Il Silenzio Delle Mie Idee 4v1420

Ermanno Gioia

Il silenzio delle mie idee

Romanzo

Youcanprint Self-Publishing

Titolo | Il silenzio delle mie idee

Autore | Ermanno Gioia

ISBN | 9788891170057

© Tutti i diritti riservati all’Autore

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1

Giovedì mattino, mi sono appena alzato e già penso che cosa potrei fare di speciale oggi.

Mi sento felice e vorrei festeggiare, ma non ho un motivo valido per farlo. Non è successo nulla e non credo accadrà nulla di particolare.

Decido allora di iniziare la giornata facendo colazione al bar.

“Forse incontrerò qualcuno con cui chiacchierare o leggerò una notizia interessante!”

Ordino cappuccino, brioche e mi rilasso leggendo vari giornali.

Alzo gli occhi al cielo e l’orologio appeso al muro segna le otto e trenta.

Mi alzo e scappo in ufficio.

“Come solito, non è successo nulla di speciale, non ho incontrato nessuno d’interessante e non ho letto notizie stimolanti, poi, in realtà, chissà che cosa stavo cercando?”

Oggi ho voglia di premiarmi per qualcosa di buono che non ho ancora fatto e che forse non farò.

“Ok, allora stasera pizza e prosecco!”

Questa è la mia cena ideale, so che è una cosa semplice, ma mi gratifica, mi dà una sensazione positiva e mi fa sentire felice.

Come sempre, prima di stappare una bottiglia mi fermo un istante e penso a quale valido motivo dovrei l’onore del botto.

Cerco dentro di me e, non trovandone uno, invento futili e inesistenti motivi ripensando a me stesso e alle cose che farò.

Adoro la sensazione positiva e l’emozione che provo quando faccio qualcosa per me stesso, anche in assenza di una vera e propria ragione. A volte mi gratifico con cene a base di carne o pesce, ma sempre accompagnate da un’immancabile buon vino. Queste serate mi aiutano a pensare, a capire chi sono veramente e che cosa vorrei esattamente dalla vita, o meglio come vorrei che fosse la mia vita rispetto a quella che sto realmente vivendo. Spesso mi chiedo se sono del tutto normale, se tutti si pongono le mie stesse domande e se qualcuno è riuscito a trovare una risposta plausibile che lo possa rendere veramente tranquillo e felice. Mi rendo conto di essere sempre alla ricerca di novità. Le cose che decido di fare, dopo poco tempo perdono lo stimolo iniziale e mi annoiano. Ho la necessità di ricercare costantemente nuovi e originali stimoli. Questa ricerca invade ogni campo della mia esistenza, dal lavoro alla vita personale ed è sempre stato così fin da quando ero adolescente. Mi è sempre piaciuta l’idea di saper fare molte cose e non mi sono mai tirato indietro di fronte a qualsiasi novità. Ho sempre accettato volentieri sfide e proposte che considero “indecenti”, cioè sconosciute. Adoro mettermi alla prova, tentare e anche rischiare. Il mistero che si cela dietro

ad ogni cosa non conosciuta mi affascina, mi stimola e la sensazione è forte come lo è il desiderio di provarci, di non rinunciare, di non sapere come andrà a finire. La “non certezza” è sempre stata parte della mia vita, mi appartiene, non riesco ad abbandonarla e mi emoziona.

Quando raggiungo momenti che considero “di stallo”, cioè continuo per troppo tempo a fare le solite cose immerso nella consueta monotonia, m’invento qualcosa di nuovo, mi butto in nuove avventure, in progetti che non so nemmeno da dove iniziare, ci provo, m’ingegno e tutto questo mi fa sentire veramente vivo. Credo che dipenda dal fatto che i miei genitori, fin da bambino, mi hanno sempre lasciato fare tutto senza ostacolarmi, permettendomi così di provare quasi tutte le esperienze che desideravo. Certamente hanno reso la mia vita davvero difficile, ma hanno anche saputo, nella loro ingenuità e inconsapevolezza, stimolarmi e educarmi nella complicata arte dell’arrangiamento. Non mi hanno mai obbligato a fare qualcosa, anzi, hanno sempre cercato il modo giusto affinché ogni decisione fosse il frutto della mia volontà, anche se in alcune occasioni avrei voluto lasciare a loro il compito di decidere, contribuendo e aiutandomi a non sbagliare. Ma gli sbagli insegnano, a volte feriscono e lasciano segni profondi. Quei segni li porto ancora addosso e credo che non spariranno mai, ma io sono un “ottimista” e come tale vedo i lati positivi in ogni cosa. I miei genitori hanno fatto in modo che imparassi tante cose e soprattutto a cavarmela in ogni situazione senza dover chiedere aiuto a nessuno, contando solamente su me stesso e sulle mie forze, che a volte non credevo di avere. Per una cosa fra tutte non smetterò mai di ringraziarli: aver fatto in modo che imparassi a suonare il pianoforte. È uno strumento bellissimo, che adoro. Ogni volta che mi siedo davanti alla tastiera e tocco un solo tasto, provo un’infinita sensazione di potere e pace nel sentire la musica provenire dalle mie dita con dolcezza, rabbia o gioia. La stessa canzone mi sembra ogni volta diversa, perché l’intensità del suono dipende esclusivamente dallo stato d’animo in cui mi trovo. È nell’istante esatto in cui sto per toccare il primo tasto che do carattere al brano. Spartiti che ho suonato decine di volte mi sembrano melodie sconosciute, a volte appaiono più dolci, più gioiose, più tristi, più aggressive, più violente e costantemente mi stupisco. Sono io l’artefice di quella musica. Le dita diventano specchio dell’anima e traducono in note i miei sentimenti. Spesso, dopo le mie cene speciali, mi trovo, senza pensieri, seduto davanti alla tastiera e la osservo, la scruto, poi chiudo gli occhi e improvviso.

“Quanto vorrei che in quei momenti ci fosse qualcuno accanto a me che capisse che cosa sto dicendo con quelle note!”

A volte cerco di immortalare quei momenti registrandomi, poi riascolto le canzoni e provo a rifarle, ma è inutile. Certe armonie vengono dal cuore e non è possibile riprodurle cercando la stessa emotività, grinta, euforia ed entusiasmo in maniera razionale.

Queste serate con me stesso sono davvero speciali e mi fanno sentire bene.

Nonostante fugaci momenti, in cui ogni pensiero svanisce lasciando il posto alla sana spensieratezza, gioia ed emotività, mi ritrovo costantemente di fronte alle solite domande che invadono la mia esistenza: “Che cosa vuoi fare nella vita? Che tipo di vita vuoi? Che persona vuoi essere? Perché le cose che fai dopo un po’ di tempo perdono lo stimolo iniziale e finiscono per annoiarti? Perché sei sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo? Perché non scegli una strada e vai avanti deciso, convinto fino in fondo?”

Queste domande fin da troppo tempo invadono la mia esistenza ed è ora che trovino una saggia risposta.

2

Venerdì sera. Esco con Letizia, una ragazza carina, semplice e di buona famiglia. Ci siamo conosciuti all’Università e da allora continuiamo a frequentarci. È single, come me, non ci ho mai provato e non credo ci sia motivo di farlo. Stiamo bene insieme, è un’ottima amica, spensierata e soprattutto riesce a farmi sentire leggero. Condivide un appartamento con altre due ragazze e spesso organizzano cene a base di carne, pesce o pizza.

Stasera abbiamo deciso di uscire insieme e, come spesso accade, o a prenderla alle otto e trenta. Arrivo sotto casa, le faccio squillare il cellulare e scende.

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

«Hai pensato dove andare?» mi chiede con aria gentile. Entrambi amiamo luoghi affollati, ma preferiamo evitare quelli in cui potremmo incontrare gente conosciuta. Sono un tipo riservato e non vorrei che qualcuno pensasse che siamo fidanzati. Ne abbiamo parlato più volte, ma a lei sembra che la cosa non interessi, anzi, dice che ho troppe paranoie e che dovrei fregarmene di quello che dice la gente e comportarmi in maniera più libera. Quello che mi piace di lei è che è spensierata, sicura di sé, libera e leggera. Sa essere e vivere così. Quando usciamo insieme, preferisce evitare i locali frequentati da amici perché non vuole che qualche rompiscatole interferisca nei nostri discorsi.

«Ho prenotato all’Hops» le dico con aria decisa.

«Perfetto» risponde dandomi un bacio sulla guancia.

È così affettuosa ed espansiva che a volte, nonostante la conosca da moltissimo tempo, mi fa sentire a disagio e in imbarazzo. Ogni volta mi sorprende con qualche gesto o esternazione che non mi aspetto. Una sera, dopo più di un’ora che aspettavamo che il cameriere arrivasse con la nostra ordinazione, e dopo esserci consolati con la seconda bottiglia di vino, Letizia mi dice: «Hai visto chi c’è?»

«No» rispondo.

«Roberta.»

«No, davvero?»

Roberta è la mia ex-fidanzata, è sempre stata una ragazza seria, almeno credevo lo fosse, ma guardandola ora, penso proprio che in quel periodo fossi troppo cotto di lei e che i miei occhi non riuscissero a osservare e vedere la giusta realtà.

Velocemente mi giro e la osservo: tacchi a spillo, minigonna e scollatura mozzafiato.

Entra con aria spavalda abbracciata a un tipo abbronzato, muscoloso, tatuato e con una t-shirt attillata come se fossimo in piena estate con quaranta gradi all’ombra; peccato che è inverno e fuori ci sono meno quattro gradi.

Roberta m’intercetta subito e con grande abilità dirotta il suo uomo nella direzione opposta rispetto a quella che lui avrebbe voluto, portandolo a dieci centimetri da me.

Mi osserva con superiorità, mi saluta e con molta disinvoltura prosegue in direzione del tavolo prenotato.

«Roberto, hai visto che zoccola che è diventata?»

«Effettivamente è cambiata moltissimo e non la riconosco più. È perfino truccata! E pensare che quando eravamo fidanzati non si truccava mai! Se devo essere onesto, la preferivo versione “acqua e sapone”.»

«Non ti girare Robi, credo che stia facendo apposta!»

«Che cosa sta facendo?»

«Lo sta baciando guardando me! Basta, non ce la faccio più a sopportare questo atteggiamento!»

Letizia si alza leggermente dalla sedia e con lo sguardo fisso su di lei, avvicina il

suo viso al mio come se volesse dirmi qualcosa a bassa voce, invece mi dà un apionato bacio sulla bocca. Poi, come se nulla fosse, si ricompone, mi guarda, osserva lei e inizia un nuovo discorso.

Questa è Letizia, la mia migliore amica. Siamo molto diversi, ma è l’unica in grado di farmi sentire leggero. Vive alla giornata senza porsi troppe domande né farsi inutili scrupoli. Vuole una vita semplice e leggera, ma soprattutto vuole che sia sua. Nessuno condiziona i suoi pensieri, il suo modo di vivere, di comportarsi, di esternare i sentimenti e di pensare. È convinta che ognuno di noi abbia il diritto di vivere la vita come meglio crede.

Un giorno mi disse: «Lo so che molti non condividono il mio modo di vivere, ma questo non importa, non mi tocca, perché io potrei non condividere il loro. Esiste una cosa giusta o sbagliata? E poi, giusto o sbagliato per chi? In base a che cosa? Esistono due vite vissute nello stesso identico modo?»

Quella serata, le sue domande, le sue affermazioni mi spiazzarono completamente e ai tutta la notte sveglio a riflettere.

La luce nei suoi occhi, specchio dell’anima, erano sinceri e soprattutto confermavano la sua verità.

La convinzione, la determinazione e la consapevolezza di essere un individuo unico nel mondo la rendevano bella e lucente.

Quello sguardo, quelle parole, il suo volto gioioso non li dimenticherò mai.

È la parte mancante di me stesso e se potessi fondere il mio modo di vivere e di pensare con il suo, sarei un uomo perfetto.

Da casa di Letizia all’Hops il viaggio è breve. Viviamo in una piccola città e per raggiungere un posto siamo abituati a non fare più di dieci minuti in auto.

Lungo il tragitto le racconto alcuni episodi che mi sono accaduti durante la settimana e lei, in silenzio e senza sentenziare, ascolta. Poi, dopo un’attenta valutazione dei fatti, senza giudizio o critiche, mi dà consigli.

Il nostro rapporto è fatto così, cerchiamo di essere sempre noi stessi, non vogliamo che i pregiudizi e i luoghi comuni influenzino le risposte che l’uno dona all’altra.

Letizia è un’ottima consigliera perché ha un modo di pensare più libero rispetto al mio.

«Arrivati!» esclamo.

Spengo l’auto e prima di scendere le chiedo di rimanere seduti ad ascoltare la fine della canzone che stanno trasmettendo alla radio: “Imagine” di John Lennon.

“Bellissima!” esclamiamo.

Scendo, le apro lo sportello e come sempre osservo attentamente com’è vestita. Poi penso: “grande, mi piace tantissimo!” Indossa jeans chiari attillati, ballerine beige con fiocco lucido tono su tono, giubbino corto colore blu con un voluminoso pelo intorno al cappuccio e sciarpa grigio-nero.

“Sono curioso di vedere cosa indossa sotto il giubbino!”

Arriviamo all’ingresso del locale e, come solito, mi lascio andare a qualche gesto di galanteria. Le apro la porta, aspetto che entri e la seguo.

Questo genere di attenzioni mi appartiene e istintivamente mi nasce con qualsiasi donna. Credo che se fossi nato in un’altra epoca avrei scritto il Galateo. Mi piace osservare l’espressione di sorpresa nel viso di chi riceve tali attenzioni, forse perché oggi non vengono più usate dalla maggior parte degli uomini, ma sono convinto che alle donne piaccia e chi rispetta almeno i principi base riesca a stupire.

Seduti al tavolo, iniziamo subito a parlare.

«Come ti sei gratificato questa settimana?»

“Curiosa come sempre! La curiosità è donna!” penso.

«Indovina?»

«Non mi dire con la solita pizza e prosecco?»

M’imbarazzo sempre quando qualcuno sa troppe cose di me. Ma con Letizia non posso evitarlo, mi conosce troppo bene e soprattutto da troppo tempo.

«Certo!»

Arriva il cameriere.

«Prendo un’insalata di mare con fornarina, tu Leti?»

«Anch’io.»

«Vada per due e una bottiglia di prosecco.»

«Poi hai suonato il piano?»

«Mi sono seduto, ho osservato attentamente la tastiera e non avendomi nulla da dire l’ho richiusa e sono andato a letto.»

«Certo che tu sei proprio strano, ma è per questo che mi piaci tanto!»

«Hai deciso cosa vuoi fare nella vita?»

«Ci sto pensando! Secondo te, tutti si pongono le mie stesse domande?»

«Credo di sì. Sicuramente tu sei tra quelli che se ne pone di più.»

«Sai Leti, questa settimana ho pensato alle tantissime cose che potrei fare, oltre a quelle che ho fatto e che sto già facendo.»

«Sempre per non annoiarti, immagino! Gestisci un’attività che hai avviato benissimo e t’impegna tante ore al giorno; il resto del tempo potresti anche concederti un meritato riposo.»

«È proprio questo il punto, io non voglio riposarmi. Ho il desiderio di fare sempre qualcosa di nuovo che mi faccia sentire bene e soprattutto vivo. Le cose dopo un po’ mi annoiano. La mia mente non riesce a stare ferma. Inizio un’attività, non l’ho ancora finita e il mio cervello parte alla ricerca di stimoli nuovi. Non credo di essere del tutto normale! Sai che sto anche pensando di cambiare lavoro?»

«Dai Robi, sii serio, non scherzare!»

«Davvero! Ci ho pensato e ci sto ancora seriamente pensando! Del mio lavoro mi piacciono solamente alcuni aspetti tra tutti quelli che per dovere mi trovo quotidianamente a fare.»

«Qual è la parte che ti stimola di più?»

«Quella creativa!»

3

Le serate con Leti, anche se brevi e divertenti, mi lasciano sempre un ricordo e un pensiero su cui riflettere. So che lei è la parte mancante di me stesso ed è forse per questo motivo che ogni volta i suoi gesti e le sue parole stimolano i miei pensieri. Le nostre serate iniziano semplicemente con la voglia di stare insieme, senza costrizioni e senza dubbi. In quei momenti siamo noi stessi, svestiti di ogni preconcetto e nudi uno di fronte all’altra. Ci vogliamo bene, ma soprattutto ci rispettiamo, non esistono vincoli né ostacoli, ci sentiamo liberi come con noi stessi, non abbiamo paura di raccontarci e di svelare i nostri più intimi sentimenti.

Seduti al tavolo di un ristorante, ci fissavamo senza parlare. Dalle otto e trenta, da quando cioè ero andato a prenderla, nessuno aveva ancora pronunciato una parola. Pensavo che avesse un problema serio e che aspettasse solamente il momento giusto per raccontarmelo. Nemmeno per un attimo ho sospettato che fosse successo qualcosa tra noi. Ci fissavamo negli occhi e sembravamo in un film western quando i due avversari attendono il più piccolo movimento dell’altro per sparare, poi all’improvviso siamo scoppiati a ridere. Non avevamo nulla da raccontarci per cui la cosa più spontanea che potessimo fare era quella di stare in silenzio. L’avevamo entrambi capito e siamo scoppiati a ridere. Questo è il nostro rapporto, semplice ma puro e questo è uno dei tanti ricordi delle serate ate con lei.

La vista di Roberta mi ha fatto tornare in mente la nostra storia e ripensare al fidanzamento, ai sentimenti che ci hanno uniti e a come li abbiamo vissuti, alle nostre vite ate e al perché ci siamo lasciati. Assorto in questi pensieri, la sentivo vicina, riuscivo a vederla e quasi a toccarla. Per un attimo ho rivisto la sua immagine di ragazza “acqua e sapone”, poi tutto si è offuscato riportandomi all’ultima immagine di lei al ristorante. Avevo la sensazione di avere visto un film la cui protagonista interpretava alla perfezione il suo ruolo.

Sdraiato sul divano, la mia mente ricerca immediatamente e senza freno l’inizio della nostra storia.

Dal Lunedì al Venerdì sera frequentavo l’Università che si trova a circa trecento chilometri di distanza da casa, poi prendevo il treno e dopo tre ore circa arrivavo nella mia piccola città natale davanti al mare. Quella sera era buio e faceva molto freddo, mi sentivo stanco, avevo ato l’intera settimana in una città che non conoscevo, in aule con persone mai viste a frequentare lezioni con professori che non sapevano nemmeno che esistessi. Riuscivano a identificarmi solamente attraverso il numero di matricola. Arrivai a casa e decisi di guardare un film sdraiato sul divano. Mi addormentai immediatamente.

Sabato mattino, l’aria era rigida ma il sole splendeva, per cui decisi di eggiare in solitudine in riva al mare. Sentivo l’esigenza di stare solo con i miei pensieri, ero euforico e volevo godermi appieno questo sentimento. Peccato che scelsi il luogo sbagliato! Il Sabato mattino in riva al mare, con una splendida giornata, incontri tutta la città.

«Ciao Robi.»

«Ciao Ale.»

«Come stai?»

«Bene. E tu?»

«Bene, grazie.»

«Sei impegnato stasera?»

«No, non ho nulla in programma. Sono rientrato ieri sera tardi, ero molto stanco e mi sono addormentato guardando un film.»

«Noi ci vediamo al bar e poi andiamo a ballare. Se vuoi, puoi unirti a noi.»

«Grazie Ale, vengo volentieri. A che ora?»

«Alle dieci e trenta.»

«Ok, a dopo allora. Ciao Ale.»

«Ciao Robi.»

Continuai la mia rilassante eggiata in riva al mare sperando di riprendere il discorso con me stesso al punto esatto in cui l’avevo interrotto, ma l’incontro con Ale mi aveva profondamente distratto. Pensai allora alla serata che avrei trascorso in discoteca ed ebbi una forte sensazione di tristezza. Avrei preferito fare altro, ma ero sicuro che i miei amici non si sarebbero mai persi un Sabato sera alla “Tony Manero”.

Arrivai puntuale al bar, ma non c’era ancora nessuno.

“Come sempre tutti in ritardo” pensai.

Alle undici mancava solo Giovi, che arrivò dopo mezz’ora facendo il suo ingresso trionfale accompagnato da due belle ragazze. Dopo le presentazioni salimmo immediatamente in auto e partimmo in direzione del solito pub. Ebbi la fortuna di sedermi a fianco ad una delle ragazze presentate da Giovi. Era castana, riccia, magra, simpatica e molto carina. Solamente la sua altezza mi metteva un po’a disagio. Non so quale sia stato esattamente l’argomento che fece scattare tanto interesse reciproco, fatto sta che trascorsi tutta la serata chiacchierando solamente con lei e questo non ò inosservato al resto della compagnia. Per tutti eravamo già fidanzati. E avevano ragione, infatti, dopo pochi mesi, lo eravamo ufficialmente. Di Roberta mi piacquero fin da subito la sua semplicità e la sua bellezza “acqua e sapone”.

È sempre stata una bella ragazza, ma questo a lei sembrava non importare. Si vestiva e comportava in modo non appariscente, nonostante il suo fisico e la sua statura non le permettessero di are inosservata. Aveva una gran voglia di vivere divertendosi e questo mi piaceva. Era sempre molto allegra e solare, mi sembrava felice, sicura di sé, del suo lavoro, della sua famiglia, dei suoi amici e dei suoi sentimenti.

Mi trovavo in un periodo molto importate e positivo della mia vita. Stavo vivendo le mie prime difficoltà universitarie, le lezioni indecifrabili, i compagni schivi, le tante persone con le quali ero costretto a rapportarmi, una città nuova, la convivenza in un piccolo appartamento, ma nonostante tutto cercavo di vivere e apprezzare ciò che di nuovo mi stava accadendo. Capivo che in quei momenti di solitudine avrei imparato a vivere e ad affrontare le difficoltà e le situazioni nuove e sconosciute. Capivo e sentivo che questo sarebbe stato un grande o per me, un importante insegnamento di vita e che sicuramente mi sarebbe servito in futuro. In quel periodo studiavo tanto e ogni giorno capivo di non sapere

nulla. Imparare, analizzare a fondo ogni singolo dettaglio, addentrarmi in mondi sconosciuti mi stimolava profondamente. Aumentava in me il desiderio di conoscere più cose possibili. Più imparavo, più conoscevo, più mi sentivo forte e sicuro di me. Questo stimolo cresceva ogni giorno portandomi a esplorare confini sempre più lontani. Imparai ad amare la fotografia, la pittura, la poesia e il teatro. M’interessava tutto e casualmente tutti s’interessavano a me. Il mondo mi sembrava molto diverso da come lo avevo sempre conosciuto. Riuscii anche a vincere un primo premio a un concorso di fotografia, a recitare in pubblico insieme a una piccola compagnia teatrale locale, a esporre alcuni dei miei quadri e tutto questo mi rendeva molto sicuro e fiero di me. Visitai tutte le chiese storiche della città universitaria, m’infilai in mostre e convegni senza nemmeno sapere in anticipo l’argomento trattato. Non esisteva nulla che non avrei avuto voglia di esplorare. Il mio tempo libero lo trascorrevo scattando fotografie, ascoltando musica, guardando film, frequentando lezioni, mostre e convegni. Avevo conosciuto alcuni ragazzi universitari con gli stessi miei interessi e insieme trascorrevamo il nostro tempo facendo le cose che amavamo, senza imposizioni e costrizioni, solamente ciò che sentivamo la necessità di fare. A parte la fase d’inserimento, iniziavo a stare bene in quella città, ad aver voglia di frequentare amici, di ascoltare e capire le lezioni. Iniziavo perfino ad avere un ottimo rapporto con i miei tre compagni di appartamento. Avevamo capito di essere tutti nella stessa situazione e di avere il bisogno e la necessità di sentirci uniti. I primi cinque giorni della settimana trascorrevano bene e velocemente, pieni di sorprese, di cose da fare, di avventure, d’imprevisti, di lezioni, d’inviti e d’incontri fortuiti. Il fine settimana invece, nella piccola città davanti al mare, la vita trascorreva sempre uguale, senza grandi novità improvvise e senza particolari imprevisti. Nelle vie del centro e sul lungomare s’incontravano sempre le solite facce. Avevo l’impressione che in questo luogo la monotonia e la consuetudine avessero preso il sopravvento. La mia vita si stava evolvendo e tutto quello che fino ad ora mi era sembrato normale, non riuscivo più a capirlo. Intuivo che in questo luogo la gente amava profondamente il senso di sicurezza che il ripetersi delle stesse azioni riusciva a dare Sembrava che tutto fosse prestabilito, segnato e programmato, dai luoghi in cui cenare a quelli del divertimento.

Stavo vivendo due vite parallele: da un lato la novità invadeva ogni spazio della mia vita, dall’altro la monotonia accompagnava i miei fine settimana. È in questo periodo che iniziarono, dentro di me, a prendere vita i primi dubbi e le

domande su me stesso. Non capivo perché amavo sempre di più vivere situazioni impreviste e iniziavo a disprezzare la sicurezza della monotonia. Sapere in anticipo cosa sarebbe successo non mi faceva più sentire tranquillo ma, al contrario, mi preoccupava. Iniziavo ad apprezzare le situazioni sconosciute e le sfide.

In questo periodo così particolare della mia vita incontrai Roberta e subito mi sembrò un angelo mandato dal cielo per completare lo stato di grazia in cui mi sentivo e trovavo. E per un breve periodo lo è stato.

Eravamo molto innamorati, ma inconsapevolmente stavamo vivendo in due mondi paralleli. Percorrevamo la stessa strada, ma su due lati opposti. Vedevamo le stesse cose, ma da angolazioni diverse. Tentavamo di spiegare all’altro ciò che avevamo visto e, fingendo, ci sforzavamo invano di capire. Eravamo consapevoli della realtà che ci circondava e certi che non avremmo mai eggiato sullo stesso lato: nessuno di noi avrebbe mai attraversato la strada! Saremmo rimasti entrambi sul nostro lato, ad aspettare e osservare la fine.

Per un periodo questo modo diverso di vedere e vivere le cose della vita riuscì a stimolare il nostro rapporto e divenne motivo di confronto. Poi il tempo trasformò la fase d’innamoramento in qualcosa di diverso.

Credo che, superata la fase iniziale dell’innamoramento, il cui tempo non è prestabilito ma varia in base alla coppia, i sentimenti che l’hanno generato si trasformino in stimoli di pari intensità.

Se il sentimento iniziale era puro, si trasformerà in rispetto reciproco e senso di appartenenza, che perdureranno nel tempo e nella coppia rendendola salda. Le abilità e le capacità personali di entrambi i partner, sapranno far vivere e stimolare la coppia affrontando in modo positivo le varie situazioni della vita.

Inoltre credo che quando una coppia si renda conto di vivere in questa situazione, debba difendersi dal mondo esterno ed essere in grado di mantenere il proprio stato d’indipendenza.

Quando, al contrario, il sentimento iniziale non è puro, esso può scoppiare in disperazione e odio, sarà facilmente attaccabile dal mondo esterno e non si manifesterà il senso di appartenenza.

Poi credo che esista un terzo caso: il nostro.

Il sano sentimento iniziale si trasformò improvvisamente in consapevolezza. Una consapevolezza che porta a capire la diversità tra due individui, i loro punti di vista differenti, il diverso modo di concepire, di vivere e di pensare alla vita. Il futuro e la famiglia erano per noi due punti di arrivo differenti. Il modo in cui avevamo scelto di affrontare la vita continuava a perseguitarci senza mai trovare un punto d’incontro. Il mio forte desiderio di creare qualcosa di originale, di non accettare mai ivamente gli eventi, di fare anche un piccolo gesto affinché le cose potessero andare nel modo in cui speravo, si scontrava fortemente con il ruolo che lei aveva scelto di vivere nel mondo.

4

A volte vorrei vivere nell’aria e rimanendo sospeso, osservarmi. Osservare me stesso, le mie giornate, le mie azioni, il mio comportamento, non per giudicare, ma per meglio capire chi sono. Capire come o il tempo e se sto usando bene le ore che mi sono state concesse e, se mi dovessi accorgere di un errore, avere la possibilità di correggerlo immediatamente, affinché possa continuare nella direzione di ciò che realmente voglio.

Credo che il tempo sia una risorsa unica e che permetta di fare ciò che si vuole. Importante e fondamentale è sapere cosa si vuole.

La mia mente sta vagando in luoghi sconfinati. Ho paura perché non so esattamente se riuscirò a reggere tale pensiero. Le mie solite domande hanno ormai preso possesso del tempo e ultimamente si fanno sentire un po’ troppo. In questi momenti l’unica soluzione è lasciare libera la mente di vagare, sperando che trovi una saggia risposta. A volte il pianoforte mi aiuta.

L’altra sera ho iniziato lentamente, ero avvolto in un misterioso sentimento, suonavo e sognavo a occhi chiusi. Poi, all’improvviso, sono scoppiato a piangere. Quella musica dolce, mai sentita e mai suonata prima, m’invadeva completamente l’anima, era ormai dentro di me ed io, non sapendo come gestirla, continuavo a suonare sempre più forte fino a scoppiare in un fortissimo pianto liberatorio. In realtà, e soprattutto in quel preciso istante, era quello di cui avevo veramente bisogno, perché nella mia vita ho pianto pochissime volte. Poi all’improvviso smisi di suonare e mi addormentai sulla tastiera. Mi risvegliai a notte fonda sentendomi in pace con me stesso. Ero riuscito a dare largo spazio alla parte emozionale di me stesso senza pensarci troppo. Mi sentivo bene, appagato e felice.

“Forse non sempre serve una ragione e un senso logico a quello che si sta facendo, a volte varrebbe la pena fare le cose in modo istintivo e spinti solamente delle emozioni! Invece nella maggior parte dei casi cerchiamo spiegazioni logiche a qualsiasi azione! Forse dovrei imparare a distaccarmi dalla vita e da ciò che mi appartiene, riuscendo così a capire tutto ciò di cui ho veramente bisogno” pensai.

Questo è quello che mi succede quotidianamente: la logica prende il sopravvento sulle emozioni che diventano sempre di più un’eccezione.

