Il Vuoto 3m1u9

IL VUOTO

Versione elettronica I edizione, 2013 © Logus mondi interattivi 2013 ISBN: 978 88 98062 21 8 Autore: CARLA DEPLANO Editore: Logus mondi interattivi Design: Pier Luigi Lai Immagine di copertina: Silvia Argiolas, Acqua miracolosa, olio e smalto su tela, 50x60, 2010 Per gentile concessione. Info su Silvia Argiolas Contatti: [email protected] - www.logus.it

Carla Deplano

IL VUOTO

* * *

A mio padre,

a mia figlia,

a mio marito.

Ringrazio Cicci Ibba, Clara Spada, Annamaria Colavitti, Luca Vargiu, Licia Lisei e sco Cesare Casùla per i preziosi consigli e il sostegno morale.

INTRODUZIONE

Ho conosciuto di persona il destinatario delle mie epistole in un Corso di Perfezionamento post lauream. Lui era docente. Il suo nome non mi suonava nuovo, avevo letto tutte le sue pubblicazioni. La prima lettera segue di un giorno l’ultimo esame del Corso: il suo. Da allora un insieme di contingenze e occasioni culturali eterogenee non ha fatto altro che avvicinarci. Giorno per giorno, in un periodo concitato e sofferto della mia vita, ho finito per legarmi sempre più, senza accorgermi, a quella persona che mi sembrava di conoscere da un tempo infinito e che trovavo affine e familiare: un medesimo milieu di appartenenza, un comune sentire e un identico spirito mi hanno spinto a ricercare nella sua presenza l’altra che sapevo prossima a venir meno. Scrivergli mi ha dato, in qualche modo, la temporanea illusione di anestetizzare un vuoto che si profilava imminente. Mio padre si preparava a lasciarci e i punti in comune con lui non mancavano: tutti e due urbanisti. La loro ricerca si era concentrata sulle tecniche di riqualificazione del centro storico ed in particolare dell’antico quartiere di Terramurata. E anche la ricerca sul campo del mio dottorato di sociologia è stata effettuata in questo quartiere. E proprio in Terramurata sono nata, in quello stesso anno in cui il mio amico compiva il suo rito di aggio trasferendocisi a vivere per sempre. Chi ci abita condivide l’atmosfera di un borgo rurale e di una intimità familiare in cui, nonostante la nuova composizione etnica e sociale, la qualità urbana manifesta ancora una dimensione “paesana”, dove i vicini sono più o meno conosciuti e i rapporti di cortesia e benevolenza tengono vivo il senso della comunità, nella condivisione di valori identitari identificabili con il luogo. Ci sono, quindi, due persone amate e stimate, insondabili e maledettamente chiuse a riccio, che hanno per una vita – l’una indipendentemente dall’altra – condiviso interessi ed ambiti scientifico-disciplinari comuni, oltre che il medesimo spazio abitativo.

L’irruzione di questa nuova presenza, entrata così all’improvviso nella mia vita, ha rappresentato un tramite fra presente e ato che mi ha permesso di riflettere su dinamiche affettive mai scandagliate prima. Il carteggio informatico segna un percorso biennale caratterizzato da alti e bassi, da sbalzi d’umore e da altri sintomi connessi alla situazione problematica della mia famiglia dopo la morte di mio padre, solo in apparenza ago della bilancia. Il vuoto interiore è il fil rouge di una scrittura autoanalitica sofferta e catartica, dai tratti a volte comici grotteschi e surreali, spesso notturna impulsiva e compulsiva da cui, come per effetto di trance, l’inconscio riemerge a poco a poco disseppellendosi automaticamente da durissimi strati di vissuto mai analizzati ed elaborati in precedenza.

La serenità è un diritto di ogni bambino.

Non ho mai provato questa sensazione, ma sempre il suo contrario.

Ho convissuto con un senso di colpa che doveva espiare e lenire il dolore di qualcun altro.

Ho vissuto la vita di qualcun altro.

Non è facile.

VUOTO

Non ameremmo se dentro di noi non ci fosse un vuoto

(Alain de Botton)

E’ del vuoto che ci si innamora, non del pieno, perché amore è trascendenza, e non simbiotico rapporto duale

(Umberto Galimberti)

9-5-2009

Da: [email protected]

A:[email protected]

Gentilissimo Professore, ieri non le ho lasciato il CD col mio power point, non sapevo se dovessi modificare qualcosa. Mi spiace per il modo in cui mi sono congedata ... Sono in "riserva" totale e vado avanti solo per inerzia. Il processo di dissociazione mentale dai pensieri più lugubri ieri non mi è proprio riuscito, ho avuto un lutto: si tratta di un vecchio zio, ma è solo la punta di un iceberg.

Due anni fa, appena iniziato quest'ultimo ciclo di Perfezionamento, sono state diagnosticate le prime micrometastasi a mio padre, affetto da un carcinoma da quattro anni. Il Corso è praticamente terminato e così la vita di mio padre, che in questi giorni sta vedendo svanire anche le proprie facoltà cognitive a causa dell'espansione metastatica a livello cerebrale.

La mia sorella maggiore, ai suoi tempi la più brillante allieva della Facoltà di Medicina, soffre di una grave forma depressiva e in questi ultimi tempi minaccia spesso il suicidio. Il suo stato, invalidante sotto il profilo lavorativo e delle relazioni sociali, è giudicato non guaribile e ingravescente.

Mia madre è stretta fra questi due fuochi. Mi auguro che resista.

La sensazione è quella di una totale impotenza e frustrazione di fronte all'inesorabile destino dei miei familiari.

La saluto con affetto: lei è stato il miglior docente della mia troppo lunga carriera di studi.

Cecilia Metella

12-5

Caro Prof, la sua risposta mi ha fatto pensare che le parole sono d’oro e i silenzi di pietra. Grazie.

Sono davanti ad un calvario appena iniziato. Ho parlato poche ore fa con un’oncologa che ha prospettato a mio padre mesi di agonia con cefalee legate alla pressione del liquido metastatico, plausibili paralisi parziali o totali e annessi e connessi desolanti che le risparmio.

Solo due settimane fa mio padre concludeva la sua ultima pubblicazione e coordinava il dipartimento di cui è ancora direttore. Nel giro di pochi giorni non sa più scrivere una lista della spesa, é incapace di articolare una parola come “pane” e non è più in grado di pagarsi un caffè al bar. Le parole e i concetti stanno sfumando. Forse fra pochi giorni dimenticherà anche i nostri nomi … La cosa più devastante è che è cosciente e consapevole del processo in atto: abituato a risolvere i problemi di tutti e a tenersi i suoi per sé, poco fa salutandomi mi ha sussurrato “aiutami”!

Perché le scrivo queste cose? Non lo so. Sono in stato confusionale anch’io, le parole vengono da sé e non voglio condividerle con parenti e amici. Mi rendo conto di essere tediante e mi dispiace. Forse mi sto egoisticamente sfogando in questa mail. È paradossale che lei sia edotto su questioni private della mia famiglia, quando solo pochi mesi fa non ci conoscevamo neppure … La scrittura è terapeutica, ma non si preoccupi: non la aggiornerò più su questo strazio. Probabilmente terrò una sorta di zibaldone personale.

La saluto

28-7-2009 - APPUNTI DI UN VIAGGIO

Mio padre, orgoglioso e dignitoso come sempre, attende imibile sul sedile del taxi l’arrivo dell’assistenza con la sedia a rotelle. Non posso incrociare il suo sguardo, non voglio tradire le mie emozioni e lui fa finta di niente, ma ha altri occhi, un altro colore, un altro fisico già solo rispetto a ieri.

Il viaggio è snervante, finalmente arriviamo a S’Elvezio. I miei entrano nel loro storico appartamento; babbo non ne uscirà più: l’astenia e l’affanno lo bloccano nel letto.

Si vergogna delle caviglie e di quei piedi gonfi che sono sempre stati affusolati e bellissimi; li nasconde quando mia figlia Virginia gli si avvicina per salutarlo.

Mi dice che, per stare inchiodato in un letto, preferisce trovarsi qui piuttosto che a casa. La situazione è solo in apparenza paradossale: è come lo sciamano che chiede di farsi trasportare sulla montagna sacra per abbandonarsi serenamente, nel suo ultimo viaggio, ai ricordi felici della propria vita.

Lui vorrebbe che vivessimo pienamente questa vacanza, per viverla attraverso i nostri racconti.

La località in cui ci troviamo è l’ideale per eremiti, coppie di amanti in incognito o comitive di fanatici del trekking. L’anno scorso, al nostro rientro, ho provato un certo qual mal d’Africa, ma la situazione clinica di babbo era ben diversa e con noi c’erano due carissimi cugini che ci riempivano le giornate. Oggi

ripercorro da sola gli stessi tragitti con infinita tristezza, memore delle considerazioni entusiastiche che babbo faceva solo un anno fa. So che non rivedrò mai più questi scenari intrisi di ricordi.

Il bosco con le sue ombre e le luci filtrate dai rami, i sovrumani silenzi e la solitudine, la terra che trasuda vermi e insetti, evoca adesso solo sensazioni di morte imminente. L’angoscia e la depressione mi pervadono e desidero forte il mare – il mio liquido amniotico – e la mia città. L’aria di montagna, di questa montagna, pare avvelenarmi e sono sempre più insofferente anche con Virginia, che ha le esigenze e le lagnanze di una bambina ipersensibile di due anni e mezzo a cui nulla è sfuggito della nostra condizione.

Non posso pensare che a cento metri di distanza c’è un uomo che muore lentamente in un letto vegliato dalla moglie e che questi sono i miei genitori. Ed io non posso fare niente per loro. È legge o destino che la vita continui con problemi quotidiani che non hanno senso di essere di fronte a questo e ad altri drammi?

31-7

30 luglio, ore 7,30 - babbo telefona a mio marito, vorrebbe raggiungere l’ospedale più vicino: benché, infatti, cuore e pressione siano sotto controllo, il suo quadro clinico generale si aggrava di ora in ora.

Si mettono in macchina. Gabriele teme una crisi respiratoria, come medico è investito di una responsabilità enorme. Due ore di tornanti a strapiombo senza visuale prima di arrivare a Castronovo. Ricovero immediato: prelievi, trasfusioni e flebo … emoglobina da 7 a 11, gambe sgonfiate. Da 5 a 10 giorni di degenza ospedaliera e “rianimazione” in vista del viaggio di ritorno, questa volta con volo diretto!

Abituato a pianificare, non solo urbanisticamente, ma in generale ogni cosa per sé e gli altri, rigorosissimo e precisissimo, sempre cauto e lungimirante, proprio questa volta – forse non casualmente – babbo non è stato capace di calcolare il rischio macroscopico in cui si andava infilando. Si è illuso, ingenuamente fino all’ultimo, di potersi rigenerare nella sua montagna taumaturgica. Vi è rimasto, invece, intrappolato.

3-8

Virginia, che adora il nonno, lo cerca e chiede dove sia, percepisce la mia angoscia: i muscoli facciali sono contratti e non riesco a sorriderle. Tutti questi giorni è rimasta attaccata come una ventosa al padre, non ha camminato e ha mangiato poco.

Mia madre alloggia in un albergo vicino all’ospedale. Maria, mia sorella, è rimasta a S’Elvezio e farà la spola per Castronovo. Probabilmente Gabriele raggiungerà nuovamente i miei con suo padre, per valutare la situazione e ritornare possibilmente insieme.

In questi ultimi mesi babbo è stato iperattivo come non mai, senza risparmiarsi, felice di aver concluso tutte le questioni che lo assillavano perché avvertiva che il suo tempo stava per terminare. Sono oramai quasi persuasa che sia voluto partire comunque, nonostante le sue condizioni proibitive, per abbandonarsi alla morte lontano da indiscrezioni, compatimenti e pietismi che ha sempre rifuggito. Desiderava la privacy che ha inseguito e difeso tutta la vita.

Gli unici ad essere informati dei fatti sono i suoi fratelli, la mia nonna materna, i genitori di Gabriele e, adesso, tu.

7-8

Ho vegliato babbo fino all’ultimo respiro, ci ha lasciati oggi all’inizio del giorno.

9-10 - SFOGO DI CAVIA IMPAZZITA

A parte tre anni di dottorato che non hanno portato altro che un’ernia iatale e le coliche, ho lavorato sodo durante questi ultimi due anni, trascurando gli affetti più cari, trascurando mia figlia che mi reclamava e mi tirava il braccio mentre ero intenta a scrivere davanti al computer. Ho studiato freneticamente dai libri di babbo quando lui era ancora dentro la bara, in montagna, e ho continuato il giorno del funerale e quelli successivi in una corsa contro il tempo. Ho trascurato mia madre nel momento peggiore della sua vita.

Mi chiedo a cosa serva continuare a studiare perennemente e a scrivere ogni tanto se poi non c’è una prospettiva di lavoro! Ho sputato sangue per avere delle garanzie lavorative, quando l’unica garanzia è che il lavoro non c’è. Non riesco a trovare un senso, né nel ato, né soprattutto nel futuro. È avvilente la sensazione di aver sbagliato tutto: mi sento come un topo da laboratorio rincoglionito che non riesce più a uscire dalla gabbia dopo l’ennesimo cambio di percorso.

Perdonami se ti affido frasi brutali. Non ho l'abitudine di scrivere ai miei amici, che mi credono un'inguaribile ridanciana. Non posso sfogarmi con i miei familiari. Sono loro a sfogarsi con me e io ad essere il loro parafulmine galvanizzante. Non mi aspetto risposte: è già molto che ti scriva certe cose e che tu, inevitabilmente, le sorbisca per un incomprensibile destino! E’ un momento nero e per ora scriverti è la mia unica terapia.

12-10 - MAI DIRE MAI

Caro Giorgio, mentre eravamo all'Archivio di Stato mi hanno chiamato dal Liceo classico per una supplenza annuale di quattro ore (sic!). Ovviamente ho accettato con entusiasmo. Questa volta ti comunico la mia gioia. Non mi pare vero di arginare uno sfogo negativo da quando ti sei sobbarcato l'onere di fungere da parafulmine...

E comunque invidio i rotariani prostatici che ti hanno avuto come ospite... a quando una conversazione inter nos anche su Alvar Aalto con le diapositive del tuo ultimo viaggio? O hai cambiato idea?!

30-10 - L'ELEFANTE COME TOTEM

La tua collezione di elefanti provenienti da ogni parte del mondo è davvero impressionante, sono notevoli soprattutto gli esemplari indiani e africani: con i reperti che hai accumulato in tutti questi anni potresti organizzare una mostra di scultura primitivista!

Ma mi spieghi perché ti si associa generalmente a questo animale? Lo sai, vero, che l'elefante-totem incarna la tradizione e la memoria?

Sono documentata sulla sua simbologia, che trovo molto interessante. E’ un animale cosmoforo, custode di significati ancestrali sfuggenti che vengono dal profondo: da quell’inconscio collettivo che è l’interiorità individuale e universale in cui ciascuno si riconosce. Comunemente associato alla figura archetipa di madre dalla psicanalisi, simbolo di poteri primordiali difficili da domare che vengono richiamati attraverso l’inconscio, rappresenta il medium attraverso cui possiamo trasformare la nostra vita. Ma se temiamo di affrontarlo, rimarremmo soprafatti e schiacciati dalla sua forza dirompente.

10-11

Caro Giorgio, devo dire che ho apprezzato molto la tua presentazione della rassegna cinematografica sul Neorealismo … hai “sconvolto” anche il gotha accademico dei cinefili rimasti ammutoliti per la tua performance: non ti smentisci mai! Sei sprecato come docente universitario: dovresti fare il “critico tuttologo”!

Io invece ti lancio una proposta per venerdì: dal momento che Gabriele è fuori città per un convegno e le amiche a cui ho esteso l'invito al concerto sono della serie "vorrei ma non posso" e "potrei ma non voglio", che ne dici dell'ebbrezza di un posto più centrale del tuo di capofila, ferma restando l’immancabile centenaria imbalsamata affianco? Dovresti però are a prendermi: vorrei evitare di incastrare un tacco 12 nell'acceleratore e i taxi, si sa, in queste occasioni diventano irreperibili!

