VENDETTA
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Black shadows
SENZA CONTROLLO
Era il momento; le dieci e quarantotto, come programmato. Steve attendeva appoggiato al muro, con aria volutamente noncurante. Si guardava in giro sorseggiando un caffè lungo, aspettando che loro assero. Ogni giorno, puntuali come un orologio, quei tre uscivano dall'aula una decina di minuti prima della pausa, per non trovare fila alle macchinette del caffè. Quel giorno non andò diversamente. Davanti, bellissima come al solito c'era Olivia, nei suoi costosissimi abiti firmati; poco indietro la seguivano Shane e Carl, con lo sguardo sprezzante di chi sa di avere tutto. Aveva osservato a lungo i loro comportamenti stereotipati; ci era voluto un mese prima di potersi ritenere sufficientemente informato, e perchè no, personalmente pronto ad affrontarli. Non poteva dimenticare che quei tizi, così per bene all'apparenza, erano coloro che avevano ucciso suo cugino. Si sporse in avanti, proprio mentre Olivia ava di fronte a lui. Fece cadere il caffè e centrò il vestito,come previsto. -Mi dispiace- esclamò, fissando negli occhi la ragazza. Erano di un azzurro stupendo, che toglieva il fiato. Aveva scelto Olivia per un motivo; era la più gentile di loro, ed era la prima su cui avrebbe fatto breccia. -Non preoccuparti- esclamò lei con un sorriso forzato, mentre scrutava apprensivamente il suo vestito, come per valutare i danni. -Invece lo faccio- rispose lui senza esitazione, sfoderando il suo miglior sorriso -Fatti offrire qualcosa da bere, questa sera; dovrei assolutamente farmi perdonareLei sorrise ancora, questa volta in modo più convinto. L'aveva scelta perchè era la più impulsiva tra loro, quella che più probabilmente avrebbe accettato un suo invito, anche senza conoscerlo. Attese mentre lei lo guardava interessata, sfoderando la sua noncuranza come fosse un amo e lei la preda. Olivia era una a cui piacevano le sfide, e gliene avrebbe data una senza precedenti.
-Non so nemmeno chi sei- rispose lei, con uno sguardo interrogativo ma anche evidentemente divertito. -Sono Steve, e purtroppo devo dire che è stato un piacere averti sporcato il vestito, o non ti avrei mai conosciutaLei sorrise, colpita dalla sua spudoratezza. -Io non ti ho ancora detto il mio nome, però- rispose senza batter ciglio -E non sono sicura di volerlo fare, in genere non concedo appuntamenti agli sconosciuti-Meno male che io non lo sono più, allora! E poi sei Olivia, e chi può dire di non conoscere Olivia Stadler, in questa facoltà?-Ora devo andare- esclamò lei, guardando gli altri tre amici che la aspettavano Ma ecco il mio numeroDicendo questo prese un foglietto bianco e lo usò per scriverci il suo numero. Era fatta. La prima parte del piano era andata liscia come l'olio; ma il difficile doveva ancora arrivare, Steve lo sapeva bene. -Ti chiamerò- esclamò lui , cercando di assumere il tono più tranquillo possibile. -A questo punto ci conto- rispose lei -Vediamo se sei pazzo quanto sembri, Steve-Non puoi neanche immaginare quanto- rispose lui, prima di voltarsi di spalle. Uscì dalla porta, con il sorriso che ancora bruciava sul suo viso.
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Trascorse il pomeriggio a pianificare la sua prossima mossa. Era arrivato il momento di Carl; sarebbe stato difficile agganciarlo, con il suo carattere irritabile e da bullo, ma era riuscito ad escogitare il modo giusto per farlo. Qualcuno lo avrebbe probabilmente definito da psicopatici, ma non era un tipo
da etichette. Avrebbe avuto la vendetta che voleva, a tutti i costi.
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Osservava i grattacieli in lontananza dalla penombra della sua auto, scintille di luce nel blu elettrico della notte. Aspettava ormai da venti minuti, e temeva che a quel punto non sarebbe più venuto. Riò il piano, studiato sin nelle minime parole, sapendo bene che una singola sillaba, se detta in modo non abbastanza convincente,avrebbe potuto far saltare tutto. Poi, due fari illuminarono la strada: era finalmente arrivato. Scese dall'auto in fretta, e assunse un modo di fare frettoloso, che comunicava impazienza e insicurezza. Quando Carl scese dall'auto, si nascose nella penombra, aspettando che fosse lui a venire. -Chi sei?- urlò l'altro, facendosi avanti -Ho ricevuto il tuo messaggio...Si interruppe nell'istante in cui riconobbe Steve. Quest'ultimo lesse nel suo sguardo incredulità e imbarazzo; si fece avanti anche lui, e andò a stringergli la mano. -Sono Steve- esclamò con tono gioviale, in forte contrasto con la situazione -Ho ricevuto un sms oggi, diceva di venire qui e di portare 2000 dollari, o tutti avrebbero saputo....bè, non sto certo a dirlo a te, il mio segretoLui rimase interdetto un attimo, poi allungò la mano. Se l'era bevuta, pensò Steve. -Io sono Carl- rispose l'altro, guardandosi in giro -Ho ricevuto anche io un messaggio, era firmato “ Le Chavalier” , ma a me non ha chiesto soldi-Cosa altro può volere, scusa?Carl lo fissò a lungo, poi scosse la testa
-Non mi va di parlarne, ma ciò che vuole è in questa valigetta. Ha detto di mollarla in quel capanno e andare via-Si, forse dovremmo andare... Spero perlomeno che questa storia si chiuda qui-Non dirlo a me...Quello che c'è in questa valigetta può mettermi nei guai, e seriamente, anche- Steve sorrise, ed estrasse le chiavi dell'auto dalla tasca. -Ci prendiamo una birra?- chiese Steve, prima di risalire in auto. -Non so cosa tu abbia sentito in giro, ma non sono gay- rispose Carl, con voce piena di scherno. -Nemmeno io, idiota! Quando mi sono trasferito in questa città sapevo che sarebbe stato più difficile fare amicizia, qui, ma non credevo fino a questo punto! Volevo solo bere qualche birra e fare quattro chiacchiere, ma se vedi in questo qualcosa di gay, puoi sempre scappare terrorizzato, non preoccupartiCarl lo fissò per un istante, poi scoppiò a ridere. -Sei forte, amico- esclamò a gran voce -Adoro le invettive, anche quelle deliranti come la tuaStavolta a ridere fu Steve. -E va bene, andiamo a prenderci questa birra- esclamò infine Carl, con tono concessivo. Dieci minuti dopo, erano in un bar, con un boccale da litro in mano. -Non è tanto male, questa città- esclamò Carl, indicando una rossa da urlo seduta al bancone poco distante da loro. Il locale era tranquillo, ma con gli sgabelli di legno e le atmosfere irlandesi aveva un certo stile. -Non hai tutti i torti- esclamò Steve, senza staccare gli occhi dalla ragazza. -Sai, ho sentito alcune voci in facoltà- esclamò poi, fissandolo negli occhi, ma sempre con un sorriso a metà tra il beffardo e il divertito. Carl si mise immediatamente sulla difensiva, scrutandolo con noncuranza da dietro il boccale. Quando riprese a parlare però, il suo tono pareva tranquillo.
-Non so di cosa parli- replicò secco, senza fissarlo negli occhi. -Mi hanno detto che sei un rubacuori! Tutte le ragazze del corso vorrebbero scoparti- Il suo volto sembrò distendersi, e poi giunse un sorriso. -E da chi arriverebbero queste informazioni? Comunque si, diciamo che ho il mio mercato!Steve rise, senza dare una risposta.Si girò invece verso il cameriere, e ordinò due bicchieri di scotch. -Vuoi proprio ubriacarti stasera, eh?- esclamò scherzoso Carl, mettendogli una mano sulla spalla. Un paio di secondi dopo, la ritrasse bruscamente, e seppellì la sua giovialità dietro un'espressione seria. -Non perdo la testa per così poco, tranquillo- esclamò in risposta Steve.
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Un paio d'ore e quattro bicchieri di scotch dopo, erano entrambi pressochè ubriachi. Carl gli aveva parlato di un sacco di cose, ma niente di compromettente era uscito dalla sua bocca. Sapeva già il suo segreto, ma farglielo ammettere avrebbe voluto dire conquistarsi la sua fiducia. D'un tratto, Carl ricevette un sms. Mentre lo leggeva, Steve notò che il suo corpo cominciava a dare segnali d'imbarazzo; non la smetteva di toccarsi i capelli, e tamburellava con la mano sul tavolo senza sosta. -Chi ti scrive a quest'ora?- esclamò a gran voce Steve, con un sorriso che sperò sembrasse ingenuo quanto bastava. -Eh, sapessi- rispose Carl sogghignando -Non tutto è come appare, mio caro Steve-Basta un po' d'alcol e sono già il tuo caro Steve?-
-Può darsi. Bè, dopotutto non sei per niente male, fai ridere, lo sai?- Steve scoppiò a ridere. Gli era difficile articolare frasi complesse, ma con sua grande felicità notò che lo era ancora di più per il suo compagno di bevute. -Offro l'ultimo giro- esclamò poi -Cameriere, due Bloody Mary-Mi vuoi proprio morto, eh?- sogghignò Carl, mettendosi le mani nei capelli. -Altrimenti come faccio a are da “niente male” a “tuo migliore amico?”chiese Steve, cercando di restare serio. -Bè, offrimi un altro cocktail e sarai sulla buona stradaAppena una mezz'ora dopo, avevano perso del tutto il controllo. Steve aveva le mani tra i capelli, mentre Carl era andato in bagno, probabilmente a vomitare. Ad un certo punto, un ragazzo dall'aspetto equivoco entrò dalla porta del locale, e si diresse dritto in bagno, senza fermarsi, nemmeno per un istante. Steve sapeva chi era. Attese circa un minuto, poi si alzò e si diresse verso il bagno. Rimase fermo ad ascoltare appena fuori dalla porta, scegliendo il momento propizio per fare irruzione. Quando ritenne che il tempo fosse maturo, entrò. Trovò Carl ed il tizio avvinghiati l'uno all'altro; era fatta, aveva le prove che gli servivano. Fece una foto rapidamente, poi avanzò di qualche o e si schiarì la voce. -Carl!- esclamò con il tono più sorpreso che aveva. Quest'ultimo si staccò così violentemente dall'altro tizio che ricadde indietro; avrebbe urtato con la testa contro il lavandino, ma all'ultimo secondo riuscì ad aggrapparsi al suo amante, evitando la brutta caduta. -Steve- I suoi occhi erano sgranati, ed era in preda ad una paura folle. Nessuno sapeva il suo segreto, o almeno così era prima di quel momento. Si rialzò a fatica, mantenendo a stento l'equilibrio, mentre Steve rimaneva a
fissarlo, senza mutare la sua espressione stupita. Il tizio uscì dalla stanza in silenzio; forse anche lui aveva qualcosa da nascondere, sebbene il suo aspetto urlasse letteralmente al mondo che le ragazze non erano al centro dei suoi interessi. Rimesso in piedi, Carl osservava Steve con le guance rosse, in silenzio. Dopo quello che sembrò un tempo infinito, decise di parlare. -Se lo dici a qualcuno sei morto- esclamò con rabbia, poi scappò fuori dalla porta. Non appena fu rimasto solo, Steve sorrise tra sé e sé. La prima parte del suo piano stava completandosi, e non aveva richiesto neppure troppo impegno. Corse fuori, sperando che Carl fosse ancora lì. Lo trovò vicino alla sua auto, che cercava invano le chiavi. -Niente di più arduo che trovare delle chiavi quando si è ubriachi!- esclamò Steve, un o dietro di lui. Carl si girò violentemente, con le guance sempre rosse e quell'aria colpevole sul volto che non accennava a voler sparire. -Che cosa vuoi da me?Vuoi rovinarmi? Dillo a tutti, avanti! Non fa differenza!- Ne fa eccome, e lo sai-Vuoi dei soldi?Dimmi la cifra, e cercherò di procurarmeli, ma per favore, non dirlo a nessunoSteve rimase imibile, ma gli stava dispiacendo profondamente per quel ragazzo.Non era con lui che se la sarebbe presa alla fine, ma era uno strumento indispensabile per la riuscita di ciò che si era prefisso. Notò che era sul punto di piangere, quindi gli mise una mano sulla spalla e poi sorrise. -Non ho intenzione di dire niente a nessuno- lo rassicurò Steve -Perchè dovrei farlo? Sembri un bravo ragazzo, e stasera mi sono divertito, quindi chi se ne frega se sei gay o no?-Non dire quella parola- rispose lui a denti stretti, ma poi la sua espressione si
addolcì -Ma grazie, ti devo un favore-Non mi devi nulla-Si, invece. Sono stato molto prevenuto con te, quando invece a quanto pare vuoi solo fare amicizia. O sbaglio?-Dici il giusto-Però parli in modo assurdo, lasciatelo dire- esclamò l'altro abbozzando un sorriso. -Chi parla come te, ai giorni nostri?-Solo io, ed è questo che mi rende unico- Il sorriso di Carl si estese, diventando più rilassato. -Ora vado a casa, ma se vuoi ti lascio il mio numero, nel caso volessi bissare la serata. Escludendo la parte finale, ovviamente-Ci sto- rispose Steve. Si scambiarono i numeri, e dopodichè si salutarono. Ora era il turno di Olivia.
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La giornata successiva trascorse tranquilla; Steve andò in giro a raccogliere informazioni; aveva bisogno di sapere tutto sulle dinamiche di quel gruppo, per poterlo distruggere. Ciò di cui venne a conoscenza andò a completare il quadro già sufficientemente preciso che possedeva. Stella era il “boss” del gruppo. Molta gente sembrava aver paura di lei, o almeno la rispettava; aveva sentito molte storie in giro su di lei, e tutte denotavano che non doveva avere tutte le rotelle a posto. Olivia e Hanna le andavano dietro come marionette, per motivi che ancora Steve non riusciva a comprendere pienamente.
Per quanto riguarda Shane, era il ragazzo di Stella da quasi un anno, ma Steve sospettava che la tradisse. Doveva ottenere le prove, e sospettava che Carl potesse essergli molto utile in questo. Ma la sua vera arma segreta era un'altra. Nella valigetta che Carl era stato costretto a consegnargli, c'era il segreto più grande di tutti. Ora doveva solo crearsi l'occasione giusta per usarlo. Alle otto in punto, era pronto per andare a prendere Olivia. Prese l'auto e si diresse sotto casa di lei. Quando la ragazza scese le scale del suo palazzo, Steve rimase attonito; sentiva il cervello come intasato da sabbia rovente, mentre tutto il suo corpo languiva nell'eccitazione. Si impose di rimanere freddo, ma aveva l'impressione che sarebbe stato molto, molto difficile riuscirci. Scese dall'auto e rimase immobile, con un sorriso, a guardarla. Indossava un vestito nero scollato, perfetto per evidenziare le sue forme sinuose. L'espressione sul suo volto era semplice, e gli sembrò di non aver mai visto qualcosa di così genuino. -Buonasera- le disse aprendole lo sportello. -Buonasera. Dove andiamo?-E' una sorpresa- rispose lui, mentre entravano in auto -La mia missione stasera è stupirtiOlivia sorrise dolcemente, e in quel momento Steve pensò che avrebbe anche potuto innamorarsi di quella ragazza, in un altra situazione e senza la rabbia che provava a funzionare come scudo. -Spero ci riuscirai, ma non sarà impresa facile- -Dici così perchè ancora non mi conosci-
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Il locale che Steve aveva scelto era un bar fuori città, il più bello che aveva avuto l'occasione di vedere nei suoi pochi giorni in quella nuova città. Si chiamava Stardust, come il film che sapeva piacere tanto ad Olivia. Quando scesero dall'auto e lei vide l'insegna, le si illuminarono gli occhi. -E' il nome del mio film preferito!- esclamò lei -Come lo sapevi?- Lui sorrise. -Ho fatto le mie ricerche...Su Facebook!- Lei scoppiò a ridere. -Già, dovevo immaginarlo. Allora entriamo, forza. Hai già cominciato bene, mi hai impressionata-E ancora non hai visto niente-
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Dentro era pieno di coppiette, e l'atmosfera era piuttosto romantica. Presero posto ad un tavolo rotondo, già apparecchiato per due. Erano vicino alla finestra, e la visuale che si scorgeva era da mozzare il fiato. -Allora, Steve- cominciò Olivia -A quanto pare tu sai tutto di me, e io non so nulla di te-Cosa vuoi sapere?-Tutto ciò che è rilevante. Non mi annoiare con dettagli inutili, però- Lui rimase interdetto. Poi lei si sciolse in un sorriso, che lo contagiò rapidamente. -Stavo scherzando. Ho il sospetto che quasi tutto ciò che ti riguarda possa essere interessanteLui rimase colpito. Non sapeva come, ma lei stava riuscendo ad affascinarlo. Non sapeva se era il suo corpo mozzafiato a fare questo effetto o la straordinaria sicurezza che dimostrava. Ma non gli piaceva essere così vulnerabile, rischiava
di compromettere il piano. -Spero di non deluderti allora. Sono uno scrittore, o almeno un aspirante scrittore. Mi hanno pubblicato un paio di racconti brevi su una rivista locale, ma finora niente di più.-Io adoro leggere!- rispose lei -Mi piacerebbe dare un'occhiata ad uno di quei racconti, se ti vaLui rimase a bocca aperta. Di tutti gli amici che aveva nella precedente città, nessuno aveva mai mostrato interesse per ciò che scriveva, tutti lo etichettavano solo come un hobby, niente di serio. Ma lei no, il suo interesse sembrava autentico. Sorrise, questa volta in modo tremendamente sincero. -Certo che siLa serata continuò piacevolmente. Parlarono di tutto e di più, e appena un paio d'ore dopo, erano entrambi brilli. Steve aveva ordinato due bottiglie di vino, ed entrambi erano ora sciolti, ed era evidente che Olivia si stava divertendo molto. -Parlami un po' dei tuoi amici- esclamò poi Steve ad un certo punto, cercando di far sembrare la sua frase molto casuale. -Non c'è molto da dire- rispose lei -Ci siamo conosciuti un paio d'anni fa, e da allora siamo tutti molto uniti. Ci siamo stati sempre gli uni per gli altri, in qualsiasi situazione-Sembrano persone interessanti, soprattutto Stella- Lo sguardo di lei sembrò rabbuiarsi, ma un attimo dopo splendeva di nuovo. -Diciamo che il suo è il carattere più particolare. Si crede il nostro leader, e devo ammettere di aver pensato che fosse vero, almeno in alcune situazioniSteve esultò nella sua mente. Stava riuscendo a farla aprire, ma aveva bisogno di più informazioni. In quell'istante, la porta del locale si spalancò.
