Le Sette Porte
di Mariagrazia Monguzzi
e-book edition
Prima Edizione - Dicembre 2015
Diritti e proprietà letteraria riservata
© Edizioni Monguzi
Indice
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Titolo
Le Sette Porte
L'autrice
Copyright
LE SETTE PORTE
di Mariagrazia Monguzzi
ovvero il diario di un sogno di un’esploratrice con la cervicale
Perché un diario? Mi avevano chiesto di scrivere dei miei viaggi. Ma quali? Un sogno, un viaggio quando si riesce a fare parte di esso si inizia veramente a volare. Queste sono le mie avventure, le mie ali, i miei pensieri giorno per giorno, ora per ora. Attenzione! Potrebbero essere anche le vostre.
Impossibile? Provate!
L'INIZIO
Che gioia! Ma che fortuna ho avuto, quasi non ci credo. La coppia di miei amici di Cremona, vecchi compagni di un bellissimo viaggio in India, sapendo il mio legame viscerale con la Gran Bretagna, mi hanno offerto di trascorrere dieci giorni nel loro appartamento a York.
L'hanno ereditato da un lontano parente e non ci vanno spesso, un po’ perché non è vicino e un po’ per loro problemi di lavoro. Sta di fatto che, quando mi hanno offerto di farci un salto a dare un'occhiata e sistemare un po’ le stanze, ho accettato prima di subito. Tanto è stato l'entusiasmo che mi sono offerta di lucidare anche le pareti.
Dopo grasse risate, mi hanno detto che non era necessario tanto e che, in uno stanzino, c'erano sì dei vecchi bauli da sistemare, se proprio volevo, ma non sembrava loro il caso. Bontà loro.
Quindi dedico quest'anno le mie sudate ferie di totali 15 giorni ai preparativi prima, e al viaggio poi. L'unico periodo dell'anno nel quale posso bearmi dei suddetti giorni è, naturalmente, agosto.
Uh, ma che razza di caldo! Non ne posso più. Meno male che parto.
Dopo il solito intasamento autostradale fra Modena e Bologna, arrivo all'aeroporto e mi imbarco per Londra. Ah, Heatrow è sempre una comodità stratosferica!
Esci dal terminal 5 e trovi subito la metropolitana, scendi alla stazione di Paddington e in due minuti sei a Sassex Gardens, piena di Hotel carini.
Dopo la notte a Londra... Via! Si parte per York! Comperato il biglietto alla stazione di King Cross mi sistemo comoda comoda in treno e attendo impaziente l'arrivo a York.
Come sarà l'appartamento? Mi hanno detto che è posizionato nel centro, entro le mura storiche, chissà che carino. Arrivo e prendo un taxi per Lady Pecketts Yard, così faccio prima.
Accidenti, ma è una stradina bellissima, io che sono fissata con il noir, la trovo piena di atmosfera. L'appartamento è al primo piano, armeggio con le chiavi, le faccio cadere, le riprendo e loro ricadono. Al terzo tentativo, finalmente entro.
C’è un piccolo corridoio che si affaccia direttamente nel soggiorno, semplice e carino. Tende bianco panna e mobili in legno, probabilmente antichi, mi salutano con tipica cortesia inglese. Curiosissima, vado in camera da letto, approvo a pieni voti il letto, le tende a fiorellini e tutta l'aria demodé che regna. Nel bagno fa mostra di sé una bella vasca bianca, con piedini e rubinetti in bronzo, almeno è quello che mi pare siano, accompagnata da tutto l'arredo in tinta e dello stesso stile. Decido di disfare i bagagli e di concedermi un bel giro turistico. Caspita che vento freddo però. Mah, domani sarò senz'altro più in forma.
Avete presente una casa "viva"? No? Dà una sensazione particolare, è come se ti guardasse e si adattasse al ritmo del tuo respiro. Non è spiacevole, anzi... dopo un po’ mi addormento tranquilla e beata.
Sapete quanto ti viene addosso un pensiero a velocità di un treno che non si sa da dove provenga ma ti travolge?
Pensiero: "E i bauli?" Da notare il plurale. Se fosse stato uno e piccolino forse non lo avrei visto ieri sera, né lui né lo stanzino intendo, accertato il fatto che ero stanchissima. Da buona super curiosa mattiniera, mi metto all'opera. Intendiamoci, non è che la sera non lo sia, sono solamente più intontita, cosa che, i maligni, credono non essere possibile. Dov’è questo benedetto stanzino? In camera da letto no, soggiorno no, ma vuoi che sia in cucina? Guardo dietro la porta, macché niente. Mi rifiuto di guardare sotto la vasca nel bagno... L'ingresso? Ah! Eccolo lì il birichino!
È fra la porta d'ingresso e il mobile attaccapanni... Che bella porta però, screziata
fra il bianco, il beige e il verde chiaro con una maniglia che non pare né antica né moderna, ricorda vagamente quelle settecentesche. Devo farle una foto prima di ritornare in Italia. Beh, vediamo un po’ cosa c’è dentro, speriamo non i topi! Penso con orrore che ho dormito stanotte senza accertarmene...
La porta non è chiusa a chiave, giro la maniglia e... c'è una stanza circolare. Non grande, ma c’è. Cos'è, uno scherzo? Nella stanza si affacciano sei porte.
Mi viene il pensiero ridicolo che portino ad altre stanze piene di bauli fino al soffitto. E basta con questi bauli!
Le porte sono tutte uguali e simili a quella che ho appena aperto nell'ingresso. Che faccio, le apro? E la privacy? Come mi vengono in mente certe domande...
Seconda porta a sinistra
Mi aspettavo un rumore di cigolio di cardini invece nulla, oliata alla perfezione. C'è una luce bianca soffusa che non capisco da dove provenga, visto che io non ho nulla. Spalanco del tutto la porta e vedo... un cubo. Un cubo?
Su di un tavolo quadrato e bianco, fa bella mostra di sé un cubo di quindici centimetri per lato, valutato ad occhio e croce. Sembra molto scuro, forse nero, di metallo. Mi ricorda stranamente un meteorite che vidi in Namibia, fatto di una lega di metalli. Non può essere! Quando mai si sono visti meteoriti perfettamente quadrati?
Dallo stupore non riesco a pensare a nulla. Sembro una statua. Non muovo un muscolo. Guardo se si muove. Non si muove. Mi avvicino appena un po’.
Non percepisco calore dall'oggetto, ma una intensa energia naturale né buona né cattiva, come quando si è vicini ad una grande cascata, una montagna molto alta o anche a Stonehenge.
Giro intorno al tavolo. Guardo il cubo. Nulla. Lo tocco? Ma, no magari ci lascio l'impronta e appare un dito enorme che indica: "è stata lei!!!!"
Chissà se scotta o è velenoso, meglio trovare qualche cosa per saggiarne la consistenza. Non so cosa mi fa venire in mente la borsa di Mary Poppins, quella che conteneva qualsiasi cosa, anche un attaccapanni. Chissà se si può aprire...
Meglio trovare un attrezzo in casa... Mentre riattraverso la porta mi accorgo che non c'è la maniglia o la serratura dalla parte interna. Ma che furba sono stata! E se si chiudeva mentre ero dentro? E se non fossi più riuscita a uscire?
Trovare logicità in una situazione pazzesca come la mia pare da psicopatici, eppure rientro nell'appartamento e cerco un "fermo porta". Trovo un buca fogli da ufficio e mi trascino una sedia per tenere aperta la prima porta, quella dello stanzino, non si sa mai.
Ho una sete pazzesca, in casa c'è solo acqua, niente birra. Bevo l'acqua e mi riprometto di fare un po’ di spesa... dopo aver sbirciato cosa c’è dietro alle altre porte. La situazione è talmente strana che mi dispiacerebbe se tornasse "normale" e io non l'avessi esplorata. So di essere perfettamente sveglia perché quando dormo, i miei sogni sono molto più strani. Non so se questa sia una
consolazione...
Rientro nella stanza circolare con il buca fogli in mano. È il turno della terza porta a sinistra.
Terza porta a sinistra
Apro piano piano una spanna alla volta e vedo... piante. Tante piante. Avete presente quelle belle serre sette-ottocentesche in ferro e vetro? Bene, togliete il ferro e tenete il vetro. Sostituitelo con una struttura che assomiglia a viticci di vite e composta da quello che sembra legno rinforzato e avrete un'idea dell'ambiente. A differenza delle serre normali questa, ammesso che lo sia, non ha corridoi con acciottolato, piastrelle o altro, ha solo erba. Bella folta direi. Le piante sembrano essere tutte palme e, nella loro ombra, ci sono tantissime orchidee. Lontano, nel corridoio che ho di fronte, vedo un'enorme palma... in vaso. In vaso? Mah! Metto il mio ferma porta di fortuna e faccio una decina di i nell'erba. Sembra non ci sia nessuno e decido di proseguire per un po’. I colori sono stupendi, le varietà di orchidee sono tantissime.
Possibile che io sia stata così fortunata da vedere ogni specie nel massimo della fioritura? Non saranno di plastica? Mi avvicino, le guardo e le riguardo per un pezzo... non lo sono. Meno male.
Non si sente alcun rumore, per ora non c’è nessuno, ma durerà? Questa serra sembra così curata... e se arriva che gli dico? Scusi, ma mentre aprivo varie porte nell'appartamento dove abito, mi sono trovata qua.
E se invece salta fuori un animale pericoloso, come un serpente, cosa faccio?
Non ho neanche un temperino per difendermi, meglio tornare indietro. Saluto per il momento la palma in vaso che ho deciso di chiamare Jack, torno indietro, mi riprendo il buca fogli e chiudo la terza porta.
Quarta porta, sempre a sinistra
Speriamo che non ci sia un assassino munito di accetta dietro la porta...
Apro piano, piano... anche questa è ben oliata... e anche qui c'è una luce bianca di sottofondo. Spalanco la porta e vedo...un mantello e una spada. Il mantello è indossato da un manichino, è lungo fino a terra e ha uno di quei bellissimi cappucci sul tipo del monaco medievale. Intendo quello che, una volta alzato, non ti permette di vedere il viso. Mi avvicino, dopo aver messo il ferma porta, per vedere di che materiale è composto. Potrebbe essere un misto lana seta, visto il colore cangiante. A seconda dell'angolazione della luce può essere blu, nero, viola scuro o verde cupo. È veramente bello e poi io adoro i mantelli!
Finalmente qualche cosa di non minaccioso! A parte la spada che mi pare particolarmente tagliente, anche se bellissima nella sua semplicità. E dove è posta questa non enorme spada? Ma è infilzata in un cubo! Ancora il cubo! Ma basta! Stavolta però è bianco e sembra di plastica ed è naturalmente più grande. Ve lo immaginate? Ecco a voi la famosa "Spada nel Polistirolo"! Una meraviglia.
Ah! Ma il mantello... non resisto, devo provarmelo subito. C'è in camera da letto un bello specchio per figura intera nell'anta interna dell'armadio. Prendo il mantello e mi dirigo in casa, lasciando le due porte aperte. Eccomi qua, lo indosso, apro l'armadio e... Mi cade a pennello! Sembrava grande come misura sul manichino! Invece no! Giro a destra, giro a sinistra, mi guardo dietro, artrosi cervicale permettendo, è perfetto. Sembra fatto per me. Adesso alzo il cappuccio e vediamo l'effetto intero.
Ecco qu... a? Qua dove? Non vedo niente. Mi guardo addosso. Mi vedo il mantello, vedo le mani che ho "tirato fuori", tutto normale.
Riguardo lo specchio
Niente. Ma come niente! Apro meglio l'anta dell'armadio... riniente. Saluto, faccio gestacci allo specchio, fra cui quello "dell'ombrello"... nulla. Santo Cielo! Mi scopro il capo e... eccomi lì. Una faccia stravolta, arrabbiata e bianca come un lenzuolo, incollata a una immagine che, come ho già detto, fa un figurone con quel mantello. Effettivamente pensandoci, ne ho sempre desiderato uno che renda invisibili. Che bello! Faccio un giro a York? E per far che? Non capisco molto l'inglese. Per non pagare gli ingressi ai musei e chiese? Mi sentirei una ladra.
Invece sarebbe utilissimo in Italia, cosa non darei per entrare non vista in Parlamento e sentire tutti gli intrallazzi... Potrei però utilizzarlo per esplorare l'ambiente che c'è dietro la terza porta... Può essere un'idea. Intanto lo riporto al suo posto e vado a vedere cosa si nasconde dietro alle altre.
Quinta porta
Come al solito apro piano, piano. Che buio! Non si vede nulla! Accidenti! C'è una lunga scala, sembra quelle che portano in cantina nei film dell'orrore. In fondo, ma molto in fondo, si intravvede un riverbero rossastro. Io soffro di claustrofobia e mi sento soffocare. Non me la sento di scendere. Non ora, almeno per adesso sono troppo scossa, con tutto quello che è successo oggi. Richiudo la porta.
Sesta porta
Non è ben oliata. Si sente un leggero "sgneeek" all'apertura.
È uno scherzo! Mi rifiuto di credere a una cosa simile. Per questo metto un alluce del piede nel nuovo scenario per saggiarne la consistenza. Regge. Cosa sto vedendo? Un cielo, con tanto di nuvole. Manca solo San Pietro con le chiavi. Ma per favore! Dopo aver messo il solito ferma porta, faccio un etto. Riregge. Mah, già che ci sono faccio qualche metro. Tutto uguale, sopra, sotto, di lato... monotono.
Sconvolta decido di rientrare in casa e pensare il da farsi. Anzi no. C'è l'altra porta.
Settima porta
Spingo timidamente. Non si apre.