20-11 - SENSO DI VUOTO

Che c’è di meglio, il sabato sera, che rilassarsi con un bagno di sali profumati e delle letture amene?! Ho appena chiuso il quotidiano e posso dire di sentirmi davvero sollevata dalla mole di notizie rassicuranti – o bizzarre? - che vi ho trovato …

Terrore in Norvegia per la mutazione del virus dell’influenza A. Trovato carbonizzato il corpo del trans compagno di merende a base di coca dell’ex Governatore del Lazio: assassinato da mandanti occulti che vorrebbero evitare sputtanamenti e che si fanno lavare la reputazione con l’ammollo di un computer scomodo nel lavandino del tugurio. Pentiti brava gente che accusano l’attuale Presidente del Consiglio di aver tramato un patto con la mafia per far cessare le stragi del ’92-’93. “Svolta” nell’indagine del caso Orlandi … Si riuscirà mai a disinsabbiare gli intrighi orditi dalle consorterie occulte che hanno determinato le perverse dinamiche politico-economiche del nostro Paese (P2, SISDE, Servizi segreti deviati, Banco Ambrosiano, Ior e l’allora onnipresente Banda della Magliana)? Molotov contro l’ambasciata algerina a Il Cairo per una partita di calcio terminata col punteggio sbagliato. Traffico internazionale di grasso umano per uso cosmetico con epicentro in Perù… Mi chiedo se la costosissima crema idratante che ogni giorno mi spalmo sulla faccia abbia una percentuale di grasso di torace e muscoli di gentili turisti che si trovavano loro malgrado a eggiare sulle Ande nel giorno sbagliato … Caso Meredith - il responso fa luce sul movente dell’omicidio: la ragazza era “troppo seria e morigerata”. Effettivamente mi sembra una buona ragione per fare fuori qualcuno.

Tre agenti di Polizia penitenziaria accusati di omicidio preterintenzionale ed altrettanti medici di omicidio colposo per la morte in cella del trentunenne Cucchi. Per la serie: ti fanno fuori proprio le persone che ti dovrebbero tutelare nell’ultimo posto in cui si dovrebbe morire. Londra: assolto l’uomo che ha strangolato la moglie (uccidendola, particolare rilevante), perché in realtà sognava di combattere contro un aggressore intrufolatosi nel loro camper; motivo: soffriva di disturbi del sonno e proprio quella notte non aveva preso i suoi psicofarmaci perché come effetto collaterale causano impotenza ... Come dire “eros thanatos”! Potrebbe sembrare una massima di Catalano, ma forse è meglio un marito impotente che uno assassino, se non altro sopravvivi!

Ancora a proposito di resti umani ecco infine una notizia allettante: su Ebay si possono acquistare per 15.000 euro “sangue e resti autoptici di Benito Mussolini”. Io non me li posso permettere perché nullatenente, ma forse qualcuno sarà felice di esibirli nella credenza del salotto buono durante un tè con gli amici camerati…

Cerco di calcare la linea verticale, ma una sonata di Corelli non mi basta e avverto un senso di vuoto e un vuoto di senso. Quando hai un minuto riprendiamo il discorso interrotto sull’Archivio di Stato, dal momento che oltre che parafulmine sei anche mentore.

P.S.: Per continuare la “terapia del sorriso” domani mi autoinfliggerò Lucky Luciano proiettato alla Cineteca Universitaria nell'ambito della rassegna su Rosi. Se non sei a teatro e sei interessato potremmo andare insieme, che dici?

24-1-10

Ogni volta che vado via da casa tua e mi congedo da te provo un vuoto interiore, un senso di incompletezza che non mi abbandona fino a quando non ti rivedo.

Molestarti è l’ultima cosa che voglio … vorrei evitare di vederti con un’espressione finto-allibita e oltremodo imbarazzata o disgustata: nel dirti certe cose per iscritto, perlomeno, la molestia è parzialmente contenuta dai limiti grafici e non richiede necessariamente un feed-back.

Questo è il testamento interiore di una persona che ha una porzione di cuore atrofizzata per una perdita lacerante ed un’altra squarciata da una lama impietosa che affonda sempre di più nei tessuti. Mi sembra di impazzire e mi ritrovo assolutamente impotente in una condizione che trascende ogni mia volontà. È una situazione paradossale e ridicola, ma la mia mente ne è completamente travolta e non riesco a concentrarmi su qualcosa neanche per pochi minuti. Non posso più leggere, scrivere, ascoltare un discorso, una canzone o vedere un film senza che la mia mente venga investita dal tuo pensiero. Non pensavo che potesse succedermi una cosa simile. Questo stato confusionale devastante mi atterrisce. È la cosa più umiliante che mi sia capitata nella vita. La mia dignità è finita nel momento in cui ho iniziato a scrivertelo.

Ti so gay dagli anni del Liceo, quando tenevi per noi delle conferenze, e la tua indifferenza verso il genere femminile mi ha permesso di frequentarti senza problemi e in maniera disinteressata.

Ora, però, la situazione è diventata insopportabile e so perfettamente che se non ti vedessi e non ti sentissi starei peggio. Ho abbondantemente superato il punto

di non ritorno. Perdonami.

Ti saluto e ti abbraccio con tutto l’affetto di cui sono capace.

6-2-10

Da anni patisco l’insonnia; ho sempre ostinatamente evitato sonniferi come fossero veleno, nell’attesa vana di riuscire nuovamente a dormire. Da circa otto mesi soffro di repentini sbalzi d’umore e stati depressivi. Intanto la mia autostima è sotto i tacchi e mi sento come Eva dopo la cacciata dal Paradiso, ma ti ringrazio di essere sempre stato presente in tutti questi mesi di abisso col tuo garbo e buonsenso.

Ho toccato il fondo e mi sono decisa a contattare una psicoterapeuta, perché non mi sembra di essere più capace di intendere e volere.

Tra uno sbalzo d’umore ed un altro mi capita di pensare di “sparire”, ma non mi posso permettere il lusso di porre fine ai miei dolori: ho una figlia e un marito meravigliosi cui devo tutto. A loro nascondo le emozioni negative.

L’harakiri l’ho fatto con te, rompendo masochisticamente un bellissimo giocattolo che non si può riaggiustare. Il piacere della tua compagnia è stato direttamente proporzionale al dolore.

Bandito ogni scetticismo, confido adesso con spirito positivista nell’aiuto della scienza, nella speranza di vedere almeno lenire, se non curare del tutto, la mia afflizione e per non essere più di peso a te e a me.

Ciao

8-2 - SCUSE

Ti chiedo scusa mille volte e altre mille per averti mancato di rispetto ed imbarazzato oltre ogni misura e senza alcun diritto. Sto lottando contro un mostro che dentro di me ha preso il sopravvento e soppresso ogni freno inibitore.

Ci sentiamo in tempi migliori.

9-2 - PSICOLOGIA SPICCIOLA

CAPITOLO I: IL PADRE

Mio padre soffriva (credo senza che ne fosse cosciente) di sindrome ossessivocompulsiva. La sua vita è stata connotata dal coartamento delle emozioni (viste come una perdita di controllo), dalla prudenza, da un ordine maniacale e da un’ostinata ricerca di perfezionismo.

Preoccupato delle regole, della precisione, dei dettagli e della perfezione, mirava ad alti standard che, se non venivano soddisfatti, ci rendevano colpevoli anche dei più futili errori.

Qualsiasi cosa minacciasse di sconvolgere la routine o la stabilità imposta agli altri, in cui tutto era già previsto o prevedibile, era fonte di notevole ansia e questo spesso determinava la sua difficoltà a delegare compiti, nel timore che non venissero espletati conformemente alle sue aspettative.

I meccanismi di difesa del proprio Io sono sempre stati l'annullamento, la rimozione, l'isolamento dell'affetto e l'intellettualizzazione.

La rabbia era, per mio padre, inaccettabile. Non poteva essere espressa, era una minaccia al suo ordine di vita … andava relegata in fondo all’anima.

CAPITOLO II: I FIGLI

In questo genere di persone i figli generano il panico: li si vorrebbe sempre sotto controllo, si impone loro una vita militaresca, paletti, muole e paraocchi. Senza volerlo, si finisce per castrare giovani menti in formazione, privandole dell’affetto di cui necessitano e della libertà di manifestare i propri interessi e le proprie emozioni, attitudini, aspirazioni, esigenze cinetico-motorie.

È stato dopo la diagnosi di sindrome borderline di Maria che abbiamo assistito ad una graduale trasformazione di babbo: si è progressivamente aperto, è diventato più comprensivo, meno rigido e intollerante. A suo modo ci ha amato moltissimo e si è trasformato, per noi, in un padre tenero e affettuoso e in un nonno premuroso e presente.

Ma io ancora sconto lo stile educativo autoritario imposto da un pater familias inflessibile e affettivamente lontano.

È esplosa con tutta la sua dirompenza una bomba innescata in un’infanzia e in un’adolescenza negate in cui non era permesso manifestare emozioni di alcun tipo, quando non si poteva ridere, né piangere, quando dovevamo solamente trasformarci in automi muti e ieratici.

Le qualità umane straordinarie cui hanno fatto riferimento in modo ridondante nel suo elogio funebre gli studenti, che lo adoravano, ed i colleghi di mezza Italia sono rimaste per lo più ignote a me e a mia sorella fino a non troppo tempo fa, quando ci si è pian piano rivelato un uomo molto diverso da quello di cui avevamo sempre temuto il fiato sul collo. Dopo un’apnea ventennale ho

respirato anch’io queste qualità e sono felice di poter avere anche molti ricordi bellissimi quanto disarmanti.

Presto o tardi i nodi sarebbero comunque venuti al pettine, non potevo prevedere che sarei caduta tanto in basso, però, alla mia età e in un contesto matrimoniale felice …

È forse per questo che qualche volta mi è capitato di perdere la testa per le persone più sbagliate ed improbabili? Quand’ero bambina soffrivo per l’idealizzazione irrazionale e l’intenso desiderio di essere ricambiata da persone per cui in realtà non potevo che essere trasparente e che non avrebbero mai sospettato simili stati d’animo. Da qui un senso di angoscia emotiva e di vuoto, di inutilità e auto-svalutazione.

Potrei sbagliarmi, ma ora penso che lungi dall’essere una predisposizione congenita, queste ossessioni che si affacciano evidentemente con tutta la loro forza centrifuga nei momenti di forte tensione emotiva e di accumulo di stress altro non siano che una mitizzazione dell’amore che esprime l’esigenza fisiologica di essere amati incondizionatamente per quello che si è.

Credo che questo amore malato e subìto trovi la sua radice nell’essere stata io stessa amata male o troppo poco.

CAPITOLO III: L’OGGETTO DELLA LIMERENCE

Tu sei stato l’unico ad essere informato delle condizioni di salute di babbo, da un certo momento in poi.

Rispettando la sua volontà di mantenere il più assoluto riserbo sulla malattia che lo aveva colpito non ne ho mai fatto menzione con altri ed ho per anni interiorizzato il suo male, reprimendo ancora una volta le emozioni e tenendo tutto dentro di me.

Quando poi la situazione è degenerata improvvisamente, per puro caso te ne ho fatto parte … il resto lo conosciamo. E così, nel momento di maggiore vulnerabilità, dopo tanti anni di latenza è riesploso (questa volta con una virulenza travolgente e non controllabile) lo stato cognitivo ed emozionale patologico che mi ha sempre fatto soffrire oltre ogni misura e senza che qualcuno se ne avvedesse mai.

Per esperienza so che la disperata ricerca dell’essenza dell’amore, che è “toglimento di morte” (a-mors) è destinata a procurare patimenti a catena, perché dove subentrano proiezione e idealizzazione non si ama realmente l’altro ma quello che si è creato con la materia dell’altro: un parto dell’immaginazione che sembra portare alla realizzazione del sé ma che in realtà consuma il sé lentamente e progressivamente, fino alla morte interiore.

Non voglio spaventarti, ma solo dirti francamente come stanno le cose. Dopo aver ato un’intera esistenza ad ascoltare gli altri, investita di responsabilità e angosce che mi potevano essere risparmiate, adesso è giunto il mio tempo. Non

so quanto ci vorrà, ma già rispetto a due settimane fa mi sento più forte dopo un embrionale tentativo di razionalizzazione in solitaria del mio malessere.

Inconsciamente, nel periodo peggiore della mia vita ti ho investito di un ruolo che non ti spettava. Non ti tormenterò più in questo senso. Spero che un distacco non quantificabile e comunque temporaneo, quanto necessario, possa consentirmi di prendere pienamente coscienza dei miei problemi, per elaborarli e conviverci serenamente.

Ti saluto.

CATARSI (PRESUNTA)

La ferita che rende l'adattamento così singolare o impossibile rende anche possibile un destino nuovo. È uno spirito nuovo che emerge dalla debolezza, e attraverso le nostre lacune esce fuori l'inaspettato

(James Hillman)

TRE MESI DOPO

12-5

Tanti auguri all’amico ritrovato (...?). L’amica risanata.

20-5 - IL BARATTOLO

Un professore, davanti alla sua classe di filosofia, senza dire parola, prende un barattolo grande e vuoto di maionese e procede a riempirlo con delle palle da golf. Dopo chiede agli studenti se il barattolo è pieno. Gli studenti sono d’accordo e dicono di sì. Allora il professore prende una scatola piena di palline di vetro e la versa dentro il barattolo di maionese. Le palline di vetro riempiono gli spazi vuoti fra le palle da golf. Il professore chiede di nuovo agli studenti se il barattolo è pieno e loro rispondono di nuovo di sì. Il professore prende una scatola di sabbia e la versa dentro il barattolo. Ovviamente la sabbia riempie tutti gli spazi vuoti e il professore chiede ancora se il barattolo è pieno. Anche questa volta gli studenti rispondono con un sì unanime. Il professore velocemente aggiunge due tazze di caffè al contenuto del barattolo ed effettivamente riempie tutti gli spazi vuoti fra la sabbia. Allora gli studenti si mettono a ridere. Quando la risata finisce il professore dice: “Voglio che vi rendiate conto che questo barattolo rappresenta la vita … Le palle da golf sono le cose importanti come la famiglia, i figli, la salute, gli amici, l’amore, le cose che ci apionano. Sono cose che, anche se perdessimo tutto e ci restassero solo quelle, le nostre vite sarebbero ancora piene. Le palline di vetro sono le altre cose che ci importano, come il lavoro, la casa, la macchina, ecc. La sabbia è tutto il resto: le piccole cose. Se prima di tutto mettessimo nel barattolo la sabbia, non ci sarebbe posto per le palline di vetro né per le palle da golf. La stessa cosa succede con la vita. Se utilizziamo tutto il nostro tempo ed energia nelle cose piccole, non avremo mai spazio per le cose realmente importanti. Fai attenzione alle cose che sono cruciali per la tua felicità: gioca con i tuoi figli, prenditi il tempo per andare dal medico, vai con il tuo partner a cena, pratica il tuo sport o hobby preferito. Ci sarà sempre tempo per pulire casa, per tagliare le erbacce, per riparare le piccole cose … Occupati prima delle palline da golf, delle cose che realmente ti importano. Stabilisci le tue priorità: il resto è solo sabbia”. Uno degli studenti alza la mano e chiede cosa rappresenti il caffè. Il professore sorride e dice: “Sono contento che tu mi faccia questa domanda. E’ solo per dimostrarvi che non importa quanto occupata possa sembrare la vostra vita, c’è sempre posto per un paio di tazze di caffè con un amico!”

Spesso e volentieri alcuni amici mi inviano i messaggi più demenziali, goliardici e trash scovati in rete, oltre a note massime in stile confuciano. Il vecchio ma sempre verde "messaggio del barattolo" mi è stato richiamato alla memoria col file in allegato.

