della Madonna nera nel sud della Francia, è una continuazione di queste tradizioni sotterranee. -Ma se tutte quelle indicazioni, le Sante Marie, i capitelli di Crea, l'epigrafe templare, gli affreschi a Vercelli... tutti alludono alla diffusione dello gnosticismo e furono trovati da Ludovico, come siete arrivati alla confraternita? E i santuari della zona tra Trivero, Portula, e Coggiola? -Il contenuto della lettera fu occultato, nel 1306 furono liquidati Dolcinani e Templari, con torture e roghi. Ma non tutti gli Apostolici perirono nell'eccidio, e neppure i Templari, come sappiamo. Tra gli stessi Catari ci furono dei sopravvissuti. Le eresie, come la Chiesa le appella, continuarono. Naturalmente queste persone si mescolarono alla gente comune e apparentemente seguivano i dettami della chiesa cattolica. Nei paesi vicino a Trivero, tra Valle Mosso e Val Sessera, furono fondate due confraternite, tra loro collegate, una a Portula e l'altra a Santa Maria. Di facciata non erano altro che confraternite che gestivano la farmacia e si occupavano delle opere caritatevoli. Si incontravano nella cappella di San Carlo, collegata alla chiesa parrocchiale dell'Assunta di Mosso; la cappella è antica almeno quanto la chiesa primitiva, risalente al XIII secolo. Non erano in possesso di documenti, ma tramandavano oralmente lo gnosticismo giovanneo e ricordavano ogni volta che in Mesopotamia vagava ancora una comunità che custodiva la verità. L'ingresso della cappella è contrassegnato da due croci col fiore dentro. E la verità fu tramandata di padre in figlio. Questa confraternita fu poi sciolta nel XIX secolo, quando l'Inquisizione subì un pesante arresto per l'arrivo delle truppe napoleoniche. Probabilmente i custodi del segreto spostarono altrove la loro sede, ma di questo non sappiamo nulla.
-Sì, ma come avete scoperto che si trattava di congregazioni particolari? -Dagli archivi inquisitoriali. Come sai, l'Inquisizione era una macchina terribile ma precisa, tutto veniva trascritto, compreso il processo. Negli ultimi anni, poi, con il censimento degli archivi, siamo stati un minimo agevolati. Nei quattrocento anni in cui sopravvissero queste confraternite, alcune persone di questi luoghi furono processate per eresia. Non era difficile finire nelle maglie dell'Inquisizione, bastava una semplice denuncia. E tutti i denunciati appartenevano alla confraternita. Leggendo le trascrizioni degli interrogatori, si desumeva che l'accusa era sempre la stessa: “usare litanie nuove non approvate dalla sacra congregazione de' riti”. Probabilmente si trattava della ripetizione orale per ricordare l'insegnamento giovanneo. In alcuni periodi sulle due confraternite si appuntarono dei sospetti, ma il fatto che svolgessero molte attività benefiche a sostegno della popolazione fece sì che la gratitudine dei montanari le tirasse fuori dai guai. E infatti tutti gli appartenenti furono sempre assolti, grazie alle testimonianze in extremis di gente comune che non aveva nessun interesse che tali istituzione fossero chiuse. Ed ecco perché le confraternite erano due, se una fosse stata soppressa, rimaneva sempre l'altra. Tornando al discorso di prima, i Templari scoprirono di più di quello che siamo riusciti a capire, quando entrarono in contatto con i Mandei. Più di quanto non siano ancora riusciti a scoprire i ricercatori attuali, sull’origine di questa setta e l’identità di Gesù. Ecco cosa significano quegli appunti. Indicano il percorso fatto dallo gnosticismo mandeano-giovanneo. Ma chi può averli scritti? Qualcuno che conosceva la nostra ricerca, ma non bene.