In questo periodo non riesco a essere soddisfatto, ad avere chiaro lo scopo della mia vita, a sentire ciò che vorrei realmente. I miei sogni si sono offuscati, le mie aspirazioni svanite.

Riguardo il ato e mi rivedo studente universitario. “Dov’è finita quella grinta, quella ricerca costante di stimoli nuovi e di sfide che hanno sempre accompagnato e contraddistinto la mia esistenza? Cosa mi è successo?”

Mentre sto pensando e cercando di rispondere alle mie domande, vedo riflessa l’immagine di me stesso. Mi vedo cambiato anche nell’aspetto fisico. Non sono più ventenne e forse questo non è da sottovalutare. Le varie strade che ho scelto di percorrere nella vita hanno lasciato un segno profondo sul mio volto. L’età, la consapevolezza e la maturità ne evidenziano i solchi. Avrei voglia di sentirmi leggero, di essere soddisfatto e appagato. Avrei bisogno di stimoli nuovi, ma non riesco più a crearmeli. Penso addirittura di essere nel posto e nella città sbagliata.

Esco da casa e decido di fare una eggiata in solitudine in riva al mare.

Poi all’improvviso, senza nemmeno rendermene conto, mi trovo davanti al portone d’ingresso di una libreria.

“Ora voglio cercare un libro che possa riuscire a dare una riposta esaustiva alle mie tante domande.”

Mi dirigo verso lo scaffale in cui le copertine riportano l’immagine sorridente di uomini considerati di successo che hanno deciso di donare al mondo il proprio segreto, permettendo così a tutti di diventare felici, ricchi, potenti e magari anche belli. Scherzi a parte, mi è sempre piaciuto tantissimo leggere. Ho letto libri di poesia, romanzi e saggi, ma non ho mai sfogliato libri del genere.

“C’è sempre una prima volta!” penso. E sorrido.

“Sinceramente non credevo esistessero tanti libri al riguardo e non so da dove iniziare!”

Ne prendo uno a caso e inizio a sfogliarlo.

È il terzo libro che controllo e non ho ancora trovato quello giusto. Nascono dentro di me infiniti dubbi.

“Credo di sbagliare ad acquistare un libro del genere!” penso dubbioso. “Ne sfoglierò un altro ancora e poi me ne andrò.”

Mi guardo intorno e analizzo nel dettaglio tutte le copertine. So che è l’ultimo tentativo che mi sono concesso, per cui non devo sbagliare. Mentre scansiono tutto lo scaffale, squilla il mio cellulare.

«Pronto?»

«Ciao Robi, sono Letizia.»

«Ciao Leti, dimmi.»

«Non ho nulla di particolare da raccontarti, sentivo la necessità di chiamarti e l’ho fatto. Dove sei?»

«Sono in libreria.»

«Che tipo di libro stai cercando?»

“Non so perché, ma le donne hanno un sesto senso! Come faccio a dirle che sto sfogliando e cercando un libro del genere? Sicuramente non mi giudicherebbe, ma vorrebbe sapere le motivazioni che mi hanno portato a questa scelta. Poi vorrebbe anche essere costantemente aggiornata sugli argomenti trattati e vorrebbe anche sapere il mio giudizio al riguardo. Questa cosa vorrei tenerla per me, è un mio segreto e voglio che rimanga tale.”

«Non ho un’idea chiara, ho solo voglia di leggere. Tu dove sei?»

«In auto, sono appena uscita dall’ufficio. Una di queste sere usciamo insieme?»

«Volentieri, ti chiamo presto.»

«Ok, ciao Robi.»

«Ciao Leti.»

Mentre parlavo con Letizia mi ero inconsciamente spostato dallo scaffale dei libri che cercavo, forse come reazione istintiva e di difesa. Infatti è accaduto proprio nel momento in cui ha posto la domanda che mi ha messo in forte imbarazzo.

Ora mi trovo davanti ad un libro sulla cui copertina c’è il volto di un uomo sorridente che mi guarda. Decido di prenderlo, mi dirigo verso la cassa, pago ed esco.

“È fatta! Non è successo nulla di strano!”

Esco velocemente dalla libreria come se dovessi nascondere qualcosa. Mi sento stanco come se avessi conquistato la cima dell’Everest e invece ho solamente acquistato un libro.

“Comunque non vedo l’ora di leggerlo!”

5

Inizio il libro al contrario, leggendo il retro copertina. Poche righe affermano che il mondo cambia sempre più velocemente e che spesso siamo noi essere umani a renderci le cose davvero più difficili. Non siamo in grado di controllare i pensieri e abbiamo scarsa capacità di gestire le emozioni, lasciandoci sopraffare dallo stress, dalla paura e dalla frustrazione. Potremmo ottenere tutto ciò che desideriamo e raggiungere i grandi risultati che ci siamo prefissati, ma non sappiamo come fare. Questo libro è in grado di fornire gli strumenti giusti.

“Involontariamente ho preso proprio il libro giusto! Qui troverò le risposte a tutte le mie infinite domande! Che fortuna!”

In realtà sono molto scettico e non credo che questo libro sia la chiave e il segreto della vita. Comunque lo leggerò!

Le prime pagine iniziano spiegando nel dettaglio quali siano i segreti del successo personale e professionale, poi elenca le varie modalità con le quali si dovrebbe affrontare la vita e continua evidenziando l’infinito potere che ognuno ha dentro se stesso.

Mentre leggo, la mia mente vaga all’infinito e in modo incontrollato, portandomi a riflettere sugli argomenti trattati.

Una parte di me stesso ritiene che leggere questa tipologia di libri non serva assolutamente a nulla e che tali pubblicazioni servano solamente a vendere copie. Quella stessa parte di me crede anche che la conoscenza della mente

umana non aiuterà a risolvere i miei dubbi.

Nonostante questo conflitto interiore, decido di proseguire la lettura.

“Siamo noi stessi i veri responsabili di ciò che otteniamo nella vita. Le persone che continuano a fare sempre le stesse cose, otterranno sempre gli stessi risultati. Abbiamo la tendenza a vivere come degli automi, ando giornate o settimane sempre nello stesso modo, svolgendo le stesse azioni negli stessi orari e negli stessi luoghi. Il segreto è cambiare. A volte il cambiamento può fare paura se concepito in modo sbagliato, ma se pensiamo al cambiamento come momento di evoluzione, miglioramento e crescita, allora non potrà che essere stimolante.”

Una frase mi colpisce in modo particolare: “L’unica vera abitudine che dovremmo sviluppare è quella di abituarci a non abituarci.”

Le frasi di questo libro iniziano sempre più ad avere potere su me stesso e sulla mia mente. Hanno la capacità di farmi pensare e riflettere.

“Quando ho sentito per la prima volta la necessità di cambiare qualcosa nella mia vita?”

La mia mente vaga.

“Risale al periodo universitario, senza dubbio, quando ogni novità, ogni sfida, era uno stimolo infinito.”

Il pensiero di quei giorni e di quelle avventure fa emergere in me un’infinita sensazione di benessere.

Mi sento felice e felicemente mi addormento.

Sogno l’eterna giovinezza e la sana inconsapevolezza.

Mi risveglio di soprassalto.

“Tutte le sfide e le decisioni importanti che ho preso nella mia vita, hanno sempre dato come frutto un’evoluzione e una crescita personale?”

Sono molto confuso.

“Sicuramente mi hanno cambiato, fatto crescere, conoscere i miei limiti e le mie capacità.”

Una sana dose di adrenalina invade completamente il mio corpo agitandomi e il desiderio di continuare a leggere diventa prepotente.

“Nel disagio c’è crescita”.

Un’altra frase e un altro pensiero vagano liberi nella mia ormai fragile mente.

“È vero!” esclamo ad alta voce.

Quando inizio una nuova avventura, mi sento sempre un po’ a disagio, poi col tempo tutto mi sembra più semplice.

Ricordo la prima volta che decisi di andare in una palestra. Mi metteva a disagio il solo pensiero di spogliarmi e mostrare la mia “pancetta”. Ogni volta trovavo mille scuse per non iniziare, poi un giorno decisi di fare il primo o e in un istante tutte le mie paure svanirono. Osservai immediatamente che non c’erano solamente uomini simili a “Big Jim”, ma anche tante altre persone normali. Mi sentii subito un po’ stupido ad aver avuto tante paure. Se non avessi deciso di entrare e di fare il primo o, ora non avrei provato quell’esperienza. Potrebbe essere considerato un esempio semplice e forse anche un po’ stupido, ma questi piccoli i credo siano importanti nella vita di un individuo, lo aiutano a crescere e ad affrontare le proprie paure.

Condividendo appieno che “nel disagio c’è crescita” decido di riflettere ancora un istante ponendomi delle domande: “In realtà la paura che avevo era solamente dentro la mia mente? Non esisteva? In effetti ora non avrei più alcun problema ad andare in una palestra ad allenarmi! Forse ho affrontato con ottimismo una situazione che mi creava disagio e sono cresciuto? Devo quindi dedurre, che la paura era solamente un mio pensiero, che dopo averlo affrontato e superato è svanito? Questo concetto è valido anche per altri ambiti della vita? Credo di sì, perché ogni volta che affronto e supero un problema, quel problema non mi fa più paura, perché lo conosco. Quindi tutte le paure che ho, non esistono?”

Pieno di dubbi e domande senza risposte, continuo a leggere.

“Il destino di un individuo si crea nel momento delle decisioni.”

Domando a me stesso: “Come sono oggi, è veramente il frutto delle decisioni che ho preso in ato? Se non avessi deciso di iscrivermi all’Università e se non avessi affrontato in maniera positiva le varie difficoltà che ho incontrato in quegli anni, forse avrei smesso di studiare e ora non mi troverei in questa posizione? Forse sarebbe stato meglio? Forse oggi sarei più tranquillo, più sereno e non starei qui a leggere questo libro ponendomi tante domande?”

Rispondo a me stesso: “Pensandoci bene, rifarei quasi tutto quello che ho fatto!”

Continuo a vagare nell’infinito pensiero della mia vita ata. “Quando decisi di aprire il mio studio e iniziare l’attività da indipendente, non esisteva nulla di sicuro e tutto era instabile. L’unica certezza era l’incertezza e contavo solamente su me stesso. La voglia di mettermi in gioco era tanta, come forte era la determinazione di arrivare esattamente al punto in cui mi ero prefissato. L’adrenalina scorreva velocemente nel mio corpo come il sangue. Arrivai esattamente al punto in cui avevo deciso di arrivare.”

In un istante ritorno al presente.

“La particolare situazione che sto vivendo in questo periodo della mia vita, è forse un punto di arrivo della mia mente? È un segno che indica che dovrei prendere delle decisioni importanti per la mia evoluzione e per il mio futuro? Se è vero che il futuro inizia in questo istante, dovrei forse pensare meglio a quello che vorrei e iniziare a muovermi in quella direzione? Non vorrei “non decidere” e correre come un pazzo credendo di andare avanti e invece rimanere fermo al punto di partenza!”

Mi addormento pensando.

6

Oggi è una giornata piena d’impegni e devo urgentemente terminare un lavoro per un cliente. Sono in ufficio comodamente seduto alla mia scrivania e non riesco a concentrarmi, perché sono troppe le domande che invadono la mia mente.

“Avrei bisogno di un anno sabbatico!” penso.

È tutta la mattina che mi sforzo e finalmente, all’ora di pranzo, riesco a terminare il lavoro.

“Per oggi basta, mi concederò un meritato riposo!”

All’improvviso mi ritornano in mente Letizia e la sua telefonata in libreria.

“Sono ati cinque giorni e non l’ho ancora chiamata!”

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi, come va?»

«Tutto bene grazie e tu?»

«Bene, grazie.»

«Hai impegni per stasera?»

«No.»

«Ti andrebbe di venire a cena da me?»

«Volentieri!»

«Bene, o a prenderti alle otto e trenta.»

«Ok, a dopo. Ciao Robi.»

«Ciao Leti.»

“Che cosa potrei preparare per cena? Non so, ho a disposizione tutto il pomeriggio per pensarci! Oggi ho voglia di concedere un po’ di tempo a me stesso improvvisando.”

La musica alta mi rende felice e cantando apparecchio la tavola. In cucina i miei tanti pensieri vagano liberi, incontrollabili, irrefrenabili, scapestrati, folli, imprevedibili, impazziti, saggi, filosofici, semplici, puri, emotivi, logici, coinvolgenti…pur sempre pensieri e pertanto ingestibili…li lascio andare osservandoli.

“È uno di quei giorni che rivedo tutta la mia vita, bilancio che non ha quadrato mai! Posso dire che ogni cosa l’ho fatta a modo mio, con che risultato poi, non saprei!...”

“Non posso crederci!” esclamo ad alta voce. “La radio non poteva trasmettere una canzone più appropriata al periodo che sto vivendo! Ornella Vanoni è proprio una grande artista!”

Da quando conosco Letizia, è la prima volta che mi capita di pensare a cosa le dirò. Ho cenato con lei tantissime volte e ogni situazione si è sempre creata spontaneamente. Sono anche in dubbio se parlarle del libro che sto leggendo. Non so esattamente il perché di questa indecisione, forse il mio inconscio ha paura di rivelarsi troppo.

«Ciao Robi.»

«Ciao Leti.»

«Cos’hai preparato per cena?»

«Sorpresa!»

Si avvicina e mi dà un dolcissimo bacio sulla guancia.

Ormai dovrei esserci abituato, perché è sempre stata una ragazza molto espansiva, invece ogni volta riesce a mettermi in imbarazzo e a darmi la sensazione che sia la mia ragazza, forse per come mi guarda e mi bacia.

«Ho trascorso una settimana davvero pesante, con giornate infinite a contatto con clienti noiosi ed esigenti!» esclama Letizia entrando in casa.

«Anche la mia è stata una settimana molto difficile. Oggi, per esempio, ho dovuto sforzarmi tantissimo per terminare un lavoro importante per un cliente poi, stanchissimo, ho deciso di chiudere lo studio e concedermi un meritato riposo.»

«Mi ha fatto molto piacere ricevere il tuo invito! Che buon odore di pesce che sento nell’aria!»

«Sorpresa svelata!» esclamo guardando Letizia «Spero di averlo cucinato bene!»

«Sei un cuoco speciale, sarà perfetto.»

«Grazie, sei sempre molto gentile.»

«Accomodati, che stappo una bottiglia.»

«A cosa dobbiamo l’onore del botto?»

“Leti mi conosce bene e lo sa che prima di stappare una bottiglia mi fermo sempre un istante a pensare a un motivo valido a cui dovrei l’onore del botto.”

«Questa volta vorrei che fossi tu a dirlo.»

«A noi due e alla nostra amicizia!»

«Sono d’accordo!» rispondo.

Stappo la bottiglia facendo volare il tappo fino a sbattere nel soffitto.

«Ci sono tanti segni sul soffitto che sembra un campo di battaglia!» esclama Letizia.

“In effetti, lo è! È il mio campo di battaglia e ognuno di quei segni è un mio pensiero!”

«Che cosa rappresentano tutti quei segni sul soffitto?» Domanda Letizia.

“Ancora una volta Leti mi ha letto nel pensiero.”

E aggiunge: «Secondo me tutti quei segni significano che è ora di imbiancare!»

«Forse hai ragione Leti. Dovrei cancellare tutti quei segni e ripartire da zero!»

«Un giorno lo farai! Quel giorno avrai dato un senso a tutti i tuoi dubbi!»

«Grazie Leti, credo che i dubbi non spariranno mai dalla mia mente, anzi aumenteranno con il are del tempo. I dubbi sono come le paure, superata una, ne compare subito un’altra.»

«Secondo te Robi cos’è la paura?»

«Credo che la paura sia uno stato d’animo, una sensazione e un’emozione. A volte frena e paralizza, mentre altre può essere di grande aiuto. Può perfino uccidere i sogni e la voglia di agire, ma se ben gestita può aiutare a non sbagliare e a fare le giuste scelte. Quando mi trovo in situazioni in cui mi accorgo che la paura sta prendendo il sopravvento, mi fermo un istante e cerco di analizzare attentamente quella sensazione. Non sempre ci riesco, perché a volte è così forte e prepotente da non lasciare spazio a nulla. Mi è anche capitato di affrontare la paura con determinazione e convinzione ed è subito sparita.»

«Sai Robi, le tue parole mi hanno portato alla mente una frase di Goethe: un giorno la paura bussò alla porta, il coraggio andò ad aprire e non c’era più nessuno.»

«Leti, è bellissima!»

7

Continuammo a parlare animatamente per tutta la serata senza renderci conto del trascorrere del tempo. A un tratto mi accorsi che la bottiglia era ancora piena e che non avevamo nemmeno cenato.

«Leti, sono le dieci e trenta e non abbiamo ancora cenato! Il pesce si è completamente raffreddato e credo che ormai non sia più buono!»

«Ma no Robi! Se accendiamo il forno e lo riscaldiamo sarà buonissimo come appena sfornato!»

«Speriamo!»

Quella serata trascorse velocemente.

Affrontammo argomenti come la paura, gli stati d’animo, le sensazioni positive e negative della vita, le incertezze, i dubbi, le decisioni importanti che quotidianamente dobbiamo prendere e il dolore per gli sbagli commessi.

Poi, prima di salutarci, Leti mi chiese dolcemente di suonare una canzone per lei. Mi sedetti al pianoforte e le dedicai “Imagine” di John Lennon.

Salutai Letizia davanti al suo portone d’ingresso e partii in auto. Mi trovai

all’improvviso in collina a osservare dall’alto la mia piccola città davanti al mare.

“Piccola ma carina. È solo mezzanotte e tutta la città dorme!” pensai.

Al ritorno ai per le vie del centro ascoltando il silenzio e concentrandomi sull’odore del pane che invadeva completamente l’aria. Un’infinita sensazione positiva si posò all’improvviso sul mio cuore e pensai che avrei dovuto fare assolutamente qualcosa affinché rimanesse il più possibile lì. Pensai a me stesso e alle cose che avrei voluto e dovuto fare, al piacere di vederle realizzate e, contemporaneamente, al dolore nel vederle svanire. Pensai anche a Letizia, alle nostre serate e alla paura di parlarle del libro. Poi, all’improvviso, apparvero le mie solite e infinite domande: “Chi sono veramente? Che cosa voglio esattamente dalla vita? Come vorrei che fosse la mia vita rispetto a quella che sto realmente vivendo? Perché sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo? Dov’è finito lo stimolo iniziale? Perché non riesco a essere felice? Perché le cose dopo un po’ di tempo perdono la loro importanza? Cos’è che mi stimola realmente? Perché questa costante e quotidiana ricerca di novità? Dove posso trovare gli stimoli giusti? Come faccio a sentirmi veramente vivo? Come e dove posso trovare le giuste risposte a queste mie costanti domande?”

È mattina e sono di nuovo in ufficio.

Provo a concentrarmi sui tanti lavori che dovrei terminare, ma l’energia positiva con cui ho sempre affrontato le mie giornate è svanita, lasciando il posto all’apatia. Gli impegni presi non mi stimolano più e il lato creativo che vedevo nel mio lavoro si sta piano piano affievolendo.

“Avrei bisogno di una novità, ma da dove iniziare?”

…

“Il tuo atteggiamento mentale determina la qualità della tua vita e le cose che ti ripeti costantemente diventano la tua realtà.”

È sera, chiudo il libro e mi addormento.

8

Stamattina ho deciso di portare il libro in ufficio. Lavoro e leggo contemporaneamente. Alcune righe colpiscono la mia attenzione perché parlano degli stati d’animo, di come influiscano sulla qualità della vita e su come possano dare accesso a risorse differenti, modificare la percezione della realtà, influenzare le decisioni e i comportamenti.

“In effetti, quando mi trovo in uno stato d’animo positivo, vedo intono a me solo situazioni felici. Se al contrario sono triste, la negatività invade la realtà!”

“Bisogna saper gestire gli stati d’animo, dare maggiore spazio a quelli positivi e limitare quelli negativi. Siamo noi che decidiamo a quali risorse attingere. Il cervello può essere paragonato a una telecamera e gli occhi all’obiettivo. Decidere dove guardare e dove porre l’attenzione spetta a noi. Se ci focalizziamo sui lati positivi, entreremo in uno stato d’animo positivo, il contrario è ovvio. Immaginiamo di essere a una festa: alcuni si divertiranno e altri no. Il giudizio finale che ogni partecipante darà, dipenderà esclusivamente su chi o cosa ci si è concentrati. Se ci si è focalizzati su quelli che si stavano divertendo, la festa sarà riuscita benissimo, al contrario, se l’obiettivo era puntato su quelli che si stavano annoiando, la festa sarà stata noiosissima. Sta a noi decidere quale parte del mondo osservare.”

Continuo a leggere, a riflettere e a stupirmi di tanta saggezza. La nuda e cruda verità mi colpisce al cuore.

Il mio scetticismo inizia a dare largo spazio alle parole del libro, portandomi ad apprezzare la conoscenza della mente umana. Non credo che tutto ciò possa risolvere i miei dubbi e dare una saggia risposta alle mie domande, ma potrebbe

aiutarmi a capire chi sono veramente.

“Le domande che poniamo a noi stessi” è il titolo di un nuovo capitolo.

“Il nostro cervello tende a ricercare e trovare le giuste risposte alle domande che gli poniamo.”

“L’argomento diventa interessante!” penso.

Il capitolo prosegue spiegando il modo giusto di porre le domande a noi stessi affinché il cervello riesca a trovare le giuste risposte. Alcune pagine affermano che, di fronte alle difficoltà della vita, qualcuno tende a porsi domande depotenzianti, che puntano l’obiettivo sulla negatività, come ad esempio: Perché queste cose capitano sempre a me? Perché le cose non cambiano mai?

Nei momenti difficili, al contrario, bisognerebbe imparare a porsi delle domande potenzianti e che stimolino soluzioni positive. Ad esempio: come posso migliorare questa situazione? Come posso risolvere questo problema? Questo genere di domande possono essere anche in grado di migliorare la qualità della vita.

Il libro prosegue analizzando attentamente che cosa hanno in comune le persone considerate di successo e il modo in cui hanno raggiunto gli eccellenti risultati.

La ricerca termina affermando che ciò che accomuna tali personaggi è la ferma convinzione in se stessi e nelle proprie capacità.

“Credevano profondamente in se stessi e che avrebbero potuto farcela, nonostante l’ambiente esterno pensasse il contrario. Scatenarono in tal modo il loro massimo potenziale, generando azioni che sfociarono in risultati.”

Una frase colpisce nel profondo il mio cuore: “Ci sono due tipi di falliti, quelli che agiscono senza pensare e quelli che pensano senza agire.”

9

“In che categoria mi potrei collocare? In quella di coloro che pensano senza agire o in quella di chi agisce senza pensare?” è stato il mio primo pensiero la mattina successiva.

In questo particolare momento della mia esistenza, una frase del genere è in grado di colpire profondamente il mio cuore. In un attimo ripenso a tutta la mia vita trascorsa, alle cose che ho fatto, alle decisioni importanti che ho preso e a come sono andate a finire.

“Non ho mai preso una decisione o fatto una scelta importante senza averci ragionato a fondo. Ogni mia azione è frutto di un profondo ragionamento e non credo di rientrare nella categoria di persone che agisce senza pensare. Piuttosto in quelle che pensano troppo e agiscono poco! Ho tante idee, pensieri e non ritengo di essere un tipo immobilizzato, che non agisce. Quando ho una buona idea da mettere in atto, agisco immediatamente, ma ad un certo punto mi fermo.”

La mia mente si pone una domanda: “In che punto esattamente ti fermi?”

E nello stesso istante si dà la risposta: “Nel punto in cui non provo più piacere nel fare quella determinata cosa!”

Ritorno al punto iniziale e la mia mente vaga alla ricerca delle solite domande: “Perché dopo un po’ le cose mi annoiano? Perché non ho la capacità di proseguire su una determinata strada? Perché continuare a fare la stessa cosa per troppo tempo mi fa perdere lo stimolo iniziale? Perché la perdita di emozioni

m’immobilizza? Nella mia vita dovrei solamente fare le cose che mi danno emozione? Se ricevo emozione solamente all’inizio di ogni attività, dovrei sospenderla e ricominciarne un’altra?”

La preoccupazione invade il mio cuore. L’entusiasmo all’improvviso sale, quando nasce dentro di me il pensiero di fare tante cose, di provare nuove esperienze, di accettare sfide e di vivere una vita piena di emozioni.

Un’infinita quantità di adrenalina invade tutto il mio corpo, facendomi provare il forte desiderio di correre, di saltare, di urlare e di giocare come fossi un bambino.

Inconsciamente e inconsapevolmente provo un’infinita sensazione di pace e felicità.

Poi all’improvviso ritorno in me e la parte logica mi riporta con i piedi per terra, ricordandomi che non sono più un bambino, che dovrei sapermi controllare e che nella vita non si può sempre fare tutto ciò che si vuole.

In questo preciso istante non so più esattamente cosa sia giusto e sbagliato.

“Essere o non essere? Questo è il problema.” Scoppio in una sana e fortissima risata.

Al supermercato incontro Letizia.

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

«Sono stata veramente bene a cena da te. Mi piacciono molto le nostre serate. Ti va di guardare un film insieme stasera?»

«Che film?»

«Stamattina in ufficio un mio collega parlava del film “Il curioso caso di Benjamin Button”. Non l’ho ancora visto e mi piacerebbe guardarlo insieme. Puoi venire da me, le mie amiche escono, per cui il divano è tutto nostro. Ceniamo anche insieme?»

«Volentieri! o a prendere due pizze e alle otto e mezza sono a casa tua.»

«Perfetto!»

«A dopo. Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

Ero entrato per fare la spesa ma, visto il cambio di programma, decido per una

rilassante eggiata in centro. All’uscita dal supermercato sento all’improvviso una voce femminile gridare il mio nome.

«Robi, Robi, Robiiiii.»

Velocemente mi giro indietro e vedo Letizia che corre affannata verso di me con le buste della spesa in mano.

«Leti, cosa ti è successo?» le chiedo preoccupato.

«Nulla» risponde. «Volevo solamente dirti che il prosecco lo compro io.»

Poi mi dà un fugace bacio sulla guancia e scappa.

“È pazza!” penso sorridendo.

eggio spensierato osservando superficialmente le vetrine del centro. Dopo venti minuti avevo percorso ben due volte la via principale.

“Certo che è proprio piccola la città in cui sono nato e per qualche strano motivo ho deciso di vivere!”

Poi penso: “Ho deciso… non è ancora detta l’ultima parola…”

Un piccolo sorriso compare sulle mie labbra.

“Oggi è già la seconda volta che rido con me stesso! Sto migliorando, considerando il periodo serio che sto vivendo!”

«Ciao Robi.»

«Ciao Ale.»

«Come stai?»

«Bene e tu?»

«Bene, grazie.»

«È da molto tempo che non ci vediamo! Ti sei fidanzato?»

«No Ale, per il momento ho altre cose in testa.»

«Che cosa fai stasera?»

«Ceno a casa di Letizia, poi guardiamo un film.»

«Robi, Robi…» Ale mi guarda con un sorriso strano. «Se continui a frequentare così spesso Letizia, potresti caderci!»

«No Ale, è solamente la mia migliore amica.»

«Sì, lo sappiamo tutti, ma... Noi, come sempre ci vediamo al bar e poi andiamo a ballare. Quando vuoi uscire con noi chiamami.»

«Ok Ale, grazie e a presto.»

«Ciao Robi.»

“Sempre uguali i miei amici! Continuano da anni a fare le stesse cose nonostante non siano più ragazzini. Sembra che per loro il tempo non i mai! Ho anche l’impressione che invecchino più lentamente, hanno ancora tutti i capelli e non sono stempiati come me! Anche se non fossi stato impegnato con Letizia, credo che avrei rifiutato l’invito di Ale, perché in questo periodo preferisco starmene tranquillo.”

Non sono mai stato un tipo espansivo e preferisco una vita più semplice e riservata rispetto a quella che conducono loro. Ultimamente poi non ho la necessità di una vita mondana e preferisco are serate come quella che ho deciso di trascorrere con Letizia.

10

«Sono io.»

«Sali.»

«Che bella tavola!»

«L’ho fatta solo per te, amore mio!» Poi un forte abbraccio e un bellissimo bacio sulla guancia.

“Leti è imprevedibile e simpatica!” penso mentre la vedo aprire il frigorifero.

«A noi due e alla nostra profonda e perfetta amicizia!» esclama senza nemmeno darmi il tempo di capire il motivo di tale affermazione.

«Il botto!»

«Certo!»

Durante la cena ci raccontiamo le nostre personali avventure settimanali e poi, dopo aver sparecchiato la tavola, ci sediamo comodamente sul divano ad

attendere l’inizio del film.

“…La sera avrei voluto darti il bacio della buonanotte.

Per i tuoi cinque anni avrei voluto accompagnarti al tuo primo giorno di scuola.

Avrei voluto insegnarti a suonare il piano.

Avrei voluto consolarti per qualche delusione amorosa.

Avrei voluto poter essere tuo padre.

Niente di quello che ho fatto lo potrà mai compensare.

Per quello che vale, non è mai troppo tardi o nel mio caso troppo presto per essere quello che vuoi essere.

Non c’è limite di tempo, comincia quando vuoi.

Puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola per questo.

Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio.

Spero che tu viva tutto al meglio.

Spero che tu possa vedere cose sorprendenti.

Spero che tu possa avere emozioni sempre nuove.

Spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi. Spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.

…

C’è chi nasce per stare seduto sulla riva di un fiume.

C’è chi viene colpito da un fulmine.

C’è chi ha orecchio per la musica.

C’è chi è artista.

C’è chi nuota.

C’è chi è esperto di bottoni.

C’è chi conosce Shakespeare.

C’è chi nasce madre.

…

E… c’è anche chi danza…”

I nostri occhi si riempirono di lacrime.

Ci sentivamo commossi e fortemente emozionati dal finale del film.

Attimi di silenzio invasero la stanza.

I nostri lucidi occhi si guardarono profondamente e le nostre braccia si avvolsero in un lungo, forte, dolce e affettuoso abbraccio.

11

La sera stessa, nonostante fossi comodamente sdraiato sul divano e avvolto nelle calde coperte, non riuscii a dormire.