Steve non credeva ai suoi occhi: era Stella. La ragazza si avvicinò a o veloce, con uno sguardo spavaldo ben impresso sul suo viso straordinariamente bello. Era vestita in modo casual, ma aveva lo stesso uno stile inconfondibile. Tutto del suo aspetto sembrava riflettere la sua personalità, e Steve capì finalmente come mai era stato così facile per suo cugino innamorarsi di lei. -Stella!- esclamò Olivia, senza alzarsi dal suo posto, mentre l'amica si dirigeva verso di lei, con incedere inarrestabile. -Ciao, Olivia- rispose lei, senza nemmeno guardare Steve -Cosa ci fai qui?- -Ho un appuntamento, ma qualcosa mi dice che tu questo lo sapevi già- Stella sorrise, e a Steve sembrò di non aver mai visto un sorriso così magnetico, e al contempo così falso e privo di emozione. -Me l'ha detto Carl. Ma devo ammettere che c'è una cosa che non so, o che non riesco a capire, per essere più precisiOlivia rimase interdetta, ma Stella continuò senza bisogno di una risposta. -Come fai ad uscire con un tale sfigato?- Le parole risuonarono come uno schiaffo per Steve, ed ebbe un attimo di confusione. Non pensava che sarebbe giunta a tanto, non davanti a lui, ma non aveva raccolto informazioni così a lungo per rimanere zitto di fronte a lei. Sapeva come attaccarla, e non aveva paura. -Credo di non essermi presentato- esclamò alzandosi in piedi -Sono Steve Deschain-Non mi interessa come ti chiami- rispose lei senza guardarlo negli occhi-So tutto quello che mi serve sapere da come ti vesti, e ti garantisco che non depone a tuo favoreA quel punto Olivia provò a dire qualcosa, ma fu interrotta prima che le parole uscissero dalla sua bocca. -Sai, Stella- continuò lui imperterrito, senza un'ombra di indecisione sul suo volto -Non tutti giudicano da come qualcuno si veste, a qualcuno interessa essere
qualcosa di più che una sgualdrina, a qualcuno piace avere qualcosa di interessante da dire. Ma immagino tu non possa capire quanto ti sto dicendo, suppongo tu abbia venduto il tuo cervello per comprare qualche borsa firmata, non è così?Per un attimo, comparve un'espressione strana sul volto di Stella, che la fece sembrare orribile. Ma dopo quell'istante fugace, tornò il solito sguardo sprezzante. -Se pensi che non sia intelligente ti sbagli. Ma te ne accorgerai, non temere. Ora vieni con me, OliviaA quel punto Olivia si alzò finalmente in piedi, e cominciò a guardare Stella con uno sguardo glaciale. -Vuoi spiegarmi cosa stai facendo?Vattene immediatamente!- Per Stella fu come ricevere uno schiaffo in pieno viso. Evidentemente non era abituata a subire rifiuti, specialmente da Olivia, pensò Steve. Trovò comunque la forza di sorridere, come se niente fosse. -Sono sicura che vorrai scusarti per ciò che mi hai appena detto. Quando sono arrabbiata non riesco proprio a tenere la bocca chiusa, l'hai forse dimenticato?Steve non credeva ai propri occhi. Stava assistendo ad un ricatto. Non sapeva cosa Stella aveva su Olivia, ma doveva essere qualcosa di grosso. Quest'ultima rimaneva immobile, evidentemente senza sapere come rispondere. Alla fine, dopo una manciata di secondi che sembrò eterna, impostò un sorriso sul suo volto e le rispose con voce calma. -Scusami, Stella. Non lo farò piùStella sorrise, e a Steve si raggelò il sangue. -E ora vieni con me, cara- continuò lei, fissandoli con sguardo sprezzante. -Steve, mi dispiace...Sono stata bene stasera, veramente bene. Ma devo andare...Se vorrai darmi un'altra occasione, sarò felice di uscire di nuovo con te-
Con uno sforzo enorme, Steve riuscì a sorridere. Non credeva che la presa di Stella sui suoi amici potesse essere così forte, ed è per questo che era rimasto senza una risposta pronta. -Non mi arrendo- rispose lui, serio. Lei sorrise, e si avvicinò lentamente a lui. Steve rimase immobile per appena un istante, chiedendosi se veramente stesse succedendo a lui, e poi la baciò. Fu un momento intenso come pochi, e altrettanto fugace. Senza dire un'altra parola, Olivia gli sorrise ed andò via. Steve rimase solo con i suoi pensieri. Tornato a casa, Steve fremeva di rabbia. Aprì la scatola che gli aveva consegnato Carl, e rimase a guardare quello che conteneva. Avrebbe voluto usare ciò che aveva per distruggere Stella subito, ma sapeva che non era la mossa giusta da fare. Doveva attendere, finchè non fosse stato sicuro di avere abbastanza da metterla a tacere per sempre. Con uno sforzo di volontà non indifferente, rimise le foto nella scatola, e la ripose sullo scaffale dov'era conservata. Prese il cellulare, e scrisse un sms a Carl. Quella sera voleva uscire, e tornare a casa sbronzo come mai lo era stato. Vedere Olivia che se ne andava per colpa di Stella aveva smosso qualcosa dentro di lui. Fino a quel momento aveva provato rabbia, mentre adesso sentiva un sentimento diverso, più lucido e inflessibile. Pensò che potesse essere quello che un assassino prova mentre si appresta ad uccidere la sua vittima. Non gli importava di che cosa stesse diventando, o di quello che avrebbe dovuto sacrificare perchè quella stronza pagasse, avrebbe pagato il prezzo richiesto.
In quell'istante il cellulare squillò; Carl aveva risposto. Sarebbero andati ad una festa, e sarebbe venuto anche Shane. Almeno quella parte del piano stava funzionando, pensò mentre si preparava. Quella sera avrebbe agganciato anche Shane, e una serata da ubriachi era il modo migliore per fare amicizia. Un paio d'ore dopo, uscì di casa carico come non lo era mai stato.
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arono a prenderlo verso le undici , con l'auto di Carl. Entrò in auto, e fu accolto da due paia d'occhi che lo scrutavano, quelli di Carl con un sorriso, quelli di Shane senza il minimo interesse. -Ehila- esclamò Steve, con un sorriso. Era veramente contento di uscire, non importava con chi. E poi Carl si era dimostrato simpatico, quindi non era detto che la serata non potesse essere divertente. -Lui è Shane- esclamò quello subito -E io sono Steve- continuò lui, tendendo la mano. Shane attese un paio di istanti, e in quell'istante Steve capì che per conquistare la sua fiducia si sarebbe dovuto impegnare parecchio. -Non ti dirò che è un piacere-Dai, Shane- esclamò impaziente Carl, lanciando un'occhiataccia all'amico. Quest'ultimo continuò come se non avesse sentito, senza togliere gli occhi un attimo di dosso a Steve. -Perchè ancora non ti conosco. Ma non si sa mai, d'altronde. Olivia per qualche strana ragione ti trova attraente, quindi qualcosa d'interessante dovrai pure avere;
d'altronde non posso credere che tu gli piaccia con quel corpo....bè, dovrai scusarmi la franchezza, ma quelli sarebbero bicipiti?Steve scoppiò a ridere. Questa reazione lo sorprese. Per un attimo lo fissò incerto, poi anche Shane scoppiò a ridere. -Ecco perchè dovevi conoscerlo- esclamò Carl sorridendo -Anche lui adora gli sproloqui, come hai visto-Bè, immagino che tolta la maschera da totale cazzone forse possa essere una persona decente, no?- esclamò Steve. Carl si strinse nelle spalle -Non mi esprimo- -Sono una persona eccezionale- li interruppe Shane -Anche molto modesta, mi pare- lo schernì Steve, con l'ombra di un sorriso. -Bè ragazzi basta litigare come mocciosi, andiamo! Dobbiamo arrivare entro mezzanotte, o il mio amico non potrà più farci entrare-Ma c'è tempo per quella sosta, vero?- chiese Shane. -Certo- rispose Carl -Mi credi un idiota?- -Dove stiamo andando?- chiese Steve, senza capire. -Lo vedraiPoco dopo si fermarono in una zona quasi disabitata. Era il genere di zona dove potevi incontrare spacciatori e puttane agli angoli delle strade, ma Steve non diede a vedere la sua preoccupazione. Si fermarono accanto ad una piccola abitazione, e scesero dall'auto. Intorno a loro non c'era nessuno, e quando Steve vide Shane estrarre delle chiavi dalla tasca, si sorprese; sapeva che quel ragazzo era ricco, quindi perchè aveva una casa in una delle zone più malfamate della città? -Ma cosa dobbiamo fare qui?- chiese Steve a Carl, mostrandosi tranquillo. -Sei troppo impaziente!- esclamò Shane, e Carl gli sorrise e basta, senza
rispondere. Una volta dentro, la casa sembrava ancora più piccola che da fuori. Attese con Carl nel minuscolo ingresso, pieno di ragnatele e scarsamente illuminato, mentre Shane andava in un'altra stanza, per motivi che ancora Steve non riusciva a comprendere. -Ho saputo della scenata di Stella- disse Carl con un mezzo sorriso -E ho saputo anche di come le hai risposto-Ha cominciato lei-Lo so- rispose l'altro, con un sorriso un po' triste -E' sempre lei, a cominciare-Un giorno mi spiegherai perchè frequentate una così stronza- continuò Steve a denti stretti -Mi dispiace solo che Olivia se ne sia andata con lei, ci stavamo divertendo-Non farci caso- gli rispose Carl, mettendogli una mano sulla spalla -A Olivia piaci, almeno secondo me!-Dici sul serio?-Lei non mi ha detto nulla, non lo fa mai, è molto riservata, anche troppo a dire il vero. Ma diciamo che non la vedevo così contenta dopo un appuntamento da tanto tempoSteve sorrise. Era un sorriso vero, così vero che lo fece dubitare di sé stesso. Stava forse perdendo la testa? Il suo obiettivo non gli concedeva di perdere la testa per una ragazza, per quanto fantastica potesse essere. Pensava sarebbe stato facile non lasciarsi coinvolgere, e invece si stava rivelando sempre più difficile. In quel momento Shane fece ritorno, con in mano una piccola scatola rettangolare, e con in viso un sorriso trionfante. -Non è stato facile ottenerla, quindi non sprecatela!- esclamò baldanzoso -E mi riferisco a te, Steve! Non credo che gente come te possa permettersi roba come questa, quindi tira bene-Ma smettila- esclamò Carl con un sorriso-Fammi vedere- Entrarono in cucina, e
Shane aprì la scatola. Era cocaina. Era ovvio, era stato un idiota a non pensarci. Nel frattempo Shane stava preparando sei strisce, due per ognuno di loro. -Siamo pronti?- esclamò Shane. Steve notò che sembrava diverso da come l'aveva visto in facoltà; era sempre arrogante, ma notava in lui un qualcosa, forse la sua ferrea determinazione, visibile in tutto ciò che faceva o diceva; forse era ciò che spingeva le persone a dargli ascolto. -Aspettate ragazzi, io non ho mai tirato- esclamò Steve. Era vero. Non era abituato a queste cose, dove era cresciuto lui la gente non era ricca e piena di soldi da spendere per della droga; da un lato aveva paura, più che della cocaina di cosa sarebbe diventato restando accanto a quei tizi, ; dall'altro, però, era eccitato, tremendamente eccitato. Impersonare qualcun altro gli piaceva, era inutile negarlo, e quel personaggio rischiava di essere molto divertente. -Non devi tirare per forza- stava dicendo tranquillamente Carl, quando Shane lo interruppe. -Eh no, Carl! Stasera stiamo con la mia auto, e andiamo a una festa alla quale vi ho fatti invitare io. Quindi, Steve, o tiri o sei fuori. Ti posso lasciare qui o anche al tuo ridicolo monolocale, se preferisci, ma non uscirò con uno sfigato senza palle, questo è sicuroSteve prese la sua decisione, in un attimo. Era determinato, troppo determinato, e raggiungere i suoi obiettivi richiedeva l'amicizia di Carl e Shane, a qualsiasi prezzo. -Va bene, tiro- disse a denti stretti, ma proprio in quell'istante si rese conto che, almeno una parte di lui, voleva tirare eccome. Non era mai stato un fan delle droghe, ma voleva sentirsi come loro, almeno per una serata. Avvicinò il viso al tavolo, e tirò con decisione. L'impatto fu drastico. Mentre la polvere bianca risaliva verso la sua mente indifesa, sembrò far ardere le sue vie nasali, e nell'istante prima che fe
effetto, un pensiero strano gli sfiorò la mente. Avrebbe ucciso Stella, ne era sicuro. Fino a quel momento aveva sempre pensato di fargliela pagare, ma di lasciarla vivere. Ora invece non poteva più sopportare di vederla vivere la sua vita, mentre suo cugino marciva nella tomba. -E bravo Steve- stava dicendo Carl, mentre tirava a sua volta. Shane invece, lo osservava tranquillo, come in attesa di qualcosa. Qualche istante più tardi, Steve fu investito. Sentiva chiaramente di essere senza controllo, come se i suoi pulsanti interni fossero saltati, in preda al cortocircuito della sua euforia. Scoppiò a ridere, e l'eccitazione lo travolse con una furia incalcolabile. Scoccò agli altri due uno sguardo interrogativo, ma la risposta fu solo un sorriso. Steve si alzò in piedi. Si sentiva troppo per stare seduto. Si sentiva esplodere, ma in modo Giusto. Sapeva di non avere più il controllo, ma gli andava più che bene. Nel frattempo anche Shane stava tirando, mentre Carl stappava una bottiglia di prosecco. -Dobbiamo brindare- esclamò Carl, prendendo tre calici. -Ma si- fece Shane alzandosi in piedi -Dopotutto abbiamo appena svezzato un marmocchioSteve non aveva assolutamente voglia di replicare. Ciò che stava accadendo alla sua mente era molto più interessante, dal suo punto di vista. Rideva, rideva come un folle, ma ma non gli importava. Che gli altri pensassero quello che volevano, lui era troppo disconnesso per preoccuparsene. Ma osservando Shane e Carl capì che lui stava molto meglio di loro. I due sembravano ancora meno controllati di Steve, ed in quel momento capì che sarebbe stata una serata leggendaria. Mezz'ora dopo erano alla festa. Mentre Steve si guardava in giro, non potè che
rimanere stupito. Erano in una villa privata, con piscina e addirittura due banconi da bar, con almeno una decina di baristi. C'era tantissima gente, e tra la miriade di facce sconosciute riconobbe qualche compagno di facoltà. Carl e Shane erano evidentemente nel loro ambiente naturale: camminavano baldanzosi, salutando gente qua e là, Carl con sorrisi e strette di mano, Shane senza trasporto e sempre come se si trovasse su un altissimo piedistallo. -A dopo ragazzi, vado a salutare un paio di amiche- esclamò Shane dopo che ebbero preso da bere. Parlava a voce troppo alta e con modi esageratamente teatrali, ma Steve non ci trovò nulla di strano. Anche con tutta quella gente intorno, era immerso nel proprio mondo. Le luci stroboscopiche, abbinate alla cocaina,stavano rendendo onirico l'ambiente ai suoi occhi; gli sembrava tutto surreale, e sentiva le emozioni che gli pulsavano dentro come bombe ad orologeria, incontrollabilmente potenti. -Sto da Dio- urlò Carl, portandolo in mezzo alla pista. Il rumore era assordante, e il ritmo minacciava di trascinarlo via, così come la visione delle ragazze che ballavano; si dimenavano nei loro vestitini succinti, facendo perdere a Steve quel poco di controllo che gli restava. -Stasera devo scoparmi qualcuna, a tutti i costi-esclamò Steve, guardandosi intorno. Le luci rimbalzavano violente sulla sua retina, disegnando caleidoscopi nella sua mente, sempre più in preda all'eroina. -Datti da fare, allora! Sono tutte qui, e nessuna di loro ha un'alta autostima, credimi!Steve scoppiò a ridere-E' così che rimorchi, Carl? Mi stai dicendo che hai bisogno di smontare una ragazza perchè voglia darti la sua paperella?-Paperella? Dico, ma senti la merda che ti esce dalla bocca?Come pretendi di avere una credibilità se parli così?-E' proprio perchè parlo così che ho una credibilità- rispose Steve, con un sorriso. -Hai già detto una cazzata del genere, se non sbaglio-
