Il aggio Delle Sirene 4f4y70

INDICE

Copyright Information

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IL AGGIO DELLE SIRENE

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L’autore

Colophon

COPYRIGHT INFORMATION

Il aggio delle sirene

di Andrea Adriani

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Copyright © 2010-2014 Andrea Adriani

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This book is a work of fiction. The names, characters, places, and incidents are products of the writer’s imagination or have been used fictitiously and are not to be construed as real. Any resemblance to persons, living or dead, actual events, locales or organizations is entirely coincidental.

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IL AGGIO DELLE SIRENE

Andrea Adriani

DRAMATIS PERSONÆ

ODÌSSEO

EURILOCO

PERIMEDE

LA DONNA

ATTO UNICO

I. Il mare

ODÌSSEO bendato e legato all’albero della nave. Ai suoi piedi un piccolo otre.

EURILOCO e PERIMEDE, dinanzi a lui, ai lati, gli volgono le spalle. Sono ai remi.

Un mozzicone di candela accesa, in terra, al centro, davanti ai tre, segna la prua della nave.

È notte.

ODÌSSEO. È ancora notte?

EURILOCO. Ancora notte, Odìsseo.

ODÌSSEO. Vedete qualcosa?

EURILOCO. Il buio, Odìsseo.

ODÌSSEO. Nient’altro?

EURILOCO. Il mare, Odìsseo. La notte e il mare intorno a noi.

PERIMEDE. Dovunque intorno a noi. Sotto il solco profondo dello scafo.

ODÌSSEO. Non è solo un mare. È una conchiglia. Questo vuoto senza colore è una conchiglia.

EURILOCO. Sì, Odìsseo. Forse è una conchiglia.

ODÌSSEO. È come ti dico. Una conchiglia. Siamo perle dentro un’ostrica.

EURILOCO. Sì, Odìsseo. Siamo dentro una conchiglia.

ODÌSSEO. Siamo prigionieri. Noi e il tonfo dei remi. Uno schiaffo in faccia all’abisso.

EURILOCO. Sì, Odìsseo. Siamo soli.

ODÌSSEO. Non è vero. Non siamo soli.

PERIMEDE. Va bene, Odìsseo. Allora non siamo soli.

ODÌSSEO. Il mare. Si muove.

EURILOCO. Nient’altro che il mare. Il mare non conta come compagno.

ODÌSSEO. Conta invece. Il mare è l’ultimo compagno.

PERIMEDE. Tutti gli altri dispersi, uno dopo l’altro.

EURILOCO. Sventrati sulle sponde o inghiottiti di notte.

PERIMEDE, mimando un ciclope. Masticati dal monocolo—

ODÌSSEO. Che alla fine ho oscurato.

EURILOCO. Ci sei riuscito perfettamente, Odìsseo.

PERIMEDE. Purtroppo per noi.

EURILOCO. Altrimenti non saremmo costretti a vagare così.

ODÌSSEO. Avreste preferito che venissimo scannati come greggi, divorati senza motivo da un mandriano impazzito?

EURILOCO. Sarebbe stato meglio.

PERIMEDE. E poi quello un motivo ce l’aveva: lo stomaco e la fame.

EURILOCO. Fanno due motivi.

PERIMEDE. Sì, ma contano come uno soltanto.

ODÌSSEO. Silenzio. Fatemi sentire.

PERIMEDE. Cos’è che devi sentire?

ODÌSSEO. Il mare. Devo ascoltare il mare.

EURILOCO. Il mare ti parla, Odìsseo?

PERIMEDE. Già, Odìsseo, sei forse l’oracolo del dio?

ODÌSSEO. Silenzio. Non riesco a sentire.

EURILOCO. Forse un dio gli parla davvero.

ODÌSSEO. Il mare ha il ronzio di una conchiglia. Me lo sento nella testa. La mia testa è una conchiglia.

EURILOCO. La tua testa, Odìsseo?

ODÌSSEO. Un mare si muove in questa conchiglia, lo sento. Anche lui mi sente.

EURILOCO. È solo lo sciabordio dell’acqua.

PERIMEDE. Sì, Odìsseo, Euriloco ha ragione. È il rumore dei flutti contro la carena.

ODÌSSEO. Il mare mi cerca oltre questo limite.

PERIMEDE. Di quale limite parli, Odìsseo?

ODÌSSEO. Non lo sentite? Mi cerca. Si rigira su sé stesso. Un tempo mi era

amico.

EURILOCO. No, Odìsseo. Il mare è avverso.

ODÌSSEO. Non è sempre stato così.

EURILOCO. È il dio che ci ha negato la strada del mare, possibile che non ricordi?

PERIMEDE. Sì, Odìsseo, il dio che hai offeso quando hai accecato suo figlio.

ODÌSSEO. Non è beffarda la sorte? Io, che ho accecato il ciclope, ora — bendato — ne condivido la tenebra.

EURILOCO. Sei tu che hai voluto essere bendato, Odìsseo.

Remano.

II. I colpi del capovoga

ODÌSSEO. Quanto manca al aggio?

EURILOCO. Il tempo che la candela finisca di bruciare.

ODÌSSEO. Ed è ancora molto?

PERIMEDE. No. La candela è ridotta a un mozzicone.

EURILOCO. Per forza. Abbiamo usato gran parte della cera per i tappi.

ODÌSSEO. Allora chiudetevi le orecchie, che aspettate? Chiudetele con la cera, come un obolo sulla bocca di un morto.

EURILOCO. Perché ci rimproveri quello che ci hai ordinato? Ci hai chiesto tu di preparare con la cera i tappi per le orecchie.

PERIMEDE. Sì, Odìsseo, sei tu che vuoi che ci tappiamo le orecchie, quando saremo al aggio.

EURILOCO. Noi no di certo.

PERIMEDE. E a cosa dovrebbe servirci poi la cera nelle orecchie?

EURILOCO, a Perimede. Perché, l’obolo per il morto serve a qualcosa?

ODÌSSEO. Non voglio sentire simili empietà.

EURILOCO. Non ci servono monete per garantirci la traversata.

PERIMEDE. Ci servono spiegazioni.

EURILOCO. Noi non siamo ai remi di Caronte.

PERIMEDE. Nessun obolo per il traghettatore.

ODÌSSEO. Vi spiegherò quando sarà il momento. Avanti, per adesso. Remate, forza.

EURILOCO. Più veloci di così non è prudente.

ODÌSSEO. Avete paura che la velocità e il vento spengano la fiamma?

PERIMEDE. Anche quello, Odìsseo.

EURILOCO. La fiamma ci serve da guida.

PERIMEDE. La fiamma è incollata alla prua. Senza quella rischiamo di infrangerci su qualche scoglio.

ODÌSSEO. Non vedo fiamme. Non vedo luci. Non potrei nemmeno se mi toglieste questa benda dagli occhi.

EURILOCO. Sei tu che ci hai chiesto di bendarti.

PERIMEDE. Perché ci hai chiesto di bendarti, Odìsseo?

ODÌSSEO. Non voglio luci. Non voglio ombre. Non mi servono. Solo suoni — suoni nella mia testa di conchiglia, quando saremo al aggio delle sirene.

EURILOCO. È per questo che ci hai chiesto di legarti, Odìsseo?

ODÌSSEO. Non voglio che con le mani io possa tapparmi le orecchie, o aprirmi gli occhi.

EURILOCO. Ma come possiamo dirigere in questo mare?

PERIMEDE. Sì, Odìsseo, non possiamo dirigere la nave ancora per molto, in questo modo.

EURILOCO. Tu sei bendato, cieco. Non puoi mirare la rotta.

PERIMEDE. Per la rotta serve una mira sottile, più sottile che per il bersaglio di un arco.

EURILOCO. Più facile scoccare una freccia tra gli anelli di dodici scuri che tenere la rotta in questa tenebra.

PERIMEDE. E presto noi saremo sordi ai tuoi comandi, lo sai.

EURILOCO. Che assurdità. Rematori sordi per un nocchiero cieco.

ODÌSSEO. Voi pensate a remare. Spingete la nave al ritmo dei flutti, tenetela in equilibrio sopra l’abisso. Io governo il timone.