Si tratta di cose abbastanza ovvie e banali, che nondimeno in questa società impazzita si perdono sempre più di vista...

Il fatto di ricevere in questo momento messaggi del genere, tanto leggeri e pur fondamentali, può farmi sorridere ma anche riflettere su come arrivino non casualmente: Jung con gergo tecnico li definiva "sincronismi".

Tempo fa, quando il timoniere è scomparso, la nave è andata alla deriva e i due membri dell'equipaggio si sono tuffati con tutto il loro gravosissimo peso esistenziale sulla ciambella di salvataggio, affondandola. Questa è la banale metafora di una famiglia o, meglio, di dinamiche familiari cronicizzatesi col tempo ma tenute sotto controllo da chi nondimeno aveva contribuito ad innescarle, che sono letteralmente esplose con esiti disastrosi per la mia psiche già duramente provata ed in stato di per sé precario, con conseguente ed evidente perdita della bussola e delirio dilagante... In altre parole si è verificata quella che fino alla metà del secolo scorso sarebbe stata genericamente bollata come "crisi nervosa".

Non so se ti siano mai giunte due mail scritte allora e concernenti i sintomi di cui ho sofferto ed un primo tentativo di comprenderne cause e concause... non farò più accenni a quanto mi ha travolto mio malgrado, tengo giusto a dirti che tre mesi di psicoterapia gestaltica e junghiana mi hanno completamente ripulito... in tutti i sensi!

Amen

21-5 - PALLE

Carissimo Giorgio, inutile dire che sei entrato nella mia esistenza con la stessa dirompenza di una palla da golf colpita da Tiger Woods, aumentando così il numero generale delle palle, senza peraltro (e ovviamente) colmare il grande vuoto che campeggia al centro del barattolo. Per un po’ di tempo ho avuto l’illusione auto-anestetizzante di avvertire meno il buco nero, concentrandomi sulla palla new entry e byando inconsciamente il dolore dell’imminente perdita fisica di mio padre. La tua comparsa in un momento tanto delicato mi ha permesso di prendere coscienza del mio grande vuoto caratterizzato dal non detto e non esplicitato. Il vuoto rimane tale, ma è stato elaborato e questo mi fa vivere meglio e per questo ti ringrazio.

Mi ero ripromessa di non entrare più in argomento, ma ti vorrei dire una cosa “con serenità e franchezza”. Ciò che per te è “ovvio” per me non lo è stato affatto e quando la mia mente era in preda alle ruminazioni più disparate e disperate, mi avrebbe giovato non poco una parola una, una benedizione o anche una maledizione a seguito delle mail in cui ti esplicitavo i miei affanni. Oltre a Gabriele e alla mia psicologa sei l’unico a cui abbia fatto certe confidenze, non proprio edificanti per me e la mia famiglia. Prima di iniziare la terapia, per un segno di rispetto nei tuoi confronti, dopo un primo delirio epistolare che non poteva rimanere in sospeso in quel modo brutale, ho dovuto fare talune ammissioni non certo senza dolore, cercando di chiarire a me stessa e soprattutto a te che cosa mi fosse accaduto in seguito all’esplosione di una determinata sintomatologia.

Sono problemi di cui mi riesce molto difficile parlare a quattrocchi e che ho preferito “filtrare” in qualche misura attraverso la tecnologia di cui disponiamo per comunicare. Non ricevendo alcun riscontro da parte tua mi sono sentita come probabilmente si deve sentire un paria in India.

Scusami per questa ulteriore invasione di campo e per la mia indiscrezione.

Un abbraccio.

17-7 - [ACCCADEMIA] CONVEGNO METELLA

Cari colleghi,

è con piacere che vi invitiamo al convegno in onore del Prof. Paolo Metella che ci ha lasciato ormai un anno fa. Nostro caro maestro ed amico è stato protagonista della Scuola di Urbanistica fondata da Vittorio Colarossi. L'iniziativa rappresenta un momento di confronto e di discussione sui temi della città e del territorio nel suo ricordo.

Ci farebbe piacere che partecipaste numerosi, fornendo un contributo alla discussione. In allegato vi trasmettiamo la brochure sul convegno che si terrà l’8 e il 9 ottobre.

Cordialità

Caro Giorgio, come ti avevo accennato ti invio in anteprima la brochure col programma del convegno di ottobre, che come puoi vedere è attinente con la tua attività di ricerca più recente.

Se avessi voglia e tempo, ti informo che sabato verrà celebrata per mio padre una messa "blindata" nella chiesa di S. Anna. Mamma non renderà pubblica la cosa, non vuole strapazzi e Maria è allettata da poco più di un mese … È già molto se riusciremo a farla uscire.

Ciao, ti voglio bene

GOOD AS YOU

6-8

Ora che ti sei fatto crescere i baffi mi ricordi Freddie Mercury! Comunque, scherzi a parte, anche tu hai una bellissima voce. Saresti potuto essere un buon baritono. Mi chiedo come abbia potuto ignorare Freddie fino alla sua morte e la musica leggera degli anni '60-'70-'80… che orrore! Per quanto mi riguarda, se potessi avere la capacità di viaggiare nel tempo mi vedrei tutti i concerti storici da Woodstock all'Isola di Wight al Parco Lambro. Credo di non sbagliarmi se dico che uno dei giorni che ricordo con più piacere è stato quello del maxi concerto di Paul McCartney in via dei Fori imperiali: era da quando avevo quindici anni che avrei dato non so cosa per sentirlo dal vivo! Per il momento attendo gli U2 a Roma.

19-8 - AGGIORNAMENTI DISCOGRAFICI

A proposito di Freddie ...

Ad anticipare giusto di un giorno l'atmosfera londinese ci ha pensato un ragazzino carino, faccia pulita, sorriso accattivante, gay quanto basta nelle sue concitazioni aerobiche e talento da vendere ... Pubblico in delirio, si comincia a ballare dalla prima canzone, uno dei tormentoni del momento. Lui si chiama Mika, è di origine libanese ma british al 1000% musicalmente parlando e molto cool nei suoi (tra)vestimenti a metà fra Alex di Arancia meccanica e Rino Gaetano. Ha una voce strepitosa che sfrutta al massimo per ottenere virtuosismi difficilmente reperibili nella musica cosiddetta leggera e ricorda, soprattutto nel falsetto, Freddie Mercury, ma anche i Bee Gees e Jimmy Sommerville. Ogni sua canzone è un successo garantito e la prima volta che l'ascolti è come se la conoscessi da sempre, perché incredibilmente familiare e orecchiabile pur nella sua originalità: un misto di pop rock, alternative rock, glam rock che ricorda nelle sue sapienti (furbe?) declinazioni certo maturo e collaudatissimo pop dei Super Tramp, dei Queen più melodici, dei Beatles tra il '68 e il '70, di Eurythmics e Bronski Beat, Elton John e la Disco music anni '80.

Provare per credere! Quando torni ti masterizzo un po’ di buona musica: voglio farti una mega compilation per colmare questa lacuna “imperdonabile” per un cultore espertissimo di musica classica quale sei!

Ciao, buon proseguimento di viaggio...

21- 8

Caro Giorgio, mi fa piacere che ti diverta a Berlino. Noi ti salutiamo da Londra... A proposito, a quando un viaggio insieme?!

P.S.: qui sono tutti gay, anche i manichini … altro che fumo di Londra, è tutto un arcobaleno!

25- 8 - GOOD AS YOU

Scorrendo la pagina web di Repubblica oggi mi sono imbattuta in un logo recondito, ultimo tra gli ultimi, e cliccandoci dentro ho avuto l'occasione di immergermi nelle parole di Martino Boffi, che ti allego perché molto toccanti.

Non c'è praticamente giorno che non mi capitino sotto gli occhi notizie che testimoniano la recrudescenza omofoba che sta investendo il nostro Paese in piena deriva culturale (pestaggi, donazioni di sangue vietate, affitti negati, il vallum di Spresiano, oltre all'assenza di leggi a favore delle coppie di fatto o contro l'omofobia...). Sono fatti che vivo in prima persona come autentiche pugnalate al cuore.

Nel corso degli anni ho perso i contatti con tanti amici che si sono dovuti loro malgrado trasferire in altri paesi per vivere liberamente la propria condizione, inaccettabile per le loro famiglie e il microcosmo con cui dovevano fare i conti quotidianamente. Uno di questi l'abbiamo ritrovato dopo molto tempo a Londra, ci ha fatto da guida nei locali notturni più cool di Soho. Ha detto che non tornerà più in Italia, dove manca da tredici anni, se non quando - ragionando per assurdo - le cose dovessero cambiare davvero. Con sofferenza ci ha confessato che ancora oggi i genitori gli impedirebbero ipocritamente di manifestarsi, di parlare, di essere quello che è: lo rivedrebbero solo a patto che si cucisse la bocca ed evitasse di frequentare persone "della sua stessa risma"...

Lungi dal sentirmi offesa e indignata o a disagio per i ragazzi gay che mi ballavano accanto scambiandosi effusioni amorose d'ogni sorta, trovavo al contrario la cosa a dir poco arrapante (ami il termine) e ho provato veramente un senso di gioia e di rilassamento nel vedere uomini di tutte le età eggiare senza problemi tenendosi per mano per le vie della città: pensavo che fossero cose improponibili in Italia, a meno di non essere denigrati o pestati

a sangue subito dopo.

Quando ero a scuola ero persuasa di un cambiamento in positivo dei costumi sociali, della mentalità e della cultura in senso lato. La realtà odierna, con i suoi fatti di cronaca, smentisce totalmente quell'utopia.

TRADIMENTO

Tradendolo, l’altro lo consegna a se stesso, e niente impedisce di dire a tutti coloro che si sentono traditi che forse un giorno hanno scelto chi li avrebbe traditi per poter incontrare se stessi, come un giorno Gesù scelse Giuda per incontrare il suo destino

(Umberto Galimberti)

18-9 - TUTTO QUI

Se suona quantomeno bizzarro che nel giro di un anno si sia ati da "Gentile Dottoressa" a "O stontoneitor" dell’ultima mail – che sembra uscito direttamente dalla bocca di babbo - sono molto contenta di averti conosciuto "e ti vengo a cercare, anche solo per vederti o parlare, perché mi piace ciò che pensi e che dici, perché in te vedo le mie radici"¹, anche a costo di apparire mio malgrado invadente: grazie di esistere.

18-9 - COME NON DETTO !

E’ abbastanza evidente che essendo in Facoltà di mattina e ad una conferenza proprio quella sera non sarai presente al Convegno, a meno di non avere il dono dell'ubiquità! Eppure sapevi quanto ci tenessi alla tua presenza. Proprio perché ti so abbastanza impegnato ti ho mandato l'invito con tre mesi d'anticipo!

Nonostante tutto capisco perfettamente, anche se ci arrivo con molto ritardo. È stato un errore aver talvolta ragionato per proiezioni e aver percepito di conseguenza una realtà illusoriamente alterata.

Puoi resettare tutte le idiozie a senso unico che ti ho scritto finora; questo è forse l'unico momento, dopo tanto tempo, in cui la mente mi si è finalmente (ma pure dolorosamente) snebbiata del tutto.

E' stato bello comunque ... crederci.

Ossequi all'elefante nel negozio di cristalli!

19-9 - E’ TUTTO ABBASTANZA CHIARO

Non mi sembra occorrano “chiarimenti”.

È chiaro che se, al posto tuo, mi avessero chiesto di anticipare una conferenza non avrei certo dato la mia disponibilità proprio quel giorno.

È chiaro che se ti scrivo in un certo modo è perché ho bisogno da parte tua di qualche e non di un compiaciuto commento autoreferenziale.

È chiaro che, pur essendo per natura refrattaria verso espressioni del tipo “ti voglio bene”, con te mi sia nondimeno venuto naturale scriverle più volte, ricevendo come risposta la tua totale indifferenza.

È chiaro che se pure in un primo momento con te ho inseguito dei fantasmi, ciò non toglie che sia stato inaspettatamente una delle persone a cui abbia voluto più bene.

È chiaro che se da una parte io ti ho aperto l’anima, dall’altra tu rimani per me un perfetto sconosciuto, chiuso nella tua corazza di aculei.

È chiaro che per te avrei dato un braccio.

È chiaro che quella che tu hai placidamente definito “una bella amicizia” sia stata per me un punto interrogativo grande come una casa.

È chiaro che le mie amicizie più che ventennali durano senza lacerazioni e dubbi non perché si trascinino per inerzia, ma perché da ambo le parti si crede realmente nel valore dell’amicizia.

È chiaro che ti faccio lo stesso effetto che fa il topo all’elefante.

È chiaro che per quanto mi riguarda poteva andare assai diversamente.

È chiaro che mi dispiaccia.

È chiaro che mi sia sentita veramente un’idiota per troppo tempo.

È chiaro che non ho più niente da dirti e che tutto quello che potevo te l’abbia già detto.

È chiaro che sia inutile continuare a prendersi in giro.

È stato un piacere

26-9

La stima che obiettivamente continuo ad avere per te come docente e ricercatore è inversamente proporzionale al concetto che ho di te come persona in senso lato. Inutile dire che sei la più grande delusione della mia vita. Non mi era mai capitato di sbagliarmi così tanto nel giudicare qualcuno. Paradossalmente, in un momento di grande confusione e fragilità mi è capitato di aver avuto bisogno, per sopravvivere, di investire una quantità enorme di affetto proprio - guarda caso - nella persona meno sensibile ed adeguata a comprendere una situazione del genere: un uomo con una bella testa pensante, ma con una personalità narcisistica e anaffettiva, incapace di provare la benché minima empatia, di comprendere ed essere vicino, di mettersi nei panni dell’altro.

Non ti ho chiesto di fare il padre: ne ho già avuto uno e non lo si può certamente sostituire (oltretutto proprio tu che non hai avuto figli saresti stato lontano anni luce da una simile prospettiva e responsabilità); non ti ho chiesto sesso: è l’ultima cosa che mi manca (e neppure fossi l’unico uomo sulla Terra potrei considerare anche lontanamente l’idea, per ovvi motivi affettivi e fisiologici); non ti ho chiesto di fare volontariato e il crocerossino; non credo di averti molestato in qualche modo, e quando mi sono resa conto di stare molto male e di non essere più in grado di gestire il rapporto cordiale che si era creato, mi sono dolorosamente defilata. Non mordo. Non sparlo.

Solo un cuore di pietra non arriva a capire che talvolta può bastare una semplice parola o un semplice gesto (comunicazione verbale, linguaggio del corpo!) per “salvare” una persona che soffre. È ormai abbastanza chiaro che “dal tuo punto di vista” esisti solo tu e tu basti e avanzi a te stesso. Quell’apparente alone di modestia e superiorità, che deriva dal non esporti mai (ciò che tu chiami discrezione) ed è suffragato da un modo di vestirti improbabile per un signore di mezza età non è altro, più propriamente, che il camuffamento di un’aridità mentale che si rispecchia invece tanto coerentemente in una cruda trascuratezza.

Detto questo, con la nausea che mi ritrovo ti chiedo una cosa sola: fammi trovare in qualche modo i libri che una cara persona ti ha incaricato di darmi; lasciali a qualcuno, erò a ritirarli lunedì mattina in Facoltà. Molte grazie.

E scusami ancora se ti ho “importunato” rischiando di farti uscire dai binari della tua placida e piena vita contemplativa!

28-9 - CERCO UN CENTRO DI GRAVITA' PERMANENTE

(E LA CURA PER I MIEI SBALZI D’UMORE)

CAPITOLO I: HEARTBREAK

Ill.mo Professore,

per Sua conoscenza, heartbreak (in Italiano “rottura di cuore”) è una metafora comunemente impiegata per descrivere l’intenso dolore emotivo che si può provare in seguito alla perdita di una persona cara. A parte il significato metaforico esiste, d’altra parte, una condizione conosciuta come brokenheart syndrome, in cui un trauma attiva il cervello per distribuire i prodotti chimici che debilitano il tessuto cardiaco. I sintomi di un “cuore rotto” possono manifestarsi attraverso la sofferenza psicologica, ma per alcuni l’effetto è anche fisico. Ecco cosa si prova esattamente: stretta al torace, sensazione di vuoto completo, inappetenza, insonnia, astenia, nausea, rabbia, nostalgia, apatia, solitudine, perdita di amor proprio e di autostima, depressione, pensieri suicidi. In casi estremi, morte.

