Il principe dei botanici
Una panoramica della vita, degli studi e delle intuizioni di Carlo Linneo
Giuliana Lomazzi
Illustrazione di copertina di Roberto Pasini / kalamun.org
© Homeless Book 2012.
ISBN: 978-88-96771-35-8
Edizioni Homeless Book, Faenza (RA)
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ebook by ePubMATIC
Indice
Carlo Linneo (1707-1778)
A scuola da Linneo
Catalogare la natura
Se Linneo non fosse esistito…
Carlo Linneo (1707-1778)
“Nomina si nescis, perit et cognitio rerum” (Se non si conosce il nome delle cose, si perde anche la loro conoscenza.)
In principio, era il caos: per capirsi, era necessario descrivere con estrema precisione piante e animali. Per rendere l’idea, basti dire che all’illustre botanico se Joseph Pitton de Tournefort (1656-1707) occorsero 70 parole e un’immagine per descrivere un fiore comune come il geranio. Poi arrivò lo svedese Linneo e fu il sistema binario, il “nome e cognome” – secondo la sua stessa espressione – di piante, fiori, erbe, uccelli, pesci, rettili, mammiferi…
Ci fu chi definì questo individuo geniale “un vecchio svedese un po’ pazzo che credeva di poter dare un nome a ogni cosa”. Erano tuttavia in molti a chiamarlo Princeps botanicorum, e ormai tutti si riferiscono a lui come l’ordinatore del regno animale e vegetale. Infatti a tutt’oggi, dopo oltre 300 anni dalla sua nascita (risalente al 1707), il sistema da lui inventato è valido e funzionale.
Ma se per gli studenti costretti a conoscerlo sui banchi scolastici può apparire un severo e rigoroso accademico, nelle immagini che lo ritraggono Linneo si presenta come un signore anziano di aspetto sereno e bonario; il suo sguardo intelligente e vivo non lascia dubbi sulla profondità psicologica del personaggio che ora impareremo a conoscere meglio.
Una vita tra i fiori
A Hammarby, non lontano da Uppsala, sorge un’antica casa di legno immersa in un giardino che vanta, tra l’altro, una collezione di piante siberiane. Al suo interno, suppellettili, quadri e abiti del XVIII secolo ma, soprattutto, fiori: grandi immagini ritagliate da libri e ormai ingiallite dal tempo, disposte in modo da ricoprire le pareti dal pavimento al soffitto. Non a caso, questa fu una delle ultime dimore di Carlo Linneo, la cui vita era iniziata 71 anni prima in un’altra casa, a Råshult, un semplice edificio anch’esso di legno ma a un solo piano, con il tetto ricoperto d’erba e due rampicanti a incorniciare la porta. Certo, il “piccolo botanico” – come fu soprannominato Linneo per la sua ione precoce – conosceva i nomi di queste rampicanti, come conosceva quelli degli altri fiori e piante del giardino curato dal padre, pastore protestante e apionato botanico. Apionato al punto da optare, al momento di dotarsi di un cognome al posto del patronimico, per il nome di una pianta: il tiglio (quello, imponente, che cresceva nel terreno paterno), detto linn nel dialetto della regione svedese di Småland.
W la campagna!
Si racconta che lo scolaro Carlo fosse poco ligio al dovere e in estate preferisse alla scuola le eggiate in campagna, in mezzo alla natura. Eppure la voglia di studiare non gli mancava, come dimostrò quando si iscrisse alla facoltà di medicina. Era il 1727. Linneo si laureò dopo otto anni, e in questo lasso di tempo fece un sacco di cose. Conobbe docenti e personaggi influenti che lo presero sotto la loro protezione, assegnandogli incarichi di vario tipo. Già nel 1729 teneva lezioni di botanica nel giardino botanico di Uppsala, iniziando nel contempo a risistemarlo. E non fu l’unico giardino di cui si prese cura.