Steve si strinse nelle spalle, come ad indicare che non ricordava o meglio non gli importava. Nella sua testa si alternavano momenti di accecante intensità ad istanti in cui gli sembrava di essere disconnesso, un animale non pensante in preda al panico. -Ora devo assentarmi- gli disse dopo un po' Carl nell'orecchio -Mi raccomando, se torna Shane tu non mi hai visto> -Dirò che non ho la più pallida idea di dove tu sia- concordò con un sorriso Steve, e si diresse verso uno degli spazi adibiti a bar. Ordinò un Manhattan, e cominciò a guardarsi intorno. Sentiva uno strano sapore in bocca, come di metallo, e avvertiva uno strano formicolio scorrergli lungo il collo. -Sei strafatto, eh?- esclamò una voce alla sua sinistra. Steve si voltò, e vide un ragazzo sulla ventina che lo fissava divertito; era biondo, e il suo volto era illuminato da vivaci occhi azzurri; ciò che lo soprese era il modo in cui era vestito; non indossava i soliti abiti firmati e pretenziosi che era così facile vedere appena ci si guardava intorno. Aveva una felpa anonima, e delle Vans come scarpe. -Diciamo di sì- rispose ridendo Steve -E tu? Come sei messo?- -Non tanto beneesclamò avvicinandosi per stringergli la mano; stava evidentemente barcollando, notò Steve, e gli scappò una risata. -Piacere, sono Olly!- esclamò lo sconosciuto. -E io sono Steve- rispose lui -Ma sei ubriaco..o cosa?Lui riflettè un attimo, poi sorrise -O cosa, diciamo! E tu?-Mi hanno fatto tirare della cocaina stasera, ed era la mia prima volta; ovvero, non sto capendo nulla in questo momento-Haha ti capisco! Ho dell'erba, se vuoi possiamo farci una canna-Come mai non le fai con i tuoi amici?-
Lui si strinse nelle spalle -Sono appena arrivato, e a quanto pare da queste parti lo stile casual non è molto popolareSteve sorrise. -L'ho notato, credimi! Andiamo, allora, visto che ormai ci sono, voglio essere del tutto inconsapevole stasera-Non sarà arduo, credimiDieci minuti dopo erano seduti su un divanetto in disparte, e Olly stava rullando una canna, mentre Steve beveva il suo Manhattan; Steve era come immerso in una realtà ovattata: gli sembrava tutto un enorme sogno, ma sapeva che non era così. Sentiva i muscoli che gli rispondevano a stento, inebriati dall'anarchia cui li stava sottoponendo la coca. -Quindi anche tu ti sei trasferito da poco- esclamò Olly -Come mai hai scelto questa città?-Diciamo che avevo dei conti da regolare da queste parti- rispose Steve -Brutte faccende, credimi-Scommetto che in questo stato mi racconteresti tutto...Ma non voglio approfittarmeneSteve sorrise -Allora suppongo di doverti ringraziare-Dipende da quanto sono gravi i segreti che nascondi-In questa città ognuno ha dei segreti, e a giudicare da quel poco che ho visto finora, i miei non sono assolutamente tra i più gravi- Olly ò la canna a Steve, e quest'ultimo inspirò forte. Dopo una manciata di secondi cominciò a sentirsi un po' più rilassato, e una parte di quella dannata euforia sembrava essersene andata. -Ti devo qualcosa per questa?-Ma no, non preoccuparti...Però se qualche sera non sai cosa fare chiamami, almeno ci annoieremo in due!Steve sorrise. Era giunto in quella città con nessuna aspettativa; era lì solo per vendicarsi, e aveva considerato la possibilità di farsi nuovi amici solo come un
mezzo per ottenere la sua rivalsa; ma forse le due cose non dovevano escludersi per forza. -Certo che si, qui mi sembrano tutte persone vuote, magari tu sei differente-Spero di sì, che diamine!- rispose Olly -Potremmo scambiarci i numeri di telefono, magari qualche volta si fa qualcosa insieme- Steve sorrise, e annuì, scrivendogli il suo numero su un pezzo di carta. In quell'istante il telefono di Steve prese a squillare; era un numero anonimo, cosa che non gli capitava spesso. -Pronto?- esclamò lui, ma dall'altra parte si sentivano solo fruscii. Attese una manciata di secondi, e proprio mentre stava per riagganciare, una voce bassa parlò con il tono più concitato che avesse mai udito. -Steve? Steve, sei tu?Era la voce di Carl, solo che non gli sembrava la sua solita voce piena di vita; era piuttosto atona, ed esprimeva preoccupazione. -Carl? Dimmi-Puoi uscire fuori per favore? Non sto bene. Sono all'angolo tra Via Lechsig e Corso Petter-Perchè non hai chiamato Shane?-Non deve vedermi così- rispose Carl -Ti prego Steve, vieni ad aiutarmi- D'accordo, esco subitoSteve mandò giù gli ultimi sorsi di Manhattan e poi rivolse un sorriso a Olly. -Mi ha fatto piacere parlare con te- gli disse -Ma ora devo andare, prometto che mi farò sentire-E' stato un piacere anche per me- rispose quello stringendogli la mano -A presto alloraSteve si mosse rapido tra la folla; sentiva le gambe deboli, e aveva una voglia
incontrollabile di buttarsi in pista e di ballare fino a che non fosse stramazzato al suolo, ma anche in quello stato, sapeva che era vitale correre in aiuto di Carl; ovviamente il motivo principale era che Carl gli serviva , ma si sorprese nello scoprirsi un po' preoccupato per le sorti di quello che ormai avrebbe quasi potuto chiamare un suo amico. Giunto fuori, si guardò intorno; si diresse verso destra, nella direzione indicatagli da Carl. In lontananza vide due tizi che camminavano lentamente, venendogli incontro. Quando fu abbastanza vicino da vederli meglio, si rese conto che c'era qualcosa che non andava. I due tizi gli si fecero incontro, e Steve vide che erano entrambi di colore, e non sembravano tipi per bene. Attraversò la strada e cominciò a camminare più rapidamente; sulla destra, a circa 300 metri di distanza vedeva l'imbocco di un vicolo. Accelerò ulteriormente, cercando di avvicinarsi prima che i due lo raggiungessero, ma presto capì che era fatica sprecata. I due attraversarono quasi subito, e anche loro cominciarono ad affrettare il o. Era in trappola; intorno non vedeva nessuno, e ormai non c'era dubbio che quei due fossero lì per lui. -Fermo lì, amico. Se cerchi di scappare, sarà l'ultima cosa che farai- Steve rimase immobile. In che guaio si era cacciato? Era stato Carl a trarlo in trappola? Vogliamo solo parlare- mormorò l'altro. Erano ormai faccia a faccia. -Volete soldi? Vi do tutto quello che ho, se mi lasciate stare- esclamò Steve estraendo il portafogli. -Non ci servono soldi. Siamo qui per darti un avvertimento amichevole- Amichevole!- esclamò Steve esterefatto -E se non fosse amichevole, come sarebbe stato?-Spera di non scoprirlo. Devi andartene da questa città. Ogni giorno che a ti avvicina alla fine, e non sto parlando di una fine pietosa-Chi vi manda?-Credo che tu lo sappia già- rispose l'uomo, scrutandolo con occhi sanguinari. La cosa che lo inquietò di più era il tono che usavano: calmo, tranquillo, come se
fossero avvezzi a quel tipo di cose. -127, Maple Street- esclamò l'altro -La prossima volta verremo a cercarti lì- Era il suo indirizzo. Steve non si chiese come avessero fatto ad avere quell'informazione, riteneva che chi li avesse mandati lì potesse disporre di risorse più che sufficienti ad assicurarsi di conoscere a perfezione i propri nemici. -Ora ce ne andiamo, ma parla con la polizia e sei morto. Hai una settimana di tempo, e fossi in te non tarderei un istante di più a trasferirmiSteve rimase immobile, mentre i due gli voltavano le spalle e se ne andavano da dove erano venuti. Poi, appena fu certo di essere di nuovo solo, si accasciò in un angolo. Tutto sembrava stargli cadendo addosso, e capì in quell'istante che non c'era un solo posto sicuro dove potesse andare. Maledetta, pensò Steve con una rabbia così feroce che lo faceva tremare da capo a piedi. Ma accanto alla rabbia questa volta c'era la paura, una paura così folle che minacciava di farlo andare in tilt. La sua determinazione era svanita in un attimo; voleva rimanere lì e piangere, finchè tutte le lacrime non avessero lavato via il cumulo di sentimenti oscuri che gli gravava addosso. Ma non poteva permetterselo. Doveva andare da Carl, e scoprire se era stato lui a tendergli quella trappola. Si alzò con uno sforzo immane, mentre i suoi stanchi occhi decifravano stancamente il mondo intorno a lui, avvolto nella coltre notturna del suo avvilimento. Cominciò a correre; lottava per ricacciare le lacrime all'interno, ma non sapeva se ce l'avrebbe fatta. Giunse al luogo indicatogli da Carl; era un vicolo stretto e scarsamente illuminato, uguale a decine di altre strade della periferia. Si guardò intorno, e quasi subito scorse Carl, seduto sulle gradinate di un edificio abbandonato. Si avvicinò lentamente, diffidando di quello che stava quasi cominciando a considerare un amico.
Ma quando gli fu vicino, i suoi dubbi evaporarono come una sudicia pozzanghera in una torrida giornata d'agosto; Carl aveva la testa tra le mani, ed era evidente che stava piangendo. -Carl, cosa succede?-esclamò Steve, sedendosi accanto a lui e mettendogli una mano sulla spalla. In quell'istante notò una chiazza di vomito accanto a Carl; doveva essere sbronzo, e sicuramente non era una sbronza buona. -Non posso continuare così- esclamò Carl, scuotendo la testa. Appariva distrutto, e il suo volto normalmente attraente sembrava il campo di battaglia delle sue personali frustrazioni. -Sono l'alcol e la cocaina che ti fanno parlare così- gli rispose Steve -Domani mattina starai beneCarl prese a piangere più forte -E invece no, Steve. Domani sarà un altro giorno, è vero, ma un altro giorno di menzogne. Ti sei chiesto come mai mi drogo?-No, credevo che lo fi solo per il piacere di sballarti- Steve scosse la testa, e poi lo guardò dritto negli occhi. Era terribile leggere così tanto dolore in uno sguardo, così brutto che Steve dovette guardare altrove. -Non fraintendermi, è sempre bello perdere per un po' le inibizioni e tutto il resto, ma la ragione principale è un'altra. Quando sono fuori spesso non penso a nulla, spesso mi dimentico quanto la mia vita sia vuota, falsa, solo un'illusione insomma. Ma altre volte...-Altre volte va peggio- completò Steve, e a quel punto sentì una lacrima, solitaria e impenitente, che scendeva come piombo fuso sul suo volto. -Già- rispose Carl – A volte non riesco a pensare ad altro, e finisce come questa sera-Senti, Carl, posso darti un consiglio? So che probabilmente non ti piacerà quello che sto per dirti, ma sono l'unico che sa...bè diciamo, che sono l'unico che conosce le tue preferenze, insomma-Ti sei guadagnato ampiamente il diritto di parlare- rispose Carl -Ci conosciamo
da poco, è vero, ma ti sei già dimostrato un amico migliore di tanti altri, per quanto mi riguardaSteve sorrise. -Bè, allora sai che quanto ti dirò lo dico esclusivamente per il tuo bene, io non ho alcun interesse a riguardo. Secondo me dovresti fare coming-out. Non pretendo minimamente di capire come ti senti, ma posso dirti che forse le tue paure sono ingiustificate. Dopotutto io ti ho conosciuto per quello che sei, e ti assicuro che non sei niente male, come persona. Non vedo perchè gli altri dovrebbero pensarla diversamente, anche se sapessero come seiCarl era rimasto in silenzio, ascoltando ogni parola. Il suo pianto sembrava essersi calmato, almeno temporaneamente. -Forse hai ragione, Steve, dico davvero. Ma non credo di essere pronto a mettermi in dubbio così profondamente. Dire che sono..bè, dire quello che sono sarebbe troppo, per me. Non riuscirei a levarmi di dosso gli sguardi di tutti, e i mormorii quando o sarebbero come proiettili incandescenti, per la mia autostima. Ma apprezzo il tuo consiglio-Promettimi che ci penserai- disse Steve, stringendo la presa sulla sua spalla. Provava comione per quel ragazzo, ma soprattutto era felice di scoprire che non c'entrava nulla con il suo agguato. Era un sollievo scoprire che, almeno per quanto ne sapeva, c'era almeno una persona di cui poteva fidarsi, in quella città. -Ci penserò- promise Carl -Ma per ora posso solo ringraziarti-Non è niente, credimi. Sei stato la prima persona ad avermi trattato decentemente da quando sono qui, e Dio solo sa quanto avessi bisogno di un amico- Carl riuscì a sorridere. Doveva essergli costato molto, in quello stato, ma Steve fu contento di vedere che era un sorriso vero, come pochi se ne vedevano da quelle parti. -Andiamo a casa, allora?- chiese Steve. -Va bene- rispose Carl. Steve gli diede una mano a rialzarsi, ed insieme si diressero verso l'auto. -Vuoi dormire da me, stanotte?- chiese Carl -Prometto che non c'è nessun secondo fine, solo non voglio stare da solo, non in questo stato-
Steve scoppiò a ridere- Lo so che non c'è un secondo fine, coglione. E sarò ben lieto di approfittare dell'offerta. Vedi, non sei l'unico che non ha voglia di restare da soloCarl aggrottò le sopracciglia -Cosa ti è capitato, scusa?-Forse domani sarò pronto a parlarne, ma ora la testa mi gira e sento che lo stomaco si sta contorcendo, quindi voglio solo andare a letto- Venti minuti dopo erano a casa di Carl. Era un trilocale, con una cucina abitabile e due camere da letto. -Il mio coinquilino non c'è- esclamò Carl -Quindi mettiti comodo, io vado a fare una doccia-Credevo avessi una casa molto più grande- esclamò Steve guardandosi intorno Non sei ricco, scusa?- chiese poi con un sorriso. Carl sorrise, mentre liberava le tasche sul tavolo; estrasse il cellulare, le chiavi e poi cominciò ad aprire il suo armadio. -Mio padre lo è- rispose poi -Possiede il 39 percento delle azioni della KolcorpEra una famosa società informatica, Steve ne aveva sentito parlare varie volte. -Ma è un uomo che si è fatto da solo- continuò Carl -Quindi crede che anche io debba fare lo stesso; mi da i soldi indispensabili per mantenermi, ma non mi concede troppi lussiSteve sorrise -Ecco perchè non sei uscito su così male-Male come Shane, intendi?-I ragazzi viziati non sono difficili da individuare- proclamò Steve -Ma dopotutto Shane non sembra così pessimo...Ma perchè non ti sei voluto far veder piangere da lui?Carl si strinse nelle spalle -E come gliel'avrei spiegato, poi?- Steve annuì, mentre l'amico si dirigeva in bagno. Si sedette sul divano, e osservò il cellulare che Carl aveva lasciato sul tavolo.