A parte quest’ultimo punto, che mi impegno a rimandare per quanto rientri nelle mie facoltà perché ho una figlia che ha bisogno di me, come se non bastasse ho da qualche giorno un’opacità cognitiva ed un’incapacità di concentrazione che mi stanno invalidando sotto molti aspetti.

Con grande delusione di tutti quelli che si stanno facendo in quattro, senza pause estive, per una causa che riguarda direttamente la mia famiglia, ho dovuto dare forfait all’intervento previsto nell’ambito del Laboratorio correlato al convegno, cui ti avevo accennato. Sarebbe stata per me la prima occasione (ma ora credo anche l’ultima) di parlare in un contesto che non fosse quello squisitamente scolastico e di fare un minimo di pubblicità contingente ad una pubblicazione di nicchia di cui nessuno - a parte i soliti e pochi noti - conosce l’esistenza e che sarebbe dovuta essere inserita nel dossier dei dottorandi di architettura, tant’è … Avrei dovuto parlare della fondazione di Borgonuovo, ma tutta la settimana non ho fatto altro che agognare ossessivamente la torre civica quale ideale trampolino di lancio nel vuoto.

Sostanzialmente, il succo di questo discorso surreale è che se io da una parte ti ho rotto in qualche maniera involontaria i cocomeri, tu dall’altra mi hai rotto il cuore, che è decisamente più indispensabile dei sopracitati. Posso quindi dire che non si tratta di un rapporto propriamente paritetico.

CAPITOLO II: ANIMALI DURI E SPINOSI

Non ho capito di essere entrata nella tua vita in un momento per te dolorosissimo (siamo ben messi tutti e due …) perché naturalmente non me ne hai fatto minimamente accenno e, ahimè, in questa fase di trasmutazione che mi sta investendo non sono ancora diventata telepatica o capace di leggere nelle sfere di cristallo.

L’unica cosa che so di te è che hai due fratelli e mi pare pure lo stesso numero di nipoti. So anche che l’anno scorso, d’estate, sei stato in alcuni Paesi del Sud (da solo), mentre quest’anno sei andato in Polonia (forse sempre da solo) a “consolarti” nei pochi campi di concentramento che non avevi ancora visitato.

Contrasta un po’ che per un amaro scherzo del destino io non abbia ormai praticamente più segreti per te (che tristezza …!) ed abbia vuotato tutti i cassetti di Dalì dagli scheletri che li ingombravano strizzandomi il cervello per comprendere talune dinamiche che non avevo mai avuto il tempo di scrutare dall’alto. E tu? Tu sei rimasto un mistero assoluto fino a qualche giorno fa, quando hai accennato a qualcosa in un modo ermetico velatissimo che ho peraltro molto apprezzato, considerate le tue resistenze …

La foga con cui parli, con una media di 230 parole al minuto, mi ha messo talvolta un po’ d’ansia da horror vacui e ho percepito che il tempo per te dev’essere stato molto più prezioso che per me, che sarei stata a sentirti parlare per ore anche del coriandolo controvento. Detto questo, sono la prima a non averti mai fatto domande sulla tua vita privata perché non avrei mai voluto essere invadente. L’unica cosa che mi sono permessa di mandarti, per pura solidarietà, sono le lettere scaricate dal blog di Repubblica, di cui condivido ogni parola.

Non so nulla della tua vita presente e ancora meno di quella ata. Non ho idea di quello che ti può aver fatto soffrire anche professionalmente e che hai liquidato come “batoste”. Mi dispiace molto per te … non mi aspetto che mi dica altro, non ti chiedo altro: peccato, forse sapere qualcosa al riguardo mi avrebbe aiutato a capirti e avrebbe magari potuto evitare quella frase al fiele che ti ho vomitato addosso direttamente dal cervello rettiliano, accecata com’ero dalla rabbia per una delusione cocente.

CAPITOLO III NONCHE' ULTIMO: ILLUSIONI E DISILLUSIONI

Se proprio dovesse venirti più facile metterti nelle penne e nelle teste degli uccelli piuttosto che in quelle delle donne, mi permetto di raccontarti la favola senza lieto fine dell’uccello cosiddetto padùlo. C’erano una volta due uccelli chiusi in due gabbie. Il primo uccello, quando beccava sulla gabbia, riceveva da mangiare casualmente e raramente. Il secondo, al contrario, ogni volta che beccava riceveva cibo in quantità, beato lui! Un bel giorno l’alimentazione cessò per entrambi, ma mentre al terzo vano tentativo di ottenere cibo il secondo uccello smise di beccare con remissiva arrendevolezza, il primo continuò invece ad aspettare e aspettare e aspettare ancora, in una sospensione da deserto dei tartari che gli fece ammalare i nervi consumandolo lentamente in un illusorio circolo ermeneutico che si concluse con un attacco di crepacuore. La morale è che, per quanto mi riguarda, avendo provato sulla mia pelle il suddetto circolo vizioso, dovrei imparare a non aspettarmi nulla e a non accontentarmi di qualche briciola che mi dovesse casualmente arrivare. Facile a dirsi, difficile a farsi. Anche perché, se ho cercato di tamponare al meglio un vuoto interiore logorante, mi ritrovo ora a dover affrontare una voragine. Perché se è vero che “certe parole pesano come macigni”, è altrettanto vero che la ferma indifferenza provoca danni irreparabili. Ma forse è proprio questo che tu non riesci a cogliere appieno, e non te ne faccio una colpa! In questo momento dopo tanto tempo affiorano, forse non casualmente da qualche angolo remoto della memoria a lungo termine, le parole di un ragazzo saggio scomparso troppo precocemente che cantava con consapevole disincanto “God is a concept

By which we measure Our pain I'll say it again God is a concept By which we measure Our pain I don't believe in magic I don't believe in I-ching I don't believe in Bible I don't believe in tarot I don't believe in Hitler I don't believe in Jesus I don't believe in Kennedy I don't believe in Buddha I don't believe in Mantra I don't believe in gita I don't believe in yoga I don't believe in kings I don't believe in Elvis I don't believe in Zimmerman I don't believe in Beatles

I just believe in me Yoko and me And that's reality The dream is over What can I say? The dream is over Yesterday I was the dreamweaver But now I'm reborn I was the Walrus But now I'm John And so dear friends You just have to carry on The dream is over”

Si chiamava John Lennon e creò un autentico shock quando, all’epoca, smitizzò e sconfessò ciò in cui aveva fondamentalmente creduto fino ad allora un’intera generazione e che veniva comunemente considerato come “intoccabile” e politically correct - per usare un termine attuale quanto orrendo – ovvero un mito negativo abusato della storia come Hitler, mostrando con estrema semplicità la caducità, l’illusorietà, la falsità di qualunque sogno, credo, mito, per rinascere come absolutus. Svincolato, cioè, da ogni illusione, convenzione, convinzione dogmatica, sganciato da fantasmi, proiezioni e da un ato ingombrante. Per vivere la concreta dimensione esistenziale del momento presente (il carpe diem) con una nuova e piena consapevolezza del proprio sé e la focalizzazione dell’unico reale o su cui poter veramente contare

(sorvoliamo su Yoko …). Di disarmante semplicità ma vero, anche se a prima vista può apparire presuntuoso: bisogna calarsi nei tempi e soprattutto nel vissuto personale di chi cantava certe cose. Mi viene in mente anche un vecchio verso di De Andrè che suona: “Dai diamanti non nasce niente, dal letame nascono i fior” e forse questo potrebbe essere di buon auspicio, dopo il letame che ci siamo buttati addosso, per le carenze affettive di chi l’affetto non riesce a farselo dare e di chi dal canto suo non riesce a darlo. O forse ha ragione Berlusconi quando dice che “l’importante non è prendersela, ma farsela dare”. Certo è che l’affetto e la comprensione non si possano comprare e dovrebbero essere dati gratuitamente, anche perché i buoni sentimenti non hanno mai fatto male a nessuno! Per ora non riesco ad aggiungere altro: con queste pillole di saggezza postmoderna ho davvero esaurito la mia razione K neuronale e ogni fantasia. The dream is over, andiamo in pace!

P.S.: Naturalmente “potrai fare l’uso che vorrai di ciò che ti scrivo” in pratica copia cartacea (“e ci mancherebbe altro”), potresti pure prendere per buona l’indicazione che Bossi dà circa il riciclo e la rifunzionalizzazione del tricolore … Al contrario di te in questo caso pretendo risposta! Ti auguro anch’io tutto il bene che meriti e pure quello che forse non meriti. Distinti (si fa per dire) saluti

29-9

Caro Giorgio, non pretendo più alcuna risposta. Non mi devi dire nulla, non ti posso obbligare a fare una cosa che non ti sei sentito di fare finora. Non perderci tempo e non starci a pensare.

Sto solo cercando di recuperare i pezzi della mia vita che è andata in frantumi.

Se sono diventata così irriverente e morbosa da scriverti determinate frasi e tanto presuntuosa e supponente da volerti leggere la vita senza sapere niente di te è chiaro che dovrò d'ora in poi insistere proprio su questo con un altro ciclo di psicoterapia; ho fiducia nella professionalità della psicologa con cui ho "lavorato" lo scorso inverno.

Sappi che mi dispiace moltissimo di averti messo in una situazione pesante come questa. Cercherò di dare la giusta gravità alle cose, con l'affetto immenso che ho e che avrò sempre per te.

Cecilia

1-10 - PER CHIARIRE.

SEGHE MENTALI CHE LUNGI DAL PROCURARE CECITA' LEVANO LA CATARATTA

“DA DOVE VENIAMO? CHI SIAMO? DOVE ANDIAMO”?

Segreti di famiglia e affettività

Non c’era giorno che babbo non mi chiamasse a mezzogiorno in punto: “come stai? Mi raccomando!”; la risposta era sempre la stessa: dovevo stare bene, non potevo rigirargli la domanda e quindi gli parlavo frettolosamente di Virginia … e il copione si ripeteva sempre identico. Ogni sera, tornando dalla Facoltà ava a salutarci e si intratteneva con lei, che stravedeva per il nonno e che continua imperterrita a chiedermi, con cadenza quotidiana, quando andiamo a trovarlo in Paradiso. Domanda difficile. Soprattutto per un’atea come me.

In trentatre anni mio padre non è riuscito una sola volta a pronunciare la fatidica frase: “ti voglio bene”. Neanche io. Quando si trattava di parlare, la lingua mi si incartapecoriva, il cervello si annebbiava e non spiccicavo verbo per non rischiare di balbettare un’insalata di parole. Quando ci vedevamo ci abbracciavamo fortissimo e negli ultimi anni ogni volta che ci salutavamo sembrava che dovesse essere anche l’ultima. Pochi mesi prima che ci lasciasse sono riuscita a inviargli via sms il messaggio tanto atteso: se per me è stata la cosa più impegnativa da scrivere, per lui leggerlo è stato una sorta di tuffo al cuore. Altre due volte gli ho scritto su dei post-it che gli volevo bene e che non doveva preoccuparsi perché saremmo stati con lui sino alla fine.

Lui mi ha fatto trovare nello studio di via Lunigiana, che mi ha lasciato, i due

post-it insieme ad alcune foto che ci ritraevano insieme: sono state le prime cose che ho notato entrandoci. A distanza di mesi ho visionato anche un CD che aveva lasciato per me in Facoltà in cui, fra le altre cose, c’erano le foto scattate negli ultimi anni a S’Elvezio: il sito in cui aveva individuato il genius loci ideale e dove è andato a morire in pace perché lì aveva trovato la propria dimensione e il Paradiso in Terra.

Questo è stato il suo lascito affettivo e spirituale.

Sapevo che quand’era ragazzo girava ogni angolo della nostra isola con la sua Lambretta, che aveva la ione per la musica e la fotografia, che adorava il mare (amava pescare in apnea e praticare la vela), che si godeva la vita, che era una persona di spirito e teneva moltissimo alle amicizie, che era un festaiolo (aveva creato con i suoi dieci amici per la pelle un club – lo Studio 60 - sotto casa sua, e le loro feste sono ancora nella memoria dei non più giovani). Pochi anni orsono uno di questi amici ha acquistato un immobile nel cuore del centro storico e lo ha ribattezzato nostalgicamente Studio 60 in memoria di quegli anni spensierati.

Nella vita di babbo c’è un prima, questo, e un dopo, quello che abbiamo conosciuto io e mia sorella. Da bambina mi ero fatta l’idea che l’umbratilità, il rigore, l’intransigenza, la chiusura a riccio, l’insofferenza verso di noi e lo stacanovismo che lo contraddistinguevano fossero dovuti al drastico cambiamento dello stile di vita, legato alla formazione di una famiglia e all’avvio di una carriera universitaria priva di favoreggiamenti e accozzi. Me ne sono fatta una ragione a mie spese, accettandolo sempre per come era.

Ho frequentato assiduamente il suo dipartimento per anni, quando studiavo nella Cittadella universitaria e dopo, quando mi sono trasferita in via degli Orti. L’ho conosciuto sotto una veste molto diversa: lì i suoi difetti si trasformavano, nel rapporto con studenti e collaboratori, in virtù per loro altamente stimolanti e oltre all’eredità culturale ha lasciato, a detta di tutti, una irripetibile lezione di

modestia e etica.

Per certi versi avrei preferito essere uno dei collaboratori piuttosto che la figlia a cui erano preclusi dialogo e comprensione.

La scorsa primavera sono partita a Parigi con mamma, per distrarmi e farla distrarre, ma così non è stato. Dopo quaranta lunghi anni, infatti, tra un quadro di Monet ed uno di Manet, lei ha sputato un rospo gigante, abbastanza duro da ingoiare.

A suo dire, me ne avrebbe voluto parlare direttamente babbo a S’Elvezio, ma quando mi sono trovata a quattr’occhi con lui nella condizione di allettato l’imbarazzo era palpabile per entrambi: il corpo, la malattia e l’intimità sono sempre stati per lui dei tabù. Per ovviare all’inconveniente di rimanere in un mutismo assordante (le metastasi gli bloccavano il centro del linguaggio), ha insistito perché gli leggessi una pubblicazione lasciatagli dagli amici elveziesi sulla genesi e lo sviluppo del loro borgo (che lui conosceva a memoria) e un libro di cucina friulana … Inutile dire che in quel momento, con la salivazione azzerata e lo stomaco chiuso, leggere di polente agli ausei mi dava alla nausea.

E così il segreto che si è tenuto dentro tutta la vita, e che gli ha cambiato la vita, se l’è portato nella tomba.

Mamma, dal canto suo, ha cercato in tutti i modi di minimizzare un fatto che oggettivamente ha creato uno spartiacque nella psiche e nell’esistenza di mio padre, che ha sentito per la prima volta sulle proprie spalle una responsabilità enorme. E questo, ne sono sicura, ha determinato la genesi e lo sviluppo della patologia che ha avuto come esito quella personalità ossessivo-compulsiva di cui ti scrissi a suo tempo.

Un figlio morto in culla a pochi mesi di vita. Un’esistenza stroncata da una morte prematura senza consolazione … Rimossa?!

Perché nasconderla a noi altri figli? Per preservarci dal dramma? Per sollevarci da un eventuale senso di colpa? Eppure io ho sempre convissuto col senso di colpa e, anzi, posso dire che più che altro ha caratterizzato tutta la mia infanzia!