Spinto da motivazioni diverse, compì vari viaggi che lo portarono a visitare la
Lapponia e altre regioni della Svezia, le isole baltiche, l’Olanda, l’Inghilterra e la Francia. Cominciò a pubblicare libri. Nel 1729 usciva già “Praeludia sponsaliarum plantarum”, cui seguirono: “Systema naturae” – solo 11 pagine, ma la prima di oltre dieci edizioni (1735); “Fundamenta botanica”, 1736; “Genera Plantarum” e “Flora lapponica” (1737), solo per citare alcuni testi.
Infine, dopo la laurea e un breve intermezzo a Stoccolma, dove esercitò la professione di medico, fu nominato docente all’università di Uppsala. Qui insegnò ai giovani a basarsi su un’instancabile capacità di osservazione e su un sistema, a suo giudizio entrambi elementi indispensabili.
Non viaggiò più, fuori dalla sua patria: faceva viaggiare gli altri. Partivano dalla Svezia i suoi allievi, da lui inviati all’estero per far conoscere il suo sistema; arrivava in Svezia chi voleva conoscerlo, attirato dalla sua fama, e chi voleva diventare suo allievo. Ed erano parecchi gli studenti che dal resto d’Europa (allora, era come dire tutto il mondo) venivano all’università di Uppsala per seguire le lezioni di quello strano docente che sapeva magnetizzare l’uditorio su qualsiasi argomento, ma che soprattutto aveva dato nuova vita alla botanica conferendole lo status di disciplina a sé.
Particolarmente trascinanti si rivelarono le escursioni che Linneo organizzava in campagna, alla ricerca di esemplari di piante e animali.
Il naturalista svedese dedicò gli ultimi anni di vita all’insegnamento, alla raccolta di campioni e alla classificazione, alla corrispondenza con altri scienziati per scambi di informazioni e materiali, alla pubblicazione di molte altre opere. Non proprio un periodo tranquillo, come tranquilli non erano stati i suoi viaggi. Sentite, per esempio, che cosa fece in Lapponia…
Il viaggio in Lapponia
Nel maggio del 1732 Linneo, incaricato dalla Società Reale Svedese delle Scienze, partì per esplorare l’estremo Nord. Ritornò solo in ottobre, dopo aver percorso 5000 km a cavallo, a piedi e in barca nella Lapponia norvegese e svedese. In quei cinque mesi sopportò molte privazioni, fu assalito dalle zanzare, per poco non venne ucciso da un nativo. Ma vide il sole di mezzanotte, scoprì oltre 100 piante, conobbe da vicino i costumi e le tradizioni dei Sami (detti impropriamente Lapponi), esaminò pesci, uccelli, insetti, studiò le formazioni geologiche e i minerali, posseduti in abbondanza dalla Lapponia. Ritornò carico di campioni di tutti i tipi, portando con sé perfino alcuni costumi sami (che a volte indossava quando narrava le sue avventure: così lo rappresenta infatti un ritratto famoso) e un tamburo magico.
Tra le piante, tanto numerose da richiedere un volume per la loro descrizione (“Flora lapponica”), spiccava un esemplare di Linnaea borealis, una campanula cui lo studioso era particolarmente affezionato, tanto da darle il proprio nome e da inserirla nel proprio blasone quando, nel 1761, il re lo nobilitò.
L’Orologio della Flora
Linneo divideva i fiori in 3 gruppi: “meteorici”, ossia che si aprono e chiudono in relazione alle condizioni meteorologiche; “tropici”, che si aprono e chiudono regolandosi sulla lunghezza del giorno; “aequinoctales”, con orari fissi indipendentemente da stagione e meteorologia.