EURILOCO. Come fai, Odìsseo, a manovrare la barra con le mani legate?

ODÌSSEO. Io scandisco la rotta ad ogni suono che sento vibrare nella conchiglia. Voi pensate a fendere la superficie dell’acqua.

PERIMEDE, ad EURILOCO. È davvero fuori di sé.

ODÌSSEO, continuando, tra sé.

Acqua su acqua.

Mare sotto il mare.

E fuori le coste dell’Ellade,

da qualche parte—

PERIMEDE. Da quale parte? Vedi forse terra, Odìsseo?

EURILOCO. Certo che vede terra. Lui — bendato — vede meglio di noi che non abbiamo niente davanti agli occhi.

ODÌSSEO. L’hai detto, Euriloco. Tu e Perimede non avete niente davanti agli occhi. Non vedreste un capro sgozzato neanche se il sangue vi sgorgasse sul volto.

EURILOCO. Per fortuna ci sei tu, Odìsseo, che vedi anche per noi.

PERIMEDE. Ti sei pure fatto bendare per vedere meglio.

EURILOCO. Di’ un po’, Odìsseo: chi sei? Sei l’indovino tebano?

PERIMEDE. Sì, Odìsseo. Sei diventato Tiresia?

ODÌSSEO. C’è terra, vi dico. Da qualche parte, anche se ancora non riesco a vederla.

EURILOCO. Allora lo ammetti. Ammetti di non vedere un accidente di terra.

ODÌSSEO. La sento. Invisibile per la lontananza. Per il convesso abisso.

Un tempo di pausa.

Battete i remi.

EURILOCO. Come hai detto?

ODÌSSEO. Battete i remi. Adesso.

PERIMEDE. Vuoi che battiamo i remi?

ODÌSSEO. Sì, presto. Fate come vi dico. Remi in barca.

EURILOCO. A che serve?

ODÌSSEO. Serve a prendere il ritmo prima di giungere al aggio delle sirene.

PERIMEDE. Credevo che dovessimo semplicemente remare. Di quale ritmo parli?

ODÌSSEO. Non discutete. Remi in barca, adesso, forza. Io governo il timone.

EURILOCO. Come vuoi, Odìsseo.

Tirano i remi in barca.

ODÌSSEO. Avete eseguito l’ordine?

EURILOCO. Come hai detto.

ODÌSSEO. Avanti, allora. Al ritmo del capovoga.

ODÌSSEO accompagna il ritmo battendo un piede a terra.

A-hee! (o onomatopea equivalente).

Tenendo ognuno il remo verticalmente come una lancia, EURILOCO e PERIMEDE accompagnano il ritmo battendo in terra un colpo con il remo.

A-hee!

Un altro colpo di remi.

A-hee!

Un altro colpo.

A-hee!

Un altro colpo.

EURILOCO, a PERIMEDE. È pazzo.

ODÌSSEO. A-hee!

Un altro colpo di remi.

PERIMEDE. Un dio gli ha tolto la ragione.

ODÌSSEO. Basta così, adesso. È sufficiente. Avete inteso il ritmo?

EURILOCO. Sì, Odìsseo.

ODÌSSEO. Bene. Non dimenticatelo. Scolpitelo nella vostra mente. Vi deve pulsare nelle tempie, insieme al rumore del sangue. Riuscite a sentirlo?

EURILOCO. Lo sentiamo.

ODÌSSEO. Bene. Remate più piano, adesso. Risparmiate le forze per quando sarà il momento.

Remano.

III. La preghiera

EURILOCO, mentre rema. Cosa c’è in quell’otre che tieni vicino, Odìsseo?

ODÌSSEO. Non è importante.

EURILOCO. Questo dipende.

PERIMEDE. Anche quando tenevi racchiusi i venti hai detto che non era importante.

EURILOCO. Quella volta, invece, se avessimo saputo, avremmo evitato il peggio.

ODÌSSEO. Vi dico che non è affar vostro.

PERIMEDE. Davvero? Tornarcene a casa sani e salvi non è affar nostro?

EURILOCO. Perché non vuoi dirci cosa contiene l’otre?

ODÌSSEO. Se proprio volete saperlo — vino.

EURILOCO. Vino soltanto?

PERIMEDE. Se si tratta soltanto di vino, perché non ce l’hai detto subito?

EURILOCO. Che c’è, Odìsseo? Volevi istillarci il dubbio?

PERIMEDE. Volevi metterci alla prova?

EURILOCO. E poi dovremmo crederti?

PERIMEDE. Spiegaci perché tieni l’otre vicino.

EURILOCO. Lo custodisci gelosamente.

ODÌSSEO. Legato come sono, potresti prenderlo in qualsiasi momento e verificarne tu stesso il contenuto.

EURILOCO. Chi ti dice che non potrei farlo?

ODÌSSEO. Se tu davvero volessi l’avresti già fatto.

EURILOCO. Stai insinuando che non ne avrei il coraggio?

ODÌSSEO. Non si tratta di coraggio, ma di fiducia. Avete fiducia, no?

EURILOCO. Ci fidiamo delle tue scelte perché finora hanno sempre dato prova di sé.

PERIMEDE. Al tuo posto, però, non ne sarei tanto sicuro, d’ora in avanti.

ODÌSSEO. Queste sono solo chiacchiere. Piuttosto, quanto manca al aggio?

PERIMEDE. La candela non è ancora spenta.

ODÌSSEO. Bene, c’è ancora tempo, allora.

EURILOCO. Tempo per cosa?

ODÌSSEO. Una preghiera agli dèi.

EURILOCO. Stai scherzando?

PERIMEDE. Quali dèi dovremmo pregare, Odìsseo? Ce n’è forse uno che abbia riguardo?

ODÌSSEO. La ruota. Preghiamo la ruota. Preghiamo il dio che non ha riguardo, il nume automatico che ci conduce. Ripetete dopo di me.

EURILOCO e PERIMEDE si guardano interdetti.

ODÌSSEO. Meccanismo rotolante

che fosti legno

asse

opera degli uomini—

EURILOCO e PERIMEDE, all’unisono.

Meccanismo che fosti legno ed asse—

ODÌSSEO. Legno inarcato come rami

curvato in forma di navi contro il mare—

EURILOCO e PERIMEDE. Legno come rami

e navi contro il mare—

ODÌSSEO. Noi che abbiamo cantato ai colpi del capovoga

fino al cuore selvaggio

il battito dei tàmtam—

EURILOCO e PERIMEDE. Colpi del capovoga

nei battiti selvaggi del cuore—

ODÌSSEO. Noi che abbiamo riempito le navi e le coppe—

sudore e vino—

EURILOCO e PERIMEDE. Il cibo che toglie

la voglia del cibo—

ODÌSSEO. Noi stivati l’uno sull’altro—

EURILOCO e PERIMEDE. Salamoia—

ODÌSSEO. Abbiamo sopportato il viaggio e i giorni—

EURILOCO e PERIMEDE. Il disagio e i giorni—

ODÌSSEO. Annusando le cinghie—

EURILOCO e PERIMEDE. Marce di salsedine—

ODÌSSEO. Gli schinieri incrostati—

EURILOCO e PERIMEDE. Calcare sulle ostriche—

ODÌSSEO. Mare sotto il mare—

EURILOCO e PERIMEDE. Acqua su acqua—

ODÌSSEO. E fuori le coste dell’Ellade,

da qualche parte—

EURILOCO e PERIMEDE. Invisibili per la distanza—

ODÌSSEO. Per il convesso abisso—

EURILOCO e PERIMEDE. Mare ricurvo—

ODÌSSEO. Forma di cerchio—

EURILOCO e PERIMEDE. Di nuovo ruota—

ODÌSSEO. Di nuovo ruota—

Improvvisamente la candela si spegne.

EURILOCO, indicando la candela. La candela è spenta!

ODÌSSEO. Forse è il vento—

EURILOCO. No, Odìsseo. Niente vento.

PERIMEDE. L’aria è immobile, non senti?

EURILOCO. Sembra morta.

ODÌSSEO. Presto! I tappi alle orecchie.

EURILOCO. Non vedo niente.

PERIMEDE. Forse è ancora presto.