A un tratto mi sono ritrovata alle prese con due lutti … Ma dopo un grande dolore e sconcerto iniziale, ho potuto comprendere in una sera quello che era sempre stato un enigma: mio padre. Ho provato un senso di tenerezza e pietà struggenti, l’avrei voluto abbracciare per un’ultima volta. Il grande rimpianto, allora, è stato proprio quello di non aver saputo prima e quindi di non aver capito e confortato chi si portava addosso una croce dal 1970.

Alla luce di questo fatale accadimento tutto si ricompone, finalmente, come i tasselli mancanti di un puzzle altrimenti impossibile da terminare.

Animus-anima

Nella mia famiglia un padre scostante e una madre ultraprotettiva incoraggiavano, a vicenda e inconsapevoli, un atteggiamento distruttivo nei confronti dei figli. Da quando ho memoria, mia sorella è ipersensibile, fragile e inquieta, egocentrica, capace nondimeno di gesti d’affetto smisurati, genio incompreso dall’identità disgregata, tuttologa e zelig, omo/bisessuale (?) - forse non l’ha capito neppure lei - ma certamente non gay nel senso di gaia. Non ha mai accettato il mio ingresso all’interno del nucleo familiare precostituito ed è legata da un perenne cordone ombelicale ad una madre iperapprensiva, in una diade che ha avuto un incremento esponenziale con la scomparsa della figura paterna. Intrappolata nell’archetipo dell’anima, schiacciata da un padre sovrastante e irraggiungibile, non ha fatto che attirare ossessivamente l’attenzione su di sé, sottoponendo chiunque al proprio diluvio emotivo e autorappresentandosi come l’eterna vittima per la quale non esiste cura, vampirizzando quanti le tendessero la mano.

Fin da piccola mi sono plasmata in una forma identitaria antipodica, conformata a mò di calco in negativo di quella sorella doppia e multipla di cui aborrivo l’insinuarsi nelle vite altrui per succhiarne la linfa vitale. Tanto lei perpetuava opere di lecchinaggio ai professori e dinamiche conflittuali con i coetanei, tanto io mi chiudevo in un autismo interiore avendo orrore di disturbare, ferire, rompere. Negli anni più vitali, che sarebbero dovuti essere anche quelli più spensierati, ho messo in una pressa il cervello, le pulsioni, l’emotività, facendo atrofizzare tante connessioni sinaptiche e mantenendo un basso profilo, o meglio un profilo mediocre per me, ma accettabile per altri rispetto al fastidio procurato da mia sorella, a cui volevo evitare di essere associata nei problemi.

Quando avevo quattordici anni, me lo ricordo bene, mamma mi fece presente che non mi potevo permettere il lusso di avere anch’io dei problemi: il mio ruolo in famiglia sarebbe dovuto essere di o ad una situazione già di per sé difficile. Così si sono definiti ancora più marcatamente ruoli e compiti: da una

parte c’era una sorella troppo “intelligente” e sensibile che aveva bisogno di aiuto e che la malattia aveva parzialmente invalidato dal punto di vista delle dinamiche relazionali; dall’altra una sorella “minore” molto forte, dura e insensibile, che non avrebbe mai avuto e dato problemi e che per simpatia con l’altra avrebbe seguito uno stile di vita claustrale … E questo è capitato proprio a me, che sono un animale sociale!

Morivo di solitudine, nella mia famiglia, e il buco vuoto dentro di me si faceva sempre più profondo.

Per tanti, troppi, anni quell’animus che è l’immagine degli uomini che si forma durante la crescita della donna rispecchiandosi in tutte le figure maschili che la circondano, a cominciare dal padre, mi ha inflitto un’autocritica paralizzante ed una sottovalutazione che mi hanno spinto alla disistima e alla sfiducia. Il vuoto dell’abbandono e la confusione dei ruoli all’interno della famiglia hanno, così, finito per soffocare il desiderio di esprimermi, condannandomi ad un perenne senso di inadeguatezza.

Fino a quando non è scomparsa la figura di riferimento che incarnava visceralmente l’animus. Ma il risveglio dal torpore e il disvelamento dell’animaattraverso l’apertura di una serie di scatole cinesi chiuse da una vita è stato disatteso e tradito dall’unica persona, sconosciuta eppure incredibilmente familiare, in cui avevo riposto la massima fiducia. In realtà stavo disperatamente cercando mio padre attraverso l’amore di un uomo incapace di ricambiare a causa dei suoi problemi esistenziali, incrociato nel momento più luttuoso: quando si dice sincronismo junghiano! Con un tempismo da manuale, ho intercettato la persona che meglio accoglieva le istanze di indifferenza emotiva, abnegazione, mancanza di fiducia nel prossimo, mancanza di intimità e reciprocità che mi erano tanto familiari e con cui avevo imparato a convivere, mio malgrado.

Alla radice di questo fascino ipnotico non c’era altro che un fortissimo desiderio

di essere amata e soccorsa. Chi proviene da una famiglia problematica, in cui la comunicazione e i bisogni personali sono negati ed ogni componente è incapsulato nel suo ruolo fisso in una dimensione artificiale che nega la propria realtà, chi subisce questo tipo di menomazione viene attratto, come da una droga, da persone e situazioni che rappresentano una replica del suo vissuto infantile. Entra, automaticamente, in un circolo vizioso che gli fa patire le stesse ferite, perché desidera ardentemente di cambiare qualcuno che incarni problemi fin troppo noti riproponendo, così, il copione familiare della lotta persa con i propri genitori.

Si finisce col dare una giustificazione psicologica a indifferenza, chiusura e cinismo, come conseguenze di un’infanzia infelice. Si torna a rivivere l’abbandono sentimentale completo, con tutto il terrore e il senso di vuoto che questo implica. La negazione dei sentimenti e la morte dell’anima ripropongono situazioni drammatiche, ancorché familiari, in cui adrenalina, frustrazione, dolore e struggimento fungono da antidoti alla depressione, dando l’amara illusione di sentirsi ancora vivi dentro.

La batosta medianica che mi sono presa, metaforicamente equiparabile solo ad una operazione di cataratta, mi ha permesso di oltreare quel limite, imposto già in età prescolare, che ha determinato l’identificazione con l’archetipo dell’animus. Attraverso il trauma del tradimento e della perdita, con la presa di coscienza della nudità del re, ho messo fine una volta per tutte ad un processo incancrenito che mi svuotava attraverso quella regressione infantile che è la subdola idealizzazione: l’alienazione di sé per immedesimazione nell’altro. Ritrovare un armonico e controbilanciato rapporto di animus-anima mi ha fatto pervenire ad un grado di disillusione, coscienza e consapevolezza per me precedentemente impensabile.

Sostanzialmente - se non hai capito quello che mi ritrovo a scrivere a notte fonda e in piena crisi ipoglicemica - l’essermi imbattuta in te in un preciso momento della mia vicenda esistenziale mi ha giovato due volte, anche se mi sono ustionata due volte. A questo punto il cerchio ha avuto la sua quadratura, dopo

picchi di sofferenza e dolore catartici.

9-10

Priva di spirito agonistico gioco per puro piacere e da discreta tennista quale sono ho un concetto diverso del termine match che tu impieghi con riferimento pugilistico (con allusioni al “mettere a terra” e “con tutti i rischi e le perplessità e gli ostacoli o le rotture che potrebbero derivarne”): nel linguaggio tennistico se set significa partita, match significa esattamente incontro (piuttosto che scontro). Può sembrare pedante, ma questa sottile differenza comporta il fatto che quando lanci una, due, tre e infinite palle ti aspetti di solito delle risposte … e non delle rotture !

Vorrei solo che capissi che le mie “confessioni” non sono un “attacco” alla tua persona, bensì il tentativo, per me, di fare luce su alcune dinamiche inconsce che purtroppo hanno avuto pesanti ripercussioni sul mio modo di percepire e valutare alcune persone che mi è capitato di incontrare nel corso della vita. Te compreso! Mi addolora leggere le tue risposte dissociate e vederti sempre più chiuso e sulla difensiva proprio quando accenno a taluni problemi che, al contrario, potrebbero sbloccare anche certe tue resistenze e inibizioni e consentirti di mettere da parte il sospetto che qualcuno si stia insinuando nella tua vita per usarti in qualche modo.

Illuminami tu, per una volta. O almeno fai finta di metterci un po’ d’impegno …

14-10 - R: MAH... BOH... OHI OHI... AHINOI!

Caro Quinto Fabio Massimo, dobbiamo vederci sì o no ?!?!?

14-10

Vada per domani, ti aspetto con la racchetta di legno di Borg: porta i guantoni per un match all'ultimo livido!!

16-10 - ULTIMO ENVOI

Ieri mi hai detto di conoscermi pochissimo.

Non è il tempo a misurare la conoscenza e la comprensione delle persone, ma quello che si dice o non si dice. Oltre a Gabriele e alla mia psicologa sei stato l’unico ad essere al corrente di non poche cose che mi riguardano da molto vicino, a partire dalla mia infanzia per proseguire, fino ai dettagli abbastanza intimi.

Ciononostante continui ad affermare di conoscermi ben poco. Questa è già una chiara presa di posizione.

Quel che è certo è che io non ho mai conosciuto te, perché hai eretto un’altra cortina proprio quando sembrava che si potesse aprire qualche spiraglio e hai allagato il fossato dove è annegato il topo che si riavvicinava stremato col suo fardello di inutili scocciature.

Se questo per te può essere un rapporto di amicizia, per me – lo ripeto – rimane un grosso punto interrogativo: non sei stato il miglior/peggior amico, non sei stato amico (ho un concetto ben differente di amicizia), non sei stato neppure un conoscente, perché al contrario di te non ho mai avuto il piacere o il dispiacere di fare la tua conoscenza.

Si dice che chi trova un amico trova un tesoro; tu avrai trovato una montagna di escrementi, io da parte mia un buco nero che mi ha risucchiato e prosciugato.

Magari Jung spiegherebbe tutto con la questione dei sincronismi. Se il percorso dei miei ultimi due anni è stato catartico perché sono morta per rinascere e se la nascita è già di per sé un evento traumatico, la rinascita, con tutto il vissuto personale e i condizionamenti ambientali che persisteranno sempre, è atrocemente dolorosa.

Se prima non ho trovato affetto e comprensione (se non tardivamente) da parte di chi me li avrebbe dovuti corrispondere incondizionatamente, non li ho trovati neppure ora presso di te, che oltretutto non mi devi nulla! Non è un caso che mi sia imbattuta proprio in te: è come se fossi stato un magnete che non ha fatto altro che evidenziare delle dinamiche inscritte in corsi e ricorsi esistenziali.

Sarebbe stata salvifica, in questo momento, una presa di coscienza da parte tua della rottura che si è verificata poche settimane fa. Così non è stato. C’erano tutti i segnali, d’altra parte, per capire che non poteva andare diversamente. A quanto pare non solo non hai fatto tesoro di quelle poche pagine di Hillman che mi sono permessa di lasciarti², ma non ne hai neppure compreso il senso, dal momento che per te il cosiddetto tradimento propriamente non sussiste, il che equivale a dire che sono l’unica pazza visionaria.

Sto imparando cinicamente a non confidare più in certe persone in cui credevo. Fortunatamente il cerchio non si chiude con te. I pochi amici che ho visto di sfuggita nei giorni scorsi hanno percepito il mio malessere, anche se ne ignorano la fonte, dalla sola espressione del volto. “Ti sono vicina, per ridere e nelle cose che ti tediano: puoi contare sempre su di me, ci sono!”: questo è stato il messaggio più frequente e disinteressato.

Ho finito di illudermi e non mi aspettavo granché dall’incontro di ieri: ho solo avuto conferma della tua presa di posizione, del tuo arroccamento intoccabile dall’alto del quale non sai essere vicino e non puoi o vuoi capire. Quello che hai

sottolineato sono le tre i: inadeguatezza, imbarazzo, impotenza nei miei confronti.

Capito.

La tua è una vicinanza unicamente spaziale: di domicilio, di mare, di teatro. E aggiungo purtroppo!

Tagliamo la testa al toro. Sei stato come un meteorite: ti sei avvicinato (o meglio ti ho fatto avvicinare) con una velocità impressionante, mi hai bruciato, fatto uscire dall’orbita sbagliata e sei ato, andato.

Nel bene e nel male ti ringrazio per aver fatto la tua comparsata: mi è servita comunque.

Ho ato una vita a cercare di non disturbare muovendomi in sordina e tutto il disturbo che potevo dare l’ho riversato su di te; d’ora in poi non avrai più motivo di patire le tre i: non intendo soffrire ulteriormente per un altro cuore in inverno.

Buona Domenica

17-10

Sono queste, né più né meno, le parole e le risposte che avrei voluto sentirmi dare, ma che ormai non pensavo potessero essere più partorite. Sai perfettamente che ti voglio un bene dell'anima e non ti voglio perdere!

Ti abbraccio fortissimo.

17-10 - MAI SPEDITA

Nella sua risposta Giorgio ha dato il massimo, ha rotto i suoi argini, ha fatto un o indietro ed uno in avanti, si è dato come non mai. Gliene devo dare atto e infatti gli ho risposto come gli ho risposto. So che quello per lui è il massimo sforzo concepibile, che più di così non può e non sa, che si è già fatto fin troppa violenza nel venire a casa per tentare, molto maldestramente, di ripristinare qualcosa che sembrava perso per sempre. Per me va bene lo stesso: prendo atto della buona volontà.

Avevo bisogno di lui, della sua presenza. Quanto possono essere galvanizzanti e fortificanti una risposta, una conversazione, una battuta in determinati momenti!

Poche, ma finalmente chiare parole, mi hanno fatto comprendere molto di più di frasi non scritte, atti mancati e silenzi. Per una volta, messo di fronte alla situazione e con me in silenziosa attesa, ho realizzato che non riesce a percepire completamente la situazione che, almeno dall’esterno, lo ha coinvolto. E’ una negazione tutto il suo comportamento a partire dalla prossemica, da una perenne postura di braccia conserte per arrivare ai i paletti verbali conficcati al centro della tavola rotonda in cui ci siamo trovati faccia a faccia. “Ti conosco pochissimo” altro non vuol dire non ti ri-conosco o, meglio, ti disconosco. Il ché significa prendo le distanze da questa te.

“E’ la prima volta che mi capita una cosa del genere” sottolinea la novità e quindi la mancanza d’esperienza (anche se francamente mi risulta molto difficile crederlo), l’incapacità oggettiva di gestire una situazione del genere o degenerata come questa. Non conoscere significa quindi, più propriamente, non riconoscere, non essere in grado di vedere, di capire.

“Non so che dire … cosa ti posso dire?... qui basta una parola …!” rincara la distanza, la perplessità, l’incapacità e la nolontà di corrispondere empatia, di essere unicamente vicino. Come se questo comportasse un venir meno del suo essere, una menomazione della propria integrità psico-fisica.

“Ma cosa vuole da me questa”?!? è quello che realmente si chiede senza troppi giri di parole. Frasi intervallate da silenzi e dai miei sguardi interrogativi. Dovrei fare tutto io: lanciare la palla, colpirla, inviarla e rispondere pure … lanciare input, esasperarmi perché non sortisco risposta, rimediare, recuperare e rilanciare …?! Non mi va, mi sento un’idiota e questo non è un gioco, né un atempo: è una necessità, una fisiologica difesa contro depressione, ansia, pensieri suicidi, senso di vuoto; tutti termini che definiscono stati d’animo sia pure contingenti, ma che fanno paura e con cui non si vuole entrare in contatto. Una volta ho definito il mio stato equiparandolo a quello di un paria; più o meno è proprio così che ci si sente, ovvero come dei malati di lebbra contagiosi, laddove proprio quel qualcuno (che non è certamente uno a caso) a cui abbiamo deciso di tendere la mano fa finta di non vedere perché ci considera fastidiosi o potenzialmente pericolosi.

Chiedo troppo quando cerco comprensione, una parola una, un segnale non di più: una presenza e non un’assenza? Sono troppo esigente o non mi so spiegare solo con l’unica persona che in questo particolare momento avevo scelto come “lare”?

