Nel Paese Delle Cannare 6z4e4t

Giovanni Maniscalco

Nel paese delle cannare

Nel paese delle cannare

Giovanni Maniscalco

Edizione novembre 2014

ISBN 9786050329766

Autopubblicato con Narcissus.me

www.narcissus.me

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Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl

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UUID: 9786050329766

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I. Rondino a Prosatti

Nonostante fosse un siciliano puro sangue e avesse alle spalle quasi venti anni di servizio, il tenente Rondino non aveva mai prestato servizio in Sicilia, quello era il suo primo incarico nell’isola. Quella mattina doveva prendere comando nella caserma di Prosatti, un piccolo paesino della Sicilia occidentale, un posto assolutamente tranquillo! Ad attenderlo in caserma c’era l’appuntato Figuzzo, che per non farsi trovare impreparato, si stava allenando ad estrarre la sua pistola d’ordinanza dal fodero, avendola presa negli ultimi dieci anni non più di quattro o cinque volte solo per pulirla, quando alle sue spalle entrò un uomo: “Buongiorno, lei è l’appuntato Figuzzo?” “Sì io sono, chi è lei? Come ha fatto ad entrare?” “ Semplice, la porta era aperta e sono entrato”. “Ma chi è? cosa vuole?” “ Io… il tenente Rondino , il nuovo comandante di questa stazione!”. “ Minchia signor tenente, mi scusi non l’ho riconosciuto, comandi”. Scattò sull’attenti e diventò rigido come fosse un palo di luce. Nell’eseguire quel movimento, sbatté così forte il piede destro per terra, che l’edificio traballò tutto, quasi come una scossa di terremoto. La stanza in cui si trovavano era ubicata al primo piano; la caserma era una vecchia palazzina a due piani, la cui costruzione risaliva almeno a un centinaio di anni addietro. L’ingresso era un vecchio portone in legno a due ante, una delle quali rimaneva

sempre aperta, in fondo una scalinata in marmo grezzo collegava il piano inferiore con il piano superiore dove erano situati gli uffici. I piani della palazzina erano divisi da travi in legno su cui erano adagiati i timpagnoli, mentre il tetto esterno era ricoperto con antiche tegole di terracotta. La pavimentazione era fatta di mattoni in cemento decorati e formavano ad ogni stanza un diverso disegno, come fossero dei bellissimi tappeti persiani. Il tenente ci mise un poco a capire il perché di quel sussulto, era una cosa normale in quel tipo di costruzione e dopo quell’attimo di esitazione riprese: “Comodo, comodo”. “Grazie … Signor capitano, le posso offrire un caffè di benvenuto?” Il tenente rispose con una battuta. “Mi vuole corrompere?” “Non mi permetterei mai signor capitano”. “ Tenente! non sono ancora capitano”. Figuzzo era talmente preso dall’emozione per la presenza del nuovo comandante, che confondeva spesso il grado di tenente con quello di capitano e per giustificarsi disse: “ Per me è come se lo fosse, sa io so quello che lei ha fatto quand’era al nord… è vero che stava arrestando un generale?” “ Appuntato lei troppe domande fa”. “Mi scusi signor capitano”. “Tenente…sono tenente! allora me lo offre questo caffè?” “Si subito mi scusi”. Uscì con una velocità superiore a quella di un fulmine.

Rondino rimasto solo si guardò intorno, sistemò gli effetti personali nella sua scrivania e andò a dare un’occhiata fuori dalla finestra che si affacciava nella piazza. Il suo sguardo si soffermò sulla fontana che stranamente zampillava acqua. Notò un’anziana signora che ricamava, seduta dietro la finestra proprio di fronte alla fontana. Quell’anziana donna le ricordò sua nonna che era venuta a mancare anni addietro. Ebbe appena il tempo di sedersi che arrivò l’appuntato, sudaticcio e con il fiatone: “Ecco il caffè”. Rondino lo sorseggia con calma, continuando a guardare, ora l’interno della stanza, ora l’appuntato Figuzzo ch’era rimasto fermo come un palo davanti a lui. “Buono! Proprio buono questo caffè si accomodi appuntato, allora… da quello che so in questa caserma siamo in tre?”. L’appuntato Figuzzo spiegò che per ora erano solo in due (tenente compreso), in quanto il carabiniere Pietro Berretto si era fratturato una gamba mentre inseguiva un ladro di latte che scappava fra le campagne. Quella cosa al tenente sembrò talmente strana che gli venne naturale domandargli: “Un ladro di latte?” Figuzzo, essendo una persona molto spontanea, rispose come fosse la cosa più usuale del mondo: “Sì un ladro di latte e per almeno quaranta giorni non lo vedremo in caserma”. Il Tenente rimase ancora più perplesso: “Un ladro di latte… senta appuntato ma questo paese quanti abitanti fa?”.

Figuzzo spiegò che a Prosatti risiedono circa seimila abitanti, nel periodo estivo però il numero quasi raddoppia. Prosatti è un piccolo centro agricolo della Sicilia occidentale, che ha visto emigrare in ato molti dei suoi abitanti in cerca di fortuna. Ogni anno quasi tutti ritornano per trascorrere le vacanze e per riabbracciare i loro parenti e amici. Molti di questi sedicenti vacanzieri, possono permettersi di trascorrere anche più di un mese di ferie non perché siano diventati particolarmente ricchi, ma solo perché vengono ospitati dai parenti e dagli amici, i quali, oltre al vitto e all’alloggio, garantiscono loro le migliore pietanze e il più assoluto relax. La generosità dei Siciliani nei riguardi di qualsiasi ospite, non ha eguali in nessuna altra parte del mondo. Questa gente è sempre stata affetta da complessi di inferiorità rispetto a chiunque abbia un accento diverso dal loro e infatti, quando si presenta un ospite (da fuori) gli mettono a disposizione il meglio che hanno, inconsapevoli del fatto che molti conoscendo queste loro preclare virtù, ne approfittano contraccambiandoli con mortificazioni che sicuramente questo popolo non merita. A circa tre chilometri vi è una spiaggia meravigliosa con un’acqua cosi limpida che verrebbe voglia di berla. La località si chiama Prissone, ed è lì che i bagnanti si recano in estate. Il tenente apprese quelle notizie, cercò fin da subito di conoscere ancora meglio e più approfonditamente il luogo dove era stato chiamato a svolgere il suo lavoro e continuò: “ Ci sono malavitosi secondo lei appuntato in questo paese?” “ No... no, signor comandante questo è un paese tranquillo, io sono dieci anni che presto servizio in questa stazione e non è mai successo nulla di eclatante, tranne le solite minchiate”. Rondino la parola minchia non la sopporta proprio, non si sa il motivo, fatto sta che non vorrebbe mai sentirsela pronunciare anche se, essendo siciliano pure lui,

qualche volta gli scappa, ma nonostante ciò apostrofò lo stesso l’appuntato: “Appuntato, sempre in bocca ce l’ha questa parola?” Ancora una volta la spontaneità di Figuzzo fu disarmante: “Signor comandante, sa come si dice qua? meglio in bocca che in altri posti”. Rondino continuò la conversare con l’appuntato, il suo intendo era sempre quello di acquisire quante più notizie possibili, a un certo punto gli venne in mente di chiedergli: “Come mai in questo paese non succede mai nulla appuntato? né una denuncia, né un omicidio, la cosa mi sembra alquanto strana”. Figuzzo sempre con la naturalezza di un bambino rispose: “No signor comandante, le denunce ci sono ma si tratta sempre delle solite min…” Il tenente lo interruppe prontamente senza dargli la possibilità di completare la parola: “Appuntato ma il suo è proprio un vizio”. Figuzzo si scusò e continuò: “Le denunce ci sono… ma sono sempre per furti di animali, come pecore, vacche, galline, fissarie e a dire il vero qualche omicidio c’è stato, ma sempre fuori dal nostro territorio, a volte a stare qui prende una noia mortale”. “ Ho capito, d'altronde un po’ di riposo ci vuole”. “ Riposo?... Qua signor comandante si muore di noia, per questo mi chiedo: come mai hanno mandato lei che è un capitano a comandare questa piccola caserma, qua al massimo, un maresciallo ci dovevano mandare”. In effetti al tenente avevano assegnato quella caserma proprio perché non succede mai nulla, è come una sorta di punizione che i suoi superiori gli avevano inflitto per il troppo bordello che aveva fatto quand’era al nord.

Avendo l’appuntato colto nel segno, il tenente accennò un sorriso prima di continuare: “Appuntato, questi ladri di animali sono stati acciuffati qualche volta?” “No quando mai, come si fa ad acciuffare chi ruba un maiale, dieci galline o due pecore?” “Ah… perché grossi furti di animali non c’è ne sono mai stati?” “L’unico nel paese che possiede centinaia di pecore e vacche è Alfonso Borruso, detto u Rossu perché ha una pancia così”. L’appuntato per rendergli più efficace l’idea gli mimò con le mani la grandezza della pancia. “E…questo Rossu non ha mai subito dei furti?” “Da alcune voci pare di si, però non mi risulta che abbia mai fatto denunce… E poi è il più ricco del paese ed è rispettato da tutti”. “Che è mafioso?” “Boh…” “Come boh?” “Incensurato è comandante”. “Ho capito!”. La conversazione andò avanti per un bel po’ tanto che tra i due si instaurò un rapporto di reciproca simpatia. L’appuntato era rimasto entusiasta dell’arrivo del tenente, si sentì orgoglioso, mai avrebbe pensato che potesse essere assegnata li una persona cosi importante, ne tanto meno che potesse dialogare cosi tranquillamente con un tenente come fosse un suo pari. Anche Rondino rimase colpito dall’ingenuità e dalla simpatia dell’appuntato, pensò che era molto difficile per l’epoca in cui viviamo trovare una persona così

genuina, ebbe immediatamente la percezione che di Figuzzo si poteva fidare: “ Appuntato lo abbiamo un confidente in questa caserma?” “ Sì signor comandante… E’ Aspano Murrinu detto Cozzu Pulitu” “E perché Cozzu Pulito?” “Perché si va a pulire il cozzu dal barbiere quasi tutti i giorni”. “E di che vive questo Aspano? che attività svolge?”. “Il confidente signor Tenente!”. Rondino ogni tanto si bloccava, come in questo caso, ma non per la complessità dei ragionamenti che erano alquanto elementari, bensì per le espressioni facciali di Figuzzo e per la normalità con cui faceva alcune affermazioni. Il tenente si poneva degli interrogativi, non si spiegava come mai in un paese dove non succede mai nulla, ci potesse essere uno che campava facendo solo il confidente e che si potesse accettare il fatto come se fosse una cosa assolutamente normale. Fu talmente preso da una sorta di curiosità irritante che non esitò un istante a chiedere: “ Ci posso parlare con questo Aspano?” “Sì…certo”. “Vallo a chiamare”. “Adesso…subito?” “E quando domani?” La celerità del tenente nel voler incontrare Aspano, ebbe un effetto destabilizzante sull’appuntato, in quella caserma erano abituati a fare le cose con molta calma, per questo ebbe un attimo di tentennamento prima di eseguire il comando:

“Comandi, vado giù al bar e lo faccio salire di sicuro e lì”. Finì di pronunciare quelle parole ed uscì. Il tenente rimasto ancora da solo pensò alle parole dette da Figuzzo, si soffermò sullo strano soprannome del confidente, lo trovò tanto buffo che rise da solo.

II. Rondino conosce Cozzu Pulito

Rondino era appena uscito dal bagno attiguo al suo ufficio che arrivò l’appuntato in compagnia di Cozzu Pulito. Cozzu Pulito è un signore sulla sessantina, sta sempre in giacca e cravatta e si atteggia come uno che sa tutto quello che accade nel mondo, il suo linguaggio sia gestuale che verbale lo rende spavaldo e anche di fronte al tenente si comportò cosi: “Baciamo le mani signor maresciallo”. A quelle parole Figuzzo ebbe un sussulto, Cozzu Pulito con una sola frase aveva declassato il suo comandante da ufficiale a sottufficiale, questa cosa non la poteva permettere, lo riprese con tono deciso: “ Quale maresciallo, capitano è!” Rondino cercò di uscire immediatamente dall’equivoco dicendo: “Tenente, sono tenente!… sedetevi, allora signor Murrino, è da molti anni che lei collabora con noi Carabinieri?” “ Signor maresciallo io ho più servizio di lei, sono vent’anni”. Figuzzo lo guardò storto, dovette intervenire, fu più forte di lui: “Capitano!”. Il tenente capì che non era cosa, guardò dritto negli occhi l’appuntato e continuò: “ Lasciamo perdere i gradi per favore… quindi sono venti anni che lei collabora con noi carabinieri… senta mi può dare delle informazioni in merito alla famiglia Borruso?” “Ah… vuole sapere notizie du Rossu?”

“Esatto” “Ehh… esattamente che cosa vuole sapere?” “ Mah… ad esempio com’è composta la sua famiglia?”. “Alfonso Borruso è sposato con una Santa”. “In che senso sposato con una Santa, non ho capito?”. “No Santa quella dei calendari… Santa, di nome la signora si chiama Santa!”. “Ho capito vada avanti”. “Allora, come le dicevo Alfonso Borruso è sposato con questa Santa, detta a Strippa, i due hanno una figlia che è la più bella del paese, ha circa vent’anni e si chiama Lucia; a casa loro vive pure il ragioniere, il suo nome è Arcangelo Gabriele, sta con loro da quando è nata Lucia e Don Alfonso, lo considera come un figlio dandogli la massima fiducia su tutto quello che sono gli affari della famiglia Borruso”. “Ha molti possedimenti questo Don Alfonso?” “Molti?... Possiede più di cento ettari di terre coltivate a vigneto, in più ha circa cento vacche da latte e più di mille pecore, è il più ricco del paese”. “Ha altri parenti tipo fratelli, sorelle?” “ No! lui è figlio unico la moglie invece ha una sorella”. “Sorella più piccola?” “Sì più piccola e siccome è sorella non ha figli”. “Perché anche lei è strippa!” “No perché è suora signor comandante”. “Ah… ho capito, senta lei mi ha detto che hanno una figlia nonostante la moglie sia soprannominata Strippa, mi può spiegare come mai le hanno messo questo soprannome se invece ha una figlia?”

“La signora Santa figli all’inizio che era sposata non ne poteva avere, ecco perché l’hanno soprannominata Strippa”. “ E come mai poi ha avuto una figlia?” “Ha fatto una lunga cura all’estero e quando è tornata, è rimasta incinta di Lucia”. “E del ragioniere che mi sa dire?” “Del ragioniere non si sa niente, un giorno è spuntato dal nulla a casa di Don Alfonso e da allora è rimasto sempre lì, quello che le posso dire è che gode della massima fiducia, che ha circa quarant’anni e ne dimostra venti e che è soprannominato cilecca”. “Cilecca?... Come mai cilecca?” “Perché si dice che tutte le volte che è andato a bottane ha fatto cilecca”. “Ho capito, lei sa niente dei furti che sono stati fatti al signor Borruso?” “E lei signor comandante appena arrivato come sa che gli sono stati fatti dei furti?” “Ah… Cozzu Pulito, qui le domande le faccio io!”. Ad Aspano venne istintivo toccarsi il cozzo, restò spiacevolmente sorpreso del fatto che il tenente appena arrivato conoscesse già la sua ngiuria e superato quel momento di imbarazzo continuò: “Ho capito, sì so che gli sono stati fatti dei furti, ma nel giro di una giornata, sia le vacche che le pecore sono ritornate al loro posto”. “Perché glieli hanno rubato spesso le pecore e le vacche?” “Sì, capita almeno due tre volte all’anno, ma puntualmente nel giro di ventiquattro ore ritornano tutte al loro posto, sa tenente qua è rispettato da tutti, per la gente è un punto di riferimento, sicuramente qualche povirazzu glieli ruba non sapendo che sono Du Rossu, ma appena vengono a sapere a chi appartengono glieli riportano immediatamente”.

“Ha qualche mandriano che si occupa degli animali?” “Veramente ha molti operai alle sue dipendenze, ma quello che dirige sia pastori che contadini nelle campagne è Fano Scupiddru detto Acquazzina”. “ E questo Acquazzina è uno che conta?” “Ma che dice maresciallo, mi scusi capitano”. Ancora una volta intervenne Figuzzo, stavolta a differenza delle altre volte azzeccò esattamente il grado del comandante. “Tenente!” “Ah… mi scusi tenente, manco le pecore sa contare”. “Io intendo in un altro senso signor Murrino”. “Ho capito, no è un bravo picciotto ”. “Bene signor Murrino, può andare”. A quelle parole il Signor Murrino rimase come interdetto, cambiò colore in viso, per lui essere liquidato in quel modo era come un affronto alla sua persona e da persona docile che era diventò quasi prepotente, persino il timbro della sua voce cambiò quando disse: “E i soldi?” “Quali soldi?” “Delle informazioni che gli ho dato”. Rondino rimase a bocca aperta, non riusciva a capire il perché lo dovesse pagare, gli venne una gran voglia di prenderlo a calci in culo quasi irrefrenabile, dovette prendere un po’ di fiato prima di rispondergli: “ Questo incontro è stato solo un modo per presentarci, non vi è alcuna indagine in corso, quindi, non ho modo di giustificare alcun compenso all’amministrazione, perciò caro signor Murrino nulla gli è dovuto”

Murrino si alzò di scatto dalla sedia, si girò verso l’appuntato come a chiedergli spiegazioni e non ricevendone fece due i intorno alla stanza per sbollentare l’incazzatura prima di replicare al tenente: “Ma come? io gli ho dato delle informazioni in merito alla famiglia Borruso e lei non mi paga? il maresciallo che c’era prima, ogni volta che venivo mi dava cento euro”. “Ah… veniva spesso a dare informazioni di questo tipo?” “Sì, pure tre volte al giorno”. Il tenente era cosi irritato che non si sa quale Santo lo trattenne, ancora una volta dovette ricorrere a tutta la sua pazienza per mantenere un minimo di calma e alzatosi anche lui dalla sedia, gli si avvicinò, lo guardò dritto negli occhi e lo riprese animatamente: “Senta adesso vada e si ricordi, che d’ora in poi lei sarà pagato esclusivamente quando mi darà delle informazioni su fatti che nessuno conosce, è chiaro? Prego può andare”. Murrino quella cosa non riuscì proprio a digerirla e infatti mentre stava per uscire gli scappò di dire: “Minchia che firriusu!” Rondino capì che Cozzu Pulito gli indirizzò una frase ingiuriosa, ma non avendone la certezza si limitò a chiedergli: “Scusi, cosa ha detto?” “No… nenti,firriu i scali e vado”. Quella situazione aveva messo il tenente in uno stato di agitazione, non gli riusciva proprio di capire quel tipo di atteggiamento e non potendo fare altro, non gli restò che chiedere spiegazioni all’appuntato: “Appuntato com’è sta storia che veniva tre volte al giorno e il maresciallo ogni volta gli dava cento euro?”

L’appuntato consapevole dello stato di nervosismo del tenente, abbassò leggermente lo sguardo, pensò che se avesse detto qualche sparata sicuramente si sarebbe sfogato con lui, per prendere un po’ di tempo, nella speranza che il tenente sbollentasse un po’ di nervosismo, si tolse il copricapo, si grattò la testa, si rimise il berretto e rispose: “Lei signor tenente deve sapere che il maresciallo era soprannominato u Riccu, per cui si poteva permettere questo ed altro”. “Allora mi stai dicendo che il maresciallo dava a questo Cozzu Pulito più dello stipendio che percepiva!” “Sì signor tenente, addirittura io pensavo di cambiare mestiere, quasi, quasi volevo diventare confidente anch’io; Tenente, che dice andiamo al bar a prenderci qualcosa? C’è Tanino Pilo che vorrebbe conoscerla”. Il Tenente chiese chi fosse questo Tanino Pilo. L’appuntato spiegò che questo signore è il proprietario del bar di fronte la caserma, che è un tipo simpatico e che conosce i soprannomi di tutti gli abitanti del paese. Rondino fu molto incuriosito del fatto che ci fosse qualcuno che conoscesse i soprannomi di tutti, lo incuriosì tanto che gli servì a sbollentare un po’ di nervosismo, gli tornò pure il sorriso, anche l’appuntato accennò ad un sorriso che si interruppe quando Rondino gli chiese qual’era il suo soprannome: “A me?”. “A te, a te!” “Lo debbo dire per forza?” “Perché ti vergogni?” “No, perché mi dovrei vergognare”. “E allora come ti chiamano?” “Lo debbo dire per forza?”

“ Appuntato non sei costretto, ma invece di saperlo da altri è meglio che me lo dica tu, no?” “E va bene, u Siccu!” “Come?” Rondino aveva capito perfettamente, rimase sorpreso però di quel soprannome, perché Figuzzo non era affatto magro, alto si, ma non certo magro. Il fatto era che dieci anni fa quando Figuzzo arrivò a Prosatti ancora giovanissimo, era talmente magro, che non gli potevano dare una ngiura diversa,daallora U Siccu gli rimase per sempre e infatti: “U Siccu, per colpa della mia ex magrezza”. “Pensi che pure a me hanno messo un soprannome?” “Penso proprio di sì!”. Dopo essersi fatta una risata, decisero di non scendere loro al bar, ma di farsi portare due caffè da questo Tanino Pilo. L’appuntato prese il telefono e chiamò al bar. “Sono curioso di sapere come mi hanno soprannominato, anche se…”. “Tenente la sa una cosa? lei è molto furbo e intelligente”. Figuzzo ebbe appena il tempo di finire la frase che si sentì bussare energicamente la porta. Era il titolare del bar!

III. I caffè del signor Pilo

“Permesso, buongiorno è veramente un piacere conoscerla comandante, io sono Tanino Pilo il titolare del bar qui di fronte, sono sempre a disposizione per lei comandante, sa, io già a lei la conoscevo ancora prima di venire qui tramite i giornali, dove dicevano che lei svolgeva indagini di alto rischio, sparatorie, ammazzatine, complimenti, sono davvero contento che lei sia venuto qua generale”. Rondino lo salutò, capì che si trattava di un signore molto alla buona anche se un po’ esuberante, tanto che non poté fare a meno di apostrofarlo: “Ma lo sa che lei parla troppo signor Pilo?”. “Che ci vuole fare, io sono fatto così signor generale, se non sono molto indiscreto mi fa vedere la sua pistola, mi hanno detto che lei ha una pistola così”. Allargò le braccia non rendendosi conto che ancora aveva il vassoio fra le mani e infatti cadde tutto per terra. La cosa lo imbarazzò molto: “Mi scusi generale ho fatto una minchiata, gliene vado a preparare subito altri due”. “Non c’è bisogno, lasci stare”. “No… che sta scherzando, scendo e risalgo, un minuto ci metto!”. “Ho detto di no… invece mi dica una cosa, qual’ è il soprannome che mi hanno messo?”. “A lei?” “A me!”