Guardò verso il bagno, e sentì il suono della chiave che girava. Riteneva di avere un buon margine di tempo. Prese il cellulare e aprì il menù dei messaggi. Ce n'era uno da Shane e due da Olivia. Senza pensarci un attimo, lesse rapidamente i messaggi. Quello di Shane era criptico: Domani dobbiamo parlare, Stella sta sorando il limite. Si riferiva a quella sera? Era stato Shane a fornire le sue coordinate a Stella? Poteva essere, ma non ne era certo. Aprendo i messaggi di Stella, il suo cuore sussultò. Erano su di lui. Non vedo l'ora di uscire di nuovo con Steve, diceva il più vecchio. L'altro era di più difficile interpretazione: Secondo te lo sa? Sembra sveglio, e temo che Stella possa dirglielo o lui possa scoprirlo per conto suo. La risposta di Carl era stata un semplice: Stai tranquilla, e vedi come si mettono le cose. Dannazione, pensò Steve. Era stato fortunato a poter avere accesso a quei messaggi, ma d'altro canto, quali dubbi avevano sciolto? Probabilmente nessuno. Sapeva solo che doveva stare attento, molto attento. Quella notte Steve non riuscì a dormire granchè bene; aveva una forte tachicardia, probabilmente provocata dalla cocaina, anche se il brutto incontro doveva senz'altro aver avuto la sua influenza. Carl gli aveva offerto il suo divano, e lui ci si era sistemato volentieri. Era un po' scomodo, ma non gli importava. La sua mente stava cercando di mettere ordine a quanto era successo, impresa non facile, dopo che i tasselli che credeva di aver messo insieme con tanto impegno sembravano frantumarsi in pezzi sempre più piccoli. Così, la mattina dopo, era stanco e si sentiva più instabile della sera prima. Non sapeva quale sarebbe stata la prossima mossa, ma sapeva che avrebbe dovuto cambiare rotta, in qualche modo. Fino a quel momento si era avvicinato pian piano a Stella, prendendo i contatti che gli servivano per distruggerla; ma ora doveva sbrigarsi, se non voleva rimetterci la pelle. Lui e Carl si svegliarono quasi contemporaneamente; l'amico uscì dalla sua
stanza con il volto meno distrutto della sera prima, ma l'espressione non era comunque la solita. -Colazione al bar?- propose con un sorriso. -Va bene- rispose lui -Solo se mi prometti di non farmi vedere più un altro sorriso falso come quello, peròCarl scoppiò a ridere, e questa volta la risata era genuina -Si notava così tanto?-Hai presente i clown tristi, quelli che ti fanno venir voglia di impiccarti solo per non doverli guardare?-chiese Steve. Carl annuì. -Bè, se ne prendi uno e gli comunichi che ha un cancro terminale, probabilmente avrà la tua espressioneL'altro sorrise, poi gli lanciò un cuscino del divano -Ma lo sai che spesso sei un vero idiota, vero?-Fiero di esserlo- rispose lui stancamente. Scesero al bar, e ordinarono due caffè lunghi e due cornetti. Si erano appena seduti ad un tavolo, quando la porta del locale si spalancò. Era Olivia. Un sorriso nacque sulla bocca di Steve, e si ritrovò a salutarla con una mano. Ma che sto facendo, pensò, e si diede dello stupido. Doveva rimanere calmo e distaccato, non sembrare un preadolescente impacciato. Ma forse, gli sovvenne improvvisamente, non doveva preoccuparsi di questo, ma del perchè, quando stava insieme a lei si sentiva così vulnerabile. -Ciao, ragazzi!- esclamò lei gioviale, mentre si avvicinava al loro tavolo -Avete delle facce radiose, complimenti!-Non è stata esattamente una serata tranquilla- le rispose Carl -Ma sei fortunata, siamo riusciti comunque a svegliarci e a venire qui-Steve, volevo parlarti- disse lei, con espressione contrita -Ti devo delle scuse..-
-Credo sia il momento per me di andare- esclamò Carl -Per fortuna il mio caffè è in un bicchiere di carta- Nel dire questo fece l'occhiolino a Steve, e quest'ultimo capì tutto. Gli sorrise, mentre si avviava verso l'uscita. Olivia prese il suo posto, e Steve cominciò a sentirsi inquieto. Tutto il suo corpo sembrava vibrare, travolto dall'intensità del suo sguardo. Ma non voleva mostrarsi così, soprattutto a lei, quindi si impose di assumere il controllo della situazione, per quanto possibile. -Allora...-cominciò lui. -Non merito una seconda occasione- continuò lei -Lo so, lo so, sono stata debole. Ma c'è un motivo se ho agito in quel modo, non sono una smidollataSteve sorrise. Lo sapeva bene, questo, ed era in buona misura il motivo per cui lei lo attraeva così tanto. Aveva conosciuto decine di ragazze dalla lacrima facile, o che cadevano preda dell'isteria senza pensarci due volte, ma lei era in un'altra categoria. Una categoria sicuramente più difficile da gestire, e probabilmente anche più pericolosa. -So che c'era una ragione, e so che temi che io possa scoprirla- disse lui guardandola negli occhi -Ma non è logico pensare che io preferisca essere trattato così piuttosto che conoscere la verità, non credi?-Non tutto segue la logica, Steve- rispose lei -E di solito le cose che non lo fanno sono quelle più interessantiLui si fece avanti, e la baciò di nuovo. Non ci fu nulla di fugace, questa volta; erano solo loro due, e a Steve sembrò che quel momento fosse come cristallizzato nell'ambra, pronto a durare per sempre, almeno nella sua mente. Poi, quando si sciolsero, lei sorrise. -Non è stato niente male, Steve; niente male davvero-A quando la terza base, allora?- esclamò lui, sorridendo. Stava scherzando, ma contemporaneamente gettava un amo. -Uhm, credo che dovrai aspettare e sudartela un po' più di così. Altrimenti che valore avrebbe, se fosse facile da conquistare?-
Steve aggrottò le sopracciglia -Ma oggi sei in vena di perle filosofiche, forse? E ti sembra giusto che debba beccarmele tutte io?Lei arricciò la bocca, e lo guardò con il sorriso negli occhi -La linea tra sopportare qualcosa e godersela può essere sottile. E questa è stata l'ultima perla, ora devo scapparePrese la borsa e si diresse verso l'uscita, dopo avergli sorriso un'ultima volta. Lui rimase a fissare la porta chiusa, immerso nei suoi pensieri. Carl guardò l'orologio. L'appuntamento con Shane era alle dieci, ma ancora non si vedeva in giro. Non aveva idea di cosa gli avrebbe parlato, ma credeva che non sarebbe stato nulla di buono. E quando mai lo era, quando riguardava Stella? -Ciao, allocco!- esclamò una voce da dietro. Carl si voltò, e vide Shane. -Buongiorno- rispose lui con un sorriso -Scusa per ieri sera, me ne sono dovuto andareShane annuì. -E scommetto che avrai una spiegazione davvero plausibile, come sempre. Ma non so se voglio crederci, non più ormaiCarl rimase spiazzato. Era la prima volta che l'amico gli parlava così direttamente, e non sapeva come rispondere. -Non c'è bisogno che inventi una scusa, ne ho abbastanza delle tue ballecontinuò lui in tono aspro -So che mi nascondi qualcosaCarl lo fissò, valutando se dirgli quello che lo affliggeva. Decise di no, per il momento almeno. Shane lo fissò un momento, poi riprese a parlare, stavolta in tono più disponibile -So che non sono esattamente la persona a cui confidare qualcosa, ma sei il mio migliore amico, cavolo! Dovresti conoscermi meglio degli altri, e sapere che di me ti puoi fidareCarl si sentì in colpa. Quanto gli stava dicendo Shane era vero, sentiva di potersi fidare di lui, ma comunque non era pronto a dire il suo segreto a nessuno.
-Ti chiedo solo di pensarci, ok? Sappi che io sono qui, se vuoi parlare, come tu ci sei stato per me quando ne ho avuto bisogno. Ma non farmi aspettare troppo, è già abbastanza frustrante sentirsi così presi per culo-Mi dispiace- rispose Carl -Ti prometto che quando sarò pronto te ne parleròL'espressione dura di Shane si sciolse in un sorriso, mentre metteva la mano sulla spalla dell'amico. -Comunque abbiamo cose più gravi di cui preoccuparci-Cosa vuole Stella questa volta?-chiese Carl a denti stretti. Non era la prima volta che Stella chiedeva loro qualcosa, e raramente erano stati nella condizione di dire di no. -Vuole distruggere Steve- rispose Shane -Non che me ne freghi molto di lui, ma non mi sembra che meriti questo trattamento...-Tutto questo per come le ha risposto quella sera, per giunta dopo che era stata lei ad attaccarlo?- chiese Carl, furioso. Shane annuì. -Sai che non potrò rifiutare, vero?- Carl annuì, e vide che l'amico era sinceramente dispiaciuto. -Credi davvero che potrebbe dire al rettore come hai ato quegli esami?Shane scosse la testa. -Non lo so. C'è stato un periodo in cui ho creduto che lei mi amasse, e per questo ho sopportato tanto. Ma ora... Sai quello di cui è capace, vero?- Carl guardò in basso. -Cosa vuole da te?- gli chiese a denti stretti -E cosa da me?-Non so cosa ti chiederà, sai che ama gestire queste cose di persona, e senza testimoni. A me ha chiesto di mettere della cocaina nella sua borsa, e di chiamare la polizia... - Carl era disgustato. Stella li aveva costretti a compiere molte empietà in ato, ma far andare in galera qualcuno era tutto un altro discorso. Tuttavia, non poteva biasimare Shane. Se non avesse fatto esattamente come diceva lei, probabilmente sarebbe stato espulso dall'università, non aveva dubbi. -Cosa farai?- gli chiese, anche se conosceva già la risposta.
Shane si strinse nelle spalle. -Quello che devo. Non posso venire espulso, lo sai...-Ma ti sembra giusto far finire quel povero ragazzo in prigione?- rispose lui, dando un pugno contro la parete -Con che diritto puoi rovinargli la vita?Shane lo guardò, e assunse la sua solita espressione sprezzante -Meglio lui di me-Mi hai detto di essere diverso da come appari, e fino ad ora ci avevo anche creduto. Ma in questo momento ti vedo esattamente come ti vedono gli altri, un ragazzo pieno di sé e senza il minimo principio moraleAveva urlato, e varie persone si erano girate per guardarli, ma a Carl non importava. -Ehi- esclamò Shane tirandolo per la spalla -Non permetterti a giudicarmi. Ne riparleremo dopo che avrai parlato con Stella. Vedremo se non scenderai dal tuo piedistallo, alloraCarl si voltò ed uscì dal locale, cercando di non pensare a quel momento. Steve era a casa sua. Ci era tornato malvolentieri dopo le minacce della sera prima, ma in fin dei conti non aveva un altro posto dove andare, quindi non aveva una vera scelta. Il suo piano doveva subire un'accelerazione, e anche piuttosto brusca. Era il momento di far tornare in campo Le Chevalier. Aveva studiato i messaggi da mandare molto attentamente, ed era sicuro che avrebbe ottenuto l'effetto voluto. Appena ebbe finito, si preparò per la lezione pomeridiana. E, quando uscì di casa, non notò l'auto che lo seguiva da molto vicino. Carl era arrivato in facoltà in anticipo di mezz'ora. Il messaggio di Stella gli era arrivato poco prima, e lui aveva dovuto affrettarsi. A Stella non piacevano i ritardi, questo lo sapeva bene. Trovò Olivia che lo aspettava nell'atrio, una stupenda struttura piena di vetrate, e
con una grande fontana al centro. -Ciao- esclamò Olivia, con il volto corrucciato -Sembriamo due condannati che vanno al patibolo, non è vero?Carl annuì, ed in un certo senso si sentiva proprio così. Qualsiasi cosa gli avrebbe chiesto Stella, sapeva che molto probabilmente avrebbe dovuto farla. Lei sapeva il suo segreto, e questo le dava abbastanza potere da domandargli qualunque cosa. Stella arrivò cinque minuti dopo, e quando la videro entrare entrambi sussultarono. Era incredibile come avessero paura di lei, se non vero terrore, ma avevano imparato a conoscerla fin troppo bene, e soltanto uno stupido poteva non essere atterrito dalla sua feroce determinazione. -Buongiorno, cari amici- esclamò lei, mettendosi tra di loro e posando una mano sulla spalla di ciascuno -Vi ho convocati perchè sembra che abbiate deliberatamente deciso di ignorare le mie direttiveCarl e Olivia rimasero in silenzio. Stella odiava essere interrotta, specialmente durante i suoi monologhi intimidatori. -Sembra che vi siate dimenticati chi sono i veri amici e da chi invece dovreste guardarvi. Dopotutto il mio è interesse per i vostri interessi, lo sapete bene-Vai dritta al punto, Stella- esclamò stizzito Carl -Non ce ne facciamo nulla delle tue minacce sconclusionateStella lo fissò, poi sorrise -Non dovresti parlarmi così, caro Carl- continuò senza ombra di rancore nel viso, ma lui sapeva che avrebbe pagato ogni singola parola -Siamo amici, dopotutto. E come vostra amica, ho intenzione di chiedervi un piccolo favore-I tuoi favori non sono mai piccoli- la interruppe Olivia, con lo sguardo carico d'odio. -Nemmeno i segreti che tengo per voi- rispose lei, con sguardo feroce -Ma non mi è mai sfuggito niente, e immagino vogliate che le cose restino così, vero?Loro annuirono stancamente.
-Bene, allora andiamo a sederci a quelle panchine, abbiamo molto di cui parlare. Di Steve, soprattutto, ma questo credo lo sappiate giàDietro di loro, Olly sedeva ad una panchina, ripetendo per un esame. Aveva visto Carl alla festa con Steve, e sentendolo nominare cominciò a venirgli il dubbio che stessero parlando di lui. -Ecco quello che dovete fare- esclamò Stella, guardando gli altri due negli occhi -Olivia, tu dovrai respingerlo. Questa sera, non puoi aspettare oltre. Da quello che ho visto pare tenere a te, e questo dovrebbe infliggergli un duro colpo. E a te, caro il mio Carl, spetterà il compito più difficile-Non posso smettere di vederlo!Mi piace, Stella, sai cosa vuol dire?- la interruppe Olivia. Stella la guardò a lungo, poi le sorrise -La scelta è tua. Preferisci perderlo perchè lo hai respinto tu, o farti rifiutare da lui? Perchè è quello che farà non appena scoprirà il tuo segretoOlivia guardò in basso -Non lo puoi sapere, questo-Steve sarà comprensivo- esclamò Carl -Con me lo è stato, ci erà sopra-Sciocchezze- ribattè aspra Stella -Se quello che hai fatto non avesse causato una morte, lui avrebbe anche potuto arci sopra. Ma se verrà a sapere tutto ciò che so io, per voi due non ci sarà scampo-Perchè stai facendo questo, Stella?- le chiese Olivia quasi disperata. Lei sorrise di nuovo. -Perchè posso, ovviamente- -E da me cosa vuoi? Sentiamo, dovrei smettere di vedere Steve anch'io?- Stella ridacchiò. -Sarebbe troppo poco, stupido! Tu avrai un compito molto più importante. Shane ti ha già detto cosa gli ho chiesto di fare?- Carl annuì. -Bene, tu dovrai dargli della cocaina domani mattina, prima di arrivare in facoltà. Così quando la polizia arriverà qui, se anche lui dicesse che è stato incastrato, non gli crederà. Basteranno delle semplici analisi per farlo finire in prigione- -Ma ci rendiamo conto di cosa stai facendo?esclamò Carl, sempre più disgustato -Chi ti credi di essere? Sei soltanto una figlia di puttana, che siccome vale meno di zero deve distruggere gli altri, per sentirsi un minimo importante- Stella lo guardò intensamente.
-Potrò anche valere meno di zero, ma intanto ti tengo in pugno. Tutti e dueaggiunse poi rivolgendosi a Olivia. Entrambi rimasero in silenzio. -Ora devo andare- esclamò Stella alzandosi di colpo -Decidete ciò che volete, per me non ha importanza. Avrò un bello spettacolo da gustare domani, comunque vadaSe ne andò senza neppure guardarli un'ultima volta, con la sua solita camminata colma di determinazione, lasciandoli senza la minima idea di cosa avrebbero fatto. Steve era in centro. Camminare gli serviva spesso per schiarirsi le idee, e in quel momento ne aveva bisogno più che mai. Era entrato in una libreria quando ricevette un sms da Shane. Il messaggio che Steve gli aveva mandato era semplice e conciso. Fai confessare a Stella l'omicidio di Alex e registrala, altrimenti saprà che la tradisci, aveva scritto. Allegata al messaggio aveva inviato una foto che aveva scattato settimane prima, in cui Shane baciava una ragazza qualunque in discoteca. Erano alle battute finali, e si sentiva incerto. Quel giorno si sarebbe giocata la sua carta migliore, ma non era certo che sarebbe bastata. Il messaggio di Shane era molto lungo, tanto che ebbe il dubbio su cosa rispondere. Alla fine optò per non rispondere affatto alle numerose domande che lui gli stava ponendo, e gli scrisse solo che aveva tempo fino a mezzanotte, o Stella avrebbe saputo. Riteneva che sarebbe bastato. Poco dopo, infatti, ricevette un semplice ok da Shane, ma era più che sufficiente. In quel momento gli arrivò un altro sms, da un numero sconosciuto. Diceva “ Sono Olly, il ragazzo che hai conosciuto a quella festa. Devo parlarti“ Steve fu sorpreso. Non si aspettava certo di sentirlo così presto, anche se era evidente che aveva bisogno di farsi nuovi amici. Ma soprattutto fu incuriosito da ciò che Olly poteva avere da dirgli.