Il mio è uno scavo interiore, un trao del dolore tanto necessario nella misura in cui argina una condizione che mi espropria di me stessa, che mi fa regredire ad uno stadio infantile di confusione e smarrimento avvilenti, in un copione latente e irrisolto che si ripete in determinate condizioni frantumandomi in mille pezzi.

L’acquisizione di un’identità stabile e coerente potrebbe attuarsi attraverso la possibilità di rispecchiarsi nell’altro, nell’amico forte disposto ad ascoltarci, a

dialogare? Può darsi. Ma perché questo auto-inganno? Come ho potuto continuare a credere che proprio lui fosse all’altezza di un simile compito? In quale misura entra in gioco l’autolesionismo?

Il transfert, evidentemente, non è rimosso ed esorcizzato completamente: è stato elaborato al grido di “uccidi il padre!”, ma non fa altro che perpetuare un percorso doloroso che mi tiene ancorata a quella figura di riferimento affettivo e educativo per antonomasia. Alimentando il senso di vuoto, di incompletezza e, come se non bastasse, il senso di colpa nei confronti di Giorgio.

“Mi trovo in forte imbarazzo perché non capisco, francamente, se mi devo sostituire al povero Gabriele, non ho ancora capito che ruolo abbia lui, “poveraccio”, in tutto questo: che sa, che fa questo Gabriele?!?” A parte il tono sarcastico della domanda, Gabriele non è certo il fesso cornuto e contento che non si accorge o che, peggio, fa finta di non vedere e non sentire. È sempre stato presente con grande discrezione, offrendomi il suo o e consigliandomi con la sua proverbiale sintesi da persona obiettiva e partecipe qual è, senza mai essere invadente, ri-conoscendo lo stato di malessere che a tratti emerge dall’ironia pervasiva che mi contraddistingue.

Conosco Gabriele da sedici anni. Siamo cresciuti insieme e siamo più uniti che mai. Non credo si possa definire un “tradimento” troppo preoccupante la necessità pregnante che mi si è cucita addosso di affidarmi a/confidare in qualcuno in cui si sia magicamente ricomposta una serie di caratteristiche familiari che ho perso in una concitata e confusa fase evolutiva dolorosissima del mio percorso esistenziale. Anche per quanto concerne un primo ime limerente delirante e in ogni caso scevro della benché minima attrazione fisica.

Se la persona che in qualche modo ha incarnato il tramite fra la mia vita ata e quella presente è anaffettiva me ne sto facendo una ragione, anche se non è semplice. Ma non posso chiedere di più. Non voglio più trovarmi nella condizione di dovermi accontentare o di aspettare qualcosa che non sia

assolutamente detto che arrivi. L’insegnamento, se ce n’è uno, è che devo d’ora in poi camminare con le mie sole gambe, facendo a meno delle provvisorie e precarie stampelle di Dalì: senza contare o investire affettivamente su qualcuno che mi potrebbe “tradire” con leggerezza un bel giorno, quando meno me lo aspetto. Soprattutto non posso pretendere nulla da chicchessia!

Io e il signor G viaggiamo evidentemente su due lunghezze d’onda parallele e molto distanti, ognuno con i propri conflitti interiori ancora irrisolti. Il nostro continua e (forse per inerzia) continuerà ad essere un rapporto a distanza, informatico e digitale, di battute frizzi e lazzi, segnalazioni e commenti critici di convegni e conferenze, fatti di cronaca, concerti e rassegne cinematografiche d’essai che interessano solo a noi. Ci vedremo secondo il caso, indifferenti per strada, a una mostra o ad un concerto, senza appuntamenti predefiniti e sempre con la sensazione, da parte mia, di disturbare qualora si dovesse sconfinare da tali linee di superficie. Un saluto veloce, di quelli che non impegnano il fisico in inutili strette toraciche, in avvinghiamenti oltremodo ambigui ed imbarazzanti che non trovano giustificazioni se non in un’invadenza ostentata. Frasi di rito “come stai?” che comportano risposte adeguate “bene e tu?” ed altrettanto telegrafiche contro-risposte “bene!”… E’ solo così che ci si può ri-conoscere: senza fiutarsi, interrogarsi, interagire ed intendersi. Senza rischiare, mantenendo le “giuste distanze” anti-contagio. Chissà, forse si può invecchiare bene senza problemi di sorta protetti all’interno della propria bolla apatica asettica antivirale...? Si vede che alcuni non conoscono alternative. A me invece riesce molto difficile perché mi sembra del tutto innaturale, pur aborrendo per natura l’invadenza. Ma così è e non esistono vie mediane. Prendere o lasciare.

Fortunatamente sono circondata da persone che mi vogliono bene, ma la cosa mi rattrista comunque.

Le amicizie di penna esistono, vero, e possono magari raggiungere intensità neppure paragonabili a rapporti di amicizia più diretti … Per quanto mi riguarda credo che un’amicizia degna di questo nome non equivalga o si riduca esclusivamente a qualche link semiserio relativo ad altro da noi, a segnalazioni

d’ufficio, auguri a distanza e freddure: perché significherebbe che senza il medium computer non avremmo occasione e modo e voglia di comunicare altrimenti. Perché non esisteremmo.

O forse è meglio nascondersi e nascondere sempre e comunque tutto sotto il tappeto, non apparire per quello che si è ma con la maschera che ci si è costruiti e imposti come corazza contro le minacce esterne, non essere ri-conosciuti ma conosciuti e come tali stimati a distanza …?!

E’ un atteggiamento difensivo che posso comprendere, ma non per questo condividere.

PRECARIATO E PUBBLICA PROSTITUZIONE

15-12

Caro Giorgio, ieri mi ha fatto molto piacere rivederti. Ti sono affezionata e mi sei mancato … in compenso ora sto pure diventando sdolcinata!

Stammi bene, a presto

26-12 - SORRIDIAMO ALLA VITA

I crolli delle strutture abitative di Pompei, il lancio nel vuoto di un maestro come Monicelli, il clima estetico da caduta degli dei, i banchetti trimalchionici, la pubblica prostituzione come unica via per "farcela" e "arrivare", l’ossessione nazionale per i gratta e vinci ed il superenalotto, l’assenza di prospettive per il futuro, la notizia arrivata fresca fresca dall’Inps che i precari non percepiranno mai la pensione e dovranno versare i contributi a vuoto, l’idea che la cultura – a cominciare da quella personale – voli via smaterializzandosi. Questo, a parte le vicende esistenziali che ultimamente mi hanno toccato in prima persona e profondamente cambiato, è ciò che vivo sulla mia pelle e per cui provo un senso di nausea e straniamento, come per una sorta di momentanea ma frequente scissione di personalità. Non intendo giustificarmi in alcun modo, né ho più voglia di chiedere scusa se troppo spesso non riesco a contenere l’impulso dissacratore e irriverente che mi assale di continuo. Sicuramente se solo potessi avere la mente impegnata in qualche attività appagante e personalmente gratificante non butterei il mio prezioso tempo in goliardate fini a se stesse.

Essere giovani per niente, essere lavorativamente inesistenti e sentirsi inutili, non poter "ambire" ad una propria dimensione professionale porta, nel migliore dei casi, a sfogare la frustrazione con il cinismo più spregiudicato. Organizzo le mie giornate in unità temporali serrate circondandomi di cose da fare e da leggere, massacrandomi in palestra.

Non mi riconosco più e mi dissocio dalle scurrilità che la mia mente è costretta a partorire come naturale antidoto alla depressione, che fa continuamente capolino da dietro l’angolo.

27-12

La tua comprensione serve a qualcosa, sì: a sopravvivere. Anche perché con altri “devo” sempre far finta che vada tutto molto bene, quasi che vivessi in una fantastica e invidiabile bolla dorata!

Tanto per gradire, il mese scorso ho iniziato l’ennesimo Corso di perfezionamento on line di didattica della storia dell'arte con l'unico scopo di comprarmi con 600 euro 3 crediti che mi permettano di mantenere la posizione in graduatoria senza farmi superare dai colleghi che vi si sono già cimentati. Ma mi rendo conto che è altro tempo sprecato, quando chiamano persone che mi seguono in I fascia. Il mio cellulare, invece, squilla per tutto tranne che per proposte di supplenze, tanto che mi chiedo se il criterio con cui stanno assumendo (si fa per dire, come ben sai) non sia quello della priorità di iscrizione ai demenziali “decreti salva precari”!

E allora a che servono graduatorie e punteggi?!?

Disoccupata a vita

1-10

“L'ARTE, QUESTA TRA LE PIÙ NOBILI ATTIVITÀ DELLO SPIRITO”

Mi sono innamorata della Storia dell’arte in quarta ginnasio e durante i cinque anni di liceo ho sempre pensato che da grande l’avrei insegnata con la stessa ione con cui la studiavo allora. Dopo la Laurea in architettura e un Dottorato in Sociologia ho insegnato fino a quando non ho superato il concorso di ammissione alla Scuola di specializzazione per l’insegnamento secondario, meglio conosciuta come S.S.I.S. Ora, dopo due lunghi anni di studio matto e disperatissimo che non hanno lasciato margini ad eventuali supplenze, essendo nel frattempo diventata mamma, e hanno altresì comportato considerevoli uscite economiche in forma di tasse universitarie, mi sono finalmente specializzata ottenendo il tanto ambìto diploma abilitante in Storia dell’arte … Ora ho trentatré anni, gli stessi di Cristo, e vedo crocefissa ogni speranza di poter finalmente insegnare con competenza e motivazione una materia che mi ha sempre apionato e commosso. Vorrei poter trasmettere questo amore e le mie conoscenze, e la sfida più grande è rappresentata proprio da quest’ultima generazione di adolescenti sempre più in crisi di identità e costantemente bombardata da immagini inautentiche e falsi miti di progresso. Il forte ridimensionamento della già scarsa presenza dell'insegnamento della Storia dell'arte è chiaramente il prodotto di un processo in atto nella scuola e nella società. Le scelte che si fanno in materia di istruzione rispecchiano la società futura, e la riduzione delle ore della nostra e di molte altre discipline si inserisce in un contesto più generale di dequalificazione della scuola. E i tagli delle ore di insegnamento di questa disciplina precludono ogni possibilità di arrivare a quell'approfondimento dei contenuti che sarebbe più che auspicabile in una realtà come quella italiana in cui è necessario valorizzare e potenziare lo studio critico e consapevole della dimensione artistica, storica e culturale del territorio, senza trascurare la doverosa opera di educazione alla tutela ed alla conservazione che proprio dalla Scuola dovrebbe partire. Ma forse è proprio questa consapevolezza che si vuole cancellare. Ricordi le parole di Argan pronunciate nel discorso sulla Didattica dei beni culturali di ben vent’anni fa? Quanto mai attuali, di questi tempi: “Il pregiudizio dell'inferiorità della storia dell'arte, come accessoria e ausiliaria, tuttora prospera. È un pregiudizio

classista: il politico comanda, il letterato medita, l'artista pasticcia e s'imbratta con creta e colori, pratica tecniche manuali, è un operaio raffinato, ma sempre operaio, è popolo e il popolo non fa, subisce la storia. Non che la storia dell'arte sia socialmente pericolosa, ma intrigante e fastidiosa sì. La conoscenza dei patrimonio artistico e dell'ambiente porta all'idea che si tratta di beni di interesse pubblico anche quando sono di proprietà privata. È un concetto che gli storici dell'arte hanno affermato e la Costituzione della Repubblica ha sancito, ma non è entrato nella prassi della vita italiana. Non sopravviverà il patrimonio artistico se non sarà coltivata negli italiani la coscienza del suo valore. È grave che lo Stato non chieda alla scuola di alimentare in tutti i cittadini, cominciando dai ragazzi, la nozione e la coscienza di quei valori; l'ignoranza non è sempre innocente, anzi è a priori colpevole³.

2-9

Caro Giorgio, giusto per restare in tema ti inoltro un esempio delle comunicazioni scolastiche surreali che mi arrivano di tanto in tanto dal MIUR:

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLA RICERCA

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA SARDEGNA

UFFICIO 5° - AMBITO TERRITORIALE DI CAGLIARI

OGGETTO: Calendario di convocazione del personale docente dell’istruzione secondaria di 1° e di 2° grado aventi titolo alla sottoscrizione di contratto a tempo determinato relativamente all’anno scolastico 2010/11

SEDE DI CONVOCAZIONE: ISTITUTO PROFESSIONALE PER I SERVIZI SOCIALI “TASSO”

PROLUNGAMENTO VIA AMENDOLA – LOCALITA’ CAGLIARISARDEGNA

MARTEDI 31 AGOSTO 2010, H. 15.30:

A061 STORIA DELL’ARTE: DALLA POS. N. 1 ALLA POS. N. 10 (AD ECCEZIONE DEGLI INSERITI CON RISERVA);

Gli aspiranti dovranno presentarsi alla convocazione muniti di codice fiscale.

Al fine di assicurare l’effettiva copertura dei posti disponibili, gli aspiranti sono convocati in numero superiore alle disponibilità dei posti in previsione di eventuali assenze o rinunce.

Le operazioni di conferimento dei contratti a tempo determinato sono disciplinate dal D.M. 13 giugno 2007 contenente il regolamento sulle supplenze e dalla nota 6 agosto 2010 n. 7521 del MIUR contenente istruzioni e indicazioni operative in materia di supplenze.

Quando ho letto il comunicato non potevo credere ai miei occhi … mi son detta: la speranza è l’ultima a morire! Ma giusto il giorno dopo una seconda mail mi ha riportato coi piedi per terra, nella avvilente e ormai consueta condizione di precaria in stato di semi-disoccupazione:

MINISTERO DELL’ ISTRUZIONE, DELL’UNIVERSITA’ E DELLARICERCA

UFFICIO SCOLASTICO REGIONALE DELLA SARDEGNA

UFFICIO 5° - AMBITO TERRITORIALE DI CAGLIARI

OGGETTO: Rettifica ed integrazione del calendario di convocazione del personale docente dell’istruzione secondaria di 1° e di 2° grado aventi titolo alla sottoscrizione di contratto a tempo determinato relativamente all’anno scolastico 2010/11

Si comunica che a seguito di rettifiche delle utilizzazioni, non essendo più presente alcuna disponibilità utile per il conferimento dei contratti a tempo determinato, sono annullate le convocazioni relative alle seguenti classi di concorso: A061 STORIA DELL’ARTE

… Per la serie: attacchiamoci!

“Che fare”?

Miglior risposta di answer yahoo: “datti alla Tanka Theraphy e non rompere!!”

Detto fatto! 7 giorni al Tanka Village e ti dimentichi di tutti i problemi. Unico problema: la terapia ha validità temporanea (7 giorni) …

Ti allego la cronaca semiseria della giornata tipo:

h. 7.22: sveglia di tutti gli uccelli del villaggio: eri, oche capitoline, galli, cigni, pettirossi, pappagallini psittacidi, corvi paduli.

H. 8.30: risveglio muscolare …

Colazione forma & salute a base di uova strapazzate con bacon, caffè americano e cornetti alla crema. Caffelatte e cornflakes ai frutti della foresta amazzonica, prugne californiane e vascone di nutella formato Moretti (per chi ha più difficoltà).

Dalle 11.30: acqua gym, baby club e trenino turistico (sembra di essere a Gardaland…).

Surfing, diving, snorkeling. Escursioni: all’isola di Serpentara con visita guidata all’antico relitto della Tirrenia del XX secolo incagliatasi durante una partita del Cagliari; all’isola dei Cavoli per ammirare lo spaventoso megalite della Madonna nera (diventata tale perché le si sono attaccate tutte le cozze da Capo Carbonara a Punta Molentis), che – unica al mondo – lacrima sott’acqua (per via di una corrente fredda); infine sgommonata a Capo Sandalo, Cala Zoccola, Cala Mutanda e Cala Pira.