Avevo l’impressione che tutto il mondo girasse in modo strano e che gli ultimi eventi non fossero casuali. Pensai perfino che qualcuno mi stesse mandando dei segnali.

Iniziai attentamente a riflettere sugli ultimi eventi della mia esistenza, sulle costanti domande e sulla necessità di ricercare risposte in un libro, associandole alle ultime scene del film che Letizia aveva scelto per noi. Quelle bellissime parole erano riuscite prepotentemente ad aprire uno squarcio profondissimo nel mio cuore. Una frase in particolare aveva colpito la mia fragile mente, quella riguardante il cambiamento, forse per la costante ricerca di novità che ha caratterizzato quest’ultimo periodo della mia vita o forse perché sono alla disperata ricerca di dare un senso alla mia esistenza.

Pensieroso mi addormentai.

La mattina successiva, seduto al bar, inviai un messaggio a Letizia.

“Buongiorno Leti. Grazie per la bellissima serata e soprattutto grazie per avermi fatto vivere quelle forti emozioni! Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza di te. Se non hai impegni, possiamo pranzare insieme. Robi.”

Continuo a leggere i giornali.

Come al solito nulla di interessante, sempre le stesse notizie condite in modo diverso.

La mia vocina interiore emerge all’improvviso.

“Se non t’interessano le notizie, perché fai colazione al bar e i le prime ore del mattino a leggere i giornali?”

Immediatamente la risposta: “Perché sei goloso e non rinunceresti mai ad una brioches e un buon cappuccino! Poi certe mattine hai voglia di vedere e sentire gente intorno a te!”

In ufficio alcuni lavori, che non so esattamente per quale motivo ho accettato che mi commissionassero, occupano tutto il mio prezioso tempo. Accendo la musica e, di tanto in tanto, mi lascio andare a qualche performance canora. Alzo gli occhi e mi accorgo immediatamente che è quasi ora di pranzo.

“Letizia!” esclamo ad alta voce.

Prendo velocemente il cellulare e trovo il suo messaggio inviato alle nove e trenta.

“Tre ore fa!” Penso.

“Anch’io ho provato delle forti e positive emozioni ieri sera e soprattutto con la persona giusta! Puoi armi a prendere alle dodici e trenta. Leti.”

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

«Dove pranziamo?»

«Hanno aperto un nuovo locale vicino al mio studio, se vuoi, potremmo andarci.»

«Ok.»

«Due insalate miste, un’acqua frizzante e una naturale.»

«Sai Leti, stanotte non riuscivo ad addormentarmi.»

«Anch’io Robi, perché il finale del film mi ha profondamente colpito al cuore.»

«Qual è stato il momento che ti ha maggiormente commosso?»

«La sensazione che ho provato nell’instante in cui ho ascoltato quelle parole e l’emozione che è poi perdurata nel mio cuore, è profondamente legata al senso della vita, o meglio al valore che dovremmo dare alla vita, che non va sprecata, ma vissuta, perché il tempo è la nostra maggiore ricchezza.» Mentre Letizia parla, mi vengono improvvisamente in mente alcune mie riflessioni riguardo al tempo. «Non si dovrebbero fare le cose per are il tempo come spesso sento dire, ma il tempo che ci è concesso andrebbe vissuto facendo le cose che si desiderano. Tu Robi mi conosci meglio di chiunque altro e sai bene come la penso riguardo alla vita. Sono consapevole che alcuni non condividono il mio modo di condurre la vita, ma questo non mi tocca. Esiste un modo giusto o sbagliato di vivere? Esistono due vite vissute nello stesso identico modo?»

Quando affronta questi argomenti i suoi occhi s’illuminano, diventano irresistibilmente belli e il suo volto lucente. È una sua piccola verità e riesce a esprimerla non solo a parole, ma anche con tutto il corpo. È fermamente convinta ed è disposta a difenderla con tutti i mezzi che ha a disposizione. Questo le fa un grande onore e la rende veramente unica al mondo.

Ora il suo sguardo cerca la mia approvazione.

La fisso immobile, senza che le parole rovinino il magico momento che ha saputo saggiamente creare.

Lascio trascorrere alcuni minuti di silenzio.

Profondi e infiniti istanti galleggiano nel tempo.

Osservo e ammiro Letizia, non riesco a distogliere i miei occhi dai suoi, la vedo diversa, più bella e più lucente.

Non sono state le sue parole a colpirmi al cuore, ma la sensazione di purezza che ho respirato nell’aria.

I nostri corpi si sono parlati avvertendo una sana onestà.

Spesso accade che dinanzi ad una persona, più che le parole pronunciate, siano le sensazioni positive o negative percepite dal corpo a far capire se ciò che è stato detto equivale a verità.

Sono assorto nei miei pensieri, quando la voce di Letizia attira la mia attenzione.

«Bella la frase “possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio”. Sono convinta che tutto dipenda da noi, da dove guardiamo, da cosa decidiamo di osservare nel mondo, da dove puntiamo il nostro sguardo e da come interpretiamo le cose che ci succedono.»

Letizia continua a parlare animatamente dei suoi pensieri, è un fiume in piena e questo mi rende molto felice. Le sue parole e il suo atteggiamento rimandano alla mia mente solo sensazioni positive. È colta, profonda e soprattutto non vive lasciandosi trascinare dagli eventi, ma tende sapientemente a gestirli.

All’improvviso la mia mente inizia una lenta e approfondita ricerca.

“Ricordo di aver letto frasi simili a quelle appena pronunciate da Leti, ma dove? Ah, nel libro! L’esempio descriveva una festa nella quale c’è chi si diverte e chi no. Il giudizio finale che sarà dato all’esito della festa dipenderà esclusivamente su chi ci si è concentrati: se su quelli che si stavano divertendo, la festa sarà riuscita benissimo, al contrario, se si è osservato solamente quelli che si annoiavano, la festa sarà apparsa noiosissima. In quel capitolo si parlava anche del cervello, che può essere paragonato a una telecamera e gli occhi all’obiettivo con il quale si decide dove e chi osservare. Se si focalizza l’attenzione sui lati migliori della vita, si entrerà in uno stato d’animo positivo, se si prediligono aspetti negativi, si vivrà un’esistenza all’insegna della tristezza.”

«Quindi Leti, credi che l’essere felice o meno dipenda esclusivamente da noi?»

«Sono convinta che molto dipenda da noi. Certo è che la vita a volte mette gli individui in condizioni veramente difficili e in situazioni che sembrerebbero irrisolvibili, ma sta a noi affrontarle con positività o negatività. A volte piangersi addosso non risolve nulla, come restarsene immobili ad aspettare che la situazione si risolva da sola. Possiamo e dobbiamo, nel limite del possibile, fare sempre qualcosa affinché le cose vadano come desideriamo. La maggior parte delle persone che per loro natura tende a criticare gli altri per qualcosa che hanno fatto, in realtà, dimostra solamente la propria incapacità nel fare la stessa cosa. Forse avrebbero voluto farla loro, ma in realtà non ne hanno il coraggio! Pertanto criticano ciò che fanno gli altri, non sono in grado di agire e rimangono sempre fermi e immobili al loro posto. Per questo non permetto che gli altri condizionino le mie scelte. Voglio tentare di vivere una vita unica, la mia. Non voglio che gli altri decidano per me. Non mi faccio influenzare dal giudizio degli altri.»

«Tutto bene?»

«Sì, grazie.»

«Posso portarvi altro?»

«Due caffè, grazie.»

«Affrontare in modo positivo o negativo gli eventi della vita, dipende anche dalla situazione emotiva che si sta vivendo. Se il periodo è particolarmente felice, vedrai intorno a te tutto positivo e una difficoltà non riuscirà mai a spaventarti. Se al contrario il periodo è negativo, anche il più piccolo ostacolo sembrerà insormontabile.»

«Questo è vero, Robi, ma quello che intendo dire è che dovremmo cercare di vivere sempre stati d’animo positivi, così la vita sembrerà più leggera, tutte le difficoltà risolvibili e il mondo apparirà più bello.»

«Non sempre è facile! Ci sono periodi nella vita in cui un individuo si pone più domande del solito. Conosci bene la particolare situazione che sto vivendo e sai che, pur essendo un ottimista nato, in questo periodo non riesco a vedere le cose in modo positivo.»

«Hai provato a guardarle da altri punti di vista, da altre angolazioni?»

«Credo di averle provate tutte!!!»

12

Alzo gli occhi al cielo, mi guardo intorno e siamo rimasti soli.

«Che ore sono Leti?»

«Sono le tre e devo rientrare in ufficio.»

«Pago il conto e ti accompagno immediatamente.»

«No, aspetta Robi! Non sono nello stato d’animo giusto per riprendere le pratiche dell’ufficio. Tu oggi hai impegni?»

«Perché me lo chiedi?»

«Vorrei rimanere ancora qui a parlare con te. Puoi? Vuoi?»

«Sì!»

«Cameriere, a che ora chiudete?»

«A mezzanotte, facciamo orario continuato.»

«Possiamo rimanere qui oggi?»

«Certo!»

«Cosa intendevi quando hai detto “credo di averle provate tutte”?»

“Mi sono messo in una bella situazione. E ora cosa le racconto?”

«Ho provato ad analizzare nel dettaglio ogni mia singola domanda interiore, ho cercato di capire il perché si presentino così frequentemente ed ho anche provato a dare un senso a ognuna di esse, ma è stato inutile. Inizia a farsi spazio dentro di me il pensiero che in realtà non esista nessuna risposta, che questa è la vita e il mistero che la compone, che sono semplici domande create dalla mia stessa mente e alle quali non devo cercare risposta.»

«Non avrei mai pensato di sentirti pronunciare frasi del genere, Robi. Non è nella tua indole arrenderti.»

«Hai ragione Leti. Ho pronunciato queste parole di remissione, ma in realtà non ho nessuna intenzione di abbandonare la mia ricerca finché non avrò trovato le giuste risposte.»

«Bravo Robi, così mi piaci, combattivo e determinato!»

«Non capisco perché io abbia sempre bisogno di novità.»

«Perché sei vivo, Robi!»

«Forse troppo, Leti! È difficile condurre un’esistenza sempre alla ricerca di qualcosa. Vorrei una vita piena d’imprevisti, di momenti entusiasmanti ed emozionanti. La monotonia e la consuetudine mi uccidono dentro. In questo momento sono spento e non vedo una precisa via di uscita. Ho la sensazione che in questo luogo non troverò stimoli. Qui tutti vogliono stare tranquilli, senza porsi troppe domande e senza pensare troppo. La gente fa sempre le solite cose e si sente contenta e sicura. Forse è proprio la sicurezza della monotonia e la certezza di sapere in anticipo cosa accadrà, che rende tranquille e felici le persone.»

«Credi che gli altri non si pongano le tue stesse domande?»

«Osservo attentamente persone che conosco da anni, il loro modo di vivere, di trascorrere il tempo e le giornate, e mi sembrano molto più serene di me. Conducono una vita “normale”, ano otto ore al giorno svolgendo da tanti anni lo stesso lavoro, alle sei di sera fanno footing o una partitella a calcetto, alle otto una pizza con qualche amico, la domenica una eggiata in centro, la sera a cena e il lunedì si ricomincia tutto da capo. Tutto sommato credo stiano meglio di me, almeno psicologicamente!»

«Hai detto bene, credi. Non puoi sapere esattamente cosa pensino le altre persone.»

«Comunque il fatto è che non ho intenzione di paragonarmi agli altri. Questi esempi semplicemente per esprimere i dubbi e i pensieri che ultimamente invadono la mia esistenza.»

«Certo capisco, ma non siamo tutti uguali e non tutti hanno bisogno degli stessi stimoli per stare bene.»

«Ho la necessità di cambiare troppo spesso.»

«Il cambiamento è importante, è vita! Molte persone hanno il terrore di cambiare qualcosa e continuano a condurre la stessa esistenza per anni, fino alla morte.»

«Ma come fai ad essere così saggia?»

«Non sono saggia, semplicemente sto lasciando parlare il mio cuore, Robi. Faresti la stessa cosa tu per me.»

«Se hai la necessità di cambiare qualcosa nella tua vita, fallo e basta! Ricordi la frase del film?»

«Certo che me la ricordo, è una di quelle che mi ha colpito di più: “Per quello che vale non è mai troppo tardi o nel mio caso troppo presto, per essere quello che vuoi essere. Non c’è limite di tempo, comincia quando vuoi. Puoi cambiare o rimanere come sei, non esiste una regola per questo. Possiamo vivere ogni cosa al meglio o al peggio. Spero che tu viva tutto al meglio. Spero che tu possa vedere cose sorprendenti. Spero che tu possa avere emozioni sempre nuove.

Spero che tu possa incontrare gente con punti di vista diversi. Spero che tu possa essere orgogliosa della tua vita e se ti accorgi di non esserlo, spero che tu trovi la forza di ricominciare da zero.”»

Mentre recitavo, tenevo gli occhi fissi in quelli di Letizia, mi sentivo realmente in un film e credo che anche lei provasse la stessa sensazione. Il silenzio era la voce del momento e qualcuno avrebbe dovuto assolutamente interromperlo. Avvolto nel mistero, sentii dal nulla la voce di Letizia.

«Potresti rubare il posto a Brad Pitt!»

«Brava Leti, sei riuscita a sdrammatizzare e senza volerlo hai trovato lo scopo della mia vita: da grande farò l’attore!»

Scoppiamo in una forte risata.

«Due caffè, grazie.»

Il cameriere mi guarda incuriosito.

«Due caffè prima di cenare?»

Osservo l’orologio appeso al muro e immediatamente mi accorgo che sono le otto.

“Ho trascorso l’intero pomeriggio seduto al tavolo di un bar a parlare con Letizia delle nostre vite, dei nostri pensieri, di noi stessi e senza ordinare nulla. Che figuraccia!” penso.

Letizia alza le spalle in segno di arresa come se volesse dirmi: “risolvi subito questa scomoda situazione”.

«Vista l’ora, mi porti il menu, grazie!»

Il cameriere si allontana e scoppiamo a ridere.

«Che figuraccia che abbiamo fatto!»

«Hai proprio ragione, Leti. Troppo immersi nei nostri discorsi non ci siamo accorti del trascorrere del tempo. E comunque penso che siano ore spese bene.»

Letizia dolcemente sorride alle mie parole.

«Io prendo una pizza e tu?»

«Vada per la pizza accompagnata da un ottimo prosecco!»

Come sempre arrivai fin sotto il portone di casa sua e la salutai con queste ultime parole:

“C’è chi nasce per stare seduto sulla riva di un fiume. C’è chi viene colpito da un fulmine.

C’è chi ha orecchio per la musica.

C’è chi è artista.

C’è chi nuota.

C’è chi è esperto di bottoni.

C’è chi conosce Shakespeare.

C’è chi nasce madre.

E…c’è anche chi danza…"

Un’altra puntata del nostro film era terminata.

13

Oggi ho il desiderio di starmene solo. La giornata trascorsa con Leti è stata meravigliosa, come sempre il giorno successivo sono molto pensieroso e ora vorrei un po’ di tempo per starmene in disparte dal resto del mondo.

Alle diciotto esco dall’ufficio, entro in pescheria, osservo attentamente i vari prodotti esposti nel banco e decido di gratificarmi con una bella insalata di mare già pronta.

“Bene, così non dovrò nemmeno prepararla. L’aspetto è ottimo, speriamo che lo sia anche il sapore! I prezzi di questo negozio sono un po’ più alti rispetto alla media, ma il cibo è buono.”

Ventuno e trenta e il desiderio di continuare a leggere diventa irresistibile. Disteso sul divano penso alla giornata appena trascorsa e, tranquillamente, inizio a leggere.

“Quando nasce uno scontro tra la parte che ci spinge a elevarci e quella che tende a non farci ottenere ciò che desideriamo e ogni volta che sentiamo il desiderio di fare qualcosa di nuovo, che sappiamo essere giusto e, contemporaneamente, un’altra parte di noi interviene limitandoci, siamo coinvolti in un profondo conflitto interno. Spetta a noi decidere quale parte ascoltare e, se decideremo di dare spazio a quella limitante, tenderemo a non fare ciò che realmente desideriamo e a non dare voce al nostro cuore.”

“Non sempre è possibile ascoltare ciò che il cuore comanda, perché si rischia di

essere troppo istintivi. A volte quello che si definisce conflitto interno è produttivo, perché conduce un individuo a ragionare, portandolo a fare la scelta giusta.”

“È fondamentale usare la testa prima di agire, ma fare o non fare qualcosa non deve necessariamente dipendere dalle probabilità o dai calcoli statistici. Se così fosse, tutti i grandi della Terra non avrebbero cambiato il mondo con le loro imprese irragionevoli, Cristoforo Colombo non avrebbe mai scoperto l’America e Edison non avrebbe mai inventato la lampadina. Certamente anche in loro era forte la paura di non riuscire e il calcolo delle probabilità era del tutto avverso, ma hanno ritenuto comunque opportuno provarci, indipendentemente dal resto del mondo. L’unica certezza di cui avevano bisogno era il desiderio di provarci. Non c’era forse una vena di pazzia in tutto ciò?”

Il mio corpo si riempie di adrenalina, non riesco a stare fermo, mi sento esaltato e vorrei fare qualcosa per me stesso… Poi penso: “Forse lo sto già facendo!”

14

“Quante volte ho preso delle decisioni importanti senza sentire la necessità di chiedere il parere o il consenso di qualcuno? Ogni volta che ero fermamente convinto. Forse i miei dubbi nascono perché non ho ben chiaro ciò che desidero fare?” Continuo a riflettere. “Perché ho la necessità di nuovi stimoli e di cambiare qualcosa nella mia professione? In questi ultimi tempi, non avrò dato troppo spazio alla parte limitante di me stesso soffocando i miei veri desideri?”

All’improvviso la mia vocina interiore si fa prepotentemente sentire accusandomi di prendere delle decisioni sbagliate: “Se dovessi decidere di cambiare lavoro e le cose non dovessero andare bene…”

L’altra parte di me stesso, con pari intensità, controbatte: “Ma se non ci provassi, rimarresti sempre nella stessa situazione…”

Mi trovavo nel bel mezzo di un conflitto interiore, proprio come descritto nel libro. Una parte di me spingeva affinché cambiassi qualcosa per migliorare la situazione attuale e mi evolvessi, l’altra parte frenava affinché restassi esattamente nella posizione attuale.

Decisi allora di tornare indietro e rileggere attentamente ciò che aveva dato origine ai miei pensieri, soffermandomi su questo punto: “Spetta a noi decidere quale parte ascoltare e se decidiamo di dare spazio a quella limitante, tenderemo a non fare ciò che realmente desideriamo e a non dare voce al nostro cuore.”

“Che cosa dovrei fare allora, a quale parte di me stesso dovrei dare ascolto?”

15

“Ogni individuo ha sviluppato, nel corso della propria esistenza, un codice personale che stabilisce quali siano le cose che provocano piacere e dolore. Questi codici si chiamano “valori” e permettono di ricevere impulsi che motivano ad andare in una direzione piuttosto che in un'altra. I “valori positivi” sono quelli verso cui tendiamo ad andare, che creano cioè stati emozionali come la gioia, l’amore, l’entusiasmo, il divertimento, ecc., i “valori negativi”, al contrario, sono quelli dai quali tendiamo ad allontanarci come la rabbia, la frustrazione, la depressione, la paura della critica, l’umiliazione, ecc. Quando nasce un conflitto tra valori positivi e negativi, il nostro motore si blocca, come se uno dei pistoni si muovesse in direzione opposta rispetto agli altri. Lo stesso accade quando un individuo desidera avere successo, ma teme la critica oppure desidera amore, ma associa il rapporto di coppia alla perdita di libertà.”

L’argomento si fa sempre più interessante e proseguo curioso la lettura.

Nel libro si afferma che i valori s’instaurano dentro di noi durante i primi anni di vita e fino ai sette anni assorbiamo inconsciamente tutto ciò che deriva dall’esterno. Dagli otto ai tredici iniziamo a essere coscienti delle differenze tra gli individui, scegliamo gli amici e definiamo il ruolo che ognuno di essi dovrà avere nella nostra vita. Tra i quattordici e i vent’anni inizia il periodo della socializzazione, prendono forma i primi valori legati alle relazioni umane e, in base alle esperienze personali, si classificano in positivi e negativi. Intorno ai ventuno i valori si stabilizzano e sono ben classificati.

Una domanda a chiare lettere cubitali attira la mia attenzione: “Quali sono i tuoi valori positivi?”

Su un foglio di carta bianco inizio a scrivere, pensando quali emozioni positive vorrei costantemente provare. Amore, avventura, realizzazione, ambizione, salute, felicità, ione, potere, successo, orgoglio, creatività, sicurezza, coraggio, rispetto, libertà, autostima. Osservo attentamente le parole che ho scritto e decido l’ordine d’importanza.

Rifletto attentamente.

Dopo tre ore ho definito esattamente la mia lista dei valori positivi.

ione

Ambizione

Amore

Creatività

Realizzazione personale

Autostima

Felicità

Salute

Successo

Potere

Orgoglio

Sicurezza

Coraggio

Rispetto

Libertà

Avventura.

16

“La mia lista dei valori!” esclamo la mattina successiva, cercando di capire se li ho ordinati nel modo giusto.

Poi penso che senza “ione”, “ambizione” e “amore” non inizierei nulla, perché sono gli stati emozionali in grado di stimolare la mia “creatività” che, associata ai primi tre, determina la “realizzazione personale” e l’“autostima”. Sicuro di me, mi sentirei “felice” e in “salute”, elementi fondamentali che, uniti ai rimanenti valori elencati, creano il “successo” personale.

“È questa la mia visione del mondo?”

Esco lasciando sospese nell’aria le mie domande.

In ufficio non riesco a fare altro che pensare alla mia lista dei valori e se sia vero che ogni decisione che ho preso nella vita abbia avuto come inizio la ione.

Apro un’altra pagina del libro, diventato ormai il mio fedele compagno di viaggio e lo ringrazio leggendolo.

“Quali sono i tuoi “valori negativi”?”

La scritta invade l’intera pagina.

Critica

Umiliazione

Insoddisfazione

Noia

Monotonia

Consuetudine

Senso di colpa.

“Al primo posto ho scritto la “critica”, ma ho veramente paura di essere criticato? Non sempre! Solamente quando il dubbio prevale sulla convinzione.”

Continuo attentamente a riflettere.

“Questa mia affermazione sottende forse il desiderio di rinunciare a tutto ciò di cui non sono convinto? Non ho sempre tentato di basare la mia vita su questo

concetto? Sì!” rispondo convinto ad altissima voce. “Il vero motivo per cui troppo spesso rinunci a ciò che è bene per te è da ricercare nella paura della critica?”

Il mio conflitto interiore continua sempre più animato, allontanando imperterrito le due parti di me stesso.

“Spesso la paura della critica e dell’umiliazione blocca le mie attività e non dovrei permettere che ciò accada, per non trovarmi a un certo punto della vita insoddisfatto per ciò che avrei potuto fare e non ho fatto”.

“Non si può raggiungere il successo personale senza trovarsi a dover prendere delle decisioni che verranno criticate e contrastate o senza essere messi nelle condizioni di andare per la propria strada contro l’opinione di chi ci sta vicino.”

17

“Tutti viviamo dei conflitti interni, dobbiamo semplicemente ricercare quali siano i valori più importanti che contribuiscono a realizzare la vita che desideriamo.”

La mente porta in luce una domanda non ancora pensata: “Che cosa dovrebbe accadere nella mia vita affinché riesca a provare soddisfazione in tutto ciò che faccio?”

Emerge la lista dei valori positivi.

Un’inspiegabile sensazione di gioia e felicità invade completamente la mia mente.

La parte razionale di me stesso è ormai soffocata da tanta incertezza e sapientemente lascia spazio alla sana emotività che mi concede attimi di vero piacere. Euforia è la parola d’ordine di tutta la giornata. Il mondo mi appare diverso, più reale e più vivo.

Sento il forte desiderio di iniziare nuove avventure e nuove sfide. Sono eccitato per qualcosa che forse non farò.

In questo preciso istante mi trovo inspiegabilmente in riva al mare in compagnia della fantasia, penso a me stesso, ai miei sogni e a ciò che realmente desidero.

Chiudo per un istante gli occhi, cercando di imprimere nella mia fragile mente ogni singolo pensiero. Vivo inconsciamente e irrimediabilmente tutto senza freni e limitazioni, sentendomi leggero e la realtà non è più parte di me.

Apro gli occhi e vedo il mare.

“È tutto reale!” esclamo ad alta voce. E poi penso: “Perché non dovrei vivere ciò che anche per un solo istante ho sognato?”

18

Da qualche giorno vivo chiuso in casa e in ufficio pensando. Non so realmente cosa sia successo, mi sento diverso e più sereno del solito. Forse ho semplicemente preso coscienza di me stesso. Mi sto concedendo del tempo prezioso e questo mi fa sentire veramente bene. In questo preciso istante provo il forte desiderio di restare solo, di non essere disturbato e vorrei che anche Letizia rimanesse in attesa di un mio piccolo segno. Se mi chiamasse ora, non riuscirei a dirle nulla, ma non rifiuterei un suo invito e questo sicuramente distoglierebbe la mia attenzione da tutto ciò che sto realmente facendo per me stesso.

“La motivazione che spinge un individuo a fare qualcosa per se stesso e a raggiungere un proprio obiettivo, non è mai legata all’obiettivo in sé, ma alle sensazioni che riceverà dopo averlo raggiunto.”

Penso intensamente e indistintamente alle importanti scelte della mia vita e alle forti motivazioni che le hanno determinate. Analizzo i dettagli, i perché e le azioni che hanno permesso il raggiungimento dei miei obiettivi.

Non ho tempo di riflettere, tutto il ato mi scorre davanti in un attimo, mi vedo ragazzino e subito uomo e, osservando la mia vita, tutto si fa chiaro.

Mi chiedo quale sia stato il vero motivo per cui decisi di iscrivermi all’Università e ricerco dentro me stesso le giuste risposte. Il desiderio di laurearmi, di accettare una nuova sfida, di sentirmi vivo, di immaginare una prospera vita futura erano motivi validi per farlo. Il pensiero si era rinchiuso nel desiderio di raggiungere l’obiettivo e il sentimento di gioia era così prepotente da permettere il superamento di qualsiasi ostacolo.

Assaporavo lentamente il senso di libertà e indipendenza che avrei raggiunto e, immediatamente, il desiderio di fare qualcosa per me stesso e dare un senso alla mia vita, mi hanno permesso di superare le difficoltà negli anni universitari.

Motivazioni forti e importanti che, nonostante le scarse possibilità di successo, mi hanno prepotentemente spinto al raggiungimento dei risultati in modo divertente.

La mia mente impazzisce sfamandosi di pensieri, è come un fiume in piena che scorrendo velocemente straripa e travolge tutto ciò che incontra.

L’ignoto è sempre stato per me fonte di speranza.

Ora mi trovo in quella particolare fase della vita che solitamente chiamo “di stallo”, in cui l’ago della bussola è impazzito e non riesce a trovare una precisa direzione. La determinazione ha lasciato il posto all’indecisione.

Le mie solite domande, senza una precisa e apparente risposta, trovano ancora spazio nella mia mente.

19

“Sono esattamente dieci giorni che non esco. o tutto il mio tempo in casa e in ufficio a leggere e a pensare. Credo proprio che oggi telefonerò a Letizia.”

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

«Come stai?»

«Bene, grazie e tu? Sono dieci giorni che non ti sento e mi stavo quasi preoccupando!»

«Ho avuto molte cose da sbrigare in ufficio e non ero nello spirito giusto per uscire. Una delle prossime sere ti andrebbe di andare in un pub con Ale e gli altri?»

«Ottima idea! Facciamo sabato sera?»

«Perfetto, chiamo subito Ale. Ciao Leti.»

«Ciao Robi.»

…

«Ciao Ale.»

«Ciao Robi, come stai?»

«Tutto ok e tu?»

«Bene, grazie. Sabato sera cosa fate?»

«Che domande fai Robi, ormai lo dovresti sapere, siamo monotoni noi!»

“Da quando anche Ale mi legge nel pensiero?”

«Pub, disco, colazione e a letto fino alle due del pomeriggio! Siamo fatti così noi e non credo cambieremo mai! Sei dei nostri?»

«Ho sentito Leti e pensavamo di aggregarci.»

«Robi, Robi, Robiiii! Lo sai cosa penso al riguardo! Con una donna non dovresti farla troppo fitta, perché altrimenti ci cadi! O ci sei già caduto?»

«No Ale, non ancora!»

«Allora ci sei vicino?»

«È una mia amica, anzi, la mia migliore amica. Ne siamo consapevoli entrambi, per cui puoi stare tranquillo.»

«In fatto di donne io non sto mai tranquillo e tengo sempre le antenne alte.»

«Non dovresti avere questi pregiudizi e poi non sono tutte uguali! Se ti poni sempre in questo modo, non riuscirai mai a costruire nessun buon rapporto.»

«Sono già stato fregato una volta e non intendo ripetere l’esperienza.»

«La conosco bene la tua vicenda Ale, ma quello che intendevo dire è che non dovresti continuare a vivere nel ato. Dovresti gettare via le pesanti zavorre che ti porti addosso e ricominciare a vivere nuovi rapporti con le donne.»

«Sono stato troppo male, ci sono voluti anni per rifarmi una vita, per cui ora uso le donne come voglio.»

«In quei momenti non sei l’unico a usare una persona. Tu usi lei per i tuoi scopi e lei usa te per i suoi, dovresti esserne consapevole.»

«Lo sono Robi, lo sono! Questo non m’importa e non credo interessi a nessuna delle mie donne. Usciamo, ci divertiamo, facciamo sesso e amici come prima.»

«Toglimi una curiosità, Ale. Quando vi salutate, dopo aver fatto l’amore, scusa sesso, non sentite il desiderio di rivedervi?»

«Certo, se ci siamo trovati bene, altrimenti no.»

«Non so cosa dire, Ale, sono confuso perché non ho mai fatto sesso con una donna, solo l’amore.»

«Ti manca, dì la verità che vorresti provare almeno una volta nella vita a fare sesso con una donna. Tutti gli uomini hanno questo desiderio.»