Ci metto più energia, nulla.
Non arrivo alla spallata, ma quasi. Non cede.
Accidenti, non posso neanche guardare dal buco della serratura. Non c’è.
Rientro in casa e chiudo la porta dello stanzino, rimetto a posto la sedia e il buca fogli.
Bene, bene. Adesso mi rilasso e ci rifletto sopra.
Intanto vado a fare un po’ di spesa per la casa come se tutto fosse normale. Birra, latte, uova e una cosa non precisata da scaldare al microonde. Poi pasta e conserva, prendo anche le cipolle? Ma sì, cerco anche un po’ di origano secco. Prendo la pizza surgelata? Ma no, appena usciti da Lady Pecketts Yard, angolo con Pavement, c'è una pizzeria. Vuoi che costi un occhio? Non credo, c'è la comodità di avere vicino un pasto caldo sempre pronto. Uhm, per il mattino mi prendo un dolce? Meglio di no, a vederli sembrano pezzi di marmo questi dolcetti... Meglio un bar alla mattina con colazione non stantia.
Spazzo e spolvero un po’.
Ho un vero mattone nello stomaco, quindi non pranzo e bevo una birra. Non mi sento affatto rilassata! A questo punto esco e mi dirigo verso York Minster, la bellissima cattedrale. Attraverso il Pavement per imboccare una stradina quasi di fronte a dove alloggio. Sulla destra c'è una chiesetta e un signore davanti a essa con tanto di cartellone. Pubblicizza giri di York con fantasmi e horror incorporato, accompagnati da lui medesimo! Capirai! E se lo invitassi nel mio appartamento? Altro che presunti giri al cardiopalmo, gli verrebbe un'accidenti e basta!
Imboccata la stradina serpeggiante che porta alla cattedrale ammiro le case medievali, i negozietti e i bei fiori appesi un po’ ovunque. In ogni parte ci sono sciami di turisti che vagano beati e tranquilli. Che quadretto idilliaco!
I fiori appesi sia alle finestre che ai lampioni in Gran Bretagna hanno un aspetto saldo e funzionale. Mi riferisco invece a quelli che dimorano in Italia. Avete presente quando uno pensa: "aspetta che vado a camminare sul marciapiede... non si sa mai" e gli cade un vaso in testa? Almeno fosse composto da quelle belle rose inglesi, oppure da orchidee... o da iris.
Ve li immaginate i titoli dei giornali: "Donna centrata da splendido vaso di rose." Oppure: "Donna schiva una magnifica serie di orchidee in vaso, cadute accidentalmente dal quarto piano. Dichiara: che peccato, erano splendide!"
Invece in genere si tratta di gerani. Non che ci sia niente di male, ma insomma...
E poi giù a commentare come è stata fortunata o sfortunata la persona, a seconda se hai schivato o meno. Sfortuna? Dipende. Da cosa? Da quanto pesava il vaso, da quanto vento c'era, da quanto camminava veloce il pedone, dal numero di scarpe dello stesso e se queste avevano il tacco o meno. Dal fatto di essere arrivato prima o dopo il fattaccio per un ingorgo del traffico, dal fatto di avere imprecato contro lo stesso e non essere morto d'infarto per tale cosa, dal perché il vaso è stato spinto. È stato spinto da un gatto? Da uno che ha starnutito? Da un assassino che, vedendoti da lontano scendere dall'auto, ti aspettava con ansia per mandarti al creatore? Ci sono un'infinità di cause, basta modificarne una e il risultato cambia. Causa ed effetto, sta tutto qui il segreto, come disse quello che mise il piede sotto quello di un elefante.
Raggiungo la splendida cattedrale, costruita dal 1220 al 1472. Il "Cuore dello Yorkshire", la parte superiore della grande vetrata ovest, mi riconosce e mi sorride. Pago, entro nella navata e mi siedo nelle ultime file. La chiesa mi accoglie come una vecchia amica, la sua bellissima architettura sembra "cucirtisi" addosso, adattandosi alle tue forme e ai tuoi pensieri. Inspiro ed espiro e le strutture verticali della navata e del coro si allargano e si restringono a
seconda dell'ampiezza del mio soffio vitale.
Cara amica, cosa devo fare? Mi sono capitate cose incredibili! Devo lasciare tutto com'è e ignorare le ultime 8 ore? O colgo l'occasione di una vita ed esploro le nuove possibilità che mi vengono offerte?
La cattedrale sorride.
Io ho già la risposta e lei lo sa.
La cattedrale racchiude in sé una parte della vita degli uomini che l'hanno costruitale loro aspirazioni, le loro ansie, le loro speranze. Si sono celebrati riti religiosi dove i fedeli le hanno trasmesso l'energia positiva delle loro preghiere.
Appena si entra in un luogo di culto antico ci si sente più rilassati e inclini all'introspezione. Tutto è finalizzato a scendere in se stessi, o meglio nella propria psiche, nel miglior modo possibile.
Dopo un paio d'ore di questi e altri pensieri su tutto e niente in particolare, mi riavvio verso casa, abbastanza distrutta dalla giornata intensa. Mi correggo... stanca sì, ma non così tanto da non scattare foto a tutto e a tutti come un'ossessa, ovvero come una turista qualsiasi.
LA SVOLTA
Stamane è il grande giorno. Mi sento le gambe come due budini.
Ho deciso di iniziare dalla seconda stanza cioè dal cubo. Mi incammino verso l'ingresso e apro la famosa porta, bloccandola con la famosa sedia dell'altra volta.
Sono armata di:
– buca fogli
– cucchiaio di legno trovato in cucina
– pinze in metallo da cucina
– coltello a lama lunga
– forbici (forbici?)
Apro la porta e mi avvicino, dopo aver posizionato il mio buca fogli, all'oggetto del mistero. Gli appoggio sopra il cucchiaio di legno per vedere se reagisce in qualche modo... Niente. Tocco il cucchiaio per sentire se è caldo. No, è come prima. o alla pinza, picchio leggermente sul cubo per sentire che suono scaturisce. Metallico, ci avrei giurato. Prendo il coltello e provo a saggiare i culmini dei lati per vedere se c'è una fessura, nel caso si possa aprire.
Niente. Uffa, ma che roba è? In fondo non sarà un leone!
Lo afferro con la mano destra... ma com'è pesante! Non riesco a sostenerlo con una mano!
Prima che scivoli e cada devo usare anche l'altra... Tump, il cuore perde un colpo.
Vedo la terra.
Intendo il pianeta terra. Mi trovo a una distanza imprecisata fra il nostro pianeta e la luna.
Non sono su un'astronave né sulla stazione spaziale internazionale, ma sto fluttuando. Ho il cubo stretto fra le mani che, per fortuna, ora è leggero come una piuma. Non riesco a pensare all’assurdità della situazione perché sono travolta dalla bellezza.
Sto guardando il lato scuro della terra, la parte notturna credo. È invasa da fiori di luce, che a volte, si raggruppano in splendidi bouquet. Guardo il cielo. Quante stelle! Anzi sono più stelle che cielo.
Sembra che ti stiano cadendo addosso, ne sono circondata, quasi assediata. Guardo la luna, è come si vede in televisione, per un attimo mi viene l'idea di andare a vedere nel punto dell'atterraggio se c'è la bandiera. Ma in fondo che
importanza ha? Magari un'altra volta, adesso voglio godermi l'attimo che non è mai stato così fuggente. Attendo di vedere la parte illuminata della terra, non oso muovermi da dove sono. Ammesso che qualcuno mi possa dire dove sono.
Eccola finalmente! È magnifica, un globo verde-azzurro.
Sembra un essere vivente. Mi commuovo
E poi torno la solita di sempre, penso alla razza dominante, una razza che si scanna per i propri interessi. O peggio per quelli che pensano essere i propri interessi. La mente, quanti danni può fare e com'è difficile dominarla.
A proposito, allo stupore non ho provato neanche a muovermi, chissà balzando come un canguro dove posso arrivare! Cerco quindi di muovere un piede. Macché, pare ingessato. Provo l'altro... idem.
Che peccato, avevo quasi pensato che, visto che ero qui, mi sarebbe piaciuto vedere Mart... eeee! Caspita, ecco come si fa, devo pensare a l'obbiettivo da raggiungere.
Che bello Marte! Ma non è rosso rosso come mi immaginavo. Sapete quei deserti che ci sono anche sulla terra, come in Namibia, in Mongolia o in alcune parti del Sahara dove la sabbia è cangiante nelle tonalità di rosso più o meno intense?
Ecco, è così. Fa un certo effetto… Potrei dire una banalità come "è incredibile
come può essere simile alla terra nella sua diversità" ma ve la risparmio.
Adesso che riesco a pensare, perché si fa l'abitudine a tutto purtroppo, vedo la pericolosità della situazione. Se arriva un meteorite, visto i crateri che sto vedendo sulla superficie? Mi attraversa o mi travolge? E se mi metto a pensare inavvertitamente al sole o ad una stella qualsiasi e ci vado vicino, mi polverizzo? Ahimè.
Uhm... Proviamo a tornare? Penso a York. Nulla... A casa in Italia, men che meno.
Stacco una mano tenendo ben saldo nell'altra il cubo?
Ecco il tavolo e la stanza illuminata. Ce l'ho fatta! Sono un genio! Non vorrei commenti su quest'ultima mia affermazione...
Sono stanchissima! Rimetto il cubo al suo posto, esco dalla stanza non prima di avere ripreso con me tutte le cianfrusaglie che mi sono portata dietro.
Rientro in casa. Che avventura meravigliosa! Sono distrutta. Per fortuna c'è quella bella vasca demodé che mi aspetta, corredata da quel bagnoschiuma, costoso, che ho comperato.
Ahhhh... ci voleva proprio...!
Guardo le bolle tonde, tonde... quasi ipnotiche.
Ho corso un bel rischio. Analizziamo cosa so più di prima.
1– se sono diventata pazza, riesco comunque a ritornare indietro ad avere una parvenza di normalità. Scusate se è poco.
2– la porta conduce in un ambiente reale, per lo meno per me.
3– non lo posso dire a nessuno, tanto non mi crederebbero.
4– gli ambienti raggiunti tramite la porta potrebbero comportare pericoli.
5– se io posso entrare, c'è qualche cosa che può uscire?
6– posso inquinare questo mondo riportando addosso qualche cosa che non conosco? Per esempio attaccato alle scarpe?
7– chi me lo fa fare?
Per il punto 6 posso fare ben poco, nel senso che non ho sconoscenze tali per evitare tale possibilità che spero comunque sia remotissima. Cercherò di usare le normali precauzioni igieniche sperando di non essere inseguita da un'animale
feroce che non mi lasci il tempo di trovare una soluzione prima di riattraversare la porta
La risposta al punto sette è semplice: io.
I punti 1, 2 e 3 si commentano da soli.
Mi tormenta il punto 5. Le porte si aprono tutte verso l'interno delle stanze e sono quindi impossibili da bloccare. Le porte NON hanno maniglie dall'altra parte, quindi se si chiudono per errore.... e, come ho già detto, non hanno serrature. Quindi in teoria, molto in teoria, non dovrebbe poter uscire nulla, se sono chiuse.
Il nocciolo della questione è il punto 4 Come evitare di essere fatta a fettine mentalmente e fisicamente da esperienze surreali?
Risposta: usiamo il benedetto mantello che rende invisibili nella stanza n.4. A questo punto sembra lì che mi stia aspettando.
Ah! Finalmente ho avuto un'altra genialata! Rilassata e contenta esco dalla vasca e mi riscaldo un "non so che" al micro onde. Come si suo dire... ciò che non ammazza ingrassa. Comunque non ho voglia di uscire. È un presto, sono le 19.00, ma appena mi sdraio sul letto, mi addormento immediatamente.
LA PORTA NUMERO TRE
Ah! Che bella giornata! Ho aperto le finestre e c’è il sole!
Che banalità! C’è il sole? Perché dove doveva essere? Certo che c’è il sole! Non è che ieri fosse nascosto nella cintura di Orione e ci fe "cucù" da dietro l'ultima stella a destra. I modi di dire sono buffi. C’è sempre qualcuno che dice: "ah, se non ci fosse il sole noi non esisteremmo!" E chi te lo dice? Qui magari no, ma lo spazio è molto grande.
Riuscite a pensare che cretini, ladri e leccapiedi non possano esistere? Impossibile. Troverebbero comunque un posto. Sono inesauribili.
Chissà se abiterebbero pianeti diversi o uno soltanto?
Pensate ai cretini. Potrebbero essere bianchi, rossi, gialli e, perché no, verdi! Dalla qual cosa si deduce che l'insulto "che razza di cretino!", non sarebbe più tale ma sarebbe una semplice richiesta di informazioni.
Poi ci sarebbero i cretini cretini, i cretini ladri e i cretini leccapiedi e, naturalmente, i cretini ladri e leccapiedi. Propendo a credere che, in questo caso, sia la prima categoria a soccombere.
Poi ci potrebbero essere i ladri ladri, i ladri cretini e i ladri leccapiedi e i ladri cretini e leccapiedi. Prevarrebbe la prima in questo caso.
Avete mai visto un leccapiedi cretino? Io no. Quindi togliamo i leccapiedi cretini. Rimangono i leccapiedi leccapiedi e i leccapiedi ladri. Quale dei due
prevale? Mah, una bella lotta.
Quale categoria sarebbe la preminente nel caso fossero tutti stipati su di un pianeta? È una bella domanda, merita una riflessione approfondita.
Forse si sparerebbero in orbita alla conquista di un pianeta tutto per sé, per una sola categoria intendo. Ve li immaginate i titoli dei giornali?