XXXV
-Mi sta dicendo che davvero non sa più niente di sua figlia da quindici anni? Stefano si trovava nel salotto di una lussuosa villa nella campagna che attornia Biella, conversando con la madre di Milena Sciacalli, la quale l’aveva accolto con una freddezza evidente, mista ad un composto imbarazzo. La signora in questione doveva essere sulla sessantina, considerando che la figlia avrebbe dovuto avere ora sui trentacinque anni, ma ne dimostrava molti di meno. Forse la corporatura asciutta, i lineamenti aristocratici e il viso liscio aiutavano a mantenere quell'immagine elfica. -Naturalmente fummo travolti dallo scandalo, ma di sicuro non avremmo voluto che sparisse in questo modo. Alla fine del processo una mattina trovai la camera vuota e un biglietto: “Vi farò sapere notizie, non cercatemi”. Non aveva preso nulla dalla sua camera, nessun oggetto personale. Mio marito ha ingaggiato il fior fiore di investigatori privati, ma sembra essersi volatilizzata. Unica traccia: una cartolina mandata da Genova, senza firma, dieci anni fa. -La ragazza era turbata per quello che era successo? Per l’accusa di stupro poi ritirata, voglio dire. -Non mi sembrava turbata, ma non parlò mai con me di quei fatti, della sua relazione con quel professore. Io sospettavo qualcosa, allora. Ma era talmente entusiasta di lavorare con lui, questo sì, in maniera quasi ossessiva, strana per una ragazza di quell'età, e quindi non ero sicura, a volte sembrava realmente solo interessata alla ricerca. Naturalmente diceva di essere pagata, ma non erano certo i soldi ad attirarla. Ne aveva in abbondanza da noi, che l’abbiamo sempre viziata come figlia unica; del resto i mezzi non ci mancavano, come saprà. No, era proprio esaltata da questa indagine storica e devo dire che la cosa mi stupiva e non ne capivo il motivo. Non era da lei rimanere sepolta tutto il giorno in biblioteca o dal professore, a tradurre cosa, non l’ho mai capito. E l’accusa di stupro fu una vendetta, sicuramente. -Una vendetta?
-Secondo me sì, il professore la teneva un po' all'oscuro di certi aspetti della ricerca e questo lei non lo sopportava. Cambiò carattere, cominciò a diventare farneticante, a volte parlava di tradimenti, era diventata aggressiva e addirittura la temevamo, con quegli scoppi d’ira che aveva. Riguardava il lavoro che aveva svolto, ma non le so dire di più. Tentò anche di ricattare il professore, pur di essere messa al corrente di tutta la ricerca. E con questo la signora fece capire che per lei il discorso era chiuso. Stefano si alzò, ringraziando per la collaborazione e salutò educatamente. Mentre stava uscendo, scortato dalla domestica, la signora Sciacalli disse: -Aspetti… se ne avrà notizie me lo faccia sapere. E’ dura rimanere nel dubbio.
XXXVI
-Facciamo così, Giovanni. Ora verrà qui Stefano, il mio amico brigadiere. Gli spieghiamo a grandi linee quello che è successo, per fargli comprendere che tu non c’entri con la morte del professore. E insieme cercheremo di capire chi può averlo ucciso così sanguinariamente e perché. Oh, scusate, ho il cellulare che vibra. E' il maresciallo. Andrea e Brogliani rimasero in attesa ma non udirono la conversazione, perché Roberto andò nell'altra stanza. Rimasero in silenzio, davanti ai calici che ancora non erano stati toccati. In compenso Andrea aveva fumato un sacco di sigarette senza neanche chiedere il permesso e nella sala aleggiava una sottile nebbiolina. arono meno di tre minuti, che sembrarono interminabili, e Roberto tornò nella stanza sconvolto. -Cosa c'è? -Dall'autopsia risulta che la superiora non ha avuto un infarto, ad ucciderla è stata un'iniezione di insulina e non certo la cicuta. -Ma, non capisco... era diabetica? -No, ed è proprio per questo che è morta. L'iniezione d'insulina in un soggetto non diabetico provoca la morte, come un infarto. Aveva una piccola puntura nascosta sulla nuca. Anche se avesse voluto suicidarsi difficilmente sarebbe riuscita a farsela in quel punto. Dunque, qualcuno l'ha uccisa. E manca dell'insulina dalla camera di una suora che è diabetica. -Ma perché? Forse sapeva? -Allora sospetteranno me! Come per Ludovico. - esclamò il vescovo -Cosa sapeva in realtà la suora? - domandò Andrea.