ODÌSSEO. Non fatevi ingannare dal silenzio. I tappi alle orecchie, ho detto! e poi remate a tutta forza. Perché credete che vi abbia detto di battere il ritmo, prima? Non potrete sentire i miei comandi, quindi dovrete affidarvi alla memoria: remate al ritmo che vi ho mostrato. Ce l’avete ancora in testa, no?

EURILOCO. Sei impazzito, Odìsseo? Proprio adesso che la candela è spenta dovremmo remare ancor più velocemente in questo buio?

PERIMEDE. Vuoi davvero farci fracassare sugli scogli?

ODÌSSEO. Non discutete! I tappi alle orecchie, presto.

EURILOCO. Io non sento niente. Non vedo niente.

PERIMEDE. Dove sarebbero queste sirene?

ODÌSSEO. Fate come vi dico—

Un rumore lontano, forse un’onda, poi la concitazione riprende.

ODÌSSEO. Avete sentito?

EURILOCO. È solo un’onda.

ODÌSSEO. Presto, non c’è più tempo.

PERIMEDE. Tanta paura per un po’ di mare grosso.

ODÌSSEO. Non c’è da fidarsi—

EURILOCO. Non ci fidiamo di te.

ODÌSSEO. Vi ho dato un ordine: tappi alle orecchie e forza ai remi!

EURILOCO. Come vuoi tu, Odìsseo.

EURILOCO con un colpo di remo stordisce ODÌSSEO, che perde i sensi.

IV. Il vino

PERIMEDE. Che hai fatto?

EURILOCO. Non potevo più starlo a sentire. E poi l’hai detto tu stesso, prima, no?

PERIMEDE. Cosa?

EURILOCO. Non hai detto ad Odìsseo di badare alle sue scelte? di non essere troppo sicuro che l’avremmo sempre seguito?

PERIMEDE. Hai deciso tu per tutti e due.

EURILOCO. Questa di remare a tutta forza al buio e fra gli scogli non l’ha azzeccata. Per cosa, poi: ti è sembrato forse di sentire suoni — o voci?

PERIMEDE. No.

EURILOCO. Appunto.

PERIMEDE. Allora che vuoi fare?

EURILOCO. Bisognerebbe riaccendere la candela.

PERIMEDE. E in che modo?

EURILOCO. Allora remiamo, ma lentamente. Anzi, facciamo così: uno rema e l’altro si mette a prua e controlla il fondale, se si intravede qualche scoglio.

PERIMEDE. Così rischiamo di piegare costantemente dallo stesso lato. Non possiamo usare il timone.

EURILOCO. Ci daremo il cambio, in modo da non remare sempre dalla stessa parte. Dovremmo riuscire a tenere la rotta. Inizio io: io remo, tu sporgiti a prua.

PERIMEDE si alza e si mette a prua; guarda avanti controllando la superficie dell’acqua.

EURILOCO, remando lentamente. Se vedi anche solo l’ombra di una roccia da’ il segnale, poi prendi il remo anche tu e remiamo insieme indietro tutta.

PERIMEDE, sporgendosi e guardando avanti. L’acqua è nera come la pece.

EURILOCO. Vedi niente?

PERIMEDE. A malapena il mio riflesso.

Improvvisamente PERIMEDE si spaventa come se avesse visto riflesso qualcosa, e si ritrae arretrando.

EURILOCO. Scogli?

PERIMEDE. No.

EURILOCO. Allora?

PERIMEDE. Per un attimo mi è sembrato di vedermi riflesso con la faccia di un altro.

EURILOCO. Un altro? Che vuoi dire?

PERIMEDE. Non lo so. So solo che non ero io. Non era la mia faccia.

EURILOCO. L’importante è che non fossero scogli. Sei sicuro?

PERIMEDE. Una faccia, ti dico. Non era il mio riflesso. Aveva gli occhi chiusi.

EURILOCO. Forse il corpo di un annegato trasportato dalla corrente.

PERIMEDE. Non lo so. Gli annegati hanno gli occhi aperti.

EURILOCO. Rema tu. Starò io di guardia a prua.

EURILOCO e Perimede si scambiano di posizione: il primo a prua, l’altro rema a sinistra.

EURILOCO. Io non vedo niente. Nemmeno il mio riflesso.

PERIMEDE. Forse non è prudente procedere così.

EURILOCO. Hai un’idea migliore?

PERIMEDE. Forse dovremmo svegliare Odìsseo.

EURILOCO. Se c’è da prendere una decisione sbagliata, bastiamo noi da soli.

PERIMEDE. Forse dovremmo davvero tentare di riaccendere la fiamma.

EURILOCO. L’hai detto tu stesso: non c’è modo. Niente per fare fuoco.

PERIMEDE. Forse nell’otre c’è qualcosa che può tornarci utile.

EURILOCO. Pece no di certo, e niente per accendere.

PERIMEDE. Credi davvero che contenga vino?

EURILOCO. Ad ogni modo chi vieta di controllare?

PERIMEDE. E se poi se ne accorge?

EURILOCO. Hai paura che ti faccia fare la fine di Elpenore?

PERIMEDE. Cosa?

EURILOCO. Non lo sapevi?

PERIMEDE. Sapere cosa?

EURILOCO. Sei l’unico ad ignorarlo? Lo sanno tutti. Elpenore l’ha ucciso lui.

PERIMEDE. È caduto dal tetto.

EURILOCO. Ma non hai notato quanto spesso lo criticasse?

PERIMEDE. Abbiamo visto l’ombra di Elpenore, nell’Ade.

EURILOCO. E con questo?

PERIMEDE. Ha parlato con Odìsseo, non c’era rancore in lui. Gli chiedeva sepoltura.

EURILOCO. Le ombre non hanno forza. Non sono davvero consapevoli. Qualunque cosa abbiamo visto o sentito, non significa niente.

EURILOCO si alza e prende l’otre. Lo apre, lo inclina leggermente, fuoriesce un po’ di vino.

EURILOCO. E poi che ne sanno le ombre? Bevono sangue, non bevono vino.

PERIMEDE. Odìsseo aveva ragione.

EURILOCO. Contiene davvero vino. Ne beve una sorsata. Solo e soltanto vino!

PERIMEDE. Da’ qua, non vorrai berlo tutto da te. Prende l’otre e beve anche lui un sorso di vino. È vino puro.

EURILOCO riprende l’otre e beve di nuovo. È ottimo. Sembra vino di Chios.

PERIMEDE. No. Il vino di Chios è più dolce. Direi il solito di Ismaros.

EURILOCO. Da quando in qua ti intendi di vino?

PERIMEDE. Guarda che potrei berne dieci misure senza fare una piega.

EURILOCO. Ma vedi di finirla.

PERIMEDE. Che ne sai tu, che non distingui il mosto dal nettare?

EURILOCO. Sai perché non sapevi niente di Elpenore? Eri ubriaco come lui.

PERIMEDE. Almeno me la sono goduta. Tu invece, sempre a scodinzolare dietro ad Odìsseo.

EURILOCO. Davvero? Chi è dei due che l’ha steso con un colpo?

PERIMEDE. Vorresti insinuare che io non ne avrei avuto il coraggio?

EURILOCO. Al massimo avresti potuto farlo ubriacare.

PERIMEDE. Allora ammetti che reggo il vino.

EURILOCO. Facile. Quello di Chios è vino per bambini.

PERIMEDE. Ti dico che è Ismaros.

EURILOCO. Da’ qua, ché adesso controllo meglio. Riprende l’otre e beve di nuovo.

PERIMEDE. Vacci piano. Non senti com’è puro? Bisognerebbe diluirlo.

EURILOCO. E con che cosa? Acqua di mare, forse? Bella idea: una parte di vino e dieci parti di sale. Tanto vale versarlo fuori bordo ed ubriacare i pesci.

Da qui in avanti EURILOCO e PERIMEDE bevono a turno, togliendosi l’otre di mano l’un l’altro mentre parlano.

PERIMEDE. Ne abbiamo bevuto di peggiore. Al campo, sotto le mura.

EURILOCO. Era così annacquato che berlo era una punizione.

PERIMEDE. Quello, sì, era vino per bambini.