«Forse Ale hai ragione, dovrei provarlo, ma credo che poi sentirei la necessità di rivederla e non vorrei rischiare di fidanzarmi con una donna conosciuta con il solo intento di farci del sesso.»

«Ora Robi vorrei farti io una domanda. Secondo te diventare amico di una donna esclude il fatto di potersi innamorare di lei e fidanzarsi?»

«Certo che no, Ale!»

«Allora vedi che ho ragione!»

«In che senso?»

«Nel senso che tu e Letizia…»

«Ma va a …! Quanto saresti disposto a pagare pur di avere ragione?»

«Comunque nel dubbio, mi tengo pronto per le nozze.»

«Ok, a breve annunceremo la data.»

«Leti è una bella ragazza, ha solo un difetto, Robi.»

«Quale?»

«Non dirmi che in tutto questo tempo non l’hai mai notato?»

«Tutti abbiamo dei difetti! In Leti sei riuscito a scovarne solamente uno?»

«Simpatico! Sì, solo uno, ma da non sottovalutare, anzi.»

«Dai, Ale, sparalo!»

«Sei impaziente, Robi, segno d’amore! Vuoi sapere il giudizio che hanno gli altri riguardo alla donna che stai per sposare?»

«Sì! Sono pazzamente innamorato di lei e la voglio sposare! Ma ora dimmi subito qual è il difetto di Letizia che non dovrei sottovalutare.»

«Va bene, anche se ho la consapevolezza che ti farà soffrire molto. Sei il mio migliore amico e sento la necessità di aiutarti, perché i veri amici si riconoscono nel momento del bisogno.»

«Grazie Ale, apprezzo molto il tuo gesto, ma ora dimmi, qual è questo difetto?»

«Lo vuoi veramente sapere?»

«Sì, Ale, lo voglio.»

«Allora vi dichiaro marito e moglie!»

«Ma va a … »

Ale scoppia in una sana risata.

«A parte gli scherzi, ora ti dirò qual è il difetto di Letizia per il quale ti consiglio di stare veramente attento. Sei seduto, Robi?»

«Sì, Ale, sono seduto, ma ora dimmelo!»

«Sei pronto?»

«Sììì.»

«È intelligente!»

«Ma va a …!»

Questo è Ale, uno dei miei migliori amici. Non è sempre stato così, lo è diventato nel tempo.

La moglie è scappata all’improvviso con un altro uomo dopo anni di fidanzamento e un mese di matrimonio, lui è caduto in depressione e ci sono voluti anni perché si riprendesse dal trauma. Dal quel momento in poi la sua vita è diventata un “cartone animato” e ora vive con l’unico scopo di divertirsi, di giocare, di cadere e rialzarsi come se nulla fosse. Non credo che questo lo renda

veramente felice, credo piuttosto che lo faccia per vendetta e non per attitudine personale. La sua ex-moglie si è risposata e ora ha due figli e Ale non ha mai accettato questa situazione. Non mi sono mai permesso di giudicarlo, perché è molto difficile sapere in anticipo come la mente reagirà di fronte alle difficoltà della vita. Vorrei solamente che riuscisse a superare questo brutto momento e trovasse il coraggio di farsi aiutare da qualche bravo medico o psicologo.

“Potremmo andarci insieme” penso.

20

Musica a palla, ballo con la testa e con il cuore.

“Sono dieci giorni che non esco! Voglio un’ora d’aria! Voglio un’ora d’aria! Voglio un’ora d’aria!” penso.

Da più di mezz’ora vago girando e ballando per tutta la casa in mutande, sono diretto verso la camera da letto per vestirmi quando, all’improvviso, la radio trasmette Staying Alive dei Bee Gees.

Immediatamente m’immedesimo nel personaggio ed inizio una sfrenata danza alla Toni Manero. Sono tutto sudato e dovrei rifarmi la doccia, ma senza pensarci troppo esco di casa.

«Sono io, Robi.»

«Scendo.»

«Ciao Leti.»

«Ciao Robi. Ti vedo raggiante stasera.»

«Sì, in effetti mi sento molto felice e prima di vestirmi ho ballato come un pazzo girando per tutta la casa.»

«Hai sentito Ale?»

«Ci aspettano al bar.»

…

«Ciao a tutti!» esclama Leti.

Subito intercetto lo sguardo di Ale intento ad analizzare ogni minimo particolare.

“Di solito sono sempre in ritardo, come mai stasera sono tutti puntuali? Forse non volevano perdersi il nostro ingresso?”

Ale si avvicina a Letizia, la bacia sulla guancia e mi dà una pacca sulla spalla.

Mi guardo intorno e immediatamente mi accorgo che Letizia è l’unica donna.

“Non vorrei aver commesso un errore invitandola.”

Entrati nel solito pub, alcune ragazze sedute a un tavolo salutano animatamente Ale e Giovi mentre noi, inesperti, seguiamo il gruppo.

Prontamente il cameriere modifica la posizione dei tavoli, unendone alcuni a quello delle ragazze.

È impossibile evitare di notare la loro bellezza e soprattutto ce n’é per tutti i gusti. Una mora, l’altra bionda, una rossa e tutte visibilmente tinte. Poi c’è l’ultima che è castana naturale.

“Sicuramente si sono messe d’accordo.” Scoppio in una silenziosa e nascosta risata.

Sono simpatiche e fortunatamente Letizia è riuscita fin da subito a conquistare la loro amicizia, evitando la consueta competizione fra donne.

Mi trovo all’improvviso seduto a chiacchierare con la ragazza dai capelli rossi. È studentessa universitaria, le mancano pochi esami e dopo la laurea dovrà decidere il suo futuro.

«Tu cosa fai nella vita?»

Inizio lentamente raccontandole la mia vita da quando ero bambino, poi, intuito lo scherzo, scoppia a ridere.

A Letizia quella risata non è piaciuta affatto, lo si leggeva nei suoi occhi e allora Ale saggiamente propose un brindisi.

Dopo il consueto giro ricerco delicatamente lo sguardo della ragazza con cui stavo parlando e dolcemente il mio bicchiere brilla appoggiandosi al suo.

I nostri sguardi rimangono fissi per alcuni secondi.

Letizia, che non si è persa un attimo, concentra tutta la sua tensione in uno sguardo così pesante da non permettere alla mia mente di concentrarsi sulla nuova compagna di viaggio.

La ragazza dai capelli rossi, con un’abile e inaspettata mossa, risolve l’imbarazzante situazione.

«Permesso, scusate, dovrei are per andare in bagno.»

“Così la vedrò camminare in tutto il suo splendore” penso. “Non è male, bel viso e bel fisico.”

«Ti piace, Robi?» mi domanda Letizia.

“Che domanda è? Cosa le dico ora? Ad un uomo saprei rispondere, ma a Letizia…”

«Perché me lo chiedi?»

«Così, per curiosità.»

“Va bene che la curiosità è donna, ma in questo caso sento puzza di gelosia.”

«È una bella ragazza, non c’è dubbio.»

«Questo lo noto anch’io, Robi, volevo sapere se ti piace e se può essere il tuo tipo.»

“Non ho mai visto Letizia alterata in questo modo.”

«Questa domanda, Leti, è prematura, non saprei come risponderti, in fondo la conosco da pochissimo tempo.»

«Eccola!» esclama Letizia.

«Permesso, scusate, grazie.»

Con un altro abile e astuto gesto la ragazza dai capelli rossi, chiedendo

gentilmente ad una sua amica di cambiare posto, riesce a sedersi al mio fianco voltando completamente le spalle a Letizia.

“Brava, ottima mossa” penso.

«Letizia è la tua fidanzata?»

«No, è solo un’amica!»

«Ho avuto l’impressione che lo fosse, forse per come ti guarda.»

«E in che modo mi guarda?»

«Da donna …»

«Da donna?» le chiedo.

«Da donna innamorata!»

Di fronte a tale affermazione rimango imibilmente impietrito.

“Letizia è un’ottima amica, forse la migliore che io abbia, a volte è un po’ troppo espansiva e si lascia andare a gesti poco ortodossi, ma affermare che sia innamorata di me… Credo si stia sbagliando, anche se, su questo genere di cose, le donne sono abili a intuire la situazione.”

«Cosa te lo fa pensare?»

«Il modo in cui ti guarda e poi è gelosissima di noi, anzi di me, vorrebbe essere al mio posto e averti tutto per sé.»

«Certo che tu non usi mezzi termini e vai dritta al sodo!»

«Non sono una persona che finge, né tanto meno rimando a domani quello che potrei dire oggi.»

Sorrido.

“Questa ragazza mi piace, è diretta, sicura di sé e determinata. Ma è giunta l’ora di cambiare discorso, vorrei parlare un po’ di lei e conoscerla meglio.”

«Hai già deciso cosa farai dopo la laurea?»

«Come tutti i laureandi non ho le idee chiare, sono aperta a tutto.»

Sorride.

«A tutto?» le chiedo con un leggero sorriso ironico sulle labbra.

«A tutto!»

Scoppiamo a ridere.

Imbarazzati, ci guardiamo intorno e incrociamo lo sguardo attonito di Letizia.

“Inizio a pensare che abbia ragione la ragazza dai capelli rossi e che Leti sia veramente gelosa.”

«È ora di andare a ballare!» esclama Ale con decisione, convinzione e felicità tipica dei bambini.

“In realtà avrei più voglia di rimanere seduto a chiacchierare piuttosto che rinchiudermi in un’assordante discoteca.”

Tutti si dirigono verso l’uscita e noi, ancora una volta, inesperti li seguiamo.

Letizia si avvicina velocemente e delicatamente avvolge il suo braccio al mio.

“Che situazione imbarazzante” penso.

Astutamente Giovi abbraccia Letizia allontanandola da me e immediatamente, come se tutto fosse programmato, Ale si affianca sussurrandomi: «Stasera hai l’imbarazzo della scelta! Non te ne basta una, ne vuoi addirittura due?»

«Ma cosa dici, Ale?»

«Lo abbiamo notato tutti! La rossa ti piace e Letizia ne è gelosissima.»

«Non è vero che la rossa mi piace, è simpatica e abbiamo solamente chiacchierato.»

«Sì, Robi, è simpatica ma è anche bella e intelligente.»

«Tanto è inutile discutere con te, pensi solo a una cosa.»

«Io sì, ma tu no.»

«Che cosa intendi dire?»

«Intendo dire che da quando conosco la rossa, non l’ho mai vista are tanto tempo a parlare con qualcuno. Quella è una ragazza intelligente, che sa quello che vuole e se non ti avesse ritenuto all’altezza, non ti avrebbe concesso nemmeno un minuto del suo tempo. Per cui hai ottime possibilità e secondo me le hai fatto colpo.»

«Ma che cosa dici, Ale? Ci siamo solamente scambiati due parole.»

«Se hai detto solamente due parole, le hai recitate veramente bene, perché quella lì, se vuoi, stasera è tua!»

«Lasciamo stare, non sono esperto in questo genere di cose e poi non saprei da dove partire. Non ho intenzione di andare a letto con lei, vorrei solamente are un po’ di tempo insieme, conoscerla, divertirci e trascorrere una piacevole serata.»

«Ok, Robi, staremo a vedere!»

Le frasi pronunciate da Ale mi hanno reso felice e soprattutto orgoglioso, perché è da tanto tempo che non esco e non conquisto una ragazza. Nell’ultimo periodo sono uscito solamente con Letizia. Poi penso: “Letizia è una ragazza ed è anche bella e intelligente, ma è la mia migliore amica e non riuscirei a baciarla o andarci a letto.”

Musica a palla.

“Ho la strana sensazione di essere ritornato a inizio serata, quando freneticamente ballavo in mutande per tutta la casa.”

Istintivamente abbasso lo sguardo e controllo l’abbigliamento tirando un rilassante sospiro di sollievo.

Ale e Giovi, ormai diventati i nostri capigruppo e padroni della situazione, si dirigono al solito tavolo, prenotato ovviamente, dove ci attende, in bella vista, un secchiello con un’ottima bottiglia di champagne.

Intorno al tavolo Ale stabilisce i posti che avremmo dovuto occupare per tutta la serata ed io, non a caso, mi trovai seduto al fianco della ragazza dai capelli rossi e lontano da Letizia.

Trascorsi una serata piacevole chiacchierando con lei, mentre Ale, Giovi e Letizia si scatenavano in pista. Ebbi l’impressione che Letizia avesse volutamente esagerato con il bere, perché il suo atteggiamento mi apparve più disinibito del solito.

Alle quattro del mattino eravamo seduti davanti a brioches e cappuccini in una delle poche pasticcerie aperte del centro e alle cinque ci salutammo.

Salutai tutti tranne Letizia, perché l’avrei fatto più tardi sotto casa sua.

Arrivò il turno della ragazza dai capelli rossi e prima di baciarla sulla guancia la strinsi forte in un impetuoso abbraccio.

Ebbi subito l’impressione che la mossa fosse troppo azzardata, ma il sano istinto aveva preso il sopravvento sulla ragione.

Al contrario dei miei pensieri, lei non oppose alcuna resistenza e si lasciò dolcemente andare a un’altra abile mossa che coinvolse tutti i miei suscettibili sensi. Avvicinò lentamente le sue labbra al mio orecchio e sussurrò: «Stasera sono stata veramente molto bene con te, mi piacerebbe rivederti, magari da soli. Puoi chiamarmi quando vuoi, ti lascio il mio numero nella tasca del giubbotto. A presto, Robi.»

21

Oggi ho un appuntamento con un cliente facoltoso, un uomo d’affari ricco e potente. Non l’ho mai incontrato, solo sentito telefonicamente. Compare spesso in tv, per cui conosco bene il suo aspetto fisico, la sua voce e il suo modo di atteggiarsi. Ancora non mi spiego come mai non abbia scelto me. È da una settimana che sposto in continuazione gli oggetti del mio ufficio nell’intento di farlo apparire più grande. Un personaggio del genere sarà abituato a spazi ampi con viste panoramiche mozzafiato e con due o tre segretarie super indaffarate. Il mio ufficio è piccolo, due stanze e un bagno, situato al piano terra su una strada secondaria poco trafficata, non ho una segretaria e collaboro con una ragazza freelance. Questo è il mio spazio, il luogo in cui nascono le mie idee.

“Un uomo che gira il mondo e che ha a che fare con personaggi illustri e professionisti di fama mondiale, come mai avrà scelto di recarsi personalmente da un perfetto sconosciuto in una piccola città davanti al mare? Perché mi ha contattato direttamente e non si è avvalso delle sue segretarie? Perché ha deciso di recarsi nel mio studio e non mi ha invitato nei suoi numerosi e lussuosi uffici?” Queste sono le domande che ancora circolano libere nella mia mente, sono piuttosto emozionato, mancano pochi minuti e già tremo.

“È arrivato!” esclamo dentro di me. “Come, nessuna bella ragazza ad accompagnarlo?”

Parcheggia la super auto davanti all’ingresso del mio studio e noto immediatamente il suo abbigliamento: indossa un completo blu scuro con cravatta azzurra.

Apre lo sportello e dal sedile posteriore prende una cartellina colorata.

Velocemente lo sguardo si posa sui jeans beige, la camicia azzurra, il maglioncino blu con il collo a V e la giacca che indosso e scrupolosamente penso di non essere vestito nel modo adeguato.

“Avrei fatto meglio a indossare un abito elegante e forse è quello che si sarebbe aspettato?”

Il camlo suona.

“Si aspetterà una bellissima segretaria con tacchi a spillo!”

Apro la porta, ci salutiamo con una formale stretta di mano e cordialmente lo invito ad accomodarsi nella sala riunioni.

La mia sala riunioni è semplicemente una stanza quattro per quattro, con un arredamento minimale e un un tavolo in cui al massimo si possono accomodare sei persone.

Completamente imbarazzato e affascinato dal carisma del personaggio che mi è di fronte, improvviso semplici e istintive domande.

«È andato bene il viaggio? Ha avuto difficoltà ad arrivare fin qui?»

«Tutto bene, grazie, il navigatore mi ha guidato senza alcun problema.»

«Bene!» esclamo.

“Sono fortemente emozionato e spero che il mio imbarazzo non sia troppo evidente.”

«Mi dica il motivo dell’incontro.»

“Sarò stato troppo diretto?”

«Ho voluto incontrarla per esporle personalmente una mia idea. Le faccio immediatamente vedere di che cosa si tratta.»

Apre la cartellina colorata e mi mostra un semplice foglio di carta bianco con delle scritte nere fatte a mano.

«È un progetto bloccato da tanti anni nella mia mente, che aspettava solo il momento giusto per venire fuori.»

“Cosa c’entro io?”

«Su Internet ho iniziato a cercare il personaggio adatto a realizzare la mia idea e,

dopo settimane ate a sfogliare pagine web, mi è apparso il suo nome. Sono entrato nel suo sito e subito mi sono reso conto che Lei sarebbe stata la persona giusta.»

Continua a mostrarmi con entusiasmo, ione ed emozione il materiale che ha portato con sé, poi a un tratto esclama: «Sarebbe così gentile da accettare l’incarico?»

“Se sono così gentile da accettare l’incarico? Se sono così gentile da accettare l’incarico? Se sono così gentile da accettare l’incarico?”

Non riesco a calmarmi e soprattutto mi sembra ancora impossibile che un personaggio del genere sia arrivato fin qui per commissionare un tale progetto proprio a me.

«L’idea mi piace e credo che sarà interessante portarla a termine» rispondo cercando di contenere il mio entusiasmo.

«Quindi accetta?»

«Con piacere!» esclamo utilizzando la poca calma rimasta.

Mi tende la sua mano e stringiamo il patto.

«La mia segretaria le manderà poi tutti gli estremi della società cui dovrà fare

riferimento e inviare il contratto con la sua parcella.»

“La mia parcella?” Ero talmente emozionato per aver ricevuto un incarico così importante, da sorvolare l’aspetto economico. “Con questo incarico guadagnerò tanto, ma dovrò organizzarmi per riuscire a svolgere bene un lavoro così impegnativo.”

Guardo l’orologio appeso al muro, segna le dodici e trenta e penso che forse dovrei invitarlo a pranzo.

“Sono sempre stato molto riservato e non sono abituato a questo genere d’incontri formali. E poi non saprei nemmeno scegliere il ristorante adeguato.”

La mia mente ricerca e trova un piccolo locale sul porto, carino e con una bellissima vista sul mare.

«Posso invitarla a pranzo o deve ripartire immediatamente?» «Ho concesso una giornata alla mia idea, per cui accetto volentieri l’invito.»

«Bene, allora possiamo andare.»

Usciti mi domando se sia il caso di utilizzare la mia auto, ma il bip del suo telecomando mi fa capire le sue intenzioni.

L’auto è lussuosa e super accessoriata.

“Dovrei lavorare dieci anni per permettermi un’auto del genere! Però aspetta Robi, con questo incarico, forse…!”

Indico dettagliatamente la strada per arrivare al ristorante e dopo pochi minuti siamo seduti ad un tavolo con vista sul mare.

Ordino un pranzo completo a base di pesce per due persone, poi l’imbarazzo sale quando il cameriere mi chiede il tipo di vino da abbinare alle pietanze.

“Potrei ordinare un prosecco, ma forse è banale, potrei guardare la carta dei vini e scegliere il più costoso, potrei …”

«Un litro di vino bianco frizzante della casa, per Lei va bene, Roberto?»

«Eh…sì, grazie.»

“Forse ho fatto una figuraccia, ma non posso fingere di essere quello che non sono. Non ho l’abitudine di frequentare personaggi del genere e sono una persona piuttosto semplice.”

«Prima diceva che visitando il mio sito ha capito immediatamente che sarei stata la persona giusta per questo progetto, ma qual è stato il motivo che le ha fatto prendere questa decisione?»

«Tutto il giorno sono circondato da personaggi e professionisti illustri che mi propongono investimenti e affari che ritengono imperdibili e quotidianamente devo prendere delle decisioni importanti. Pochissime volte posso permettermi di essere me stesso, perché costantemente devo mantenere il ruolo che mi sono scelto. Rispondo semplicemente “sì” o “no” alle loro proposte e quello che dico, per loro è legge. Qualsiasi cosa decida, a loro va bene, almeno in apparenza e non si permetterebbero mai di contraddirmi.»

Mentre parlava, avevo l’impressione di essere di fronte ad un amico di vecchia data con il desiderio di raccontarmi tutta la sua vita.

«Quando ho deciso di mettere mano a questo progetto, ho subito pensato a una persona con la quale potermi confrontare e collaborare in maniera libera. Sono molto stanco di personaggi finti e artefatti. Ho iniziato a sfogliare un’infinità di pagine web, dopo circa tre mesi mi sono imbattuto nel suo sito e un’attenta analisi dei suoi progetti mi ha permesso di prendere la decisione di contattarla. Ho voluto telefonarle personalmente e senza are attraverso la mia segretaria. Devo ammettere che è molto difficile trovarla in ufficio, ho dovuto chiamarla per ben tre volte e per tre giorni di fila prima che mi rispondesse.»

“Che figuraccia…”

«Ho provato in orari diversi ma nulla. Iniziavo a pensare che aveste chiuso definitivamente o che foste in vacanza, anche se il periodo non mi sembrava il più idoneo. Fortunatamente il quarto giorno sono riuscito a prendere questo appuntamento.»

Ero talmente in imbarazzo che non sapevo cosa dire.

La mia mente si era completamente bloccata e i pensieri giravano alti intorno a me.

«Comunque, nonostante tutto, ora siamo qui a definire i primi i verso la realizzazione del nostro progetto.»

“Il nostro progetto? Magari fosse il mio! Magari fossi nella sua posizione!”

«Propongo un brindisi all’inizio della nostra proficua e prospera collaborazione!» mi disse improvvisamente.

Ancora non riuscivo a credere di essere al tavolo con un individuo del genere, mi sembrava tutto finto e irreale come in un sogno.

Di tanto in tanto alzavo gli occhi e costantemente incrociavo lo sguardo curioso di qualcuno che aveva riconosciuto il famoso personaggio dinanzi a me.

Il pranzo andò bene e restammo a chiacchierare fino alle tre del pomeriggio.

Prima di uscire chiesi il conto al cameriere che arrivò portando la ricevuta su un luccicante piattino d’argento come fosse un trofeo. Quando tentai di pagare il conto, la sua carta di credito era già nelle mani del cameriere. Vane furono le mie iniziali richieste, ma ottimi furono i risultati finali, perché riuscii a convincere il cameriere ad accettare la mia carta.

Una lunga e rilassante eggiata sul lungomare, alle diciotto rientrammo in studio, prese la sua cartellina colorata, salì in auto e partì.

Di tutta la giornata, di tutto il tempo trascorso insieme e di tutti i discorsi fatti, una frase in particolare rimase impressa nella mia mente e credo rimarrà lì per tutta la mia vita.

«Quale strada ha percorso, che scelte ha fatto per diventare un uomo così ricco e potente? Ha tutto ciò che desidera, ha girato il mondo e un’infinità di persone l’adorano e l’ascoltano con ammirazione» gli dissi durante il pranzo.

«Credo fermamente che tutto ciò che ho fatto nella vita sia parte integrante del ruolo che mi è stato affidato nel mondo. Ho iniziato dal nulla con tanto entusiasmo, ione e grinta, facendo solamente ciò in cui credevo veramente. Le cose sono andate bene, ho saputo gestire situazioni difficili e ora mi trovo in questa posizione apparentemente splendida. Devi avere sempre ben chiaro in mente quello che puoi e non puoi fare ed essere disposto ad accettare le conseguenze della posizione che occupi. Prima di iniziare un viaggio, bisognerebbe sapere esattamente dove si vuole andare e soprattutto con chi, altrimenti, durante il percorso, potresti essere sviato dagli eventi o essere attratto dalle innumerevoli stradine che incontrerai lungo la strada principale, per ritrovarti poi in posti che non avresti mai pensato e voluto visitare. Stabilire a priori il percorso e la meta del viaggio, ma essere flessibili di fronte agli eventi accidentali, lasciando la possibilità a te stesso di poter visitare anche posti sconosciuti e imprevisti che attraggono la tua attenzione, sono aspetti fondamentali che permetteranno di non perdere di vista la rotta e soprattutto di raggiungere serenamente la meta finale. Quando iniziai questo viaggio, avevo in mente delle regole ben precise di come sarei dovuto essere e diventare per considerarmi un uomo di successo. Avrei dovuto essere sempre motivato, mai stanco, in perfetta forma fisica, avere molta liquidità economica, essere sempre a disposizione per non perdere affari, avere un buon rapporto di coppia, riuscire a divertirmi e soprattutto essere il numero uno. Ero molto giovane e l’entusiasmo non mi mancava. Per un periodo tutto ciò fu veramente entusiasmante, poi mi

resi conto che questa era una vita da Superman, ma ormai c’ero dentro e non potevo più uscirne. Una regola che ho imparato nell’arco della mia esistenza è che non esistono regole e non c’è nulla che deve accadere nella nostra vita perché ci si senta soddisfatti. Se punti tutto sul risultato e sull’obiettivo finale, solamente nel momento in cui l’avrai raggiunto ti sentirai soddisfatto, ma ti sarai perso tutto il bello del viaggio e ti sentirai costretto a ricercare un altro obiettivo o risultato per sentirti felice ed entusiasta.

Ho conosciuto tantissime persone che hanno sempre avuto bisogno di raggiungere dei risultati per sentirsi felici e poche che hanno raggiunto risultati felicemente.

Avere delle regole ben precise è giusto, ma non devono essere troppo rigide. Le regole devono andare di pari o con i nostri valori.

Quando ero giovane, all’inizio della mia avventura, avevo come unico scopo il raggiungimento del successo, ma le mie regole troppo rigide avevano già stabilito a priori come avrei dovuto essere, cosa avrei dovuto fare e come mi sarei dovuto comportare. Le regole troppo rigide possono essere la vera fonte del nostro piacere o del nostro dolore.

Ho puntato tutto sul risultato e ora che l’ho ottenuto, non sono più soddisfatto.

Col tempo ho capito che il mio vero entusiasmo nasceva dal pensiero di che cosa avrei fatto per raggiungere un determinato risultato.

Da che cosa mi sarei inventato.

Dalle strategie che avrei messo in atto.

Dal frutto delle mie idee.

Dal frutto dei miei pensieri.

Tutto ciò che volevo era dare voce al silenzio delle mie idee.

Vedi, Roberto, io sono considerato un uomo di successo, posso avere quasi tutto ciò che voglio, ma vivo in una sorta di schiavitù, di costrizione, vivo in un film e devo costantemente recitare la mia parte.

Il mio ruolo è ben diverso da ciò che sono. Mi manca la libertà di fare quello che amavo di più: lottare per qualcosa che non saprò mai se riuscirò ad ottenere.»

Questo era il vero motivo per cui aveva scelto me e la mia piccola città davanti al mare.

22

Quelle parole, quei pensieri e quello sguardo rimarranno impresse per tutta la vita nella mia fragile mente.

Era quello di cui aveva bisogno.

Era quello di cui avevo bisogno.

Ancora una volta il mondo si era schiuso intorno a me.

23

La mattina seguente, sfogliando la mia mente, trovo tracce di alcuni pensieri non troppo lontani.

Apro l’album dei ricordi e nitida diventa l’immagine dell’ultimo e importante appuntamento della mia vita.

Unico è al momento quel pensiero.

Vedo me stesso nel personaggio famoso, apro gli occhi, leggo e ritrovo la fantasia divenuta realtà.

“…come da accordi presi … le invio i dati della società cui fare riferimento e inviare il suo contratto. Distinti saluti.”

“Che tempestività! Ci siamo salutati ieri alle diciotto e stamattina trovo già la sua e-mail. Che efficienza! Ora dovrò redigere attentamente il contratto e stabilire la parcella” penso eccitato e preoccupato al tempo stesso.

Squilla il mio cellulare.

«Ciao Robi, allora? Non racconti nulla?»

«Ciao Ale, cosa dovrei raccontarti?»

«Con la rossa, com’è andata a finire?»

«Come dovrebbe essere andata a finire?»

«Ci sei andato?»

«Andato dove, Ale?»

«Te la sei fatta sì o no?»

«No. L’ho salutata, poi ho accompagnato Letizia a casa e sono andato a letto.»

«Da solo?»

«Certo e con chi?»

«Va bè, vorrà dire che ti dovrò organizzare un nuovo appuntamento con lei.»

«No, Ale, lascia stare!»

«Non ti preoccupare, ci penso io, Robi.»

«Dai, Ale, ne riparliamo più avanti.»

«Ok, ciao Robi.»

«Ciao Ale.»

A fatica riprendo il mio importante pensiero e inizio a scrivere il contratto quando, all’improvviso, l’immagine della ragazza dai capelli rossi diventa prepotente.

Ho in mente l’ultima scena vissuta.

Mi alzo e corro velocemente verso l’appendiabiti, infilo la mano nella tasca del giubbotto e cerco il biglietto.

“Allora è tutto vero, non ho sognato!”

Il film della mia vita prosegue senza interruzioni.

“Che cosa dovrei fare ora? Forse chiamarla?”

Rifletto.

Il contratto mi chiama, ma lei mi attrae.

Penso contemporaneamente a entrambi.

Completato il contratto, invio l’e-mail e scappo dall’ufficio.

Steso sul divano, con un panino e una birra in mano, penso alla rossa.

«Ciao, sono Roberto.»

«Ciao Roberto. Che piacere sentirti! È ata una settimana e pensavo non mi chiamassi più.»

“È ata una settimana, non un mese.” penso “probabilmente è abituata a essere corteggiata.”

«Dimmi tutto, Roberto.»

“Già dal nostro primo incontro si è dimostrata una ragazza decisa e diretta, per cui utilizzerò il suo stesso linguaggio e la inviterò subito ad uscire con me.”

«Vorrei invitarti a cena.»

“Ora vediamo come reagisce.”

«Ok, facciamo sabato?»

“Diciamo la verità, sono più impacciato io di lei.”

«Va bene» rispondo deciso.

«Mi i a prendere?»

“Che determinazione!”

«Ok.»

Conclusa la telefonata e ricevute le indicazioni, noto immediatamente la vicinanza della sua abitazione a quella di Letizia. Immagino l’espressione del

suo volto se mi vedesse in compagnia di un’altra donna e un profondo senso di angoscia invade il mio cuore perché è da sempre la mia migliore amica e non vorrei perderla.