“Glielo debbo dire per forza?” “E certo che me lo deve dire” .”Ma proprio per forza per forza?” “Senta signor Pilo me lo dica e basta!”. “E va bene… lo hanno ngiuriato u Firriusu”. “Ed è stato Cozzu Pulito vero?” “E a lei chi glielo ha detto generale?” “Senta signor Pilo, tenga i soldi del caffè”. “No quali soldi e poi nemmeno ha avuto il piacere di berlo il mio caffè, che sta scherzando? anzi appena scende i dal bar che gli offro un bellissimo caffè”. “Grazie, ora può andare”. “Grazie a lei e mi scusi ancora generale. Cosi, cosi, maronna mia, sparatorie, ammazzatine, scupittati, chissu omu!”. Mentre continuava ancora a brontolare Figuzzo lo accompagnò all’uscita e, rivolgendosi al tenente chiese se dovesse fare qualcosa. Terminò appena la frase che si aprì la porta ed entrarono due anziani.

IV. Iachino Zummo e Sariddra Trombina

“Permesso si può?” Figuzzo puntuale come un orologio svizzero disse seccato: “Ormai siete entrati! li faccio accomodare comandante?” “Certo, prego accomodatevi.” Il signor Zummo era un signore anziano, aveva un paio di baffetti molto sottili e i capelli di un colore bianco giallastro, nonostante fosse alto, avendo la schiena ricurva e camminando appoggiandosi ad un bastone, sembrava di bassa statura, sulle spalle portava uno scialle e in testa una coppola di un colore indefinito, nella mano con cui teneva il bastone aveva pure un grosso fazzoletto bianco dove ogni tanto sputava. La signora Trombina invece era una signora bassa e molto esile, in testa portava un fazzoletto colorato e sulle spalle un pizzo. Si sedettero e il signor Zummo dopo aver sputato un paio di volte nel fazzoletto iniziò a parlare con il tenente: “Signor maresciallo permette… Iachino Zummo e lei è mia moglie, Sariddra Trombina”. Figuzzo ancora una volta fu costretto a vedersi declassato il suo comandate. La cosa lo faceva imbestialire ma stavolta non si sentì d’intervenire, quelle persone erano anziane, per cui gli si doveva rispetto! Fatte le dovute presentazioni e avendoli fatti accomodare Rondino chiese: “A cosa posso esservi utile?” “Forse maresciallo è meglio che parli la mia signora, io mi confondo

maresciallo”. I Prosattesi avendo avuto sempre un maresciallo al comando di quella piccola caserma, gli veniva difficile identificare il comandante con un grado diverso, ormai nell’immaginario collettivo il comandante di quella caserma poteva essere solo un maresciallo! Figuzzo era nero in volto, questa cosa lo faceva davvero stare male, dovette fare uno sforzo immane per riuscire a starsene in silenzio. Questa volta ci pensò lo stesso Rondino a precisare il suo grado: “Tenente signor Zummo… sono tenente!”. “Mi scusi maresciallo io non ci capisco coi gradi”. A quelle parole sia Figuzzo che Rondino si resero conto che non era il caso continuare a riprendere il signor Zummo, tanto avrebbe continuato a chiamarlo maresciallo! “E allora signora mi dica… vi hanno scippato?” La signora iniziò un pianto irrefrenabile, come se non dovesse più smettere. Il tenente intervenne in maniera molto garbata cercando di far mettere a proprio agio l’anziana signora, dicendogli: “Signora la prego non pianga…su, mi dica che vi è successo”. La signora aprì la borsa e tirò fuori una foto che appoggiò sulla scrivania del tenente. Figuzzo con uno scatto quasi fulmineo si impossessò della foto e rivolgendosi al tenente disse: “Questa la sequestro comandante?” Il Tenente gliela tolse di mano. “Ma che sequestri, mettiti a sedere nella tua scrivania…chi è questa, signora?”

“E’ una lunga storia comandante, ma io ho fiducia in lei, solo lei ci può aiutare comandante”. “Senta signora, ma se lei non mi dice di che si tratta, stiamo qui fino a domani mattina e non la potrò aiutare, perciò la prego inizi a parlare”. Il signor Zummo la riprese: “Parla Sariddra!”. “Allora comandante… fino a una quindicina di anni fa, io e mio marito, abitavamo in un paesino a circa cento chilometri da qui e precisamente a Gurgo Balato. Sa, noi siamo una famiglia molto povera e per la troppa povertà abitavamo in un vecchio casolare mezzo diroccato tirando avanti con quello che guadagnava mio marito facendo il pastore per conto di un allevatore della zona, ma eravamo felici nonostante la nostra povertà, anche perché avevamo una figlia bellissima… un giorno…”. La signora si rimise a piangere ancora più forte di prima, evidentemente ricordare quella storia la faceva stare molto male. Ancora una volta, per farla calmare dovettero intervenire sia il signor Zummo, che il tenente. Appena si calmò un po’ riprese a raccontare: “Come le dicevo un giorno nostra figlia di punto in bianco è sparita e da allora non ne sappiamo più nulla. Comandante, sono ventuno anni che piango e non mi decido a morire se prima non so che fine abbia fatto mia figlia”. “Signora, ma prima d’ora lei si è rivolta ai carabinieri?”. A questa domanda rispose il signor Zummo. “Certo maresciallo, abbiamo esposto denuncia ai Carabinieri, ma appena leggono la lettera fermano subito le indagini”. “Lettera? quale lettera signor Zummo?”. La signora Saridda con la mano sinistra, afferrò il braccio del marito come per

bloccarlo e riprese a parlare: “Una lettera che abbiamo trovato sul tavolo della cucina il giorno della sua scomparsa”. “Ce l’avete dietro questa lettera?”. La signora quella lettera la portava sempre con sé, fece cenno con la testa però di non volerla consegnare al tenente tanto che il signor Zummo si sforzò nel tentare di convincerla, ma la signora non volle sentir ragione. Il Tenente chiese perché la signora fosse così restia nel consegnarli la lettera, ancora una volta toccò al signor Zummo dare la dovuta spiegazione: “Ha paura che appena lei la legge non farà le indagini, cosi come hanno fatto i suoi colleghi”. Rondino cercò di persuadere la signora a consegnarli la lettera usando sempre dei toni garbati: “Signora mi dia la lettera, può essere invece un indizio importante per le indagini”. Finalmente la signora confortata anche dal marito si convinse. Riaprì la borsa prese la lettera e la diede in mano al tenente. Rondino aprì la lettera, era talmente stropicciata che la dovette sistemare un po’ prima di consegnarla a Figuzzo per leggerla. Figuzzo cercò di renderla più liscia possibile, in modo da facilitarne la lettura, finita tale operazione sotto lo sguardo attento del tenente che si stava per innervosire disse: “Leggo signor tenente!” “Prego appuntato” “Cara mamma, caro papà, so di darvi un grosso dispiacere appena leggete questa mia lettera, perché da questo momento non sarò più con voi e non ritornerò mai

più. Siete stati dei genitori straordinari e vi voglio un gran bene, un bene che non riesco ad esprimere con le parole, vado via perché debbo vivere la mia vita e credetemi non è per la vita modesta che conduciamo che vado via, ma soltanto per un fatto mio personale, che voi non potreste mai capire. Vi porto sempre nel mio cuore, siate felici, non cercatemi vi prego, rispettate la mia scelta anche perché da un anno ormai sono maggiorenne e perciò capace di decidere della mia vita. Mi piange il cuore lasciarvi, ma l’ho dovuto fare. Perdonatemi vostra figlia Gabriella”. Figuzzo riuscì a malapena a finire di leggere la lettera che le lacrime gli incominciarono ad uscire a fiotti, si mise a piangere come un bambino che viene privato del suo gioco preferito . Il tenente alla vista di quella scena rimase interdetto, lo guardò in faccia e gli chiese: “Appuntato state piangendo?” “ “A me certe cose mi commuovono tenente!”. Il Tenente non potendo fare altro scosse la testa e continuò a porre domande alla signora: “Dalla scomparsa di sua figlia quanti anni sono trascorsi?” Dovette ancora rispondere il signor Zummo, la signora era impegnata a piangere in compagnia di Figuzzo, disse che erano ati ventun’anni. “E sono ventun’anni che non avete nessuna notizia?” La signora tra singhiozzi e pianti riprese a parlare: “Niente di niente comandante”. “Sentite come mai avete deciso di cambiare paese e siete venuti ad abitare qui a

Prosatti?” “In seguito a questa storia, mio marito si ammalò e non potendo più lavorare, vivevamo con qualcosa che ci davano i vicini di casa. Poi un giorno è arrivata una busta con all’interno l’atto di proprietà di una casa qui a Prosatti ed un assegno di cinquecento euro”. “Come l’atto di proprietà?” “Sì, un atto dove attestava di essere proprietari di una casa qui a Prosatti, in seguito a questo abbiamo deciso di trasferirci qui”. “Ho capito, tu hai capito Appuntato?” “A me veramente mi fa male la testa, non ho capito niente!”. “Meglio così… senta lei mi ha detto che all’interno c’era un assegno, ne sono arrivati altri dopo di assegni?” “Sì, puntualmente ogni mese per tutti questi anni ci arrivavano cinquecento euro”. “Come vi arrivavano? ora non vi arrivano più?” “No, da due mesi non riceviamo più nulla”. “E secondo lei per quale motivo?” “E che ne so comandante!” La signora ricomincia a piangere più di prima sembrava che i suoi occhi si fossero trasformati in ruscelli. Il tenente la riprese, le disse che non era possibile che tutte le volte si mettesse a piangere. La signora capendo che il tenente potesse perdere la pazienza tentò di limitare il pianto, si asciugò gli occhi si soffiò il naso e riprese a parlare: “Secondo me questi soldi me li mandava mia figlia e per non mandarmeli più, le sarà capitato sicuramente qualcosa”.

“E ora che non vi arrivano più soldi come vivete?” Ancora una volta fu il signor Zummo a spiegare che; da qualche anno percepisce una pensione sociale di circa cinquecento euro al mese e che grazie a questa tirano avanti, la signora non poté rispondere era impegnata ancora una volta a piangere. “Ho capito, tu hai capito qualcosa appuntato?” “ Io? Boh…ho sempre più mal di testa”. In effetti nemmeno Rondino aveva capito molto di quella storia, era una specie di mistero. La signora che per tutto il tempo non riusciva a non piangere per più di un minuto, con gli occhi lacrimanti e con voce suadente aggiunse: “Comandante la prego, mi aiuti a ritrovare mia figlia”. “Farò il possibile! sentite, voi firmatemi questo foglio che io formalizzerò il verbale e oggi stesso daremo inizio alle indagini”. I signori Zummo firmarono i fogli e ringraziarono il tenente, ancora una volta lo supplicarono di interessarsi al loro caso. Il tenente li rassicurò che avrebbero fatto tutto ciò che era nelle loro possibilità, impegnandosi in tutti i modi nel risolvere il mistero, poi li invitò ad andare. Mentre stavano per uscire, la signora rivolgendosi al tenente disse: “ Comandante mi scusi, la lettera e la foto?” Rondino rispose che li avrebbero trattenute loro perché servivano per le indagini, ma comunque potevano stare tranquilli, appena finite glieli avrebbero restituiti . Usciti i signori Zummo, il tenente ordinò all’appuntato di redigere il verbale. Fu una tragedia per l’appuntato, non sapeva nemmeno come si sistemava il foglio nella macchina da scrivere. Il tenente lo guardava esterrefatto, non sapeva nemmeno come comportarsi,

consapevole del fatto che se lo avesse rimproverato si sarebbe ancor più imbarazzato; capì che poteva fare solo due cose per smaltire il nervoso, o mettersi a gridare come un pazzo, oppure prendere quella maledetta macchina da scrivere e buttarla per terra! In quanto al computer, in quella caserma ne era sconosciuto persino il nome! Dopo aver preso fiato e smaltito un po’ di nervosismo, aiutò Figuzzo a sistemare il foglio, ma non ci fu verso. Figuzzo era talmente agitato per la brutta figura nei confronti del tenente, che continuava a sudare e tremare come una pampina ricoperta di acquazzina . Il tenente capendo il livello di agitazione raggiunto dall’appuntato, lo fece spostare e sistemò il foglio. Finita l’operazione si allontanò, Figuzzo, che nel frattempo si era asciugato il sudore, si scricchiolò le dita e si sedette davanti la macchina da scrivere pronto per verbalizzare. Il tenente si mise a guardare in disparte l’appuntato, il quale era con la mano destra alzata e l’indice puntato verso la tastiera pronto a colpire il tasto giusto nel momento in cui riusciva a individuarlo, erano ati circa cinque minuti e aveva colpito una sola volta. Il tenente guardando quella scena fu assalito da una vampata, tanto che se gli si appoggiava una sigaretta si sarebbe accesa, ma non poté fare altro che riprenderlo: “Appuntato così scrivi a macchina? con un dito?” Ancora una volta la risposta di Figuzzo fu disarmante: “Io non ho mai scritto a macchina comandante”. A quelle parole al tenente caddero le braccia, non gli restò altro da fare che dirgli: “Lascia perdere appuntato, lo farò io dopo con calma, ora rintracciami Cozzu Pulito”.

Per Figuzzo fu come una liberazione; si asciugò la fronte, si mise sull’attenti e disse: “Che ci vuole scendo al bar e lo faccio salire, di sicuro è lì!”. Uscendo, provò a salutare il tenente con il saluto militare, operazione che gli comportò di portare con una certa velocità la mano destra all’altezza del sopracciglio, le punte delle dita gli sbatterono nella visiera del berretto e ne provocarono la caduta, Rondino non si poté trattenere, dovette ridere per forza! L’appuntato raccolse il berretto al volo e uscì come un fulmine! Rondino ci mise un po’ per riprendersi da quella scena e non appena smise di ridere, rifletté sul fatto che a Prosatti ci si annoiava. La sua mente iniziò a porsi degli interrogativi: “Meno male che ci si annoiava in questo paese! c’è un signore che gli rubano il bestiame e poi glielo riportano senza saperne il motivo e questo più volte all’anno; Due vecchietti che gli scompare la figlia e che si ritrovano proprietari di una casa e di un assegno mensile di cinquecento euro! E soprattutto, c’è un maresciallo che paga un confidente senza un apparente valido motivo; Ma che è il paese dei misteri questo?”

V. Cozzu Pulito ritorna dal tenente

“Comandante i miei ossequi”. Il tenente non esitò un attimo a iniziare a porgli domande, la sua voce era forte e decisa: “Si accomodi, mi dica una cosa, lei conosce la famiglia Zummo?” Cozzu Pulito intuì dal tono della voce che il tenente era siddriato, decise quindi di assumere un comportamento più remissivo: “Così di vista, non ho tanta confidenza, anche perché non escono mai di casa tranne la domenica per andare a messa, so solo che sono qui da una quindicina di anni e che sono mezzi rimbambiti, dicono a tutti che gli è scomparsa la figlia”. “Lei quindi sapeva che gli era scomparsa la figlia?” “Il comandante che c’era prima me lo aveva detto! mi disse pure che sono mezzi rincoglioniti; il maresciallo, mi informò anche, che venivano almeno una volta al mese ad esporre denuncia! secondo me, non gli è scomparsa nessuna figlia è la loro pazzia che fa pensare questo, anche il maresciallo ne era convinto”. “E questa foto se la sono inventata?” Il tenente posò sulla scrivania la foto della figlia dei signori Zummo; Cozzu Pulito la guardò distrattamente, convinto di aver riconosciuto la persona ritratta in quella foto, infatti: “Ma questa è la figlia di Alfonso Borruso, du Rossu”. Rondino rimase frastornato dalla risposta ricevuta, fu come se gli avessero dato un colpo in testa, esitò un poco prima di continuare: “Ma come? Mi state dicendo che la persona ritratta in questa foto e la figlia del

signor Borruso?” “Certo tenente!” “Ma ne siete sicuro?” Aspano avendo notato che il tenente rimase sorpreso dalla sua affermazione, prese la foto tra le mani e la guardò con più attenzione, alzò lo sguardo in direzione del tenente e con stupore disse: “Minchia ci somiglia come una goccia d’acqua”. Rondino si sentì sollevato da quest’ultima risposta data da Aspano; chiese conferma all'appuntato, se corrispondeva al vero il fatto che i due vecchietti venivano regolarmente ogni mese ad esporre denuncia. Figuzzo rispose che lui in effetti ricordava di averli visti spesso venire in caserma, ma di non saperne assolutamente il motivo, parlavano sempre e soltanto con il comandante, immaginava che si trattasse dei soliti furti di galline. Il tenente avendo ricevuto conferma dall’appuntato rispetto alle cose fin qui dichiarate da Aspano continuò: “Signor Murrino che mi sa dire della figlia del signor Borruso?”. “Le posso dire che è diplomata ragioniera!”. “ Nient’altro?” “Sì, che ci sono un sacco di giovanotti che le fanno la corte, ma che lei non ne vuol sapere; Pare che sia innamorata del ragioniere che sta a casa loro, ma il ragioniere, forse a causa della differenza di età, pare che di lei non né vuole sapere!”. “E il signor Borruso lo sa che la figlia è innamorata del suo ragioniere?” “Certo che lo sa! ma è sicuro che tra loro non accadrà mai nulla, infatti, manco cerca di distoglierla da questa idea, è assolutamente certo che il ragioniere non cederà mai”.

“Ho capito può andare signor Murrino”. “Allora… vado?” Cozzu Pulito almeno stavolta si sarebbe aspettato che il tenente gli desse un minimo di ricompensa, ma così non fu, anzi, appena finì di pronunciare la parola vado, il tenente aggiunse: “Vada,vada… Appuntato l’accompagni alla porta che dobbiamo andare”. Figuzzo eseguì, aprì la porta e lo fece uscire, richiuse e rivolgendosi al tenente disse: “Dove andiamo comandante?” “A casa du Rossu”. “A fare cosa comandante?” “A fargli una visita”. “E per quale motivo comandante?” “Figuzzo, io che sono?” “Tenente!”. “ E tu?” “Appuntato!”. “Appunto, andiamo”. Uscirono dalla caserma, presero la gazzella e si incamminarono per le vie della città, il tenente non conosceva affatto Prosatti, pur essendo siciliano non gli era mai capitato di recarsi in quella parte della Sicilia. Fecero un giro panoramico della città, prima di prendere la nazionale e dirigersi verso l’abitazione del signor Borruso. Percorsi un paio di chilometri fuori dal centro abitato, girarono in una traversa a

sinistra e si introdussero in un viale alberato di pini secolari. Erano disposti in ambo i lati e per ogni fila la distanza tra l’uno e l’altro era esattamente uguale, gli alberi erano cosi alti e rigogliosi che i rami della parte aerea delle file di destra si intersecavano con quelli di sinistra formando un tunnel, in fondo al quale, si intravedeva una parte di palazzina ottocentesca con tetti spioventi in tegole di terracotta, il cortile invece era coperto con lastre di pietra, distanziate di qualche centimetro l’una dall’altra, spazio nel quale cresceva dell’erba, tutt’intorno al cortile erano piantati degli alberi da frutta: limoni, aranci, mandarini e altri ancora. L’ingresso era coperto da una veranda che girava tutt’intorno alla casa, anch’essa coperta con tegole; adagiati per terra al limite della veranda vi erano delle grosse giare dentro le quali crescevano gerani di diverso colore, quella era la casa du Rossu!

VI. Don Alfonso e il ragioniere Gabriele

Don Alfonso Borruso stava discutendo animosamente col il ragioniere, in merito a una serie di problemi che riguardavano gli animali e in particolare su uno, il più gravoso! “Gabriele, ma com’è possibile che ci sono sempre più camurrie con questi animali?”. “Domani purtroppo verranno gli ufficiali sanitari, dobbiamo sopprimere per forza quelle cento pecore”. “Che significa sopprimere, non capisciu”. Gabriele, armato di infinita pazienza, spiegò che, essendo risultati positivi al test contro la brucellosi, dovevano per forza essere ammazzati così come disposto dall’A.S.L. Il latte prodotto da questi animali ma anche i derivati erano assolutamente pericolosi per la salute dell’uomo. Si tratta di una malattia tipica delle pecore che mette in serie difficoltà le aziende che vengono coinvolte, lo stato per sopperire alla perdita economica di queste aziende riconosce un contributo economico per ogni animale abbattuto. Don Alfonso incazzato come non mai gli rammentò, che ancora gli dovevano pagare quelli soppressi due anni addietro e che quindi avrebbe dovuto fare ricorso. Il ragioniere lo guardò perplesso: “Ricorso? a che cosa?” “Almeno ci pagano prima quelli e poi ammazzano gli altri”. Ancora una volta il ragioniere dovette ricorrere a tutta la sua flemma e con voce

suadente spiegò: “Sono malati Don Alfonso, li dobbiamo sopprimere per forza, possono arrecarci danni ancora più rilevanti”. Don Alfonso non si dava pace, non sopportava che qualcuno potesse ammazzare i suoi animali; ma la cosa che più lo faceva imbestialire era dato dal fatto di non aver ricevuto ancora i pagamenti precedenti, per distogliersi da quel pensiero cambiò discorso, si mise a parlare dell’andazzo generale dell’azienda. Fu quando affrontò l’argomento relativo ai contributi da versare agli operai che si ricordò che doveva venirlo a trovare un suo operaio, guardò l’orologio e chiese al ragioniere; “Acquazzina è arrivato?” “Non credo Don Alfonso io non l’ho visto!”. “Questo picciotto è sempre in ritardo.” Finì di pronunciare la frase e si sentì bussare alla porta. Era la signora Santa, che entrò e informò il marito dell’arrivo di Fano, l’operaio che Don Alfonso aspettava. Don Alfonso e la signora Santa lasciarono la stanza del ragioniere per andare a ricevere Fano, un attimo prima di uscire, Don Alfonso, non dandosi pace della mancata erogazione del contributo, suggerì al ragioniere di sollecitare qualcuno. Il ragioniere rimasto solo immerso nelle sue carte, udì bussare alla porta e si alzò ad aprire. era Lucia la figlia di Don Alfonso.

VII. Lucia si scontra con il ragioniere

Lucia diceva di essere perdutamente innamorata del ragioniere, o magari era solo esasperata per l’ostinato rifiuto di quest’ultimo nei suoi riguardi, lo viveva come un’ossessione e tutte le volte che se ne presentava l’occasione non faceva altro che ricordarglielo. Il ragioniere però, ne era sempre più infastidito e cercava in tutti i modi di dissuaderla. Il motivo di questo suo deciso rifiuto non era dato conoscere, le uniche due spiegazione possibili potevano essere, o la troppa differenza di età, oppure perché pensava di fare uno sgarbo a Don Alfonso! Fatto sta che ad una sempre più pressante corte fattagli da lei, corrispondeva un più progressivo allontanamento da parte di lui, facendo spesse volte scatenare l’ira di Lucia e questa era una di quelle occasione: “Gabriele io non ce la faccio più, ma è possibile che non mi degni neanche di uno sguardo?” Al ragioniere la cosa imbarazzava molto, ancora una volta fu costretto a comportarsi con durezza e infatti con voce ferma disse: “Quante volte te lo debbo dire che tra di noi non può esserci nulla, lo capisci che potrei essere tuo padre?”. “ Ma quale padre, io ti amo, ti amo Gabriele”. “Senti Lucia per favore vattene, io ho vent’anni più di te, per favore Lucia vattene”. “E che significa che hai venti anni più di me, io ti voglio bene ti sogno tutti le notti, ho voglia di abbracciarti, di stringerti, di baciarti…”. “Senti ora vattene se no chiamo tuo padre”.