EURILOCO. Quello buono, i capi lo tenevano per sé. Dieci parti per loro ed una per le truppe.

PERIMEDE. Come fai a esserne sicuro?

EURILOCO, mostrando l’otre. Le prove.

PERIMEDE. Da’ qua. Riprende l’otre e beve altri sorsi.

EURILOCO. Hai paura che faccia sparire le prove?

PERIMEDE. A che servono? Vuoi farci un processo?

EURILOCO. Per tutto il vino sprecato in libagioni — l’avrei fatto.

PERIMEDE. Servivano. Per i compagni morti e per gli dèi. Erano giuste. E poi abbiamo vinto. Avranno voluto dire qualcosa, no?

EURILOCO. È stato l’inganno. Abbiamo vinto con l’inganno.

PERIMEDE. Semmai l’ingegno. È stato l’ingegno.

EURILOCO. Inganno o ingegno, fa poca differenza. Ma gli dèi, quelli no: non hanno merito, questo è certo.

PERIMEDE. E tutto per riprendersi una donna.

EURILOCO. C’è chi ha fatto di peggio.

PERIMEDE. Peggio di una guerra?

EURILOCO. Dai, fammi la scena di Orfeo che scende tra i morti per riprendersi Euridice.

PERIMEDE. Quale?

EURILOCO. Il finale, quando Orfeo la sta portando fuori dagli inferi.

PERIMEDE. Mi servirebbe una maschera.

EURILOCO. Perché?

PERIMEDE. Per fare l’ombra di Euridice.

EURILOCO. Vuoi dire quando segue Orfeo avvolta nel velo bianco?

PERIMEDE. Sì, proprio mentre i due stanno per uscire dalla porta dell’Ade.

EURILOCO. Allora serve anche una porta.

V. Le porte dell’Ade

EURILOCO improvvisa una porta servendosi dei remi: in piedi alle spalle di PERIMEDE li tiene appoggiati in terra ed incrociati sopra la sua testa.

EURILOCO. Così può andare?

PERIMEDE. Se siamo d’accordo che quella è una porta, allora è una porta.

EURILOCO. La maschera, adesso.

PERIMEDE si preme sul viso un lembo della veste, sporca e lacera, adattandoselo come una maschera, senza buchi per gli occhi.

PERIMEDE. Così può andare?

EURILOCO. Non è proprio un velo candido. Sembra una conchiglia al posto della testa.

PERIMEDE. Cosa?

EURILOCO. Sì, una conchiglia. E poi così non ci vedi nemmeno. Che maschera è senza nemmeno i buchi per gli occhi?

PERIMEDE. È così, non devo vederci. È uno spettro. I morti non ci vedono.

EURILOCO. Dai, almeno facci i buchi.

PERIMEDE. Per uno straccio che mi resta, non voglio rovinarlo.

EURILOCO. D’accordo. E poi che succede?

PERIMEDE interpreta le due parti.

Impersonando Orfeo, senza la maschera:

Come spuma intravista

in un occhio di cristallo

rivedo un colore e un volto.

È lei che suggerisce

i modi e le note.

Impersonando Euridice, con la maschera:

Polvere mai dissolta.

Immenso vuoto di colori.

Un mare eterno.

EURILOCO. No, aspetta, falla divertente, che faccia ridere. Falla come la facevi le sere al campo.

PERIMEDE, impersonando Orfeo.

Non ci vedo un accidente

ma direi che lei mi sente.

Lei che mette il buonumore

io la sento dall’odore.

EURILOCO. Così va meglio.

PERIMEDE, impersonando Euridice.

Puzza di chiuso da un pezzo

buio pesto da pestarsi il mazzo—

EURILOCO, lamentoso, alle spalle di PERIMEDE. Iiihhh!

PERIMEDE, interrompendosi. Che fai?

EURILOCO. Le Furie infernali, che piangono in lontananza come vitelli. Sono commosse dal canto di Orfeo.

PERIMEDE, riprendendo ad impersonare Euridice.

Non voltarti o cadi in fallo

E ti tocca un gran tracollo

perlomeno un torcicollo.

EURILOCO, mimando le Furie con le mani sulla testa. Iiihhh!

PERIMEDE, interrompendosi, con disappunto. Ma perché invece non ridi? Non ti diverte?

EURILOCO. Nemmeno tu ridi.

PERIMEDE. Io sono l’attore. Non posso ridere, io devo restare serio, devo crederci. Sei tu che devi ridere, sei tu il pubblico.

EURILOCO. Allora continua.

PERIMEDE. No, basta. Non ne ho più voglia.

EURILOCO. Di già?

PERIMEDE. Via la maschera.

PERIMEDE termina il suo sketch.

EURILOCO rimette a posto i remi usati per rappresentare la porta, torna seduto.

EURILOCO. Ecco qua. La porta dell’Ade non c’è più. Chiusa.

PERIMEDE, dopo breve riflessione. Secondo te a cosa servono le porte per il mondo di sotto?

EURILOCO. Servono per i vivi, non per i morti. Quelli sono ombre.

PERIMEDE. Abbiamo versato dieci misure di vino nel cavo della fossa. Se bevono vino non possono essere ombre.

EURILOCO. Fìdati. Sono ombre.

PERIMEDE. Secondo me non sono ombre.

EURILOCO. Li hai visti, no? Erano ombre. Ombre senza forza.

PERIMEDE. Ne ho visti solo alcuni.

EURILOCO. Sono tutti uguali.

PERIMEDE. Che ne sai?

EURILOCO, mostrando l’otre. Me l’ha detto il vino.

PERIMEDE. Pessimo vino, se ti parla dei morti.

EURILOCO. Se non sono ombre, cosa sono allora?

PERIMEDE, con gravità. Sono pezzi di creta nell’oscurità. Fragili e immobili, dentro camere spoglie. Se ne stanno nel loro torpore, coperti di polvere. Le loro vesti sono piume d’uccello.

EURILOCO. Magari fosse così. Almeno hanno di che coprirsi.

PERIMEDE. Meglio di noi certamente.

EURILOCO. Non cambierei questi stracci con un vestito di piume.

PERIMEDE. Secondo me nemmeno sanno di essere morti. Credono di dormire. In quel sonno di tanto in tanto sognano di svegliarsi, ed è allora che credono di essere vivi.

EURILOCO, bevendo. E bevono, anche.

PERIMEDE. No. Credono di bere.

EURILOCO. Brutta faccenda.

PERIMEDE. Sono il sogno di sé stessi. Girano in tondo, tutto qui. Non c’è uscita.

EURILOCO, beve di nuovo. Alla salute!

PERIMEDE. Sai qual è per loro la cosa peggiore?

EURILOCO, con serietà. Il silenzio.

PERIMEDE, togliendo di mano ad EURILOCO l’otre. La mancanza di vino.

Beve.

EURILOCO. Che fai, me lo togli? Io sono ancora vivo. Riprende l’otre di vino e beve.

PERIMEDE, riprendendo l’otre. Da’ qua, adesso tocca a me. Sono vivo anch’io. Beve.

EURILOCO. Com’è puro.

PERIMEDE. È denso come il sangue.

EURILOCO riprende l’otre e beve. Non può andare sprecato.

PERIMEDE riprende l’otre e beve. Dieci misure nel cavo della fossa.

EURILOCO. Non lo reggi.

PERIMEDE beve, contando i sorsi. Uno — due — tre — quattro — cinque — sei — sette — otto — nove — dieci. Visto che lo reggo?

EURILOCO non risponde, si è addormentato.

PERIMEDE, ubriaco.

Potrei reggere questa barca e l’abisso di sotto

tenendo Atlante sulle spalle,

Ismaros, Chios e tutte le isole del fiume Oceano.

Questa barca e il mondo di sotto

le stanze e le ombre di creta

le voragini e i fiumi

e il traghettatore.

Io non ho la testa di conchiglia

non è fragile

regge il peso del mare

acqua su acqua

i colpi e gli affanni.

Tutt’intorno.

Il buio d’intorno.

È ancora notte—

È ancora notte.

PERIMEDE si addormenta.