In “Philosophia botanica” scrisse anche che, disponendo di sufficienti aequinoctales, si poteva sapere l’ora senza avere l’orologio. Non sembra tuttavia che Linneo realizzò mai questo orologio floreale. In compenso, nel XIX secolo molti giardinieri vi si dedicarono, piantando in cerchio una dozzina di specie di fiori. L’idea ispirò anche il reatino Angelo Maria Ricci, autore (1824) di
“Orologio di Flora. Scherzi botanici”, opera che si inserisce nel filone ottocentesco inteso a dare dignità poetica alla scienza ed è composta da 24 odicine.
“Il grande Linneo, e la dolce damigella sua figlia, osservarono che alcuni fiori si aprono e chiudono a orari specifici del giorno da maggio ad agosto; che erano chiamati la Veglia e il Sonno delle piante. Tale fenomeno suggerì l’idea di un Orologio, come forse ebbero i Patriarchi, in cui le aiuole di fiori e piante del giardino offrivano le lancette e il quadrante…”
A scuola da Linneo
“Tot numeramus species quot a principio creavit infinitum Ens” (Tante sono le specie oggi esistenti quante furono quelle create in principio dall’Ente infinito)
I metodi didattici dello studioso svedese erano molto efficaci e a volte anche molto originali. Ne sono un esempio le Herbationes. In estate, e meno frequentemente in primavera, il sabato era destinato all’uscita in campagna per raccogliere campioni vegetali e animali. Linneo aveva stabilito delle regole ben precise per queste escursioni: abito leggero e comodo, pochi libri (tra cui “Systema Naturae”), microscopio, ago e coltello da botanico, fogli di carta e poco più. La marcia avveniva in ordine sparso ed erano previste soste ogni 3-4 km. Si raccoglievano piante, specialmente in fiore, muschi, insetti, anfibi, uccellini trovati morti, rocce e minerali. Nell’arco della giornata, che iniziava alle 7 per concludersi alle 19, erano previsti due intervalli, uno per il pasto e uno per il riposo. Tamburi e corni accompagnavano il corteo dei botanici, che si scambiavano opinioni in una commistione di lingue e annunciavano il ritrovamento di un esemplare raro con il suono del corno. Tutti rientravano poi in città con un fiore nel cappello, guidati dal professore e accompagnati dagli strumenti musicali.
La sistematica linneana
Lo svedese ideò una nomenclatura binomia in latino costituita da genere di appartenenza e specie, destinata a distinguere le singole specie e, al contempo, a riconoscere l’affinità tra piante dello stesso genere. Per chiarezza propose una similitudine: paragonò questo tipo di sistematica a un esercito suddiviso in legioni, coorti, manipoli e squadre, inquadrato nell’ambito di un sistema gerarchico di categorie inserite a loro volta in categorie sempre più ampie.
Linneo non era stato il primo a proporre una sistematica: furono in molti a cimentarsi a partire dal XVI secolo, quando le esplorazioni portarono alla scoperta di nuove piante e quindi alla necessità di catalogare materiale fino ad allora del tutto ignoto. Anche nel XVII secolo non mancarono i tentativi di riordinare la natura: il già citato Pitton, per esempio, provò a classificare le piante in base alle corolle dei fiori, mentre il botanico inglese John Parkinson, nel Theatrum botanicum, propose 17 categorie tra piante velenose, odorose, narcotiche, calde ecc. Quanto ai minerali, Nel 6-700 in Europa c’erano ben 27 sistemi diversi di classificazione!