“Sei solo un vigliacco, perché sono sicura che anche tu mi vuoi bene, ma hai troppa paura di mio padre ecco qual'è la verità”. “Senti, io non sono affatto un vigliacco e tuo padre non c’entra nulla! devi convincerti che io ti voglio bene come una figlia, ma non sono assolutamente innamorato di te! sono stato chiaro?” “Ma perché? Solo perché sono molto più giovane di te?” “Semplicemente perché io non ti amo, il mio bene nei tuoi confronti è uguale a quello che ha tuo padre per te e adesso basta! Credo che abbiamo già discusso abbastanza, ricordati che sei una bambina, ora vattene!” Lucia venne presa da un attacco d’ira che sfociò in un pianto irrefrenabile, le lanciò un’occhiata minacciosa e uscì sbattendo la porta.

VIII. Il ragioniere, Don Alfonso e Acquazzina

Acquazzina è un quarantino senza alcuna istruzione ma di una simpatia contagiosa. I suoi genitori sono morti in un incidente sul lavoro quando era ancora in fasce. Crebbe tra pecore e capre, allevato da un anziano pastore, zio suo, che non gli fece frequentare nemmeno la prima elementare, non sapeva ne leggere ne scrivere, riusciva appena a mettere la firma. Va vestito sia in inverno che in estate con una camicia di flanella a quadretti con sopra un gilet di velluto a righe marrone, anche i pantaloni li porta sempre di velluto a righe marrone, calza sempre un paio di stivali di gomma, il capo lo tiene sempre coperto da una coppola di colore scuro e al collo ha sempre legato un fazzoletto verde molto ampio. Con il ragioniere si vedono tutti i giorni e hanno un buon rapporto: “Ragioniere buongiorno, mi scusi per le condizioni in cui mi trovo, ma stamattina c’era Acquazzina e mi sono bagnato”. “ Non ti preoccupare Fano siediti ”. Tutti e tre si sedettero e Don Alfonso preoccupato di una situazione incresciosa che ogni tanto gli si presenta, non perse tempo a chiedere: “Allora Fano, ne sono arrivate più lettere?” “No Don Alfonso, ormai sono quasi sei mesi che non arriva più nulla”. “Ti raccomando tieni sempre gli occhi aperti, perché non è possibile che facciano sparire mille pecore e tu non te ne accorga”. “ Don Alfonso il colpo lo fanno appena io mi allontano, fino a quando ci sono io non si permette nessuno di toccare né una pecora né una vacca, perché ci spezzo

le ossa se me ne accorgo”. Il ragioniere che ascoltava con attenzione intervenne: “ Penso che non toccheranno più nulla Don Alfonso”. Affermò quella frase come fosse una certezza assoluta, Don Alfonso restò meravigliato, tanto che ci mise qualche secondo prima di replicare: “ Speriamo, perché se no mi vendo tutte le pecore e le vacche ”. Acquazzina saltò dalla sedia preoccupato, disse: “Che dice Don Alfonso, che me ne vado a fare io se lei vende gli animali?” “ Ah, quello che vai a fare tu io non lo so, di sicuro se questa storia dovesse continuare io mi vendo tutto perche non c’e la potrò più fare a tirare avanti” “Don Alfonso per quanto mi riguarda, resterò notte e giorno con gli animali e se mi accorgo di qualche mal intenzionato gli giuro che me lo mangio a colazione” Ancora una volta il ragioniere intervenne per rassicurali, disse: “Non vi preoccupate non le faranno sparire più le pecore ne sono certo!” “Don Alfonso ha sentito cosa ha detto il ragioniere? non le toccano più le pecore stia sereno, per quanto mi riguarda giuro che starò molto attento! Che fa me ne vado?, si è fatto tardi”. “Vai e tieni gli occhi bene aperti, ti raccomando Fano”. “Sarà fatto, salutamo Don Alfonso, buongiorno ragioniere”. Don Alfonso chiamò la moglie per accompagnare Fano all’uscita, che arrivò quasi istantaneamente. Don Alfonso e il ragioniere rimasti soli ripresero l’argomento, evidentemente Don Alfonso non era abbastanza rassicurato ne da Fano ne delle parole rassicuranti del ragioniere e infatti: “Gabriele, speriamo che anche questo mese la iamo liscia, perché se

dobbiamo sborsare altri soldi non so come va a finire”. Finì di pronunciare quelle parole e si senti bussare la porta, era la signora Santa, la quale appena dentro, il marito non le diede il tempo di aprire bocca, la tacciò dicendogli: “Che c’è? non vedi che stiamo cercando di sistemare alcune cose che non quadrano, per favore non ci disturbare”. La moglie si senti mortificata ma non si poté sottrarre d’informare il marito e con il capo chinato e a voce bassa disse: “Alfonso di là c’è il tenente con l’appuntato che chiedono di te”. “Tenente? quale Tenente?” “Il Tenente dei Carabinieri!”. Don Alfonso cambiò colore in volto, ebbe un attimo di smarrimento. Il ragioniere intuita la preoccupazione con voce rassicurante disse: “Sarà il nuovo comandante Don Alfonso”. La signora Santa stava lì ferma senza proferir parola, aspettava una risposta dal marito, ma visto che tardava ad arrivare intervenne: “Che gli dico Alfonso?”. Don Alfonso si guardò intorno, si sentiva come un pesce fuor d’acqua, che un tenente dei carabinieri venisse a casa sua era alquanto strano. In quell’istante nella sua mente si concentrarono così tante domande che quasi gli stava per scoppiare la testa, ma non si fece prendere dal panico e con voce decisa come solo lui sa fare disse alla moglie: “ Fallo accomodare qual'è il problema.” La signora Santa non disse nulla, uscì per rientrare un minuto dopo in compagnia del tenente Rondino e dell’appuntato Figuzzo e non appena entrarono li lasciò soli, con un garbo e una gentilezza che solo lei sapeva esprimere.

IX. Il tenente e l’appuntato a casa du Rossu

Rondino vide che il signor Borruso, nonostante li avesse accolti con il sorriso, era alquanto nervoso. Notò che Figuzzo aveva descritto con esattezza e senza esagerazione la pancia di Don Alfonso. La stanza dove si trovavano, nonostante fosse all’interno dell’abitazione, era attrezzata come un vero e proprio ufficio, c’era tutto: dalla scrivania al computer, dalla stampante alle mensole dove erano sistemate, una a fianco all’altra, una serie di carpette, nel dorso delle quali si poteva leggere l’anno di riferimento, c’era pure una bella libreria con un bel po’ di libri ed era dotata pure di aria condizionata, insomma un vero e proprio ufficio esattamente il contrario del suo! Rondino dopo aver effettuato quella veloce panoramica, si stampò in faccia lo stesso esatto sorriso che aveva assunto Don Alfonso, prima di dire: “Buongiorno, voi non mi conoscete, io sono Rondino il nuovo comandante della stazione dei carabinieri” . Don Alfonso gli allungò la mano e sempre con quel finto sorriso stampato in volto disse: “Molto lieto comandante, Alfonso Borruso e questo è il mio ragioniere Arcangelo Gabriele”. Anche il ragioniere allungò la mano prima di pronunciare: “Felice di fare la vostra conoscenza”. Don Alfonso, nel frattempo, si era fatto sparire dal volto la preoccupazione che aveva inizialmente, si accorse che, mentre loro si erano accomodati, l’appuntato era rimasto in piedi: “Appuntato buongiorno, lei in piedi è rimasto, si accomodi”.

“Grazie Don Alfonso preferisco rimanere in piedi”. “Come vuole appuntato, allora comandante posso essergli utile in qualcosa?” “No, Signor Borruso grazie, la mia è solo una visita di cortesia, dopo il Sindaco e il Parroco l’altra persona da salutare in questo paese siete voi”. “Non credo di essere così importante comandante e poi io ho una certa età, per cui mi può dire il vero motivo della sua visita senza giri di parole”. Il tenente capì che a Don Alfonso ritornò il nervoso. “Posso parlare liberamente?” “Certo comandante il ragioniere per me è come un figlio”. “D’accordo, senta Don Alfonso posso avere un bicchiere d’acqua per favore”. Don Alfonso stunò si sarebbe aspettato chissà quale cosa ma mai avrebbe potuto immaginare che il tenente debuttasse con quella richiesta e dopo un attimo di esitazione rispose: “Sì! ci mancherebbe”. Don Alfonso chiamò la moglie a voce alta ma senza lasciare la stanza, stette lì fermo a guardare ora il tenente ora l’appuntato come se li tenesse sotto controllo. La richiesta del tenente di un bicchiere d’acqua, era stata fatta proprio per vedere la reazione di Don Alfonso, voleva tenerlo sulle corde, anche perché neanche lo stesso Rondino sapeva con precisione del perché si era recato lì. Un attimo dopo si presentò la signora Santa che chiese al marito: “Mi hai chiamato Alfonso?” “Sì, per favore un bicchiere d’acqua al comandante”. La signora con la sua innata garbatezza, si girò in direzione dell’appuntato chiedendo se anche lui ne volesse un bicchiere. L’appuntato scattò sull’attenti diventando rigido come una statua e con voce

ferma disse: “No signora grazie, non bevo mai in servizio!”. Rondino non sapeva se mettersi a piangere o ridere, si trattenne a stento, prese fiato e a voce bassa, rivolto all’appuntato, disse: “Se vuoi puoi bere, acqua non è alcool!”. L’ingenuità di Figuzzo era sbalorditiva, tanto che spesse volte questa cosa lo portava a fare delle autentiche figure di merda e infatti: “Ah…l’acqua la posso bere? Allora Signora un bel boccale, fresca però, grazie”. Rondino nonostante gli avvame il volto non proferì parola. La signora invece abbassò il capo in segno di assenso. Don Alfonso dentro di se fremeva, ogni istante in più che ava, senza sapere il motivo vero della visita del tenente, lo faceva stare male e nonostante si sforzasse di mantenere quella calma apparente, non poté evitare di nascondergli la sua frenesia e infatti: “Allora comandante, nel frattempo che mia moglie porti l’acqua può iniziare?”. Rondino che aveva capito tutto, tentava in tutti i modi di prolungargli il più possibile l’agonia, sperava che Don Alfonso perdesse la calma e si lasciasse andare a qualche affermazione che potesse interessargli. Continuò a girargli il coltello nella ferita quando disse: “Perché ha fretta? Se ha fretta ce ne possiamo andare e torniamo un altro giorno”. Don Alfonso avrebbe preferito morire piuttosto che rinviare ancora di qualche giorno quell’agonia e con gli occhi sbarrati disse: “No… no comandante, non ho nessuna fretta!”. Le budella di Don Alfonso si attorcigliavano come le corde dei marinai quando tirano le rete in barca per il nervoso, quando entrò la signora Santa con in mano

un vassoio contenente un bicchiere d’acqua normale e un boccale come quelli che si usano per bere birra alla spina. Figuzzo notò il boccale, scattò sull’attenti e ringraziò la signora, lo afferrò e bevve l’acqua che conteneva tutta di un fiato. Anche Rondino ringraziò la signora mentre guardava meravigliato l’appuntato. La signora poggiò il vassoio in un angolo della scrivania e con un gentile sorriso ma senza dire una parola li lasciò. In quella stanza regnò un silenzio assoluto, tanto che sobbalzarono tutti dalle sedie quando si aprì di colpo la porta.

X. Rondino conosce Lucia

Era Lucia che non si aspettava di trovarsi davanti il padre e i due militari. . Si scusò, ma Don Alfonso la riprese lo stesso, disse: “Non si bussa prima di entrare?” La ragazza si giustificò dicendo che pensava non ci fosse nessuno. Rondino né approfittò per rimandare ancora il motivo della sua visita: “E’ sua figlia don Alfonso?” “Si tenente, entra Lucia ti presento il comandante Rondino e l’appuntato Figuzzo”. Alla parola Figuzzo, l’appuntato scattò ancora una volta sull’attenti, Lucia disse ch’era un piacere conoscerli e porse la mano prima all’appuntato poi al tenente, il quale: “Il piacere è tutto nostro signorina e complimenti è davvero una bella ragazza”. Lucia ringraziò e uscì, Don Alfonso ribolliva, il tenente non gli aveva ancora spiegato il motivo della visita nella sua abitazione, ormai la sua curiosità aveva oltreato tutti i limiti e infatti non perse tempo nel formulargli la domanda: “Allora Tenente veniamo a noi, che cosa vuole sapere?” “Sì, senta signor Borruso, da voce certa ho saputo che spesse volte vi hanno rubato gli animali, è vero?” “Se l’ha saputo da voce certa, certo che è vero”. “E com’è che non avete mai esposto denuncia?” “Perché nell’arco di ventiquattro ore me li hanno riportati”.

“Ve li hanno riportati senza chiedere nulla in cambio?” “Che significa nulla in cambio?”. “Dico… è molto strano che qualcuno rischi qualche schioppettata per niente”. “Sarà stato per sbaglio che me li hanno rubate ecco perché me li hanno sempre riportate!”. “Per sbaglio? e che si sbagliano due tre volte all’anno questi ladri? sarebbero davvero dei cretini!”. “Tenente io non gli so dire nulla, so solo che non mi hanno dato il tempo di fare la denuncia che me li hanno riportati”. “Senza chiedere nulla in cambio?” “Si certo, senza chiedere nulla in cambio!”. L’atmosfera si stava surriscaldando, il tenente capì, che più si andava avanti con le domande e più Don Alfonso diventava nervoso, sicuramente continuare non gli avrebbe permesso di sapere nulla, decise allora di troncare la discussione. Si alzò in piedi e si fece ritornare quel finto sorriso di circostanza prima di dire: “Bene Don Alfonso, noi ce ne andiamo, è stato un piacere conoscerla e se dovesse avere bisogno di noi sa dove trovarci… ah grazie dell’acqua!”. Per tutto il tempo il ragioniere non aprì bocca, rimase imperturbabile, solo quando il tenente troncò di colpo la discussione il suo volto ebbe un lieve cambiamento, come di meraviglia, così come lo ebbe Don Alfonso anche se ne fu sollevato e infatti disse: “Si figuri tenente, aspettate che vi faccio accompagnare”. Don Alfonso chiamò questa volta la figlia Lucia per farli accompagnare all’uscita. La ragazza non ci mise molto ad arrivare e appreso dal padre il motivo per cui l’aveva chiamata li accompagnò!

XI. U Rossu riunisce la famiglia

Don Alfonso e il ragioniere per qualche minuto non dissero una parola, poi preso dalla collera Don Alfonso sbottò: “Ma che minchia voleva questo Tenente?”. Il ragioniere con il suo solito disarmante sorriso, abbozzò una risposta: “E’ appena arrivato e si vuole mettere in mostra, di che si preoccupa Don Alfonso”. Don Alfonso non fu affatto tranquillizzato dall’ironica risposta data dal ragioniere, la sua tensione non si allentò, anzi: “Troppe domande fa, se viene a scoprire il fatto che succederà?” Ancora una volta il ragioniere cercò di essere rassicurante: “E che dovrà succedere? Stia sereno non si preoccupi”. Don Alfonso era troppo irrequieto cominciò ad andare avanti e indietro nella stanza, il ragioniere non osò fiatare, a un certo punto cominciò a chiamare con voce alta come quando sta per succedere qualcosa di brutto, sia la moglie che la figlia. Un minuto dopo sia Lucia che Santa si precipitarono da lui, il vociare di Don Alfonso li aveva fatte preoccupare non poco, erano sconvolte! La moglie nonostante fosse preoccupata non perse il suo solito garbo nel chiedere cosa fosse successo. Don Alfonso li fece sedere e anche lui si sedette prima di iniziare a parlare: “Sentite, i Carabinieri sanno dei furti che abbiamo subito, sicuramente stanno svolgendo delle indagini, perciò vi raccomando se vi dovessero chiamare per

farvi qualche domanda, non dite né una parola in meno né una parola in più di quelle che vi ho detto tempo fa, vi ricordate vero?” La moglie acconsentì con un cenno del capo, anche Lucia acconsentì sottolineando di aver capito. Don Alfonso a quel punto li licenziò invitandoli ad andare a preparare il pranzo. La signora Santa e la figlia Lucia uscirono senza batter ciglio, non osarono chiedere null’altro, tanto sarebbe stato fiato sprecato, sicuri che mai Don Alfonso avrebbe detto loro una parola in merito alla conversazione avuta col tenente. Don Alfonso nonostante ancora non avesse smaltito la sua preoccupazione, nel continuare a parlare con il ragioniere cambiò discorso. Si mise a parlare del prezzo del latte, era arrivato talmente basso che tutte le aziende del settore stavano vivendo un momento di grosse difficoltà economiche. Don Alfonso però, non riuscì lo stesso a distrarsi dal fatto di aver ricevuto quella visita dal tenente e ci ritornò ancora una volta: “Io lo sapevo Gabriele, dovevamo denunciarli quei furti, non ti dovevo dare ascolto”. Il ragioniere fu costretto ancora a rassicurarlo: “Ma di che si preoccupa don Alfonso, io sono sicuro che si sia convinto di quello che gli abbiamo detto”. “E’ lì che ti sbagli, glieli hai guardati gli occhi? Quelli sono occhi di uno che non si fa pigliare per il culo”. “Ma anche se lo verrà a sapere che vuole che le succeda?”. “Io sono incensurato Gabriele, non mi vorrei macchiare le carte alla mia età, lo capisci?”. “Lo capisco! senta, tanto è inutile farsi il sangue amaro, può darsi pure che

questa storia sia finita qui, anzi ne sono certo!”. “Senti, chiama Acquazzina e digli che se qualcuno gli va a fare domande deve dire che non sa nulla”. “Ma veda che Acquazzina non sa nulla veramente, le uniche persone che sanno come sono andati i fatti sono la sua famiglia ed io”. “Ma come? se erano a lui che facevano trovare le lettere!”. “Ma lui non sa leggere e non sa neanche quello che è accaduto dopo!”. “Vero è! me n’ero scordato…ma se dice al tenente di aver trovato le lettere?” “Non si preoccupi Don Alfonso non ci finirà in galera, stia tranquillo”. “Speriamo ma tu per sicurezza non lo puoi avvertire?”. “Certo che posso, ora andiamo a pranzare, questo pomeriggio faccio un salto in campagna e avverto Fano, è più tranquillo ora?” “Più tranquillo? non lo so, sarò tranquillo quando sarà finito tutto”. “Ma è già finito tutto non si preoccupi”. “Ci mancherebbe solo che ci rubassero di nuovo gli animali”. “Tranquillo, non succederà, tranquillo! Non ha sentito Fano? quello terrà gli occhi bene aperti non si preoccupi”. Nel frattempo arrivò Lucia, gli comunicò che il pranzo era pronto, Don Alfonso rispose che stavano per arrivare, anche se la visita del tenente gli aveva fatto chiudere l’appetito, non aveva neanche voglia di mettersi a tavola, ma essendo il capo famiglia non si poteva esimere: “Gabriele andiamo a pranzare che dici?”. “Andiamo che ho fame e sorrida don Alfonso!”.

XII. Rondino e Figuzzo in giro per Prosatti

Il tenente e l’appuntato arrivati in caserma, lasciarono la gazzella e presero la macchina del tenente, un’Audi A4 Avant, Station Wagon, viaggiare in Audi sarebbe stato molto più confortevole. Era una giornata meravigliosa, di quelle che si possono ammirare solo in Sicilia, c’era una luce straordinaria, l’aria era cosi leggera che si respirava a pieni polmoni anche nel centro abitato e il cielo era così limpido che lo sguardo si poteva estendere a chilometri di distanza. Una giornata del genere spesse volte riesce a fare allontanare le difficoltà della vita. Forse è per questo che i Siciliani riescono a sopportare tante ingiustizie. I due mentre girovagavano per le vie di Prosatti non proferivano parola, ad un certo punto Rondino sostò l’auto, scese e si avvicino al finestrino di Figuzzo: “Appuntato sai guidare?” “Certo tenente non ha visto stamattina? non guidavo io?” “Si che ti ho visto, ma io chiedevo se sai guidare questa di macchina” “Questa non lo so, ma la mia la guido!” “Allora puoi guidare tu?” “Se lei preferisce cosi, per me è un piacere tenente!” Figuzzo si mise alla guida e il tenente si sedette al suo posto, mise in moto e partì. Il silenzio regnò di nuovo e Figuzzo ebbe un attimo di smarrimento, pensò: Perché il tenente ha voluto che fossi lui a guidare la macchina?

Ma soprattutto dove minchia dovevano andare? Non gli restò altro che chiederglielo: “Tenente non è meglio se mi dice dove dobbiamo andare?” “Non ti preoccupare cammina tranquillo, il primo locale che incontriamo ci fermiamo e ci mangiamo qualcosa, che ne dici?” “Signor tenente, quando si tratta di mangiare io sono sempre d’accordo!” Mentre continuavano il loro giro panoramico, il tenente ne approfittò per riflettere su tutto quanto gli era capitato quel giorno. La sua riflessione si soffermò alle parole dette da quei due anziani signori. Rondino è un tipo strano, prima di buttarsi a capofitto nella risoluzione di un caso, gli deve scattare qualcosa dentro, come una specie di molla e quei due vecchietti lo avevano incuriosito a tal punto che quella molla stava per scattare, la cosa che più di ogni altra lo incuriosì fu il fatto che mai nessuno si era voluto occupare del loro caso, questa cosa non riusciva proprio a capirla. Fu questo a fargli scattare la famosa molla, decise che il mistero andava risolto! Interruppe il silenzio che regnava in quell’abitacolo facendo una richiesta precisa a Figuzzo: “Domani mattina voglio trovare nel mio ufficio Cozzo Pulito” Figuzzo girò il capo in direzione del tenente, ma non per chiedergli il motivo, ma semplicemente per dire: “Signor sì Signor tenente!” Pronunciate quelle parole Figuzzo blocco l’auto, erano davanti a una trattoria. Rondino si girò e notò l’insegna che diceva trattoria da Pasquale, spontaneamente chiese: “Appuntato si mangia bene qui?”

“Dipende tenente, cosa intende lei per mangiare bene, se a lei piacciono le cose genuine che si cucinavano una volta si, se no, possiamo cambiare posto!” “No, no, va benissimo!”.