– I cretini alla conquista dello spazio!
– Spazio ai cretini!
– Il capo dei cretini ha dichiarato: "Invaderemo l'universo! Scopriremo altre forme di vita e diremo alle popolazioni attonite: noi siamo i cretini!"
Che meraviglia.
Ladri e leccapiedi devono essere comunque al seguito di qualcuno, altrimenti non potrebbero esistere. Posso quindi pensare che si spalanchino una varietà situazioni e possibilità che li riguardano, tutte da valutare.
Sto divagando e prendendo tempo.
Oggi ho deciso di varcare con armi e bagagli la terza porta e ho una paura della malora. Dopo aver preso sedia e buca fogli mi dirigo prima verso la quarta.
Ecco là il mio bellissimo mantello e la spada. Che io voglia o no, bisogna che mi equipaggi con un'arma, anche solo per tagliare una fune o rimuovere un ostacolo.
Di malavoglia rivolgo la mia attenzione alla spada nel polistirolo, anche perché se è lì ci sarà un motivo. A prima vista ha una fattura molto semplice, sembra una di quelle usate dai Crociati nel medioevo che si vedono nei film d'epoca.
Non nascondo che mi sento un po' re Artù, con le dovute differenze naturalmente. Mi avvicino cautamente e quasi pesto qualcosa che è appoggiato per terra. È una guaina attaccata a una cintura.
La metto da parte per il momento e mi concentro sull'arma. La estraggo piano piano. È facilissimo, non c'è attrito e la spada non pesa molto. È lunga in tutto 80, 85 centimetri, è ben affilata. La sua impugnatura termina con un cilindretto in metallo senza nessun fregio e l'inizio della stessa ha una specie di leggera mezza luna, rivolta verso l'esterno, che protegge la mano e la blocca, in modo che non scivoli. Insomma nel complesso ha l'aspetto della solita croce, anche se la parte più piccola è quasi una mezza luna e non è diritta.
Impugnandola, l'alzo verso l'alto, tutta la luce sembra che si concentri su di essa.
Illuminato dal favore del Creatore mi sento un Crociato che, senza macchia e senza paura, affronta i pericoli e le sue fobie per il bene supremo. Manca solamente la musica epica di sottofondo...
Chissà chi stabilisce cos’è il bene supremo e quando si raggiunge? Ci sarà un traguardo con tanto di coppa, alloro e gente festante? Fotografi? Majorette? Mah!
Adesso mi concentro sulla cintura, così rinfodero la spada e indosso il tutto. Nell'interno c'è, cucito e annodato con due stringhe, un sacchettino che, scosso, tintinnano! Questo proprio no! Giuro che se è una banalità come un anello, mi travesto da tacchino, mi metto in testa una vaschetta rovesciata di gelato che mi cola sulla faccia e corro per tutta York gridando: "Sono arrivati gli alieni!" Apro stizzita la piccola scarsella e... meno male che non mi devo travestire. NON è un anello... sono DUE. Anche belli per essere precisi.
Vi ho già detto che senza occhiali non vedo un bel niente? No? Beh, ve lo dico ora.
Ho con me uno zainetto contenente i suddetti, una macchina fotografica compatta, cerotti, fazzolettini disinfettanti, fazzoletto, pettine, soldi (soldi?) e aporto (aporto?) Mah!
Inforco i suddetti e analizzo gli anelli. Sono belli lucidi, sembrano nuovi. Sono entrambi color rame e metallo comune, forse argentato. Sono larghi un centimetro o forse un centimetro e mezzo. Il primo è diviso in due parti che RUOTANO su se stesse, nel senso che, tenuta ferma una, l'altra ruota, e il secondo in tre.
Primo anello:
– la prima parte di colore del rame ha una piccolissima pietra bianca incastonata.
– la seconda parte ha scritto "in" e "out" un poco distante ed è di colore metallico.
Secondo anello:
– la prima parte di colore metallico ha un a piccolissima pietra blu incastonata.
– la seconda di colore del rame ha un simbolo "–" e dei numeri da 0 a 9.
– la terza di colore del rame ha solo numeri, da 0 a 9.
A parte lo stupore per tanta complessità, ma anche sugli anelli è scritto in inglese? Perché non in italiano, cinese o turco? Cos'è, li vendono su internet?
Comunque non posso ignorare almeno il primo anello perché, come ho già detto, se ci sono serviranno a qualche cosa. Mi lego alla vita la cintura comprensiva di spada, indosso lo zainetto spartano e tengo in mano il primo anello. Provo a indossarlo posizionato su IN. Aspetto un attimo. Nulla. Lo posiziono su OUT. Nulla di nulla.
Uhm...
Non pretendevo certo un libretto di istruzioni... Ma insomma...
Rientro in casa lasciando aperte le due porte. L'anello è sempre posizionato su OUT. Lo giro su IN e… pfaff!!!! Sono di nuovo nella stanza n. 4 Magnifico! Ripeto l'esperimento un paio di volte con sempre lo stesso risultato logistico e in più con una bella nausea.
Comunque sono soddisfatta, nel caso le cose si mettessero male, basta girare l'anello... forse. Prendo un'altra sedia dall'appartamento per tenere aperta la porta della quarta stanza e mi riprendo il buca fogli.
Sono pronta per la terza porta.
Eccomi con armi e bagagli mentre la attraverso. L'ambiente è come l'ultima volta, pieno di palme ed orchidee. Che bellezza! Ho indossato il mantello, il primo anello, ho la spada e la macchina fotografica a portata di mano, che può succedermi?
Imbocco il corridoio erboso impettita e sicura come un pollo. Mi avvicino a Jack e lo saluto con la manina.
– Ancora tu??!!? Ma che vuoi???
Mi blocco. Silenzio. Mi guardo in giro... nessuno. La voce l'ho sentita bene, forse non diceva a me. Guardo e riguardo... niente.
– Oh, ma sei sorda?
– Dici a me?
– Allora sei solo scema, e chi se no? Ci sei solo tu!
– Ma chi sei?
– Tua nonna!!!!!!
Comincio a sudare abbondantemente.
– Scusami tanto ma non riesco a vederti.
– Non è vero, mi vedi benissimo! Ah... porti anche del metallo... scommetto che è un'arma... Uff! Che rompiscatole ottusa!
Adesso ho un attacco di gastrite.
– Ma come fai a vedermi?
– Vederti? Perché secondo te ho gli occhi?
– Ah...!
– Ah! che?
– Ah, capisco... sei uno spirito...
– Ah! Ah! Ah! Roba da pazzi… e cosa sarei secondo te, gin? O forse whisky? O quell'altro tipo con un lenzuolo in testa che fà: BUUUHHH! negli angolo oscuri???? Ah, Ah, Ah!
Non riesco a capire con chi o con cosa sto parlando. Mi sento un verme. Mi viene un’idea: che sia un verme parlante?
– Uh Uh! Ah! Ah... un verme parlante... Ah, Ah, Ah!
Adesso che ci faccio caso... in effetti io sto parlando, ma la voce che ascolto mi sembra che sia nella mia testa. Infatti come fa a sapere del verme? Io non ho detto nulla. Sarà telepatia??
– Beh, sono contenta di averti fatto ridere. Cosa sei?
– Più sveglia di te di sicuro... Io sono ciò che tu chiami Jack.
– No! La splendida palma nel VASO?
– Grazie della splendida, in effetti… Comunque io sono Adelaide, consigliera del Gran Patriarca Emerald IV... e questa è casa mia. O per lo meno una delle mie case.
– Caspita! Io sono Elena... e basta. Non ho altri titoli. Mi dispiace moltissimo di essere entrata in casa a tua insaputa e senza invito.
– Uff… Elena e basta! E basta? Entri in una maniera che non ho capito in casa mia eludendo gli altri e ti definisci "e basta"? Non credo proprio.
Meccanicamente mi tolgo il cappuccio dalla testa.
– Ma perché sei nel vaso?
– Perché? Ma a te piacerebbe are la vita fissata con radici e tutto in unico posto?
– Beh no, certamente no.
– E perché dovrei farlo io? Non mi rispondere che sono una palma altrimenti ti do una foglia in testa.
– Comunque vorrei ancora scusarmi...
– Uff...
– .... e chiederti come posso sdebitarmi per la mia maleducazione...
– Ascoltami bene "Elena e basta". Prima di tutto fammi il piacere di usare l'arma che porti solo ed esclusivamente in caso di grave pericolo. Ho l'impressione che, se la maneggi, come minimo ti cade di mano e ti tagli un piede.
– Beh, sì, in effetti....
– Seconda cosa. Come cavolo sei arrivata qui?
– Bella domanda....
– Uff… ovvio, te l'ho fatta io.
– Nell'appartamento dove sono in vacanza, ho scoperto sette porte. La prima conduce a una stanza circolare nella quale si aprono altre sei porte. Aprendo la
seconda porta a sinistra si vede un cubo su un tavolo, aprendo la terza si vede l'ambiente in cui siamo ora. Aprendo la quarta, si vede il mantello che indosso, mentre per la quinta si vede una lunga scala che scende verso il basso. Per la sesta porta si accede a un cielo pieno di nuvole e la settima non si apre. In questo momento, non percepisci una porta aperta?
– No, è questo che mi lascia perplessa. Non "vedo", come dici tu, un bel niente. Ti sei materializzata in un punto delle mia casa, ma non avverto altro. Ma questa "prima porta" si "vedeva" bene o hai fatto qualche cosa per renderla concreta perché era evanescente?
– Non, no ho fatto nulla. È una bella porta però.
– Perché se era brutta...
– L'avrei aperta lo stesso.
– Uff!!!!!... Umm, comunque questa sì che è una storia strana, voglio rifletterci sopra. Hai mai sentito una storia più strana Jade?
– Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhgh!
Che spavento! Mi giro e vedo un essere di circa una metro e ottanta, vestito con una semplice tunica grigio/verde. Ha belle mani affusolate e carnagione delicata molto chiara, il viso sembra un po’ triangolare, con un mento aguzzo. Ma sono gli occhi ad affascinarmi. Sono completamente neri, ricordano quelli di un
colibrì anche se sono a mandorla anziché rotondi. Belle sopracciglia arcuate e bocca piccola e sottile completano il viso. Un naso importante dà un aspetto deciso all'insieme. I capelli sono sciolti e lunghi fino a metà schiena, di una varietà di colori, dal rosso ruggine al verde foresta. Fra i capelli ci sono piccole foglie secche e rametti di non so quale pianta. Credo siano un ornamento.
– Ma cosa urli!!!!!!!!!!!!!
– Mi sono spaventata, non avevo sentito nessuno avvicinarsi.
– Ma va? Comunque questa è Jade, la mia assistente. Jade questa è "Elena e basta", un'umana piovuta da non so dove.
– Veramente Elena è già sufficiente. È un piacere conoscerti. Scusa delle urla, oggi non faccio niente altro che fare delle cose stupide.
– Non importa, il piacere è mio. Dici di essere entrata tramite una porta? Anche io, come Adelaide, non ne vedo – chiede la creatura
– Che situazione imbarazzante... E adesso cosa pensi di fare? Vuoi denunciarmi? Vuoi che me ne vada? Nel caso mi dispiacerebbe moltissimo… ci tenevo tanto a vedere il tuo mondo...
– Perché, denunciarti ti andrebbe bene? Mah, sei in casa mia e non mi sembri una minaccia, se non per te stessa. In fondo se fosse capitato a me avrei fatto la stessa cosa e vorrei vedere il più possibile. Ti permetto di andare a una
condizione, devi raccontarmi le tue impressioni. Ricordati che per ritornare alla porta devi per forza are di qui e io lo saprò.
– Grazie Adelaide... Sei molto generosa. Solo una domanda.
– Uff.
– Tu mi hai chiamata umana, con ragione, ma tu come ti definisci e, se posso permettermi, come definisci Jade?
– Uhmmm… diciamo che TU definiresti noi come elfi. Siamo molte razze... ma sì... credo che elfi sia il nome esatto, anche se molto generico. Ora vai che voglio stare un po' in pace.
– Bene, allora grazie di tutto per ora. A presto Adelaide, a presto Jade. – Che strano, penso, mi hanno lasciata andare senza problemi.
Mi incammino su un sentiero erboso che sembra conduca fuori dalla specie di serra e/o casa di Adelaide dove mi trovo. Non penso a nulla fino a che non sono fuori. Una bella porta arzigogolata mi conduce all'esterno.
Che faccio adesso? Meglio che alzi il cappuccio del mantello perché se è vero che Adelaide mi ha percepito, non è detto che gli altri possano farlo. Inoltre bisogna che impari a camminare facendo il minor rumore possibile restando nell'ombra.
Sono in una piccola radura, tutta fronzuta, nel senso che è circondata da bellissimi grandi alberi di varie specie. Ah! Che aria pura! Si sta veramente bene, dovrebbe essere tardo pomeriggio a occhio e croce e c’è una bella luce obliqua che si diffonde da un cielo disegnato da nuvole.
Dall'altra parte della radura si intravede una casetta a un piano, con tetto in canne. Anzi, sarebbe così se non fosse intrecciato saldamente con i rami degli alberi vicini, tanto che sembra un prolungamento degli stessi. Le pareti sono intonacate di bianco con dedizione finestrelle con l'intelaiatura colorata di verde.
Mah, quasi quasi vado a sbirciare dentro, tanto non c’è nessuno nei paraggiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii...
Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh!