24

Sabato sera.

Sono piuttosto serio e preoccupato per come potrebbe andare la serata, non sono più abituato a uscire con nuove ragazze e ultimamente frequento solamente Letizia.

Salita in auto inizia subito a raccontarmi le sue ultime avventure universitarie, i difficili esami da affrontare, la sua vita attuale e come vorrebbe diventasse.

“Se non si ferma arriviamo al ristorante che so già tutto di lei” penso.

Scendo dall’auto e mi dirigo velocemente dal lato opposto per aprirle lo sportello, ma in un istante e senza esitare la ritrovo dinanzi a me.

Arrivati all’ingresso del locale, gentilmente le apro la porta invitandola a entrare, ma, come se nulla fosse, varca spedita la soglia e con aria decisa chiede al cameriere qual è il nostro tavolo.

“Ero convinto che certi gesti di galanteria avessero effetto su tutte le donne, ma forse lei è l’eccezione che conferma la mia regola.”

Seduti al tavolo ordiniamo due piatti diversi.

«Va bene qualsiasi tipo di vino, l’importante è che sia molto alcolico» risponde sorridendo alla mia domanda riguardo la scelta del vino da abbinare alle pietanze.

Iniziavo seriamente a pensare che non fosse il tipo giusto per me, quando, all’improvviso mi stupì.

Dopo un’inutile e insignificante conversazione riuscì a mettere in luce la sua vera identità.

Sparì inaspettatamente quella semplice, leggera e a volte stupida ragazza per riapparire più colta, seria e intelligente.

Amai fin da subito il suo nuovo atteggiamento e immediatamente cercai di cancellare il giudizio negativo che per un instante aveva invaso la mia piccola e provinciale mente.

Forse complice sarà stato il vino ma stupendo fu l’effetto che produsse in noi.

Iniziavamo finalmente a capirci e a entrare in perfetta sintonia al punto che mi disse: «Con i tuoi premurosi e affettuosi gesti sei riuscito ad aprire il mio cuore.»

Avrei dovuto riflettere e forse rimanere per qualche istante a osservare i suoi lucenti e brillanti occhi e invece frettolosamente risposi: «Quali gesti?»

«L’elegante tentativo di aprirmi lo sportello dell’auto e la porta del ristorante. Non sono abituata a questi gesti, sono rari ma molto carini e li ho apprezzati tantissimo. Grazie Roberto.»

«Non devi ringraziarmi.»

«Questo genere di attenzioni ha sempre un effetto positivo sull’animo femminile. Ora voglio confessarti che quando mi hai telefonato e invitata a uscire con te, l’emozione ha preso prepotentemente il sopravvento su tutto e in questi casi mi difendo mostrandomi per quella che non sono e divento molto aggressiva.»

«La prima impressione che ho avuto è che fossi una ragazza molto decisa e determinata.»

«In realtà lo sono, ma l’emozione gioca brutti scherzi e a volte lo divento un po’ troppo dando l’impressione di voler dominare gli altri.»

«Comunque l’emozione è uno stato d’animo che dovremmo imparare a non soffocare e a dargli largo spazio. Nella maggior parte dei casi, tendiamo a comportarci come degli automi, soffocando la sana vena istintiva dell’emozione per avvantaggiare la logica e la razionalità, pensando che sia giusto.»

«Hai ragione Roberto, a volte è molto difficile essere se stessi e comportarsi come ci si sente. Spesso mi capita di non capire se la persona che ho davanti è sincera o continua a indossare la maschera che si è scelta di portare.»

“Non ho ben capito se questa frase è riferita a me” penso.

Lascio per un istante vagare libero il mio pensiero, prestando totale attenzione alle sue parole.

«A volte trascorri inconsciamente tanto tempo con una persona credendola “vera” per come si è sempre comportata e soprattutto per le frasi che è solita pronunciare, poi, all’improvviso, ti accorgi del contrario e il tuo cuore si spezza. Ti senti addirittura in colpa per non essere stato in grado di intuirlo prima. Doni tutta te stessa per accorgerti poi che l’altro è sempre stato lì, in silenzio, a studiarti. Pensi di conoscerlo, ma in realtà è lui che conosce bene te. Il suo silenzio gli ha permesso di capire nel profondo le tue parole. Tu parli e lui ascolta, tu esprimi i più intimi sentimenti e lui capisce le tue emozioni. Questo genere di persone parla poco e non ama raccontarsi. Sono individui molto pericolosi, capaci di tutto e fingono in qualsiasi occasione. Non sono in grado di esprimere i propri sentimenti perché hanno paura perfino di se stessi È possibile vivere con una persona che può tradirti profondamente? Se ne conosci qualcuna evitala o stanne molto attento, Roberto.»

«Parli per esperienza personale?»

«È evidente.»

«Sei stata fidanzata con un tipo del genere?»

«Anni fa ho avuto una storia con un ragazzo molto carino, gentile e simpatico.

Sono stata molto innamorata di lui, ci siamo voluti bene e ce ne vogliamo ancora. Dopo alcuni anni di fidanzamento e convivenza, mi sono accorta che non era la persona che credevo. Si è rivelato per quello che non era. Negli affetti non bisognerebbe mai fingere e nascondere nulla, perché la verità punisce colui che ha mentito. Il tempo ava senza accorgermi con chi realmente vivessi. Era ormai diventato un fidato e premuroso compagno di viaggio, sempre presente in ogni angolo della mia vita. Poi un giorno, all’improvviso e come per magia, i miei occhi si sono aperti. Ho iniziato ad osservarlo e a porgli intime e precise domande alle quali non ha mai dato risposte, nemmeno a se stesso. Il suo comportamento e la sua espressione erano sempre uguali, come se fosse incapace di provare emozioni. In realtà sono convinta che quel fragile ragazzo sia particolarmente sensibile ma, per una qualsiasi ragione che non mi è dato sapere, non vuole mostrarsi al mondo. Si è scelto un ruolo, ha indossato una maschera e ha deciso che non l’avrebbe mai tolta. Nemmeno io, la sua più intima e sincera compagna di viaggio, sono riuscita a vedere il suo vero volto.»

I suoi occhi diventarono lucidi.

«Mi ha amata e mi ama ancora, ne sono certa, ma questo non è stato sufficiente a fargli trovare il coraggio di togliere definitivamente la maschera. Quella è la vita che si è scelto o meglio è la vita che gli altri hanno scelto per lui e non avrà mai il coraggio di cambiarla. Lui è lì, fermo, imibile, sempre a disposizione di tutti e ti ama tutte le volte che vuoi essere amata, ma non ha mai dedicato un solo minuto a se stesso. Ho cercato di aiutarlo perché lo amavo e sentivo il forte desiderio di farlo, ma vani furono gli infiniti tentativi di fargli vedere la realtà con occhi diversi e finii per sentirmi completamente in colpa. Allora mi fermai, mi guardai intorno e capii immediatamente che lui al mondo serviva così.»

25

Le poche ore seduti al tavolo non furono sufficienti per descrivere a fondo i suoi reali sentimenti.

Decidemmo allora di spostarci in un altro locale aperto fino a tardi e il breve viaggio le consentì di riprendersi dal profondo sentimento di tristezza che era sceso in fondo al suo cuore. In realtà la capivo, perché aver amato una persona incapace di mostrare le proprie emozioni deve aver creato un enorme vuoto intorno a lei. In quel momento mi sentivo veramente fortunato e allo stesso tempo in colpa per non avere mai avuto la sfortuna di incontrare una persona del genere.

Pensando alle sue parole, ebbi immediatamente la consapevolezza di non avere mai avuto la paura di raccontare me stesso e di mostrarmi per quello che realmente sono. Anche nelle difficili situazioni in cui avevo la certezza che le cose sarebbero andate a finire male, non ho mai smesso di essere e amare me stesso. Questo è sempre stato il mio atteggiamento mentale e il rispetto verso colei a cui avevo deciso di donare il mio amore.

«Una birra rossa alla spina, grazie.»

«Media o piccola?»

«Media.»

«Anche per me, grazie.»

«Tu Roberto sei mai stato fidanzato?»

«Sì, ho avuto una storia importante.»

«E ti sei aperto con lei?»

«Sì, molto, mostrandomi per quello che realmente sono, senza finzioni e senza maschere.»

«Bravo! Ti sei pentito di averlo fatto?»

«Assolutamente no. Oggi mi sentirei piuttosto triste e in colpa se non lo avessi fatto e invece sono molto sereno e in pace con me stesso.»

«Riusciresti ad aprirti con un perfetto sconosciuto? Saresti in grado di raccontare tutto te stesso a una persona che incontri per la prima volta?»

«Perché dovrei farlo?»

Non risponde e continua a farmi domande.

«Riusciresti a raccontarmi tutta la tua vita, i tuoi più intimi sentimenti in questo preciso istante?

«Perché dovrei farlo?» insisto con la domanda precedente che non aveva ancora trovato risposta.

«Cosa pensi ti possa accadere raccontandomi chi sei?»

Iniziavo a essere nervoso e in forte imbarazzo.

Alcuni minuti di silenzio e riflessione invasero lo spazio intorno a noi, poi all’improvviso mi chiese: «Mi hai invitata ad uscire perché ti piacerebbe fare l’amore con me?»

«No! O meglio … sì! Che razza di domande sono queste? Vuoi mettermi in imbarazzo? Vuoi vedere fino a che punto sono disinibito e intraprendente? E comunque il mio invito ha come fine il conoscerti meglio e il capire chi sei veramente.»

«Se decidessi di fingere, non capiresti mai chi realmente sono, avresti la sensazione di essere stato bene e di avere feeling con una donna che non è quella che tu credi che sia.»

«Dove vuoi arrivare?»

«A conoscerti per come sei e a mostrarmi per come sono. Se sei disposto, apriamoci senza mentire, onestamente e senza pregiudizi, altrimenti possiamo anche salutarci e andare a casa.»

«Hai un atteggiamento molto scontroso. In questo modo non solo sei riuscita a farmi sentire in forte imbarazzo e disagio, ma hai anche stimolato e attivato un freno. Hai eretto uno spesso e alto muro tra di noi, non credo che stasera riuscirei a demolirlo, per cui non sono più disposto a continuare questa conversazione.»

«Come vuoi Roberto. Andiamo a casa?»

«Sì, credo sia il caso, ma prima vorrei porti una domanda: pensi che nella tua vita riuscirai mai a raggiungere un grado di serenità tale che ti permetta di non trattare male le altre persone e soprattutto gli uomini?»

«Vedi Roberto, credo che ogni persona sia diversa da un’altra e che ognuno di noi abbia una personalità ben definita. Non è mia intenzione trattare male gli altri, né tantomeno gli uomini, anche se potresti pensare che dalla mia ultima storia d’amore sia rimasta seriamente frustrata. Da qualche tempo a questa parte ho deciso di vivere la mia unica vita nel modo in cui ritengo giusto, cioè senza finzioni. Voglio in ogni occasione essere me stessa e pretendo che lo siano anche gli altri, altrimenti, per come ho deciso di vivere nel mondo, non vale la pena perdere neanche un minuto del mio prezioso tempo. Tu mi piaci molto Roberto, dal nostro primo incontro e dalle parole che abbiamo pronunciato ho sentito e percepito che sei una persona profonda, speciale, con pensieri e dialoghi interni molto impegnati e credo che ogni decisione tu abbia preso nell’arco della vita sia stata frutto di intensi ragionamenti e dettata unicamente dal tuo cuore. Ora mi sento pronta ad aprirmi e tu?»

«Non so, mi trovi impreparato. Forse le troppe domande non permettono alla mia mente di essere completamente lucida.»

«Se vuoi puoi partire, decidendo poi il punto in cui arrivare, oppure puoi non accettare. A te la scelta. Io ho già iniziato, ora tocca a te.»

La nostra conversazione finì in quel preciso istante.

Non ero pronto o forse non accettavo il pensiero di non essere stato in grado di dominare la situazione.

Steso sul divano, pensai profondamente a lei, alle sue parole e ai suoi atteggiamenti.

Iniziava la convinzione che fosse una donna veramente frustrata, ma ogni suo gesto, ogni suo pensiero, ogni sua frase nascondeva qualcosa di veramente profondo.

Tutto ciò che vidi e udii fu frutto del suo cuore e decisi che non avrei mai permesso di lasciarlo inesplorato.

26

“Il nostro cervello è diviso in due parti, un emisfero destro e uno sinistro. La parte conscia risiede nell’emisfero sinistro, mentre quella inconscia nel destro.”

“Un altro argomento interessante” penso. “Questo libro è in grado di suscitare in me stimoli positivi.”

“È la parte destra della mente, cioè quella inconscia, che fa cose di cui non ci accorgiamo.”

Si racconta poi che nell’emisfero sinistro del cervello risiede la parte razionale, pratica, logica, lineare, analitica e matematica, mentre quello destro nasconde la parte emotiva, creativa, immaginaria, istintiva e intuitiva.

Penso improvvisamente a me stesso e alle infinite considerazioni che hanno anticipato le importanti decisioni prese nella vita.

Penso al mio cervello e a quale delle due parti ho sempre dato maggior ascolto.

Penso.

Vorrei rispondere sinceramente a me stesso, affermando che quella destra è la parte più importante, ma onestamente concludo che molte emozioni sono state

uccise dalla prepotente razionalità.

Vorrei vivere più per le emozioni che per la razionalità e la logica.

Vorrei.

“Riuscirò mai a farlo?”

Penso.

“Ogni individuo, per scelta o attitudine, tende a dare maggiore ascolto a una delle due parti del proprio cervello. Tutti gli esseri umani usano entrambi gli emisferi, alcuni sono più razionali e altri più emotivi, il motivo risiede nel processo educativo che gli è stato insegnato. Pertanto, nell’arco della nostra esistenza, abbiamo sviluppato un modello individuale di reazione di fronte agli eventi della vita.”

Queste semplici frasi immergono la mia fragile mente in pensieri profondi.

Chiudo il libro pensando a me stesso e, all’improvviso, rivedo il mio rapporto con gli altri, i momenti importanti che hanno segnato la mia esistenza, il coraggio e la determinazione delle decisioni prese, le paure che hanno bloccato il mio futuro, le persone che non ho fermato costringendole ad uscire definitivamente dalla mia vita, le parole non dette, i piccoli gesti non fatti, i baci e gli abbracci non dati e tutto ciò che ho lasciato andare.

Sfuggenti e fulminei sono i pensieri che la mia mente lascia dolcemente andare e limitandosi, li osserva.

Apro e richiudo gli occhi in un istante.

Mi sento al tempo stesso leggero e pesante.

Dolorosa diventa la decisione di smettere di pensare, ma è inevitabile, seppur difficile.

“Se, come si afferma nel libro, nell’arco della propria esistenza ognuno sviluppa un modello di reazione di fronte agli eventi della vita, qual è il mio? E soprattutto, come si è evoluto?

Le mie pesanti domande provocano veloci pensieri apparentemente insignificanti.

“Fin da bambino i miei genitori mi hanno sempre stimolato ad attivare le infinite abilità dell’essere umano e, senza ostacolarmi, hanno permesso che provassi quasi tutte le esperienze che desideravo. Ho potuto così cimentarmi nella complicata arte dell’arrangiamento e ogni decisione presa è stata frutto della mia stessa volontà. Quanti errori ho commesso! Ma gli sbagli insegnano e fortificano, così ho imparato a risolvere ogni situazione senza dover chiedere troppo aiuto agli altri, contando principalmente su me stesso e sulle mie forze che a volte non credevo neanche di avere. È forse questo il mio modello individuale di reazione agli eventi della vita?”

27

Sabato sera.

Sono di nuovo seduto di fronte alla ragazza dai capelli rossi che ho invitato a cena con l’intento di scoprire chi è veramente.

Non si è ancora placata in me la forte curiosità che è riuscita a destarmi nel nostro ultimo incontro.

Per tutta la settimana non ho mai smesso di pensarci e ora mi rilasso osservandola.

“È veramente bella!”

«Hai riflettuto Roberto?»

«Sì, certo.»

«A che conclusione sei arrivato?»

“Questa ragazza mi piace. Come sempre ha preso in mano la situazione e vuole

comandare. Se non reagisco immediatamente sarò trascinato dagli eventi che forse non riuscirò a gestire.”

Sono completamente immerso nei miei infiniti pensieri quando la sento improvvisamente ripetere la domanda: «Allora Robi a che conclusione sei arrivato?»

“Forse non mi sono preparato a sufficienza per affrontarla” penso.

Poi in un attimo riavvolgo il nastro cercando di ricordare gli ultimi istanti del nostro precedente incontro.

“Riusciresti ad aprirti con un perfetto sconosciuto? Saresti in grado di raccontare tutto te stesso a una persona che incontri per la prima volta? Riusciresti a raccontarmi i tuoi più intimi sentimenti in questo preciso istante? Mi hai invitato a uscire perché ti piacerebbe fare l’amore con me? Se decidessi di fingere, non capiresti mai chi realmente sono. Ho deciso di vivere la mia unica vita nel modo in cui ritengo giusto e senza finzioni. Voglio, in ogni occasione, essere me stessa e pretendo che lo siano anche gli altri, altrimenti, per come ho deciso di vivere nel mondo, non vale la pena perdere neanche un minuto del mio prezioso tempo. Tu mi piaci molto Roberto e sento che sei una persona profonda, speciale, con pensieri e dialoghi interni molto impegnati. Credo che ogni decisione tu abbia preso nell’arco della vita sia stata frutto di intensi ragionamenti e dettata unicamente dal cuore. Ora, mi sento pronta ad aprirmi e tu?”

«Sì!» rispondo a voce alta.

L’espressione allibita impressa nel suo volto mi fa immediatamente capire che la

mia risposta non è esattamente quella che si sarebbe aspettata.

Poi saggiamente, senza indugiare e guardandomi negli occhi, mi dice: «Fino a poco tempo fa avevo dentro di me una “mappa” molto rigida che mi costringeva a muovermi in base ad essa, al punto che preferivo cambiare gli altri piuttosto che cambiarla. Come si sia formata e abbia preso potere non sono in grado di spiegarlo, ma credo appartenga più alla classe sociale della mia famiglia che a me. Ti sei mai soffermato ad analizzare che ogni famiglia ha una sua mappa precisa che ne impone il comportamento di tutti i suoi membri?»

Sono esterrefatto. Non rispondo e preferisco ascoltare.

«Le mappe di un uomo e di una donna sono molto diverse. Mio padre è un uomo ricco e di successo, che ha sempre lottato per ottenere ciò che voleva e ci è riuscito, nonostante provenga da una famiglia modesta. È molto soddisfatto della sua vita personale e professionale. Il ruolo di mia madre è stato fondamentale nella sua vita, l’ha costantemente e quotidianamente incoraggiato a trovare la sua vera identità, ad andare avanti e a raggiungere ciò che desiderava. Insieme hanno raggiunto un altissimo grado di complicità e unione che nessuno è mai riuscito a distruggere e a dividere. Mi hanno trasmesso dei valori che sono sfociati nella determinazione di una mappa comportamentale ben precisa. Ho sempre vissuto in base ad essa poi un giorno, all’improvviso, ho deciso di rivalutare tutto e mantenere le cose che ritenevo giuste, eliminando le altre, riuscendo così a sviluppare una mia nuova mappa personale. Ti è mai capitato, Roberto, di iniziare un’attività per poi abbandonarla senza motivo?»

«Sì, tantissime volte.»

«Anche a me. Credo che quelli siano stati virus.»

«Virus? Cosa intendi?»

«Intendo dire che quella vocina che arriva all’improvviso, quando siamo convinti di fare la cosa giusta, e trova mille motivi logici per fermaci riportandoci con i piedi per terra, la considero un virus che distrugge la nostra serenità. Di fronte al virus abbiamo due possibilità: fermarci e ritornare al punto di partenza o continuare lottando finché non si autodistrugge. In quest’ultimo caso scomparirà di conseguenza anche la fastidiosa vocina. Ti lascio immaginare come sarebbe la nostra vita senza virus e vocine interne che tentano di frenare ogni azione che riteniamo essere importante per noi. Arrivare a questo punto, Roberto, significa amare se stessi e dare spazio alle nostre emozioni. Nel tempo ho cambiato e sviluppato una nuova mappa meno rigida rispetto alla precedente. Ogni individuo, a un certo punto della propria esistenza, dovrebbe prendere coscienza della mappa che la famiglia di origine gli ha insegnato ed essere in grado, con il coraggio, di modificarla in base alle proprie esigenze e personalità.»

Come sempre è un fiume in piena e non posso permettermi di interromperla.

«Se una persona non riesce a fare ciò per se stessa, come può pensare di amare gli altri?»

Sono allibito.

«Dovremmo imparare a fare molta attenzione a chi dice di amarci. Dovremmo, prima di tutto, verificare che ami se stesso. Se così non fosse, perché dovrebbe amare un altro?»

Rimango immobile ad ascoltare le sue parole, ho i brividi e il mio corpo è invaso dall’emozione.

«Quando sviluppai la mia nuova mappa, pensai a lungo se raccontarlo alla mia famiglia, perché non ero sicura che fosse in grado di capire. Credevo ed ero illusa che i miei genitori avessero una mappa troppo rigida e che volessero vivessi in base alle loro convinzioni. Poi un giorno trovai il coraggio e raccontai il desiderio di voler vivere la vita a modo mio. Non dissero nulla. Ricordo solamente gli occhi di mio padre fissi in quelli di mia madre. In quel modo si stavano parlando profondamente senza usare le parole. Poi mio padre si avvicinò, mi fece sedere sulle sue ginocchia come da bambina, mi strinse forte a sé e con le lacrime agli occhi iniziò a parlare. Capii immediatamente che quelle parole erano anche il frutto del pensiero di mia madre. Ci sentiamo molto orgogliosi e soddisfatti del lavoro che abbiamo fatto con te, mi disse, hai sviluppato una tua personalità, sei diventata una persona unica al mondo, indipendente e in grado di ragionare con la tua testa. Credo che gli altri non riusciranno mai a influenzarti troppo, perché sei diventata una vera donna. Vai sempre avanti così, dritta per la tua strada, non fermarti mai, abbi sempre fiducia in te stessa e il coraggio di affrontare positivamente gli eventi della vita. Dentro di te hai gli strumenti giusti per essere felice e costruire ciò che vuoi. Non permettere mai a nessuno di indicarti la strada che devi percorrere nella tua vita. Sii sempre orgogliosa di te stessa come lo siamo noi in questo momento di te. Siamo molto fieri di ciò che sei diventata, perché non hai permesso nemmeno a noi che ti obbligassimo a fare ciò che non avresti voluto. La vita è la tua, fanne un capolavoro. Improvvisamente si avvicinò anche mia madre e mi strinsero fortissimo. Pensavo di soffocare! Poi affondai nello sguardo di mio padre e rividi la stessa espressione che aveva quando ero ancora bambina. Quello stesso sguardo di approvazione mi dà ancora oggi il coraggio e la forza di andare avanti nella direzione giusta. Fin da bambina, di fronte alle piccole difficoltà della vita, cercavo il suo aiuto e costantemente lo trovavo nei suoi rassicuranti occhi. Ha sempre usato questo tipo di atteggiamento nei miei confronti, mi ha trasmesso amore, gioia, sentimento, felicità, coraggio e determinazione solamente con uno sguardo e senza inutili parole. Questo è mio padre ed io sono il frutto e il risultato dell’unione con mia madre. Questa è la mia nuova mappa Roberto, meno rigida e più aperta verso il mondo. E questo è il mio nuovo modo di

vivere.»

28

Fissavo i suoi occhi.

Ero ormai sprofondato all’interno della sua anima.

ando dai pensieri e dai suoi più intimi sentimenti, arrivai fino al cuore e vidi che lì tutto era puro.

Una fortissima luce bianca invase lo spazio.

Il mio cuore e la mia mente erano stati ripuliti dagli inutili pensieri, che divennero talmente leggeri e sinceri da non trattenere le lacrime.

Il silenzio invase l’atmosfera intorno a noi.

Non riuscivo a capire esattamente dove mi trovassi, mi sentivo solamente pieno di gioia, di sincerità, di amore e di felicità.

Avrei voluto abbracciarla forte, baciarla sulle labbra, parlarle di me, dei miei pensieri, di tutto quello che ho ato nella vita, delle mie difficoltà, dei miei successi, delle mie preoccupazioni, delle mie paure, del mio coraggio e di tutti gli infiniti dubbi e domande che non hanno ancora trovato risposta.

Avrei voluto raccontarle di ciò che cambierei di me stesso per sentirmi soddisfatto.

Avrei voluto prenderla di forza, sdraiarla sul tavolo e baciarla, toccarla senza mai smettere.

Avrei voluto ringraziarla per ciò che ha avuto il coraggio di raccontarmi, per l’infinita gioia e leggerezza che è riuscita a donarmi in un solo istante.

Avrei voluto chiederle di continuare a raccontarmi tutto di lei.

Avrei voluto chiederle di aiutarmi a capire me stesso.

Avrei voluto…ma non dissi nulla.

Rimasi immobile fissando i suoi occhi.

Sapevo che avrei dovuto dirle qualcosa o fare anche un piccolo gesto che le permettesse di capire che anch’io ero disposto a raccontare qualcosa di me.

Sentivo che avrei dovuto farlo, ma soprattutto capivo che era arrivato il momento giusto per aprirmi anche con un perfetto sconosciuto.

Sentivo…ma non feci nulla.

Ancora una volta la parte razionale e logica aveva preso il sopravvento impendendomi di essere me stesso.

Stavo perdendo un’ottima occasione e me ne resi subito conto.

arono infiniti minuti.

Ero profondamente immerso in un animato dialogo interno, quando, all’improvviso, la sua bellissima e dolcissima voce ruppe il silenzio.

«Non preoccuparti Roberto, non continuare a frustrarti con questi pensieri, vedrai che tutto si risolverà e le cose si sistemeranno quando meno te lo aspetti. Al momento giusto lo capirai. Sentiti libero di essere te stesso. Non avere paura di cambiare, pensa a come vorresti essere e fai in modo di diventare chi vuoi. Non ascoltare nessuno, solo il tuo cuore e fai ciò che ritieni giusto. Ora ritorna in te e finiamo nel migliore dei modi questa nostra ultima serata.»

Non so come abbia fatto, ma aveva esattamente intuito che non sarei stato in grado di raccontarle nulla e che questo avrebbe determinato la fine del nostro rapporto.

Avrei voluto fermarla, ma non feci nulla, perché non volevo mentire a me stesso.

In quel preciso istante capii che l’avrei persa per sempre.

Il pensiero mi assalì per tutta la serata.

Si prova una sensazione strana quando si è consapevoli di trascorrere del tempo con una persona che forse non rivedrai mai più.

Non avevo mai provato un’emozione simile.

Mi sentivo completamente bloccato e non riuscivo a esprimere nulla.

«Ti ammiro moltissimo, Roberto, perché il tuo silenzio mi sta dicendo più cose di tante parole che avresti potuto pronunciare. C’è una bellissima frase che ho letto in un magnifico libro: “non aprite la bocca se non siete sicuri che quello che direte sia più bello del silenzio.”»

29

“Comunque vadano le cose, vorrei sapessi che ci sarò in qualsiasi momento tu abbia bisogno di me. Non abbandonare la tua preziosa ricerca finché non avrai trovato ciò che vuoi. A presto. Letizia”

“Si è firmata Letizia e non Leti com’è solita fare.”

Un altro messaggio.

“Non racconti nulla? Fatti sentire che sono molto curioso di sapere com’è andata con la rossa. Ale.”

Devo ancora riprendermi dalla serata che mi ha veramente messo a dura prova e ora non sono in grado di rispondere. In questo momento vorrei riuscire a non pensare a nulla, ma la mia mente rincorre fantasie infinite.

“Continuando così non otterrò nulla di buono. Dovrei tentare di risolvere la situazione perché non posso perdermi in pensieri che bruciano il tempo.”

Chiudo e riapro gli occhi. Non riesco a dormire, solo a pensare.

All’improvviso la mia mente richiama una delle tante frasi non dette.

“…Sapevo che…sentivo dentro di me che…ma soprattutto capii che era arrivato il momento giusto per aprirmi anche con un perfetto sconosciuto…”

È in questo preciso istante che decisi che l’avrei fatto.

Sfogliai infinite pagine web e scrissi una decina d’indirizzi poi, alle cinque del mattino, mi addormentai.

Alle otto e trenta mi precipito in ufficio con il foglietto in mano.

Gli impegni non riescono a distrarre la mia mente e mentre i dubbi rimangono in attesa, riprendo la mia insensata ricerca su Internet.

Siti ben fatti, volti sapienti, sorridenti e invitanti chiedono di essere contattati, promettendo sinceri aiuti.

Leggo attentamente ogni singola frase mentre ho l’impressione che quelle parole siano lì per tutti. Parlano al singolare ma in senso generale. Avrei al contrario bisogno di qualcuno che capisse il mio reale disagio. Forse non so nemmeno esattamente cosa stia cercando, forse dovrei smettere, forse sono solamente molto confuso.

Nonostante tutto continuo la lettura per poi accorgermi, inconsciamente, che quelle fantastiche frasi sono entrate dentro di me.

Non so chi sia questa gente, non l’ho mai vista, ma hanno capito di cosa ho veramente bisogno.

Avrei dovuto completare alcuni urgenti lavori e invece trascorro tutto il giorno navigando su Internet nella sfrenata ricerca di scegliere il personaggio giusto.

Un pensiero invade la mia mente: “Che cosa stai realmente cercando? Pensi di risolvere tutto confidandoti con uno di questi individui così sapienti, sicuri di sé, sempre felici, senza dubbi e che dicono di conoscere alla perfezione la mente umana?”

Ancora una volta sono al centro di un animato conflitto interno, ma questa volta dovrò prendere la decisione giusta, senza permettere alla paura di bloccarmi.

Nel dubbio continuo la ricerca, nonostante nessuno sia ancora riuscito ad attirare pienamente la mia attenzione.

Capito all’improvviso in un sito molto modesto e leggo alcune righe bianche su uno sfondo azzurro.

Clicco sulla voce staff per capire con chi dovrei avere a che fare e compare immediatamente una lista d’immagini con a fianco i nomi dei personaggi.