XIII. In trattoria da Pasquale

Entrati scelsero il tavolo vicino la finestra, Rondino notò che dava in un cortile, uno dei tanti famosi chiani circondato tutt’intorno da case contadine restaurate esattamente uguali com’erano una volta, Prosatti era pieno di chiani. Iniziarono a scambiare qualche parola, quando si presentò loro un signore basso, cicciottello con un paio di occhiali spessi, una tovaglia bianca gli penzolava dal braccio sinistro e sul capo una sorta di stoffa bianca tipo un cilindro, somigliante a un cappello da chef. Era il titolare della trattoria, il signor Pasquale. L’appuntato lo conosceva bene, avevano una certa confidenza, da anni ormai Figuzzo si recava lì a pranzare e infatti: “ Appuntato soccu ci fazzu mangiari sta jurnata?” L’appuntato si gonfiò il petto prima di rispondere, orgoglioso del fatto che per la prima volta si presentò li con un superiore e non un superiore qualsiasi bensì un tenente : “Decidi tu Pasquale, basta che non mi fai fare brutta figura con il mio nuovo comandante” “Ah… stu signore è il nuovo comandante? È siciliano comu e niatri o è pulintuni?” “No Pasquale Siciliano è!” “ Allura comandante, se mi permette decido tutto io, come antipasti vi porto, delle olive scacciate, della caponata, dei pomodori sicchi in olio di oliva nocellara e del pane di casa. Per primo, pasta con fave nostrane che sono una squisitezza, per secondo, una bella frittata con asparagi selvatici che ho raccolto io stesso e tocchetti di salsiccia pasqualora, il tutto accompagnato da una bella

bottiglia di nero d’Avola prodotto da un mio carissimo amico e per finire due sfincioni di San Giuseppe con la ricotta ancora calda accompagnati da due bei caffè offerti dalla casa naturalmente, che ne dite?” Il tenente da quando gli si presentò dinnanzi il signor Pasquale, non proferì parola, ascoltava in silenzio il menù che andava elencando, mentre i suoi ricordi tornavano indietro nel tempo, quando ancora ragazzino quelle pietanze che andava sciorinando il signor Pasquale li preparava la sua nonna, in pochi minuti quel signore così goffo gli fece rivivere dei ricordi che non pensava più di avere. Il signor Pasquale stava li impalato ad aspettare la risposta del tenente, ma questa non arrivava tanto che intervenne Figuzzo: “ Allora tenente che dite? Le va bene?” Le parole di Figuzzo lo fecero uscire da quello stato di catalessi in cui si era immerso: “Si appuntato va benissimo!” Il signor Pasquale si sentì sollevato dalla risposta del tenente, il menù molto casereccio da lui proposto ebbe il consenso che desiderava, lo sottolineò con un sorriso col quale aggiunse: “Datemi qualche minuto e sarete serviti” Figuzzo ringraziò Pasquale; il tenente restò muto, rifletté sul fatto che troppo tempo era stato via dalla Sicilia e che troppa frenetica era diventata la vita di oggi, non si ha più nemmeno il tempo di apprezzare le cose più semplici, manco per i ricordi di bambino. ò qualche minuto e il signor Pasquale si presentò con gli antipasti. Il tenente cancellò in un attimo quei pensieri e si concentrò su quel ben di Dio che si trovava sotto i suoi occhi. Il signor Pasquale non fece neanche in tempo ad augurargli buon appetito, che già il tenente e l’appuntato si erano catapultati a capofitto su quei cibi come se fossero digiuni da giorni.

Mangiarono di gusto, quelle pietanze oltre ad essere genuini erano state cucinate con vera maestria, il signor Pasquale sapeva davvero il fatto suo! Alla fine del pranzo il conto lo pagò il tenente, nonostante Figuzzo insistette molto nel volerlo offrire lui, ma non ci fu verso! Prima di lasciare il locale, ringraziarono il signor Pasquale per le squisitezze mangiate. Anche il signor Pasquale li ringraziò e li invitò a tornare presto nel suo locale!

XIV. Rondino e Figuzzo fanno quattro i in campagna

Appena in macchina Figuzzo mise in moto, questa volta però prima di partire chiese: “Tenente dove andiamo ora?” Rondino guardò l’orologio, le lancette segnavano le quattro del pomeriggio, si sentiva un po’ stanco e appesantito per la quantità di cibo mangiato. Aveva voglia di andarsene nella pensione dove alloggiava e mettersi a letto, ma la curiosità di capire una cosa che gli frullava nel cervello fu preminente: “Appuntato tu sai dove sono gli ovili du Rossu ?” “Certo che lo so tenente!” “Ecco, allora portami li” Figuzzo ingranò la marcia e partirono. La località dove si dovevano recare, distava all’incirca una trentina di minuti da Prosatti, durante il tragitto, il tenente rimase ammirato dalle bellissime distese di vigneti, che in quel periodo formavano come dei giganteschi tappeti verdi. Alcuni di questi vigneti più limitrofe al mare, avevano una caratteristica, ad ogni dieci filari vi era una lunga fila di canne sistemate come dei recinti, erano le famose cannare che servivano a riparare le viti dalla salsedine. Questo tipo di protezione oggi non viene più tanto usata, perché gli agricoltori oggi utilizzano sistemi più moderni, solo qualche piccolo proprietario di questa zona ricorre ancora alle cannare, questa pratica antichissima consiste nel mettere in fila una serie di canne, predisponendole a forma di muro; la parte sottostante viene interrata per circa trenta centimetri e serve a farle stare dritte e a evitare

che il vento le possa far cadere, a circa metà della loro altezza vengono sistemate delle altre canne in orizzontale, l’una attaccata all’estremità dell’altra fino a formare due rette parallele dentro le quali vengono legati saldamente quelle interrate. Oltre ai vigneti lo sguardo di Rondino si soffermò alle infinite distese di pianura , in quel periodo la terra era in stato di vegetazione, quel sole, quella luce e quel verde, fecero si che la stanchezza di colpo gli svanì, pensò che la natura dona gioia alla nostra esistenza regalandoci questi meravigliosi spettacoli. Arrivati a un centinaio di metri dagli ovili du Rossu, si fermarono. Scesi dalla macchina, lo sguardo del tenente fu attratto da un grande fabbricato rurale situato a ridosso degli ovili. Era un vecchio baglio ristrutturato che veniva utilizzato come alloggio per gli operai, come magazzino per le attrezzature e di carico e scarico merci. Poco più in là, vi erano una serie di capannoni, due erano stalle gli altri tre deposito di paglia e fieno. Rodino si accese una sigaretta, si rivoltò l’orlo dei pantaloni e guardò Figuzzo: “Appuntato chiudi la macchina che andiamo a fare due i” Figuzzo non disse nulla, si limitò a dare il suo assenso con un cenno del capo. Avevano fatto un centinaio di metri, Rondino si fermò e guardò tutt’intorno con attenzione. L’appuntato non riusciva a capire il motivo di quella escursione ma non osò chiedere nulla. Rondino restò a guardare li intorno per qualche minuto, dopo riprese a camminare, l’appuntato ovviamente lo seguì. Si era fermato a guardarsi intorno per cercare di capire quale poteva essere il percorso che avrebbero potuto fare gli animali quando venivano portati via e scoprire così il luogo dove venivano trasferiti gli animali du Rossu.

Il tenente continuava a camminare con o veloce, Figuzzo gli stava dietro a stento. La giornata era molto soleggiata, il caldo si faceva sentire, Figuzzo si sbottonò la giacca. Rondino durante il cammino non si girò dietro e non si accorgeva che l’appuntato era molto affaticato , era troppo preso a individuare il percorso che potevano fare le pecore. L’appuntato dopo un po’ che si era sbottonato la giacca se la tolse, anche il copricapo si levò, ormai era più di mezz’ora che camminavano e il caldo si faceva sentire. Figuzzo mentre continuava a camminare pensava a una moltitudine di cose, nessuna però che riuscisse a dargli una motivazione a quella escursione. Pure i piedi gli incominciavano a fare male, le scarpe che indossava non erano adeguate a quel tipo di percorso. Era così pensieroso che non appena il tenente si fermò gli andò a sbattere contro: “Mi scusi tenente” Il tenente si girò a guardarlo: “Appuntato vi state spogliando?” “Troppo caldo tenente, troppo caldo, se vuole mi rimetto la giacca e il berretto” “ lascia stare non fa niente, senti appuntato da dove arriva quest’acqua?” “Non lo so tenente non ci sono mai venuto qui” Rondino si era fermato ai margini di un piccolo canale naturale dove scorreva pochissima acqua. L’acqua proveniva da una collinetta a pochi i da loro. La curiosità del tenente lo portava spesse volte a fare delle cose senza alcun senso, come in questa occasione. Fu curioso di vedere dove iniziava il canale, si recò ai piedi di quella collinetta e

scoprì che l’acqua sgorgava dalla base del costone roccioso, alto più o meno una decina di metri. Il costone era ricoperto fino a circa metà altezza da fittissime more selvatiche e non riuscendo ad individuare il punto esatto dove l’acqua fuoriusciva, si fece spazio in mezzo a quelle more e scomparve. Figuzzo restò muto a guardare la scena, attese qualche minuto e preso dalla preoccupazione iniziò a chiamare: “ Tenente… signor tenente tutto a posto?” Il tenente gli rispose quasi subito, ma la sua voce era come se provenisse da centinaia di metri di distanza, Figuzzo si scantò, si mise giacca e copricapo in fretta e furia mentre udì ancora una volta la voce del tenente che lo chiamava: “Appuntato infilatevi li in mezzo come ho fatto io, presto venga che lo sto aspettando”. “Si, Signor si signor tenente arrivo!” L’appuntato avrebbe preferito non infilarsi in mezzo a quelle more, ma avendo ricevuto l’ordine di farlo dovette eseguire. Si introdusse e cercò di seguire il varco creato dal tenente, superate le more si ritrovò in una specie di caverna, era alta un paio di metri, larga tre e lunga più di sei. La oltreò e si ritrovò davanti il tenente. Stava seduto su una roccia e si stava fumando una sigaretta. Il tenente appena lo vide sorrise, Figuzzo nel superare le more si era graffiato tutto, molto più del tenente che lo guardò e gli disse: “Benvenuto appuntato!” Quella specie di caverna sbucava all’interno di una vallata ampia circa mille metri quadri, circoscritta da costoni rocciosi molto ripidi e lisci, ricoperti di macchia mediterranea e capperi selvatici. La vallata era coperta da erbacce dalle quali emergeva di tanto in tanto un grosso

masso di pietra. Da quella vallata non si poteva ne entrare ne uscire se non da quella specie di galleria. L’appuntato a quella vista rimase per un po' senza dire una parola, poi ebbe uno scatto di orgoglio e finalmente chiese: “Tenente ma si può sapere perché siamo venuti qui?” “Perché è qui che portano gli animali di Don Alfonso quando spariscono” “Ma che dite tenente? E come fa ad esserne cosi sicuro?” “Figuzzo, Figuzzo…guarda per terra in mezzo all’erba, non vedi che ci sono escrementi di pecore? quindi qui dentro, per forza pecore ci saranno state!” Figuzzo non replicò, restò muto, provò vergogna per non esserci arrivato anche lui a quella conclusione. Il tenente finì di fumare la sigaretta e decise che se ne potevano andare. Raggiunta l’auto, il tenente si mise alla guida e accompagnò Figuzzo in caserma, lo informò che si sarebbero rivisti l’indomani alle nove in punto, gli rammentò pure di fargli trovare in caserma Cozzu Pulito. Figuzzo salutò e andò via, era stanchissimo ma contento, dopo tanti anni per la prima volta si sentì lui utile. Ormai erano quasi le sette di sera, Rondino si dirigeva verso la pensione. Scelse la strada del lungomare, aveva voglia di guardare il mare siciliano, da quella parte di Sicilia si potevano ammirare le isole di Mozia, Marettimo , Favignana e Pantelleria che con quella splendida giornata e con il sole che stava per tramontare era come se si potessero abbracciare. Mozia addirittura pareva che si poteva mettere nel palmo di una mano e cullarsela. Quella vista servì al tenente a rinfrancargli il cuore, mentre un pensiero

attraversò la sua mente, tutto sommato il suo trasferimento era stato una bella cosa, se avesse avuto davanti i suoi superiori avrebbe detto loro grazie per averlo trasferito nel paese delle cannare !

XV. Rondino nella pensione

Quella era stata una giornata lunga anche per il tenente, arrivò davanti l’ingresso della pensione stanchissimo, aveva solo voglia di farsi una doccia e mettersi a letto, di cenare non né aveva proprio voglia. Appena dentro ad accoglierlo trovò la signora Teresa la titolare della pensione. Una donna sulla sessantina, grassottella e di bassa statura ma con un carattere molto socievole. Rondino la conobbe quanto arrivato a Prosatti si dovette cercare un alloggio provvisorio in attesa di trovarsi una migliore sistemazione. La signora Teresa non appena lo vide lo salutò con il suo solito sorriso, gli consegnò la chiave e lo informò: “ Tenente oggi sono arrivate le sue valigie, sono qui sotto, io non c’è lo fatta a salirle sopra, sono molto pesanti” Il tenente guardò la signora che continuava a fare maglia, ricambiò il saluto e rimase li fermo a pensare se era il caso di portarsi sopra quelle valigie oppure no, ma il suo pensiero fu interrotto dalla signora: “Tenente è molto stanco vero? giornata faticosa, senta se vuole le può lasciare qui, a me non danno fastidio, domani con calma se li porta su” Rondino ringraziò e s’incamminò verso le scale, ma la signora lo bloccò: “Tenente mi scusi ma lei ha cenato?” “No signora, ma non si preoccupi oggi a pranzo ho mangiato tantissimo e mi creda non ho per niente fame” “E che vuole andare a letto senza cena? che sta scherzando?” Il tenente tentò in tutti i modi di sottrarsi a quell’invito, ma fu tutto vano.

Dieci minuti dopo la signora Teresa e il tenente erano in cucina, seduti a tavola che stavano cenando. In quella cucina c’era ogni ben di Dio, tutto esposto in bella vista, dalle cipolle all’aglio, dai salumi alla salsiccia pasqualora e ancora: pomodori secchi ed aromi di ogni tipo, peperoncini piccanti, salvia, rosmarino, cannella, finocchietto selvatico estratto di pomodoro, olive e carciofi sottolio, insomma anche se non si aveva neanche un po’ di fame essendo in quella cucina la fame doveva venire per forza. Cominciarono la cena con una frittata di fave e carciofi e finirono con broccoli fritti in pastella, oltre ovviamente al vino rosso, alle cassateddri e al caffè! La signora era da tempo che non cenava con qualcuno, il tenente lo capì per il fatto che non smise mai di parlare, in poco più di un’ora le raccontò tutta la storia della sua vita. Gli disse che ormai da sette anni viveva da sola, da quando suo marito la lasciò per una buttana, una svergognata venuta da fuori; che dopo essersi portata a letto tutti gli uomini di Prosatti, ebbe il coraggio di portarle via il marito. La signora però non ce l’aveva tanto con la donna, piuttosto con il marito. Disse che lo aveva sottratto a un’esistenza da morto di fame non avendo né arte né parte, che le dedicò la sua vita, gli anni più belli della sua gioventù. Questa cosa di essere stata lasciata e di essersi messo con la prima zoccola che ha incontrato la faceva andare in bestia. La signora era un fiume in piena, parlava e mangiava, mangiava e parlava senza mai prendere fiato. Gli raccontò ch’erano sposati da trent’anni e che non avevano figli, per avere quell’uomo dovette fare la fuitina, i suoi genitori, buonanima, non volevano che lo sposasse dicevano ch’era un poco di buono e avevano ragione. infatti a sessant’anni si ritrova sola e abbandonata. Il tenente per tutto il tempo non parlò, era troppo stanco, una cosa sola le chiese: “ Chi era suo marito signora?” “Quel disgraziato che in paese chiamano Cozzu Pulito”

Il tenente sorrise, sapeva esattamente chi era. Sovente al tenente capitava di assolvere a compiti sociali, come quello dell’ascolto di persone sole, ma almeno stavolta ci rimediò una cena. Si erano fatte quasi le dieci di sera, a Rondino gli si chiudevano gli occhi da soli, doveva correre nella sua camera e mettersi a letto prima di cascare per terra. Si alzò di colpo, ringraziò la signora per la cena, le augurò la buonanotte e si sfilò cosi velocemente che Teresa non poté nemmeno ricambiare il saluto.

XVI. Rondino finalmente nella sua camera

Arrivato in camera si spogliò velocemente e si infilò sotto la doccia con l’acqua talmente calda che per il troppo vapore creato non capì più se era in Sicilia o in Val padana. Stette un bel po’ sotto l’acqua cercò di rilassarsi il più possibile, una volta fuori si asciugò velocemente i capelli e si infilò sotto le coperte senza neanche spegnere la luce. Nel momento in cui chiuse gli occhi ebbe la sensazione di aver visto qualcosa che notò in un altro posto quel giorno, ma fu un flash non riuscì a capire bene cosa fosse. Poi di colpo ci pensò, si trattava di un mobile che era posizionato sul lato destro della sua stanza a fianco la finestra, era identico a uno dei tanti mobili che vide a casa du Rossu, un comò stile ottocento siciliano, lo capii perché i mobili di quell’epoca, hanno delle particolarità ben precise, sono intarsiati a mano e la parte superiore è coperta da marmo di colore scuro. Rondino era innamorato di mobili antichi e quando andò in compagnia di figuzzo a casa du Rossu il suo sguardo fu attratto da tanta opulenza di cui quella casa faceva bella mostra. Chiuse di nuovo gli occhi convinto che di li a poco si sarebbe addormentato ma cosi non fu. Il suo cervello si azionò, incominciò a pensare a tutto quello che gli era capitato durante tutta la giornata, gli apparivano i volti di quei due vecchietti, non riusciva a spiegarsi il motivo per cui nonostante avessero più volte esposto denuncia, nessuno abbia mai pensato di risolvere il loro caso, Un’altra cosa a cui non riusciva a darsi una spiegazione era la scomparsa e la ricomparsa delle pecore du Rossu . Perché qualcuno si prendeva la briga di farli sparire per poi riportarli senza

chiedere nulla? La cosa però che più gli rodeva era Cozzu Pulito! Qual’era il motivo per cui il maresciallo gli dava cosi tanti soldi? Ci pensò un po’e rifletté alle parole dette dalla signora Teresa, quando affermò, che la compagna del suo ex marito era una zoccola, forse il maresciallo se la sava con quella e per tenersi buono Cozzu Pulito lo ricompensava con il denaro, ma era solo un’ipotesi non aveva alcuna certezza. Tentò ancora una volta di addormentarsi, si girò e rigirò nel letto ma non gli riusciva proprio di dormire, d’altronde non era una novità. Quando iniziò a fare questo lavoro, tutte le volte che doveva risolvere un caso, la sera appena si metteva a letto il sonno di colpo gli spariva, ne dava la colpa una volta al caffè che si era bevuto tardi, un’altra volta alla cena pesante, niente di tutto questo! Rondino una volta immerso in una indagine non riusciva a dormire più di qualche ora a notte, la sua mente era impegnata a proiettargli tutte le immagini della giornata appena trascorsa, in particolare si soffermava su delle frasi o parole che nel momento in cui venivano dette non avevano alcuna importanza. Si erano fatte quasi le tre di notte e di dormire non se ne parlava proprio. La sua attenzione ricadde su altre due cose, che nel momento in cui accaddero non li notò! Uno era il fatto che, nonostante la gente del sud è molto calorosa con chi viene da fuori, le poche persone che incontrò quel giorno non gli dimostrarono alcun entusiasmo, eppure sapevano bene chi fosse, pensò che tra i militari e la gente del luogo non ci fosse un buon rapporto. La seconda cosa era che durante il giro fatto in macchina con Figuzzo per le vie del paese incontrò tantissimi anziani ma di giovani nemmeno uno. Ma anche per questo una spiegazione ci poteva essere, forse la nuova crisi che si era abbattuta nei territori del sud costrinse ancora una volta i giovani a cercar fortuna altrove, proprio come fecero i loro nonni quasi un secolo fa.

Ancora su due cose si soffermò il pensiero del tenente, ma stavolta erano delle semplici constatazioni. Una riguardava l’appuntato Figuzzo, si convinse che nonostante fosse molto ingenuo di sicuro era una bravissima persona! L’altra che finalmente dopo una intera giornata l’appuntato aveva imparato a riconoscere il suo vero grado! La sua mente a quel punto incominciò a rilassarsi e i suoi occhi incominciarono a chiudersi, erano le tre e mezzo e Rondino finalmente pigliò sonno!

XVII. Rondino prende il caffè al bar di Tanino Pilo

Saranno state le otto del mattino e pur avendo dormito pochissimo il Tenente aveva già posteggiato l’auto sotto la caserma. Scese , fece due i a piedi ed entrò nel bar di Tanino Pilo, non trovò nessun conoscente, c’era solo un giovane barista e un cliente che stava bevendo un caffè, restò sorpreso per il fatto di non averci trovato ne Tanino, né Cozzu Pulito che la dentro ci trascorre intere giornate, si fece preparare un caffè lo bevve, pagò ed uscì. Anche la piazza era deserta, non c’era neanche un anziano, forse era ancora troppo presto. Il suo sguardo si soffermò sulla fontana situata al centro della piazza, fu attratto dall’acqua che zampillava e da un signore che si stava lavando il viso. Accesa una sigaretta, si incamminò in direzione della fontana, arrivò a pochi i e si fermò. Notò che l’uomo era sicuramente un barbone. Non disse nulla, restò fermo a fumarsi la sua sigaretta osservando i movimenti dell’uomo. Aveva un portamento garbato, si muoveva con i giusti modi, tanto che sia i pantaloni che la giacca indossata stonavano, erano completamente consunti. L’uomo in un primo momento non si accorse della presenza del tenente, forse perché distratto dal fatto che si stesse lavando o dal rumore dell’acqua che zampillava, quando finì si girò e si vide davanti il tenente, cambiò atteggiamento, i suoi movimenti da persona normale si trasformarono come quelli di un pazzo. Puntò il tenente, gli si fermò ad un o e iniziò a parlare:

“Buongiorno tenente, cozzu pulito è un coinnutu,un coinnutu!, so muggheri è una gran buttana, buttana, u Rossu un testa ri minchia, ri minchia, u ragioneri mischinu è malateddru ah… malateddru, u marasciallu u nni pallamu troppu fimminaru,troppu fimminaru, Tanino palla troppu assai, assai, U zi Iachinu e so muggheri sunnu bravi chistiani, bravi chistiani, puru u siccu è u bravu picciottu u bravu picciottu…, tenenti ma runa una sigaretta?mi fineru, fineru” Il tenente non se lo fece ripetere due volte, prese il pacchetto dalla tasca e gli offrì la sigaretta, nel fare quell’operazione quasi si toccarono, in quell’attimo il tenente notò che gli indumenti che indossava sotto la giacca non erano usurati, anzi emanavano un buon odore, come fossero appena lavati, lo guardò fisso negli occhi ed ebbe la sensazione che non fosse matto come voleva far credere e mentre lo faceva accendere gli chiese: “Come ti chiami?” “Pretru, ciau tenente” Si girò di scatto e se ne andò bestemmiando come se volesse accentuare la sua instabilità. Rondino capì che quell’uomo, non solo non era pazzo, ma anzi ebbe la sensazione che quell’incontro lo volle causare lui, con lo scopo di informarlo su ognuna delle persone che il giorno prima incontrò in caserma. Appena il signore si allontanò il tenente si fece due domande: Chi era quell’uomo? E come faceva a conoscerlo? notò una stranezza in quell’uomo, pur essendosi espresso in autentico dialetto siciliano, il suo accento non era perfettamente siculo.