Ahi, ahi che botta! Che male! Sono caduta in una buca! Giaccio stordita nel fondo per un po'. Ho battuto la schiena e la testa…vedo annebbiato. Mi pare di avere sotto di me della paglia…meno male che non è un pozzo con acqua o lance appuntite. Sembra che non sia fatto per uccidere. Sì perché è una buca scavata, non è naturale, sento le pareti lisce al tatto. Spero di non avere niente di rotto, muovo un piede, poi l'altro... le gambe sono a posto, ma non riesco a muovermi, figuriamoci ad alzarmi.
– Aiuto! Aiuto!
Silenzio, non c'è nessuno.
– Aiutoooooo! Aiutooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
– Elena! Elena! Dove sei? Sono Jade!!!!!!!!!
– Aiuto! Sono nella buca! Non è molto lontana dall'uscita della casa di Adelaide...
– Eccomi, sono qua! Ma dove sei?
Vedo infatti un'ombra che si staglia nel cerchio luminoso dell'entrata della buca.
Acc... Il cappuccio... Con fatica lo faccio cadere sulle spalle…
– Aiuto Jade! Non riesco a muovermi...
– Adesso ti vedo, vado a chiamare gli altri… stai tranquilla, ti tiriamo fuori.
– Grazie, grazie! Fai con comodo, tanto io non vado da nessuna parte.
Ah! La mia cervicale! Ho tutto il collo che fa: "cric – crac"! È tutto "incricato"...
Mentre mi lamento e mi compiango, sento un trambusto fuori la buca. Intravedo delle travi con una specie di carrucola. Si sente uno "sgnic – sgnic – sgnac" sospetto. Si affaccia Jade.
– Ehi, come va laggiù? Adesso ti caliamo una fune con attaccata una mini barella, devi sdraiartici sopra se ci riesci. Prova, altrimenti veniamo giù noi ad aiutarti.
– Grazie!
Splattttthhh! Caspita, che velocità! Per fortuna che è di corde altrimenti mi ammazzava. A parte il buio, non capisco dove mi devo infilare le corde...
– Jade! Da sola non ci riesco...
– Ok, viene giù Adamantis a darti una mano.
In men che non si dica si cala, tramite una fune, un ragazzotto alto e muscoloso. Che fisico! Sembra uscito da un telefilm americano. Mi aiuta e poi fa un fischio che, suppongo, voglia dire: "tirate su!"
Si sente una specie di... Oh! Issa, oh issa! Cerco di darmi un contegno ma vengo tirata su come un sacco di patate. C'è una piccola folla di elfi, saranno una ventina. Adamantis, già sbucato dal sottosuolo, mi guarda con curioso distacco. A parte la prestanza fisica, ha un bel visone biondo con occhi verdi. La pelle è tendente al verde e ha le famose orecchie a punta, insomma è un elfo come ce li
immaginiamo di solito.
Altri invece assomigliano a Jade, hanno cinture con attrezzi e mantelli aperti davanti.
Curiosamente ci sono anche personaggi più piccoli, sono alti come me o anche meno. Alcuni sono proprio strani, saranno un metro e mezzo e sono massicci come le rocce. Bianchi i capelli e la barba lunga, hanno colorito grigio medio e vestono colori sgargianti, arancione, giallo e rosso. Sono muscolosi e ti danno una sensazione di gran calma.
I più piccoli saranno alti un metro. Vestono una specie di tutina aderente verde con sopra una tunichetta corta più scura, chiusa in cintura da corde colorate intrecciate. Hanno un bel viso, capelli castani corti, occhi come i gatti e una leggera peluria nocciola chiarissima sulla pelle. Mi stanno guardando con occhi interrogativi.
Mi stupisce moltissimo la varietà di popolazione riunita in un solo piccolo luogo. Mi sarei aspettata un solo gruppo omogeneo di elfi... sarà un caso? Il caso non esiste. Perché non ci sono guardie? Ma forse sono io che non le vedo.
Per ora mi preoccupo solo di lamentarmi.
– Ahia, ahia... Grazie a tutti, siete stati molto gentili... ma che cos'è quella buca Jade?
– Per i Pgnixit.
– Eh?
– Gli gnomi, invadono le case e rubano quanto possono, dai fiori al cibo. Loro non vedono le trappole, ma a quanto pare neanche tu. Adelaide mi ha mandato a raggiungerti appena si è ricordata di non avete detto delle buche e… del resto. Riesci a camminare?
– Non tanto... non mi reggo in piedi... e mi gira la testa...
– Allora andiamo a casa mia, è vicinissima, è quella villetta laggiù. Ti aiuto io.
Così entro nella casa senza stratagemmi o spiate dai vetri. C'è un minuscolo ingresso, giusto per togliersi le scarpe, e poi il soggiorno pieno di… piantano credo che ci sia della carta da parati alle pareti, comunque non si vede nulla perché sono letteralmente tappezzate di rampicanti fronzuti. L’arredamento è molto semplice: un bel tavolo da sei in mogano con sedie non convenzionali, una cassapanca, un mobile per piatti e varie, il televisore cinquanta pollici, e un magnifico divano morbinoso e comodo so dove mi stendo dopo essermi tolta il mantello e la spada.
Oramai è sera e Jade mi porta una tisana e unguenti vari.
– Tieni, bevi questa ti farà bene. Adelaide è stata subito informata. Puoi restare qui stanotte. Adesso girati che ti spalmo il balsamo sulle contusioni poi preparo
la cena – dice Jade.
– Grazie, chissà che risate si è fatta, sono così maldestra. Mi dispiace darti tanto disturbo.
– Nulla, non ti preoccupare.
Per ora non faccio altre domande per non essere magari scortese involontariamente. L'unico fatto certo è che se avessero voluto farmi del male lo avrebbero già fatto. Non credo nella santità dalla nascita delle persone e men che meno di altri esseri. Come diceva, più o meno, un famoso italiano "a pensar male si fa peccato ma alle volte ci si prende"... Uhmmm... a meno che io non gli serva a qualche cosa o mi debbano chiedere informazioni di qualche tipo.
Comunque decido di godermi l'esperienza, a parte il dolore, e tenermi ben stretti gli anelli. Nel mentre rientra dalla cucina Jade.
– Come va? La cena sarà pronta fra poco. Se hai bisogno del bagno è dietro a quel ficus laggiù.
– Se non mi muovo, molto meglio, grazie. Quella tisana è poi miracolosa, sta facendo effetto ed era anche molto buona.
Arriva la cena, composta da una minestra, almeno credo, e da un purè vegetale, sembra.
– Slurp, slurp... che buono! Gnam, gnam, veramente delizioso.
E poi dolcetto di zucca, forse.
– Bene, ti lascio una tisana per la notte così puoi dormire più tranquilla. Domani Adelaide mi ha autorizzato ad accompagnarti a fare un giro nei dintorni, se te la senti. Se hai bisogno sono dietro alla pianta di camelie... Buona notte.
– Buona notte.
Come se sapessi com'è fatta la pianta di camelie… Comunque sono contenta di poter riflettere un po' da sola. Decido di approfittare l'indomani del giro turistico offertomi, terrò occhi e orecchie ben aperte. La situazione non mi convince, come ho già detto. Voglio saperne di più sulle razze elfiche e sui loro nemici, perché tutti ce li hanno, quindi anche loro. Se si mette male posso sempre girare l'anello che indosso. Con questa consapevolezza che mi tranquillizza, sprofondo lentamente nel sonno, non prima di aver visto che, nel soffitto di canne e rami, pare siano apparse una miriade di lucciole chiacchierine.
È notte fonda. Mi sveglio per andare al bagno. Ahi! Che male dappertutto! Bella furba! Non ho chiesto a Jade se aveva un lampada. Beh, visto la graziosa piccola luce diffusa prodotta dalle lucciole, cerco di abituarmici e procedo verso il ficus.
Paff! Ramo nell'occhio... e ti pareva, un classico. Gesticolo alla cieca e trovo la porticina. Apro e provo meccanicamente a individuare un interruttore. Per fortuna c'è, con un "clic" si accende una luce bassa e soffusa, determinata, credo, da due faretti diretti al soffitto. Che bel bagno! Le pareti sono ornate da fusti di rampicanti senza foglie. A ogni "giro" di ramo, viene creata naturalmente un
nicchia dove sono posizionati a turno sali da bagno, saponi, salviette in colori naturali, piccoli vasetti di fiori colorati.
Rimbambita dal sonno e dalla tisana, questo spettacolo mi lascia a bocca aperta! Forse è per questo che non vedo un ramo o chissà cosa, inciampo e per poco non finisco diritta diritta con la testa nel water!
A proposito dei sanitari… Sono "contenuti" in tronchi, attorcigliati al loro esterno. Avete presente i pini molto vecchi nelle zone ventose? Quelli che si torcono su se stessi? È una cosa simile, sono intorno e a sostegno anche della vasca in ceramica che si riflette nello specchio che le è di fronte.
Beh, non c'è che dire, se fosse possibile avere da noi questo tipo di bagno, costerebbe un patrimonio! C'è anche una finestra con vetrate colorate.
Spengo la luce e piano piano apro la finestra… Fuori non è completamente buio, c'è il chiarore della luna. Abituo la vista e vedo dei movimenti furtivi nell’erba. Saranno gli gnomi? In lontananza nel bosco vedo gruppi di luci che si muovono ad altezza d'uomo. Riaguzzo la vista.
Ho visto un ramo torcersi! Strizzo gli occhi e aspetto. Ma certo! Le piante vicino la casa stanno muovendo rami e foglie!! Lo sapevo che non potevano non esserci guardie o esseri che sorvegliano... È la cosa che mi disturba di più. Nei miei viaggi mi è capitato di visitare nazioni dove non si vede polizia per strada ma tutto fila liscio come l'olio. In genere è perché i poliziotti sono in borghese e controllano senza essere individuati come tali.
Mi dà un fastidio terribile… Comunque fuori dalle mura di questa casetta
sembra che ci sia un via vai incredibile. Tutto questo perché ci sono io? Forse. Perché c'è Adelaide, solo per una consigliera? Uhmmm... mah! Richiudo la finestra e torno a dormire.
Si è appena levato il sole quando Jade mi sveglia.
– Salve! Come va oggi? Ti senti meglio?
– Mi sento come se mi fossero ati sopra con un Tir...
– Eh?
– Ah, no, volevo dire che sto meglio, ma che comunque sono STATA meglio di così nella mia vita, ma non rinuncerei per nulla al mondo al giro guidato che tu mi hai offerto gentilmente ieri.
Dopo colazione vedo, pronto fuori di casa, un bel calesse con tanto di cavallo bianco imbrigliato a esso.
– Uh, meno male. Pensavo con orrore a una cavalcata fra i campi. A parte il fatto che non lo so fare, immaginavo il povero cavallo sfiancato sotto il mio peso...
– Che esagerata... – commenta Jade.
Monto sul calesse, ovviamente dal lato del eggero, impaziente ed incuriosita. Jade imbocca un sentierino che parte sulla destra della casetta e si inoltra fra gli alberi.
Cloppete e cloppete... il cavallo trotterella pian piano, ma io sono sulle spine lo stesso. Sono agitatissima ma non so dire il perché Cerco di mettermi più comoda e di fare un bel respiro. Così facendo alzo gli occhi e vedo... altri occhi che mi guardano.
Naturalmente sono attaccati a degli elfi. Non potrei dire che sono fra i rami, piuttosto sembrano guardarmi da una erella… anzi no... sembra un intreccio di rami che forma una strada aerea, fra gli alberi. Guardo e riguardo e ne vedo ovunque.
– Jade, scusa. Quanti elfi che ci guardano! Assomigliano ad Adamantis!
– Sì, in effetti appartengono alla sua razza. Vivono sugli alberi e sono ottimi arcieri e cavalieri, se così si può dire. Hanno case, guaritori e templi solo per loro, in genere non si mescolano con gli altri. Hanno anche ottimi maghi. Ti porterò più tardi al loro albero principale.
Caspita, sono talmente belli che sembrano finti. Chissà se si seccano se li saluto...
– Ehi! Ehila? Ciao! Ciao! Come va?
Immobili, sembra di salutare un muro. Mi viene l'idea di fagli una "boccaccia" ma mi trattengo, in fondo sono a casa loro e mi sembra di aver già scorto qualche sopracciglio alzato al mio aggio.
Ci sono anche donne, chi con una veste lunga e chi con una tenuta che definirei da cavallerizza con i capelli acconciati in una treccia.
Cloppete, cloppete.
Stiamo uscendo dalla foresta più fitta e si cominciano a vedere le... case. Sono tante, sono ovunque e molto diverse una dall'altra. Ci sono quelle, poche, che sembrano la villetta di Jade, anche se con meno rami intrecciati per il tetto, altre subito non le ho neanche viste, ricoperte quasi interamente da ortensie di vari colori.
Le ho notate solo quando un elfo ne è uscito. È della razza più piccola, vestito con la tutina verde, la tunichetta e la cintura di corde colorate. Non capisco se le ortensie siano parte portante della struttura o la ricoprono solamente. Comunque fanno un figurone sia nel primo che nel secondo caso.
Vedo poi altre case costruite con pietra arrotondata, non squadrata. Sono intorno a un collinetta... anzi no… la compongono. Hanno belle porte rotonde in legno colorato. Sono abitate da quegli elfi vestiti con colori vivaci e dall'aspetto massiccio. Hanno dei bellissimi occhi intelligenti, mi sembra addirittura che mi stiano guardando divertiti.
Cloppete... cloppete...
– Jade, avete gnomi alti due metri?
– Eh? Cosa te lo fa pensare?
– La buca. Deve essere almeno profonda quattro metri, a momenti mi ammazzavo. Forse gli gnomi sono provetti saltatori? Anche se fosse dovrebbero avere le gambe come una rana o le molle ai piedi per avere qualche speranza di uscire…
– Ovviamente non sono alti due metri. Sei stata fortunata, abbiamo buche anche più profonde e.... diverse.