Gli diede appuntamento per quella sera, chiedendogli di are a casa sua verso le nove. Acquistò un libro e tornò a casa. Se leggere non fosse riuscito a rilassarlo, non avrebbe saputo cos'altro provare. Mentre si apprestava a salire sull'autobus, gli arrivò un altro sms; era di Olivia questa volta, e sembrava più serio che mai. Dobbiamo parlare, diceva soltanto. Steve rispose che avrebbero potuto prendere un caffè quel pomeriggio, e lei accettò. Prima era di cattivo umore, ma dopo aver ricevuto quel messaggio doveva lottare con fatica per non finire nel panico. Non era uno stupido, sapeva che quello che Olivia gli avrebbe detto non sarebbe stato nulla di buono. Gli sembrava di essere finito in trappola; aveva creduto ingenuamente di potersi inserire con facilità, e non aveva tenuto conto della ferocia con cui Stella avrebbe cercato di metterlo da parte, e di quali mezzi fosse disposta ad utilizzare per farlo. Una volta a casa, entrò nella doccia, e si immerse nell'acqua. Molte volte gli era venuta l'idea per un racconto nella doccia, dove i suoi pensieri sembravano molto più fluidi che nel mondo reale, dove il tempo correva e basta. Questa volta era diverso; non credeva di poter trovare una qualche risposta miracolosa, un'idea geniale per uscire da quella situazione. Quello che gli serviva era coraggio, e rammentava un tempo in cui sapeva di averne molto. Ma ora non ne era più certo; forse quelle persone erano troppo per lui, forse non poteva competere con gente così ricca e spietata. Stava uscendo dalla doccia ancora sconfortato ma profondamente rilassato, quando sentì il suono del camlo. -Arrivo- urlò mentre si asciugava. Si vestì in fretta ed andò ad aprire la porta. -Ciao- esclamò Carl, con un sorriso. -Ehila, entra!- replicò Steve -Cosa ci fai da queste parti?- -avo di qua- disse lui, mentre entrava e si accomodava sul divano.
-Vuoi qualcosa? Un caffè magari- esclamò Steve. -Si, il caffè lo prendo volentieri. Ascolta, in realtà c'è un altro motivo per cui sono qui...E' un periodo difficile e volevo sballarmi con un amicoSteve lo guardò corrucciato. Gli era piaciuto fumare cocaina, ma non era certo di volerla prendere di nuovo. Si era sentito bene sul momento, fottutamente bene, ma aveva paura di diventarne dipendente. -Non lo so, Carl- rispose dubbioso -Due volte in due giorni mi sembra un po' troppoCarl lo guardò dritto negli occhi, poi si alzò in piedi -Va bene, ti capisco...Cercherò qualcun altro....- Lo sguardo di Carl era mesto e sembrava disperato. A Scott sembrò reale, e così non ebbe cuore di rispondergli di no. -Va bene, va bene! Mi hai fregato, e non ti ci è voluto nemmeno molto, bastardo!- esclamò Steve -Ci sto, d'accordo?L'espressione di Carl si trasformò in un sorriso -Grazie, bello- rispose Carl. Mezz'ora dopo erano entrambi sul divano a guardare la tv, completamente fatti. -Questo programma è una merda- stava dicendo Steve -Non possiamo continuare a guardare reality di dubbio livello per tutto il giorno, facciamo qualcosa!Carl lo guardò senza veramente ascoltare, e non rispose. Evidentemente era in trip , pensò Steve. Lui si sentiva stranamente eccitato, come se qualcosa di importante stesse per accadere. Era una sensazione bella e brutta al tempo stesso, perchè una certa parte di lui aveva paura che non sarebbe stato nulla di buono. Rimase steso a godersi i brividi di piacere che gli correvano lungo il corpo, saette impazzite che lo solleticavano come pensieri troppo languidi per essere espressi ad alta voce. Ad un certo punto Carl sembrò risvegliarsi, e lanciò uno strano gridolino che fece sobbalzare Steve. -Tutto bene?- esclamò lui, scoppiando a ridere.
-Straordinariamente- replicò Carl, sorridendo -Steve, ascoltami un secondo, se ci riesciSteve attese che il suo cervello intorpidito elaborasse ciò che l'amico gli aveva detto, poi annuì con la testa. -Devi promettermi una cosa- esclamò Carl -Che domani sera saremo ancora amici, qualsiasi cosa accadaSteve scosse la testa. -E'una promessa che non posso fare. Ma a cosa alludi, di preciso?Carl scosse la testa, poi rise. -Era ovvio che non avresti accettato, era proprio una domanda stupidaAnche Steve rise. -Si che lo era! Ma non puoi uscirtene così e poi non dirmi di cosa parli- esclamò poi infastidito. -Temo invece che è proprio quello che dovrò fare. Ti chiedo solo di fidarti- Steve lo guardò intensamente. Aveva chiaramente qualcosa da nascondere, come aveva fatto a non capirlo prima. In quel momento capì quanto la sua obiettività fosse pian piano svanita man mano che il piano andava avanti, e man mano che si affezionava a quelli da cui avrebbe dovuto tenersi distante. Ci riflettè un attimo, poi rispose. -Mi fido. Probabilmente potrei essere ritenuto un folle per questo, dato che ti conosco da quanto, una settimana?-Secondo me non c'è niente di male nell'essere folli, ogni tanto. Potrebbe anche portare risultati-O potrei restare fregato- esclamò Steve a bassa voce, con un tono che non gli piacque affatto, sentendolo mentre parlava. Carl distolse lo sguardo. -Ora devo andare- esclamò frettoloso -Ho delle faccende da sbrigare, ma grazie ancora per questo pomeriggio insieme, mi ha fatto are un po' di paranoie. Ora ho le idee più chiare su quello che devo fare-
-Spero che sia veramente così- esclamò Steve. Non sapeva di preciso a cosa Carl si riferisse, ma sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in come si comportava -Mi aspetto il meglio da te, Carl, sappi solo questo. Mi aspetto che tu sia la persona che io per primo ho visto in te, qualcuno che non sia un completo idiota. Spero tu non mi deludaPer Carl fu come ricevere uno schiaffo in faccia. Rimase con lo sguardo fisso, e Steve sapeva che non era per la cocaina, non in questo caso. -Ci vediamo- rispose lui solamente, e poi varcò la soglia della porta. -Ciao Stella- esclamò Shane, sedendosi accanto a lei, su una panchina. Erano nel parco, nel posto dove solitamente avevano usato are le loro giornate, le loro belle giornate. Che in quel momento erano per lui solo un ricordo dolciastro ed amaro al tempo stesso, sepolto dietro le mura di fiele che la sua ragazza sembrava aver eretto, e che lo tenevano distante come non mai. Stella gli fece un cenno, e si fece avanti per baciarlo. A Shane sembrò di star sfiorando la pelle di una sconosciuta, e per questo la baciò senza trasporto. Era lì per un motivo, quel pomeriggio. Si trovava alle strette, minacciato da due fronti. Non aveva idea di cosa avrebbe fatto, ma voleva cercare comunque di procurarsi le prove che gli erano state richieste da LeChavelier. Lo giudicava un nome idiota, ma sospettava che chi si nascondeva dietro di esso non dovesse esserlo affatto. -Stella, te lo devo dire- esclamò Shane, rompendo il silenzio -Non mi piace affatto come ti stai comportando con Steve. E' sbagliato, e lo sai. E una volta non ti saresti comportata così, ne sono certoStella lo guardò con freddezza, ma poi gli sorrise. -Non sta a te giudicare il mio comportamento, Shane. Quell'idiota ha messo in dubbio la mia autorità, nessuno può parlarmi così. E pagherà, come è giusto che siaShane ne aveva abbastanza. Era disgustato, fin nel profondo. Come poteva stare con una ragazza del genere? Lui stesso non si riteneva esattamente un esempio di moralità, ma credeva che ci dovessero essere dei limiti, da qualche parte, E che lei li avesse varcati ormai, e di brutto.
-Non ti riconosco, Stella. Prima la storia di Alex, ed ora questo. Non so se voglio stare più con una persona del genereUn'ombra di rabbia ò sul viso di Stella, per poi disciogliersi nella sua usuale smorfia di scherno. Gli prese le mani, e le strinse. Un brivido percorse la schiena di Shane, perchè desiderava ancora quella ragazza, nonostante tutto. -Non credo che tu sia venuto qui per lasciarmi- disse a bassa voce -Non dopo tutto quello che abbiamo ato insieme. Non credere che io non abbia avuto rimorsi per quello che ho fatto ad Alex, ma sono riuscita a venirne fuori. Cos'è la coscienza se non una briglia, un collare che ci mettiamo da soli per impedirci di essere completamente liberi?Shane la guardò negli occhi -Senza dei limiti siamo solamente animali. Ed è quello che sei tu, non vedo più dei veri sentimenti in te, mi sembra tutto finto. Altrimenti non avresti ucciso Alex solo perchè ti aveva mollataQuesta volta gli occhi di Stella si infiammarono, e Shane temette che l'avrebbe schiaffeggiato. Ma poi abbassò gli occhi, e parlò con espressione contrita, il che era assolutamente una novità. -Dovevo farlo!- proruppe poi, ad alta voce -Mi aveva umiliata, e non potevo restare inerme, non potevo!-Non meritava quello che gli hai fatto, e devi saperlo anche tu, se ti è rimasto un briciolo di umanità! E poi, anche tralasciando questo fatto, come hai potuto usare Olivia per ucciderlo? Quella povera ragazza continua a portare il peso di qualcosa che non poteva fare niente per impedire!-Olivia era l'unico strumento che potevo usare. Era lei a spacciare per tutti noi in quel periodo, non te lo ricordi? Da chi altro potevo andare a prendere la cocaina? -Si, ma l'hai anche fatta consegnare a lei, che diamine! Ed ora Olivia non riesce ancora a superare il fatto che sia stata la sua coca, avvelenata da te, ad uccidere quel povero ragazzo-Non è un problema mio se Olivia è troppo sensibile...- replicò lei. -E non ti ho mai sentito dire ad alta voce che ti sentissi colpevole per quella
morte- replicò lui con sguardo truce -E' questa la cosa peggiore! Sei convinta di essere nel giusto!Lei lo guardò fredda e imibile. -E va bene, è colpa mia, ora sei contento? Sono stata io ad uccidere Alex, ma non mi vedrai pentita, questo mai! Lo rifarei di nuovo, se avessi la possibilità di cambiare le cose-Senti, ora devo andare- esclamò Shane -Ne riparliamo domani, dopo che avrai rovinato la vita a Steve. Te lo chiedo un'ultima volta, rinuncia a questo piano, e ritorna ad essere la persona che una volta amavoLei lo guardò a lungo, e anche se era impossibile capirlo dalla sua espressione imibile, Shane la conosceva bene. Questa volta lei ci stava riflettendo veramente. -Ci risentiamo- esclamò lui, alzandosi in piedi. -Ehi, non mi dai un ultimo bacio prima di andare via?- gli chiese lei, alzandosi di scatto e avvicinandoglisi. -L'hai già avuto, il mio ultimo bacio- esclamò lui freddo. Si avviò a i vicini all'auto, e mentre camminava si premurò di spegnere il registratore del suo cellulare. Quello che Stella aveva confessato sarebbe bastato? Shane credeva di sì, e provava una soddisfazione enorme nel pensare, che forse per una volta Stella l'avrebbe pagata. E riteneva che chiunque fosse Lechavelier, avrebbe fatto un buon uso di quelle registrazioni. Steve era a casa sua, ancora steso sul divano. La penombra della stanza gli addormentava i sensi, lasciandolo a vagare nel torpore della sua immaginazione, esplosa in tutta la sua potenza grazie alla cocaina. Il cellulare suonò, e lui si chiese se avesse davvero sentito qualcosa o se fosse frutto della sua immaginazione. Afferrò il cellulare, che gli sembrò lontano chilometri, e vide che gli era veramente arrivato un sms. Era di Olivia, ed era molto lungo. Mentre Steve leggeva, continuò a sperare di starsi immaginando tutto. Era possibile, questo lo sapeva, ma non poteva crederci fino in fondo.
Non voleva più vederlo. C'erano molte scuse nel messaggio, ma nessuna spiegazione. Ma Steve non ne aveva bisogno. Sapeva che doveva essere colpa di Stella, come al solito, peraltro. Si alzò in piedi, prese una birra e si sedette di nuovo. Rilesse l'sms, e per la seconda volta ebbe un colpo al cuore. Gli stava crollando tutto addosso, e si sentiva come se non ci fosse modo di uscirne. Si era lasciato prendere troppo Olivia, e ora , con quella sensazione orribile di mancanza, che gli mozzava il fiato e lo rendeva vuoto dentro, stava pagando. Si maledisse per la sua stupidità. Era chiaro che sarebbe andata così, avrebbe dovuto immaginarlo. Chi aveva creduto di essere, volendo sfidare così quella specie di mostro di Stella? Si era sopravvalutato, e soprattutto aveva sopravvalutato il suo piano, visto che era bastato così poco per far andare tutto a rotoli. Rimase lì, col cuore spezzato e una voglia matta di essere inconsapevole, profondamente inconsapevole. Ad un certo punto, prese una bottiglia di Gin, e cominciò a scolarsela. Accolse con piacere il dolce oblio che l'alcol gli stava dando, e godette della sensazione di essersi perso completamente. Tutto gli sembrava inconsistente, come se stesse vivendo la vita di qualcun altro. Gli oggetti intorno a lui sembravano miraggi lontani, e i suoi pensieri si dissipavano nelle maree di eccitazione dategli dalla cocaina. Mentre chiudeva gli occhi, ebbe la netta sensazione che sarebbe stato per sempre. Si abbandonò completamente, lasciando andare la sua coscienza, contentente certezze troppo difficili da sopportare per lui in quel momento. Quando spalancò gli occhi, gli sembrò di vivere per la prima volta, di nuovo. La luce che gli feriva le pupille era come acqua di rugiada nel delirio rovente di una febbre. I contorni delle cose gli sembravano impalpabili, ma sentiva dentro di sé la vita scorrere. Guardandosi intorno, riuscì pian piano a distinguere un volto. Era quello di Olly. Prima che potesse chiedere qualsiasi cosa, quest'ultimo cominciò a parlare. -Finalmente ti sei svegliato. Stavo per chiamare l'ambulanza- -Cosa è successo?chiese lui, con la bocca secca e biascicando le parole.
-Dovevo venire qui , te lo ricordi?- rispose Olly, seduto su una sedia di fronte a lui -Ma quando sono arrivato non rispondevi al camlo né al cellulare. Ho pensato che potesse esserti successo qualcosa, e ho aperto la porta-Come?Olly rise -Sono cresciuto nei quartieri poveri, e un paio di trucchetti del genere devi impararli per forza. Non c'è serratura che mi resista, per la cronacaSteve guardò per terra, e vide una bacinella piena di vomito. Doveva essere il suo. -Mi hai fatto vomitare?- gli domandò, e Olly fece subito segno di sì. -Non rispondevi a nessuno stimolo, ho provato a schiaffeggiarti ma non volevi svegliarti. Così ho pensato che tu potessi aver preso qualcosa, e ti ho fatto espellere quello che ho potutoSteve lo guardò, e si rese conto in tutta la sua pienezza di quello che era successo, e il primo sentimento che riuscì a provare fu di vergogna, accecante nella sua intensità. Era stato uno stupido, ed aveva rischiato di morire. Non voleva neppure immaginare cosa sarebbe potuto accadere se Olly non fosse arrivato in tempo, o se se ne fosse semplicemente andato per non aver ricevuto risposta. -Grazie- disse soltanto -Credo che tu mi abbia salvato la vita, e non so come sdebitarmi-Per ora riposati- esclamò lui -Senti, se vuoi posso restare qui, mi sistemo da qualche parte...Perchè c'è qualcosa di cui ti vorrei parlare, ma al momento non mi sembra il caso. Magari domani mattina facciamo colazione insieme e ne parliamoSteve annuì. Si sentiva molto stanco, e non aveva voglia di parlare. -Posso farti una domanda?- esclamò Olly. Lui fece cenno di sì con la testa, sapendo già cosa lui dovesse chiedergli. Ed era l'interrogativo che temeva più di tutto.