XVIII. Cozzu Pulito ancora dal tenente

Si erano fatte le nove ate quando Rondino salì in caserma. Trovò Cozzu Pulito già nel suo ufficio, Figuzzo aveva eseguito esattamente l’ordine ricevuto la sera prima. Il tenente ne fu contento, salutò, si sedette e iniziò a interloquire animatamente con Aspano, a un certo punto gli fece una domanda specifica e Cozzu Pulito fu come preso dai turchi: “Tenente le assicuro che non so nulla, niente di niente”. “Senta Aspano non mi faccia incazzare è possibile che lei non sappia nulla?” “Non so nulla comandante glielo giuro”. “Ma che confidente sei Cozzu Pulito?”. “Forse c’è una persona che ci può aiutare”. “E chi è?” “La sorella da Strippa, la suora”. “E dove si trova questa suora?” “Nell’istituto delle suore qui al centro del paese, ora ci vado a parlare”. “Non vai da nessuna parte Aspano, stai qui tranquillo. Appuntato prendi la mia macchina e vai a prendere la suora”. Figuzzo era agitatissimo, rispose d’istinto: “Vado, comandi”.

Mentre stava per uscire gli venne un dubbio: “Tenente il mandato?” “Mandato? Quale mandato, vai a prenderla e falla venire qui, con discrezione appuntato ti raccomando, con discrezione!”. “Signor sì signor tenente”. Uscì dall’ufficio come un siluro, producendo nelle scale un rumore pari a una decina di cavalli imbizzarriti. Il tenente rimasto solo con Cozzu Pulito non gli fece più domande, si limitò solo a fissarlo, Cozzu Pulito si sentì a disagio, attese qualche minuto e interruppe quell’assordante silenzio: “Comandante credo che lei non abbia più bisogno di me, me ne posso andare?” “Si può andare e mi faccia una cortesia, rimanga nei dintorni potrei aver bisogno ancora di lei… se può, mi fa portare un caffè dal bar?”. Cozzo Pulito non disse nulla, capì che la musica era cambiata e difficilmente il tenente gli avrebbe dato ricompense, prima di uscire si limitò soltanto a dire: “D’accordo tenente”. Rondino cominciò a pensare e ripensare a una serie di cose. Cercò di estrapolare dalla sua mente alcune frasi dette sia dai coniugi Zummo, che da Cozzo Pulito, ma non riusciva a legarle fra loro, gli venne in mente invece una frase detta dall’appuntato Figuzzo, questa cosa lo convinse a dover chiamare il maresciallo che fino a poco tempo prima comandava la stazione. Non ci pensò due volte, anche se non sapeva il motivo per cui lo stesse facendo, compose il numero e lo chiamò: “Pronto parlo con il maresciallo Sonzio, si Rondino parla… maresciallo come stai? Si tutto bene, no sono appena arrivato, per l’esattezza sono arrivato ieri. Senti ho bisogno di parlarti, mi potresti venire a trovare in caserma? Va bene. Si va bene oggi io tutta la giornata qua sono… no niente volevo chiederti una cosa

e non mi va di farlo per telefono… ciao maresciallo a dopo”. Chiuse con il maresciallo e arrivò Tanino Pilo con in mano il vassoio con la tazza di caffè. Stava tremando come fosse una pampina, Cozzo Pulito sicuramente gli riferì che il tenente era incazzato ! “Buongiorno comandante”. “Buongiorno a lei, perché state tremando?” “Ho saputo che siete incazzato”. “E allora? Lei che c’entra , ha fatto qualcosa di cui si deve preoccupare?” “Io? ma che dice signor tenente”. “E allora non tremi”. “D’accordo non tremo più”. Continuò a tremare peggio di prima! Rondino bevve il caffè con molta calma, evidentemente stava riflettendo su qualcosa che gli voleva chiedere, finì di bere: “Ottimo!”. “Grazie comandante”. Il signor Pilo, non era più quella persona estroversa che conobbe il giorno prima, si era trasformato in una persona timida, anche la sua parlantina aveva subito uno stop, tanto che quelle poche parole dette gli uscirono dalla bocca a stento e la voce era tremolante, la colpa era da addebitarsi a Cozzu Pulito, chissà quali cose gli raccontò per averlo fatto intimorire così tanto. Rondino tento di metterlo a suo agio, lo fece accomodare e gli chiese: “Senti Tanino, il maresciallo che c’era prima di me ne dava mance?”

“Si comandante certo” “ Ed erano cospicue?” “E come! Si figuri che i picciotti che lavorano nel mio locale, la facevano a legnate per venirci a portare il caffè, per un caffè di ottanta centesimi gli dava una mancia di cinque euro”. “Pure cretino”. Tanino sobbalzò, pensò che il tenente avesse detto cretino a lui, infatti glielo chiese: “Perché sarei cretino comandante?”. “Mi scusi, ma non dicevo a lei signor Pilo. Mi dica una cosa se può, le era simpatico il Maresciallo?” “A me? No signor comandante non mi piaceva per niente, mi scusi non è per offendere l’arma, ma questo maresciallo mi stava proprio sulle palle!” “Va bene ho capito grazie, tenga i soldi del caffè”. “Li debbo prendere?” “Certo che le deve prendere, anzi tenga pure il resto!” Il tenente gli diedi due euro, Tanino se li mise in tasca e disse: “Grazie! se ha bisogno di qualcosa mi chiami, sempre a disposizione per lei comandante!”. “ Grazie a lei e se dovessi avere bisogno la disturberò” Tanino salutò e uscendo gli ritornò il sorriso. Figuzzo non era ancora arrivato e pensò di chiamare casa Borruso, neanche stavolta aveva un motivo preciso per farlo ma decise così. Rondino spesso agisce d’istinto, da sfogo ad una voce che ha dentro ogni tanto gli suggerisce delle cose da fare.

Prese l’elenco telefonico, cercò il numero e lo compose: “Pronto, casa Borruso, si buongiorno il tenente Rondino parla, scusi con chi parlo?… ah ciao signorina Lucia io proprio lei cercavo, ho bisogno di parlarle… si nel mio ufficio…più tardi? d’accordo, mi farebbe un piacere?... non dica nulla che ho chiamato, le debbo comunicare delle cose che riguardano lei e il ragioniere…d’accordo a più tardi. A Lucia quella telefonata la sorprese, non sapeva cosa fosse giusto fare, se andare oppure no, ma trattandosi del ragioniere decise che ci sarebbe andata. Intanto in caserma era arrivato Figuzzo con la suora.

XIX. Rondino e Suor Celestina

Figuzzo fece da cerimoniere, fece accomodare Suor Celestina e gli presentò il tenente, che si alzò , gli si avvicinò e le porse la mano: “Tenente Rondino”. “Suor Celestina, sia lodato Gesù Cristo”. “Oggi e sempre sia lodato sorella, stia comoda” Fatte le dovute presentazioni chiamò in disparte l’appuntato e gli ordinò di andare a casa du Rossu e convincerlo a recarsi in caserma assieme alla moglie. Figuzzo ancora una volta chiese del mandato, il tenente spiegò ancora una volta che non occorreva alcun mandato e che lui doveva essere bravo e discreto nel convincere il signor Borruso e la moglie a presentarsi in caserma. Figuzzo chinò il capo in segno di assenso, mentre stava per uscire: “E la sorella chi l’accompagna Tenente?”. “Ci penso io tu vai non ti preoccupare”. Figuzzo scattò sull’attenti, salutò la suora e uscì come un fulmine. Il tenente si stampò un sorriso in faccia e con modi cortesi iniziò a interloquire con suor Celestina: “Suor Celestina le chiedo scusa per averla fatta venire qui di corsa senza preavviso”. “Non si preoccupi tenente, mi dica”. “Io avrei bisogno di sapere alcune cose che riguardano il ragioniere di suo cognato”.

“Gabriele?” “Esatto Gabriele”. “E’ tanto un bravo ragazzo!”. “Questo non lo metto in dubbio sorella, a me interessa sapere la sua provenienza e soprattutto come mai è stato preso così a cuore dalla famiglia di suo cognato”. “Gabriele è un trovatello, ed è cresciuto in un istituto fino all’età di vent’anni”. “E com’è che suo cognato se le portato a casa?”. “Mia sorella non potendo avere figli, d’accordo con il marito, si sono rivolti a molti istituti nella speranza di poterne adottare uno, ed è stato in uno di questi istituti che hanno conosciuto Gabriele, che fra l’altro era pure diplomato ragioniere e siccome mio cognato in quel periodo cercava un ragioniere, hanno deciso di assumerlo accogliendolo come un figlio e cosi abbandonarono l’idea di adottare un bambino, anche perché la burocrazia li aveva fatti stancare”. “Come si sol dire, con una fava due piccioni! e come mai poi ha avuto una figlia sua sorella?” “Appena è entrato questo giovanotto a casa loro, la grazia divina a fatto sì che mia sorella restasse incinta”. “La grazia divina o la grazia di Gabriele, sorella?” La suora sobbalzò dalla sedia e facendosi il segno della croce disse: “Ma che va pensando comandante”. “Io non penso nulla sorella, siete voi che mi avete indotto a pensare”. “Mia sorella ha fatto una lunga cura all’estero per poter avere dei figli e finalmente Dio ha concesso loro la grazia”. “Siete sicura che i fatti sono andati proprio così sorella?” “Certo che sono sicura, perché gli dovrei dire bugie”.

“Suora sa che lei con questa sua dichiarazione ha scombussolato la mia tesi?” “Io non so quale tesi lei si sia fatto, ma questa le assicuro è la verità”. “D’accordo sorella tanto prima o poi la verità la scoprirò quindi la prego di non mentirmi non vorrei che si cacciasse in qualche guaio, quindi la prego, se la verità non è questa me la dica ora”. “Questo è quello che io so comandante e se non ha fiducia in me, almeno si fidi dell’abito che porto”. “Degli abiti mi fido sorella, anche perché non parlano, delle persone che stanno dentro gli abiti spesso non mi fido, comunque le chiedo scusa e se quello che lei mi ha detto corrisponde a verità le rinnoverò le mie scuse, ora se vuole può andare”. “A piedi tenente?” “No non si preoccupi la faccio accompagnare”. Il tenente alzò la cornetta e telefonò al bar: Pronto Rondino parla, sei Tanino? che c’è Cozzu Pulito al bar? Allora digli che sta scendendo suor Celestina e che mi deve fare la cortesia di accompagnarla all’istituto, grazie”. Chiude il telefono e mentre accompagnò la suora all’uscita: “Sorella giù troverà un signore che la riaccompagnerà all’istituto”. “Grazie tenente, sia lodato Gesù Cristo”. “Oggi e sempre sorella”. Il tenente ebbe una sensazione, pensò che se tutto sarebbe proceduto come lui pensava, in quella stessa giornata avrebbe scoperto molte cose. Guardò l’orologio e gli venne un dubbio, pensò che forse Lucia non sarebbe venuta, ma fu un attimo perché fu distratto nel sentir bussare alla porta.

XX. Lucia in caserma

Era Lucia, si presentò davanti al tenente col viso sconvolto, non si capiva se era più spaventata o preoccupata, non perse tempo, disse: “ Buongiorno Tenente cosa è successo? Per quale motivo mi ha fatto venire qui ?” Rondino a volte sa essere davvero crudele, quando gli telefonò gli parlò del ragioniere solo perché sapeva che Lucia non avrebbe esitato a venire e con una faccia tosta che solo lui a volte riesce ad avere disse: “Nulla signorina Lucia non si preoccupi, ma lo sa che lei è davvero una bella ragazza?”. Cozzu Pulito non si sbagliò quando disse al tenente ch’era la più bella del paese. Era davvero bella, aveva i capelli neri lisci, due occhi grandi neri incastonati in un viso armonioso, era alta all’incirca un metro e settanta e le sue curve erano tutte perfettamente proporzionate, aveva tutto giusto al posto giusto. Un’autentica Siciliana! “Grazie, allora?” “Allora mi chiedevo, come mai una così bella ragazza come lei, con tanti giovanotti che le corrono dietro, si va a innamorare proprio del ragioniere di suo padre?”. “E lei come fa a sapere che io sono innamorata del ragioniere?”. Il tenente aveva la capacità di inventarsi al momento delle balle colossali e questa era stata una di quelle occasioni: “Lo so perché uno dell’arma si è invaghito di lei e per assicurarsi che lei fosse libera volle informarsi e ma quanto pare ha saputo che lei straveda per questo

ragioniere, ah… se non è così significa che questo militare può nutrire qualche speranza?” “No! non ha alcuna speranza”. “Allora mi conferma che lei se la intende con il ragioniere all’insaputa di suo padre?” “Ma che dice Tenente” La ragazza cominciò a piangere. Rondino le porse un fazzoletto per asciugarsi le lacrime, non appena si riprese un po’ continuò: “Io lo amo tenente, ma lui non mi degna neanche di uno sguardo, eppure non credo di essere cosi brutta”. Mentre pronunciava quelle parole non riusciva minimamente a trattenere le lunghe lacrime, tanto che Rondino dovette cercare di consolarla, pur sapendo che nello stato d’animo in cui si trovava Lucia gli sarebbe stato più facile sapere le cose. “Su non pianga, la voglio aiutare a sistemare questa questione… Per me il ragioniere è intimorito da suo padre, sa che facciamo signorina Lucia, fra poco dovrebbero arrivare qui i suoi genitori, lei si metta nella stanza qui a fianco alla mia e al momento opportuno, quando io glielo dirò, lei entrerà e mi darà conferma di tutto io avrò detto ai suoi genitori e vediamo che succede, d’accordo?” “Sì,va bene tenente”. La ragazza era talmente confusa che non si rendeva nemmeno conto di quello che gli stava capitando, semplicemente si fidò del tenente. Entrò nella stanza attigua all’ufficio del tenente, chiuse la porta si sedette e attese l’evolversi della situazione. Il tenente udì la voce di Figuzzo, era in compagnia dei coniugi Borruso e stavano salendo le scale.

XXI. Don Alfonso e la moglie dal tenente

Arrivati sulla soglia della porta l’appuntato li invitò ad entrare, don Alfonso era molto seccato, la sua rabbia era palese, essere stato quasi costretto a recarsi in caserma con la sua signora, per uno come lui era stata una mortificazione, ma non si scompose più di tanto si limitò a dire: “ Buongiorno Tenente”. “Buongiorno a voi, accomodatevi prego”. “Che è successo Tenente, per quale motivo ci avete condotto in caserma con così tanta urgenza?”. “Semplicemente per alcuni chiarimenti”. “In merito a che cosa?” “In merito al vostro ragioniere”. “Cosa vuole sapere del mio ragioniere?” “Ad esempio chi è e da dove proviene”. “ Era un trovatello cresciuto in un istituto”. “ Nient’altro?” “ Si che da 20 anni lavora da me come ragioniere”. “Guardate che io da alcune indagini so molte più cose sul conto del ragioniere ma preferirei che foste voi a raccontarmele”. Di fatto pero non era cosi, il tenente sapeva esattamente le stesse cose che tutti in paese sapevano. Stava semplicemente dando sfogo al suo intuito nel tentativo di sapere qualcosa in più sul conto del ragioniere.

Don Alfonso non si scompose, anzi confermò: “La verità è quella che gli ho appena detto!”. Il tenente intuì che non avrebbe cavato un ragno dal buco, Don Alfonso non avrebbe detto altro, decise quindi di mettere in atto il suo piano. “D’accordo allora parlo io, voi sapete che vostra figlia è innamorata del ragioniere?” “ Certo che lo so”. “E non vi è mai ato per la mente che il ragioniere si potesse innamorare di vostra figlia?” A quella domanda rispose la signora Santa che per tutto il tempo era rimasta in assoluto silenzio la con una determinazione tale da mettere quasi soggezione, disse: “Impossibile!”. La cosa sorprese non poco il tenente, era alquanto strano che la signora rispondesse al posto del marito senza essere stata chiamata in causa in prima persona e quasi provocatoriamente rivolse la successiva domanda direttamente alla signora: “Perché impossibile signora, non è normale il ragioniere?”. La signora abbassò gli occhi come se quella domanda gli avesse procurato imbarazzo, Don Alfonso guardò la mogli e rispose al suo posto: “Si certo, penso che sia normale!” “E allora come mai avete la certezza che tra vostra figlia e il ragioniere non ci potrà essere nulla”. “Perché abbiamo la massima fiducia del ragioniere, anche perché l’ha vista nascere e siamo sicuri che la considera come fosse sua figlia”. “Ne siete sicuro?”

“Sicurissimo Tenente!”. Il tenente cambiò di colpo espressione facendo cogliere la sensazione che stesse per dire qualcosa d’imbarazzante, fu bravissimo, nessun attore al mondo avrebbe saputo fare meglio quando affermò: “Beh… allora vi debbo comunicare che vostra figlia è in stato di gravidanza”. Fu così convincente che Don Alfonso ebbe un attimo di smarrimento, ebbe la sensazione di cadere nel vuoto, gli seccò la bocca tanto che inghiotti a vuoto prima di dire: “Ma che state dicendo Tenente mi prendete per i fondelli?” La signora Santa diventò pallida come un cadavere e con voce tremolante chiese: “E chi sarebbe il padre?” Il tenente a quel punto affondò il coltello nella piaga senza esitazione: “Arcangelo Gabriele il vostro ragioniere!”. A quella affermazione la signora Santa perse ogni controllo di se, cominciò a gridare come fosse una pazza, fu come se avesse subito una tremenda tragedia, si strappò i capelli, scosse il marito, in un attimo dimenticò tutte le regole comportamentali del vivere civile, si mise a piangere disperatamente ripetendo: “Non può essere, non può essere” Don Alfonso non sapeva che fare, tentava disperatamente di calmare la moglie, non aveva compreso se il tenente avesse detto la verità o se invece avesse mentito, in mezzo a tutta quella confusione creata dalla moglie ebbe un attimo di lucidità, disse: “Ma non scherzate Tenente”. La signora intanto non riusciva a calmarsi andava sempre più in escandescenza, Don Alfonso disperato gli grido: “E tu Santa datti una calmata”.

La signora ormai aveva perso ogni controllo di se, piangeva e ripeteva: “Non è possibile questo sacrilegio, mia figlia non può aspettare un figlio da Gabriele, è tutto uno scherzo”. Rondino pur di arrivare al suo scopo fu davvero crudele, rispose: “Scherzo? Allora ve lo faccio dire da vostra figlia, signorina Lucia entrate pure”. Lucia aveva ascoltato tutto, era presa anche lei dalla disperazione, entrò con le lacrime agli occhi e il capo chinato, pallida come se stesse per svenire, Don Alfonso la guardò minaccioso e con voce sprezzante, chiese: “ Vero è che aspetti un figlio di Gabriele?” Lucia era terrorizzata, cercò con lo sguardo il tenente che gli fece cenno con la testa di acconsentire, la ragazza obbedì e con un filo di voce disse: “Sì è vero!”. La signora santa uscì dai gangheri, tanto che per il troppo mazzuliamento dovette intervenire anche il tenente. La donna emanò un grido e svenne. Figuzzo era stato li zitto e immobile non sapeva cosa fare, gli usciva qualche lacrima, non si mosse di un o fino a quando il tenente non lo interpellò: “Appuntato porta la signora di là, falle prendere un po’ d’aria”. Figuzzo pur nella confusione eseguì, presa la donna sotto braccio la portò nella stanza attigua. Don Alfonso cominciò a perdere il lume della ragione, uscita la moglie dalla stanza sbottò: “Figghiu ri buttana, io l’ammazzo, solo uno che non è normale poteva fare una cosa simile!” Il tenente prontamente lo redarguì:

“Lei non ammazza nessuno signor Borruso, anzi dovrebbe essere contento, presto diventerà nonno”. “Nonno? l’ammazzo!”. Si allenta il nodo della cravatta e inizia a girare intorno alla stanza, ad un certo punto si ferma fissa il tenente poi: “Tenente posso andare?” “Dove vuole andare?”. “A casa!”. “A fare cosa?” “L’ammazzo e torno”. “Non deve andare da nessuna parte, anzi, mi faccia una cortesia me lo chiami al telefono.” “Non c’è in casa questo cornuto è andato in campagna con Acquazzina”. “Lo chiami al cellulare”. “Non lo so il numero”. Con un filo di voce rotta dal pianto, intervenne Lucia per dire: “Io lo so il numero!”. Don Alfonso senza un minimo di controllo apostrofò la figlia dicendogli: “Buttana!”. “Stia calmo Don Alfonso, un’altra parola del genere e lo faccio mettere in gabbia è chiaro? Prego Lucia lo chiami e me lo i”. La ragazza compose il numero e lo chiamò. “Ciao Gabriele Lucia sono, c’è una persona che ti vuole parlare te la o”

Il tenente prese il telefono e disse: “Buongiorno Rondino parla, il tenente, può venire cortesemente in caserma? ho delle comunicazioni importanti da dargli… si ora subito, grazie”. Prima che il ragioniere avesse il tempo di riflettere Rondino aveva già chiuso la chiamata. Don Alfonso nel frattempo si agitava sempre più fino a fare una strana richiesta: “Tenente non mi trovo niente in tasca, né un coltello, né una pistola, mi potrebbe prestare la sua, così appena viene ci sparo e lei mi arresta”. Lucia a quel punto non c’è la faceva più a reggere il gioco, la sofferenza era troppa nel vedere i suoi in quello stato di totale disperazione e iniziò a pronunciare delle parole: “Papà vedi che…” Appena Lucia aprì bocca, il tenente capì dove voleva andare a parare e la interruppe bruscamente: “Stia zitta signorina Lucia… e lei signor Borruso vada di là a vedere di calmare sua moglie.”

Il tenente lo fece uscire dalla stanza per fare abbassare un po’ la tensione, aveva capito che Lucia era allo stremo e che da un momento all’altro avrebbe svelato al padre che la storia della gravidanza se l’era inventata il lui e non appena Don Alfonso lasciò la stanza, tentò di rassicurarla, gli accarezzò il capo e gli disse: “Senta Lucia non si preoccupi è tutto sotto controllo, chiariremo tutto appena viene il ragioniere, adesso vada di là”. La fece accomodare nella stanza con i suoi e raccomandò Figuzzo di non farla parlare con i genitori, si sedette e senti bussare alla porta.