– Chissà perché non ne sono sorpresa... Posso azzardare a dire che ce ne siano parecchie?
– Azzarda pure...
– Mah! Visto che ci siamo... non capisco se gli elfi che incontriamo siano stupiti da me o da te. È un'impressione sbagliata?
– Le impressioni sono molto personali e dipendono da come si guardano le cose.
– Caspita! Per essere un'assistente hai le risposte di un fine politico! Comunque
sia, ti sono molto grata per esserti occupata di me e di questo tour. Sono convinta inoltre che, fuori della casa di Adelaide, mi stessi seguendo... per mia fortuna. Come hai visto sono solo un essere umano con un mantello che può rendermi sì invisibile, ma che non cambia la mia natura, non sono magica e non rappresento una minaccia per voi.
– Così sembrerebbe... Capisco che tu abbia molte domande, ma per le risposte dovrai aspettare di tornare da Adelaide. Comunque non ho mai pensato a te come una minaccia.
Cloppete... cloppete...
Non è che l'ultima risposta di Jade mi tranquillizzi, chissà cosa intende. Come ho già detto, la cosa che mi sorprende di più è la quantità di personaggi che stiamo incontrando. Sto ballonzolando su questo calesse da un paio d'ore e sicuramente non abbiamo fatto chissà quanti chilometri, nonostante ciò ho visto moltissimi elfi e pochissimi campi coltivati. Orti sì, ma niente di molto esteso. Cosa mangeranno, aria? Saranno vegetariani suppongo. Animali non ne ho visti, mangeranno insetti? Se non fosse che lo ritengo impossibile, tutto quello che ho notato mi porta a pensare che sia una città con al centro la casa di Adelaide, come i nostri vecchi castelli medioevali erano al centro di zone abitate.
Comunque la visita di questi luoghi è magnifica. Il sogno di una vita. Mi piacerebbe anche parlare con tutti i personaggi che incontriamo, ma non si può pretendere troppo, per ora.
Cloppete... cloppete...
– Adesso ti porto al ponte, ti piacerà, così potrai anche scendere a fare due i.
Si sente in lontananza uno stridio che sembra provenire da animali alati...
Sono su di uno spiazzo con, al centro, una scalinata che scende. Ci siamo fermati.
No!... non... non è possibile...
Grifoni... grifoni alati! Volteggiano in cielo assieme a ippogrifi e aquile! Hanno la coda serpentiforme, testa d'aquila, corpo da leone e splendide ali piumate! Fra collo e ali, sono graziosamente sistemati dei eggeri! Probabilmente sono "cavalieri" o meglio grifonieri. Sono ancora a bocca aperta e non sento che Jade mi sta chiamando.
– Ehi, Elena! Allora, non scendi?
Intontita, non riesco a capire dove devo mettere i piedi per scendere dal calesse che, inutile a dirsi, non è come i nostri. Jade, impietosita, mi guida come un cane per ciechi.
– Jade, ma è magnifico!
– Vieni, scendiamo le scale, c'è una balconata da dove si vede meglio.
Difatti la scalinata porta a parecchi spiazzi dove atterrano e prendono il volo queste splendide creature. Circa a metà, sulla destra, c'è un acciottolato che porta a un bel vedere ingentilito da una ringhiera composta da rose scolpite, alla quale accedo col il naso in aria.
Mi affaccio. Accidenti! C'è uno strapiombo non solo sotto di me, ma lo vedo sia a destra che a sinistra. Praticamente mi trovo su di un altipiano, molto alto e molto piano.
– Ma a che altezza siamo?
– A 1800 metri – risponde l’Elfa.
– E io che pensavo fossimo in pianura! Se siamo circondati da questo burrone, siamo su di una montagna? È questo il ponte che mi dicevi?
– Sì, lo chiamiamo così perché è il nostro accesso all'esterno anche se non assomiglia ad uno vero. Visto che siamo in alto, ci serviamo delle creature che vedi per spostarci o per far arrivare merci. Siamo praticamente in una fortezza naturale quassù – mi risponde.
Non chiedo perché debbano essere in una fortezza, mi sembra ovvio che abbiano problemi con qualcuno o con qualcosa. Sorvolo sul fatto che possa sì essere una buona difesa, ma che sia anche impossibile scappare da essa.
Mi concentro sul panorama. A parte le creature alate, il paesaggio mozza il fiato. Mi ricorda le Dolomiti, è come essere in cima ad una vetta e guardare giù.
Strapiombo quasi verticale, rocce verdi, rossastre e grigie indefinite, ti catturano la mente, ti fanno aprire le ali che hai sempre avuto rannicchiate e dimenticate sulla schiena, e voli, voli via. Un battito e poi ti abbandoni a una corrente ascensionale, su, sempre più su, verso il sole. Guardi le nuvole tempestose in arrivo e decidi di scendere e volare fra i picchi. Ombra... sole... Cascate di acqua scivolano dalle rocce, occhi blu di laghetti apparsi per magia ti guardano indifferenti. E poi le altre creature alate, ti guardano, ti inseguono, ti ignorano, in un turbinio di aria, cuori, sogni e immensità.
– Ma guarda chi c'è!
Di soppiatto, alle nostre spalle, si è avvicinato Adamantis. Ha un mezzo sorrisetto sulla faccia, sospetto per il fatto che per lo spavento ho fatto un salto olimpionico.
– Allora? La "signora delle buche" sta meglio? Il panorama è di suo gradimento?
– Buongiorno anche a te, Adimantis il mio nome è Elena. Ti ringrazio per ieri e sì, sto apprezzando molto il panorama. Sono contenta che ti sia fermato a salutarci, non ho avuto la sensazione di essere un gran che gradita ad altri elfi che ti somigliano.
– Certemente, è ovvio. Noi siano gli elfi superiori, abili combattenti, insuperabili con pozioni ed unguenti, naturalmente belli e allevatori di grifoni. Difficilmente altri ci eguagliano e non cerchiamo la loro compagnia – chiarisce l'elfo.
– Caspita... quindi per trattare da pari a pari con voi bisogna avere doti "straordinarie" o farsi temere con qualche arma non a vostra portata… Avete una gerarchia? Avete maghi?
Jade tace e ascolta.
– Oh, sì! Abbiamo un re e una corte. Il nostro sovrano si chiama Selmeriyn. Io sono il suo capo allevatore di grifoni e ippogrifi e occupo un posto importante nel suo seguito. Sono molto stimato. Abbiamo anche maghi, certamente... anche se non della potenza di Jade. Non ho mai infatti capito come possa essere che una tale rarità e abilità sia nata nella razza degli Atavici e non nella nostra… – mi informa Adamantis.
– Beh, come si dice, l’eccezione che conferma la regola. Mi domandavo se tutti quelli che si spostano con gli animali alati abitano qui, mi sembrano molti! – chiedo.
– No, infatti, vanno e vengono. In genere portano merci o persone con ippogrifi e aquile. Quelli che vedi sui grifoni sono combattenti o alti dignitari. Bene, ora ho cose importanti da fare. Cerca di non cadere più in una buca, non sempre sono a disposizione per tirarti fuori. Bada a te! – mi saluta l'elfo.
– Buona giornata! – gli auguro.
Andandosene, Adamantis mi grida: – Certo e come dovrebbe essere?
Un individuo veramente modesto e schivo, non c'è che dire. Bene, bene.... Così adesso so cos'è Jade, non che ne sia sorpresa più di tanto.
– Avete un'espressione per indicare stupore o indignazione come i nostri: caspita, santo cielo, perbacco, accidenti?
– Non sono ben sicura di aver capito, ma in genere noi usiamo dire: per i capelli di Gensang!
– Chi era? – chiedo.
– Uno stregone calvo – mi risponde Jade.
Almeno hanno il senso dell'umorismo.
– Adamantis dice che alleva grifoni, ma come? Avete delle batterie come i nostri polli? Non so se hai presente... – continuo a chiedere.
– No, si catturano da giovani. Fino ad allora vivono liberi in "riserve". Sono molto difficili da addestrare ed è per questo che lui viene tenuto in gran considerazione. Adesso ti porto alla Sala del Consiglio e all'albero dei Rebial, la razza di Adamantis.
Un ultimo sguardo al viavai del "ponte" e poi un'altra bella scarrozzata. Arriviamo in un largo spiazzo contornato da cipressi. Al centro troneggia una cupola che assomiglia alla casa di Adelaide, fatta di vetro e viticci. A ogni incrocio portante della struttura di legno si innalzano dei lunghi rami contorti alla cui sommità ci sono degli incavi. Ricordano vagamente delle braccia sormontare da mani, ognuna di queste stringe una pietra trasparente blu. L'interno è illuminato da luce soffusa verde – azzurra.
– Questa è al Sala del Consiglio. I rappresentanti delle varie razze si incontrano qui per discutere un po’ di tutti i problemi. La usiamo spesso, ci piace parlare... – spiega Jade.
– Molto bella... – commento.
– ... e per finire andiamo all'albero – dice Jade.
Non si può certo dire che non si veda... Jade mi ha portato presso un'enorme ficus. Ci sono aggi interni con scale, infatti è cavo, ed esterni con delle piattaforme mobili. Tanti Rebial e case, sia sopra il ficus che vicino a esso, danno al luogo un aspetto di caos ordinato. Molti sono armati, altri si aggirano con l’aria trasognata dei "figli dei fiori" anni '60 '70, vagando fra l'erba alta.
– Jade scusa, ma quegli elfi stanno male? – chiedo.
– No, sono in cerca di erbe e luoghi con energia particolare. Dicono che sentono le vibrazioni del suolo. Sono in genere guaritori e raccoglitori – mi risponde Jade.
Ovviamente la prima cosa che mi viene in mente è come facciano a non finire in una buca o, nel migliore dei casi, a non storcersi una caviglia, a evitare deiezioni varie o vaneo magari non le evitano affatto, cadono e basta e rimangono a fissare il cielo fino a che qualcuno non li trova.
– Allora Elena è arrivato il momento di ritornare da Adelaide se non hai nulla in contrario – mi comunica l’Elfa.
– Nulla, anzi non vedo l'ora di porre duemila domande alla Consigliera – dico accomodante.
Il viaggio di ritorno è più veloce, forse abbiamo preso una scorciatoia. Meno male perché comincio ad avere fame. Eccoci di nuovo alla serra-casa di Adelaide. Scendo e mi avvio baldanzosa verso l'entrata.
– Buon pomeriggio Adelaide. Per i capelli di Gensang… Ma cosa è successo? Sei diventata la metà? – chiedo stupefatta.
– Ah, eccola qua l'osservatrice sopraffina… Perché le dimensioni sono il tuo parametro essenziale? – mi risponde con una domanda, Adelaide.
– Ma stai bene? – insisto.
– Certo, perché non dovrei? Secondo te come faccio ad andare alla Sala del Consiglio alta cinque metri? – logicità ferrea, non c'è che dire.
– Potresti anche diventare un bonsai?
– Ovvio, non te l'ho appena detto? Tu piuttosto, sei tutta intera vedo…
– Merito di Jade. Posso farti alcune domande?
– Posso evitarlo?
– No. La cosa più strana che ho notato, ti prego non offenderti, è il fatto che siamo su un altopiano isolato. Ma, se foste attaccati, dove fuggireste? Ho visto che questa è una zona importante per voi, ci sono molte razze, vi riunite per discutere e decidere… e per mia esperienza non si può certo essere amici di tutti – chiedo, dando voce alle mie fobie.
– È interessante che tu la ponga come prima domanda. Prima di te stessa, intendo. Per molti anni non ci sono stati conflitti fra le varie razze, certamente incomprensioni sulla divisione delle risorse, ma nulla che non si potesse risolvere. Comunque ci sono molte guardie armate e pattugliamenti in modo che tutti possano stare tranquilli. Ci sono vie di fuga, certamente... ma ... sì, questa è anche una mia preoccupazione.
– Perché non mi hai detto subito delle "trappole" che esistono fuori questa casa?
– Volevo sapere cosa avresti fatto e come. Capirai in seguito.
– Tu sei veramente una Consigliera?
– No, io sono il Gran Patriarca Emerald IV e Jade è la mia Consigliera, ovviamente Adelaide è il mio nome prima dell’elezione.
– Perché non mi hai fatto pestare, asse, spingere in un burrone?
– Uff, tendi sempre a drammatizzare… Tu brutalizzi subito qualcuno prima di conoscerlo e a prescindere? Posso sempre farlo in seguito... Ah! Ah! Ah!
– Chissà perché non ti credo...
– Già, chissà perché mi credi... Ma penso tu sia affamata. Ho dato disposizioni di portare un tavolo, sedie, the con pasticceria dolce e salata, Jade ne va pazza. Così stiamo tutti più comodi e rilassati – conclude Adelaide.
In effetti arrivano tre elfi che portano con sussiego quanto richiesto e io mi siedo grata a questo desco inatteso. Arriva anche Jade con al seguito: dolci, dolcini, dolcettoni, tartine, tartone e pizzette. Pizzette? Mah! Comunque mi butto sul cibo in modo vergognoso, ingozzandomi come un'oca da ingrasso.
– È tutto buonissimo, Jade li hai preparati tu? – chiedo con la bocca piena.
– Oh no, sono negata per queste cose. Qui abbiamo un ottimo cuoco e ne approfittiamo largamente – mi risponde l'Elfa.
– Bene. Adesso Adelaide, posso sapere che cosa vuoi da me? – chiedo arrivando al punto.