-Quello che sapevamo anche noi. Inoltre al convento era in possesso di alcuni documenti originali sulla confraternita, che nascondeva, ma non avevano molta importanza L'avevo sentita telefonicamente, temeva che le informazioni sarebbero state vendute, non intuiva che me ne ero impadronito. Cercai di rassicurarla. Era agitata, voleva portarmi i documenti in suo possesso, mi chiese il permesso di distruggerli, addirittura. Aveva paura, ma non so di cosa. Lei mi disse che temeva le perquisizioni dei carabinieri; mi sembrava una storia assurda, era sufficiente nasconderli bene, ma lei insistette ed ebbi addirittura l'impressione che volesse venire personalmente. Eppure, come le sottolineai, da quei documenti non si poteva risalire a nulla. L'unico importante è quello che posseggo io in copia. -Ma perché non le ha detto che aveva fatto comperare il documento? -In realtà non mi fidavo neppure di lei. Sapevo solo che quel documento nelle mani di Ludovico, per come era ridotto ora, era un pericolo. L'aveva nascosto nella chiesa grande della Brughiera, da quello che mi ha rivelato l'uomo che ho mandato a prenderlo. Nel presbiterio, dietro un quadro! E dopo anni, mi sono deciso a impadronirmene per stare tranquillo, inviando dal Boggio quel Giuseppe, che avete riconosciuto. Spacciandosi per un ricercatore, con una cospicua somma di danaro l'ha convinto a consegnarlo. Capite, per una persona nelle sue condizioni avrebbe significato riprendere a vivere normalmente. E così l'ho comprato, ma solo per custodirlo meglio. Se fosse venuto alla luce, avremmo potuto avere dei guai simili a quelli che ebbi io tanti anni fa. Nello stesso tempo desideravo che non andasse distrutto. E non volevo che la superiora sapesse che l'avevo io. Non ho mai capito, in realtà, la sua reale posizione e non comprendo perché fosse tanto impaurita. Certamente, come suora cattolica non voleva che si scoprisse tutto, posso solo pensare questo. Era sempre stata in una posizione più defilata, non aveva attirato l'attenzione come me e Ludovico. Nel frattempo, mentre ascoltavano il vescovo, Andrea aveva notato Roberto parlare velocemente al telefono; terminata la conversazione, si rivolse a Brogliani: -Stefano sta venendo qui con la suora giovane, Lucia. Cercheremo di scoprire quello che sa e vedremo di risolvere questa storia, lasciandoti fuori. Ti conosco, so che dici la verità e hai agito in buona fede. Così Stefano ci aggiornerà anche su cosa ha scoperto a casa degli Sciacalli, la famiglia di quella ragazza che aiutava il Boggio nelle ricerche e l'ha accusato di stupro. Tu l'hai conosciuta
direttamente? -L'avevo vista in una foto sul giornale, e basta. Lui mi disse che si faceva aiutare da quel traduttore di Torino, amico di mio nipote, e soprattutto da lei, che veniva direttamente nel suo studio. Del resto, come potete immaginare, c'erano un sacco di documenti noiosi da leggere, resoconti inquisitoriali, carteggi vari. E adesso che sapete tutto, potremmo anche mangiare, che ne dite?
XXXVII
Avevano mangiato tranquillamente, parlando poco e gustando l'ottimo cibo. I minuti avano interminabili, mentre aspettavano Stefano. Il vescovo conversava del più e del meno e Andrea rispondeva per pura cortesia, ma si vedeva che era in imbarazzo. Per fortuna, dopo un'interminabile ora, suonarono alla porta e furono introdotti in casa il brigadiere e suor Lucia. Dopo i convenevoli, Lucia si sedette. La religiosa appariva sconvolta, quasi trasfigurata. Stefano e Roberto confabulavano nell'ingresso e non si decidevano a sedersi. Il vescovo si presentò, offrendole cibi e bevande, che la suora rifiutò timidamente, dicendo di avere lo stomaco chiuso. Andrea borbottò dei goffi saluti e poi non riuscì a proferire altre parole, neppure di rincrescimento. Il vescovo era piuttosto nervoso e giocherellava con il calice. Andrea si chiese se dopotutto fosse stato sincero questa volta, avendo mentito così spudoratamente alla cena di una settimana prima. Intanto Roberto aveva riassunto a Stefano la dinamica dei fatti, senza perdersi in particolari teologici. Finalmente si sedettero tutti e Stefano disse: -Caro vescovo, noi sospettavamo già che fosse stato lei a mandare quell'uomo negli appartamenti del custode. Non era la prima volta che andava ed era stato notato dalla signora che abita nella casa appena sopra il santuario, già qualche settimana prima dell'omicidio. Lei è stato sfortunato, oltretutto, perché la donna ha anche riconosciuto l'uomo misterioso, che era organista della madre chiesa di Ivrea quando lei ne era il semplice vicario. Sa, l’anziana è originaria di quella cittadina. Ma ha pensato bene di dirmelo solo oggi pomeriggio, perché non pensava che avesse importanza. Si era fissata anche lei su quei ragazzacci. Tutti guardarono il vescovo, che ammise: -E' vero. Ho mandato quell'uomo di mia fiducia. E i motivi sono ovvi, mi pare, li ho già detti prima, anche se lei non c'era. Non potevo rischiare che un
documento importante, seppur una copia, rimanesse nelle mani di una persona così inaffidabile. E sapevo che l'aveva lui. Non volevo certo che fosse reso pubblico o venduto a qualche barbaro. Con il rischio che si pensasse che ero stato io. -Lo sappiamo. Ma c'era qualcuno a cui premeva molto che venisse fuori tutto, in modo eclatante, e che voleva scoprire di più. Qualcuno che era rimasto molto male per come erano andate le cose quindici anni fa, che tampinava il Boggio per avere la copia del documento e lo uccise quando si rese conto che l'aveva già venduto. L'assassino lasciò appositamente degli appunti che non erano del morto, ma vecchi di quindici anni, questo sì. -E chi li ha scritti, allora? -Ancora non lo sappiamo. Ma è stato il tentativo di ricostruire la vostra ricerca, per quel poco che aveva potuto capire. -Ma chi...? - domandò Andrea. -Una ragazza rancorosa che aveva partecipato alle ricerche ma tenuta in disparte, e non le era andato giù che tutto fosse insabbiato. Una ragazza che ne aveva fatto un'ossessione di tutti questi misteri legati alla storia di lettere e messia. Che era arrivata ad accusare falsamente il professore, dopo averlo ricattato, di stupro, per vendetta. Il Boggio non si fidava e non le mostrava tutto. Ma lei riuscì a produrre, forse con l'aiuto di qualcuno, quella specie di mappa sconclusionata che abbiamo letto tutti. Alla fine si scoprì che l'accusa era falsa e lei decise di sparire. Parlando con sua madre, sono arrivato alla conclusione che fosse davvero impazzita. Quindici anni per meditare come riavvicinare Ludovico e riprendere le ricerche. -Milena Sciacalli dunque! Ma quando sarebbe venuta in contatto con lui? Qualcuno l'ha vista? -Certo, vescovo, l'abbiamo vista tutti, - rispose Stefano - solo che non sapevamo che fosse lei. Ed esattamente nelle vesti di suor Lucia. E non neghi, - disse rivolgendosi alla religiosa - perché quando ho parlato con sua madre la somiglianza mi ha subito colpito. Inoltre, mi ha detto che le ultime notizie di lei le aveva avute da Genova. Dove quindici anni fa si fece novizia come suor Lucia, nella casa madre delle romite devote del Battista, usando un documento falso. Perché lo fece, Milena? Forse voleva portare il messaggio tra quelle suore,
era veramente convinta di essere una messaggera del vero maestro? Ma poi ebbe l'occasione di venire qui, in questo piccolo convento, di stare in contatto con la superiora e di estorcerle delle informazioni. E lo fece. Quando poi seppe che il suo ex amante si trovava anch'egli nei paraggi, non le parve vero di poterlo riavvicinare. Era l’unico in grado di riconoscerla. E lo spaventò davvero, perché lui non rivelò mai a nessuno la sua identità. O forse lo sedusse nuovamente, questo ce lo dirà lei, se vorrà. Inoltre convinse la superiora a confidarsi e a tenerlo d'occhio. Forse Boggio inizialmente accettò di rivelarle tutto e soprattutto di riprendere le ricerche. Ma poi cedette il documento, che lei non vide mai, probabilmente. E allora lei lo uccise con quella crudele tortura e lasciò quella mappa per indirizzare gli inquirenti, dopo aver tolto le impronte. Quando la superiora la ostacolò e decise di consegnare la sua parte di scartoffie al vescovo, lei la uccise con un'iniezione di insulina e lasciò quell'indizio nella