In basso a destra uno strano logo continua a girare, clicco e subito mi trovo nel profilo del Direttore.

In alto a sinistra la sua immagine e a seguire un piccolo ma importante elenco di diplomi, stage e master.

“Un personaggio piuttosto strano” penso.

Una foto semplice e leggermente sfuocata ritrae una figura maschile con indosso una camicia bianca.

Il suo volto ha un’espressione assente e indifferente.

o qualche minuto a osservarla, pensando a quante altre immagini avrebbe potuto pubblicare migliori di quella che ha scelto.

Spontaneamente confronto questo sito con tutti quelli visionati prima.

“Certo che questo individuo non punta tutto sull’estetica, ma la cosa non mi dispiace e soprattutto il suo volto mi mette tranquillità.”

Ricerco l’indirizzo e curioso lo inserisco su Google Maps.

“Non c’è, com’è possibile?”

Decido allora di telefonare.

Al secondo squillo risponde una voce maschile.

“Non me lo aspettavo e ora cosa dico?”

«Pronto…pronto…pronto…»

“Sono molto confuso, ma devo immediatamente decidere cosa fare.”

«Buongiorno, avrei bisogno di chiederle delle informazioni.»

«Buongiorno, mi dica.»

“Dal tono della voce sembra una persona molto tranquilla.”

«Vorrei un appuntamento per spiegarle alcune cose.»

“Che cosa ho detto? Come mi è venuta una frase del genere? Forse più che spiegargli, dovrei raccontargli qualcosa!”

«Bene, ma prima vorrei brevemente illustrarle come siamo abituati a operare. Il primo incontro servirà per capire esattamente l’origine dei suoi dubbi, poi le prospetteremo il tipo di soluzione idonea alle sue esigenze e, se lo riterrà necessario, inizieremo una serie di chiacchierate. Non abbiamo un numero preciso e definito d’incontri, perché dipende dalle varie situazioni, a volte ne bastano due, altre di più, ma questo sarà lei a deciderlo. Se vuole, possiamo fissare l’appuntamento.»

“Mi sembra un tipo molto gentile e soprattutto ho l’impressione che non voglia approfittarsene.”

«Sì, grazie.»

«Che giorno preferisce?»

«Lunedì prossimo.»

«Mattino o pomeriggio?»

«Mattino.»

«Ok, facciamo alle undici?»

«Bene, a lunedì.»

“È fatta, non mi sembra vero, ma con chi ho preso un appuntamento? In fondo non lo conosco e non ne ho nemmeno mai sentito parlare. Poi lo studio non si trova neanche su Google Maps!”

I primi dubbi iniziano a farsi sentire.

Decido allora di controllare meglio l’indirizzo nel tentativo di riuscire a visualizzare il luogo in cui dovrei andare a raccontare i fatti miei.

Non trovando nulla, decido di salire in auto e partire.

Per quaranta chilometri una dolce e instancabile compagna mi tiene sveglio e concentrato sulla strada: la musica.

30

Canto pensando al luogo in cui sono diretto.

Ho deciso di concedere un po’ di tempo a me stesso. Osservo il paesaggio, gli edifici e la tanta gente che vive freneticamente ogni singolo istante. Sono completamente distratto da tutto ciò che mi circonda, poi, all’improvviso, la mente richiama l’ultima immagine riflessa nel pensiero.

“Che personaggio strano! Come sarà il suo ufficio? Forse le mappe di Google non lo indicano perché l’area è di nuova costruzione?”

Guido, penso e immagino.

“L’ufficio sarà sicuramente in uno stabile multipiano, situato in un attico completamente vetrato con vista panoramica sulla città e sul mare, con una segretaria bellissima e tanti collaboratori che corrono indaffarati.”

Arrivo a destinazione.

La città non è grande, ma è molto carina.

“La via è questa, ora devo solamente trovare il numero civico.” Mi guardo intorno.

“Non è un’area di nuova costruzione e non ci sono uffici. È piuttosto una zona completamente residenziale, forse ho sbagliato indirizzo?”

Prendo il foglietto degli appunti e rileggo attentamente tutte le indicazioni.

“L’indirizzo e il numero civico sono giusti, ma questa è un’abitazione!”

Parcheggio l’auto e a piedi mi dirigo verso l’edificio.

La casa è molto ampia, grandi balconi circondano il piano rialzato e un giardino corona l’angolo dell’isolato. Attentamente e scrupolosamente mi avvicino curioso al cancello d’ingresso, riconoscendo immediatamente il logo.

“È proprio qui” penso e intanto circoscrivo l’isolato. Allontanatomi dal cancello d’ingresso, noto un cartello appeso alla porta in legno del garage con su scritto a caratteri cubitali “sala d’attesa”.

Mi aspettavo un edificio bellissimo in una zona commerciale e invece mi trovo davanti ad un’abitazione nel cui garage è situato lo studio del personaggio a cui dovrei affidare il mio destino.

Entro in un bar e ordino un caffè.

“Ho proprio bisogno di un po’ di carica” penso. “Credo di aver sbagliato a fissare un appuntamento con questo tipo e di aver fatto bene a controllare la situazione di persona. Annullerò l’incontro.”

Salgo in auto, parto e interrompo immediatamente la musica, perché mi sento strano e soprattutto molto deluso.

Ripenso alla telefonata, al timbro di voce e alla tranquillità che il personaggio ha saputo trasmettermi.

La mia mente vaga incontrollata.

Penso a me stesso e a tutto quello che ho fatto nella vita, concentrandomi soprattutto sugli ultimi eventi che hanno segnato la mia esistenza, poi un’importante considerazione trova il giusto spazio all’interno della mia confusa mente.

Emerge la figura del personaggio famoso apparso inaspettatamente nella mia vita.

“Che cosa deve aver pensato quando si è trovato davanti al portone d’ingresso del mio studio? Forse la stessa cosa che ho pensato io davanti alla scritta “sala d’attesa”, ma nonostante il mio ufficio si trovi al piano terra di un modesto edificio residenziale, ha ugualmente deciso di entrare a conoscermi.”

Gli infiniti pensieri continuano a tenermi compagnia, mentre la strada mi

accompagna fino a casa.

31

Lunedì mattina ore otto e trenta.

Ore nove e trenta, salgo in auto e parto.

Ore dieci e trenta, arrivo a destinazione.

Scendo, mi avvicino al cancello, mi fermo sorridente a osservare la scritta “sala d’attesa” e poi suono il camlo.

«Buongiorno, prego si accomodi in sala d’attesa.»

Sorrido.

Riconosco subito il timbro di voce e mi tranquillizzo immediatamente.

In un istante apro e richiudo gli occhi.

Il cancello si chiude.

Entro nel vialetto fiorito e mi dirigo verso la porta in legno del garage.

Educatamente chiedo il permesso di entrare, ma non ricevo risposta.

“Come sospettavo è un garage adibito a ufficio”.

Decido di sedermi sprofondando in una delle due enormi poltrone in stoffa.

Immediatamente mi ricompongo guardandomi intorno nella speranza che nessuno abbia visto la ridicola scena.

«Buongiorno.»

«Buongiorno» rispondo.

Camicia sgualcita bianca fuori dai pantaloni e anche un po’ spettinato.

“Proprio un tipo strano!” penso in un istante.

«Prego, si accomodi in quest’altra stanza.»

Pareti bianche, scrivania in legno e tante sedie disposte a semicerchio.

Mi siedo davanti alla scrivania.

Il suo sguardo e molto rassicurante.

«Mi dica.»

Non esito nemmeno un istante e inizio a parlare.

«Non ho un particolare problema da risolvere, è piuttosto la situazione generale che sto vivendo sia in ambito personale che professionale che avrebbe bisogno di essere sistemata. Non esiste un fatto importante che abbia determinato o creato questa situazione, credo siano stati più eventi che insieme hanno contribuito a farmi perdere di vista la giusta direzione.»

«Ok. Proviamo a vedere nel dettaglio quali sono questi ambiti personali e professionali che hanno bisogno di essere sistemati.»

«Mi trovo in una situazione d’indecisione, ho tante cose da fare, ma all’improvviso il dubbio se stia facendo bene a continuare in questo modo mi assale. Dopo poco tempo le cose che decido di fare perdono la loro importanza e mi annoiano. Svanisce all’improvviso lo stimolo iniziale. È sempre presente e vivo in me il desiderio di iniziare cose nuove, di provare nuovi stimoli.»

«Questi dubbi sono comparsi all’improvviso o a cicli?»

«A cicli, nell’arco di più anni. Quando iniziai la mia attività l’entusiasmo e la convinzione mi portarono al raggiungimento di obiettivi che non credevo possibile, mentre ora sono molto confuso.»

«Quindi mi sta dicendo che all’inizio era tutto chiaro, poi nel tempo si è accorto che quello che stava facendo non le dava più soddisfazione e ha deciso di fare altro. È questa la situazione? Ho capito bene?»

«Sì, più o meno sì.»

«Ok. Secondo la sua logica, se un individuo decide di fare una determinata cosa, deve andare avanti sempre con quella?»

«Pensandoci bene non credo si debba per forza proseguire su una strada se ci si accorge che non è quella giusta.»

«Lei si sarebbe aspettato che l’entusiasmo continuasse nel tempo con la stessa intensità iniziale?»

«Sì, perché la mia attività sta procedendo bene, per cui non dovrei avere dubbi, ma continuando in questo modo non ricevo più le stesse emozioni e soddisfazioni di un tempo. Ho perso la convinzione, la certezza e la determinazione.»

«Quando si ferma a pensare a ciò che realmente fa in una prospettiva futura, si accorge che non è esattamente ciò che vuole?»

«Sì, è proprio così. Mi sono fermato un istante a pensare alla mia vita, a capire chi sono veramente e che cosa vorrei esattamente ottenere nell’arco della mia esistenza o meglio come vorrei che fosse la mia vita rispetto a quella che sto realmente vivendo. Sono costantemente e frequentemente invaso da questo tipo di domande: che cosa vuoi fare realmente? Che tipo di vita vuoi? Che persona vuoi essere? Perché le cose che hai scelto di fare dopo poco tempo perdono lo stimolo iniziale e finiscono per annoiarti? Perché sei sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo? Perché non sei in grado di scegliere una cosa e andare avanti deciso, sicuro e convinto fino in fondo? Ho il desiderio di provare stimoli nuovi e di trovare qualcosa che mi faccia sentire veramente vivo. La mia mente non riesce a stare ferma, inizio una cosa, non l’ho ancora finita e il mio cervello parte alla ricerca di qualcos’altro da fare. Ho anche pensato di cambiare lavoro, perché mi piacciono solamente alcuni aspetti tra tutti quelli che per dovere mi trovo quotidianamente a fare. Sono in un periodo molto particolare della mia vita in cui le certezze sono svanite e i dubbi hanno preso il sopravvento. Ho valutato infinite possibilità, ma la forte influenza che la paura di ricadere nella situazione attuale ha sulla mia fragile mente, blocca qualsiasi alternativa. Non vorrei partire per un viaggio e ritrovarmi all’improvviso nel punto in cui avrei sperato non essere. Il viaggio della mia vita è iniziato nel migliore dei modi, sono partito dal punto in cui volevo, ma lungo il percorso ho imboccato strade improvvise, accorgendomi poi di non essere nel luogo in cui avrei pensato di essere. Una precisa e particolare domanda, che non ha trovato ancora una degna risposta, percuote periodicamente i miei più fragili sentimenti: se fin dall’inizio ti fossi concentrato meglio anche sulla fine del viaggio, forse oggi ti troveresti nel luogo sperato? Avresti saggiamente modificato il percorso in funzione del risultato finale? Forse non avresti più dubbi e saresti invaso dalla stessa convinzione e determinazione iniziali? Quella che sto vivendo è una situazione normale e comune a tutti gli esseri umani, oppure no?»

«Ok, mi è tutto chiaro. I suoi dubbi, oltre all’ambito lavorativo, in qualche modo influenzano anche la vita privata?»

«Credo di sì. Penso che siano legati.»

«Lei afferma che se in ambito lavorativo non è pienamente soddisfatto, questa situazione di malcontento si ripercuote anche in ambito personale, giusto?»

«Sì.»

«Ok, bene, capisco. Le vorrei fare qualche domanda molto personale: dal punto di vista sociale com’è la sua vita?»

«Ritengo sia normale, ho pochi amici ed esco con loro solamente quando ne ho veramente voglia. Mi entusiasma molto invece l’idea di conoscere gente nuova.»

«Ok, per il momento mi sembra di aver capito abbastanza. Che tipo di stato d’animo ed emozione le creano questi dubbi? Ansia, paura, tristezza?»

«Nulla di tutto questo. Credo piuttosto di essere consapevole di trovarmi a un bivio, conosco bene le mie capacità e soprattutto sono certo di quello che ho imparato in questi anni di attività. Fino ad ora ho percorso deciso una strada, poi, all’improvviso, ho iniziato a mettere in dubbio le scelte ate. Ho osservato me stesso proiettato nel futuro e ho capito che il punto di arrivo potrebbe non soddisfarmi. Pertanto ho iniziato a prendere in seria considerazione la possibilità di fare nuove cose.»

«Quindi, se non erro, lei ha paura di prendere una nuova strada perché potrebbe

ritrovarsi nella situazione attuale? Accorgersi all’improvviso di avere fatto una scelta sbagliata? Di trovarsi a un certo punto non soddisfatto della situazione?»

«Mi sono reso conto di avere la forte necessità di soddisfare le mie emozioni. Non vorrei trovarmi, a un certo punto della mia vita, a fare cose di cui non sono pienamente soddisfatto.»

«Lei ha un’attività tutta sua?»

«Sì.»

«È laureato?»

«Sì.»

«Mi racconti il suo periodo universitario.»

«È stato un periodo molto importate della mia vita, ho vissuto momenti impegnativi in una città nuova, ho seguito delle lezioni indecifrabili e convissuto in un piccolo appartamento fuori centro. Nonostante le difficoltà però sono riuscito ad apprezzare ciò che di nuovo mi stava accadendo. Capivo, sentivo ed ero consapevole che questo vivere da solo mi sarebbe servito in futuro. Studiavo tanto, imparavo cose nuove e questo mi piaceva. È in quel periodo che iniziai ad amare la fotografia, la pittura, la poesia e il teatro. Ero attratto da tutto ciò che consideravo novità. M’infilai in mostre e convegni senza nemmeno sapere in anticipo gli argomenti trattati. Avevo conosciuto alcuni ragazzi universitari e

insieme trascorrevamo il nostro tempo facendo solamente le cose che amavamo, senza imposizioni e costrizioni. Il fine settimana poi tornavo nella mia piccola città davanti al mare e lì, ansiosa, mi aspettava la monotonia. I primi giorni della settimana trascorrevano velocemente pieni di sorprese, di cose da fare, di avventure, d’imprevisti, di lezioni, d’inviti e d’incontri fortuiti, il fine settimana invece ritrovavo la vita di sempre. Mi stavo evolvendo e iniziavo a non comprendere più ciò che fino ad allora avevo considerato normale. Vivevo in due vite parallele: in una le novità invadevano ogni spazio, nell’altra la monotonia caricava il tempo. È in questo periodo che iniziarono a prendere vita dentro di me i primi dubbi e le domande su me stesso. Non capivo perché iniziassi ad amare gli imprevisti e a disprezzare la sicurezza della monotonia. Mi preoccupavano le situazioni in cui sapevo in anticipo il risultato e iniziavo ad apprezzare e ad amare le sfide.»

«Dopo il periodo universitario che cosa ha fatto?»

«Ho subito aperto la mia attività.»

«Subito? Non ha fatto esperienza?»

«No!»

«È stato coraggioso!»

Sorrido.

«Bene, inizio a comprendere meglio la sua situazione. Le faccio un’ultima domanda: con le donne che rapporto ha?»

Sorrido di nuovo, ma questa volta anche un po’ sorpreso.

«Credo buono. Ho avuto qualche storia importante e qualche sporadica avventura. Frequento periodicamente ragazze con le quali ho instaurato un ottimo rapporto di amicizia. Le donne mi piacciono molto e quando posso ne invito qualcuna sperando nel dopocena.»

Sorridiamo entrambi.

«Ok, mi sembra tutto abbastanza chiaro e se vuole ci lavoriamo sopra.»

«Sì» rispondo.

«Ci lavoriamo sopra nel senso che cercheremo insieme di capire e chiarire la situazione.»

«Lei cosa ne pensa, potrebbe anticiparmi qualcosa?»

«Non vorrei sbilanciarmi troppo. Per il momento ho l’impressione che ci sia alla base un piccolo errore che condiziona il suo vivere, pertanto cercheremo di correggerlo e vedrà che di conseguenza le si chiariranno molte cose.»

«Un errore di che tipo?»

«Di valutazione, di pensiero, ma anche di “modalità di vivere la vita”. Ho l’impressione che lei voglia utilizzare la logica e la razionalità in situazioni che richiederebbero l’utilizzo di altri metodi. Bisognerebbe che imparasse a vivere alcune situazioni in maniera più emozionale. Ma di questo ne parleremo meglio la prossima volta.»

32

Lunedì mattina ore otto e trenta.

È già trascorsa una settimana.

Ore nove e trenta, salgo in auto e parto.

Ore dieci e trenta, arrivo a destinazione.

Scendo e mi fermo ancora una volta ad ammirare la scritta “sala d’attesa”.

Sorrido.

Suono il camlo, il cancello si apre ed entro.

Osservo attentamente il vialetto fiorito e mi dirigo verso la porta di legno.

«Permesso!»

Nessuno risponde.

Mi accomodo deciso su una delle due enormi poltrone in stoffa sprofondandoci dentro, poi mi guardo intorno e inizio a ridere

“Che scena ridicola” penso.

«Buongiorno.»

«Buongiorno.»

Camicia nera, pantaloni bianchi e come sempre spettinato.

Mi alzo a fatica dalla comoda poltrona in stoffa e mi dirigo verso l’altra stanza.

Le sedie, che la volta precedente erano disposte in semicerchio al centro della stanza, ora sono perfettamente accatastate al muro.

«Iniziamo?»

«Iniziamo» rispondo convinto.

«La volta precedente mi ha raccontato genericamente quello che la preoccupa, quali sono e dove nascono principalmente i suoi dubbi. Oggi vorrei che riassumesse brevemente la sua vita dall’infanzia a oggi, al fine di conoscerla meglio e capire esattamente l’origine di tutto questo.»

«Da dove partiamo?» chiedo imbarazzato.

«Dalla sua famiglia.»

Inizio descrivendo nel dettaglio il ruolo e l’atteggiamento che ho sempre avuto all’interno del nucleo famigliare e concludo con l’affermazione che i miei genitori, fin da bambino, hanno sempre tentato di non ostacolarmi, permettendomi di provare quasi tutte le esperienze che desideravo. Completamente libero da ogni inibizione, racconto ogni mio più intimo sentimento da troppo tempo rimasto nel deposito della mia mente.

«I miei genitori hanno reso la mia vita davvero difficile, ma hanno anche saputo, nella loro ingenuità e inconsapevolezza, stimolarmi ed educarmi nella complicata arte dell’arrangiamento. Non mi hanno mai obbligato a fare qualcosa, anzi, hanno sempre cercato il modo giusto affinché ogni decisione fosse il frutto della mia volontà, anche se in alcune occasioni avrei preferito lasciare a loro il compito di decidere, contribuendo e aiutandomi a non sbagliare.»

Mi fermo un istante.

«Ma gli sbagli insegnano, a volte feriscono e lasciano segni profondi. Quei segni li porto ancora addosso e credo non spariranno mai. Grazie a loro ho imparato a fare tante cose e soprattutto a cavarmela in ogni situazione, a contare solamente

su me stesso e ad utilizzare risorse personali che non credevo nemmeno di avere.»

Sono allibito e fortemente emozionato per aver raccontato le mie più intime sensazioni a un perfetto sconosciuto.

“Credo di avere fatto un grande errore” penso.

«Sono d’accordo con lei. L’atteggiamento dei suoi genitori l’ha stimolata profondamente e reso completamente autonomo anche se, con tutta probabilità, lei non ha mai condiviso il loro modo di comportarsi.»

La mente vaga nel ato ripescando ogni momento importante della mia vita.

«Le sue frasi mi hanno fatto pensare a mio figlio.»

Lo osservo incuriosito.

«Ha sedici anni, io e mia moglie siamo molto premurosi e attenti a tutto quello che fa, ma effettivamente questo nostro modo di comportarci non stimola le sue capacità organizzative e di autosufficienza. Sono convinto che lui sarebbe molto felice e contento di avere dei genitori come i suoi, che gli dessero, in ogni situazione, la possibilità di decidere liberamente cosa fare.»

«Forse sì, ma non ne sarei così convinto e sicuro.»

«Perché dice questo?»

«Perché lasciare troppa libertà a un figlio e soprattutto non donargli gli strumenti che un genitore ha acquisito durante la propria esperienza di vita, significa lanciarlo in mezzo al mare con una piccola barchetta senza che sappia né usare il timone né la vela, significa, in sintesi, lasciarlo in balìa delle onde. La mia esperienza personale è stata molto dura e difficile, soprattutto durante l’età adolescenziale, poi mi sono abituato a contare solamente su me stesso e sulle mie forze e tutto si è sistemato.»

«È stata molto dura e difficile in quel momento, ma è molto più semplice ora!»

«In che senso?»

«Nel senso che, nel tempo, ha acquisito le capacità di cavarsela e arrangiarsi da solo. Oggi lei ha gli strumenti giusti che permettono ad un individuo di essere autosufficiente.»

L’attimo di silenzio che si è creato mi permette di pensare profondamente.

Sta nascendo in me una convinta sensazione di pace.

Pace verso me stesso e nei confronti dei miei genitori.

Li osservo, non sono più loro, mi sembrano diversi, forse più saggi di quanto abbia mai pensato che fossero.

Rispetta il mio silenzio.

Apro gli occhi e osservo il suo sguardo accompagnato da un piccolo sorriso.

«Bene, credo che lei abbia capito. I suoi genitori in fondo non l’hanno mai lasciato solo. Lei non li vedeva, ma loro c’erano sempre. Erano lì in qualsiasi momento a osservare la sua vita.»

33

Lunedì mattina.

«Buongiorno.»

«Buongiorno.»

«Ha trascorso una buona settimana?»

«Sì. Ho anche pensato molto a quello che ci siamo detti la volta precedente.»

«A che cosa in particolare?»

«Al rapporto con i miei genitori.»

«Oggi vorrei mi raccontasse qualcosa in più in merito alla sua attività, le mansioni che quotidianamente svolge e quali sono le più stimolanti.»

«Quelle creative!» rispondo d’istinto.

Poi lentamente inizio raccontando nel dettaglio tutta la mia storia.

«Bene. L’entusiasmo l’ha accompagnata fino a qui. Perciò deduco che, il pensare a com’è stato in grado di destreggiarsi in un ambiente così difficoltoso, ancora oggi le crea una grande emozione.»

«Sì» rispondo con gli occhi pieni di gioia.

«Quindi posso azzardare dicendo che lei, ancora oggi, si assumerebbe il rischio di iniziare cose nuove senza avere alcuna certezza del risultato finale?»

«Sì.»

«Se al contrario continuasse a fare le cose che ha fatto fino ad ora, che cosa succederebbe?»

«Non riuscirei a vedere il futuro che vorrei!»

«E come si vedrebbe nel suo futuro?»

«Bella domanda.» rispondo.

«Mi spiego meglio: che tipo di attività vorrebbe svolgere in futuro?»

«Non una sola, ma più attività contemporaneamente.»

«Bene. Mi fermo qui perché sono convinto che se continuassi a stimolarla sarebbe in grado di fare una lista infinita di cose che vorrebbe fare in futuro.»

Lo guardo e scoppio a ridere, confermando in tal modo la sua supposizione.

«Se mi trovassi costretto a dover scegliere una delle attività che ho in mente e che desidererei svolgere in futuro, sarei in forte difficolta, perché mi piacciono tutte.»

Una forte risata modifica la sua espressione e alleggerisce l’atmosfera.

«Vorrei soffermarmi su una frase che ha pronunciato: il futuro che vorrei, perché ho notato che analizza tutto in funzione del “futuro che vorrebbe”.»

Un attimo di profondo silenzio invade completamente la stanza.

Istintivamente rispondo con una domanda: «Tutti i miei dubbi nascono dall’indecisione del futuro che vorrei?»

«Se lei non sa il futuro che vuole, ma analizza tutti i suoi progetti in funzione del futuro che vorrebbe, è ovvio che questo le creerà una grandissima confusione.»

Il silenzio diventa il mio più grande amico, aiutandomi ancora una volta a pensare profondamente.

In compagnia di me stesso, rifletto e il tempo, rispettoso, concede gratuitamente preziosi minuti alla mia mente, lasciandola liberamente vagare all’interno dei suoi stessi pensieri.

«Alcune persone vivono una vita apparentemente molto diversa dalla mia, hanno alle spalle un percorso differente e quando li osservo mi sembrano molto più sereni e felici di me. La loro vita è pianificata, abitudinaria ed anche un po’ monotona, ma è quella che hanno scelto, ne sono consapevoli e vivono tranquilli. Perché anch’io non posso raggiungere la stessa tranquillità, serenità e gioia? Perché continuo questa sfrenata ricerca? Dove voglio arrivare?»

«Ok! Ok! Ok! Fermiamoci un attimo. Lasciamole ferme lì, quelle domande!»

34

Goffamente si alza dalla poltrona, si avvicina a una piccola lavagna appesa al muro, prende un pennarello rosso, disegna un grande cerchio al centro e poi un altro molto più piccolo tangente al precedente. All’interno del cerchio grande scrive una “I” e in quello piccolo una “L”, poi una quantità di frecce che colpiscono il cerchio grande con a fianco la lettera “E”.

Osservo attentamente l’immagine per capirne il senso.

Si gira verso di me e dice: «Questa è la nostra mente e questo disegno rappresenta come siamo fatti.»

Esterrefatto e incredulo continuo ad ascoltare le sue parole.

«La nostra mente è divisa in due parti: la palla grande rappresenta la parte Inconscia (“I”), mentre quella piccola la parte Logica (“L”). Possiamo subito notare le diverse dimensioni, e forse avrei dovuto disegnare la parte inconscia ancora più grande rispetto all’altra per sottolinearne la notevole differenza. Che cosa significa tutto ciò?»

Il mio sguardo allibito trova conforto nei suoi occhi convinti.

«Tutto ciò significa che la parte che comanda in noi è quella inconscia, cioè la palla grande. Anche se noi siamo fermamente convinti di essere sempre molto logici, in realtà tutto viene predeciso dal nostro inconscio, che ha una forza tale

da far sembrare tutto ciò che decidiamo estremamente logico. L’inconscio, per continuare a fare una determinata cosa, è disposto anche a condizionare la parte logica. È chiaro questo concetto?»

«Sì» rispondo, anche se la situazione generale non mi è del tutto chiara e ho la forte curiosità di capire la fine del suo ragionamento.

«Ok. È l’inconscio che decide tutto. In base a che cosa decide l’inconscio?»

Percependo un evidente smarrimento nei miei occhi, risponde alla sua stessa domanda.

«L’inconscio decide tutto in base a quella che è la sua benzina. E la benzina dell’inconscio è…?»

Un profondo sguardo si posa su di me, mentre il silenzio accompagna l’attimo confuso.

La mia mente è completamente bloccata e non riesco a dire nulla.

Poi la sua potente voce rompe definitivamente il silenzio.

«La benzina dell’inconscio è o sono le Emozioni (“E”).»

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«Tutto ciò che noi facciamo quotidianamente lo facciamo esclusivamente per soddisfare le esigenze quantitative e qualitative del nostro inconscio. Le freccette (“E”) che colpiscono il cerchio grande (“I”) sono semplicemente le emozioni di cui ha bisogno l’inconscio, che vengono anche definite “carichi emozionali” e determinano la piena soddisfazione di ogni individuo. Quindi, com’è facile immaginare, esistono differenti esigenze emozionali o carichi emozionali. Lei, ad esempio, ha esigenze emozionali molto alte, mentre altre persone potrebbero averle più basse ed è questo che caratterizza e distingue ogni essere umano.»

Continuo a osservare i ripetuti gesti che accompagnano le sue sagge e infinite parole.

«Perché ho deciso di raccontarle questo?»

Le sue mani si alzano al cielo.

«Perché il fatto di sentirsi soddisfatti non è una questione logica o razionale, ma piuttosto irrazionale e inconscia.»

Le infinite parole sono racchiuse in un pensiero che, sigillato nella mia mente, non riesce a esplodere.

I gesti sono stretti fra le mie braccia che freneticamente dubbiosi bloccano il mio corpo.

Esterrefatto, mi concentro.

Entusiasta, provoco l’emozione vissuta durante il periodo universitario quando, attento, ascoltavo le indecifrabili lezioni.

Inconsapevolmente imparo.

La mia mente scava profondi solchi lasciandoli volutamente aperti.

Nuove sono le infinite emozioni che riempiono il mio inconscio.

Mi accompagno dolcemente verso un’inaspettata domanda: “Forse sono drogato di emozioni?”

La mia risposta tarda ad arrivare, quando una sua fugace domanda appare improvvisamente: «Che cosa succederà ora?»

Dinanzi a me il personaggio spettinato.

«Nulla!» rispondo ad alta voce.

«Vedo e sento con piacere che tutto ciò che ho appena detto ha suscitato in lei le giuste e forti emozioni.»

Sorrido.

«Bene, ho raggiunto lo scopo.»

Penso.

«Ora vorrei terminare il ragionamento, la prossima volta entreremo all’interno delle sue emozioni.»

Un brivido scuote il mio corpo.