– Te, sintetizzando al massimo. Nella nostra alleanza gli anni di pace o di tregua armata trascorsi sono ormai parecchi e nulla fa pensare che non ce ne possano essere altri. Jade ha avuto però una visione nella quale questo altipiano viene messo a ferro e fuoco da elfi arrivati dal cielo e dalla terra. Abbiamo accumulato negli anni prosperi molte ricchezze che tu ovviamente non hai visto ma anche, soprattutto, una fonte di energia magica notevole. Attraverso la collaborazione fra razze siamo riusciti a unire le capacità peculiari di ognuna per creare una fonte di magia enorme. Non fraintendermi, la visione si avvererà comunque ma stiamo lavorando per limitare i danni, salvando quante più vite possiamo.
– Ma sapete chi sono i vostri nemici?
– No. Possiamo supporre che appartengano al reame oscuro, si chiamano Elfi Neri, ma come e quando attaccheranno non sono in grado di dirlo. Pochissimi fra di noi sanno quello che ti sto dicendo, non mi fido di nessuno e, nello stesso tempo, devo avere l'appoggio di tutti. Potrei far evacuare gli abitanti, ma non servirebbe a nulla, li manderei in pasto all'ignoto senza protezione alcuna.
– Reame oscuro… in che senso?
– Sono elfi che vivono ai confini del nostro mondo. Non abbiamo contatti ufficiali con loro da anni. Ho mandato spie che non sono tornate, ho infiltrati che
credevo avessero una buona copertura, ma non hanno scoperto nulla. Sono indistinguibili da noi, se non per la luce particolare nei loro occhi e le loro trasformazioni successive. È proprio per queste ultime che a loro serve la nostra fonte di magia.
– In che si trasformano?
– In esseri alati per esempio, oppure in battaglia in demoni deformi. Sono guerrieri maghi la gran parte di essi e sono ben poco prevedibili.
– Non ho parole... non potevate trovare un nemico peggiore. Ma come li avete controllati fino a ora? – chiedo incredula.
– Pattugliando i confini affinché non possa uscire nessuna forma di fonte magica dalla nostra federazione. Mi sono chiesta spesso se abbiano spie e se non stessero aspettando che le nostre fonti magiche diventassero di anno in anno maggiori prima di attaccare…
– Vivono ai confini del vostro mondo. Che mondo? Siamo sulla terra?
– Oh, sì. Siamo, per così dire, in uno spazio parallelo. Esistono dei "portali" di collegamento e sembra che tu ne abbia trovato uno – mi svela Adelaide.
– Come pensi possa esservi di aiuto?
– Ho bisogno che tu percorra in lungo e in largo il territorio che hai visto questa mattina e trovi le spie. Devi seguirle e vedere dove vanno e come si tengono in contatto fra di loro. Jade ha l'impressione che non ci sia più molto tempo. Ho fatto scavare dei rifugi in segreto ma non so se saranno sufficienti.
– Adelaide, sai che ho un mantello che mi rende invisibile, ma come pensi mi possa spostare velocemente da un posto all'altro a piedi? Ci vorrebbe una vita solo per venire ad avvertirti del pericolo, non parliamo poi di lasciare l'altipiano per seguire elfi o altro. Mi vedi a cavallo di un ippogrifo? L'ostacolo più grande È dato dal fatto che fra cinque giorni dovrò tornare a casa, di che utilità potrei essere? Vorrei tanto aiutarti, ma francamente non vedo come in modo efficace – dico rivelando tutti i miei dubbi.
– Forse non mi sono spiegata. Io ho il dovere di proteggere l'alleanza e i membri. Siamo alla vigilia di un attacco e tutti i mezzi possibili che ho per renderlo meno letale devono essere utilizzati. Ora, mi capiti tu fra capo e collo, che cosa dovrei fare, ignorarti? Preferisco pensare di avere con te una carta da giocare in più. I problemi che hai elencato sono risolvibili, l'attacco no. Quindi cosa rispondi?
– Va bene, fammi rientrare nel mio mondo stanotte, ho bisogno di riprendere il fiato. Cercherò di dormire senza incubi e domattina sarò fresca come una rosa…
– Intanto io e Jade prepareremo là... soluzione ai problemi che ti assillavano prima. Buona notte Elena – mi congeda Adelaide.
– Buona notte Adelaide, buona notte Jade.
Mi alzo e mi incammino senza fretta verso la porta. Varco l'ingresso semi aperto,
prendo il buca – fogli e volgo un ultimo sguardo verso Adelaide che adesso mi pare piccola e sola. Che fare? Non ho avuto il cuore di dirle di no. Rientro in casa ancora con il mantello addosso. Faccio alcune prove di "visibilità" con lo zaino più grande in spalla, visto che dovrò portare con me almeno del cibo e dell'acqua. Tutto quello che indosso con il cappuccio alzato sul capo non si vede, meno male!
Molto bene. Faccio acquisti al negozio all'angolo e rientro precipitosamente in casa. Mi collego a internet, faccio un paio di telefonate, mi stendo sul letto e mi addormento.
Chissà se Adelaide è mattiniera…
Sono le sei del mattino e mi trascino come una zombi per casa e non assomiglio ad una rosa, tantomeno fresca. Fatti gli ultimi preparativi mi dirigo con il mio amico buca – fogli verso la porta.
Trovo Jade e Adelaide più o meno dove le ho lasciate ieri sera, in mezzo alla serra-casa.
– Buon giorno a tutti! Come state?
– Uff… vuoi che ti risponda: "stavo meglio prima"? Uhm... meno male che sei mattiniera, Jade ti deve spiegare alcune cose.
– Ho pensato molto a come fare per aiutarti senza che ti auto distrugga con
troppa magia. Ho studiato un sistema che si possa adattare al tuo modo di essere. Per prima cosa hai bisogno di una fonte di energia magica da poter applicare alle situazioni che si potranno verificare. Ho preparato una pietra – dice Jade.
Da una tracolla, che non avevo notato ieri, estrae una pietra bianca opalescente di circa un centimetro di diametro.
– Ecco qua. Questa è una fonte di energia molto potente, potrai attingere a essa in ogni momento e per le ragioni che ti sembreranno valide – dice l’Elfa porgendomi la pietra.
– È un dono veramente generoso da parte vostra... non so come ringraziarvi... – dico cominciando a sciorinare ringraziamenti.
– Aspetta, non ho finito. Non potrai "portarla" semplicemente. Dovrà' essere parte di te. Non possiamo permettere che ti cada accidentalmente o che ti sia rubata, ha troppo valore e tu rimarresti senza protezione e potresti morire. Questa pietra ti darà la possibilità di capire tutte le lingue che incontrerai, io e Adamantis infatti ne parliamo varie anche la tua ad esempio, ma per gli altri non è così. Ti darò inoltre, tramite uno strumento che ti mostrerò dopo, la possibilità di viaggiare.
– Non centra nulla ma mi chiedevo se tu, come mago, puoi diventare invisibile.
– Sì, io posso rendermi invisibile, ma non fra di noi elfi. Molti sono maghi, hanno lo stesso potere e ci percepiamo a vicenda… il che rende inutili gli sforzi in tal senso – mi spiega Jade.
– Perché non dovrebbero accorgersi di me invece?
– Perché sei umana e porti un mantello che ti rende invisibile, non usi formule magiche. Per il resto… dipende se ti fidi di me. Ti assicuro che è indolore. La pietra la devi portare sotto la pelle, meglio fra la fine della gola e l'inizio dello sterno. Non è un posto comune.
– Eh? – chiedo intontita e incredula.
– La vuoi la pietra o no? – taglia corto Jade.
– S.. Sì, come posso rifiutare? Fai quello che devi – rispondo.
Jade mi si avvicina e mi appoggia delicatamente la pietra nel punto indicato e questa, lentamente, si "riassorbe" in modo indolore nel mio corpo. Faccio un paio di respiri ma non percepisco cambiamenti miracolosi in atto… a parte il vederci meglio. Accidenti! Adesso sento anche meglio, tutti i miei sensi sono in espansione...
– Elena… dicci qualche cosa... parla, stai bene? – chiede l'Elfa, credo infatti di essere diventata un po' cianotica...
– Che strana sensazione, mi gira la testa... Ma nel complesso non sono mai stata meglio – dico.
– Beh, meglio così – dice Jade.
– Perché non eri sicura? – chiedo.
– Mah, sai... Comunque ecco il tuo mezzo di trasporto...
Jade apre la mano e mi porge...
– Un righello? Di legno? Di soli dieci centimetri? Ma cosa debbo misurare? – chiedo sempre più sbalordita.
– Posalo a terra. – mi ordina Jade
– Fatto. Non succede niente! – mi lagno.
Interviene Adelaide.
– Dall'altra parte! Non vedi che è al contrario?
– Ah, ecco…
Volto il righello con la parte millimetrata in alto e... tric, trac, truc, si apre e si espande. Alla fine ho davanti a me un quadrato di ottanta per ottanta centrimetri fatto di legno. Davanti ha uno snodo da cui parte un bastone, sempre dello stesso materiale, sormontato da un piccolo manubrio simile a quello di una Vespa.
– Ma come funziona? – chiedo ammirando quello che sembra un fondo di una cassetta di frutta.
Adelaide continua la spiegazione.
– Ti ci siedi sopra a gambe incrociate, impugni il manubrio e dai gas. Non temere, non emette alcun suono. Abbiamo pensato che ti saresti trovata a tuo agio con un attrezzo simile, piuttosto che sfoderare ali o altro. NON AZZARDARTI a provarlo in questa casa, vai fuori. Quando hai finito di usarlo, smonti, tocchi uno degli angoli e lui ridiverrà un righello.
– E se mi vola via il mantello? – chiedo petulante.
– Sarai in un a capsula ovoidale di energia, così ne sprechi meno e non ti si scompiglierà nemmeno un capello. Ah! La pietra contiene degli incantesimi già preconfezionati. Uno di essi ti consentirà di rientrare nel tuo mondo trenta secondi dopo che te ne sarai andata, così potrai stare da noi giorni e mesi, se vorrai. Ti ho fatto preparare anche delle mappe, sono in questo libricino – dice Adelaide indicando con una foglia Jade.
Jade mi porge un manufatto minuscolo di cinque per cinque centimetri per lato.
A prima vista sembra un ferma carte di cuoio, a una seconda sembra un minuscolo quadernetto.
Adelaide prosegue.
– Basta aprirlo. Ci sono indicati sia questo altopiano in dettaglio, sia il resto delle nostre terre emerse. –
Faccio subito una prova e… puf! Ecco una delle carte formato "tovaglietta americana" da colazione che appare. Naturalmente mi spavento e faccio cadere tutto a terra.
– Ufffff... – sbuffa Adelaide.
Dopo aver ammirato il manufatto realizzato e curato nei minimi dettagli, tanto che le montagne sembrano disegnate in rilievo, mi viene in mente la solita domanda che non centra nulla.
– Adelaide ti volevo chiedere se ci sono demoni da voi.
– No, però se si apre un portale... A proposito... la porta dalla quale provieni non penso che lo sia, la puoi chiudere ed aprire solo tu, quindi non è un problema di dove è la porta. Se dovessi tornare a casa o se non la vedi più, prova a descrivere un arco con il palmo della mano su di un muro privo di decorazioni o altro, come per disegnare un arcobaleno. Dovrebbe riapparire, in fondo è tutto nella tua testa. Elena, sei tu il portale – mi spiega stranamente paziente Adelaide.
– Che dici? Perdonami, ma non riesco a pensare a me stessa in questo modo... – dico perplessa.
– Bisogna che inizi. La pietra che ti ho dato ti consentirà di fare varie cose, ma dipende da te decidere quali. Se pensi non sia possibile, non ci riuscirai – dice Adelaide.
Se sono una frana, perché esibirmi all'intera popolazione elfica?
– Ma allora l'altro giorno, quando mi hai fatto fare un giro in calesse e non mi hai avvertito della buca, ho fatto la figura da completa imbecille senza poteri? – chiedo.
– Era quello l'intento. Credo di averti salvato la vita, non la sprecare – mi comunica Adelaide.
– Salv...???? – continuo a non capire.
– Una parte di questa conversazione non la sente neanche Jade né gli esseri che hai vicino. Fai finta di nulla... In questo momento una radice di quelle che chiami "piante" vicino a te sta attaccandoti sulla gamba destra ed all’indumento, un piccolo contenitore. Lo devi portare via da qui e nasconderlo. Se potrai, tornerai a dirmi dov'è. Se no, lo erai al mio successore. È piccolo, ma non farti ingannare dalle apparenze – bisbiglia nel mio cervello Adelaide.
In effetti sento strisciare lievemente sotto il mantello e poi sui pantaloni una specie di tocco leggero. Cerco di non urlare, anche perché, a questo punto, decido di fare ciò che mi riesce meglio, la tonta.
– Ah, ma che belle mappe! Non ne ho mai visto di tracciate a mano… Posso dare un'occhiata veloce a tutte? Così vedo di non fare errori quando le consulto... Ma guarda... sono uguali al mondo che conosco... America, Europa... – divago.
– Ma va? Ti ho detto che siamo in una dimensione parallela, non su un altro pianeta! – dice Adelaide.
– Ah, già… e dimmi tutte queste belle piante che sono qui, sono come te? – chiedo.
– Come tè o come caffè? Ah! Ah! Beh, diciamo sì e no.
– Ma guarda! Mi sono sempre chiesta se… ma cos… Adelaide! Avete terremoti qui?????!!!! – chiedo terrorizzata.