La classificazione introdotta da Linneo Nomenclatura binomia:
Homo sapiens
Prunus avium
Regno:
Animalia
Plantae
Phylum:
Chordata
Magnoliophyt
Classe:
Mammalia
Magnoliopsid
Ordine:
Primates
Rosales
Famiglia:
Hominidae
Rosaceae
Genere:
Homo
Prunus
Specie:
Sapiens (uomo attuale)
Avium (cilieg
Le piante medicinali
All’università, Linneo insegnò anche farmacologia. Dato che allora i rimedi più importanti erano quelli vegetali, il naturalista si occupò delle piante anche dal punto di vista terapeutico, insegnando agli studenti nomi, sinonimi, valore terapeutico, dosaggi e paese d’origine dei vegetali. Tutti questi dati vennero poi raccolti nel volume “Materia medica” (1749), testo che si rivelò di importanza capitale sia in patria sia nel resto d’Europa, dove questa e altre opere di Linneo (tra cui “Clavis medicinae duplex”, che lo studioso considerava il suo gioiello) furono utilizzati per decenni negli atenei. In Svezia, tra l’altro, “Materia medica” servì ad abbandonare l’ormai datata “Pharmacopoeja Holmiensis GalenoChymica” (1686) – che proponeva tra l’altro rimedi a base di sangue umano distillato, di cranio polverizzato e di pezzi di corpi mummificati – a vantaggio della prima farmacopea svedese nazionale (“Pharmacopoea Svecica”, 1755).
L’insegnamento della farmacologia ava anche attraverso le dimostrazioni pratiche nel giardino botanico di Uppsala, dove lo studioso coltivava tra l’altro tutte le piante medicinali che potevano crescere in Svezia, conservando sotto forma di campioni essiccati le altre. Tra gli esemplari conservati in laboratorio si trovano per esempio Simaruba spp., Polygala senega (poligala) e Cinchona spp. (chinino), oltre a varie spezie come cannella, zenzero e arancio amaro. Le piante coltivate nel giardino spaziavano tra diversi generi. C’era per esempio il papavero da oppio, che Linneo battezzò con il nome che tuttora porta (Papaver somniferum) in considerazione delle proprietà del lattice. Non mancavano poi la belladonna, la camomilla e la valeriana, che lo svedese utilizzava sia come tranquillante sia come diuretico e rimedio contro i vermi intestinali. Artemisia annua, pur compresa tra le coltivazioni, non sembra venisse impiegata da Linneo, che invece ricorreva sicuramente al trifoglio fibrino (Menyanthes trifoliata) per le infiammazioni renali, i reumatismi e i disturbi di stomaco e considerava Crepitis lupi (il fungo Calvatia utriformis,o vescia areolata) utile per fermare il sangue dopo i salassi. Il rimedio preferito dall’eminente studioso sembra essere stato però la fragola selvatica, per lui quasi una panacea.
Linnaea borealis, la pianta preferita di Linneo.
Da The American Cyclopaedia, v. 10, 1879, p. 509
La genesi di Materia medica
Fin da giovane, Linneo si mostrò affascinato dalla sessualità delle piante e dai rimedi vegetali. A questo proposito, selezionò il materiale da testi ed erbari antichi, senza trascurare nemmeno i detti popolari.
Gli piaceva l’idea che la santoreggia avesse proprietà afrodisiache, come lo attraeva la supposta capacità della Malva verticillata crispa di svelare la verginità delle fanciulle: si diceva che l’odore del fiore fe svenire quelle che non erano più vergini. A 17 anni tentò perfino un esperimento con una ragazza, ma non si sa come andò a finire… Rimase anche colpito dalla storia della peonia, la cui capacità di alleviare l’epilessia veniva attribuita a Peone, medico degli dei.
Questa iniziale ione per i rimedi vegetali lo portò con il tempo a studiarli adeguatamente, per dare vita infine al testo dal complesso titolo di “Materia medica, Liber I. de plantis. Secundum genera, loca, nomina, qualitates, vires, differentias, durationes, simplicia, modos, usus, synonyma, culturas, praeparata, potentias, composita, digestus”.