-Volevi suicidarti?- gli chiese -Hai mandato giù così tanto alcool da stare abbondantemente male, e a giudicare dai tuoi occhi devi aver preso della cocaina. E non credo tu non sapessi che rischiavi di non svegliarti più-Non è una domanda a cui risponderò, meno che mai questa sera. Lasciami in pace, Olly!L'altro annuì, come se si aspettasse una reazione del genere. Steve chiuse gli occhi, e immediatamente crollò in un sonno profondo. La mattina seguente fu svegliato dalla luce che filtrava dalla finestra. Sentiva la vergogna bruciargli dentro come un fuoco inestinguibile, alimentato dal suo senso di colpa e dalla rabbia verso sé stesso. Si guardò intorno, e vide Olly che dormiva sul divano dall'altra parte della stanza, coperto dal suo cappotto. Avvertiva un forte mal di testa, ma sapeva che doveva alzarsi immediatamente. Non sapeva se la sera prima avesse rischiato di morire, ma non gli andava di pensarci. Si sentiva in colpa per Olly, che era accorso in suo aiuto e a cui aveva anche rifilato una risposta sbrigativa e rabbiosa. Riuscì ad alzarsi a fatica, ma una volta in piedi si sentì un po' meglio. Preparò un caffè e ne portò una tazza ad Olly. Si sedette di fronte a lui e gli diede una picola scrollata per svegliarlo. L'altro cominciò a muoversi , e qualche secondo dopo, quando aprì le pupille, Steve si ritrovò ad essere squadrato da due profondissimi occhi azzurri. -Buongiorno- esclamò quest'ultimo, porgendogli il caffè. Olly si mise lentamente a sedere, poi gli sorrise e prese la tazza fumante. -Grazie- rispose, guardandolo dritto negli occhi. -Se c'è qualcuno che deve ringraziare qui sono io- ammise poi Steve, abbassando lo sguardo -Non so se sarei morto senza il tuo arrivo, ma sono veramente contento di non averlo dovuto scoprire-
-Frasi semplici, ti prego, è prima mattina- rispose Olly stropicciandosi gli occhi Comunque di niente...Lo avrebbe fatto chiunque al posto mioSteve annuì. -Di cosa volevi parlarmi, ieri sera?- -Non credo sia quello che vorresti sentire in questo momento, ma sei in pericolo. Si tratta del tuo amico Carl- -Spiegati- rispose secco Steve. -L'ho sentito parlare con due ragazze, e anche se non sono riuscito a capire tutto, stanno complottando contro di te. Una delle ragazze ha ricattato Carl e l'altra ragazza, per farti accadere qualcosa domani. Ha a che fare con la cocaina e con delle analisi, ma è tutto quello che sono riuscito a origliareSteve rimase di stucco. Allora anche Carl si era schierato contro di lui? E persino Olivia, era pronta a tradirlo? Si era immaginato la connessione che gli sembrava avessero avuto, la straordinaria complicità raggiunta già dopo poche parole? Credeva di no, ma non poteva più esserne certo. -Sei sicuro di non aver sentito altro?- chiese Steve. Olly scosse la testa -Ma ti aspettavi una cosa del genere?- gli chiese corrucciato. -Non esattamente, ma sapevo di potermi aspettare di tutto da Stella. Evidentente li sta ricattando-Senti, so che ci conosciamo da poco, ma visto che ormai ci sono anch'io in questa storia, ti dispiacerebbe spiegarmi?Steve riflettè a lungo. Dopotutto Olly non aveva interesse a proteggere Stella, e magari avrebbe potuto guadagnarci un alleato nel suo piano. E, giunto a quel punto, qualsiasi aiuto poteva rivelarsi vitale. -Non credo tu sia pronto a sentire la mia storia. Ma te la dirò lo stesso, perchè non posso più reggere il peso della verità tutto da solo, devo raccontarlo a qualcunoCominciò a parlare, e man mano che il racconto andava avanti, si sentiva sempre più libero. Non gli importava affatto di come Olly avrebbe reagito. Non era per lui che stava parlando, ma per sé stesso. Quando ebbe finito, rivolse lo sguardo verso l'altro. Notò sconcerto, ma non
disapprovazione. Era già qualcosa. -Dì qualcosa, ora- esclamò poi, dopo che Olly era rimasto in silenzio per una manciata di secondi. -Hai fatto tutto questo da solo?- chiese infine l'altro, guardandolo con stupore Non posso crederci-E invece è così! Chi altro avrebbe potuto aiutarmi? Secondo te potevo andare in giro a raccontare la mia storia, sperando che qualcuno abbracciasse la mia causa?Olly riflettè un attimo, poi annuì -Bè, ora qualcuno ce l'hai- -Cosa?- chiese Steve, certo di aver capito male. -Ti aiuterò, se vuoi-Ma non dire idiozie- gli rispose secco Steve -Perchè mai dovresti farlo?- -Ho due risposte. La prima è che sentendo la tua storia il mio senso di giustizia si sia smosso e mi sia venuta voglia di aiutarti, e la seconda è che io sia un bastardo, uno a cui piace mettere zizzania, fare casino, e infangare le persone, o almeno quelle che se lo meritano. Scegli tu quale preferisci?- -Ma qual è quella vera?chiese Steve. Olly rise -E' davvero importante?- chiese poi. -Direi di sì. Spero fortemente sia la seconda, mi serve un bastardo, avendo a che fare con dei bastardi-Allora sarò un bastardo. Non hai idea di quanta gente ho fatto piangere, in atoSteve lo guardò, poi sorrise -Cioè, tu te ne andavi in giro a far piangere la gente? -Macchè, c'era un metodo!- esclamò Olly. -Fumiamo un po', ti va? La giornata sarà tremenda, ne ho bisogno- Olly annuì, poi cominciò a preparare una canna.
-Allora, qual'è il piano ora?- chiese quest'ultimo mentre fumavano. Steve scrollò le spalle. -Vorrei tanto saperlo- esclamò poi, con un sorriso. -Nessuna idea, eh?- esclamò Olly -Bè, io ne ho una, invece, e credo che non sia per niente male-Vuoi cominciare da subito a condurre il gioco eh?- rispose Steve -Spara allora, hai tutta la mia attenzione-Ma perchè devi essere così formale?- chiese Olly sorridendo -In ogni caso, il mio piano è semplice. Non chiedermi come lo so, ma esistono degli antibiotici, che una volta assunti, possono far risultare positivi alla cocaina-E quindi?- chiese Steve, incuriosito. -Se potessimo procurarci una ricetta a tuo nome per quel farmaco, non potrebbero dimostrare nulla con delle analisi. Direi che è già qualcosaSteve annuì -Si, è una buona idea!- esclamò poi, riflettendoci meglio. -E devi ancora sentire il resto- esclamò Olly, evidentemente soddisfatto -Ti sei imbattuto nel miglior complottatore sul mercato, giusto per la cronaca!-Ma la parola complottatore nemmeno esiste!- esclamò Steve sorridendo. -D'altronde, però, qualcuno deve pur inventarli, i neologismi- -Ben detto- rispose Olly -Ora devi inviare un messaggio a Carl. Devi ringraziarlo, in modo sentito e profondo. Devi fargli capire quanto sia importante per te sapere che di lui ti puoi fidare, e che è l'unica persona vera che hai conosciuto in questa città- -Posso farlo, e anche in modo convincente. Scrivere è sempre stata la mia specialità. Ma mi sfugge il motivo- -Da quello che mi hi detto, Carl dovrebbe essere un bravo ragazzo. Se Stella lo sta ricattando, probabilmente avrà dei sensi di colpa per quello che ti sta facendo, ed è proprio questo che dovremo sfruttare- Continua...- esclamò Steve, sempre più interessato. Discussero per oltre mezz'ora, ma alla fine il piano era pronto. Alla fine Steve si preparò per la lezione delle undici, che probabilmente sarebbero stati il luogo e l'ora dell'agguato ordito da Stella.
Ma, se tutto fosse andato come previsto, quello sarebbe stato il peggior giorno della vita di Stella, o qualcosa del genere. I due si avviarono verso l'università verso le dieci e trenta, e lasciarono le loro borse negli armadietti, come facevano sempre. Steve credeva probabile che Stella avrebbe fatto mettere della droga nelle sue cose. Non si chiedeva nemmeno come avesse fatto ad ottenere la combinazione del suo armadietto, ormai aveva capito quanto illimitate fossero le sue risorse. Mentre camminavano per i corridoi, Steve si imbattè in Olivia. La vide arrivare da lontano e si domandò se non fosse il caso di evitarla. Sarebbe stata certamente la scelta più razionale, e avrebbe giovato al suo orgoglio, ma non poteva proprio farlo. -Ciao- esclamò quando lei fu abbastanza vicina. Nell'istante in cui lei l'aveva notato, era diventata nervosa. L'imbarazzo traspariva sia dal modo sincopato in cui camminava, sia dalle rapide occhiatine che lanciava a Steve, evitando di farsi vedere. Olivia si fermò, e guardò Steve negli occhi. Ciò che quest'ultimo lesse lo disturbò non poco: era rimpianto. Provava a mascherarlo, ma era evidente. -Ciao- esclamò lei -Scusa, devo scappare a lezione- -Non preoccuparti- rispose Steve, guardandola negli occhi -E comunque è stata una bella avventura con te, ma il messaggio che mi hai scritto era davvero esagerato! Siamo usciti tre volte, non era una cosa importante. Davvero, non credevo fossi una di quelle ragazze che si innamorano così facilmente. Credevi sul serio che mi sarebbe dispiaciuto lasciar perdere? Mi va benissimo restare amici- -Vi lascio soli- esclamò Olly, allontanandosi di qualche metro. Per Olivia fu come ricevere un violento schiaffo in faccia. Steve vide chiaramente che la sua espressione tranquilla vacillava, sfracellandosi sotto il peso delle sue emozioni. -Era importante, schifoso bastardo che non sei altro. Per me è stato importante, e se per te non è stato nulla, che razza di persona sei?Steve fu soddisfatto. Era proprio quello che voleva. -E se è importante, perchè hai chiuso con me?- esclamò poi, guardandola negli
occhi e avvicinandosi a lei. -Fino ad un istante fa non ti importava- notò lei, indispettita. -Ho mentito, che cavolo! Ho detto quelle parole per spingerti a confessare iò che provi. E come potrei dire io di non provare qualcosa per te? Ho provato a negarlo, ma non ne sono proprio capace. Credi che io volessi sentirmi così vulnerabile, così in preda alle emozioni? Era l'ultima cosa che volevo!Olivia lo guardava fisso -Spero che ci sia un ma- -C'è eccome!- rispose Steve, ormai infervorato -Mi sono innamorato, Olivia. E ad un certo punto non me ne è fregato più niente del sentirmi vulnerabile, l'ho accettato. Continuo a sentirmi stupido, per essermi lasciato trasportare così tanto quando in fondo ti conosco da pochissimo, ma non mi importa- Olivia era sconvolta. A Steve sembrò di vedere l'ombra di una lacrima che colava sulla sua pelle bianchissima, e la sua espressione si addolcì parecchio. -Non conta nulla, Steve. Non c'è storia per noi due, non c'è modo per noi di stare insieme-Come puoi dire questo? Odio le persone che non lottano per ciò che voglio, e non puoi essere anche tu così!Lei cominciò a gesticolare. -Ho lottato, Steve, l'ho fatto. Ma non c'è via d'uscita-Suppongo di doverti dire ciao, allora. Mi ero illuso che tu fossi coraggiosa, ma è colpa mia, spesso tendo ad idealizzare le persone. Ora ti vedo come realmente seiLei lo guardò per una volta ancora, e poi si voltò dall'altra parte. Mentre Steve continuava a camminare, si chiedeva se sarebbe potuta andare meglio di così. Concluse di no. La lezione fu noiosa come al solito, ma anche se fosse stata interessante, Steve non ci avrebbe comunque prestato attenzione. Si era seduto accanto ad Olly, e osservava dall'altro lato dell'aula Shane, seduto accanto a Stella. Il primo ogni tanto gli lanciava qualche occhiata nervosa, mentre la seconda era imibile come sempre. Sembrava che nulla la potesse turbare, ma Steve non la pensava così; in ogni caso, di lì a poco avrebbe avuto la sua risposta.
A mezzogiorno la lezione giunse al termine. Uscì dall'aula insieme ad Olly, cercando di mantenersi calmo. -Sei pronto?- chiese l'altro, guardandolo con un sorriso. Steve era terribilmente contento di aver conosciuto Olly, e gli era grato dell'aiuto che gli stava dando. -Pronto è davvero un parolone- rispose lui con un sorriso -Ma sarò combattivo, qualsiasi cosa accada-Tranquillo, se anche tu dovessi finire in prigione potrei portarti un po' d'erba, ogni tanto...Non rimarresti a secco-Questo mi consola tantissimo- rispose Steve ridendo -A questo punto posso anche costituirmi per un crimine che non ho commesso, tanto cosa ci sarebbe di male nel finire dentro?Erano nel corridoio, con decine di altri studenti. Steve ebbe il tempo di vedere Stella e Shane che parlottavano poco distanti da lui, quando intravvide dall'altro lato Olivia e Carl che si avviavano verso di lui. In quell'istante, però, udirono dei latrati in lontananza. Immediatamente dopo, due poliziotti fecero irruzione, entrando dal lato dove si trovavano Olivia e Carl, a pochi metri da lui. -Cosa succede?- chiese una ragazza che Steve non conosceva ad uno degli agenti mentre il cane trottava da una parte all'altra del corridoio, fiutando dappertutto in cerca di droga. -Ci è arrivata una soffiata in centrale, c'è della droga in questa università. Rimanete in disparte e lasciateci fare il nostro lavoro- esclamò l'agente, ad alta voce. -Ci siamo- esclamò Olly -Tranquillo, andrà bene- -Deve per forza- rispose lui a denti stretti, terrorizzato. Nel frattempo il cane era corso fino alla fine del corridoio, e abbaiava furiosamente. Steve sudava freddo; era la zona degli armadietti. La folla si spostò in quella zona, mentre i due poliziotti aprivano con la forza l'armadietto vicino al quale l'animale stava abbaiando.
-Cocaina- esclamò l'agente, estraendo una bustina. -Di chi è questo armadietto?- chiese l'altro agente. La folla rumoreggiava, ma quando l'agente fece quella domanda, il volume si abbassò notevolmente. Si udivano ancora bisbigli ed esclamazioni, ma niente di distinguibile. -E' mio- esclamò Steve, avvicinandosi piano. Gli tremavano le mani, ma camminava deciso, sperando di dimostrare innocenza con la sua gestualità. -Lei è in arresto- esclamò l'agente, estraendo le manette. -Qual'è il suo nome?- gli chiese il secondo poliziotto. -Steve Deschain- rispose Steve -Ma quella droga non è mia. Fatemi parlare, per favore. Non vado da nessuna parte, se non mi crederete potrete tranquillamente arrestarmi, non farò alcuna resistenzaIl poliziotto scosse la testa -Prima ti ammanetto- esclamò andandogli dietro e cingendogli i polsi -Poi parliamo-Va bene- rispose lui, mantenendosi tranquillo. Quando l'agente ebbe finito, si posizionò con l'altro davanti a lui. Entrambi sembravano molto scettici. Steve immaginò che dovessero avere a che fare spesso con situazioni del genere, e che non dovesse essere molto frequente che qualcuno colto in flagrante si potesse dimostrare non colpevole. Ma lui non era uno qualunque . E intendeva dimostrarlo, non solo a loro, ma anche a tutti gli altri, e a Stella in particolare. -Sono stato incastrato- iniziò con calma Steve -Capisco perfettamente che vi possa capitare spesso di sentire questa frase, e siate abituati a non crederci. Ma ciò non vuol dire che io non possa essere innocente-Vai al punto- esclamò uno dei due, guardandolo torvo. -Stella Martin è colei che ha cercato di fregarmi- esclamò Steve -Ha organizzato tutto. Mi ha messo la cocaina nell'armadietto, e poi ha chiamato voi-
-Sembra una bella storia, peccato che tu non possa provarla- esclamò il poliziotto. -Fategli die test, e vedrete facilmente che è un drogato. Queste sono prove, agenti-Non credo proprio- esclamò Olly, mettendosi in mezzo -Agente, non so se lei sia a conoscenza che esistono degli antibiotici che fanno risultare positivi ai test sulla cocaina, ma è così, e Steve ne ha presi per un ascesso al dente. Conosco il medico che li ha prescritti, e possiamo chiamarlo. Confermerà quello che le sto dicendo-Comunque la cocaina è nel suo armadietto- esclamò l'agente -E non basta così poco per scagionarloIn quell'istante un'altra voce si unì a loro, e Steve fu immediatamente felice di sentirla, perchè poteva voler dire una sola cosa: avevano vinto. -E' stata Stella a far mettere della cocaina nell'armadietto di Steve- disse ad alta voce Carl -E testimonierò contro di lei, se necessario-Carl, hai firmato la tua condanna- esclamò Stella a bassa voce. Poi si rivolse al poliziotto, e assunse un tono tranquillo. -Non vorrà ascoltare le farneticazioni di questo ragazzo, vero? E' la sua parola contro la mia, non prova nullaMa in quel momento un'altra voce si intromise. Era Carl. -Agente, quella cocaina non è di Steve, ma di Stella. L'ho sentita io, ha davvero programmato tutto questo-Oh, Carl!- esclamò il poliziotto , riconoscendolo -Come sta tuo padre? E' un po' che non ci raggiunge più sul campo da golf-Sarà stato occupato, sa com'è mio padre... L'ho visto quasi meno di lei ultimamente, mi creda-Quindi tu dici che questo ragazzo è innocente?- chiese l'agente -Questa
faccenda sembra molto complicata, meglio portare entrambi in centrale e fare le analisi ad entrambi-Carl, ti pentirai di quello che hai fatto- esclamò Stella. Poi alzò il tono di voce di proposito, e annunciò -Ragazzi, Carl Scott è gay. Ve l'ho annunciato io perchè lui è troppo timido per farlo. Se non ci credete guardate questa foto.Stella prese il cellulare, e in una manciata di secondi si cominciarono a sentire una decina di squilli nel corridoio. La foto era arrivata a varie persone, e si ben presto si udirono le prime risate. -Bastarda- esclamò Carl, mentre chinava la testa, e si metteva in disparte. -In centrale!- esclamò l'altro agente, avvicinandosi a Stella -Si giri di spalle, la devo ammanettareStella si offrì tranquillamente all'agente, ma nel frattempo Olivia si era avvicinata a lei. -Sei una troia, nient'altro che una lurida troia- esclamò guardandola dritta negli occhi -Con che coraggio hai fatto a Carl questo?Stella stava per rispondere, quando uno schizzo le arrivò in faccia. Le ci volle qualche secondo per realizzare che Olivia le aveva sputato in faccia. Stella non la guardò neppure. Si rivolse invece a Steve, ammanettato a pochi i da lei. -Quando rivedrai Olivia, chiedile cosa è successo la notte dello scorso 13 dicembre. Ti tiene nascosto qualcosa di enormeSteve rimase a bocca aperta. La notte del 13 dicembre era la notte in cui era morto suo cugino. Cosa c'entrava Olivia con ciò? Guardò Olivia, poi Stella, ma non disse nulla. -Non so cosa dire, Steve- esclamò Olivia, correndo via. -Basta così, andiamo- esclamò l'agente, e questa volta li portò effettivamente fuori. La folla li osservò salire sull'auto della polizia, e poi partire. Ma, da quel
momento in poi, gli sguardi tornarono a concentrarsi su Carl. Alcuni gli chiedevano come fosse stato possibile fingere per così tanto, mentre molti altri lo prendevano semplicemente in giro. Lui cercava di uscire dal centro della folla, ma sembrava impossibile. -Basta con le domande, gente!- esclamò Shane, comparendo accanto a Carl Avete avuto abbastanza scandali per oggi, disperdetevi cazzo! Non c'è niente da vedere, questo ragazzo è la stessa persona spettacolare che era fino a una mezz'ora fa, non è cambiato nulla. Parlatene, se volete, ma non credo che riuscirà a calmare la frustrazione derivante dalla vostra vita inutile. Fate schifo!Fece il suo discorso tutto d'un fiato, e ad un volume tale che si fece udire praticamente da tutti. Ben presto la folla cominciò a rumoreggiare contro di lui. Chiamavano gay anche lui, ora e non facevano che lanciargli insulti. -Andiamo fuori da qui- esclamò Shane, prendendo Carl per un braccio e tirandolo via. -Ti sei immolato con la folla per togliermi dai guai- esclamò lui sorridendo. -Non c'è tempo ora, qui non si respira- disse a denti stretti Shane, mentre si faceva strada tra le persone. Raggiunsero l'uscita , e, una volta fuori, Shane estrasse il pacco di sigarette e ne porse una a Carl. -Non credevo che l'avresti presa così bene- esclamò poi quest'ultimo, sorridendo all'amico. Lui lo guardò torvo -Non l'ho presa bene. E' semplicemente ridicolo che io non sapessi questa cosa, e che abbia dovuto venirne a conoscenza insieme a quella massa di cialtroni là dentro- Carl stava per ribattere, quando Shane lo zittì con la mano. -Ma nonostante questo sei sempre il mio migliore amico, e là dentro spero di averti dimostrato che per te ci sarò sempre. Come sai odio le parole, sono un tipo che agisceCarl sorrise -Hai dimostrato tutto quello che c'era da dimostrare, in una mossa sola. Spero solo che questa cosa non cambi la nostra amicizia-
Shane gli sferrò un pugno sul braccio -Ahia!- esclamò Carl, ma Shane lo zittì di nuovo. -Dì ancora una tale cazzata e il pugno te lo becchi sulle palle, coglione! Non cambierà nulla, sei sempre il solito, anche se ora sei un culattone!Carl sorrise, e non disse nulla. Rimase lì ad osservare intorno a sé; qualcuno continuava a guardarlo, ma non quanti si sarebbe aspettato. -Comunque sei dispiaciuto che Stella stia per pagarla, una volta per tutte?- Shane lo fissò, poi scosse la testa -E' giusto così. Forza, andiamo in centrale a testimoniare. Ho qualcosa che credo interesserà la polizia- -Cosa?-Lo scoprirai presto- rispose Shane, con un ghigno.