VI. Il sogno di Perimede

PERIMEDE ed EURILOCO addormentati. ODÌSSEO pure è immobile come se dormisse, con il capo reclinato, il volto in ombra.

PERIMEDE, all’improvviso. Euriloco, svegliati! Euriloco!

EURILOCO non si sveglia.

Euriloco! Non so come sia possibile, ma credo che ci troviamo di nuovo nell’Ade. Sicuramente abbiamo sbagliato rotta. Lo scuote. Svegliati!

EURILOCO non si sveglia.

Odìsseo ci ha guidato male. Dev’essere senz’altro così. Come poteva guidarci altrimenti, bendato com’è.

ODÌSSEO. Non sono bendato.

PERIMEDE, volgendosi indietro, sorpreso. Odìsseo—

ODÌSSEO. E se anche fossi bendato, non potrei essere più cieco di così.

PERIMEDE. Ma tu sei bendato, Odìsseo. Tu stesso hai chiesto di essere bendato. Sciocchi noi ad affidarci ad un simile timoniere.

ODÌSSEO. Non sono bendato, ti dico. La vista è libera.

PERIMEDE. Quello che dici non ha senso, Odìsseo. E poi io stesso ti ho bendato.

ODÌSSEO. Io non sono Odìsseo.

PERIMEDE. Cosa dici?

ODÌSSEO. Io sono Tiresia.

PERIMEDE. Non puoi essere Tiresia. Io conosco l’indovino. Nell’Ade ho sacrificato a lui una capra.

ODÌSSEO. Chi dovrei essere, allora?

PERIMEDE. Io stesso, insieme ad Euriloco, ti ho legato all’albero maestro.

ODÌSSEO. Allora chiedi a lui. Chiedigli se anche lui è così sicuro.

PERIMEDE guarda EURILOCO, che dorme.

ODÌSSEO. Non potrebbe svegliarsi nemmeno se un dio gli infilasse tutti i suoni del mondo nelle orecchie.

PERIMEDE. Euriloco! Svegliati!

ODÌSSEO. Ma sì, prova a svegliarlo, se ti riesce. E poi chiedigli chi sono. Ride.

PERIMEDE. Euriloco!

ODÌSSEO. Oppure guardami bene. Da cieco a cieco.

PERIMEDE. Io non sono cieco!

PERIMEDE si copre gli occhi con le mani, scuote la testa. Si sveglia di soprassalto.

Si sveglia anche EURILOCO, destato di soprassalto dal singulto di PERIMEDE.

ODÌSSEO è tornato nella posizione iniziale, sembra che dorma.

PERIMEDE. Che sogno orribile. Ho la testa in fiamme.

EURILOCO. Cos’è successo?

PERIMEDE. D’un tratto nel sonno ho creduto di essere sveglio. Odìsseo mi parlava—

EURILOCO, osservando Odìsseo. È ancora svenuto—

PERIMEDE. Era come se non fosse lui—

EURILOCO. Che vuol dire che non era lui?

PERIMEDE. È stato il vino, quel maledetto vino. Forte com’era, non era il caso di berlo.

EURILOCO, canzonatorio. “È Ismaros, te lo dico io che ne bevo dieci misure senza fare una piega”.

PERIMEDE. Che vuoi da me? L’hai bevuto anche tu.

EURILOCO. Se eri tanto certo del suo effetto, sei stato due volte imprudente.

PERIMEDE. Ti ricordo che sei tu il secondo in comando.

EURILOCO. Ammetti che è anche colpa tua, invece di startene lì a criticare.

PERIMEDE. Sei tu che avresti dovuto preoccuparti di guidare la nave. Tanto valeva svegliare Odìsseo.

EURILOCO. Ma pensi davvero che un pazzo legato e bendato avrebbe saputo dirigere meglio di un navigatore ubriaco?

PERIMEDE. Di uno ubriaco forse no, certamente meglio di uno addormentato.

EURILOCO. Ti ricordo che a dormire eravamo in due.

PERIMEDE. È un miracolo se non ci siamo fracassati contro qualche roccia.

EURILOCO. In ogni caso la rotta è perduta. Meglio preoccuparci di dove siamo, adesso.

PERIMEDE. Quanto abbiamo dormito?

EURILOCO. Non lo so.

ODÌSSEO si riprende, improvvisamente.

ODÌSSEO, con agitazione. Che succede?

EURILOCO. Niente, Odìsseo. È tutto a posto.

ODÌSSEO. Qualcosa mi ha colpito. Devo essere svenuto.

PERIMEDE, cercando una giustificazione. Il mare tutto a un tratto si è fatto grosso.

EURILOCO. Un’onda. Mi ha sopraffatto all’improvviso e il remo mi è sfuggito di mano. È quello che ti ha colpito, Odìsseo.

ODÌSSEO. Strano. Non ricordo niente del genere.

PERIMEDE. È così. È successo tutto in un attimo.

EURILOCO. Già. Non c’è stato tempo per altro. E poi abbiamo avuto un bel da fare per tenere la nave.

ODÌSSEO. Davvero strano. Il mare mi sembrava una tavola.

EURILOCO. Come puoi esserne sicuro, Odìsseo? Hai subito perso i sensi, per via del colpo.

ODÌSSEO. Il mare mi parla. Lo sento. Un attimo prima era un tavola, vi dico.

PERIMEDE. Sono acque pericolose. Imprevedibili.

EURILOCO. Forse è stata opera di un dio.

ODÌSSEO. Siamo fuori o no dal aggio?

EURILOCO. Non lo sappiamo.

ODÌSSEO. Come sarebbe? Avete perso la rotta?

EURILOCO. No, Odìsseo.

ODÌSSEO. Allora?

PERIMEDE. Non è accaduto niente di quello che ci aspettavamo. A parte il mare grosso.

ODÌSSEO. E cos’è che vi aspettavate?

EURILOCO. Questo dovresti dircelo tu. Certamente più che un po’ di burrasca.

PERIMEDE. Già. Questa storia del aggio delle sirene, della cera e quant’altro—

ODÌSSEO. Avete adoperato la cera?

EURILOCO. No.

ODÌSSEO. Siete stati dei pazzi.

PERIMEDE. E perché mai?

EURILOCO. Non è successo niente, ti dico. Un po’ di mare agitato e tu che hai

perso conoscenza. Nient’altro.

PERIMEDE con cautela getta fuori bordo l’otre di vino vuoto. Rumore.

ODÌSSEO. Cos’è stato?

EURILOCO. Stato cosa?

ODÌSSEO. Quel rumore.

PERIMEDE. Hai sentito un rumore, Odìsseo?

ODÌSSEO. Un tonfo sulla superficie dell’acqua.

EURILOCO. Noi non abbiamo sentito nulla.

ODÌSSEO. Remate, adesso.

EURILOCO. Ti ricordo che la candela è spenta e l’oscurità è pericolosa.

PERIMEDE. Conviene cautela. Per via degli scogli.

EURILOCO. Non si riesce a distinguere nulla.

ODÌSSEO. Ho la gola che mi brucia. Ho sete.

EURILOCO. Abbiamo tutti sete.

ODÌSSEO. Prendi il mio otre. Dev’essere qui, da qualche parte, vicino a me.

EURILOCO. Meglio non bere.

ODÌSSEO. Perché?

EURILOCO. È vino puro. Meglio restare lucidi.

ODÌSSEO. Come sai che contiene vino puro?

EURILOCO. L’hai detto tu, Odìsseo. Prima di perdere i sensi.

ODÌSSEO. Non ho mai detto che fosse puro.

EURILOCO. Allora forse ricordo male.

ODÌSSEO. Tu fa’ come ti dico. Prendilo.

PERIMEDE. L’otre è andato perduto.

ODÌSSEO. Che cosa?

EURILOCO. È successo durante i marosi.

PERIMEDE. La nave rullava. Uno scossone improvviso l’ha scaraventato fuori bordo.

ODÌSSEO. Davvero?

EURILOCO. È così.

ODÌSSEO. Avvicinatevi.

EURILOCO. Come?

ODÌSSEO. Avvicinatevi, vi dico.

EURILOCO e PERIMEDE esitano.

PERIMEDE, rompendo l’esitazione. Non è stata mia l’idea.