Sapori, colori e odori
Lo svedese insegnò ai suoi studenti anche come comportarsi per valutare se un rimedio erbaceo era troppo vecchio e come determinare la qualità e l’utilità delle piante medicinali usando il gusto e l’olfatto. “Le piante insipide e inodori hanno scarse virtù medicamentose. Quelle molto saporite e odorosissime possiedono la massima virtù” scrisse Linneo in “Fundamenta botanica”, avvertendo di tenersi lontani dalle piante “nauseanti e puzzolenti” in quanto velenose. Nello stesso testo, lo studioso spiegava poi le corrispondenze tra colori e gusti: l’insipido corrisponde alla tinta chiara, il crudo al verde, l’amaro al giallo, lo sgradevole al nero, il dolce al bianco, l’acido al rosso. Anche il terreno influisce sulle piante: “Le Ombrellate, aromatiche, calorose, lassative e carminative nei terreni secchi, velenose in quelli umidi, esercitano la loro efficacia con la radice e i semi”.
Sapori e odori si rivelano fondamentali anche in “Clavis medicinae duplex” (1766), dove Linneo raccomandava di curare le malattie della testa con gli aromi e quelle del corpo con i gusti. Elencava infatti dieci aromi che, accoppiati tra loro, danno armonia al sistema nervoso, e dieci gusti per le patologie del corpo.
Igiene di vita
Le lezioni universitarie di Carlo Linneo riguardavano anche la dietetica. Il docente basò i propri insegnamenti su quelli di Galeno e del “Regimen Sanitatis”, oltre che sulle conoscenze dell’epoca e sulla propria esperienza. In particolare, faceva riferimento a una sua opera del 1733: “Diaeta naturalis”, una raccolta di 70 aforismi nei quali lo studioso esortava alla moderazione, consigliando di ridurre l’apporto calorico e l’assunzione di zucchero, di bere molta acqua e di fare esercizio fisico. Consentiva però un po’ di cioccolato per tirarsi su al bisogno. Ma a quanto pare, Linneo si limitava soltanto a predicare bene. Lo dimostra tra l’altro la sua posizione relativa al tabacco, considerato in “Diaeta naturalis” soltanto un rimedio e non una sostanza da usare regolarmente. Da parte sua, però, il docente non girava mai senza la propria pipa e fumava parecchio. Secondo lui, il fumo era consigliabile a marinai, pescatori e soldati perché proteggeva delle infezioni, e utile ai medici che visitavano molti malati in quanto espettorante. Linneo raccomandava il tabacco per curare le coliche forti,
le ulcere, gli edemi, la scabbia, la malaria, l’isterismo e come palliativo per il mal di denti. Lo riteneva anche narcotico e lassativo e lo raccomandava sotto forma di cataplasmi sulle ferite. Precisava però che il tabacco è puzzolente e velenoso, rovina l’appetito e annerisce i denti. Nel 1753, Linneo chiamò la pianta Nicotiana tabacum in onore di Nicot, console se a Lisbona che diffuse in Francia l’uso del tabacco.
Catalogare la natura
“I Minerali crescono; i Vegetali crescono e vivono; gli Animali crescono, vivono e sentono.”
Gli orizzonti culturali di Linneo erano decisamente ampi e non potevano limitarsi alla botanica. Nella certezza di essere stato inviato da Dio per mettere ordine nel mondo della natura, nella sua vita lo svedese classificò la bellezza di 7700 piante e 4400 animali, di cui 1900 insetti. Nemmeno le malattie sfuggirono alla sua mania classificatoria, come dimostra il suo “Genera morborum” (1763), nel quale le patologie sono catalogate in base ai sintomi.
Gli animali
Distinse sei classi di animali, quattro a sangue rosso (Quadrupedia, Aves, Amphibia, Pisces) e due a sangue bianco (Insecta, Vermes), a loro volta suddivise in vari ordini, generi e specie. Vermes, per esempio, comprendeva non solo vermi (Corporis musculi ab una parte basi cuidam solidae affixi) e sanguisughe, ma anche lumache, stelle marine e altri organismi acquatici. Aggiunse poi a queste categorie una settima, Paradoxa, nella quale inserì creature fantastiche (fenice, satiro, drago…) e strane, come Pseudis paradoxa, enorme girino che diventa poi una piccola rana.