Guardo allibita il suolo intorno a noi che si sta aprendo. Emergono dalla terra smossa tre figure alte circa tre metri, con busto e testa da elfo e il corpo serpentiforme. Hanno enormi mani con dita che sembrano artigli, lunghi capelli verdi ondeggianti, occhi che emanano bagliori rossi e una bocca aperta in un ghigno, da cui sporgono denti aguzzi.
Meccanicamente, senza accorgermene, appena la terra si è mossa mi sono
coperta il capo. Fortunatamente la visione di anni e anni di polizieschi americani mi ha suggerito di buttarmi a terra, infatti ora nel luogo dove un secondo prima me ne stavo tesa e preoccupata a parlare con Adelaide, ora artigli che fendono l'aria cercano di stritolarmi.
Siamo circondati. Ma come è stato possibile? Una rabbia cieca sale dalle profondità del mio essere ed esplode tutta intorno a me rendendomi una torcia umana anche se invisibile. Sono lucidissima. Che possibilità ho di aiutare Adelaide? Nessuna, non posso combatterli, sono troppo forti e io non ho nozioni di attacco. Che possibilità ho di salvarmi? Raggiungere la porta.
Sento Jade che urla: – PRENDETE L'UMANA! NON FATELA FUGGIRE, PRENDETELA!
Ho sempre desiderato fare un doppio salto carpiato con avvitamento… magari anche senza quest'ultimo… Non posso combattere, non posso aggirare quegli esseri, l'unica soluzione è saltare. Raccolgo tutte le mie forze e mi slancio verso l'alto. Il tempo sembra rallentare mentre supero uno dei tre elfi e atterro quasi senza danni alle sue spalle. Mi metto a correre verso la porta... La raggiungo… Un attimo prima di entrare mi volto.
Un creatura sta distruggendo quello che rimane di Adelaide. Prima dell'ultimo assalto Emerald IV si trasforma in una nuvola composta da una miriade di piccolissimi pezzettini di carta argento e oro che si librano verso il soffitto della sua vecchia casa, divelto da altre creature alate che stanno entrando. Volano in alto e, come sospinti da una improvvisa corrente d'aria, si disperdono in cielo.
Con odio, alzo la mano indicando con il dito l’aria sopra Jade. Intensamente penso una parola. Nello spazio sopra a lei compare scritto: GIUDA!
Chiudo la porta alle mie spalle.
L'INGANNO
Che orrore.
Mi sento vuota e sconvolta. Guardo la porta chiusa davanti a me, non so bene cosa mi aspetti. Forse un rumore? Un tentativo di scasso? Appoggio le mani sulla porta e chino la testa. Immagino che ci siano vibrazioni, tonfi o altro. Nulla.
Respiro profondamente e resto in questa posizione per un tempo imprecisato.
Alzo la testa e abbasso le braccia.
Perché l’avrà fatto?
Rientro in casa con questa domanda stampata nella mente. E adesso? Mi siedo. Che faccio? Si dice che più si impara e più si capisce quanto non si sa. Mai stato così vero. È inutile fare finta di niente, sono coinvolta fino al midollo, quindi escludiamo l'opzione "ignora tutto, tanto non è un problema tuo".
Proviamo ad utilizzare quello che so, dimenticando per il momento quello che non so.
Cos'è che mi spaventa veramente?
I mostri? No, in fondo se devi eliminare qualcuno o qualche cosa non puoi avere l'aspetto di un'infante con pannolino annesso. Come avresti la forza fisica di tirare un eventuale coltello nella schiena di un nemico o strozzarlo? Impossibile, a meno che non l'avveleni.
Questa me la devo annotare, può essermi utile. L'aspetto terrifico è anche importante per ridurre le difese psicologiche del nemico. Mi chiedo invece se fossero esseri nati così o strasformati. Avevano un bagliore negli occhi, quindi sono propensa a credere che siano elfi oscuri in altra forma. Adelaide diceva che sono interessati a una fonte di potere magico.
Perché l'avranno uccisa? Sicuramente era un personaggio scomodo, potente e imprevedibile. Forse pensavano di sapere dov'è questa benedetta fonte e, a quel punto, lei non serviva più. Tenderei ad escludere che l'abbiano oramai già trovata. Perché poi un attacco fisico del genere? Non ha senso, sarebbe bastata una magia potente di qualche genere, ammesso che gli elfi pensino utilizzando i nostri criteri logici. Forse prima di questa incursione la vedevano come l'ultimo ostacolo per raggiungere la meta, nel senso che se si fossero mossi palesemente lei avrebbe dato l'allarme o fatto tenacemente da barriera, ma poi...
Come possa una pianta ostacolare un'orda selvaggia è tutto da analizzare... Comunque sta di fatto che lei era mia amica, che l’attacco c'è stato, mirato ad uccidere e catturami, le altre sono solo congetture.
Arriviamo a Jade.
Che brutta figlia di in elfo senza nome! Cosa le mancava? Cosa voleva raggiungere? Chi c'è dietro a lei? Insomma, le domande sono le solite: chi, come, cosa, quando e perché.
Non sono elucubrazioni oziose, servono a prevedere le sue mosse successive. Quindi, in sostanza, sono cieca, non so un bel nulla. Come rimediare? Devo raccogliere dati per prima cosa e alleati poi. Non posso sperare di capire un mondo per me estraneo da sola e in un tempo accettabile.
Altra domanda fondamentale, che cosa si aspetta Jade che io faccia?
Un bel problema. Oltretutto un mago, stregone o non so cosa, può mettere trappole dappertutto. Inoltre sa quali mezzi magici mi ha fornito… spero pensi che torni da dove sono venuta e basta. Purtroppo non ci credo per niente.
A proposito, vediamo cosa mi ha fatto attaccare alla gamba Adelaide prima del disastro. Scosto il mantello e mi guardo il pantalone della gamba destra.
C'è attaccato un contenitore oblungo, forse di 13, 15 centimetri e largo 6, 8. Sembra pesante ed ermetico. Lo stacco senza difficoltà. Non mi ha detto di non aprirlo, quindi… Lo svito lentamente... speriamo che non scoppi o salti fuori chissà cosa.
In realtà non c'è niente, di solido intendo. Qualsiasi cosa sia, emette una fioca luce e gira su se stessa. Sembra una specie di mini uragano composto da nuvole multicolori che si muovono attorno a un nucleo blu. Non accenna a espandersi,
meno male.
A un certo punto, si stacca dal centro dell'oggetto un filo minuscolo, quasi invisibile, e si collega fulmineamente con la pietra che ho nello sterno. Chissà perché non ho paura, forse sono convinta che tutto quello che mi proviene da Adelaide non mi possa fare alcun male. Comunque sia, comincio a risplendere di luce.
In questa situazione riesco solo a pensare di essere simile a una batteria che sta ricaricando. Chissà se alle fine posso metterti in bocca una lampadina e rischiarare una stanza.
Battute a parte... non aveva detto Jade che la mia pietra era già... carica? Mi riprometto di prenderla a calci. Dopo un tempo abbastanza breve il filo si stacca e io chiudo il contenitore.
Dove lo metto? Bella domanda. Lo riporto nel mondo di Adelaide? Dove? Prendo il libricino con le carte della zona. Una furbata sarebbe nasconderlo nell'altipiano dopo che ci hanno già guardato... ma come ragiona Jade? Se pensa che io pensi questo è finita, lo rintraccia subito. Mi spingo più in là, per esempio su una montagna? E come ci arrivo? Mi accomodo sul righello scooter e raggiungo la vetta e poi faccio una X sulla cartina perché ho paura di non ritrovare il luogo? Ma figuriamoci, come minimo trovo un ghepardo delle nevi o un altro essere strano che mi fa a fette.
Lo lascio in mare? E come? Lo lancio? E poi cosa faccio, ingaggio un "pesce da riporto" per riaverlo? No, tutto è molto strano e patetico.
Potrei lasciarlo qui a York. Forse nell'appartamento? E se per disgrazia arrivano dei ladri? Non sono poi tanto sicura che non esistano altri portali da dove possano are altri elfi alla ricerca di questo contenitore.
Che guaio.
E se lo porto con me? No, da escludere, se mi prendono gli faccio anche il favore di non dover cercare oltre. Cosa aveva detto Adelaide? Io sono il portale, lo vedo solo io, lo varco solo io. Potrei benissimo lasciarlo nella stanza n. 4 dove c'era il mantello e usare l'anello per tornarci. Infatti è escluso che usi nuovamente il buca fogli. Non mi posso più fidare a lasciare un varco aperto perché, comunque, devo esplorare la zona lontana da esso.
Rimane un problema. Le maniglie. Di che? Delle sette porte. Come esco, visto che non ci sono, se qualcuno mi chiude la prima, quella dello stanzino, magari pensando che è solo un ripostiglio?
Basta lagne, è ora di agire.
Per prima cosa devo imparare a usare il righello scooter. Ho bisogno di uno spazio aperto, ci sarebbe quello della chiesetta di fronte alla via, oppure un parcheggio sulla destra avanti un chilometro. Esco di casa come una furia con mantello e cappuccio alzato. Che babbea, un signore sta guardando la porta di casa che dà all'esterno con aria interrogativa, sicuramente ha visto aprire e chiudersi l'uscio senza che nessuno ne esca o entri. Devo stare più attenta e devo imparare la calma.
Rallento e mi dirigo verso il parcheggio, schivando la solita folla di turisti. Per
fortuna è mezzo vuoto, spero di fare meno danni possibili. Visto che il righello non è invisibile, almeno finché non diventa scooter e ci salgo, mi accuccio furtivamente vicino a un'auto parcheggiata.
Guardo a destra e a sinistra ma sembra che tutta la gente si stia facendo gli affari propri. Ci saranno senz'altro telecamere, ma non posso farci niente. Velocemente metto il righello per terra e, appena appare la piattaforma, ci salgo sopra in piedi.
Speriamo non si sia visto molto… comunque adesso provo a sedermi senza rompere l'asta dove è montato il manubrio. Fatto. Non è stato troppo difficile. È abbastanza comodo tutto sommato. Come faccio a far alzare questo trabiccolo prima che arrivi il proprietario dell'auto e mi dia una sportellata in faccia mentre tenta di salire?
Come saranno stati pensati i comandi? Quale parte del manubrio fa procedere e quale retrocedere? Quale alzare il trabiccolo e quale scendere? In generale ho sempre avuto una propensione spiccata a scegliere di getto, nel mucchio, le cose che hanno un difetto. Quindi che faccio? Muovo la manopola destra o quella sinistra del manubrio? Cosa ho pensato per prima? La destra, quindi uso quella di sinistra. Anche questa è logica, anche se non sembra.
Piano, pianissimo giro la manopola. Evviva, mi sono alzata di mezzo metro! Rincuorata, raggiungo una considerevole altezza, ben oltre le casette a due piani. Provo la manopola destra e. via come un razzo! Caspita! Riesco a schivare un paio di case girando istintivamente il perno del manubrio a destra. Faccio altri tentativi compresa la retromarcia e alla fine mi convinco di non essere così un disastro come mi dipingo, tenuto conto del fatto che non ho investito nessuno.
Me ne torno a casa sfoderando un ottimo atterraggio, addirittura sulla stradina davanti al portone. Finito di auto compiacermi del successo, faccio provviste, le
ficco nello zaino, prendo il coraggio a due mani, lascio il contenitore del non so cosa nella quarta stanza nel cubo di polistirolo nello spazio lasciato libero dalla spada, metto il righello scooter sotto un'ascella come fosse una baguette e mi dirigo verso la terza porta.
Ascolto. Silenzio. Giro la maniglia piano piano e spio dalla fessura. Ehm... Beh, intanto non c'è nessuno ad aggredirmi... ma non mi sembra lo stesso posto. Sono sempre nella ex casa di Adelaide ma da un'altra parte, più periferica, infatti non c'è neanche il solito sentierino erboso.
Sono ad una sua estremità ed ho una parete di vetro e tralicci alle spalle. Il tetto non esiste più, è un buco frastagliato e inquietante. Il terreno davanti a me è coperto da piante morte e al centro dell'edificio ci sono una serie considerevole di massi che formano quasi una collinetta.
Ma che ci fanno lì? Mi viene il sospetto che la cara e vecchia Jade abbia visto da che parte sono venuta stamane e abbia tentato di chiudere il portale. Sta di fatto che la porta di accesso si è spostata, questo avvalora sempre la tesi di Adelaide che il portale non sia in un luogo fisso.
Guardo attentamente di fronte a me e cerco di espandere i sensi al massimo. Ci saranno trappole? Anche se fosse non ne vedo ma, con mio enorme piacere, si nota ancora la mia scritta "GIUDA" che ballonzola in aria.
Sfilo abilmente il trabiccolo dall'ascella, ci monto sopra e, con qualche difficoltà, chiudo la porta dietro di me. Quel che è fatto è fatto. Velocemente mi sollevo da terra in verticale. Ho preso prima di salire sul righello scooter una manciatina di fogliette, ne butto un po’con circospezione fuori dal buco nel soffitto. Niente, silenzio assoluto, nessun camlo di allarme o sirene spiegate. Bene, mi lancio fuori della casa di Adelaide come un razzo e resto ad un'altezza
considerevole.
I dintorni sono devastati e deserti. Ho memorizzato la pianta dell’altopiano che adesso percorro in lungo e in largo alla ricerca di eventuali superstiti o di "cattivi soggetti" di guardia. La Sala del Consiglio è ridotta ad un cumulo di macerie e il ficus dei Rebial è divelto in due.
Che spettacolo deprimente.