XXII. Fano Scupiddru e Gabriele Arcangelo raggiungono Rondino

Era il ragioniere in compagnia di Fano Scupiddru detto Acquazzina il quale immediatamente attaccò. “Buongiorno Tenente, mi scusi se sono infangato, stamattina c’era Acquazzina detta rugiada e mi sono allurdatu, siamo andati in campagna con il ragioniere a dare da mangiare ai cani e l’ho accompagnato, permette, Fano Scupiddru ”. Il tenente gli porse la mano e ricambiò il saluto: “Tenente Rondino”. E rivolto al ragioniere il tenente disse: “Noi ci conosciamo”. Il ragioniere abbassò la testa in segno di assenso e disse: “Buongiorno, che è successo tenente? come mai questa urgenza di parlarmi? e dov’è Lucia?”. Il tenente lo guardò da capo a fondo, tentò prima di parlare di capire il personaggio che si trovava di fronte a lui, ma non riuscì a decifrarlo in così poco tempo, decise perciò di sottoporlo subito ad alcune domande dirette, chiese: “Senta ragioniere mi interessano sapere alcune cose…ad esempio in quale istituto è cresciuto lei fino all’età di 20 anni?”. A quella domanda il ragioniere s’imbarazzò, fece un profondo sospiro e disse: “In un istituto di suore al nord”. “Al nord? Io non ci credo, comunque… il suo cognome è Arcangelo o

Gabriele?” “Arcangelo, ma non capisco perché lei mi faccia queste domande Tenente?”. Il ragioniere non si aspettava che il tenente lo avesse chiamato per fargli domande relative alla sua vita privata, pensava che l’argomento fosse incentrato su un altre cose, perciò questa cosa lo colse di sorpresa, costringendolo a rispondere con domande a domande poste dal tenente il quale replicò secco: “Qui se c’è uno che deve capire sono io, è chiaro?” La tensione si stava alzando e Fano, tentò di fare da garante al ragioniere, disse: “Tenente è un bravo picciotto! io ci posso dire tutto sul conto del ragioniere può chiedere a me!”. Al tenente quell’atteggiamento di mafioncello lo fece irritare e anche se sapeva perfettamente che Acquazziana poverino era uno mezzo babbu con fermezza lo zittì dicendo: “Lei mi faccia la cortesia di stare zitto e di rispondere quando sarà interrogato!”. Acquazzina si mise coto, coto nella sedia e disse: “Mi scusi tenente non parlo più!”. “Bene… allora ragioniere lei afferma che è cresciuto in un istituto, posso sapere almeno qual'è quest’istituto?” “ Se mi permette gradirei non dirlo”. “E per quale motivo?” “ Una cosa mia tenente che non mi va di dire a nessuno”. Rondino lo guardò e cambiò completamente strategia, non gli fece più domande di carattere personali, ma cercò di girarci intorno: “D’accordo come vuole… allora mi dica ragioniere, lei ha del rispetto per il signor Borruso suo datore di lavoro?”.

“Che domanda mi fa tenente certo che sì”. Le domande del tenente erano poste senza alcuna logica, l’intendo era quello di far rispondere l’interrogato senza dargli la possibilità di riflettere: “Mi dica un’altra cosa ragioniere, lei conosceva il maresciallo che c’era prima in questa caserma?” “Sì… così di vista ma non ci ho mai scambiato nessuna parola”. L’interlocuzione tra il tenente e il ragioniere continuò con domande e risposte su degli argomenti molto astratti, il ragioniere cominciava a esserne infastidito, ma la loro interlocuzione si interruppe quando udirono dei pesanti i provenienti dalle scale.

XXIII. Il maresciallo a rapporto dal tenente

Era il maresciallo che con o sicuro aveva fatto le scale che conosceva molto bene, arrivò sulla soglia della porta, bussò ed entrò: “Permesso?... Buongiorno tenente come stai? come ti trovi qui a Prosatti?”. Il tenente si alzò e gli andò incontro: “Bene…bene, grazie di essere venuto maresciallo”. “Figurati…Ehi carissimo ragioniere come stai? che ci fai tu qui?” Il maresciallo aveva uno strano comportamento da spavaldo. Il ragioniere invece quando si vide davanti il maresciallo si ò le mani nella faccia, aveva intuito perfettamente dove voleva andare a parare il tenente e imbarazzato rispose: “Bene, grazie, maresciallo”. Rondino si comportò come se non fosse stato lui l’autore della presenza del maresciallo, con fare molto cortese lo invitò ad accomodarsi, cercò di distrarlo con qualche battuta poi si sedette e attaccò: “Vedo che vi conoscete?. Il maresciallo a quella domanda rispose con una tranquillità assoluta, non si rese minimamente conto dello stato di imbarazzo del ragioniere, non ragionò nemmeno sul fatto che la sua presenza e quella del ragioniere poteva essere una coincidenza strana, infatti non si limitò soltanto a dire che si conoscevano, ma aggiunse: “Sì ci conosciamo, siamo molto amici”. Questa era musica per le orecchie del tenente, la sua mente infatti incominciò ad

inserire alcuni puzzle come se attratti da una calamita si andassero a posizionare da soli ognuno al proprio posto. Guardò il maresciallo con il volto irrigidito e disse: “Mi fa piacere…senta maresciallo mi faccia la cortesia di stare in silenzio per favore”. Al maresciallo quelle parole lo indussero a riflettere e infatti replicò: “Ma come Tenente è ato a darmi del lei?” “Sì...le pare strano?... anzi maresciallo quando parla con me, mi chiami signor tenente! Torniamo a noi ragioniere, non mi aveva appena detto che non lo conosceva il Maresciallo?”. “Sì che l’avevo detto tenente”. “Perché mi ha mentito?” In quel preciso istante rientrò con forza Don Alfonso che si trascinava Figuzzo attaccato al braccio, guardò in faccia il ragioniere e replicò al suo posto: “Perché lui mente sempre Tenente”. Figuzzo che aveva tentato di trattenerlo non riuscendovi si scusò: “Mi dispiace tenente non l’ho potuto trattenere”. “Non si preoccupi Appuntato, lo lasci stare”. Don Alfonso era su tutte le furie ancora una volta guardò dritto negli occhi il ragioniere e con voce minacciosa disse: “Come un figlio ti ho trattato, come mi hai potuto fare questo?”. Anche la signora Santa e la figlia Lucia entrarono nell’ufficio e ancora una volta la signora si comportò in modo inconsueto, aveva ormai completamente perso lo status di moglie ubbidiente e guardando anche lei in faccia il ragioniere,

enunciò: “Vigliacco, senza cuore!”. Il tenente con l’aiuto di Figuzzo fece in modo di ripristinare un po’ di calma facendoli tutti accomodare, poi: “Allora ragioniere, me la dice la verità o debbo continuare io?”. “Non c’è bisogno, gli dirò tutto Tenente!”. Acquazzina ch’era rimasto in disparte senza più fiatare si avvicinò al ragioniere e a bassa voce gli disse: “Pure il fatto delle lettere ragioniere?” Il tenente captò la frase ed ebbe un sussulto, fu come se gli si fosse accesa una lanterna e immediatamente domandò: “Quale lettere signor Fano?” Don Alfonso prima che Fano rispondesse lo riprese: “Come parli sempre Fano”. “Mi scusi Don Alfonso ho detto una minchiata vero?” Don Alfonso scuote la testa, aveva capito che ormai era impossibile nascondere le lettere che gli erano arrivate, infatti il ragioniere prese dalla tasca una delle tante lettere e la consegnò al tenente: “ Questa Tenente!”. Rondino la apri e la lesse a bassa voce, finì di leggerla e rivolgendosi al ragioniere, disse: “Bene continui ragioniere”. Il ragioniere era mortificato, ma ormai aveva deciso di raccontare tutta la verità: “Il mio vero nome era… Zummo!”

Il tenente stordì! Gli si stampò in mente l’immagine dei signori Zummo prima che chiedesse: “Come Zummo?” “Sì ha capito bene tenente, Zummo!”. Rondino in un attimo ricostruì tutto nella sua mente chiamò Figuzzo e gli ordinò: “Appuntato vada di corsa a casa dei due vecchietti e me li porti qui! Figuzzo hai due minuti di tempo”. L’appuntato era nel pallone più totale, la confusione nella sua mente regnava sovrana, non aveva ancora capito nulla di ciò che stava accadendo, scattò sull’attenti e disse: “Comandi vado e torno!” Usci dalla stanza come un furetto! Fano Scupiddru era come disorientato e con gli occhi smarriti chiese al ragioniere: “Ma come?... non ti chiami Arcangelo?” Il ragioniere, con voce sommessa rispose: “Sì...ora sì”. Acquazzina non riuscì a nascondere il suo stupore, si tolse la coppola si gratto la testa e disse: “La testa mi stunau tenente... che ha cambiato nome?” Don Alfonso che sapeva tutto lo riprese ancora una volta: “Fano…Fano per favore”. Fano si zittì e abbassò lo sguardo, quando si aprì la porta ed entrò l’appuntato.

XXIV. Iachinu e Sariddra Zummo, una grande prova

L’appuntato fu fortunato ci mise meno di due minuti nel fare arrivare i coniugi Zummo, li aveva incontrati all’ingresso perché si stavano per recare in caserma. E non appena furono entrati rimasero sorpresi nel trovare tutta quella gente dal tenente lo salutarono e si misero in disparte, Rondino gli si avvicinò gli si avvicino e in maniera affettuosa gli disse: “Buongiorno a voi…Appuntato vai a prendere due sedie di la e falli accomodare!”. Figuzzo ubbidì anche se era sempre più confuso che persuaso, andò a procurare due sedie nell’altra stanza e li fece accomodare. Rondino ormai aveva tutti sotto controllo si sedette e con calma rivolgendosi al ragioniere disse: “Ragioniere può continuare ora!”. “Come le dicevo…io mi chiamavo Zummo Gabriella e fino all’età di 19 anni ho vissuto a casa di questi due vecchietti a cui voglio un gran bene! ma la mia natura è sempre stata quella di un uomo e mi trovavo in un corpo che non era il mio, allora per non dare un dispiacere ai miei, me ne sono andato di casa e mi sono ricoverato in una clinica. Li ho conosciuto la signora Borruso alla quale sono stati trapiantati i miei organi di donna, da qui in poi lei sa cosa è successo”. “Certo che lo so!”. “Allora per favore tenente continui lei”. “Così in seguito a questo è venuto a stare a casa Borruso, ma sapendo che i suoi vivevano nella miseria ha pensato bene, d’accordo con il qui presente maresciallo Sonzio, di spillare un po’ di soldi senza correre rischi al signor

Borruso, dato che di soldi ne ha molti!” Il maresciallo saltò dalla sedia non si aspettava proprio che il tenente fosse arrivato a quella conclusione e messosi in piede disse: “Che c’entro io signor Tenente?”. “C’entra…c’entra, infatti, è lei che ha scritto le lettere intimidatorie nei confronti del signor Borruso e la conferma lo avuta quando il ragioniere mi ha consegnato la lettera, questa lettera è stata scritta proprio dalla macchina da scrivere che è in questo ufficio”. Il maresciallo non seppe replicare, gli si allentarono le gambe si sedette e bassa voce disse: “ Mi futtiu”. “Una cosa maresciallo, mi spiega perché regalava così tanti soldi a Cozzu Pulito?” “Perché tenente, perché mi forniva delle informazioni” “Ma quale informazioni se qui almeno da dieci anni non si svolge una indagine, mi prende per scemo?” “Tenente siccome non ha un lavoro poveretto ogni tanto facevo il generoso e gli davo qualche centinaio di euro” “Anche con sua moglie era generoso maresciallo?” Il maresciallo si irrigidì e disse: “Che c’entra sua moglie, io non ho nulla…” Si bloccò di colpo e abbassò lo sguardo capì, che il tenente sapeva anche di quella storia. Il tenente non gli chiese più nulla, si avvicinò a quei due vecchietti che stavano piangendo sommessamente e con un atteggiamento quasi consolatorio, gli disse: “Ecco perché non ha mai voluto dirvi la verità su vostra figlia il maresciallo”.

La signora Sariddra con appena un filo di voce ma con una compostezza disarmante si rivolse a sua figlia, pardon a suo figlio e disse: “Perché te ne sei andato, i figli si vogliono sempre bene, a noi non sarebbe importato se da femmina diventavi maschio o viceversa, i figli sono figli, solo chi è madre lo può capire”. Il ragioniere si alzò e si inginocchiò ai piedi dei suoi genitori, Don Alfonso ormai aveva smaltito la sua collera e anche lui sommessamente chiese: “Ora che fa? ci arresta tutti tenente?”. Acquazzina fu assalito dal terrore udite quelle parole e immediatamente disse: “Come tutti? io non ho fatto niente”. Rondino che in fondo ha il cuore tenero rassicurò tutti, disse: “Andatevene tutti a casa… eh… signor Borruso sua figlia non aspetta alcun bambino, mi sono messo d’accordo con lei per scoprire la verità, così anche lei ha potuto sapere perché le sue pecore andavano e venivano e a chi andavano a finire i suoi soldi, metà al maresciallo e l’altra metà tramite il ragioniere a questi vecchietti”. Poi prese un po’ di fiato guardò Figuzzo ch’era in uno stato di totale confusione e gli ordinò: “Appuntato… porti il maresciallo in camera di sicurezza”. Figuzzo con le lacrime agli occhi, commosso da tutto ciò ch’era accaduto, eseguì l’ordine in silenzio anche se ancora non aveva ben compreso tutto ciò ch’era accaduto. Il signor Zummo forse preso dalla commozione non capì bene le parole di Rondino e gli chiese: “Anche mio figlio arrestate Tenente?” “No, penso che avete già sofferto abbastanza, portatevelo a casa”.

Tutti si alzarono piano, quasi si muovessero a rallentatore e sempre con lentezza iniziarono ad uscire dalla stanza del tenente senza proferir parola. La signora Sariddra poveretta si attaccò con la mano al braccio del tenente e con un filo di voce disse: “Grazie Tenente e che Dio la benedica”. Rondino ricambiò il ringraziamento con un cenno del capo mentre staccatasi dal braccio del tenente si allontanava in compagnia del marito e del ritrovato figlio/a, un minuto dopo nell’ufficio non c’era più nessuno. arono pochi secondi e rientrò l’appuntato, era sconvolto, si era lasciato prendere dalla malinconia, Rondino lo guardò e gli accennò un sorriso ma non bastò a far cambiare il suo stato d’animo e con lo sguardo triste e a voce bassa disse: “Tutto a posto Tenente, certo mi è dispiaciuto arrestare il maresciallo, questo è il primo arresto che eseguo da quando faccio il carabiniere.” Dette quelle parole si sedette, si tolse il berretto e lo poggiò sulla scrivania del tenente, poi lo guardò e chiese: “Ma quand’è che ha scoperto tutto tenente?” “Adesso Figuzzo, fino a qualche minuto fa avevo pure io una gran confusione e non essere dispiaciuto per il maresciallo, quello era solo uno sciacallo. Figuzzo, ricordati sempre, che chiunque occupi un ruolo pubblico è preposto ad assolvere ai problemi dei cittadini non ai propri interessi, tanto meno alle proprie tasche, una cosa in assoluto non deve mai fare: approfittare delle debolezze altrui. Figuzzo, ti posso dire una cosa in confidenza?”, “Si certo signor tenente” “Figuzzo… sei un bravo carabiniere!”. “Grazie tenente” A quelle parole a Figuzzo tremò il mento e si mise a piangere col singhiozzo

come fosse un bambino. Il tenente sorrise, certo del fatto che Figuzzo fosse una persona genuina prima di aggiungere: “Che fai piangi appuntato?... su andiamo che te lo offro io stavolta un buon caffè!”. “No tenente andiamoci a mangiare un cannolo” “Ok Figuzzo vada per il cannolo” “Tenente se in meno di quarantotto ore è riuscito a risolvere due misteri, chissà in un anno quante cose risolveremo insieme. Tenente una cosa però non mi spiego, chi era secondo lei a fare sparire le pecore e a riportarle senza farsi vedere da nessuno?” Rondino sorrise, l’appuntato aveva fatto una giusta osservazione. “Il ragioniere, Figuzzo!” “E come c’è arrivato tenente?” “Semplice Figuzzo, la signora Zummo, ti ricordi che mi parlò del marito che faceva il pastore?” “Si tenente” “Quindi ne ho dedotto che il ragioniere per circa vent’anni crebbe in mezzo alle pecore e che quindi, è perfettamente capace di accompagnare un gregge anche molto grande, tra l’altro era pure a conoscenza degli spostamenti che faceva Fano e perciò poteva agire indisturbato. A fare caciara potevano essere i cani, ma anche qui aveva tutto sotto controllo. Dei cani infatti mi mise inconsapevolmente al corrente Acquazzina, nel momento in cui mi disse che si trovava in campagna con il ragioniere a dare da mangiare ai cani”. “Minchia tenente”

“Figuzzo…” “Mi scusi tenente mi è scappata. Tenente io con un maestro come lei diventerò un grande investigatore ne sono sicuro, lei tenente non se ne andrà via subito, resterà per molto in questa caserma vero?” “Figuzzo, tu sei un bravo investigatore, in quanto a me, non lo so quanto rimarrò, ma ora non pensiamoci a questo… pensiamo ai cannoli”. “Certo tenete pensiamo ai cannoli”.

XXV. Rondino e Figuzzo si mangiano i cannoli

Uscirono dalla caserma e si incamminarono a piedi nella piazza, diretti verso la pasticceria Fiore, era ubicata nel lato opposto al bar di Tanino Pilo subito dopo la fontana. In piazza c’era un gran numero di persone, troppe rispetto al solito, sicuramente tutto quel via vai di gente dalla caserma, aveva suscitato negli abitanti una curiosità irrefrenabile. Arrivati in pasticceria lo sguardo del tenente si soffermò immediatamente su tutti quei dolci disposti in bella vista nelle vetrine interne alla pasticceria, c’era di tutto: Dai cannoli agli sfincioni, dai dolci di mandorla alle cassate siciliane, una vastità di odori e di colori difficile da descrivere. Era una goduria per gli occhi e per l’olfatto, oltre che naturalmente se mangiate, per il palato. Rondino, mentre ava in rassegna tutto quel ben di Dio, si bloccò davanti a una vetrinetta dove erano esposte le bambole di zucchero. Erano decenni che non li vedeva più, da quando giovincello i nonni nel periodo di pasqua li regalano alle nipoti. Ancora una volta si ritrovò a pensare cose successe anni fa, tanto che nonostante l’avesse chiamato più volte il barista non lo sentiva, dovette intervenire Figuzzo: “ Tenente, signor tenente” Finalmente capì di essere chiamato e rispose: “Ah… si, scusa appuntato, dimmi” “Allora lo vuole questo cannolo o no?”

“Certo, ci mancherebbe siamo venuti qui apposta” Il barista gliene diede uno ciascuno e si sedettero a un tavolino. Quei cannoli erano una goduria. Rondino se lo gustava mangiandolo lentamente, stava per dare un secondo morso e vide Figuzzo al bancone che si prendeva un altro cannolo. Appena glielo servirono ritornò dal tenente e con la bocca piena disse: “Tenente, il troppo lavoro è stato a farmi venire tutta questa fame” Il tenente si fece una risata, aveva capito che Figuzzo era ghiottissimo di cannoli. Terminati i cannoli si fecero servire al tavolo l’acqua e due mezzi bicchieri di ito di Pantelleria che con quei gustosi cannoli si sposava ch’era una meraviglia. Finito di bere il ito Rondino si avvicinò alla cassa per pagare ma il cassiere gli disse: “Tutto apposto tenente offro io” “Ma no che sta scherzando, avanti si paghi” “Tenente mi offendo, la prego accetti, questo è un modo per dargli il mio benvenuto a Prosatti” “Beh… allora che dirle, grazie” “Grazie a lei tenente di essere venuto nella mia pasticceria, io Fiore mi chiamo, Ernesto Fiore” “Allora, buona giornata signor Fiore” “Buona giornata a lei tenente, buongiorno pure a lei appuntato” Figuzzo ricambiò il saluto e uscirono.

XXVI. I Prosattesi cambiano atteggiamento

Appena fuori dal locale Rondino notò una cosa strana. Gli anziani che solitamente stanno dentro i circoli ricreativi a giocare a carte si erano riversati in piazza e discutevano animatamente tra di loro. Il tenente non disse nulla, non chiese spiegazioni neanche a Figuzzo, si incamminarono silenziosamente. Giunti vicino alla fontana, Rondino quasi istintivamente con la coda dell’occhio notò la signora anziana dietro la finestra intenta a ricamare. Oltrearono senza mai dire una parola, arrivati nei pressi dov’erano riuniti gli anziani, la stranezza si concretizzò. Quei vecchietti iniziarono a salutare sia il tenente che l’appuntato quasi come fossero delle star, con frasi del tipo: “Buongiorno tenente”, “Grazie di essere venuto a Prosatti”, “Assabbenirica a vossia tenente”, “Buongiorno pure a lei appuntato” e il saluto era quasi sempre accompagnato: o da un inchino, o da un sorriso, o addirittura dalla livatina di coppola. Il tenente ne fu sorpreso e imbarazzato, contraccambiava quei saluti con un sorriso. Figuzzo invece alzò il braccio e salutò per tutto il percorso come fosse una star. L’atteggiamento di quei cittadini era completamente cambiato rispetto al giorno prima. La spiegazione a tutto ciò Rondino la trovò subito, perché nonostante fosse stato per tanto tempo fuori, buon sangue non mente, sa perfettamente come ragionano i siciliani! A differenza di quando arrivò, la gente cambiò atteggiamento, perché, mentre

prima pensavano che per aver assegnato un tenente in una caserma in procinto di essere chiusa e in un paese con così pochi abitanti nel quale non accade nulla di particolare, doveva essere per forza un minchia! E loro ai minchia, non danno confidenza. Visto però che in meno di ventiquattro ore riuscì non solo a ritrovare la figlia dei signori Zummo, ma addirittura ebbe le palle di arrestare colui che fino a poco tempo prima la comandava quella caserma. E arrestare un maresciallo è cosa da uomo cugghiunuto! E loro alle persone cugghiunuti gli riservano il massimo rispetto. Anche al suo collaborate Figuzzo riservarono lo stesso trattamento, nonostante per anni non lo avessero manco considerato. I Siciliani hanno una capacità di far veicolare le notizie che fino ad oggi nessun mezzo di comunicazione è riuscito a superarli. Ma se provi però a chiedere informazioni relative a persone o cose a gente che non conosci, la loro risposta è: “U sacciu nenti!” Arrivati davanti l’ingresso della caserma Rondino si fermò e informò Figuzzo: “Appuntato io non salgo me ne vado ci vediamo domani” “Va bene tenente a domani” “Ah…Figuzzo domani qui ci sarà un vespaio di giornalisti, io dirò che l’artefice di tutto sei tu, che da mesi avevi iniziato le indagini e che ieri si sono concluse con il fermo del maresciallo e che la mia presenza in questa operazione e del tutto casuale” “ Ma perché signor tenente?” “Mi secca discutere con i giornalisti, non sono portato a fare la star, quindi il merito e tutto tuo e questo è un ordine” “Signor si signor tenente, a domani”

“A domani Figuzzo” Figuzzo salì sopra, Rondino invece in macchina, stava per mettere in moto, quando un flash gli ò per la mente: “ Ma chi minchia era quel signore incontrato alla fontana?” Ve l’ho detto anche al tenente ogni tanto scappa dire minchia!