«Ora succede che, se un’azione provoca determinate emozioni che soddisfano le esigenze dell’inconscio, la continua ripetizione della stessa azione diminuisce l’intensità emozionale. Questo non significa che quello che sto facendo ha perso di valore, ma che il mio inconscio si è abituato al quel genere di emozione e pertanto, per continuare a sentirsi soddisfatto, avrà bisogno di nuovi stimoli. Il fatto poi di ricercare situazioni più o meno forti, dipende esclusivamente dalle richieste emozionali del nostro inconscio. Ci sono persone che riescono a trovare soddisfazione anche da piccole azioni e cambiamenti minimi ma sufficienti per continuare a stimolare il proprio inconscio che ha, ovviamente, esigenze piuttosto basse. Chi, al contrario, ha esigenze emozionali alte, ricercherà stimoli ed emozioni forti. In questi casi la situazione diventa inevitabilmente più complicata. Questo spiega il motivo per cui alcune persone amano i film dell’orrore, mentre altre preferiscono andare a teatro, alcuni trovano soddisfazione a lanciarsi con il paracadute, mentre altri preferiscono fare una

eggiata nel parco. Sono carichi emozionali differenti, ma in grado di soddisfare inconsci diversi.»

«Ora riesco a capire meglio tante cose.»

«Torniamo al nostro caso. Da quello che ho potuto intuire, il suo inconscio ha esigenze altissime, per cui lei dovrà trovare una soluzione che le permetta di avere un giusto e quotidiano carico emozionale. Questo significa che la scelta di un’unica attività tra tutte quelle che lei desidera svolgere, con tutta probabilità non riuscirà a darle il carico emozionale di cui il suo inconscio necessita.»

Si alza velocemente dalla sua comoda poltrona e si dirige verso la lavagna.

Continuo a osservarlo attentamente.

«Analizziamo il caso di un individuo che ha la necessità di un carico emozionale piuttosto basso.»

Prende il pennarello blu e disegna una linea retta lungo tutta la superficie della lavagna.

«Questa linea rappresenta un carico emozionale basso, cioè quello di un individuo che ama la ripetitività quotidiana, cioè fare ogni giorno la stessa cosa.»

«Osservare quella linea mi fa stare male!» esclamo istintivamente.

Scoppiamo entrambi in una forte e sana risata.

«Lei, infatti, ha bisogno di un carico emozionale altissimo e con picchi enormi. Ecco il suo grafico.»

«Oh, ora ci siamo!»

Il sorriso è nuovamente stampato sulle labbra di entrambi.

In questo momento riesco a sentire un profondo senso di pace e tranquillità.

«Ora le faccio una domanda. Partendo dal presupposto che il suo inconscio ha bisogno di carichi emozionali altissimi e che lei è alla ricerca di una sola cosa che riesca a farla sentire soddisfatto, con quale fra tutte le opzioni che mi ha elencato precedentemente, riuscirà a soddisfare il suo inconscio?»

Non rispondo limitandomi a osservarlo.

«Riformulo la domanda: un’unica scelta sarà in grado di dare al suo inconscio le giuste e forti emozioni di cui ha bisogno?»

Il silenzio persiste.

«Ci sono persone che per sentirsi soddisfatte hanno bisogno di sposarsi e di creare una famiglia, mentre altre hanno la necessità di uscire tutte le sere e di cambiare spesso compagna. Non esiste una cosa giusta o sbagliata, esistono esigenze emozionali differenti.»

Attendo impaziente.

«Non è giusto obbligare chi ha la necessità di emozioni forti a vivere un altro tipo di vita.»

Il pensiero lentamente cammina su una corda tesa e, osservando il vuoto, crea forme inesistenti.

«In tal caso avrebbe un carico emozionale troppo basso e non raggiungerebbe mai la piena soddisfazione.»

Volando riemergo dal nulla mentre la mente si concentra sulla voce del personaggio strano e spettinato.

«Vorrei salutarla invitandola a riflettere sulla sua vita, sul modo in cui, nell’arco dei suoi anni, ha preso le importanti decisioni che hanno contribuito a farla sentire soddisfatta di sé, agli stimoli che sta cercando e soprattutto alle esigenze emozionali di cui il suo inconscio ha veramente bisogno.»

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Sono in auto e non riesco a non pensare, perché la mia mente è carica d’informazioni.

Ascolto la musica e, immerso in un rumoroso silenzio, penso.

“Vorrei salutarla invitandola a riflettere sulla sua vita, sul modo in cui, nell’arco dei suoi anni, ha preso le importanti decisioni che hanno contribuito a farla sentire soddisfatta di sé, agli stimoli che sta cercando e soprattutto alle esigenze emozionali di cui il suo inconscio ha veramente bisogno.”

Ritorno al nostro primo incontro.

“È la situazione generale che avrebbe bisogno di essere sistemata. Ho tante cose da fare, ma all’improvviso il dubbio mi assale. Le cose che faccio, dopo un po’ mi annoiano, svanisce lo stimolo iniziale ed è sempre vivo in me il desiderio di iniziare cose nuove. L’entusiasmo e la convinzione che mi hanno sempre portato a raggiungere ottimi risultati sono scomparsi e i dubbi hanno preso il sopravvento. Lei si aspettava di continuare ad avere sempre lo stesso stimolo iniziale? Credo di essere a un bivio. Ho la forte necessità di soddisfare le mie emozioni. Non vorrei, a un certo punto della mia vita, trovarmi a fare cose che non mi diano la giusta soddisfazione. Ho l’impressione che lei stia sbagliando qualcosa. Sono convinto che se la stimolassi di nuovo, farebbe una lista infinita di cose che vorrebbe fare in futuro. Mi piacciono tutte! Tutto ciò che noi facciamo, dalla mattina alla sera, lo facciamo per soddisfare le esigenze quantitative e qualitative del nostro inconscio. Ogni inconscio, per essere soddisfatto, ha bisogno di una quantità di emozioni differenti. Le freccette che colpiscono il cerchio grande non sono altro che le emozioni. Lei ha esigenze

emozionali altissime. Per soddisfare nuovamente il suo inconscio, avrà bisogno di emozioni e di stimoli nuovi. Il fatto di cercare stimoli nuovi è molto legato alle esigenze del nostro inconscio. Dovrà trovare una soluzione che le permetta di avere un giusto e quotidiano carico emozionale. Questo significa, con tutta probabilità, che un’unica scelta non andrà bene.”

Parcheggio l’auto, entro in casa, spengo la luce e mi sdraio sul divano.

« Ho capito» esclamo ad alta voce.

Chiudo gli occhi e inizio un silenzioso pianto liberatorio.

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«Buongiorno, come ha trascorso la settimana?»

«Pensando» rispondo.

Sorridiamo entrambi.

«A che cosa in particolare?»

«A quanto pensiamo di essere sempre molto logici e razionali, mentre in realtà le emozioni sono il motore delle nostre azioni.»

Mi osserva incuriosito.

«Se fossi spinto solamente dalla logica, visti i risultati ottenuti, non mi porrei certi quesiti. Ho meditato a lungo sul fatto che ricevo molte più soddisfazioni nel tentare di creare ciò che desidero, che nell’ottenere immediatamente il risultato finale.»

«Bene!» esclama. «In questo modo sta cercando di capire nel dettaglio quali e quanti sono i suoi bisogni emozionali.»

Annuisco.

«Ho anche analizzato le varie attività che desidererei svolgere e cercato di capire se la scelta di una sola potrà mai soddisfare pienamente il mio inconscio. Mi sono poi chiesto quali e quanti possano essere i carichi emozionali di cui ho effettivamente bisogno e come potrei mettere in ordine di priorità i miei desideri.»

Il suo sguardo fisso indaga nella mia mente.

Alzandosi improvvisamente dalla comoda poltrona, mi osserva e dice: «Sono queste le domande che si è posto?»

«Sì» rispondo. «Mi rendo conto che le cose che desidero fare sono il frutto dell’emozione che ognuna di essa reca al mio cervello. Considerando che ogni azione desiderata provoca un’emozione positiva al mio inconscio, come posso selezionarle in ordine di priorità? Come faccio a scegliere quella con cui dovrei iniziare? Qual è quella giusta che mi permetterà di trovare la profonda soddisfazione nel tempo?»

«Si fermi un attimo. Mentre esponeva energicamente i suoi pensieri, ha stimolato la mia mente, facendo emergere e ritornare vivi i miei dubbi adolescenziali. Da ragazzino ho praticato tantissimi sport ed ero piuttosto bravo in tutti. All’improvviso però ho sentito il desiderio di iniziare a suonare uno strumento, ho acquistato una chitarra e ho imparato i primi accordi, poi la mia ione per la musica mi ha spinto a comprare anche una tastiera. A un certo punto mi sono comparsi i primi dubbi e ho iniziato a pensare che, nonostante avessi imparato abbastanza bene tante cose, non ero riuscito a eccellere in nessuna. Non sono diventato né un campione di sport né un ottimo musicista. Allora mi sono posto questa precisa domanda: perché non scegli una cosa tra tutte quelle che sai fare e

vai avanti deciso fino in fondo? Osservai le persone intorno a me e diventò forte il pensiero che sarebbe stato giusto e corretto sceglierne una sola. Per anni questa convinzione occupò il mio tempo poi, complice la saggezza che nell’età risiede, il sano dubbio mi portò a pensare cosa fosse realmente giusto per me. Non ci fu una valida e precisa risposta, perché infinite erano le soluzioni. Non avrei mai potuto definitivamente abbandonare ciò che per anni aveva accompagnato la mia esistenza donandomi infinite soddisfazioni. Mai avrei ucciso ogni mia più piccola creazione, al contrario avrei voluto accudirla e farla crescere al meglio. Scegliere una cosa, abbandonando le altre, significava distruggere una parte di me, uccidere i miei desideri e le mie speranze e diventare ciò che in realtà non ero.»

I suoi occhi brillavano come quelli di un bambino pieno di emozione.

«Ho voluto raccontarle questo per dirle che, in questo preciso ambito, non esistono cose giuste o sbagliate, esistono modalità differenti di creare i carichi emozionali.»

Il mio sguardo è ancora fisso su di lui.

«Nel suo caso specifico, intraprendere una nuova attività e arrivare a saperla fare bene, le dà un iniziale picco emozionale molto alto, ma poi la monotonia la condurrà a ricercare nuovi stimoli. Per quanto tempo scegliendo una cosa fra tutte quelle che desidera fare si sentirà soddisfatto? Non sarà, invece, che sceglierne solamente una, in realtà aiuti esclusivamente la parte logica e razionale a prendere il sopravvento su quella emozionale?»

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Infinita diventa la lotta tra la mia mente logica e quella emozionale, nessuna vuole cedere il o all’altra.

Immerso in un conflitto interno, sento una voce amica che mi aiuta a scendere lentamente nella realtà contemporanea.

«È un semplice input che le mando, niente più.»

«Credo abbia ragione, il voler scegliere forzatamente un’unica cosa, escludendo a priori qualsiasi alternativa, significa dare libero sfogo alla parte razionale a discapito di quella emozionale che prenderebbe in considerazione tutte le varie ipotesi.»

«Infatti è la parte razionale che istiga a un’unica scelta e impone l’essere soddisfatti eseguendola. È la logica comune che vuole che un individuo assuma questo tipo di atteggiamento, ma la realtà è ben diversa. La logica e la razionalità tengono conto delle sensazioni, delle emozioni e dei desideri di ogni singolo individuo?»

La gioia e l’entusiasmo lasciano il posto a pensieri contrastanti, a sentimenti indefiniti, a un bisogno apparentemente immotivato di amare e odiare in contemporanea.

«Dovremmo seguire la logica comune, quella personale o al contrario le

emozioni?»

«È proprio la domanda che avrei voluto farle!»

«Potremmo anche decidere di dare spazio alla razionalità, ma rischieremmo di ritrovarci depressi e insoddisfatti.»

«Quindi, se non erro, la soluzione migliore sarebbe quella di trovare il giusto compromesso fra le due parti?»

«Perfetto, è proprio questa la soluzione. Bisogna imparare a dare libero sfogo alle emozioni sapendo sfruttare la saggia parte logica presente in noi stessi.»

«Pensando alle varie attività che desidererei svolgere e partendo dal presupposto che ogni scelta esclude temporaneamente qualsiasi alternativa, con quale criterio dovrei decidere con che cosa iniziare? E poi sarei disposto ad abbandonare tutto quello che ho fatto in questi anni?»

«Le faccio io una domanda estremamente banale: che cosa vuole fare da grande?»

I miei occhi sorridono come sorride il mio cuore.

«È la domanda che mi sono posto per anni e che ancora non ha trovato risposta.»

La mia anima si riempie di gioia e convinzione.

Chiudo per un istante gli occhi, li riapro e velocemente rispondo.

«Sicuramente tante cose.»

«Bene, fare più cose potremmo anche definirlo…?»

Mi guardo intorno cercando risposte.

«Vorrebbe continuare a svolgere la sua attività, ma le piacerebbe fare anche altre cose, giusto?»

«Sì.»

«Quindi come potremmo anche definirlo?»

Completamente spiazzato e fortemente imbarazzato continuo la mia disperata ricerca di certezze.

La rabbia avanza imperterrita e, senza toppo pensare, rispondo: «Potremmo

definirlo ideare e inventare?»

Attentamente osserva il mio nervosismo, sfogo di un’emozione.

«Adoro ideare e inventare qualcosa di nuovo, anche solo per me stesso, per una mia completa soddisfazione personale, amo la creatività e cimentarmi in nuove sfide.»

“Senza volerlo e senza pensarci troppo ho forse trovato il vero scopo della mia vita?” penso.

Pienamente confuso riesco appena a mettere a fuoco la realtà.

«Bene, quindi quello che a lei realmente interessa è lavorare e vivere del suo cervello. Pensare di vivere in questo modo, che tipo di carico emozionale le dà?»

«Un carico emozionale altissimo» rispondo con l’anima e il cuore pieni di gioia e convinzione.

«Un carico emozionale altissimo e infinito, perché in questo modo non si sentirà costretto a dover scegliere una cosa e andare avanti per forza con quella, ma avrà la possibilità di variare attività senza limiti. Quello di cui realmente necessita è un quotidiano bisogno di emozioni e stimoli nuovi e ciò che mi ha appena esposto è sicuramente in grado di darglielo. In questo modo riuscirà a crearsi le giuste emozioni che soddisferanno pienamente il suo esigente inconscio.»

Impietrito, rimango in attesa con lo sguardo fisso su di lui.

«Se dovesse scegliere questa strada, non avrà certezze, perché la certezza, per lei, significa perdita di emozioni.»

Ho la mente completamente aperta, gli occhi sbarrati e il cuore bloccato.

«Scegliere una sola delle tante strade che lei desidera percorrere, significa andare contro quelli che sono i suoi reali bisogni.»

Ancora una volta il silenzio diventa padrone assoluto della situazione.

«Continuare imperterrito nella sua sfrenata ricerca, allo scopo di trovare un’unica strada, non la porterà a nulla e questa scelta non potrà mai andare bene per lei perché la sua è una continua ricerca di stimoli nuovi. A qualcuno potrebbe provocare ansie e paure, mentre per lei è il vero senso della vita.»

Sono profondamente commosso perché sono svanite in un solo attimo tutte le mie false e infinite incertezze.

«Qualsiasi cosa decida di fare per sempre, il tempo e l’azione diventeranno monotonia e si troverà costretto a ricercare incertezze e novità.»

Il suo sguardo mi dona un infinito senso di pace e libertà.

«Quello che dovrebbe imparare a fare, è cambiare la modalità con la quale svolge le varie attività, ma non il principio base, quello cioè che permette al suo inconscio di essere soddisfatto.»

Continuo a osservare la chiara immagine di chi sta portando la mia mente a un’infinita e saggia evoluzione.

«Per sentirsi pienamente soddisfatto dovrà far lavorare il suo cervello in tutte quelle parti creative che le recano piena soddisfazione, tralasciando e demandando ad altri le parti che le provocano un senso di noia, monotonia e frustrazione. Dovrebbe iniziare a dare libero sfogo alle sue esigenze emozionali, senza imprigionarsi o incatenarsi in situazioni che non la renderanno mai libero, felice e soddisfatto.»

L’euforia invade ogni parte del mio corpo e sento viva in me l’intima necessità di urlare.

«Vorrei proseguire dicendo che, se per capire cosa è giusto o sbagliato per lei, si paragona a chi ha esigenze o carichi emozionali diversi dai suoi, rischia tantissimo.»

Il mio atteggiamento rafforza le sue convinzioni.

La piena consapevolezza delle sue affermazioni non nega l’intensa sensazione di gioia che la mia mente sta provando.

Sto invocando la libertà quando, all’improvviso, una piccolissima e nascosta parte logica di me stesso emerge uccidendo la sana euforia e diluendo la densa adrenalina ormai sparsa in tutto il mio corpo.

Spontanea affiora l’inevitabile domanda che la mia mente utilizza per esorcizzare il pensiero.

«Le poche ore al giorno a mia disposizione, mi concederanno mai il privilegio di eseguire le infinite attività che desidero svolgere?»

La voce amica non attende che un altro pensiero soffochi una saggia riposta.

«I grandi personaggi della storia, che con le loro azioni hanno modificato il mondo, non hanno forse avuto le stesse ore al giorno concesse a tutti noi?»

«Una domanda simile per un breve periodo ha navigato libera nel mio cervello, ma pur confermando la risposta, non ho ancora trovato la giusta modalità di esecuzione. Forse perché la genialità propria di tali individui è a me lontana?»

«Forse, ma non potrà mai saperlo se continua a nascondersi dietro la paura di tentare.»

«Dovrei dunque approfittare di ogni buona occasione per mettermi alla prova?»

«Certo, perché è quello di cui ha bisogno.»

«Dovrei allora classificare in ordine di priorità tutte le mie volontà?»

«È fondamentale per eliminare il dubbio che soffocherebbe l’entusiasmo di ogni singola azione. Elimini tutto ciò che considera superfluo e si concentri solamente sulla parte che ritiene soddisfacente, cioè quella creativa, ordini le azioni, divida il tempo e ottenga i suoi personali risultati.»

39

«Quando i primi dubbi avanzano poco dopo aver iniziato una nuova attività, come ci si deve comportare?»

«Questa è un’ottima domanda e un punto fondamentale del nostro ragionamento. Vorrei risponderle attraverso una domanda: che cosa è giusto fare? Che cosa è giusto in assoluto?»

«Credo nulla» rispondo titubante.

«Il giusto o sbagliato è molto legato ai punti di vista. La nostra mente ragiona non in base alla realtà delle cose, ma in base alla rappresentazione che noi abbiamo della realtà. Nel momento in cui mi rappresento qualcosa, questo pensiero condiziona le mie emozioni, il mio stato d’animo, il mio corpo e infine il mio comportamento, quindi non è la realtà che agisce su di noi, ma sono le rappresentazioni della realtà, cioè i pensieri e il fatto di pensare in un modo o nell’altro modifica notevolmente la realtà che viviamo.»

Ho la sensazione di essere totalmente ignorante e di aver vissuto parte della mia vita completamente nell’ombra. Mi sento di aver trascorso il tempo, non di aver vissuto. Ho pensato senza capire quale influenza abbia avuto ogni mio singolo pensiero. Credevo di essere in grado di controllare le varie situazioni quando, in realtà, erano i pensieri a dominarmi. Non ho saputo influenzare gli stati d’animo che prendevano le mie decisioni e ho permesso ai pensieri di gestirmi. Solamente ora capisco l’importanza del pensiero e la necessità di entrare in stati d’animo positivi e inizio a capire i veri motivi di alcuni risultati ottenuti.

“So che è possibile ottenere buoni risultati, ma è anche possibile essere felici e soddisfatti?”

«Fermi per un istante i suoi pensieri.»

«Come?»

«Li fermi e li lasci lì, in quell’esatto punto e continui a seguire il mio ragionamento. Più avanti avremo materiale su cui riflettere e confrontarci. Quello che noi facciamo dalla mattina alla sera è pensare, e ogni singolo pensiero crea un’emozione. Ogni emozione stimola il nostro corpo che ha un effetto immediato sul comportamento.»

Smette all’improvviso di parlare, si alza e si riaccomoda sull’enorme poltrona.

«Riassumendo: ogni pensiero stimola un comportamento, per cui se noi non siamo soddisfatti del nostro comportamento, dobbiamo modificare il pensiero che l’ha creato.»

Attentamente mi osserva

«È chiaro questo concetto?»

«Sì» velocemente rispondo.

«Immaginiamo una persona in casa da sola che sente un rumore provenire da un’altra stanza. Immediatamente potrebbe pensare: c’è un ladro! Questo tipo di pensiero gli creerà un’emozione, che possiamo anche tradurre in paura. Questa sensazione negativa avrà un effetto spontaneo sul corpo che inizierà a tremare e ad aumentare il battito cardiaco. La conseguenza di tutto ciò si ripercuoterà sul comportamento che porterà l’individuo a scappare o a telefonare alla polizia.»

Il suo volto diventa sospetto.

«Il comportamento difensivo di questa persona è nato da un preciso pensiero indipendentemente dalla realtà, perché quel rumore sarebbe potuto provenire dallo sbattimento di una porta oppure dallo scricchiolio di un mobile.»

Sospira.

«Questo banale esempio per dirle che ciò che incide su di noi sono i pensieri, cioè le rappresentazioni della realtà e questo vale anche in senso positivo.»

«Quindi sostiene che i dubbi, che a volte impediscono di andare avanti, sono solamente pensieri negativi che andrebbero modificati?»

«Esattamente.»

40

«Perché le sono nati tutti questi dubbi?»

«Non sono in grado di rispondere a una domanda simile.»

«Tutti questi dubbi sono nati dal fatto che lei ha sempre avuto nella sua mente il pensiero di dover trovare ad ogni costo un’unica attività da svolgere per tutta la vita che l’avrebbe fatta sentire soddisfatto e appagato. Inoltre ha sempre preso come riferimento il modello sbagliato, che l’ha fatta sentire inadeguato e fuori luogo.»

«Il modello sbagliato?» domando incuriosito.

«Se avesse avuto una diversa rappresentazione della realtà e avesse preso come riferimento il modello adeguato alle sue esigenze, i dubbi sarebbero rimasti fuori dalla sua mente. Quindi il dubbio nasce dal confronto tra quello che vorrebbe o desidererebbe fare e un modello di riferimento sbagliato, che la sua mente inconsciamente ha creato.»

«Capisco» rispondo istintivamente.

«Provi a convincere chi è abituato a soddisfare pienamente le proprie esigenze a smettere di svolgere tante azioni e di concentrarsi solamente su una, si metterebbe a ridere e non accetterebbe mai. È questo il modello giusto cui lei deve fare riferimento! Chi lo dice poi che non è il modello giusto da seguire? Se

ne esistesse uno solo, saremmo tutti uguali e svolgeremmo tutti le stesse azioni!»

Sapientemente mi concede un attimo di respiro.

«Fortunatamente esistono modelli differenti cui fare riferimento e noi esseri umani possiamo liberamente scegliere quello più idoneo alle nostre esigenze emozionali. I dubbi sono emersi semplicemente dal fatto che la sua mente ha puntato l’obiettivo su modelli di riferimento sbagliati e non adatti alle sue necessità.»

«L’ambiente esterno nel quale quotidianamente vivo può in qualche modo limitare o influenzare il carico emozionale di cui il mio inconscio ha effettivamente bisogno per sentirsi soddisfatto?»

«Prima di risponderle vorrei che mi dicesse esattamente dove nasce questo preciso dubbio.»

«Intorno a me gravitano persone con bisogni e istinti emozionali molto differenti dai miei e che riescono a ricevere stimoli soddisfacenti dalla monotona quotidianità. Provano piacere nell’osservare ciò che da anni è in loro possesso e nell’ammirare la certezza del proprio futuro. Non conosco individui che hanno necessità simili alle mie e non ho modelli cui fare riferimento. Sarei ridicolo se provassi a esporre anche la mia più piccola esigenza emozionale, perché credo che non riuscirebbero a capire. Forse ho una visione distorta della realtà che mi circonda? Forse mi trovo nel posto sbagliato?»

Il suo sguardo è sereno.

«Non è importante il luogo in cui si trova.»

«Lo dice lei! Non riesco a esporre e condividere le mie esigenze emozionali con nessuno, perché l’ambiente esterno influisce negativamente su di me.»

«Che influisca sono d’accordo, ma come lo decide lei!»

Vorrei controbattere con la stessa determinazione e lo stesso coraggio, ma il tono della sua voce aumenta mentre il mio diminuisce d’intensità.

Decido allora di abbandonare, cedendo il o al suo saggio ragionamento.

«Posso trovarmi in un ambiente ostile con persone che tendono a convincermi di adottare un comportamento diverso da quello che vorrei e questo può anche influire su di me, ma poi entra in gioco il “filtro” che ognuno di noi ha nel proprio cervello. Tutto ciò che arriva dall’esterno, prima di essere inserito dentro viene “filtrato” dal nostro cervello.»

«Capisco perfettamente ciò che dice, anche l’utilizzo del “filtro personale” che permette a ognuno di noi, in base alle proprie caratteristiche ed esigenze personali, di accettare e incamerare tutto ciò che deriva dall’esterno, ma credo anche che il “filtro” possa fare ben poco nei casi in cui i pensieri e i desideri personali non trovino mai riscontri positivi nell’ambiente esterno. Ci si sente soli in un ambiente ostile che non si riesce a capire.»

«Perché ha questa forte esigenza di condividere le sue emozioni con l’ambiente esterno?»

«Per avere un rapporto con gli altri» rispondo infastidito.

«Il rapporto con gli altri è un’altra cosa.»

“Riesce, con la sua saggezza, a mettere in dubbio ogni mia piccola certezza” penso.

«Per avere un rapporto con qualcuno, non è necessario pensarla per forza nello stesso modo o condividere particolari emozioni personali. Io, ad esempio, ho tanti amici differenti in ambienti altrettanto diversi e con ognuno di essi, in base alle proprie caratteristiche e attitudini individuali, stabilisco rapporti, tratto argomenti e condivido ioni. Con gli amici del bar gioco a carte e faccio qualche battuta sulle donne, ma evito di discutere di filosofia o letteratura. Con chi ha una cultura e sensibilità maggiore, introduco argomenti impegnativi e condivido la ione per il teatro, per la musica, ecc. Non posso pretendere di cercare e trovare persone che abbiano tutti i miei stessi interessi e che la pensino esattamente come me su tutti gli argomenti. Il mondo è fatto di esseri umani, per cui, anche se dovesse decidere di cambiare ambiente, troverà sempre persone diverse da lei che non condivideranno il suo modo di comportarsi, di agire e di pensare. Non può nemmeno pretendere che per ogni decisione presa trovi sempre l’appoggio di coloro che le gravitano intorno. Gli individui abituati a prendere decisioni sono spesso criticati e questo è il prezzo da pagare.»

«In che senso?» chiedo incuriosito.

«Nel senso che se riuscirà ad ottenere la libertà di pensiero, riuscirà anche a trovare la piena soddisfazione in tutto quello che deciderà di fare, si sentirà appagato, libero di agire e pensare con il suo cervello senza condizionamenti né costrizioni. Nessuno potrà influenzarla, ma non senza un prezzo da pagare.»

«Quale?» chiedo impaziente.

«Lei avrà raggiunto ciò che desidera, si sentirà pienamente soddisfatto di sé e della sua vita, il prezzo da pagare sarà l’eventuale critica da parte di chi non condividerà le sue scelte e non avrà ancora raggiunto il suo stato d’animo.»

La frase riporta alla mente le tante decisioni che per il mio bene avrei dovuto e non ho preso, a causa della paura di essere criticato.

“Devo sinceramente ammettere che la critica mi fa ancora tanta paura.”

«La critica bisogna ovviamente ascoltarla, ma soprattutto saperla leggere e analizzare attentamente da dove proviene. In genere un individuo con esigenze emozionali basse tende a criticare l’atteggiamento di chi ha necessità molto più alte delle sue. Persone simili potrebbero non condividere e pertanto criticare il suo modo di vivere e di procurarsi i carichi emozionali. Al contrario, individui con le sue stesse esigenze emozionali apprezzeranno pienamente il suo stile di vita. Troverà sempre persone che non accetteranno ciò che lei fa e pronte ad avanzare pesanti critiche. In ogni occasione dovrà saggiamente analizzarle e capirne il senso perché chi avanza una critica, lo fa principalmente per un bisogno personale e per soddisfare una propria necessità.»

«Per soddisfare una propria necessità?»

«Sì, esattamente. Quando qualcuno avanza critiche nei confronti di un altro, significa che quell’individuo si sente inadeguato o inferiore rispetto alla persona denigrata. La critica è spesso utilizzata come metodo per esaltare la personalità di chi la avanza. Aiuta a stare meglio chi, per svariati motivi, ha la necessità di sentirsi superiore a un altro individuo. Chi emette sentenze, solitamente ha una bassa considerazione di se stesso e si sente inferiore rispetto agli altri, per cui utilizza la critica per abbassare chi, per posizione sociale, intelligenza o altro, è in una situazione notevolmente superiore rispetto alla propria. Questo metodo è usato dalle persone che hanno la necessità di ristabilire e riequilibrare il proprio livello sociale e personale.»

«Capisco.»

«Tenga sempre in considerazione i concetti che le ho appena esposto e, saggiamente, analizzi la provenienza della critica.»

«Dovrei quindi capire chi ho di fronte?»

«Prima di rispondere o agire istintivamente, analizzi e cerchi di capire il vero motivo della critica, è importante interpretarla nel modo corretto.»

«Credo non sia sempre facile farlo.»

«Ma è importante per la sua sopravvivenza. Nella sua vita si troverà a dover prendere delle importanti decisioni e, se applicherà correttamente le strategie esposte in precedenza, si costruirà nella sua mente il modello adeguato, inizierà a

operare in direzione del suo obiettivo e raggiungerà eccellenti risultati. Individuata la giusta direzione, non dovrà assolutamente preoccuparsi delle critiche che riceverà lungo il percorso da parte di chi non condividerà le sue scelte. Non permetta mai che una sola critica blocchi il percorso che ha scelto.»

«Ok» rispondo con l’anima carica di adrenalina.

«Alcuni individui criticano ferocemente perché, in realtà, vorrebbero essere nella stessa posizione di coloro che denigrano, ma hanno un’enorme paura di prendere le stesse importanti decisioni che sicuramente permetterebbero loro di ottenere gli stessi risultati. Vorrebbero, ma per paura restano immobili, soffocano le proprie emozioni e ambizioni e, sentendosi frustrati e inferiori, criticano, criticano, criticano.»

Impietrito ascolto il silenzio e vorrei diventasse il massimo rumore che riesco a percepire.