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Una settimana dopo, Steve era a casa sua, disteso sul divano. Fumava erba, e per la prima volta da quando era in quella città, era veramente tranquillo. D'un tratto udì il suono del camlo. Si avvicinò alla porta, e la spalancò senza chiedere chi fosse. -Olivia- esclamò lui, vedendola -Cosa ci fai qui?- Lei era bella come al solito, slanciata in un vestito azzurro che le evidenziava il seno. Il suo volto sorrideva, e a Steve mancò il fiato per un istante. Si poteva veramente dimenticare qualcuno di così incisivo come Olivia? In quell'istante fu certo di no. -Sono qui per avere la mia seconda occasione. E non me ne andrò finchè non l'avrò avuta-Puoi aspettare quanto vuoi- rispose lui, cercando di sembrare freddo -Ma te l'ho detto, non mi sembra più il caso di vederci. Ho capito com'è andata tutta la storia, e non ce l'ho con te, davvero. Solo non credo di volerti più frequentare-Stai bleffando- rispose lei tranquillamente, e Steve notò che il suo sorriso non
poteva spegnersi. Sarebbe rimasto lì a tentarlo, così come lei. -Baciami, e poi dimmi che non ti fa nessun effetto. Ti sfido a farlo, forza- -Non ho tutta questa voglia..Olivia si fece avanti, e lo baciò. Lui rimase interdetto, e all'inizio non si sciolse. Poi, pian piano, cominciò a ricambiare il bacio. Ce l'aveva fatta, aveva rotto le sue convinzioni , e in un solo istante. Si abbandonò ai suoi istinti, e in quell'istante ebbe la certezza che quello che lei aveva fatto, o che avrebbe fatto in futuro, non era veramente importante. Importava solo il suo odore, il sapore delle sue labbra e il suo sorriso. In quell'istante seppe che non ci sarebbe stata nessun altra dopo di lei.
SENZA CONTROLLO
La osservava e la sentiva. Attraverso la musica. Quella vibrazione, quell'onda fremente che era la sua personalità. Tutta fuori, esposta al mondo mentre le note scorrevano lente, accavallandosi sinuosamente su parole appena sussurrate. Si era innamorato. Come? Di questo non aveva idea. Proprio lui, la persona meno sentimentale che potesse esistere. Eppure era accaduto. C'era qualcosa, qualcosa di imprevisto. Per la prima volta nella sua vita, era rimasto seriamente spiazzato. Era difficile sorprendersi con un q.i. Di 190, d'altronde. Ma quella ragazza ci era riuscita. Aveva scosso certezze che nemmeno sapeva di avere, trasformandole in possibilità di tremenda bellezza. Non riusciva a guardarla negli occhi. Aveva paura di cosa avrebbe potuto scorgervi dentro, aveva paura di perdersi completamente. Ma aveva ascoltato, e ora le sue parole non gli si levavano più dalla testa. Finita la canzone, le si avvicinò timidamente. Era la prima volta in cui non si sentiva superiore, non si sentiva invincibile. Un tornado di incertezze lo scuoteva, mentre schiudeva le labbra per parlare. <
> le disse semplicemente. Era l'unica cosa che gli era venuta in mente, e non aveva idea di quello che avrebbe detto dopo. Solitamente le sue parole erano accuratamente scelte, pescate nell'enorme pozza di termini che conosceva, ma stavolta gli sembrava di riuscire solo a emettere suoni disarticolati, senza senso. Il suo cervello era in panne.
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<
> replicò lei, a bruciapelo. <<So che puoi farlo>> <
>> rispose lui confuso. In parte per le sue parole, ma soprattutto per la melodia che sprigionava la sua voce, anche quando la musica era spenta. Godeva nell'ascoltarla, inorridito nello scoprire che più andava avanti, più prendeva potere su di lui. <<Sono in trappola>> rispose lei mestamente, e lui si sentì morire. La preoccupazione e la paura di lei divennero suoi, e un senso di oppressione lo travolse. <
> continuò indicando un tale, seduto tra il pubblico. Sembrava assolutamente normale, pensò lui guardandolo, ma non importava. Sentiva un'assoluta necessità di crederle, e una rabbia feroce verso quell'uomo. Cosa stava accadendo? La barca della sua coscienza navigava incerta tra gli abissi delle parole della ragazza, così fragile da essere facilmente travolta dal tifone che era il suo timido sguardo. <
> le disse lui <<Ti porterò dove non potrà trovarti>> La ragazza gli sorrise dolcemente, poi annuì. <<Ti ringrazio>> gli disse, sfiorandogli la spalla con una mano. Tutto il suo corpo fremette, e avvertì un voluttuoso impulso trapanargli la pancia. Aveva le farfalle nello stomaco. Proprio lui, che non aveva mai trovato una singola ragazza di cui gli importasse qualcosa. Ma quella era speciale, e iniziò a chiedersi se fosse effettivamente una cosa buona. <<Mi chiamo Jack>> le disse poi <
> <
> rispose lei sorridendo ancora. <<Si, un mio amico ti ha vista cantare in un bar la scorsa settimana, e mi ha suggerito di venire qui. A quanto pare la tua voce riscuote sempre più vittime. Erano tutti molto emozionati, te lo devo riconoscere>> <<E tu non lo eri nemmeno un pò? >> rispose lei, e adesso il suo sguardo era languido. Lui voleva disperatamente sciogliersi, ma qualcosa gli impediva di farlo. E, come avrebbe scoperto in seguito, era proprio per quel qualcosa che lei lo aveva scelto.
<
> replicò lui, con sguardo imibile <
> La verità era ben diversa, e dallo sguardo di lei comprese che lo sapeva perfettamente. <
>gli disse poi, sussurrandoglielo ad un orecchio <<Spero tu sia più bravo in altre cose>> L'aveva ato. Aveva ato quel limite, quel sottile limite che stava fra il suo disperato bisogno di resistere al suo fascino e la voglia, impossibile da esprimere a voce più alta di quella dei suoi pensieri, di cedere completamente. <
> replicò lui, ed era vero. Qualsiasi bersaglio era possibile, se si sapeva esprimere qualsiasi emozione, aspettativa, e ione con i giusti termini.. E lui li conosceva tutti. Ma lì, in quel momento? Non era in grado di dire nulla, se non quanto filtrava dai suoi pensieri attraverso la rete che lei gli aveva tessuto nella mente. Si sarebbe dato per spacciato alle sue forme morbide e ai suoi modi irresistibilmente gentili, non fosse stato per il suo orgoglio. Ma sapeva che non poteva resistere a lungo. Presto sarebbe stato suo, per quanto insopportabile gli fosse l'idea di abbandonarsi completamente. <
> rispose lei, con lo sguardo più languido che si potesse concepire. <
> rispose lui, socchiudendo gli occhi. <
> rispose lei, con un sorriso ferino, poi si chinò in avanti e lo baciò. Le sue connessioni saltarono. Sentiva le sue emozioni appiattite, deformate dalla ferocia della sua sensualità. Si sentiva un organo pulsante, traboccante di istinti languidi, vischiosi come sabbie mobili. Erano fuggiti, sgusciando tra la folla, fuggendo da quell'uomo. Li aveva veramente inseguiti? Non lo ricordava più. Gli importava solo di stare con lei, e questo gli metteva addosso una paura folle. Si sentiva manipolato, in trappola,
ma non poteva farci niente. L'avrebbe seguita in capo al mondo, e anche oltre, se solo lei glielo avesse chiesto. Era vulnerabile, senza difese. Ma come era potuto accadere? Si accorse che non gli importava. La sua presa su di lui non ammetteva pensieri di questo tipo, lasciava spazio solo a sentimenti incontrollabili. Erano fuori, sotto la luce opaca di piccoli lampioni cilindrici. La strada era brulicante di persone, ma non poteva vederle. Si gettarono nella folla, scomparendo in vicoli oscuri, guardinghi come ladri. <<Sono libera, finalmente>> disse lei, guardandolo dritto negli occhi. Stava sorridendo, ma in modo diverso. Era un ghigno feroce, e il suono che emetteva somigliava al ruggito di una bestia contenta, che sta per fare a brandelli la sua preda. Il terrore lo invase; chi era quella donna? Era una domanda retorica, avrebbe dovuto saperlo bene. Quella non era una donna normale, e come aveva fatto a non accorgersene? Ma ormai era lì, e il tempo delle congetture era finito.Sapeva bene ciò che lei voleva, ed era pronto a darglielo.
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Ci fu un momento. Singolare, fulmineo, un'epifania forse. Aveva capito, per un istante. Nel momento più alto del loro straripante coro, era caduto. Libero, senza più catene, tutto gli era sembrato più semplice. Quella donna, in qualche strana maniera lo stava controllando. E non era qualcosa di casuale, lei sapeva. E anche troppo bene. Ma perchè lo stava usando? Cosa voleva da lui? Le sue domande si infransero in un baratro di silenzio, mentre lui ricadeva nella sua voluttuosa spirale. Si lasciò andare, e mai resa fu più piacevole.
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La mente era appannata, sangue gli orlava le punte delle dita; Stava fremendo, si sentiva incontrollabile. Finalmente era lui, solo e soltanto lui. Irresistibilmente solo, di nuovo. Non sapeva nulla, ma si sentiva di nuovo libero. Una figura giaceva sul pavimento. E lui sapeva chi era. L'uomo che aveva rincorso la donna al bar, l'uomo che la teneva prigioniera. Inorridì nel vedere, così chiaro nella sua mente, ciò che aveva fatto. Com'era stato possibile? Vomitò in terra, sul cadavere crivellato. La ragazza era fuggita, e sapeva che non l'avrebbe rivista mai più. Non era tipa da tornare sui propri i, meno che mai dove c'era un cadavere. Ma cosa aveva detto prima di andarsene? Non ricordava. O così pensava. Le informazioni più dolorose erano seppellite , murate dietro nubi di pulsanti sensi di colpa. Non poteva crederci, ma aveva sbagliato. Aveva sbagliato tutto, e l'unico errore della sua vita altrimenti perfetta, stava trasformarsi nel più grave che potesse fare. Aveva detto che voleva essere libera, e lui l'aveva liberata. Ma cosa, esattamente, aveva liberato? Voleva scoprirlo, più di ogni altra cosa. Ma non riusciva a ricordare. Era stato il suo incubo personale, e anche ora che era finito, sembrava appena cominciato.
Doveva occuparsi di quell'uomo, e in fretta. Non poteva permettersi di finire dentro. Non per i suoi progetti, nè perchè ci fosse qualcuno in particolare che gli sarebbe mancato. Voleva rimanere fuori per farla pagare a quella troia, a qualsiasi prezzo. E se c'era qualcuno abbastanza intelligente per farcela, era lui. Sapeva di poter contare sul suo cervello tutt'altro che comune, e godeva di un altro vantaggio: lei non sapeva ciò di cui lui era capace. Quella troia ha fottuto lo stronzo sbagliato, pensò. Di solito non usava parole del genere, semplicemente non era il suo stile. Ma quella situazione non lasciava spazio a censure. Sarebbe andato fino in fondo.
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<<E' impossibile>> affermò a voce alta, ma non c'era nessuno a sentirlo. Non dormiva da due giorni, e questo non giovava certo al suo umore. Quella donna sembrava essere scomparsa nel nulla. Aveva cercato sul web, in comune e in decine di altri modi. Ma nulla che indicasse qualche pista, niente di niente. Ma alla fine fece centro. Era un sito a dir poco strano. Aveva rintracciato il suo nome in esso grazie a un metodo di decriptaggio inventato da lui; era stato il suo ultimo, disperato tentativo, ma era andato a buon fine. Ma ancora non era bastato. Aveva dovuto impiegare altre 3 ore per scoprire le . Erano tre, da inserire di seguito. Si chiese cosa mai avesse trovato, e se volesse davvero
scoprire qualcosa che era così ben protetto. Ma ormai era lì, e non era mai stato tipo da tirarsi indietro , meno che mai di fronte al pericolo. Purchè ci fosse una sfida, lui non avrebbe mollato. E distruggere quella donna era diventata quella più importante. Non poteva credere ai suoi occhi. Era un elenco. Dodici persone, otto uomini e quattro donne. Accanto al nome di ciascuno di essi c'erano tre colonne. In una lesse "abilità", nelle altre due vide indicati "Luogo di detenzione" e "Detentore". Ma cosa diavolo aveva trovato? Forse sarebbe davvero stato meglio lasciar perdere. Fino a quel momento, semplicemente non aveva potuto ammettere quel pensiero. Non poteva accettarlo, nonostante fosse evidente. Il suo rigore scientifico e il suo profondo scetticismo erano stati il suo paraocchi. Ma ora, come poteva mentire a sè stesso? La lista indicava persone con abilità incredibili, forse paranormali. Potevano essere spiegate? Ne dubitava. Ma non poteva negare l'evidenza, non ne era più capace. Non dopo che la verità gli era stata così elegantemente sbattuta in faccia. Quella ragazza lo aveva sì sedotto, ma nessuna ragazza, per quanto bella potesse essere, poteva fare qualcosa del genere. Accanto al nome di Irina, lesse "Infatuatrice" ; tutto sembrava quadrare; ma perchè, allora, gli era così difficile accettarlo? Quella donna, quella donna all'apparenza così stupenda, aveva dei poteri. Ma l'uomo che aveva ucciso lo sapeva? Era lui il "Detentore" di lei? E cosa avrebbe potuto combinare quella ragazza con il suo potere, se nessuno la controllava più? Troppe domande, anche per un cervello come il suo.