XXVII. Rondino si reca dalla ricamatrice

Per evitare che quel pensiero gli potesse far are un’altra notte insonne decise di andare dalla signora anziana, la ricamatrice. Scese dall’auto e si recò a piedi dalla signora, era ancora li che ricamava, bussò nel vetro della finestra e la signora alzò lo sguardo e chiese: “ che cosa vuole a chi cerca?” “Apra signora il tenente dei carabinieri sono” “ E a me, chi me lo assicura che lei è un carabiniere, se non ha neanche la divisa?” “Come signora, non ha notato che poco fa sono ato con l’appuntato?” “No, non l’ho notato e anche se l’avessi visto, che significa? che chiunque abbia eggiato con un carabiniere è una persona per bene?” La pazienza del tenente stava per finire: “Signora senta per favore, mi vuole aprire o no?” “Va bene tenente tanto non ho nulla in casa, i soldi della pensione mi sono già finiti da un pezzo, perciò anche se è un ladro soldi non me ne potrà prendere” Finì la frase, aprì la porta e lo fece accomodare: “Allora tenente che vuole da me?” “Senta signora, lei a molto tempo dietro questa finestra?” “Quasi tutta la giornata tenente, mi allontano soltanto quando vado a mangiare” “ Signora mi scusi se continuo a porle domande, ma lei ha notato un signore che

si aggira intorno alla fontana?” “ Chi il barbone?” “Esatto signora, il barbone” “Certo che l’ho notato tenente, ma che vuole sapere di questa persona?” “Non lo so manco io signora di preciso, ma penso che lei qualcosa me la possa dire” “che cosa le posso dire tenente?” “Per esempio quanto tempo a vicino a quella fontana e se ci viene tutti i giorni?” “Tenente ma lo sa che fa le domande come fosse un carabiniere vero?” “Ma io sono un carabiniere vero signora” “Ah, ma allora lei è il tenente Frontino? quello arrivato ieri? che arrestò il maresciallo?” Anche alla signora, era arrivata la notizia, quasi in diretta!. “Si signora io sono, ma il mio nome è Rondino” “ Certo, Frontino, ma non me lo poteva dire subito? invece di farmi spaventare, quando me lo sono visto dietro la finestra?” Il tenente tagliò corto: “Mi scusi signora se l’ho fatta spaventare, ma ora che mi ha riconosciuto mi può rispondere?” “ Si tenente, questo signore, viene quasi tutte le mattine, si sciacqua nella fontana e incomincia a dire parole vastasce che non gli ripeto perché mi vergogno, poi scompare” “In che senso scompare”

“Nel senso che non si vede più per un sacco di tempo, a volte anche un mese” “ E quando viene in piazza ci rimane molto?” “No tenente qualche ora” “E quando scompare lei lo sa dove se ne va?” “No tenente, come faccio a saperlo, in paese non lo conosce nessuno, a quanto pare non da molta confidenza” “Perché non è di Prosatti?” “Di dov’è non lo so tenente, so solo, che l’ho visto per la prima volta forse cinque sei anni fa. Quando qualcuno ha tentato di avvicinarlo si è mostrato aggressivo, ma se non è disturbato non nuoce a nessuno” “ Lei sa se dorme da qualche parte se ha una casa?” “No tenente non credo che abbia una casa sua, ho sentito dire però, che la notte la a in una casa abbandonata in fondo alla via Sucalora” “ Grazie signora mi è stata di grande aiuto buona giornata” “Tenente mi dice perché ha voluto sapere queste cose?” “Lo saprà signora, lo saprà” Rondino salutò è andò via.

XXVIII. Rondino va alla ricerca dell’uomo della fontana

Prese l’auto e si recò in via Sucalora in cerca della casa abbandonata. La via non era molto lunga e non ci mise molto a trovare la casa di cui gli parlò la signora, si trovava alla fine della via ed era l’unica in pessime condizioni. Parcheggiò l’auto, scese e bussò al portone. Non rispose nessuno nonostante la sua insistenza, decise allora di forzare il portone, non gli costò tanta fatica, appena gli diede una vigorosa spinta, quel vecchio portone si aprì. Una volta dentro il tenente restò di stucco, il lusso che si respirava all’interno di quell’immobile era indescrivibile, vi erano mobili in stile ottocento siciliano che Rondino riconobbe immediatamente; i pavimenti erano coperti da tappeti di straordinaria bellezza; i tetti erano decorati con dipinti risalenti non si sa a quale periodo, nelle porte interne vi erano dipinti delle immagini e delle decorazioni sicuramente di alto valore artistico, i lampadari a prima vista sembravano in argento e i pendenti erano sicuramente in swarovski, i muri tappezzati con stoffe raffinate e le pareti del corridoio erano pieni zeppi di arazzi e quadri. Il tenente immerso a guardare lo splendore di quella casa non si rese minimamente conto del rischio che poteva correre e continuò tranquillamente a percorrere il corridoio aprendo le porte di ogni stanza, era come ipnotizzato. Quando si rese conto che stava rischiando grosso, aveva già aperto tutte le stanze del piano terra. In fondo al corridoio notò una scala che portava al piano superiore, la percorse facendo molta attenzione, in quella casa ci poteva essere chiunque e gli poteva succedere la qualsiasi cosa. Arrivato al piano superiore, iniziò anche lì ad aprire le porte e a controllare le

stanze una ad una, stavolta però teneva in pugno la pistola e faceva molta attenzione, la musica non cambiava le stanze erano addobbate uguali a quelle di sotto. Arrivato a metà corridoio notò una porta a due ante, la apri accese la luce ed ebbe un palpito improvviso, dietro la scrivania posta al centro della stanza sotto la finestra c’era seduto il pazzo. Alla vista del tenente rise e aggiunse: “Benvenuto Tenente” Il tenente manco parlò, ripose la pistola nel fodero e gli andò incontro come un automa, capì che quella persona lo stava aspettando. Si fermò a un o dalla scrivania e guardò quell’uomo fisso negli occhi, l’uomo non si sottrasse allo sguardo del tenente e dopo qualche secondo lo invitò a sedersi. Rondino si sedette e gli fece subito una richiesta: “Le spiace se fumo?” “No tenente anch’io purtroppo fumo” Si accesero le sigarette per tranquillizzarsi, come fanno i saggi indiani quando fumano il calumet della pace. Verso metà sigaretta Rondino interruppe il silenzio: “ Allora, posso sapere come vi chiamate?” “Si tenente, il mio nome è Sergio Bianchi” “Lei non è di qua vero signor Bianchi?” “No signor tenente io sono di Treviso, lo stesso paese dove lei prestava servizio fino a poco tempo fa”. Il tenente ebbe un sussulto non riusciva a capire chi fosse in realtà quel signore,

poteva essere chiunque, un pazzo, uno psicopatico, un maniaco, riuscì però a non farsi sopraffare da questi cattivi pensieri, mantenne la massima calma e continuò a porre domande: “ Senta come mai si trova qua?” “E’ una lunga storia tenente” “Guardi io non ho fretta, posso rimanere tutto il tempo che vuole, ma prima mi spiega come fa ad avere una casa cosi?” Quella casa dall’esterno era inguardabile, le finestre erano cadenti, i muri scrostati con delle vistose crepe, chiunque l’avesse vista da fuori avrebbe consigliato di abbatterla, ma appena si entrava non si poteva fare altro che rimanere a bocca aperta. “Si riferisce all’interno o all’esterno?” “Non mi prenda in giro signor Bianchi, per quanto riguarda l’esterno una spiegazione me la sono data è l’interno che non riesco proprio a capire” “Tenente lei conosce Tom Ros?” “Tom Ros?… Ah si mi pare che ho letto qualche suo libro, si certo lo scrittore inglese di gialli” “Bravo tenente, ma non è inglese, quello sono io!” Dopo quella affermazione Rondino ebbe uno sbandamento psicologico, questo signor Bianchi o come cavolo si chiamava, era come una scatola cinese, gli toglievi un’identità e ne compariva immediatamente un’altra. “Come lei? Mi spieghi non riesco più a seguirlo” “Tenente è il mio pseudonimo; è il nome che mi ha dato il mio editore per un fatto prettamente commerciale” “Ho capito, mi dice che ci fa qui a Prosatti da un po’ di anni a questa parte?” “Tenente gli potrei dire che vengo qui per scrivere i miei libri e mi spaccio per

pazzo per evitare che qualcuno mi riconosca e possa invadere la mia privacy, ma non è niente di tutto questo tenente” “ Senta signor Bianchi o Ros, mi fa la gentile cortesia di spiegarmi tutto con calma?” “Certo Tenente a lei posso dire tutta la verità, anche perché una parte del mio successo letterario lo debbo proprio a lei, molte volte ho preso spunto dalle sue indagini che venivano riportate dai media per scrivere i miei romanzi.” “ Ah mi fa piacere, ne sono lusingato” “Tenente questa storia risale a molti anni fa, quando io ancora giovane, conobbi una bellissima ragazza, tanto era bella ai miei occhi, che la definì la più bella del mondo. Me ne innamorai subito ma non ebbi mai modo di esplicitargli questo mio sentimento. Capì che la cosa non era ricambiata, in quel periodo il suo pensiero era altrove. Diventammo amici e nel corso degli anni, ci siamo rivisti tante volte, ma sempre come da buoni amici. Un giorno caso volle capitò che ci sentimmo telefonicamente, lei stava attraversando un brutto periodo. Le telefonate, si intensificarono sempre più e di li a poco ci siamo messi assieme. E così che dicono i ragazzi di oggi vero tenente?” “Certo signor Bianchi, proprio cosi” “Io in quel periodo lavoravo in banca e guadagnavo abbastanza bene, ma già da ragazzino coltivavo un sogno che non è mai scemato nel tempo, il sogno era quello di diventare scrittore. Questa ione con il are del tempo invece di affievolirsi cresceva sempre più.

A me piace stare in mezzo alla gente, incontrare volti, persone, luoghi, conoscere storie, ascoltare anziani, giovani, in poche parole l’esatto contrario di ciò che facevo in banca. Veda tenente stare tutto il giorno chiuso in una banca, per uno come me, era come se ad ogni giorno una parte di me morisse, mi sentivo soffocare, mi mancava il respiro, avevo la sensazione come di avere venduto la mia vita. Spesso mi chiedevo qual’era il senso del lavoro, anche se ben retribuito, se poi non puoi disporre della tua vita. Un giorno rappresentai tutto questo alla mia donna e in qualche modo, condivise il mio stato d’animo, tanto che mi invogliò a fare qualcosa. Nel frattempo lei aveva immaginato tutta una serie di cose, tra queste il matrimonio e infatti di li a poco decidemmo di sposarci. Non ò molto tempo ed io un bel giorno, dopo una accesa discussione con il mio direttore mi licenziai. La cosa da parte sua non fu presa molto bene e nonostante l’amore, il nostro rapporto incominciò a logorarsi sempre più. Il fatto poi di non aver avuto figli e i problemi economici che incontrammo non avendo alcun altro reddito fecero il resto. Tre anni dopo il matrimonio, ci lasciammo, ricordo che in quella occasione me ne disse di tutti i colori, mise in dubbio persino l’amore che provavo per lei. Ne fui mortificato di questa cosa , una parte di me era come se si fosse staccata dal mio corpo. Tempo dopo seppi che andò via da Treviso, io invece mi gettai anima e corpo nella scrittura, ai dei periodi nerissimi a cui non auguro proprio a nessuno. Finalmente qualche anno dopo riuscì a pubblicare il mio primo libro. Grazie a Dio fu un successo clamoroso e così sono diventato lo scrittore che lei

oggi conosce. Tenente mi permette di bere un po’ d’acqua prima di continuare?” “Ci mancherebbe pure” “Lei ne vuole?” “No grazie signor Bianchi” Il signor Bianchi si versò mezzo bicchiere d’acqua dalla bottiglia che aveva sotto la scrivania, la bevve e continuò: “Circa sei anni fa seppi che si era trasferita qui a Prosatti tramite un mio amico che fa l’agente di commercio, mi disse che stava bene e che conviveva con un signore del luogo. Un giorno preso dalla voglia di rivederla pensai di venire. Veda tenente, capisco che ai suoi occhi, posso apparire come una persona non tanto normale, ma le assicuro che l’amore che provo per questa donna… come glielo posso spiegare; ce l’ha presente lei cosa accade se prova a riempire uno solo di due vasi comunicanti? tutte è due raggiungono lo stesso livello, per me lei è la persona che riesce a riempire tutti i miei vuoti. Di questa donna ne adoro il respiro, il profumo delle sue carni, la sua saliva e ogni suo movimento, sarebbe stata troppo perfetta se non fosse testarda com’è, per questo ci siamo lasciati; dico ci siamo, perché io non ho fatto nulla per trattenerla a me, mi sentivo troppo ipocrita per non averle saputo dare le cose che lei desiderava” “Capisco” Il signor Bianchi stette qualche secondo senza parlare, fece un grosso respiro e continuò: “ Una volta arrivato qui ebbi conferma di quanto mi disse questo mio amico. Pensai che sicuramente lei era riuscita a trovare il suo equilibrio e che non fosse giusto da parte mia irrompere nella sua vita facendomi riconoscere.

Decisi quindi di mettere su tutta questa messa in scena fingendomi un folle agli occhi della gente di questo paese e così potei raggiungere due obbiettivi: uno di poterla ogni tanto vedere senza essere riconosciuto e l’altro che nessuno mi disturbasse” “Signor Bianchi lei che è un trevigiano mi spiega come fa a parlare quasi perfettamente la lingua siciliana?” “Semplice tenente, ho registrato un sacco di discorsi che facevano le persone nei bar e nelle piazze del paese, poi tornato a casa me li riascolto con calma e cosi, ho imparato a pronunciare le parole fino a quasi raggiungere la perfezione”. “Perché quando mi ha incontrato non se n’è andato via invece di venire a parlare con me?” “ Forse perché era la prima volta che vedevo una persona amica qui a Prosatti, anche se non ci conoscevamo personalmente, o forse perché mi faceva piacere poterle dare delle informazioni su quelle persone che ieri fecero la processione nel suo ufficio. Ormai sono molti anni che frequento Prosatti e dunque direttamente o indirettamente conosco tutti, questo è anche il vantaggio di essere matti, la gente parla tranquillamente, tanto a un matto chi gli darà mai retta.” “E la casa?” “ Ah… si, la casa, come può ben capire, ormai non ho certamente problemi economici e perciò, ancor prima di venire per la prima volta a Prosatti, mandai qui un mio avvocato, al quale ho dato incarico di comprarmi una casa. Gli descrissi prima esattamente come la desideravo, sapendo che non solo ci avrei ato molto tempo della mia vita ma che non doveva dare assolutamente nell’occhio, stante che avevo immaginato come mi sarei comportato una volta qui. “Ho capito signor Bianchi pensa di continuare per tutta la vita questa sceneggiata? Non pensa che sarebbe il caso di rassegnarsi e provare a vivere la sua vita in maniera tranquilla?” “ Tenente queste sono le parole di qualsiasi persona razionale, ma l’amore non è

razionale io credo che ognuno di noi ha un angelo custode in questa terra e io forse sono il suo angelo custode” “E lei c’è l’ha un angelo custode signor Bianchi” “Penso di si, anzi ne sono convito” “E chi sarebbe?” “Mah…, forse è lei signor tenente, se no perché mai sarebbe venuto a trovarmi oggi” Il tenente decifrò esattamente cosa volesse dire il signor Bianchi con quell’affermazione: “Mi dice come si chiama questa donna signor Bianchi?” “Certo tenente, si chiama Marcella Toniolo ed è la donna di Cozzu Pulito” Al tenente gli si gelò il sangue nelle vene, ma non si permise di dire una sola parola in merito, si limitò soltanto a dirgli: “Buona fortuna signor Bianchi e speriamo che un giorno ci possiamo rincontrare in una situazione migliore di questa” Il signor Bianchi non seppe dire altro che: “Grazie molte tenente” Rondino si alzò, aprì la porta, uscì dalla stanza, chiuse e andò via.

XXIX. Il tenente va a trovare la signora Toniolo

Salì in macchina è telefonò a Figuzzo: “Pronto appuntato, Rondino parla” “Ah, tenente, mi dica” “Senti, mi sai dire dove abita Cozzu Pulito?” “Si tenente, ma perché lo vuole sapere?” “Senti appuntato non fare domande ora, allora mi dici dove abita?” “Si certo tenente abita in via Baronello, subito dopo la curva, al civico diciotto” “Grazie appuntato… ah una cosa, sai se lui è al bar?” “Lui chi tenente?” “Ma come lui chi? Cozzu Pulito.” “Si tenente al bar è, parla con degli amici, la sera non se ne va mai prima delle otto” “Grazie Figuzzo a domani” Chiuse il telefono mise in moto e parti. A Rondino quella storia lo intenerì, le ricordò i tempi della scuola quando studiò Romeo e Giulietta, ma forse quelli non avevano un angelo custode ecco perché finì in tragedia. Pensò che doveva fare qualcosa, l’amore e il rispetto che nutriva il signor Bianchi per quella donna doveva essere davvero grande, se a distanza di tanti anni e nonostante fosse stato lasciato e non mancandogli ne soldi ne occasioni si

fosse finto persino pazzo solo per poterla vedere, sapendo tra l’altro di essere pure una zoccola. Ormai si era convinto doveva fare qualcosa, se no che razza di angelo custode sarebbe stato. Mentre ruminava questi pensieri stava percorrendo la strada principale del paese, quando vide sulla sua destra un’insegna che indicava “via Baronello”, non mise neanche la freccia, girò istintivamente. Quando arrivò al civico diciotto, fermò l’auto, scese e andò a suonare il citofono di quella abitazione. Una voce di donna gli rispose quasi immediatamente: “Chi e?” “Senta lei è la signora Marcella Toniolo?” “Si io sono, cosa è successo?” “No niente signora mi scusi, sono Rondino il nuovo comandante dei carabinieri” “Senta se cerca mio marito non c’è, lo può trovare al bar della piazza a fianco la caserma” La signora aveva una voce aggraziata e quel suo poco di accento nordico che gli era rimasto la rendeva ancora più dolce. “Senta signora mi potrebbe aprire per favore, ho bisogno di parlare con lei” “Tenente ma che vuole da me, torni più tardi quando rientra mio marito” La signora era molto restia, il tenente capì che non l’ho avrebbe fatto entrare, decise allora di giocarsi la sua carta: “Senta signora mi perdoni, lei per caso conosce il signor Sergio Bianchi?” La signora appena il tenente fini di pronunciare quel nome si precipitò ad aprire il portone; aprì:

“Che gli è successo tenente?” “Mi fa accomodare?” “Certo entri, entri pure tenente” La signora nonostante avesse una cinquantina d’anni era ancora una bellissima donna. Gli fece strada e si accomodarono nel soggiorno, uno di fronte all’altro, la signora stava sulle spine aveva un assoluto bisogno di sapere: “Tenente lei come conosce Sergio? Cosa gli è successo?” “No signora non si preoccupi non gli è successo nulla, in quanto a come lo conosco sarebbe una lunga storia da spiegare, invece mi dica una cosa, è da molto tempo che non lo vede?” “Si tenente saranno ormai dieci anni” “E in questi anni non vi siete mai visti ne sentiti?” “No tenente assolutamente, anche perché, lui sta a più di mille chilometri da qui. Ma perché mi fa queste domande tenente?” “E perche signora, per colpa dell’angelo custode” Rondino ha questa capacità di andare ad infilarsi in situazioni che molte volte non hanno nulla a che vedere con il suo lavoro, ma è fatto cosi, non riesce proprio a sottrarsi, specialmente se c’è da dare una mano a qualcuno. “Che c’entra l’angelo custode tenente?” “Oggi é la giornata di Arcangelo e di angeli , ma la storia sarebbe troppo complicata da spiegare, invece mi dica una cosa, è da molto che sta con Aspano Murrino? Siete sposati? “No tenente non siamo sposati, ma stiamo insieme più o meno da sette lunghi anni” “Perché lei era già stata sposata con il signor Sergio Bianchi vero?”

“ Veramente io ancora risulto sposata con Sergio, quando ci siamo lasciati, ne io ne lui abbiamo chiesto il divorzio. Ma lei come fa a sapere tutte queste cose?” Signora io un carabiniere sono; senta facciamo un patto, lei mi racconta tutta la sua storia, da quando si è lasciata con il signor Bianchi ad oggi ed io le prometto di raccontarle come faccio a sapere tutte queste cose” “Va bene” La signora prese un po’ di fiato, si rilassò e iniziò a parlare: “Come lei sa io e Sergio eravamo sposati, ma lui ha avuto sempre un pallino in mente, voleva fare lo scrittore .Un giorno di punto in bianco si licenziò dal suo lavoro senza neanche avvisarmi. Aveva deciso di dedicarsi esclusivamente a questa sua grande ione. Io in quella occasione mi arrabbiai molto perché non solo non mi avvisò, ma non ha minimamente valutato quello che ci avrebbe comportato. Infatti finiti tutti i risparmi che avevamo, fui presa dalla disperazione, pensai che si era comportato da grande egoista, anzi che mi aveva mancato di rispetto. Ogni giorno che ava la situazione si faceva sempre più pesante; lui faceva finta di non capire e continuava a scrivere e a inviare manoscritti alle case editrici, ricevendo sempre la solita risposta; c’è l’ho ancora in mente: il suo è sicuramente un buon lavoro, ma la nostra casa editrice non ha in programma di pubblicare tale genere di opera. Mentre il tempo ava e lui invece di prendersi le sue responsabilità, quello di assicurare il giusto sostentamento alla famiglia, si chiudeva sempre più in se. Neanche quando andavo in escandescenza e minacciavo di lasciarlo apriva bocca. Questa cosa mi mandava sempre più in bestia, avevo come la sensazione di impazzire L’uomo che mi riempiva di attenzioni non c’era più! Io non ero più al centro della sua attenzione, mi sentivo allontanata, ho pensato che tutte le belle parole e le attenzione che mi aveva riservato erano tutte cose finte e mi sentì profondamente delusa.