Il mare sembra una piscina e la piscina sembra un mare, i fiori veri sembrano finti e quelli finti sembrano veri, come le dentiere …

In spiaggia: slalom gigante e corsa a ostacoli con ustione di piede per raggiungere il mare tra negrozi con sneakers Hogan, piumini Moncler, cinte e borse Louis Vitton: tutto regolarmente taroccato; l’ultimo bestseller di Dan Brown e, in sottofondo, “cocco bello, cocco de’ mamma! Per un giorno meno amaro, donna assaggia il cocco di Gennaro!”.

H. 13.00-14.00: abbuffet con signore scorfane tra i 40 e i 50 liftate a dovere con

parei e costosissime magliette di Minnie e Hallo Kitty tempestate di swarovski che sgomitano per un totano in pieno stile Isola dei famosi.

Pennichella pomeridiana con spoglio dei giornali e spoglio totale. A seguire: spaparanzamento nella superba SPA con aroma terapia, cromo terapia, ciocco terapia, latte terapia, fito terapia, vino terapia, urino terapia, gazzosa terapia (e basta!!). Quindi solarium, bio bar, promenade con hammam di ispirazione maghrebina, sauna finlandese e docce emozionali aromatizzate, peeling, stretching, vibromassaggio ayurvedico al limite della decenza … per i signori uomini è consigliabile il costume a pantaloncino; al termine del percorso thalassos la colonna vertebrale (e non solo quella) risulterà allungata di cm. 5. N.B.: non fatevi troppe illusioni: si tratta di un effetto collaterale momentaneo!

La sera: flinky dance (ma che è?!?), taekwondo, tae box, tai chi, Kenzo e LiuJo; golf, tornei di tennis, di beach tennis, di beach volley, di minibasket, di tiro con l’arco, di tiro di freesby in testa, di tiro di gusci di cocco, di rutto libero, di fregnacce, BOCCE...

La notte: mega cena all’ingrasso. H. 21.30: corsi di ceramica … nel cartello si legge “Corso di manipolazione per bambini dai 2 ai 4 anni”, che suona un po’ sinistro: preferisco mandare Virginia alla disco dance Ma il coccodrillo come fa? per bambini ariani albini e sardignoli terroni (viva l’Italia!).

Shopping sotto le stelle (e le tette) cadenti. Va per la maggiore la griffe Monella Vagabonda - testimonial Eva Henger … ma se la Henger è “monella” c’è da chiedersi: se fosse stato testimonial Bin Laden allora come si sarebbe dovuta chiamare: Fuggitivo birichino ?!?

Cinearena e cabaret: ieri spettacolo con effetti speciali e lieto fine “La principessa sul pisello”; oggi a gran richiesta musical su Michael Jackson “Once

upon a time”, sottotitolato “Lasciate che i bambini vengano a me”. Ampia selezione di film d’essai: Rocco e i suoi fratelli (con Rocco Siffredi), Biancaneve e i 7 nani (versione sardo-masochista), Biancaneve e i 7 nonni (versione geriatrica), Biancaneve e i 7 samurai (in Giapponese con sottotitoli in Mandarino – durata 7 h.), Biancaneve sotto i nani (bambini accompagnati da adulti), Biancaneve e basta (versione stupefacente), 7 zoccole per 7 fratelli; inoltre, per gli amanti del vintage: Giovannona coscialunga e Le casalingue.

Discoteca con lezione di tango argentino, tanga e trenino brasiliano, mambo, mango, merenghe meringhe marengo (all inclusive).

A seguire musica da camera e ginnastica da camera. Hh. 2.40-7.22 pm: incubi notturni …e la giornata è fatta!!

LE 1000 BALLE BLU

Tra una tromba d'aria ed un’altra, per ammazzare il tempo mi sono imbattuta in una scelta estenuante fra 476 trattamenti estatico-estetici della Superspa.

Subito scartati i trattamenti sadomaso, come lo Stone massage constante in pressione di pietre ustionanti e, nei casi estremi, nella lapidazione (pagamento anticipato); il trattamento Thalmer anticellulite effettuato con frustini di alghe nere tropicali; il Candle massage: "massaggio con una candela che si trasforma in burro idratante, nutriente, tonificante per la pelle" con sottofondo di Candle in the wind di Elton John, direttamente ispirato a Ultimo tango a Parigi... per gli amanti del genere, con la differenza che al posto di Marlon c’è Jessica (con la k).

In pole position dopo le semifinali e i quarti di finale c'erano il massaggio Thay, il Lomi Lomi e i Fagottini alle erbe, mentre per quanto riguarda il viso l'indecisione verteva sui trattamenti Anima di Vulcano, Delizia di riso, Nettare di Zucca e Olos Biostaminalia.

Alla fine, dopo circa un'ora e tre quarti di indugi buridani ho optato per le salatissime vasche color canchefugge del Mar Morto, senza prevedere che mi avrebbero stirato la pelle come al 9° mese di gravidanza. La sensazione è quella di avere 700 gr. di peperoncino puro dentro il costume. Consigliato per emorroisse ed emorroidiferi. Avvertenze: date l'assenza di gravità causata dall’ipersalinità e l'azione vasodilatatrice del peperoncino si consiglia di non dare mai le spalle ai signori uomini. Il problema clinico dell’irritazione di talune zone cutanee potrebbe perdurare per 3, massimo 4 giorni, dando luogo a fenomeni di grattamento compulsivo in luoghi pubblici e poco consoni all’atto. Da evitare le dita nel naso. Eventuali schizzi di soluzione ipersalina negli occhi potrebbero inoltre causare cecità, ma si tratta solo di un effetto temporaneo.

Al termine delle abluzioni, per non rischiare di farmi troppo male, sono andata sul sicuro scegliendo un banale massaggio linfodrenante di un’ora (o era ninfodrenante ?!? non ricordo …). Nella prima mezz’ora di seduta il trans Samanta (con la h) mi ha costantemente intimato di respirare e di rilassarmi, ma la tensione muscolare era più che altro dovuta al rimuginamento del prezzo di 5 € al minuto: più che la thalasso potè la salasso terapia…

E così tra maschere merd noir agerepair, spalle lussate, palle a bargiglio (per effetto dell’idromassaggio a 180 atmosfere), pruriti irrefrenabili, tisane alle staminali, impacchi e pacchi d’ogni sorta è terminata un’altra memorabile giornata … o quasi!!

09-10

LA FLESSIBILITÀ (A 90º) COME RISORSA CONTRO IL PRECARIATO

Recentemente il Governatore Bocchini ha prospettato alla nostra delegazione di insegnanti precari scioperanti una “maggiore apertura”, che di questi tempi mi sembra più che altro da intendere eufemisticamente come una sonora fregatura, dato che non si intravvedono affatto margini di miglioramento.

Per il momento mi accingo ad andare al mare con lo stesso spirito di quello che negli stessi anni di Vamos alla Plaia cantava “mare mare mare voglio annegare, portami lontano a naufragare, via via via da queste sponde, portami lontano sulle onde”! ⁴

Non voglio comunque disperare del tutto; per l’anno scolastico 2010-11 le prospettive sono:

1. propormi come aiuto-cuoca da McDonald (azzerando il curriculum)

2. propormi come sciampista da Jean Louis David

3. suonare il flauto in via Fiume affianco a quello che legge la mano e ora predice il vincitore dei Mondiali (ingresso Zara)

4. darmi all’ippica (in tal caso pagherebbe Gabriele)

5. bleffare sull’età e presentarmi con codette, lecca-lecca e tacco 14 a Villa Certosa (tralasciando il particolare a Gabriele)

6. fare la cubista con zeppa 16, pancera e ginocchiere in qualche balera sfigata di periferia

7. proporre i miei collage cubisti con varianti dadaiste (che non compra nessuno) al MAAM⁵ nella sala “Nuvola dei Teletubbies” della ceramica da fuoco eneolitica (l’unica rimasta in piedi dopo l’implosione del museo a forma di balena bianca arenata nella secca di Fantasylandia) .

Precaria ottimista

12-10

Giusto per curiosità e per capire, ti inoltro le chances lavorative che si possono prospettare - per quest'anno e i più "fortunati" - a livello universitario relativamente all’insegnamento di Storia dell’architettura: guarda la retribuzione: 1 euro!!! Mi sa che di questi tempi conviene veramente organizzarsi come escort: ho sentito che c’è una certa Ruby che dà lezioni di riscaldamento, rassodamento, stretching, tonificazione e rilassamento: pare sia un'esperta del business-fitness che percepisce 5.000 euro netti a seduta...

Domani andrò anch'io in palestra e meno male che le lezioni me le fanno gratis! Dopo venti minuti di pedana vibrante e trenta di cyclette senza sellino, il percorso ordinario prevede cavallina e/o pecorina (a scelta).

SOLITA MUSICA E NEOPLATONISMO D'ACCATTO

8-3

Grazie per l'articolo e l'augurio che mi hai inviato, anche se a parte quest'anno che la cosiddetta festa della donna ha preso una piega diversa sull'onda lunga della manifestazione Se non ora quando, aborro questa ricorrenza: ho sempre pensato che se la "nostra" festa (ormai sempre più commerciale) è un giorno, quella degli uomini è spalmata nei restanti 364 ...

Ti voglio bene.

9-3

Non ci crederai: ho appena saputo di aver superato il concorso per la cattedra a contratto di Sociologia nella Facoltà di Architettura! La fortuna ha finalmente virato nella mia direzione! Ciao

15-3 - SI LA DO: AGGIORNAMENTI MUSICALI

Ciao, ti informo che ho preso i biglietti per le serate mozartiane residuali del 30 marzo e 4 aprile al Teatro Verdi. Quella di oggi meritava e tutto sommato l'acustica è decisamente migliore di quanto non mi aspettassi. Unica nota stonata, i miasmi fetidi da auto spurgo impellente di “Casa Brambilla Fumagalli” oltre alla preoccupazione che un esemplare della specie avicola nostrana (il piccione di mare incrociato col gabbiano di terra) schiantatosi sui riflettori potesse precipitare da un momento all'altro sulla testa del violinista. Domani invece, per la tua gioia è previsto il recital con brani di Lorca, Proust, Petrarca e le musiche di Liszt e Chopin. Che ne dici di andare anche a "Le notti musicali" del Teatro Lirico (dal 4 al 9 aprile) note per l'affiatamento dei musicisti: lei suona il flauto e lui la tromba?!?

La sai quella dei due concertisti, uno milanese e uno napoletano, che si incontrano nella sala da tè di un noto ristorante?

Il milanese racconta:'Ieri sera ho tenuto un concerto alla Scala, appena ho finito di suonare l'ultima nota, c'è stata un'ovazione generale, lanci di fiori sul palco, applausi, standing ovation ... Quello che mi ha fatto più piacere è che il sindaco Moratti è salita sul palco, mi ha stretto la mano e mi ha detto: 'complimenti Lei ci ha commosso! Persino la Madonnina ha pianto!'

Il napoletano risponde:

'Anch'io ho tenuto un concerto ieri sera in Vaticano, appena ho finito di suonare l'ultima nota, solita ovazione, lancio di fiori, applausi, standing ovation... Ma quello che mi ha stupito è che si è aperta la porta in fondo ed è entrato Gesù, è

salito sul palco, mi ha stretto la mano e ha detto: 'Complimenti! Tu si casuonebbuono! No comme a chillustrunz 'e milanese ca' fatt' chiagnere a mammà'.

21-3 - PUCCINIANO DOC

Lunedì ti lascio in Facoltà l’invito con il programma del concerto; ci andrei volentieri se non avessi l’imperdibile lezione di tango con Gabriele. La sala in cui si esibiscono i vari performers di turno ha un'acustica che lascia a desiderare, ma nel complesso il nuovo locale del Castrum merita una visita e la volta a botte fa molto The Cavern. Se preferisci evitare lo stravaccamento nei triclini ti consiglio di prenotare un tavolo prossimo al palco.

Buona notte.

25-3

Ciao, come stai? Stasera il Preside ha fatto le tue veci informandoci del tuo stato comatoso. Se hai bisogno di qualunque cosa (ricette o medicine, zabaione o cioccolato, mele più o meno cotte, pere o perette), facci un fischio e ti portiamo quello che ti occorre.

Bel concerto quello di ieri nell’Aula Magna, con coro diretto magistralmente col solo braccio destro dal maestro di cappella emiparetico. Non altrettanto dicasi per la performance contemporanea del Teatro Lirico terribilmente cacofonica del giovane maestro Binelli, figlio della famosa Binelli Comella che presiedeva nella Facoltà di Legge l’esame che notoriamente impediva agli studenti somari la partenza per il servizio militare (tipo diritto delle assicurazioni aut similia). A proposito, la sai l’ultima? L’addetto stampa del Teatro Comunale mi ha appena comunicato una notizia entusiasmante: Marco Carta sarà la voce narrante di Pierino e il lupo in aprile a Cagliari! Roba da prenotare immediatamente il volo … A quando la Traviata cantata da Valerio Scanu ?! A pensarci bene, dopo Sean Connery, Dario Fo, Eduardo de Filippo e Benigni, Carta mi sembra appunto un degno successore, con un fascino e una cadenza tutti suoi... d'altra parte lui sta a Prokof'ev quanto Mika al teatro di legno improvvisato per l’occasione (con le gradinate che per poco non venivano giù, tali erano le vibrazioni prodotte dal pubblico danzante e dai decibel in eccesso...).

Comunque che tutto sia possibile lo dimostra il fatto che io stessa, avendo cominciato a cantare per la prima volta in vita mia e "per gioco" come soprano nel coro interuniversitario di Roma accompagnato dai maestri del conservatorio dell'orchestra interuniversitaria, mi sia ritrovata in pochi mesi a cantare in mondovisione alle messe giubilari sotto il baldacchino berniborrominiano a pochi metri da Karol... cose che capitano!

27-3 - KYRIE ELEISON !

Che nostalgia … tu che ci hai vissuto i tuoi vent’anni più vitali mi puoi capire! Potessi trasferirmi a Roma con famiglia: sto a questa città come il topo al formaggio!

Con una decina di amici ci univamo al resto del coro ogni mercoledì notte nella chiesa del Sacro Cuore in via Marsala, dove provavamo per due ore col maestro all'organo. Ogni volta che ascolto un coro mi tornano alla mente quelle serate irripetibili. Il nostro repertorio era canonico: Alleluia - Beata Virgo Maria, Kyrie eleison - Signore sapienza eterna, Laus tibi Christe – Mandatum novum, O sacrum convivium, Salmo responsoriale Gloriosa dictasunt de te civitas Dei, Agnus Dei dalla “Missa de Angelis", Alleluia (LAm), Alleluia (RE), Amen, Ave Maria "di Lourdes", Christus heri hodie et semper (Inno del Giubileo), Credo “di Lourdes”, Gloria dalla “Missa de Angelis”, Kyrie eleison dalla “Missa de Angelis", Laudate omnes gentes, Ubi caritas et amor “di Taizé".

Nell'anno del giubileo ho potuto osservare da dietro le quinte tutta la complessa macchina organizzativa e burocratica sottesa alle imponenti messe celebrate dal Papa Santo subito e dal suo seguito di fronte a masse oceaniche di pellegrini convenuti da ogni parte del mondo. Là dove svizzere non erano solo le guardie, ma la puntualità e l'efficienza di un esercito di addetti ai lavori, con risultati spettacolari e suggestivi degni dei fasti barocchi in cui la scenografia, ma soprattutto la musica la faceva da padrona. Di tanto in tanto qualche conoscente mi propone di entrare in un coro, ma dopo anni di faringite cronica la voce mi si è abbassata e non me lo posso più permettere.

Amen.

28-3

Ho dato una scorsa al blog di Musica Viva dove sei intervenuto sotto pseudonimo, ma non ho capito chi sei (avete tutti dei nomi abbastanza improbabili), d’altra parte siccome dici sempre "è proprio vero che al peggio non c'è fondo come dicono in Sicilia", forse è proprio tua la considerazione in merito ai tagli massicci operati dal Teatro Lirico ... o no?! Non sapevo contribuissi al blog. In effetti non so proprio niente di te. Con tutte le fregnacce che ti invio, magari ogni tanto potresti aggiornarmi anche tu sui tuoi misteriosi contributi on line.