EURILOCO. Sei un vigliacco. Morivi dalla voglia di sapere cosa conteneva.

PERIMEDE. Sei tu che l’hai aperto.

EURILOCO. E tu eri d’accordo.

EURILOCO e PERIMEDE vengono alle mani.

ODÌSSEO. Fermi, o rovescerete la barca!

EURILOCO afferra PERIMEDE alle spalle stringendolo alla gola nell’incavo del braccio.

EURILOCO, mentre stringe. La chela di un granchio per spezzarti questa testa di conchiglia.

ODÌSSEO. Basta ho detto!

PERIMEDE perde i sensi. Anche EURILOCO si accascia affaticato.

EURILOCO. Una bella dormita ti schiarirà la memoria.

ODÌSSEO. Che succede?

EURILOCO. Non preoccuparti, è tutto a posto.

ODÌSSEO. L’hai ucciso—

EURILOCO. È soltanto svenuto.

ODÌSSEO. Sei uno sciocco, servono due rematori per tenere dritta la rotta.

EURILOCO. E allora perché non ti sciogli e vieni a darmi una mano?

ODÌSSEO. Sai che non è prudente.

EURILOCO. Sono stanco. Stanco di remare e stanco di questa messinscena. Non

abbiamo visto né sentito nulla.

ODÌSSEO. Quanto manca?

EURILOCO. È ancora notte fonda. Aspettiamo che faccia giorno.

ODÌSSEO. D’accordo: forse siamo ancora lontani dal aggio. Meglio fermare la nave e dormire. Remi in barca. Aspettiamo che faccia giorno.

VII. Circe

Entra LA DONNA, silenziosamente.

EURILOCO si sveglia, la vede. LA DONNA gli fa cenno di restare in silenzio.

ODÌSSEO non si accorge di nulla, continua a dormire.

PERIMEDE è ancora svenuto.

LA DONNA. Eravamo d’accordo che saresti andato a chiamare Odìsseo e poi ci saremmo liberati di lui.

EURILOCO. Non ero sicuro se il tuo piano avrebbe funzionato.

LA DONNA. Gli hai raccontato tutto. Tu hai avuto paura e lui ha fatto il resto. Mi hai tradito.

EURILOCO. Perché tu avresti tradito me.

LA DONNA. Sai per quanto tempo siete rimasti sull’isola?

EURILOCO. Un anno, più o meno.

LA DONNA. Dieci anni.

EURILOCO. Non può essere, ho tenuto il conto.

LA DONNA. Odìsseo mi costringeva a versare una droga nelle vostre bevande. Serviva a confondervi.

EURILOCO. Non ti credo.

LA DONNA. Sapeva che quando si fosse stancato di me e avesse deciso di riprendere la via del mare avrebbe dovuto giustificare il tempo che vi aveva rubato.

EURILOCO. Non è vero, Odìsseo ci ha sempre guidati bene. E poi voleva anche lui rivedere la sua casa.

LA DONNA. A lui non è mai interessato il ritorno.

EURILOCO. E poi c’erano i miei compagni. Non potevo abbandonarli.

LA DONNA. Com’è che soltanto adesso sono i tuoi compagni?

EURILOCO. Tutto quello che abbiamo condiviso, la guerra e il mare — i giorni insieme—

LA DONNA. Quei giorni erano già vecchi. Il tuo mondo era diventato vecchio.

EURILOCO. Vecchio o no, il mio mondo è sempre stato questo.

LA DONNA. Tu non sai che cosa il tuo mondo era diventato. Ma avresti potuto farne a meno. Ne avremmo riempito le coppe. L’avremmo bevuto come vino di Chios. Ne avremmo abusato.

EURILOCO. Ho già dato fondo alla mia parte di vino.

LA DONNA. Avresti potuto prenderti il tuo posto vicino a me, al suo posto.

EURILOCO. Presto rivedrò la mia casa.

LA DONNA. Quando la rivedrai la troverai vuota.

EURILOCO. Dici così soltanto perché con Odìsseo ti è andata male. Non hai convinto lui e vorresti convincere me.

LA DONNA. Lui ha sempre inseguito quello che era distante e sconosciuto. Ha sempre avuto la benda sugli occhi per quello che gli stava intorno.

EURILOCO. Così io sarei migliore di lui?

LA DONNA lo tocca sugli occhi. Tu non hai la benda sugli occhi.

EURILOCO. Mi sopravvaluti. E poi ormai è tardi.

LA DONNA. Sei ancora in tempo. Perfino adesso potresti sbarazzarti di loro. Odìsseo non può vederci, non può sentirci, basta un colpo di remo più forte. Neanche l’altro può vederci o sentirci, potresti farlo scivolare in acqua, dolcemente, come l’otre di vino. Il mare lo porterebbe lontano, il corpo di un annegato trasportato dalla corrente.

EURILOCO. Non posso fare questo ai miei compagni. Il traghettatore non li prenderebbe mai con sé. Dovrei condannarli a vagare ciechi lungo le rive dello Stige?

LA DONNA. Preferisci vagare insieme a loro su un legno fragile, farti condurre per rotte sconosciute sulla bocca chiusa di un mostro?

EURILOCO. Non posso fare quello che chiedi.

LA DONNA pone due monete sugli occhi di PERIMEDE.

LA DONNA. E adesso?

EURILOCO. E l’altro?

Allude ad ODÌSSEO con un cenno.

Non ha bisogno anche lui delle monete?

LA DONNA. Ha solo bisogno della sua astuzia. Gli basterà per salvarsi. Troverà il modo di ingannare il traghettatore.

EURILOCO. La salvezza dei miei compagni non è abbastanza. Perché dovrei fare quello che chiedi?

LA DONNA. Noi non dovremmo più nasconderci da Odìsseo.

EURILOCO. Io non ho né monete né astuzia e il viaggio è quasi al termine.

LA DONNA. Il viaggio è quasi al termine. Considera i giorni rimasti. I desideri che un tempo premevano.

EURILOCO, accondiscendente. Noi non dovremmo mai più dimenticarcene.

LA DONNA, tenendo EURILOCO sdraiato sopra di sé, quasi cullandolo con una canzone, lenta e suadente.

Noi che abbiamo cercato i colpi del capovoga

dentro il cuore selvaggio

il battito dei tàmtam

noi che abbiamo riempito le coppe e le notti

sudore e vino—

condannati l’uno sull’altra:

abbiamo consumato il viaggio e i giorni

aggrappati alle cinghie marce di salsedine.

I corpi incrostati

calcare sulle ostriche.

Mare sotto il mare

acqua su acqua.

E fuori i nostri giorni ati

da qualche parte

abbandonati per la lontananza.

EURILOCO si è addormentato.

VIII. Penelope

EURILOCO e ODÌSSEO dormono. PERIMEDE è ancora svenuto.

LA DONNA si avvicina ad ODÌSSEO, lo tocca. ODÌSSEO si sveglia di soprassalto.

ODÌSSEO. Chi c’è?

LA DONNA, sussurrando in un orecchio. È ato tanto tempo.

ODÌSSEO. Chi sei?

LA DONNA. Allora è vero. Hai dimenticato il suono della mia voce.

ODÌSSEO. Penelope—

LA DONNA ha con sé una tela di colore nero, ci gioca, blandisce ODÌSSEO.

ODÌSSEO, al contatto con la stoffa. Che cos’è?

LA DONNA. Una tela.

ODÌSSEO. A cosa serve?

LA DONNA. La sto tessendo per Laerte.

ODÌSSEO. Cosa se ne fa mio padre di una tela?

LA DONNA. È il suo sudario.

ODÌSSEO. Mio padre è morto?

LA DONNA. Non ancora.

ODÌSSEO. È forse malato?

LA DONNA. Si è convinto che la morte verrà a prenderlo il giorno stesso che suo figlio tornerà a casa.

ODÌSSEO. Ha forse comprato il mio ritorno insieme a una veste di gramaglia?

LA DONNA. L’illusione che la morte lo abbia dimenticato lo ripaga dell’attesa. Se invece la paura dell’età lo assale, si consola confidando di rivedere suo figlio.

ODÌSSEO. Come può ingannarsi con un’astuzia così disperata?