Per la prima volta, l’uomo veniva catalogato con grande scandalo insieme agli animali: fu collocato con i quadrupedi, insieme a scimmie antropomorfe e bradipi.
Lo studioso scelse di inserire i rinoceronti tra i roditori; coccodrilli, serpenti, storioni, tartarughe, razze e rane furono catalogati come Anfibi. Nelle ultime due categorie Linneo introdusse ragni, crostacei, stelle di mare, mosche, seppie, polpi, calamari…
Su queste suddivisioni si basò in seguito il naturalista e biologo se JeanBaptiste de Lamarck (1744-1829) per classificare correttamente gli invertebrati.
Le classi degli animali secondo Linneo:
Regnum Animale. Cujus VI. Classes.
I Quadrupedia
Corpus pilosum. Pedes quatuor. Feminae viviparae, lactiferae.
II Aves
Corpus plumosus. Pedes duo. Alae duae. Rostrum osseum. Feminae oviparae.
III Amphibia
Corpus nudum vel squamosum. Dentes molares nulli, reliqui acuti. Pinnae nullae
radiatae.
IV Pisces
Corpus nudum vel squamosum. Pedes nulli. Pinnae semper.
V Insecta
Corpus ossibus cutis loco rectum. Caput. Antennis instructum.
VI Vermes
Corporis musculi ab una parte basi cuidam solidae affixi.
(“Systema Naturae”, 1735)
Minerali, rocce e fossili
Linneo li inserì nel Regnum Lapideum. Classificò con il proprio sistema i minerali: così, per esempio, distingueva Quartzum coloratum – varietà ametista, citrino, rosa – e Quartzum lacteum – var. lattea. Ma in seguito le classificazioni cambiarono.
Quanto ai fossili, lo scienziato distinse tra Petrificata vera e Petrificata ficta. Definì le felci fossili herbae capillares petrificatae, sottili erbe pietrificate; attribuì alle ammoniti leggendarie corna, come proponeva Plinio nei suoi scritti; identificò correttamente le Glossopetrae (così erano chiamate quelle che si credevano lingue di pietra di origine celeste) come denti fossili di squali. I suoi studi non riguardarono invece i dinosauri, che vennero descritti solo nel secolo successivo e classificati secondo il sistema da lui ideato.
Se Linneo non fosse esistito…
…oggi non avremmo tra l’altro il termometro centigrado (questo, inventato dal collega Anders Celsius, stabiliva l’ebollizione a 0° e il congelamento a 100°, ma fu Linneo che ebbe l’idea di invertirli), né i simboli ♀ e ♂ per indicare femminile e maschile. Non avremmo l’albero genealogico, che in seguito il biologo tedesco Ernst Haekel ebbe l’idea di utilizzare per evidenziare le parentele tra gli esseri viventi. Ma, soprattutto, non avremmo la sistematica linneana e saremmo costretti a descrivere il geranio Potamogeton compressum come Pitton de Tournefort, che proponeva Potamogeton caule compresso, folio Graminis canini. In fluvio Camo prope Cantabrigiam copiose, a relequis speciebus differt (Ray, 1686). Per fortuna Linneo è esistito, e la pratica sistematica da lui creata è arrivata fino ai nostri giorni, tramandandoci l’immagine di un personaggio davvero eccezionale e di cui in definitiva non si parla molto.
Speriamo che queste pagine siano riuscite a offrire un ritratto di questo geniale studioso svedese, che di sé diceva: “Linneo non era né alto né basso. Era magro e aveva occhi castani. Agile e rapido, camminava in fretta, faceva tutto senza indugio e non poteva sopportare i ritardatari. Era suscettibile e facile alla commozione. Sempre al lavoro, non si risparmiava mai. Gli piaceva mangiare e bere bene, ma non fu mai prodigo in questo. Gli importava poco dell’aspetto di una persona, ritenendo che gli abiti dovessero adattarsi all’uomo e non viceversa. Non era minimamente litigioso.”