Un bel giorno in balia della esasperazione, mi presi le mie poche cose e me ne andai. Lui pur essendo lì presente, non ci provò nemmeno a fermarmi, ebbi la convinzione che di me non gli importasse nulla. Nei giorni successivi pensavo che mi venisse a trovare, ma non fu cosi. Il tempo trascorreva veloce e un giorno mi venne a trovare un suo amico che io conoscevo. Questo signore faceva l’agente di commercio in Sicilia in quel periodo e mi invitò a are una settimana con lui proprio qui a Prosatti. Accettai ed ebbi modo si conoscere e apprezzare la gente del luogo, erano tutti carini e gentili con me. Mi innamorai del sole, del mare e dei profumi di questo luogo. Questo suo amico in quei giorni mi promise di tutto; mi disse che io gli piacevo molto e che lui mi avrebbe fatto vivere come una regina, mi trovò persino un lavoro promettendomi che ci saremmo trasferiti qui e avremmo messo su famiglia. Io ne fui entusiasta di questa cosa, non sapevo che lui aveva già una famiglia e che qui ci veniva una settimana all’anno per fare il giro dei suoi clienti. Trascorsa quella settimana mi disse che doveva andare su per qualche giorno e che io potevo rimanere tranquillamente qui, perché al massimo in tre giorni e sarebbe ritornato, da allora non l’ho più rivisto. Per farla breve tenente, non me ne andai più da qui, continuai a lavorare in una gioielleria e fu lo stesso gioielliere a dirmi che era sposato. Tempo dopo conobbi Aspano, mi disse che era divorziato e dopo esserci frequentati un po’ avendo sempre sognato di avere una famiglia con dei figli, siamo andati a vivere assieme. Questo è quanto tenente” “Signora mi scusi la domanda, ma lei lo sa cosa pensa la gente del luogo di lei?” “Certo che lo so tenente” “E se l’è chiesto perché?”

“Certo tenente all’inizio che ero qui, spesso i clienti che mi venivano a trovare al negozio mi invitavano a prendere un caffè o magari a mangiare una pizza e io a volte accettavo volentieri non conoscendo la mentalità di qua, infatti queste persone con cui mi capitò magari solo scambiarci due parole per strada, andavano poi a vantarsi con i loro amici e quando non esageravano, dicevano che ci ero stata a letto” “Senta signora lei sa che lavoro fa il suo attuale compagno?” “Si, so che collabora con voi” “E lo sa che il maresciallo che c’era prima gli dava un sacco di soldi?” “Certo che lo so tenente” “Mi sa dire il perché di questi soldi?” “Secondo lei perché ero restia ad aprirgli tenente, il maresciallo non si faceva sfuggire occasioni per provarci con me, perciò cercava di tenersi buono mio marito, dandogli spesso soldi senza alcuna giustificazione. Aspano sapeva tutto, io stessa glielo dissi, ecco perché non volevo aprirgli, ho pensato, dato le voci che corrono su di me in paese, ci volesse provare pure lei” “ Ha pensato male signora” Il tenente durante tutto il racconto della signora non fece altro che guardarsi attorno. In quella stanza, di lusso non se ne vedeva proprio, notò invece una libreria piena zeppa di libri, nel ripiano di centro ne vide una serie quasi tutti uguali, erano almeno dieci e in uno riuscì a leggere il nome dell’autore, Tom Ros. Stava pensando a come dirgli che quel nome in realtà altro non era che Sergio Bianchi, quando la signora: “Tenente e allora mi dice come conosce Sergio?” Il tenente invece di risponderle, gli fece un’altra domanda: “Signora lei a questo Sergio vuole ancora bene?”

“Certo… ma che significa questa cosa ora tenente, lei continua a non rispondermi” “Le rispondo non si preoccupi le rispondo, signora a lei piacciono i libri gialli?” Si mio marito… Eh Sergio voleva diventare uno scrittore di gialli. Un giorno che ero in libreria mi capitò tra le mani un libro di questo autore inglese Tom Ros, lo comprai e una volta letto me ne innamorai, da allora tutte le volte che esce un nuovo romanzo di questo autore lo compro” “Signora ma lei Aspano lo ama?” “ Tenente per favore, non mi metta in imbarazzo, voglio bene… ci teniamo compagnia” “Economicamente state bene?” “Fino a quando c’era il maresciallo che gli dava tutti quei soldi si, ora da un po’ di mesi tiriamo avanti a stento” “E non le sembra invece ora che sia Aspano a mancargli di rispetto?” “Si tenente mi sembra di rivivere il periodo quando stavo con Sergio” “Ma com’è che una signora come lei sta con Aspano?” Tenente io come le dicevo, ho sempre sognato di avere una famiglia, non volevo certo rimanere da sola; cosi la reputazione che mi sono fatta stanca di stare da sola ho deciso di…” “Ho capito signora, se io le dicessi che il signor Sergio le è stato sempre vicino?” “Ma che dice tenente non mi prenda in giro” “Non la prendo in giro signora, quell’autore che lei ama tanto, Tom Ros, altro non è che Sergio Bianchi” La signora rimase a bocca aperta, i suoi occhi si erano riempiti di lacrime, diventò pallida, come se stesse per svenire e sulla fronte le si formarono delle goccioline d’acqua.

“Tenente mi scusi torno subito” Uscì di corsa, mancò qualche minuto e ritornò. Sicuramente era andata in bagno a sciacquarsi il viso. Ma i suoi occhi non riuscivano a trattenere le lacrime, si sedette e rimase immobile senza dire una parola. Rondino si preoccupò: “ Signora tutto a posto?” “Si tenente non è nulla ora a” Si asciugò gli occhi, tirò un sospiro e riprese il discorso: “ Tenente perché mi ha detto che Sergio mi è sempre stato vicino?” “Perché è vero signora lo potrà verificare lei stessa” “E come tenente?” “Lo saprà se lei mi promette che farà una cosa” “Che dovrò fare Tenente?” “Deve promettermi che lascerà Cozzu Pulito” “ Ci avevo già pensato da qualche tempo; ma perché lei vuole che io faccia questo?” “ Perché ha una moglie che lo aspetta, esattamente come lei ha un marito che l’aspetta” “Ma io tenente a differenza della signora, mentre stavo con mio marito, non sono mai andata con altri” Il tenente rimase sorpreso da quell’ affermazione e rifletté sul fatto che anche questo gli disse il pazzo, o Tom, o come cavolo si chiama quando lo incontrò per la prima volta alla fontana, mai avrebbe pensato che il signor Bianchi si riferisse alla vera moglie di Cozzu Pulito non alla compagna con cui stava, cioè alla

presente signora Toniolo. La signora Teresa quella sera non disse che aveva cornificato il marito, disse solo che il marito se ne andò con una che si era fatta tutto il paese. Fatta quella riflessione il tenente continuò: “Allora signora me la fa questa promessa?” “Si tenente ognuno di noi ha il nostro destino e se il mio e di rimanere sola per il resto della mia vita lo accetterò.” “Non resterà da sola signora ne sono certo, c’è una nuova vita che l’aspetta se lei farà esattamente quello che dirò” “Che debbo fare tenente?” “Appena viene Aspano le faccia una bella scenata, una di quelle che solo voi donne sapete fare, gli dica di andarsene e di non farsi vedere mai più, le dica pure che è venuta sua moglie a cercarlo, gli dica che lei non vuole più stare con un bugiardo morto di fame, insomma signora lo mortifichi faccia tutto ciò che occorre fare per farlo scappare a gambe levate affinché se ne ritorni da sua moglie” “E dopo che avrò fatto questo?” “Domani mattina alle otto in punto si rechi alla fontana, li troverà il suo angelo custode che gli saprà indicare la via della felicità” La signora lo guardò con gli occhi sbarrati non capì nulla, cosa c’entrava la fontana, l’angelo custode, decise però di fare esattamente tutto quello che gli consigliò il tenente: “D’accordo tenente lo farò.” Rondino guardò l’orologio, erano quasi le otto di sera pensò che da un momento all’altro poteva arrivare Cozzu Pulito. Si alzò dal divano e allungò la mano per salutare la signora.

Anche lei si alzò ma invece di allungarle la mano lo abbracciò forte. Rondino rimase immobile, fermo come fosse una statua, ancora una volta gli occhi della signora si riempirono di lacrime, Rondino la guardò e le sorrise: “Buona fortuna signora” Si avviò all’uscita, la signora lo seguì ,gli aprì il portone e lo fece uscire. Rondino si allontanò, ma non si girò a guardare dietro, forse le lacrime agli occhi erano spuntate pure a lui.

XXX. Rondino rientra nella pensione

Salì in macchina e partì in direzione della pensione. Era sfinito, la stanchezza accumulata durante tutta la giornata si fece sentire. Anche il suo stomaco iniziò a ribellarsi. Durante il tragitto vide una pizzeria, si fermò e ordinò una pizza. Finì di mangiare andò alla cassa per pagare ma anche il titolare della pizzeria non lo fece pagare. Usci dalla pizzeria ch’erano quasi le nove. Un quarto d’ora dopo, era nell’ingresso della pensione. Salutò la signora Teresa, si fece dare la chiave della sua stanza e si avviò verso le scale. Questa volta però, a differenza della sera precedente anticipò la signora: “Ho cenato stasera signora Teresa!” Salì sopra saltando i gradini della scala a tre a tre. Ebbe il tempo di spogliarsi e il suo telefono squillò ancora, era Figuzzo: “Pronto tenente, l’appuntato sono, la disturbo?” “Noooo, dimmi Figuzzo” “Lo volevo avvisare, che poco fa sono venuti gli agenti della polizia penitenziaria, si sono presi il maresciallo e l’hanno trasferito in carcere” “Ah, grazie di avermi avvisato appuntato, buonanotte”

“Mi scusi tenente, non chiuda, un’altra cosa gli debbo dire” “Cosa Figuzzo?” “Veda che ha chiamato il magistrato, cercava lei, mi disse di avvisarlo che entro domani mattina, vuole trovare un rapporto completo sulla sua scrivania” “Va bene, domani lo farò” “Ok tenente, allora la saluto a domani” “A domani appuntato, buonanotte” Buttò il telefono sul letto e si andò ad infilare sotto la doccia. Stette un bel po’ sotto l’acqua perché lo faceva rilassare. Quando uscì, si sentiva debole, senza forze sicuramente l’acqua calda gli aveva fatto abbassare molto la pressione sanguigna, non riuscì nemmeno ad asciugarsi i capelli con il fon. Si asciugò velocemente con un asciugamani e si buttò sul letto a braccia aperte un minuto dopo cadde in un sonno profondo. Verso le ventitré fu svegliato dal forte vociare proveniente dal piano sottostante. Si alzò di scatto ed ebbe un lieve capogiro, si indirizzo verso il bagno si sciacquò la faccia per riprendersi un po’ e si sedette sul letto. Tentò di capire quello che stesse accadendo. Le voci arrivavano forti nella sua stanza, ma non riusciva a decifrare le parole. Indossò una vestaglia per andare a controllare cosa stesse succedendo. Aperta la porta riconobbe le voci, erano quelle della signora Teresa e di Aspano Murrino. Si diede un colpo in testa, non avrebbe mai pensato che nel giro di qualche ora Cozzu Pulito sarebbe corso da sua moglie.

Capì di cosa si trattava e poteva ritornarsene tranquillamente a dormire. Ma la curiosità fu tale, che scese tutte le scale fino ad arrivare nei pressi della cucina. Le voci provenivano da quella stanza, sbirciò all’interno attraverso la porta ch’era rimasta socchiusa e gli si presentò una scena tra il comico e il patetico. Cozzu Pulito stava inginocchiato di fronte alla moglie prostrandosi ai suoi piedi. La signora Teresa era con i capelli per aria e gridava in direzione del marito come fosse una pazza, tanto che alcune parole manco si capivano, sembrava che stesse recitando una litania: “Vigliacco, mascalzone, che sei venuto a fare? i piedi mi dovresti baciare, dopo tutto quello che ho fatto per te” Rondino rise di cuore ma senza farsi sentire, il suo dilemma era se la signora si riferisse al fatto di averlo cornificato a al fatto di averlo sposato e mantenuto. La signora continuava a inveire sempre più convintamente, Aspano invece aveva inserito un disco e ripeteva in continuazione la stessa cosa: “Perdono, perdono, perdono” “Ma quale perdono scimunito, quale perdono, come posso perdonare un minsugnaru comu tia, delinquente, verme; tu non sei un uomo, sei un verme; che pensi che basti venirmi a chiedere perdono per accoglierti? No, non è cosi, hai fatto male i tuoi conti, verme!.” Rondino se la scialava gli era sparita sia la stanchezza che il sonno, era troppo divertente ascoltarli, ma ancor di più assistere alla scena. Era ata all’incirca un’ora da quando il tenente udì le prime voci. Cozzu Pulito era stato mortificato a sufficienza e non solo dalla signora Teresa, sicuramente prima lo aveva fatto la signora Marcella.

A un certo punto non né poté più, ebbe uno scatto d’orgoglio; prese il coraggio a due mani e reagì a tutta quella caterva di male parole che la moglie le indirizzava da più di un’ora. Si alzò di scatto e con gli occhi rossi pieni di rabbia disse: “Ora basta; non ne posso più, è vero che mi sono comportato male nei tuoi riguardi, ma anche tu hai le tue colpe e poi, se non mi vuoi perché sei venuta a cercarmi?” La signora non s’impressionò dall’atteggiamento minaccioso del marito: “Io, a cercare te? ti sembro pazza? Io non ho alcun bisogno di te verme, se sono riuscita a sopravvivere per tutto questo tempo, pensi che non ci possa riuscire in futuro? ti sbagli caro mio ti sbagli di grosso.” “Beh… allora non sono più disposto a sopportare altre mortificazioni, perciò me ne vado e stavolta è per sempre!” La signora Teresa prese un mestolo che si trovava in bella vista, si avvicinò al marito con un atteggiamento così minaccioso che per un attimo, si spaventò persino Rondino che da dietro la porta assisteva alla scena. Teresa arrivò a un o dal marito col mestolo alzato; socchiuse gli occhi e abbassò il tono della voce: “ Se provi ad uscire da questa stanza ti spacco la testa come un melone!” Cozzu Pulito gli tolse il mestolo e l’abbracciò. Rondino capì che avevano fatto pace e senza fare rumore alcuno, se ne tornò nella sua camera e si mise a letto. Dal quel momento non si udì più nulla. Ormai era quasi l’una di notte quando Rondino si addormentò, in faccia aveva stampato un sorriso. Forse sognava quello che stavano facendo Teresa e Aspano.

XXXI. Figuzzo chiama Rondino

Erano all’incirca le nove del mattino quando Rondino fu svegliato dall’insistente trillare del suo telefono. Non aveva alcuna voglia di rispondere ma vista l’insistenza: “Pronto con chi parlo?” “Tenente mi scusi se l’ho disturbata ma in caserma stamattina pare che ci sia stato lo sbarco dei mille” “I mille ? ma che dici appuntato che succede fammi capire” “Tenente qua ci sono giornalisti di tutti i tipi, telecamere, fotografi, cercano lei vogliono sapere perché abbiamo arrestato il maresciallo, che faccio tenente” “Come che fai non te l’ho detto ieri, li fai accomodare nella stanza a piano terra e gli dici che erano mesi che stavi indagando su questo caso e quando hai trovato le prove hai proceduto all’arresto, esattamente come ti dissi ieri ok? buonanotte Figuzzo” “Ma quale buonanotte e buongiorno tenente chi aveva mai visto tanti giornalisti tutti assieme, io al massimo pensavo che ne fossero venuti uno o due e già avrei avuto problemi a parlargli, immagini con tutti questi io mi emoziono, divento rosso in viso chissà le minchiate che sparerò” Rondino stranamente questa volta non lo riprese anzi, rincarò la dose: “Senti Figuzzo spara tutte le minchiate che vuoi basta che parli e li mandi via. Prima o poi tanto dovrai imparare a parlare con i giornalisti” “ Ma tenente io non ne so…” Rondino lo interruppe bruscamente:

“Figuzzo è un ordine ci siamo capiti?” “Signor si signor tenente, soccu ricu ricu” “Ecco bravo quello che vuoi dire dici, buon lavoro” ò un secondo e il telefono del tenente ricominciò a suonare: “Pronto, ancora? che succede appuntato?” “Mi scusi tenente, ho dimenticato di dirgli, che ha richiamato il magistrato; vuole immediatamente il rapporto relativo all’arresto del maresciallo. Tenente era pure incazzato perché stamattina già lo voleva nella sua scrivania” “Non ti preoccupare per questo ci penso io e se ti dovesse richiamare digli che non sai nulla e che non sei riuscito a metterti in contatto con me, ciao appuntato” Non gli diede manco il tempo di salutare, Rondino aveva già chiuso la telefonata. Rondino quel giorno non aveva voglia di incontrare nessuno. Aveva deciso di alzarsi verso le undici, farsi una doccia, fare colazione, leggersi i giornali e infine farsi una eggiata in macchina magari fumandosi una sigaretta. Ma una cosa più di tutti gli premeva, era curioso di sapere se Cozzu Pulito fosse ancora lì con la signora Teresa. Scese ch’erano quasi le undici e trenta, c’era un silenzio assoluto. Arrivò giù è trovò Cozzu Pulito che stava ando lo straccio nell’ingresso, posò le chiavi e si girò in direzione di Cozzu Pulito: “Buongiorno signor Murrino” Aspano si girò di scatto e ricambiò il saluto, ma avendolo riconosciuto gli si avvampò il viso, sicuramente non era a conoscenza del fatto che Rondino alloggiasse in quella pensione.

La signora invece non si vide, di certo dopo una nottata molto movimentata stava ancora dormendo. Rondino non disse una parola, ricevette il saluto e andò via in fretta. Un solo pensiero attraversò la mente del tenente mentre si allontanava dalla pensione. Chissà che cosa stesse facendo la signora Toniolo, ma fu solo per qualche secondo.

XXXII. Molti mesi dopo

Da quel giorno arono alcuni mesi. In caserma durante tutto questo tempo non ci si annoiò mai, ogni giorno ci fu qualcosa da fare ed il tempo ava veloce. Figuzzo non fu più preso dalla noia, anzi con questo nuovo comandante non aveva mai un momento libero. Era rientrato pure il carabiniere Pietro Berretto un giovane trentenne, anch’egli siciliano, mentre prima impegnava il suo tempo attaccato al telefono a parlare con la fidanzata ora si era lasciato perché non aveva più un momento per chiamarla. Era la vigilia delle festività Natalizie, Rondino dal suo ufficio stava guardando fuori attraverso la finestra. Era intento a guardare la pioggia che scendeva così piano che sembrava cadesse a rallentatore. Era così assorto che non sentì neanche Figuzzo entrare in ufficio: “Tenente, mi scusi tenente” “Ah appuntato dimmi” “Niente tenente gli ho portato la posta” “Grazie Figuzzo posala sulla mia scrivania” “Va bene tenente” Figuzzo poggiò la posta sulla scrivania e uscì. Rondino stette ancora un po’ a guardare fuori, poi si accomodò e iniziò a leggere

la posta, la maggior parte erano biglietti di auguri natalizi, tanto che dopo averne aperto un po’ decise di mettere tutto in un cassetto. Nel fare quell’operazione la sua attenzione cadde su una lettera proveniente da Treviso. La aprì e dentro trovò un biglietto aereo per due persone ed un foglio piegato, lo aprì e iniziò a leggerlo: Al tenente Rondino,il nostro Angelo Custode! Caro tenente, ci scusi se non ci siamo fatti sentire prima, ma avevamo tanta voglia di recuperare il tempo che abbiamo trascorso separati. Questi mesi ci sono serviti a starcene abbracciati e a raccontarci le nostre cose. Ci siamo isolati dal mondo per non essere distratti dalla quotidianità della vita. Troppo tempo dovevamo recuperare e troppe cose avevamo da raccontarci. Ma ora che siamo nel periodo di Natale, il nostro primo pensiero l’abbiamo rivolto a lei. La sua curiosità tenente, ha fatto si che noi ci potessimo rincontrare, perché se quel giorno non fosse venuto in quella fontana, chissà cosa staremmo facendo per ora noi. Oltre alla gioia del nostro ritrovato amore, nella nostra vita è successo un altro straordinario miracolo. Marcella, nonostante l’età è in attesa di un bimbo. Questa cosa ha del miracoloso e ci ricompensa di tutti i nostri errori . Gli chiediamo perciò se accetterebbe di fare da padrino al nostro futuro bambino, sapendo che non ci potrebbe fare regalo più grande. Il biglietto aereo che ha trovato all’interno della busta è un invito se vuole a trascorrere le vacanze di Natale da noi, ovviamente è invitata anche la sua donna.

Dopo le festività natalizie abbiamo intenzione di rifare il prospetto e sostituire gli infissi della casa a Prosatti, gli chiediamo perciò di volergli dare un’occhiata durante i lavori e non appena sarà ultimata vorremmo che ci andasse ad abitare lei. Concludiamo tenente ringraziandola per tutto quello che ha fatto per noi e per quello che sicuramente continuerà a fare. Un Buon Natale di cuore da Sergio e Marcella al nostro caro angelo custode! Rondino ripiegò il foglio che aveva appena letto e lo rimise dentro la busta con il biglietto aereo. I suoi occhi si erano inumiditi, provò una grande gioia nel sapere che quella storia tanto tormentata avesse avuto un epilogo positivo. Chiuse per un momento gli occhi, poi si alzò e si rimise a riguardare fuori dalla finestra quella pioggia che continuava a scendere piano. Alzò gli occhi al cielo e pensò che i miracoli qualche volta accadono!

***** FINE *****

I fatti e i personaggi raccontati in questa storia sono frutto della fantasia dell’autore, ogni riferimento a persone o cose è da ritenersi del tutto casuale! Giovanni Maniscalco.

Tutti i diritti di copyright sono riservati. Nessuna parte di quest’opera può essere riprodotta o trasmessa in qualsiasi forma o con qualsiasi mezzo elettronico, meccanico o altro senza l’autorizzazione scritta dell’autore.

Capitoli

I. Rondino a Prosatti II. Rondino conosce Cozzu Pulito III. I caffè del signor Pilo IV. Iachino Zummo e Sariddra Trombina V. Cozzu Pulito ritorna dal tenente VI. Don Alfonso e il ragioniere Gabriele VII. Lucia si scontra con il ragioniere VIII. Il ragioniere, Don Alfonso e Acquazzina IX. Il tenente e l’appuntato a casa du Rossu X. Rondino conosce Lucia XI. U Rossu riunisce la famiglia XII. Rondino e Figuzzo in giro per Prosatti XIII. In trattoria da Pasquale XIV. Rondino e Figuzzo fanno quattro i in campagna XV. Rondino nella pensione XVI. Rondino finalmente nella sua camera XVII. Rondino prende il caffè al bar di Tanino Pilo XVIII. Cozzu Pulito ancora dal tenente

XIX. Rondino e Suor Celestina XX. Lucia in caserma XXI. Don Alfonso e la moglie dal tenente XXII. Fano Scupiddru e Gabriele Arcangelo raggiungono Rondino XXIII. Il maresciallo a rapporto dal tenente XXIV. Iachinu e Sariddra Zummo, una grande prova XXV. Rondino e Figuzzo si mangiano i cannoli XXVI. I Prosattesi cambiano atteggiamento XXVII. Rondino si reca dalla ricamatrice XXVIII. Rondino va alla ricerca dell’uomo della fontana XXIX. Il tenente va a trovare la signora Toniolo XXX. Rondino rientra nella pensione XXXI. Figuzzo chiama Rondino XXXII. Molti mesi dopo