LA DONNA. a le notti sulla spiaggia a scrutare il mare, semmai una nave giunga in porto. Crede che l’oscurità lo protegga. Spera di vedere, senza farsi vedere — allude alla tela — il colore della vela.

ODÌSSEO. Ha la vista acuta, per la sua età.

LA DONNA. Soltanto gli occhi. I suoi pensieri non sono più quelli di un tempo.

ODÌSSEO. Non ti credo.

LA DONNA. Teme e insieme desidera l’arrivo del traghettatore. Tiene pronto nella mano il compenso per Caronte.

ODÌSSEO. Ti ha chiesto lui di tessere il suo corredo funebre?

LA DONNA. Di giorno mi costringe a tessere la tela, poi di notte egli stesso la disfa di nascosto. Al mattino non ricorda più niente, e confonde tutto. Vela, sudario — restano come sogni.

ODÌSSEO. È soltanto la solitudine della notte a confonderlo, ne sono sicuro. E al mattino torna in sé, è così.

LA DONNA. Come fai ad esserne sicuro?

ODÌSSEO. Vuoi che non conosca mio padre? È come ti dico. È come se lo vedessi, qui davanti a me.

LA DONNA. È per questo che sei bendato? Per vedere quello che vuoi?

ODÌSSEO. Temo la vista delle sirene più della loro voce.

LA DONNA. E i tuoi compagni, allora? Come mai non sono bendati? Non temi per loro?

ODÌSSEO. Quelli come loro non sanno vedere. Che senso avrebbe bendare un cieco? È sufficiente che si proteggano soltanto dal canto.

LA DONNA. E tu? Non ti proteggi dal canto?

ODÌSSEO. Io voglio ascoltare.

LA DONNA. Non vorresti vedere, anche?

ODÌSSEO. Non so se posso fidarmi.

LA DONNA. Non c’è alcun pericolo. Non ti fidi più di me?

ODÌSSEO non risponde.

LA DONNA. Perché non ti togli la benda dagli occhi?

ODÌSSEO. Ho le mani legate. Toglimela tu.

LA DONNA. Non posso.

ODÌSSEO. Perché?

LA DONNA. Devi farlo tu, da solo.

ODÌSSEO. Tu non sei Penelope. Ecco perché prima non ho riconosciuto la tua voce.

LA DONNA. Cosa sarei, allora?

ODÌSSEO. Sei soltanto un suono nella mia testa di conchiglia.

LA DONNA. Gli altri non lo credono.

ODÌSSEO. Quali altri?

LA DONNA. I pretendenti alla tua casa.

ODÌSSEO. Che stai dicendo?

LA DONNA, con insinuazione. Antinoo e gli altri. Mi riconoscono e mi sentono, anche senza vedermi.

ODÌSSEO. Sono uomini, contano sulla tua debolezza di donna. Sanno che si nutre dell’ansia dell’attesa.

LA DONNA. Il tormento dell’attesa è solo un mostro di convenevoli. La cortesia per il mio letto è un demone. Dorme di giorno e si torce di notte dietro ogni finestra.

ODÌSSEO. Se avessi le mani libere ti ucciderei all’istante.

LA DONNA. Se avessi le mani libere potrei tradirmi e vendermi.

ODÌSSEO. Vattene—

LA DONNA. Se avessi le mani libere potresti toglierti la benda.

ODÌSSEO, più forte. Vattene.

LA DONNA esce.

ODÌSSEO, urlando. Vattene!

EURILOCO si sveglia alle urla di ODÌSSEO.

EURILOCO. Che succede?

ODÌSSEO. Ho la testa che mi scoppia. Slegatemi.

EURILOCO. Ci hai ordinato di non farlo, per nessun motivo.

ODÌSSEO. Vi ordino di slegarmi.

EURILOCO. La candela è ancora spenta. Non è prudente.

ODÌSSEO. Mi servono le mani libere.

EURILOCO. Per cosa?

ODÌSSEO. Non l’hai vista?

EURILOCO. Hai sognato, Odìsseo. Era solo un sogno. Stavi dormendo.

IX. L’occhio

PERIMEDE improvvisamente si sveglia ritrovandosi con le monete sugli occhi: le afferra e la getta via da sé.

PERIMEDE, svegliandosi. Che cos’ho sugli occhi?

EURILOCO. Niente.

PERIMEDE. Erano monete, non è vero?

EURILOCO. Lo vedi da te.

PERIMEDE. Non vedo niente. Che scherzo è questo?

EURILOCO. Di quale scherzo parli?

PERIMEDE. Non ci vedo. Non vedo niente, cosa succede?

EURILOCO. Sta’ calmo, cosa vuol dire che non vedi niente?

PERIMEDE. Dove siamo?

EURILOCO. Dove dovremmo essere secondo te?

PERIMEDE. Non ci vedo più, ti dico.

EURILOCO. È ancora notte.

PERIMEDE. La notte non c’entra. La barca, il mare — non ci sono.

Guarda in alto. Non ci sono stelle.

EURILOCO. Stai scherzando?

PERIMEDE, stropicciandosi gli occhi. Eppure ho gli occhi aperti, perché non vedo niente?

EURILOCO. Adesso basta, è di cattivo gusto.

PERIMEDE. I miei occhi — che cosa mi hai messo sugli occhi?

EURILOCO. Cos’è, vuoi vendicarti per lo screzio di poco fa?

PERIMEDE. Che cosa mi hai fatto?

EURILOCO. Nulla.

PERIMEDE. Sono cieco—

EURILOCO. Io non c’entro.

PERIMEDE. Non potrò più rivedere la mia casa.

EURILOCO. Sta’ calmo, adesso.

PERIMEDE, aggrappandosi ad EURILOCO. Mi hai tolto la vista. Mi hai tolto il ritorno e la mia casa.

EURILOCO, aiutandosi con il remo per svincolarsi da PERIMEDE. Lasciami!

PERIMEDE, avvertendo la presenza del remo e staccandosi da EURILOCO. Tu non sei Euriloco. Tu sei il traghettatore.

EURILOCO. Sei diventato pazzo?

PERIMEDE. È così. Euriloco mi ha ucciso e il traghettatore mi conduce lontano.

EURILOCO. Sono io Euriloco.

PERIMEDE. Sono cieco. Sono un’ombra senz’occhi.

PERIMEDE assale EURILOCO, infine lo soffoca premendogli il remo alla gola.

ODÌSSEO ride.

PERIMEDE. Cos’hai da ridere?

ODÌSSEO, ridendo. Due sciocchi con occhi e mani libere non sono meglio di un navigatore bendato.

Entra LA DONNA. ODÌSSEO (bendato) e PERIMEDE (cieco) non se ne accorgono.

Lieve risata de LA DONNA sovrapposta alla risata di ODÌSSEO.

LA DONNA sostituisce la candela con una piccola sfera (l’occhio di cristallo).

PERIMEDE. Hai sentito?

ODÌSSEO. Una risata, leggera.

PERIMEDE. Una risata di donna.

ODÌSSEO. La candela, presto.

PERIMEDE a tentoni cerca la candela.

PERIMEDE. La candela è sparita.

ODÌSSEO. Non può essere.

PERIMEDE. Non riesco a trovarla.

ODÌSSEO. Cerca meglio.

PERIMEDE. Andata. C’è qualcos’altro — un oggetto.

PERIMEDE trova l’occhio di cristallo.

ODÌSSEO. Che cosa?

Tentando di capire cosa sia l’occhio, PERIMEDE lo avvicina al volto. Con lo sguardo mette a fuoco un punto all’infinito.

PERIMEDE. È come un occhio, posso vederci attraverso.

ODÌSSEO. Dunque ci vedi?

PERIMEDE. Vedo terra.

ODÌSSEO. Terra, hai detto?

PERIMEDE. Qui, tra le mie mani. La terra è l’unica cosa che riesco a vedere.

ODÌSSEO. E poi?

PERIMEDE. Al di fuori dell’occhio il resto è buio.

ODÌSSEO. Vedi terra: e cos’altro?

PERIMEDE. La mia casa — la vedo.

ODÌSSEO. Fa’ vedere.