Il personaggio spettinato, intelligentemente e sapientemente intuisce la situazione, rimane immobile su se stesso fino a quando le sue stanche gambe chiedono un morbido punto di appoggio.

Lentamente si avvicina alla comoda poltrona e, silenziosamente, vi si adagia.

Apro gli occhi e trovo dinanzi a me il personaggio artefice della mia nuova vita.

Non so esattamente quanto tempo è ato dal momento in cui chiusi gli occhi e

iniziai a vagare nel presente dei miei pensieri ma ora nuova mi appare la realtà e osservandola inizio a pensare.

La vecchia lavagna, le bianche pareti e il soffitto osservano me.

Non una frase o una leggera parola rompe il perfetto silenzio che al momento è quello di cui ho veramente bisogno.

41

«Il piccolo mondo che quotidianamente frequento non è più in grado di stimolare la mia creatività.»

«Ogni piccolo mondo è in grado, se si vuole veramente, di stimolare le nostre emozioni. Quello che fa veramente la differenza è la nostra mente. La vera spinta è da ricercare lì, nella perfetta mente di ogni singolo individuo.»

42

«La critica ricevuta deve essere trasformata in incentivo che rafforza la direzione presa. La critica ricevuta deve essere indicatore di convinzione. La critica ricevuta deve confermare la volontà di non arrendersi. La critica ricevuta deve stimolare il momento di riflessione che pone le basi nella direzione opposta.»

43

Davanti al mare ritrovo la mia libertà.

I pensieri diventano leggeri e l’aria perfettamente respirabile.

Le onde sono ormai le migliori amiche con le quali poter condividere tutto ciò che ho imparato e il rumore dell’acqua così perpetuo è la risposta alle tante domande che circolano libere nella mia confusa mente.

Alzo gli occhi e non vedo altro che un infinito cielo.

Forse è proprio lì che dovrei rivedere me stesso.

Confuso cammino lungo la riva abbassandomi di tanto in tanto a osservare la vita.

Non c’è più certezza qui, solo incertezza.

Incertezza del mondo e di me stesso.

Vago lontano al centro del mio piccolo spazio.

Pensando, immagino.

“Forse dovrei arrendermi alla realtà e all’evidenza? Ma dov’è la vera realtà? Nella mia mente forse? E qual è la vera realtà? Quella che tocco o quella che posso solamente immaginare?”

I falsi pensieri continuano imperterriti sulla loro strada alla ricerca di una mente che possa essere così intelligente da accettarli, ma la mia, senza pensarci troppo, li rifiuta, poi li richiama indietro nella speranza che possano darle un brivido di pazzia … ma nulla.

I pazzi pensieri sono ormai scappati, lasciando il posto all’insana certezza, a ciò che il mondo vuole che si sappia.

False convinzioni rifiutano di essere inserite all’interno di uno spazio chiuso.

“False per chi?”

Non trovo risposta, solamente il dubbio di essere vivo e circondato dai miei stessi pensieri.

Riavvolgo il nastro.

Rivedo i dubbi, i sani dubbi.

Non soffoco la realtà.

Ho voglia di viverla e di toccarla, ma sfugge, vola via come l’aria, lasciandomi pallido a osservare il nulla.

“Nulla di tutto ciò è reale?”

Dolce è la voce che sento arrivare, come dolce è la sua immagine di donna.

Lentamente si avvicina a me, solleva le braccia accarezzandomi la testa.

Non resisto e dolcemente la lascio cadere.

Provo un profondo senso di pace.

I miei occhi sono stesi sul suo petto e la mia testa stretta tra le sue fragili braccia.

“Chi sei?

Sono te, o meglio la tua dolce e tenera anima.

Perché mi trovo qui?

Non sei in nessun posto, sei semplicemente dentro te stesso. Il tuo spirito si sta evolvendo e la tua mente crescendo.

Dove mi porterà tutto questo?

A liberarti da te stesso e dalle tue paure, paure inconsce che bloccano la tua evoluzione.

Ho bisogno di emozioni?

Sì, ne hai bisogno come l’aria che respiri.

Sono sbagliato?

No, non lo sei! Non credere a nessuno, credi solo a te stesso.

Ci riuscirò?

Riuscirai a essere solamente ciò che vorrai essere, niente di più.

Ma chi sono ora e chi sarò domani?

La risposta è dentro di te, solamente dentro di te.

Muovi l’anima e scuoti la mente tenendo ben saldo il cuore. La saggezza è dentro ad ognuno di noi, ma solamente alcuni riescono a tirarla fuori. Hai iniziato un percorso tanti anni fa e ora stai diventando ciò che vuoi, non fermarti, armati di pensieri e coraggio e sfonda il muro delle incertezze, troverai un mondo tuo, solamente tuo, lontano da pregiudizi e critiche.

La critica! Ne ho sentito parlare.

Non aver paura di lei, è solamente un’amica, che ti aiuterà a capire quanto grande sei.

Se non fosse presente nella tua vita, saresti perso nel cerchio della normalità.

Guardala, ammirala, impara ad amarla e diventa sua amica.

Apprezzala, perché senza di essa non esisterebbe la crescita.

Ogni evoluzione concepita dall’uomo è frutto di un’umana mortalità.

Si uccide l’idea per far crescere la convinzione che ciò che si è ucciso non fosse degno di essere cresciuto.

Si cresce nella mente ciò che si è ucciso nella realtà.

La mente pensante sboccia idee che le altre menti vorrebbero uccidere.

Non esiste pazzia che non generi idee.

Che cos’è la pazzia?

La pazzia colpisce chi non vuole accettare la morte mentale.

Il pazzo è colui che per sua natura non comprende.

Il pazzo è colui che comprende la sua natura.

Non ti capisco, sono pazzo?

No, non sei pazzo, è la tua mente che vuole esplorare la pazzia.

Perché?

Per capire e delimitare un confine.

Quale?

Il tuo.

Vorresti dire che in questo modo delimiterò un confine oltre il quale non andrò mai?

Sì!

Perché non dovrei superarlo?

Perché lo hai deciso tu.

Se volessi ampliare i miei limiti e confini?

Dovresti evolverti ancora di più.

Per arrivare dove?

Dove tu vorrai.”

«Ho capito!» esclamo ad alta voce.

44

Apro gli occhi.

Non sono davanti al mare, ma steso sul letto.

“Il sogno è diventato realtà! O forse è la realtà che sta diventando un sogno!”

Mi sento libero di provare emozioni e cercherò di non abbandonare questo piacevole sentimento.

Ritrovo la libertà dentro me stesso.

“Ho sognato!” esclamo.

“No!” mi rispondo “Stai semplicemente cercando di trasformare i tuoi sogni in realtà.”

45

Lunedì mattino.

“Come posso iniziare in modo speciale la mia nuova vita?” penso.

“Festeggiando!” rispondo.

Mi sento liberamente felice e vorrei che qualcosa di diverso invadesse la mia piccola realtà.

Velocemente mi preparo per gratificare, nel più semplice dei modi che conosco, la mia giornata: “cappuccino e brioche.”

Leggo i vari giornali e alle otto e trenta mi trovo davanti alla porta del mio ufficio.

Sto per infilare la chiave quando un euforico e prepotente pensiero mi spinge altrove.

“Perché?”

“Perché no?” domando a me stesso.

Il tempo mi porta tranquillo a so per le vie del centro.

“Il tempo è la più grande risorsa che ho a disposizione per vivere la vita al meglio. Concederò un po’ di spazio ai miei stessi pensieri”.

Attentamente osservo con occhi diversi tutto ciò che mi circonda.

“Che l’ambiente esterno influisca sono d’accordo, ma come, lo decide lei!”

Completamente ripulito, si mette all’opera il mio filtro personale.

Cammino pensando e a fatica vedo reale il mondo intorno a me.

Un’ombra di donna oscura la mia vista poi, all’improvviso, il sole ritorna ad abbagliarmi.

Velocemente mi giro a osservare quell’immagine che lentamente si allontana.

«Ciao Leti!»

Dall’ombra esce Letizia che incuriosita si avvicina.

L’emozione diventa ingestibile e l’imbarazzo riempie l’aria.

Pochi i ci separano.

«Ciao Robi!» esclama.

La sua voce è ancora bellissima, ma più dolce è la mia voglia di risentirla.

I suoi occhi sono fissi nei miei.

Il silenzio domina il tempo mentre il sole riscalda i nostri rigidi cuori.

Mi sento come se fossi stretto nella morsa di un forte abbraccio.

Apro gli occhi e non vedo nulla dinanzi a me.

Ritorno in me e sento il calore del suo corpo.

Non so esattamente per quanto tempo siamo rimasti uniti in quel lungo e

caloroso abbraccio.

«Sono molto contenta di vederti Robi.»

«Anch’io Leti. Scusami se non ti ho più chiamata, ma ho avuto un periodo molto difficile.»

«Non dire nulla Robi, non giustificarti, non devi, soprattutto con me. Ricordi le basi sulle quali si è sempre fondato il nostro rapporto?»

«Sì.»

«Vorrei che rimanessero tali.»

«Certo.»

Ancora assorti e stretti in quel lungo abbraccio, sento all’improvviso le sue labbra avvicinarsi al mio orecchio.

«Ricordati Robi, per te sarò sempre disponibile, in qualsiasi momento tu lo vorrai.»

Poi un dolce e apionato bacio si posa fugacemente sulla mia fredda guancia.

«Grazie mille, Leti.»

«Ora devo andare. A presto, Robi.»

Rimango immobile fermo su me stesso.

Le mie fragili gambe sono ormai impietrite e troppo pesanti per permettermi di camminare.

Osservo il mondo intorno a me cercando di capire se tutto ciò è finzione o realtà.

“Ho vissuto un momento magico, un sogno irreale o una realtà impossibile?” domando a me stesso.

Una splendida immagine si allontana dinanzi a me, riportandomi alla mente un dolce pensare.

Vorrei che la forza di reagire prendesse il sopravvento e il coraggio diventasse artefice di frasi immortali … ma nulla.

“Dovrei farlo!” propongo a me stesso.

“No, non dovresti!” risponde l’istinto condizionato.

Il mio cuore, ormai carico delle tante parole pronunciate dal saggio personaggio spettinato, diventa forte e, reagendo liberamente, uccide la potente razionalità.

“Non fare più quello che devi, ma solamente ciò che senti.” Vorrei, in solitudine, scrollarmi di dosso i tanti pensieri che affliggono la mia mente.

Vorrei un attimo di vuoto.

Vorrei tutto ciò che fino ad ora non ho avuto.

Vorrei semplicemente dare ascolto al mio cuore.

L’emozione invade lentamente tutto il mio corpo, la mente circoscrive il sentimento, il cuore amplia lo spazio e capisco in un solo istante di avere appena iniziato il mio nuovo percorso di vita.

46

Continuo la mia lunga eggiata dentro me stesso, ando dalla realtà alla fantasia, fino ad arrivare al mare.

Un potente raggio di sole riscalda il mio corpo.

L’aria diventa soffice.

L’ora non è più in grado di limitare il mio tempo.

La tentazione è divenuta incertezza.

L’altezza del mio sguardo non è sufficiente a soddisfare la mia volontà.

Mi dirigo allora nel punto più alto di me stesso e, sospeso nell’aria, indago.

Cammino deciso trovandomi di fronte ad un’enorme salita. La sfido, pensando che possa essere la fatica che corona la mia conquista.

Stanco, raggiungo finalmente la vetta.

“È il punto in cui, per anni, ho desiderato essere!” esclamo ad alta voce.

Il panorama è bellissimo e qui il mare circoscrive il mondo.

Dolcemente mi siedo su una gelida panchina.

Il cielo e il mare riempiono la mia vista.

Li osservo attentamente senza distinguerne il confine.

Quell’enorme macchia azzurra e la distanza che mi separa da essa lancia la mia sollecitata mente in un lungo pensiero.

Vedo in lontananza la mia più dolce e sincera amica.

“Chi è veramente Letizia?” mi domando.

Attentamente esamino il nostro rapporto.

“Così diversi e così uguali! Forse è la parte mancante di me stesso. Il suo vivere semplice e leggero, senza troppe domande e senza falsi scrupoli, ha da sempre

attirato la mia infinita curiosità. Decisa e coraggiosa, non ha mai permesso che qualcuno condizionasse una sua scelta. Afferrando l’esistenza ha reso unico il suo stile di vita. Violenta diventa quando difende il suo diritto a vivere. Perfettamente consapevole della critica e con la luce negli occhi continua imperterrita il percorso scelto.”

Ormai persa nel perfetto labirinto dei pensieri, la mente mi porta a ricordare le nostre semplici serate.

I suoi gesti, i suoi pensieri e i suoi lunghi silenzi mi donavano tranquillità.

Il suo profondo sguardo rispondeva senza parole alle mie infinite domande.

Le sue immortali frasi rendevano viva la mia esistenza.

I suoi lunghi silenzi eliminavano per un istante i miei inutili dubbi.

Il mio costante desiderio di novità era da lei soddisfatto nell’esatto istante in cui nasceva.

Imprevedibile e inarrestabile nel suo lungo e silenzioso viaggio dentro se stessa, la mente porta in luce l’ormai oscurata immagine di Roberta.

“Che burrascoso periodo ho vissuto con lei! Difficile ma istruttivo” penso.

Inizialmente la sua comparsa mi apparve come un angelo mandato dal cielo per completare lo stato di grazia in cui mi sentivo e trovavo. Poi tutto è cambiato e sono nate le nostre prime incertezze. Percorrendo la stessa strada su due lati opposti, non riuscivamo a trovare un punto d’incontro e le diverse angolazioni non permisero di spiegare le nostre percezioni. Attraversare la strada era oramai diventato impossibile e saremmo rimasti entrambi ad aspettare la fine. Il perfetto periodo dell’innamoramento lasciò il posto alla sana consapevolezza e capimmo la nostra diversità.

L’infinito pensiero mi porta ora un profondo senso di ansia.

Il mio cuore non reagisce.

Un improvviso, leggero e tiepido soffio di vento solleva un altro personaggio della mia breve storia di vita: Ale e la sua precisa monotonia.

Le sue serate trascorse all’insegna della sfrenata ricerca di amanti.

Frasi taglienti di una vita bruciata.

Intrepide giornate a ripetere esperienze già vissute.

Anni trascorsi pensando al ato.

I tanti sorrisi lasciati sulle labbra della compagna andata.

Riaffiora improvviso il pensiero della ragazza dai capelli rossi.

“Galeotto fu il brindisi imposto da Ale” penso ridendo.

La sua immagine s’imprime nella mia mente offuscando tutto il resto.

Il fisico, l’atteggiamento e i movimenti sensuali ritornano abili in luce.

Frasi incompiute riaffiorano infinite.

“Non fingo mai e non rimando a domani quello che potrei fare oggi.”

Il tempo scorre velocemente e alcune importanti scene narrano la sua deludente storia d’amore.

La osservo attentamente mentre ingarbugliati pensieri parlano di lei.

I tanti silenzi diventano attimi della sua importante storia d’amore.

Il racconto finisce, ma le sue graffianti frasi rimangono per sempre impresse nella mia allora ingenua sapienza.

“Dopo alcuni anni di fidanzamento e convivenza mi sono accorta che non era la persona che credevo che fosse. Negli affetti non bisognerebbe mai fingere e nascondere nulla, perché la verità punisce colui che mente. Era ormai diventato il mio fidato e premuroso compagno di viaggio. Poi ho iniziato a porgli intime domande. A quelle precise domande, non ha mai risposto nemmeno a se stesso. Avevo l’impressione che non fosse capace di provare emozioni. Si è scelto un ruolo, ha indossato una maschera e deciso che non l’avrebbe mai tolta. Nemmeno io, la sua più intima e sincera compagna di viaggio, sono riuscita a vedere il suo vero volto. Quella è la vita che si è scelto o meglio è la vita che gli altri hanno scelto per lui e non avrà mai il coraggio di cambiarla. Credo vivamente che chi ha deciso, avesse bene in mente il tipo di persona che sarebbe dovuto diventare e lui, ivamente, l’ha accettata senza alcuna minima reazione. Lui è lì, fermo, imibile e sempre a disposizione di tutti. Ti ama tutte le volte che vuoi essere amata. Cercai di aiutarlo ma vani furono i miei tentativi. Finii per sentirmi completamente in colpa per aver cercato di fargli vedere la realtà con occhi diversi. Di colpo mi fermai, mi guardai intorno e capii immediatamente che lui al mondo serviva così.”

Un potente brivido invade il mio corpo quando riemergono improvvise le frasi a me dirette.

“Riusciresti ad aprirti e raccontare tutto te stesso a un perfetto sconosciuto?”

«Sì!» rispondo a voce alta.

Mi guardo intorno e, rassicurato, continuo l’apionante viaggio all’interno del mio recente ato.

“Da qualche tempo a questa parte ho deciso di vivere la mia unica vita nel modo in cui ritengo giusto, cioè senza finzioni. Voglio in ogni occasione essere me stessa, altrimenti non vale la pena perdere neanche un minuto del mio prezioso tempo.”

Una piccola lacrima scende dolcemente sul mio viso, quando il tenero racconto di suo padre invade la mia anima.

Asciugatomi gli occhi, penso con sincera euforia al personaggio importante entrato improvvisamente nella mia semplice vita.

“Una regola che ho imparato, nell’arco della mia esistenza, è che non esistono regole e non c’è nulla che deve accadere nella nostra vita perché ci si possa sentire soddisfatti. Se punti tutto sul risultato e sull’obiettivo finale, solamente nel momento in cui l’avrai raggiunto ti sentirai soddisfatto, ma ti sarai perso tutto il bello del viaggio e ti sentirai costretto a ricercare un altro obiettivo per sentirti di nuovo felice ed entusiasta. Ho conosciuto tantissime persone che hanno sempre avuto bisogno di raggiungere dei risultati per sentirsi felici e poche che hanno raggiunto risultati felicemente. Negli anni ho capito che, in ogni cosa che facevo, il vero entusiasmo nasceva dal pensiero di cosa avrei fatto per raggiungerlo. Da cosa mi sarei inventato. Dalle strategie che avrei messo in atto. Il frutto delle mie idee. Il frutto dei miei pensieri. Volevo dare voce al silenzio delle mie idee. Oggi mi manca la libertà e fare quello che amavo di più fare: lottare per qualcosa che non saprò mai se riuscirò ad ottenere.”

47

Continuo il mio lungo e apionante viaggio all’interno di me stesso, nella sfrenata ricerca di capire realmente chi sono.

L’aria è calda e dolce è il vento che coccola i miei pensieri. Ricordo lucidamente tutto il mio ato e vedo uno spiraglio di sana euforia pensando al futuro.

Sono lì, fermo ad aspettare un nuovo pensiero.

Arrivano improvvise, prepotenti le mie imprecise risposte e affiorano le mie recenti conquiste.

Fugace è il ricordo del giorno in cui salii in auto e mi diressi deciso alla ricerca della sospetta consapevolezza di me stesso.

Le sane considerazioni del tipo spettinato riaccendono la miccia della speranza di ritornare a essere soddisfatto come un tempo.

“È stato coraggioso ad avviare la sua attività senza alcuna esperienza. Nel tempo ha anche acquisito la capacità di cavarsela e arrangiarsi da solo. Oggi ha gli strumenti giusti che le permettono di essere autosufficiente. Dal suo entusiasmo si deduce che assumerebbe il rischio di iniziare cose nuove senza avere la minima certezza del risultato finale. Quello di cui realmente necessita è un quotidiano bisogno di emozioni e stimoli nuovi. Deve trovare il modo giusto di crearseli e soddisfare pienamente il suo esigente inconscio. La certezza, per lei,

significa perdita di emozioni. Scegliere una delle tante strade che lei desidera percorrere, significa andare contro quelli che sono i suoi reali bisogni. La sua è una continua ricerca di stimoli nuovi. Quello che dovrebbe imparare a fare, è cambiare la modalità con la quale svolge le varie attività. Dovrebbe iniziare a dare libero sfogo alle sue esigenze emozionali, senza imprigionarsi o incatenarsi in situazioni che non la renderebbero mai libero, felice e soddisfatto. Non deve paragonarsi agli altri, perché ognuno di noi è un individuo a sé, con le proprie necessità e bisogni emozionali. Se sceglie il modello sbagliato, rischia tantissimo.”

Preso dall’euforia del momento, alcune domande avanzano libere nel mio cuore.

“Quali attività vorresti svolgere in questo preciso istante?”

Inizia una difficile ricerca dentro me stesso, un infinito elenco di attività affiora lentamente facendomi provare un profondo senso di piacere.

“Ogni mia azione pone le basi su concetti che, costantemente, si ripetono. Ogni mio pensiero, desiderio e azione nasce dalla creatività.”

Un’altra frase corona il momento.

“Quello che lei vuole è vivere e lavorare del suo cervello e questo le darà un carico emozionale altissimo e infinito perché in questo modo non si sentirà costretto a dover scegliere una cosa e andare avanti per forza con quella, ma avrà la possibilità di variare quotidianamente attività e senza limiti.”

L’istinto prevale su ogni buon senso.

“Sì!” esclamo ad alta voce.

Velocemente il mio sguardo curioso si gira intorno per verificare che nessuno abbia sentito ciò che sto provando.

“Il suo inconscio non vuole certezze, non ne ha bisogno, anzi, ricerca solamente incertezze. Inizi dentro di sé a mettere in ordine di priorità i suoi desideri. Non pensi a che cosa è giusto fare paragonandosi agli altri o prendendo come esempio il modello sbagliato. Pensi piuttosto a quello che è giusto per lei e prenda come riferimento il giusto modello. Inizi oggi stesso a vivere la vita che desidera.”

Continuo ad accompagnare i miei pensieri fino al punto in cui, fortemente stimolati, vagano infinitamente liberi nell’aria.

Il vento dolcemente li spinge lungo la tortuosa via dell’innocenza.

Impossibile diventa ora gestirli e proseguono lentamente verso la loro impercettibile meta.

“Ogni comportamento ha come inizio un pensiero. Inizi con il pensare in positivo ogni azione e raggiungerà felicemente i suoi obiettivi. L’ambiente esterno non conta, utilizzi il suo filtro personale e non consideri troppo importanti le critiche altrui. Non permetta a questo impostore di fermare la sua

crescita.”

Mi assale infinito il dubbio se a porre queste sagge domande sia io, il tipo spettinato o la mia coscienza.

48

Iniziano ad allargarsi i desideri, a prendere possesso le gioie e a gonfiarsi i pensieri.

Sono completamente assorto da tutto ciò che è vita e azione. L’istante diventa eterno e il tempo precario.

Apro gli occhi alzando lo sguardo al cielo, poi il verde della natura richiama l’attenzione sui miei piedi, sulle mie gambe, sul mio ventre, sulle mie mani, sulle mie dita e su ciò che realmente sono.

Nulla è scomparso o sparito, sono ancora vivo, come viva è la mia anima.

Sono confuso al punto che non riesco più a distinguere la realtà dalla fantasia.

Mi fermo un istante a pensare che, comunque andranno le cose, non mi fermerò qui.

Davanti a me il mare, il cielo e il mondo.

L’intorno è sfuocato e solamente i miei pensieri sono perfettamente nitidi.

Li osservo uno a uno, cercando di capire.

A ritroso è il percorso che mi porta a capire chi realmente sono, che cosa voglio da me stesso e dalla mia vita.

Vedo tutto proiettato nel futuro.

Vedo i dubbi, le incertezze, le difficoltà, i risultati, le conquiste e una gioia infinita mi sale lungo il corpo.

“Non puoi fermarti!” ripeto a me stesso. “Non ora che sai chi sei, cosa vuoi e quali sono le tue reali esigenze. Prendi in mano i tuoi anni e portali con te verso il futuro che desideri. Sii complice di te stesso e fai della tua vita un meraviglioso capolavoro. Il tuo spettacolo è appena cominciato! Il regista sei tu, pensa, scrivi, organizza e dirigi le scene. Scegli gli attori giusti che dovranno partecipare al film della tua vita.”

49

Il tempo si è fermato.

Impresso nella mia mente le prime ore del giorno.

Inizia il tramonto che segna l’alba della mia nuova vita.

Il buio rispetta i miei tempi e lascia che lentamente io scenda la montagna.

“È tardi!” dico a me stesso.

Saluto il mare e il cielo lanciando contro di essi i miei pensieri.

“Sono sicuro che lì troveranno le giuste risposte.”

Cammino accompagnato da un nuovo sentimento di pace e tranquillità.

Mi accorgo di essere cambiato.

Mi assale la sensazione che i dubbi siano stati uccisi dalla potente consapevolezza.

Leggero come ho sempre desiderato essere, vedo piccolo il mondo intorno e piacevoli i suoi risvolti.

Ormai è buio e il mio sguardo rigido osserva il futuro.

“La decisione è ormai presa” penso.

Le tante confuse azioni sono perfettamente in ordine di priorità.

Sono molte, riesco a vederle e non mi fanno più paura.

Sono divenute amiche, piacevoli, fattibili e stimolanti compagne di viaggio, ma soprattutto mie.

Niente più costrizioni e condizionamenti, solo desiderosi obiettivi.

Vivo me stesso nella più sana consapevolezza.

Abbraccio tutti i miei pensieri e vorrei baciare tutti quelli che hanno permesso di evolvere la mia vita.

Capisco solo ora che tutto ciò che ho vissuto è parte di un complesso meccanismo di crescita e ogni individuo che ho toccato è un dono ricevuto.

Ho letto attentamente il copione della mia vita e scritto, in basso e a piccole lettere, il mio semplice nome.

Spero di essere riuscito a donare, anche a un solo personaggio, la giusta felicità che si merita.

Sento l’odore di ogni singola personalità, sento bruciare i loro desideri, vedo esplodere le mie ambizioni e capisco quanto importante siano stati nella mia vita.

Davanti a me il nulla.

Compare improvviso un nuovo desiderio. È chiaro, semplice e pulito.

Non ha sfumature e il testo è spontaneo.

Semplice è la persona che l’ha creato, ma complesse sono le sue aspirazioni e difficile diventa tradurlo in parole.

Continuo il mio viaggio lasciando che il destino tracci il percorso.

Non ho più fretta perché non vorrei uccidere le mie ioni.

Il perfetto silenzio si è ora trasformato in un fastidioso rumore. Vedo intorno a me tanta gente.

Alzo gli occhi e un’infinità di luci abbagliano il mio sguardo.

Uno scaffale, tanti testi e la solita libreria.

“Dove sono?” domando a me stesso.

“Al punto di partenza, all’inizio della storia” rispondo.

“Che cosa ci faccio qui?”

Il tempo richiama attimi vissuti, confondo la realtà ata con il presente.

Uno squillo e si riaccende il ricordo.

Una voce dolce, chiara e amica: quella di Letizia.

«Pronto?»

«Ciao Robi, sono Leti.»

«Ciao Leti, dimmi.»

«Non ho nulla di particolare da raccontarti, sentivo la necessità di chiamarti e l’ho fatto. Dove sei?»

«Sono in libreria.»

«Che tipo di libro stai cercando?»

«Non so esattamente nemmeno io perché mi trovo qui.»

«Tu Robi sei sempre stato in grado di mettermi il buon umore. Una di queste sere usciamo insieme?»

«Volentieri. Ti chiamo presto.»

«Ok, ciao Robi.»

«Ciao Leti.»

Lo stesso spazio, gli stessi corpi, gli stessi rumori e le stesse parole nello stesso attimo.

Un ato vissuto al presente.

Confuso vago alla ricerca di una certezza.

Tanti libri oscurano la vista.

Un angolo nascosto mi riporta al punto in cui, per caso, sottrassi un testo che divenne artefice del mio destino.

Nervosamente mi giro intorno nel tentativo di trovare un punto d’appoggio.

Non ho più la certezza che mi ha condotto fino a qui.

Alzo gli occhi e vedo i tanti volti sorridenti impressi nelle lucide copertine.

Indago nella disperata ricerca di trovare almeno una frase che possa ricondurmi

ad una sicurezza acquisita nel tempo.

Vago fino al punto in cui, mesi prima, accarezzai dubbioso il mio libro speciale.

Sale improvvisa la stessa sensazione di smarrimento e indecisione.

Poi il coraggio bussa prepotentemente alla mia porta ed entrando, mi apre gli occhi.

Mi chino dolcemente verso il mio futuro, allungo la mano per toccarlo ed esplode una lunga e leggera melodia.

La sento viva in me, tante note discutono insieme, riconosco l’inconfondibile sapore del mio pianoforte.

Osservo attentamente l’enorme spazio che mi circonda e capisco immediatamente che il suono non gli appartiene.

È mio e solo io posso sentirlo.

Inclino lentamente la testa per capire la provenienza di quel famigliare suono, ma la mia mano ha già stretto forte il suo futuro.

Con un sorriso sulle labbra osservo le mie note uscire dalle pagine del libro mentre le mie dita accompagnano la melodia.

La mente vaga, il cervello reagisce, il corpo è leggero, le braccia sospese, il cuore violento e le dita felici.

Gli occhi aperti si guardano intorno.

Osservo lo spazio vuoto, lo stesso in cui mesi prima riposava il mio libro speciale.

Le mie mani stringono il nuovo testo.

Ne riconosco i segni.

Sulla copertina non più il volto sorridente di un uomo che mi guarda, ma due cerchi diversi e un’infinità di frecce che colpiscono i due mondi.

Tre lettere: una “I”, una “L” e una “E”.

Non capisco ancora.

Ripenso al ato proiettandolo nel futuro.

La gioia invade l’aria.

La consapevolezza diventa realtà, la mia, e capisco chi sono, che cosa voglio, ma non so ancora che cosa ho creato.

La mie mente, troppo veloce, non riesce a mettere a fuoco.

La calma scappa.

L’euforia diventa infantile.

Le mie gambe tremano.

Il mio cuore esplode.

Le braccia fragili e le mani deboli lasciano dolcemente cadere il libro che, casualmente, riprende la sua posizione occupando lo spazio vuoto.

Un raggio di sole si riflette sulla lucida copertina.

Le immagini scompaiono.

I cerchi lentamente avanzano all’infinito.

Dolcemente tutto mi appare chiaro quando leggo il mio nome in quello dell’autore.

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