sua tasca.Non mi ha mai convinto il suo atteggiamento. Troppo nervosa, guardinga. Ma questa volta le è andata male: è stata vista da una suora entrare nella camera dove c'era l'insulina. E se non bastasse, chiameremo i suoi genitori per riconoscerla. La giovane suora, con una luce folle negli occhi, cominciò a parlare, come se non riuscisse più a trattenersi: -Quel maledetto porco! Ho dovuto farmelo di nuovo, anche se ormai era uno schifoso, con quei denti marci. Mi ha preso in giro per due anni, dicendo che non ricordava, fingendo di darsi da fare per riprendere le ricerche. Solo da pochi mesi avevo scoperto che era ancora in possesso del documento. Diceva che ce l'aveva il vescovo. Ma poi ho saputo dalla superiora che non era così. Ho rovistato tutta la casa di Ludovico e non ho trovato proprio nulla. Neanche una traccia delle vecchie ricerche. Infine un giorno lo spaventai e mi disse che il documento era nascosto sotto la pavimentazione della chiesetta. Allora ho capito che forse avevo una possibilità e sono tornata al convento a cercare un attrezzo per spostare le mattonelle; la settimana dopo arrivai tardi, incrociai quell'uomo, che beffa! Quando salii mi disse che non aveva più niente. Credeva che lo lasciassi in pace, finalmente! Gliel'ho fatta pagare. Quella mordacchia era sua, se l'era portata dietro come ricordo dalla sua piccola collezione degli orrori che teneva nella villa, quando ancora era una persona. Non è stato difficile, quando si è girato di spalle l'ho colpito con il manico del piccone che mi ero portata nella borsa della verdura e ha perso i sensi. Quando si è svegliato si è trovato quella roba sul viso, ha sofferto parecchio prima di tirare le cuoia. La teneva nel vano sotto la scrivania. Ma non crediate di nascondere tutto, se sono accusata di omicidio in tribunale dirò quello che so e non riuscirete a chiudere le ricerche
come l'altra volta. Adesso altre persone sanno e sono certa che andranno avanti. Perché non è finita qui, vero professor Ansaldi? Lei lo sa che i Templari e i Catari avevano scoperto proprio tutto, su Giovanni... e su Gesù. E lei andrà avanti, ne sono sicura... -E perché uccidere la superiora? - chiese Andrea pallidissima. -Voleva liberarsi dei documenti in suo possesso. Non mi ha detto la verità. Non li ho trovati da nessuna parte, neanche dove mi aveva detto lei, nel refettorio. Alla fine mi ha confidato che li avrebbe distrutti e non potevo permetterlo. Si era insospettita del mio eccessivo interesse stamattina... e non si fidava più. Chissà, forse aveva iniziato a capire, quella vecchia rimbambita! -Erano solo carte relative alla confraternita di Portula, credo che la sua morte sia stata inutile, - disse il vescovo. -Lei stia zitto, voleva seppellire tutto, vero? Ma non riuscirà, le è andata male, stavolta, caro il mio prete. Avete cambiato il corso della civiltà, con le vostre bugie e la vostra misoginia. -Ma perché farsi suora per riavvicinare Ludovico? C'erano mille modi più semplici. Per di più una congregazione così chiusa, di clausura. Roberto continuava a non capire se avessero a che fare con una psicopatica o una persona lucida. -Allora lei non ha capito niente di me. Io me ne andai perché avevo fallito, mi ero coperta di fango e volevo veramente dedicarmi alla preghiera. Venni a conoscenza dell'esistenza di quel piccolo convento, dedicato al grande battezzatore. Quale luogo più adeguato per ritirarmi per sempre dal mondo? Tutti pensavano che fossi una ragazza viziata e corrotta, ma non era così. Volevo capire, scoprire perché sono qui, qual è il nostro scopo in questo mondo così orribile. Odiavo i miei genitori, pensavano solo alla fabbrica, ai soldi. Io ricattai Ludovico, ma non per danaro! Perché mi coinvolgesse nella ricerca, perché cambiassimo il mondo insieme, rivelando le bugie nella quale è cresciuta da duemila anni la nostra storia. Basata su una religione falsa che ha generato morte, violenza: il Credo Niceano! Ma lui esitava. Aveva paura, aveva ricevuto pesanti minacce. Un codardo. Siete tutti codardi, - disse additando il vescovo Avete avuto l'occasione per cambiare il mondo, ma non l'avete fatto. E io pregai e continuai a pensarci, tutti questi anni. Anche io avevo rinunciato! Avevo