PERIMEDE tiene l’occhio davanti al viso di ODÌSSEO.

ODÌSSEO. Vedo solo una spiaggia.

PERIMEDE riprende a guardare nell’occhio.

PERIMEDE. La riconosco. È la mia casa—

ODÌSSEO, ridendo. Il pazzo e il cieco: chi dei due si inganna? Quella è una spiaggia.

PERIMEDE. Togliti la benda e riportaci a casa.

ODÌSSEO. Quando rivedrai la tua casa la troverai vuota.

PERIMEDE. No, sono sicuro che c’è ancora qualcuno. È qui, la vedo. La porta — ecco. Ecco le stanze.

Con sconforto crescente mentre osserva.

Sono vuote. Abbandonate. È deserta.

ODÌSSEO. Sono pezzi di creta, fragili e immobili. Ombre e torpore, dentro camere spoglie.

PERIMEDE. Non ci sono ombre nella mia casa! Non ci sono! Guarda!

PERIMEDE tiene l’occhio davanti al viso di ODÌSSEO.

ODÌSSEO. È una spiaggia, ti dico.

Sorpreso.

C’è un uomo.

PERIMEDE. Un uomo?

ODÌSSEO. È lontano. Sta sventolando un drappo di stoffa.

PERIMEDE. Che altro?

ODÌSSEO. È da solo. Ci ha visto, agita la tela. È una tela nera. È mio padre!

PERIMEDE. Cos’è, un altro dei tuoi inganni? Vuoi che non conosca la mia casa?

ODÌSSEO. No, è una spiaggia, ti dico. C’è un uomo, lo vedo. Adesso è immobile. Mostra il pugno chiuso, stringe qualcosa nella mano, ma non vedo cosa.

PERIMEDE guarda ancora.

PERIMEDE. Maledizione!

PERIMEDE getta in terra l’occhio che si infrange.

ODÌSSEO. No!

Il rumore del cristallo infranto inizia a ripetersi continuamente come un’eco in sottofondo, in crescendo.

ODÌSSEO. Che succede?

PERIMEDE. Sembra un ronzio.

PERIMEDE si sporge in avanti, proteso.

ODÌSSEO. È il ronzio nella mia testa. È il mare. Si muove!

Restano in ascolto, cercando di capire.

PERIMEDE, realizzando, improvvisamente allarmato, ed indicando davanti a sé, grida con tutto il fiato.

Maelström!

ODÌSSEO. Ai remi! Indietro tutta!

PERIMEDE recupera il remo e rema.

ODÌSSEO. Più veloce!

PERIMEDE. La corrente è troppo forte!

Il rumore continua in sottofondo, aumenta di volume.

ODÌSSEO. Il ritmo — ricorda il ritmo—

ODÌSSEO cerca di scandire il ritmo con il piede.

PERIMEDE. Non ce la faccio da solo!

ODÌSSEO. Tieni il ritmo e raddoppialo!

Buio.

Il rumore in sottofondo continua insieme al ritmo scandito da ODÌSSEO.

I colpi battuti da ODÌSSEO cessano. Il rumore in sottofondo cessa. Silenzio. Attesa.

X. La canzone del Mare

ODÌSSEO, EURILOCO e PERIMEDE privi di sensi.

Entra LA DONNA con la candela accesa, la rimette al suo posto. Poi inizia a raccogliere i frammenti dell’occhio di cristallo mentre canta la Canzone del Mare.

Mare che dormi

e sogni e sei

via da qui

Tempo che i

abissi che affondi

e poi

Rotte che non sai

notti che non vuoi tenere più

mai più così

Vele intorno a noi

navi come non hai visto mai

Ma tu che guardi

e luci che accendi

da qui

Occhi che spegni

e mani che stringi

e chi

Corde strette e poi

remi come ali e colpi da

portare giù

Vele su di noi

nere come navi viste mai.

LA DONNA conclude la canzone e termina di raccogliere i frammenti, esce.

Luce. ODÌSSEO, EURILOCO e PERIMEDE ai loro posti.

EURILOCO. Cos’è successo?

PERIMEDE. Niente, è tutto a posto.

EURILOCO. Qualcosa mi ha colpito, devo essere svenuto.

ODÌSSEO. Il mare tutt’a un tratto si è fatto grosso.

PERIMEDE. Un’onda. Ci ha sopraffatto all’improvviso e il remo mi è sfuggito di mano. Dev’essere quello che ti ha colpito.

EURILOCO. Strano, non ricordo niente del genere.

PERIMEDE. È così, è successo tutto in un attimo.

EURILOCO. Non riesco a ricordare, la memoria gira a vuoto. Ho i pensieri che corrono come cardi su un telaio.

ODÌSSEO. Dove siamo adesso? Vedete qualcosa?

PERIMEDE. La candela è sempre accesa.

EURILOCO. Ci hai guidato male, Odìsseo, siamo al punto di partenza.

PERIMEDE. È come non ci fossimo mai mossi.

EURILOCO. Quanto abbiamo dormito?

ODÌSSEO. È impossibile da stabilire.

PERIMEDE. Ho fatto un sogno. Qualcuno era qui, sembrava che parlasse. Vedevo le sue labbra muoversi ma non riuscivo a sentire la sua voce

ODÌSSEO. Chi era?

PERIMEDE. Non so, credo una donna.

ODÌSSEO. Sei certo di non aver udito le parole?

PERIMEDE. Sprazzi troppo frammentati da rendere con le parole.

ODÌSSEO. Sicuro che non stesse cantando? Cerca di ricordare.

EURILOCO. Se insisti ancora un po’ ti dirà quello che nemmeno lui sa. Perimede cerca sempre un corpo e un nome per le sue fantasie. Dentro e fuori di sé, con e senza vino. Come quando racconta dell’Ade ed io tento di convincerlo che sono solo ombre.

PERIMEDE. Euriloco aveva ragione — adesso le vedo.

Indica davanti a sé, verso il pubblico. Davanti a me—

ODÌSSEO. Che cosa?

PERIMEDE avvicina la candela verso il pubblico. Anche EURILOCO lo vede. Sono spaventati.

PERIMEDE. Ombre e torpore, dentro camere spoglie.

ODÌSSEO. Non guardate!

PERIMEDE, ritraendosi e coprendosi il volto usando la propria veste come maschera, come impersonando Euridice.

Non guardare, Orfeo, non voltarti e non guardare.

EURILOCO. Portaci via da qui, Odìsseo. Lìberati dalla corde e cìnghiale alle vele.

ODÌSSEO. Se avessi corde per le vele le tenderei fino a strapparle.

PERIMEDE.

Ombre senza forza—

annegati nella corrente.

Gli occhi aperti,

spalancati su questo relitto,

il macero delle vostre coscienze.

EURILOCO guarda verso il pubblico e si copre il volto con le mani.

ODÌSSEO. Conchiglie — e il mare ci risuona dentro con la voce delle sirene.

PERIMEDE, al pubblico.

Noi e voi,

frammenti,

agitati da un bagliore riflesso

se la luce ci sferza—

ODÌSSEO. Gli stessi pensieri dall’uno all’altro. L’unanimità delle moltitudini.

PERIMEDE. Ignari. Che avete da guardare?

Chiudendo gli occhi.

È ancora notte. Chiudete i vostri occhi che sono anche i miei.

PERIMEDE con la mano spegne la candela.

Buio.

FINE

L’AUTORE

Andrea Adriani è nato e vive in Umbria. Accanto all’attività di ingegnere libero professionista, si dedica alla drammaturgia e alla narrativa.

È autore di testi teatrali, traduzioni e adattamenti: La notte di S. Silvestro (1° classificato per la sezione teatro alla 7° edizione del premio nazionale di poesia, narrativa e teatro «Il Simposio»), Il mulino, Il aggio delle sirene, Rapsodia per fantasmi, Antigone di Sofocle, Il Ciclope di Euripide.

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Il aggio delle sirene

Copyright © 2010-2014 Andrea Adriani

Rev. 1.4 Novembre 2014

Dep. SIAE Sez. DOR n. 893973B del 13.07.2010

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Il aggio delle sirene è edito da:

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Corso Garibaldi, 26 - Perugia

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