29-3 - FLORESTANO: RIMANI UN MISTERO

Ti giri piano in un letto che non ti appartiene più e osservi quel corpo senza calore con cui hai voluto credere di poter condividere anche solo momentaneamente qualcosa di importante e ti chiedi: “ma chi è questo … perché proprio con lui … ma che ci sto a fare qui”?! Lo svilimento di chi ha pensato di darsi completamente si accompagna alla sensazione così netta di averci perso in dignità, di aver scialacquato quanto si ha di più prezioso e segreto con qualcuno che non solo non ricambia, ma non se ne rende neppure conto.

È quella sensazione che viene chiamata tristitia e che fa la differenza tra fare l’amore e scopare. Dopo che scopi non ti rimane niente, anzi tocchi con mano il tuo vuoto e ti rendi conto che un altro pezzo di te è andato via per sempre. E ti senti ridicolo, perché hai sperato anche solo per un momento di poterlo condividere con qualcuno a cui ti sei intimamente affidato.

Che il tono del mio ultimo invio fosse polemico e fuori luogo non c’è dubbio. Deriva da uno stato di cose che a volte emerge all’improvviso e non è piacevole. Purtroppo non mi viene in mente una metafora più denotativa di quella sensazione di indisponenza che talvolta riesci a perpetuare con la tua arte di tenere a distanza. Parli parli e poi parli; gestisci conversazioni, le guidi, tappi i buchi, chiedi domandi e ottieni: risposte, racconti, storie di vita. Quindi tronchi o cambi bruscamente argomento per evitare che la confidenza e la fiducia che ti do non ti si “ritorcano contro”.

L’unica cosa che so per certo è che mi tieni a distanza e forse mi temi perché più di una volta ho oltreato i tuoi argini nella speranza di farti capire che il tuo modo di interagire, che esclude una pur minima reciprocità, può far male e ferire. Non so se sia così anche con altri o se l’impossibilità di una comunicazione franca e diretta riguardi solo la mia persona. Mi auguro per te

che ti rapporti in maniera diversa con chi ti è vicino e ti vuole particolarmente bene, perché diversamente la tua prospettiva nella lunga durata potrebbe essere la solitudine.

Non posso negare di aver avuto tutta la tua solidarietà nei tanti momenti bui di questi due lunghi anni in cui, oltre a farti “ridere spesso e volentieri”, ti ho pure tediato di tanto in tanto. La tua può essere la più piacevole delle compagnie, ma certe volte con te ci si sente rifiuti umani, esclusi da qualsivoglia forma di circolarità, incapsulati in una dinamica monodirezionale che non ammette uno scambio pur minimo. Te lo dico perché temo che l’idea non ti sfiori neppure. Forse se ci pensi anche per un solo momento, potresti convenire sul fatto che dopo tutte le cose che ti ho scritto finora, quello che ho ricevuto in cambio è questo: poco più che niente. Un niente che per te, magari, sarà invece moltissimo! Punti di vista …

Non sto cercando di riaprire questioni delicate. Non serve rimestare cose non suscettibili di essere cambiate. La comunicazione mutila, per come la vedo io, è dovuta a una serie di problematiche non risolte per entrambi. Mi rendo conto di essere esigente, ma credo d’altra parte di aver dato tutto quello che potevo ed avevo di più intimo e “prezioso”, prosciugandomi.

Non ti ho mai chiesto di raccontarmi la tua vita presente e ata.

Non mi interessa affatto sapere se sei più attivo o ivo o quanti amanti hai collezionato facendoli soffrire; per dirla tutta mi viene piuttosto da pensarti come asessuato. Ci sono infinite gradazioni di colore tra il bianco e il nero, come c’è una bella differenza tra un dialogo spontaneo e il piacere di comunicare ed un interrogatorio sotto pressione. Hai vent’anni anni di vita vissuta più di me: è proprio questo scarto generazionale a determinare la tua distanza e la Volontà di stabilire una parvenza di dialogo normale tra comuni mortali?

2-4

“Ciao, non volermene, ma ho grossi problemi familiari”.

Non conosco qualcuno che non abbia problemi familiari. Con questo mi dispiace per i tuoi.

Io, per quanto riguarda la mia famiglia d’origine o d’appartenenza, ne ho sempre avuti e sono abituata a conviverci continuando a lavorare e a curare i rapporti interpersonali, preservando per quanto possibile la mia neofamiglia. Negli ultimi due mesi mia sorella è stata permanentemente a Roma con mia madre, in un ospedale dove le hanno praticato decine di elettroshock per riassestarle i poli cerebrali e le connessioni elettriche saltate a causa di uno scalamento farmacologico quantomeno azzardato che le ha tolto in pochi mesi sette psicofarmaci e una dipendenza ventennale. Era diventata catatonica e non riusciva più a deambulare neppure con l’aiuto di un bastone. La terapia, ancora in corso, l’ha ristabilizzata almeno dal punto di vista cinetico-motorio. Ovviamente a livello neuronale c’è ben poco da fare, e ora che la memoria le è ritornata del tutto è ridiventata quella di prima, solo più insofferente perché anche iperacusica. In questi giorni è ritornata a dormire a casa dei miei, perché al momento non è più in grado di provvedere a se stessa. Mia mamma è stata investita nell’ultimo anno da un processo di senescenza proporzionale al dolore subìto per le vicende famigliari che conosci e per quelle che non conosci. È confusa, alterata, si sta lasciando andare e non smette di inondarmi di sensi di colpa e di trattarmi come se avessi ancora cinque anni.

Nel frattempo, mentre stava appresso a Maria in ospedale, le ho risparmiato la mia gravidanza a rischio abortifera. Di questa vicenda luttuosa sono state messe

al corrente solamente tre persone, te compreso non so neppure io per quale motivo! Inutile dire che la formula di congedo che hai scelto questa volta sia – a dispetto del “non volermene” – abbastanza offensiva. Sarebbe stato molto meglio un più sincero e diretto “vaffanculo”!

Ribadisco il “fatto che dopo tutte le cose che ti ho scritto finora, quello che ho ricevuto in cambio è questo: poco più che niente”. Siamo sempre daccapo e agli antipodi: pervasa da un’ansia di comunicare e condividere io, anaffettivo, anaempatico, evasivo, criptico ed evitante tu. Mi chiedo perché continui a cercarmi! La soluzione è molto semplice e ce l’abbiamo sotto gli occhi: basta evitarsi per non disturbarsi o ferirsi reciprocamente.

Stammi bene.

Con affetto immutato (povera scema …)

Cecilia

3-4

Forse tu sarai abituato ad “avere qualcuno dietro” (“sia detto senza alcuna intenzione ironica”), io normalmente nei rapporti interpersonali mi ritrovo in una posizione frontale o di affiancamento, e l'”ostinazione a starti dietro” che appaga il tuo ego è ormai venuta meno definitivamente: mi avvio verso l'atarassia.

8-4

Ho provato a capire qualcosa di te, mossa solamente da un enorme affetto: ciò che tu chiami “ostinazione a starmi dietro” con un sarcasmo distruttivo. È lo stesso atteggiamento generalmente misogino e sadico che non ti perdonano intere generazioni di studentesse che hanno dovuto patire la tua parzialità sessista assurda quanto irritante. Malumori che nel tempo mi sono entrati e usciti dalle orecchie perché non ho mai preso in considerazione le voci di corridoio, pensando che fossero più che altro alimentate da pregiudizi e preconcetti duri a morire.

Sei un capitolo nero della mia vita, fortunatamente concluso dopo uno strascico inutile che vorrei dimenticare al più presto. Siccome quando ti fa comodo fai finta di non capire e rigiri pure la frittata, non voglio essere fraintesa, questa volta: “evitarsi” significa non chiamare, non inviare mail; per piacere non rispondere a questa, non la aprirei.

P.S. Non ti avessi mai conosciuto!

8-5

“Meglio solo che mal accompagnato”. Al di là del luogo comune che ti ho sentito ripetere più d’una volta, avevo intuito da subito che questa è la tua cifra esistenziale.

Mi aveva colpito, intristito, il fatto che in tutta la tua vita fossi riuscito ad aprirti solamente con un’unica persona che ora, tra l’altro, non c’è più: tua madre. Mi hai sempre ricordato il ero solitario ed è anche per questo, sicuramente, che mi sono legata a te. Ti avrei voluto mostrare la mia solidarietà, perché ti sentissi meno solo.

Il tuo comportamento distrugge le persone che ti vogliono bene: quelle a cui stai a cuore. Non sono io il nemico: la mia pericolosissima “ostinazione” è giustificata unicamente da un amore incondizionato e disinteressato, equiparabile per natura e intensità forse solo a quello che si può provare per un figlio: incredibile a dirsi! E a mio rischio e pericolo sono a disposizione, se in qualche modo può esserti d’aiuto parlare.

Avrei avuto un disperato bisogno di qualcosa che non puoi dare perché ti è estranea, o perché sei totalmente incapace di esprimerla: un sentimento che si chiama affetto. Ci avevo rinunciato da tempo, ormai.

Avevo percepito che non ti piace essere salutato come normalmente ci si saluta quando si ha un minimo di confidenza, con due finti baci sulle guance. E quando, dopo una lunga pausa estiva ci siamo rivisti, e al momento di congedarci mi hai dato un regalo, ti avrei voluto abbracciare forte ma ti sei incredibilmente irrigidito per poi respingermi … Segnali del corpo

inequivocabili.

Reprimi ogni emozione legata al corpo, tanta è la paura di abbandonarti, anche per un solo momento, a qualunque sentimento. Il distacco emotivo e l’insofferenza verso l'intimità inter-personale ti hanno portato a vivere in un “tuo mondo” separato dal mondo esterno delle relazioni sociali.

È comunque nel nostro carteggio che è rintracciabile il tuo profilo clinico. Attraverso le risposte sbalestranti e dissociate che mi hai dato proporzionalmente al grado di fiducia e confidenza personalmente sollecitato ho compreso che i sintomi cui ho fatto riferimento nell’ultima mail fero parte di un quadro complesso e non si potessero considerare sganciati gli uni dagli altri.

Diffidenza, chiusura, estraneità, egocentrismo creano un muro fra te e gli altri. Quello che mi fa più male, però, è quel tuo cinismo che emerge all’improvviso a svilire e ridicolizzare tutte le manifestazioni di affetto sincero, viste tendenziosamente come una minaccia alla tua indipendenza autarchica. Come se una sincera dedizione potesse dissolvere il tuo io e soffocarti.

In ogni caso, il mio intento non è quello, peraltro impossibile, di psicanalizzarti. Se escludiamo i rapporti formali di colleganza e le pseudo-amicizie, anche un orbo capisce che c’è qualcosa che non va nei tuoi modi: ho “solo” provato (ingenuamente o presuntuosamente) a estrarti neoplatonicamente dal blocco di marmo in cui sei imprigionato, inviandoti tantissimi input. Ma non possiedo certamente gli strumenti adatti per un lavoro tanto: scalpello e gradina possono solo compromettere ulteriormente una materia pressoché inerte, filandola.

In compenso tu sei riuscito a tirare fuori il peggio di me, facendomi esplodere con le tue consuete “provocazioni difensive”.

Le mie amicizie sono costanti, durevoli, solide, profonde e franche: non esistono dubbi e lacerazioni, né tantomeno forme sarcastiche o sadiche di evitamento e respingimento.

Non mi posso permettere altri dolori; il mio equilibrio psico-fisico è appeso a un filo, anche se nessuno sembra accorgersene. Ma tu lo sai, e molto bene anche; se ritieni di non poter (voler) evitare i comportamenti lesivi che metti in atto come personale difesa non rispondermi: va bene così … si fa per dire, perché peggio di così non si può!

26-5

“La catastrofe non fu data dalla fine del loro rapporto, ma dall’intrasformabilità della sua natura”⁷.

"Eravamo amici e ci siamo diventati estranei. Ma è giusto così e non vogliamo dissimularci e mettere in ombra questo come se dovessimo vergognarcene. Noi siamo due navi, ognuna delle quali ha la sua meta e la sua rotta; possiamo benissimo incrociarci e celebrare una festa tra noi - come abbiamo fatto - allora i due bravi vascelli se ne stavano così placidamente all'àncora in uno stesso porto e sotto uno stesso sole che avevano tutta l'aria di essere già alla meta, una meta che era stata la stessa per tutti e due. Ma proprio allora l'onnipossente violenza del nostro compito ci spinse di nuovo l'uno lontano dall'altro, in diversi mari e zone di sole e forse non ci rivedremo mai, forse potrà darsi che ci si veda, ma senza riconoscersi: i diversi mari e i soli ci hanno mutati! Che ci dovessimo diventare estranei è la legge incombente su di noi: ma appunto per questo dobbiamo ispirarci una maggiore venerazione! Appunto per questo il pensiero della nostra trascorsa amicizia deve diventarci più sacro! Esiste verosimilmente un'immensa invisibile curva e orbita siderale, in cui le nostre diverse vie e mete potrebbero essere intese quali esigui tratti di strada, innalziamoci a questo pensiero! Ma la nostra vita è troppo breve, troppo scarsa la nostra facoltà visiva per poter essere qualcosa di più che amici nel senso di quell'elevata possibilità. E così vogliamo credere alla nostra amicizia stellare, anche se dovessimo essere terrestri nemici l'un l'altro"⁸.

“Ma in noi qualcosa di terrestre sempre rimane, dura cosa il portarlo” .

1) Franco Battiato, E ti vengo a cercare.

2) James Hillman, cap. Il tradimento, in Puer aeternus, Milano, Adelphi, 1999, pp. 13-49.

3) Giulio Carlo Argan, L’Unità, 13/6/1989, cit. in M.A. SPADARO, Didattica dei beni culturali, http://www.edscuola.it/archivio/interlinea/didbc.html>.

4) Franco Battiato, Summer on a solitary beach.

5) L’avveniristico Museo d’Arte Antica del Mediterraneo il cui progetto, firmato dall’archistar Amal Azimut, è risultato vincitore del concorso ideato e organizzato dall'Assessorato regionale ai Beni Culturali in collaborazione con il Politecnico di Torino e la rivista Designarch. Piccolo particolare: non è mai stato realizzato!

6) Il riferimento è ai noti cedimenti strutturali in fase di edificazione dei “cantieri Azimut” sparsi per il mondo.

7) Stefano Carta, Narcisismo, Solitudine, Amicizia. Note sul rapporto Freud-Jung e la situazione analitica, in Il Crogiolo Junghiano. Rivista di Psicologia analitica. Nuova serie n. 30, vol. 82/2010, pp. 17-31, p. 26.

8) Friedrich Wilhelm Nietzsche, La Gaia scienza, Milano, Einaudi, 1967, pp. 156157.

9) Johann Wolfgang von Goethe, Faust, I, V.

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Carla Deplano

Laureata con lode presso l’Università degli Studi di Roma La Sapienza in Lettere classiche con orientamento archeologico, ha conseguito un Dottorato di ricerca in Antropologia culturale, quindi si è specializzata e perfezionata col massimo dei voti in Storia dell’Arte. Insegna Lettere e Storia dell’Arte al liceo e nell’a.a. 2011-12 è stata docente a contratto di Storia dell’Arte moderna presso la Facoltà di Lingue e Letterature straniere dell’Università di Cagliari. Tra i suoi contributi si segnalano le monografie Antropologia urbana. Società complesse e democrazia partecipativa, Edicom 2009; Laboratorio del paesaggio urbano. Analisi storico morfologica del quartiere di Castello in Cagliari, Edicom 2008.

Silvia Argiolas, Acqua miracolosa, olio e smalto su tela, 50x60, 2010 Per gentile concessione. Info su Silvia Argiolas