ceduto. Ma avevo conservato quella piccola ricostruzione, fatta con quello che avevo trovato in giro per lo studio. Ludovico teneva tutte le cose importanti nella cassaforte e non riuscii mai ad accedervi. Poi, un giorno rientrammo e qualcuno l’aveva forzata e portato via tutte le nostre ricerche. Ma un unico documento, quello che ora ha il vescovo, il più importante, si salvò, perché Ludovico lo teneva ben nascosto in giardino, nel capanno degli attrezzi della sua villetta. E poi arrivarono telefonate anonime, voci che ringhiavano di smettere. -La grafia degli appunti non è sua. Chi scrisse allora quella mappa? - chiese Stefano. -Andai a trovare Matteo, il traduttore, con quello che ero riuscita a racimolare di nascosto nello studio di Ludovico. L'avevo intravisto una volta a casa sua. ammo la giornata assieme e mi feci aiutare a ricostruire quello di cui vi stavate occupando. Naturalmente volle qualcosa in cambio, ammo anche la nottata insieme. E non l'ho mai più rivisto, ma la scrittura è la sua. -Accidenti! Ma lui non ci ha detto quasi niente, ha finto di cascare dalle nuvole. -Ma certo Andrea, si vedeva che anche lui non voleva essere coinvolto in questa storia. E non avrebbe certo raccontato a noi di essersi approfittato di una giovane ragazza, solo per aiutarla a riordinare un po' le idee, senza peraltro correggere il suo errore. -Volete dire che la quarta lettera non esiste? - chiese Milena stupita. - Che stupida! E neppure Ludovico non si è mai dato la pena di correggermi. Quel Matteo... non era brutto, ma era crudele, in un certo senso. Un altro maschilista schifoso, che si vantava di essere un grande seduttore di studentesse universitarie. -Per il momento lei verrà con me, questo non è più affar suo. Signori, non posso dire che sia stata una piacevole serata. Detto questo, sotto gli sguardi esterrefatti dei presenti, suor Lucia alias Milena fu ammanettata e portata via da Stefano. Non oppose resistenza, ma continuava a dire che ora il dottor Ansaldi sarebbe andato avanti nelle ricerche. Tutti salutarono sommessamente Stefano e rimasero in un costernato silenzio per almeno cinque minuti.
-E ora? - domandò Roberto al vescovo. -Ora niente. Consegno a voi il documento, o meglio la sua copia. Ludovico era riuscito ad intuire che avrebbero perquisito le nostre case e l'aveva accuratamente nascosto. E per il resto ormai non se la potranno più prendere con me. Questa pazza mi ha tolto le castagne dal fuoco, in un certo senso. Ma questo è costato la vita a due persone. -Già... e tu sei l'ultimo del gruppo dei ricercatori e forse quello più saggio. Adesso ti lasciamo, sono certo che ti sarai stancato. -Sono amareggiato. Non volevo mentirvi, se avessi parlato subito forse avrei salvato almeno la superiora... -Non possiamo saperlo, adesso è inutile pensarci. Comprendo la tua posizione e Stefano farà in modo che tu sia coinvolto il meno possibile. -Ti ringrazio per il tuo riguardo. Roberto ed Andrea salutarono il vescovo ed uscirono. Arrivati in albergo, anche se era ormai mezzanotte, Roberto rimase nella camera di Andrea e parlarono tutta la notte. Alle sei crollarono addormentati. Il giorno dopo, fatti i bagagli, tornarono a Torino. Mentre scendeva dalla macchina e raccattava le sue cose, davanti al portone disse: -Che ne diresti di andare a cercare i Mandei? -Non so proprio, dobbiamo pensarci bene.. -Partiamo domani per l’Irak!!
Indice dei contenuti
I II III IV V VI VII VIII IX X XI XII XIII XIV XV XVI XVII XVIII
XIX XX XXI XXII XXIII XXIV XXV XXVI XXVII XXVIII XXIX XXX XXXI XXXII XXXIII XXXIV XXXV XXXVI XXXVII Ringraziamenti
Ringraziamenti
I miei ringraziamenti vanno a mia madre Bruna, sco, Paola, Ahmed, Massimo.
A Stefano… e a papà
Questo libro è un lavoro di finzione. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono frutto della fantasia dell'autrice o sono usati fittiziamente. Qualsiasi somiglianza a eventi attuali o luoghi o persone è puramente casuale.

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