Scelse di non pensarci, e andò a letto con la testa che gli scoppiava. La notte non portò consiglio, anzi. La mattina dopo si sentiva frastornato, e nessun piano si era materializzato nella sua mente. Ma nonostante ciò, non si sarebbe fermato. Poi capì: non poteva farcela da solo. C'era un'unica persona che poteva aiutarlo, forse l'unica che poteva essere più determinata di lui, se le si fornivano le giuste motivazioni. Saltò in macchina, e partì verso sud. Sarebbe stato difficile convincerla, se non impossibile. Non le parlava da due anni, e l'ultima conversazione che avevano avuto non era stata esattamenta il massimo. Erano volate accuse, da parte di entrambi, ma Jack aveva l'impressione che le sue avessero fatto più male. E non era forse sempre così? Sapeva che la sua lingua era tagliente, e tuttavia non aveva paura di usarla, anche con le persone che amava. E' quello che mi merito, pensò mentre l'auto sfrecciava sull'autostrada deserta. E' semplicemente il mio karma che si ritorce contro di me, e non c'è nulla che io possa fare. Ma allora perchè aveva deciso di fare un viaggio di 600 km? Per sentirsi rispondere un no secco? No, avrebbe avuto ciò che voleva, e il fatto che non sapesse ancora come non era più di un insulso ostacolo che la sua determinazione avrebbe divorato.
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Era sulla veranda, a pensare. E, come spesso le era capitato negli ultimi sei mesi, non erano pensieri che avrebbero giovato al suo umore. D'altronde come potrei
dimenticare così in fretta? Se lo chiedeva sempre, cercando una vana giustificazione nel fatto che lei, proprio lei, la ragazza esile come un giunco ma cazzuta come pochi, non stava riuscendo a dimenticarlo. Non le dava fastidio sentirsi vulnerabile, non era quello. Era lui. Il punto era lui. Quel tronfio bastardo di cui, chissà come, era riuscita a innamorarsi. Non sopportava il suo ghigno. E non era perfettamente da Jack, che proprio mentre la stesse scaricando, gli partisse involontariamente un ghigno di nervosismo, un ghigno tanto stupido quanto tagliente , almeno per lei? Non poteva perdonarglielo. E non lo avrebbe fatto. Fu allora che suonò il camlo. Jack scese dall'auto, e si avvicinò al camlo. Quasi tre volte fu sul punto di premerlo, poi ci ripensò. Salì in macchina, la accese e partì. Era quasi tre isolati avanti quando si rese conto che era un codardo. Invertì la marcia e tornò indietro, stavolta più convinto. Nonostante ciò, non gli fu facile lo stesso premere il camlo. Quando alla fine ce la fece, non dovette attendere per più di dieci secondi, prima che la porta si aprisse, mostrandogli l'unica persona che era riuscito da amare, la stessa con cui un giorno aveva capito di non poter più stare. <
> esclamò seccamente una voce che conosceva fin troppo bene. E non gli aveva forse dato lo stesso un sussulto, un'alterazione impercettibile nel suo battito, una dimostrazione che forse le fiamme che bruciano così ardentemente da arrivare al cielo, sono le stesse che è impossibile spegnere mai del tutto? <
> rispose lui, imbastendo il ghigno più feroce che potesse fare. Fu allora che lei perse la testa.
Accadde in un attimo, alla velocità che solo un'ira profonda e così carica di rancore poteva dare. Jack cadde a terra, e solo un paio di secondi dopo realizzò cosa era accaduto. L'aveva colpito! Una sorda collera lo invase, mentre si rendeva conto dell'umiliazione che aveva appena subito. Poi ricordò ciò per cui era arrivato fin lì , e seppe esattamente cosa fare. <
> esclamò sorridendo. Gli costò una fatica enorme restare imibile, come se il suo colpo a tradimento non l'avesse minimamente ferito. Ma era l'unico modo per convincerla. Doveva ricordargli com'era stare accanto a lui, e fargli capire che valeva la pena aiutarlo, anche se si era comportato da stronzo. <
> replicò lei, mentre si massaggiava il pugno dolorante. <<E cosa ti ha trattenuto?>> rispose lui, sorridendo. <
> <
> continuò lui, serafico come sempre<<E te ne devo avere inflitto parecchio, se sei ancora così arrabbiata>> Mentre l'ultima sillaba ancora doveva essere pronunciata, l'aveva visto. Dritto negli occhi di lei, c'era quello che voleva. Aveva fatto breccia, e ora sapeva che dopotutto, lei teneva ancora a lui. C'era quindi una speranza di ottenere l'aiuto che voleva, forse. <
> disse a labbra serrate <<E la rabbia che ho, è solo nei confronti di me stessa. Sono stata un'idiota sin da subito, con te. Avrei dovuto capirlo, dalle tue battute appena sopra la soglia della sufficienza e dai tuoi modi arroganti, che non ne valeva la pena>> Aveva fatto strike. Ovviamente, colpendolo dove era più vulnerabile. Jack annuì con condiscendenza, cercando di simulare una disinvoltura che non aveva più. I
suoi erano stati colpi bassi, ma allora perchè avvertiva quel qualcosa nello stomaco? Qualche romantico avrebbe forse detto che sembravano farfalle impazzite, ancora vive nonostante tutta la fatica che aveva fatto per reprimerle, colme di esuberanza fino a scoppiare. Era proprio questo che gli piaceva di lei, quel suo essere così dannatamente forte, in modi che forse in nessun altro aveva mai potuto apprezzare. <
> In quell'istante non ebbe esitazioni. C'era un solo modo per convincerla, ed era proporgli una sfida, una in cui solo lei potesse riuscire. <
> esclamò con un espressione affranta delle sue, quelle a cui lei non sapeva resistere <
> Lei aggrottò le sopracciglia, e Jack seppe che la preda aveva abboccato all'amo. Sarebbe bastata la sua bellicosa curiosità ad avere la meglio sull'orgoglio, così aspramente forte? Pensava di sì, e quando lei aprì la bocca, sapeva già cosa stava per dire. <
> rispose seccamente <<E dovrai spiegarmi tutto>> Era fatta. Non se l'aspettava così facile, ma d'altronde aveva giocato bene le sue carte. Stava per rispondere, quando lei continuò. <
> <
> rispose lui. Andava tutto bene, tutto dannatamente bene. Era arrivato, e molto più facilmente di quanto si era aspettato, aveva ottenuto quello che voleva. Allora perchè si sentiva le gambe instabili e il vuoto nella
testa? Avrebbe dovuto essere felice. Un'ultima sgroppata con Olivia poteva fargli solo piacere, eppure perchè non riusciva a smettere di porsi domande? E poi c'era quell'altro fatto, che non poteva sottovalutare. Le parole di Olivia erano bastate ad accendere un fuoco nel suo basso ventre, e avrebbe giurato che non sarebbe bastata una doccia fredda a spegnerlo.
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Nella notte, steso accanto a Olivia tra sonno e veglia, Jack ebbe un pensiero, fulmineo e così dolce da fargli venire le lacrime agli occhi. Immaginò come sarebbe potuta andare, se solo quel maledetto venerdi fosse rimasto a casa sua, evitando di andare a urlare accuse contro, accuse che perdipiù non pensava fino in fondo. Ma forse era stato meglio così...Era stato bene anche da solo, non aveva bisogno di nessuno per essere felice. Allora perchè gli sembravano tutte scuse, parole inutili, che dette ad alta voce sarebbero sembrate le più stupide che potesse dire? E d'un tratto gli venne voglia di riprovarci. Cosa poteva succedere di male, a lasciarsi andare per la prima volta nella sua vita? Le sue elucubrazioni si spensero , come fiammelle sotto la pioggia, mentre si lasciava andare al sonno, quasi senza accorgersene. <<Sei sveglio?>> bisbigliò una voce. Aprì gli occhi lentamente, e trovò tutti i suoi pensieri proprio lì, dove li aveva lasciati la sera prima. Olivia sedeva sul letto, e lo guardava dolcemente. In mano aveva una tazza di caffè al ginseng. Evidentemente si ricordava ancora cosa lo faceva impazzire, e
di questo avrebbe dovuto essere certo già dopo quella notte. Si sentiva bene, e si chiese come sarebbe stato se avesse deciso di rimanere lì, con lei, di abbandonare la vendetta per l'amore. Ma era una battaglia che il suo cuore non poteva vincere, almeno non in quel momento. Doveva avere la sua rivalsa, era questa la sua priorità. Però la tentazione era forte, tanto dolcemente forte che temette di non farcela. Quella notte il suo corpo glielo aveva urlato, desiderava Olivia, e non poteva più negarlo. Tra loro c'era alchimia, avrebbe detto qualcuno. <
> esclamò Olivia. La sua bocca si inclinò in un sorriso appena accennato, mentre gli porgeva la tazza di caffè. <<Buongiorno. Da quando sei così gentile?>> esclamò lui, sfidandola con lo sguardo. <
> Scoppiarono a ridere simultaneamente, e fu un istante splendido per Jack. Come aveva fatto a stare senza di lei per così tanto tempo, non riusciva proprio a capirlo. <
> esclamò lei d'un tratto, lacerando in un istante le risate, e facendo piombare entrambi in uno strano silenzio teso. <
>continuò con un sorriso di scherno <
> <<Se solo sapessi come stanno le cose...>> rispose lui senza alzare lo sguardo <
> Olivia rimase interdetta. Era la prima volta che lo sentiva parlare in quel modo, la prima volta che si dichiarava legato a qualcuno e che non aveva paura di
esprimere ciò che provava. Stava veramente cambiando? Possibile che dopo tutto questo tempo Jack fosse finalmente diventato un adulto? E se veramente era accaduto, cosa mai aveva dovuto are per costringerlo a fare il salto? Erano interrogativi senza risposta, e lei sapeva che lui non avrebbe dato ulteriori spiegazioni. <
> rispose lei, guardandolo negli occhi. Fu terribile doverlo fare, perchè lesse speranza e desolazione nel suo sguardo, così reali che lei si sentì travolta. Allora era vero. <<E poi? Cosa farò, dopo?>> chiese Jack ad alta voce, ma più che altro a sè stesso. <<Ti aspetterò>> decise lei d'impulso, e appena lo ebbe detto, fu contenta di averlo fatto. <
> Lui la guardò a lungo, poi finalmente sorrise. <<Spero di esserci ancora domani a mezzanotte, ma sappi che se sarò ancora in vita, sarò qui con te>> Lei lo guardò interrogativa, poi scosse la testa. Non voleva sapere, voleva solo che lui tornasse da lei, e questa volta per sempre. Un ultimo sguardo, poi lui si incamminò verso l'auto, molto più sicuro di sè di quando era arrivato lì. Lei lo salutò con la mano, cercando di reprimere la prepotente sensazione che non lo avrebbe più rivisto.
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L'auto sfrecciava sulla strada soleggiata, quasi solitaria in quel lunedi così caldo. Jack si sentiva estremamente vulnerabile, come mai prima gli era successo. Gli
sembrava di non riuscire a ragionare, e non sopportava che le sue emozioni prendessero il sopravvento su di lui. Com'era possibile che la sua prospettiva fosse cambiata così tanto in così poco tempo? Non sapeva spiegarselo, ma d'altronde quando si trattava di sentimenti raramente c'era una motivazione dietro ciò che si faceva. Irina si trovava ad appena 80 miglia di distanza, e più si avvicinava, più si rendeva conto che non aveva idea di quello che avrebbe fatto una volta arrivato. Prima di andare da Olivia, era convinto che l'avrebbe uccisa. Gli era sembrata la punizione più adeguata, l'unica veramente giusta, ma ora? Non riusciva a capire come, ma sembrava che il suo rancore fosse sparito, sepolto chissà dove. Desiderava disperatamente ritrovarlo, perchè sapeva che sarebbe stato molto più difficile fare ciò che andava fatto, se si manteneva lucido e non si lasciava prendere dalle emozioni. Uccidere qualcuno in preda alla rabbia era una cosa, ma non credeva che avrebbe potuto farla fuori così, a sangue freddo. Nel frattempo il cielo si andava oscurando, e le funeste nubi che pian piano stavano inghiottendo il cielo gli sembrarono riflettere appieno come si sentiva in quel momento. Ma non si sarebbe fermato. Forse quel giorno sarebbe morto, ma di certo si sarebbe portato dietro Irina. Quella troia non avrebbe visto una nuova alba, di questo era certo. Aprì il cruscotto, e prese l'arma che si era procurato il giorno prima. La mise nel giubbotto, e fu felice di constatare che la tensione si era attenuata parecchio.
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Due ore dopo, quando i primi tuoni cominciavano a scuotere l'aria carica di elettricità statica, il navigatore gli indicò che era finalmente arrivato. Era una zona residenziale, piena zeppa di enormi ville, che ai suoi occhi sembravano decisamente tutte uguali. Piscina, enorme giardino, e curatissime siepi.
Scese dall'auto, e raggiunse a piedi l'abitazione di Irina. Era arrivato. Finalmente era lì, e poteva avere la sua vendetta. In quel momento si rese conto di qualcosa che, semplicemente lo atterrì. Non voleva più vendicarsi, il suo rancore sembrava essersi dissolto, come nebbia al sole. E temeva che a farlo sciogliere potesse essere stata un'unica cosa, anche se aveva paura ad ammetterlo, anche nella sua stessa testa. Gli scappò un sorriso mentre pensava a cosa avrebbe fatto giunto a quel punto, a quanto sarebbe stato bello tornare a casa da Charlotte e farla finita con quella storia. In quell'istante, il portone di fronte a lui si spalancò. Prima che potesse riprendersi dallo stupore, lo sguardo dolce che gli aveva rubato la mente fece capolino dall'ombra del vialetto, e una paura folle si impossessò di lui. Non voleva perdersi di nuovo, non lo avrebbe sopportato. Ed eccola lì, la ragazza che aveva abusato di lui in più di una maniera, con lo sguardo imibile. Lo riconobbe immediatamente, e un sorriso che aveva ben poco di umano comparve fugace sul volto di lei, per poi scomparire subito dopo, sostituito da una fredda determinazione che raggelava il sangue. Accanto a lei, c'era un uomo, con lo sguardo confuso. Era lo stesso sguardo che aveva avuto lui appena qualche giorno prima? Sperava di no, perchè era uno sguardo idiota, lo sguardo di qualcuno che avesse subito una lobotomia. <<Jack>> esclamò lei sorridendo, e allora lui avvertì una miccia accendersi dentro di sè, strepitando furiosamente. In quell'istante una paura terribile si impadronì di lui, e la consapevolezza che per lui sarebbe finito tutto quel giorno lo travolse come un fiume in piena. Avrebbe dovuto prepararsi meglio. Era stato un idiota, e decisamente non era da lui. <
> <
> Lei scoppiò a ridere <
mai più, o dovrò ucciderti. O meglio, lui dovrà farlo>> Nel dire questo indicò l'uomo fermo accanto a lei, ma il suo sguardo non si smosse un attimo dagli occhi di Jack. E in quel momento luì capì che lei non voleva che se ne andasse, che sperava di vedere il suo sangue sparso sul pavimento. Jack estrasse la pistola senza dire nient'altro, e gli fece cenno di rientrare in casa. Per strada non c'era nessuno, ma preferiva non rischiare di essere visto. Lei lo fulminò con lo sguardo. Di colpo Jack si sentì debole, e in un attimo cadde di nuovo preda di lei. La desiderava ancora, nonostante tutto, ed era questo che lo rendeva una sua preda. <
> <<Sei un mostro>> sussurrò Jack, cercando di resistere alla sua voce suadente che si infilava nella sua testa. Lottava con tutto sè stesso, provando a mantenere la presa sulla sua volontà. Poi, come un fulmine, la volontà di lei squarciò la sua. Non sentiva più niente, solo l'imperativo che le parole di Irina gli avevano intimato. Cadde di nuovo, convinto che questa volta non ci sarebbe stato ritorno.
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Nella nebbia della sua mente tutto era disperso. Non c'erano appigli, mentre apriva l'acqua e si toglieva i vestiti. Nessun riparo mentre prendeva il coltello e si immergeva nell'acqua, calda come un grembo materno. Niente salvezza, mentre la lama calava lenta, e il lucente metallo gli accarezzava la pelle. Poi uno squarcio,Una scossa. La sensazione fu quella di cadere, ma stava risalendo.
Un'immagine, uno sguardo. Dentro di lui. Olivia. La ricordava. Distintamente, in quell'arido oceano di nulla. Si riebbe. Sentì le sue mani e potè muoverle. Una lacrima solitaria gli colò lungo la guancia destra. Lasciò cadere il coltello, e si alzò in piedi. Aveva perso, e aveva rischiato di morire. Ma non gli importava. Forse a volte serve un fatto del genere per capire cosa è davvero importante, pensò mentre si rivestiva. Guardò il cellulare, e apprese che era il giorno seguente. Ignorava come fosse potuto accadere, ma non gli importava. Erano le dieci di sera, e il suo tempo stava per scadere. Tre minuti dopo era in auto, e correva a più non posso. Per la prima volta nella sua vita, era diretto verso la sua reale destinazione.
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Il camlo suonò. Pulsava di emozioni fino a scoppiare. E questo gli piaceva. Era mezzanotte ata, ma sperava di avere ancora una chance. La porta si aprì, e davanti a lui comparve un sorriso. Mentre la baciava, pensò che ci era finalmente arrivato. Questa volta era pronto. E non contava che ci fosse voluta una psicopatica per farglielo capire, l'importante era aver raggiunto quella consapevolezza. <
> gli sussurrò Olivia
all'orecchio. Jack sorrise. Questa prospettiva non gli riguardava.