Mi abbasso a circa 5, 6 metri dal suolo. Ripercorro più o meno la via fatta con Jade il primo giorno. Gli unici esseri che vedo sono elfi oscuri nelle forme di lucertole, sgusciano un po' ovunque zampettando su alberi e dentro i fossi. Se il loro intento era quello di essere brutti, ci sono perfettamente riusciti. Meno male che non hanno pensato ad assumere le sembianze di ragni, non lo avrei sopportato.
Ma dove saranno tutti? Svolazzo fino a quella zona con le case con porte rotonde, mi sembrava abitata da molti elfi e voglio vedere se ne trovo traccia. Arrivata, smonto dal trabiccolo, stando attenta a non farlo uscire dalla zona occultata dal mantello. Per fare ciò eseguo goffe operazioni che non descrivo per pietà.
Usando un o felpatissimo mi avvicino alle abitazioni e varco le porte divelte. Nessuno. Gli interni sono devastati, sembra che sia ato un ciclone. Dopo la decima casa sento un tic, tic di un ciottolo che rotola. Si sta aprendo una fessura fra la roccia che separa due abitazioni. Ne esce con circospezione una ragazzetta, piccolina con capelli bianchi e bellissimi occhi blu elettrico. Si guarda intorno e velocemente si avvicina a una delle case. Decido di seguirla.
Rovista in un angolo di una stanzetta dove ci sono tavole di legno ammonticchiate. Dopo una decina di minuti estrae un pupazzetto un po’ consumato che potrebbe somigliare a un coniglietto.
– Yeah!!! Trovato!
Detto ciò schizza via verso l'apertura, seguita da me alle calcagna mentre il varco si chiude subito dopo. Mi trovo in un tunnel basso, illuminato scarsamente da dei cristalli di quarzo verde, che mi costringe ad avanzare piegata in due per evitare che distrazioni che mi possano costare una craniata con conseguente rumore. Sbuco in una stanza circolare da dove si diramano parecchi corridoi, non li conto e seguo la ragazzina.
È veloce come un furetto, per fortuna ho sviluppato capacità elfiche, altrimenti non sarei in grado di starle dietro. Gira di qua e gira di là, mi trovo in una caverna bella grande.
– Alba!!!!!!!!???? Cosa ti è venuto in mente! Ci hai fatto prendere uno spavento enorme!
– Ma zio…
– Niente ma! È ora che ti prenda le tue responsabilità. Abbiamo fatto tutto questo per proteggerti, sei la nostra speranza e tu cosa fai? Te ne vai in maniera sconsiderata all'esterno. Ti rendi pure invisibile per gabbare coloro che ti proteggono e si dedicano a te! Inqualificabile!
– Zio! Ho guardato attraverso la roccia e non c'era nessuno, ho controllato le emissioni elfiche magiche e non ce ne erano!!!!!!!!!
– PAFFI!!!! PAFFI!!!!!!!!!
Un bimbetto traballante e cicciotti no con le gambette ad arco spunta da un luogo imprecisato sulla destra. Afferra il pupazzetto strapazzato che, a quanto pare, si chiama Paffii e lo abbraccia felice.
– Hai visto com'è contento mio fratello? Non riusciva più a dormire poverino… – dice la ragazzina.
– Non ti avevo detto che saremmo andati noi a prenderlo fra qualche giorno quando la situazione si fosse stabilizzata? Come fai a dire che non c'era nessuno? Conosci la magia degli elfi neri? Non lo so neppure io! – risponde arrabbiatissimo quello che viene chiamato zio.
Accidenti! È proprio vero, questo zio non è uno sciocco. Come si fa adesso? L’Elfo continua...
– Dovremmo triplicare la guardia! Mi dovrò fare spuntare occhi anche dietro la schiena!!! Dopo che hanno catturato i tuoi genitori mi sono caduti metà capelli per la preoccupazione, per non parlare della barba… e adesso questo! – prosegue fuori di sé.
Mentre parla, l'elfo va avanti e indietro come un ossesso. Poveraccio, mi fa pena
e decido di credere che sia uno dei personaggi "buoni" di questa storia, almeno per ora.
– Guardie! Portate Alba e il fratello nella sua camera e sorvegliateli da vicino. FATE IN MODO DI NON PERDERLI DI VISTA. Quanto a te signorina, ti aspetto fra un'ora per la lezione e poi faremo quattro chiacchiere con il consiglio. E adesso VAI!
Il gruppetto formato da un'Alba depressa, il fratellino e la scorta di tre elfi se ne va da una una porta alla sinistra della sala-caverna. Mi incollo allo zio, che, brontolando, si dirige verso un corridoio ben illuminato dal solito quarzo verde. Mi sembra di girare in tondo, le vie di questo mondo sotterraneo non sono squadrate, hanno ampie curve da cui si dipanano stanze e ambienti vari, da qui la curiosa sensazione di essere in un labirinto.
Dopo un bel po' arriviamo in una sala non grandissima. Al centro c'è un piedistallo sul quale galleggia una sfera rilucente blu, per terra sono seduti quattro elfi, sembrano due femmine e due maschi. Lo zio di Alba, senza dire una parola, si siede anche lui assieme agli altri completando così un cerchio intorno alla sfera. Tutti chiudono gli occhi, il silenzio è totale.
Visto che sono fermi come delle rocce, non so se in meditazione o a comunicare fra di loro in un modo ignoto, decido di esplorare il luogo in lungo e in largo e di cercare anch'io degli eventuali infiltrati. Molto lentamente mi giro ed esco dalla sala.
Percorro il corridoio di fronte alla sala-pensatoio e alla prima svolta vedo, appoggiato per terra, un bel cestino. Resisto alla tentazione di sollevarne l'apertura, non si sa mai, anche perché all'andata non l'avevo notato.
La mia esplorazione richiede più tempo del previsto, un po’ perché ci sono molti corridoi e stanze e un po' perché cerco di muovermi il più lentamente possibile per evitare di urtare qualcuno o qualcosa inavvertitamente. Incontro parecchi elfi di questa razza, alcuni guerrieri, altri sembrano cuochi, altri artigiani intenti a confezionare oggetti. Ogni tanto vedo cestini… Mah! Che sia un'allucinazione? Forse è colpa di qualche gas presente in queste gallerie?
Mi fermo ad ascoltare le conversazioni.
– Ma guarda che guaio!
– Già, non bastava essere rinchiusi come topi, adesso non sappiamo se siamo al sicuro…
– Piantatela! Tenete gli occhi aperti piuttosto...
– Uffa! Alba e i sui poteri… è solo una ragazzina viziata anche se è....
– Silenzio!!!!!!!!!!! Potrebbero ascoltare!!!!!!!!!!
– E poi il Gran Maestro… non lo poteva prevedere?
– Basta! Pensa a lavorare…
In fondo mi sto divertendo come una pazza, mi gingillo qui e là e mi sono felicemente persa. Di me non si è accorto nessuno e la cosa mi rincuora, visto che non so cosa mi potrebbero fare nel caso mi trovassero. L'unica cosa insolita per ora, a parte i cestini, è una strana corrente d'aria che qualche volta mi sfiora.
Sono in una ennesima svolta della galleria e.…ancora quella corrente! Ma da dove viene? Mi sposto sulla destra. Non c'è più, idem per la sinistra… Ma cosa c'è? Una cappa da cucina che aspira dall'alto?
Mi sembra che fosse da destra verso sinistra, per cui vado in quella direzione. Faccio qualche metro ed ecco un altro cestino. Questa volta però c'è una grande differenza, vedo che si sta aprendo e il contenuto si sta volatilizzando. ALLORA È VERO! C’È QUALCUNO OLTRE A ME!
Che faccio? Non posso lasciarlo scappare, quando mi ricapita un'altra occasione di prenderlo? In giro non c'è nulla di utile come una sedia o un randello. Lo infilzo con la spada? Non siamo ridicoli. Però…
Sguaino la spada piano piano. Avvolgo il mantello sulla lama, la stringo con forza, prego che sia chinato e… WAMM! Calo l'elsa come un randello su quella che suppongo sia la testa o la schiena. Una botta terrificante, spero di non averlo ammazzato.
Si rende finalmente visibile una figura spiattellata al suolo, dalla mano rotola via una mela. È sicuramente un elfo oscuro, ha un'armatura di cuoio composta da miriadi di scaglie cucire una a una, uno spadone al suo fianco dall'aspetto più che sinistro, guanti neri da strangolatore e stivali di pelle abbinati.
Nei momenti critici si fanno le cose più strane. Non sapendo quanto tempo mi resti prima che si riprenda e non volendo svelare la mia presenza, non mi viene in mente altro che dire, a mo' di trombetta di allarme:
– Pepe pepe!!!!!!!!!!!! Pepeppepe!!!!!!!!!!!!!!!!!
Mi nascondo nella prima stanza utile... Che velocità! Sento già dei i, in fondo non è stata una cattiva idea... Vedo arrivare correndo un terzetto di guardie forzute, seguite da altri elfi provenienti dalla parte opposta.
– Ma cos...?! Presto! Presto! Legatelo! Portatelo al Consiglio!
Seguendo il piccolo corteo che trasporta l'elfo tramortito, arrivo in una stanza più piccola della caverna ma più grande di quella con la sfera galleggiane. Ah! Le vecchie e buone catene... si parla tanto di magia ma alla fine si usano sempre i vecchi metodi. L'Elfo viene incatenato mani e piedi e appeso, tramite una cintura alla vita, al soffitto. Arrivano Alba e lo zio che cominciano a girargli in torno cantilenando, mentre l'elfo viene circondato da una barriera sferica, sembra di energia, e sollevato da terra.
Finita l’operazione entrano gli altri quattro elfi che erano in meditazione con lo zio il quale, con aria grave, dice: – Avete esaminato cosa ha? Oracrit, quale nostra capo medico, cosa pensi gli sia successo?
– Niente magia, una sonora botta in testa.
– Sei in grado quindi di risvegliarlo per essere interrogato?
– Nulla di più facile.
Lo zio si rivolge alla guardie.
– Siete stati voi a colpirlo?
– No, assolutamente Gran Maestro! – rispondono.
– L'avete mai visto prima?
– No, assolutamente Gran Maestro! – confermano.
– A quanto pare Alba la tua idea dei cestini ha funzionato, semplice ma efficace. Guardie, chiudete le porte, che non entri e non esca nessuno se non indicato da me stesso e fate crollare tutte le gallerie che si diramano dalla prima sala verso l'esterno, IMMEDIATAMENTE! – tuona lo zio.
Qui si mette male, sono sì vicino alla porta, ma c'è troppa gente. Per uscire prima della chiusura dovrei spingere qualcuno di lato con conseguenze intuibili. L’Elfo oscuro intanto sta riprendendo conoscenza.
– Io, Gran Maestro della razza Arkadax e il Gran Consiglio qui riunito, ti ordino di dirmi chi sei e la ragione che ti ha portato qui.
L'elfo nero gira i suoi occhi rossi tutto intorno alla stanza. Con un ghigno terrificante e un disprezzo che si può tagliare con il coltello risponde: – Lurido buffone!
– Bene, adesso che ci ha detto il suo nome, Oracrit, per cortesia, rimetti a dormire questo gentiluomo che non ha intenzione di collaborare, me ne occuperò personalmente più tardi.
Questo zio mi è proprio simpatico.
L'elfo nero, ora che lo osservo meglio, non è affatto brutto, a parte i denti aguzzi e affilati. Non è altissimo, sarà un metro e settanta, è della razza di Adamantis ma ha i capelli neri e sciolti, pizzetto e baffi. Mi ricorda alcuni ritratti di nobili spagnoli del 1500...
– Ah! Bene, bene, bene! Adesso ci occupiamo dell'altra faccenda – dice il Gran Maestro.
– Quale faccenda zio? – chiede Alba.
– Di chi ha dato la botta in testa al... nostro ospite.
Lo zio non mi è più simpatico.
– Sono sicuro che è in questa stanza ad ascoltare i nostri discorsi... Allora, vieni fuori! Renditi visibile! Chi cavolo sei? – chiede lo zio abbastanza scocciato.
Ribadisco, qui si mette male. Scivolo dietro le spalle dello zio e della nipote e sussurro: – Non posso palesarmi, ma farò tutto il possibile per aiutarvi – dico.
E giro l'anello.
LA RICERCA DI ALLEATI
Accidenti! Non posso tutte le volte che ho o avrò problemi ritornare nella stanza N.4! Così si spreca molto tempo e, soprattutto, non posso tornare indietro! Staranno interrogando l'elfo nero e io sono qua a guardare un muro bianco della stanza. Comunque non potevo assolutamente correre il rischio di essere presa, lì sono tutti maghi e io non ne so nulla! Devo trovare una soluzione. Come faccio poi a raggiungerli se le gallerie esterne sono state bloccate?
Tutti i racconti che ho letto negli anni parlano di portali, smaterializzazioni, aggi attraverso i muri... Perché non posso provare anch'io? Una vocina nella mia testa mi dà gentilmente la risposta: "perché sei imbranata". Sorvolo.
Rientro nell'appartamento e mi metto davanti a una parete qualsiasi. Provo con scarsa convinzione il famoso: "apriti sesamo". Nulla. Provo a far "are"
attraverso il muro una mano dopo essermi concentrata sullo spazio fra le particelle che compongono la materia.... Nulla, anzi mi pare di sentire la parete ridere di gusto. Uff!
Proviamo con la smaterializzazione diventando fumo? Neanche a parlarne. Fra tentativi infruttuosi ed arrabbiature a un'ora e io sono distrutta, sudata e demotivata.
Sull'orlo della disperazione mi siedo e osservo i muri della casa. Tutti sono occupati da quadri, mensole armadietti e quant'altro. Non esiste una parete libera. Per una strana associazione di idee mi viene in mente che qualcuno possa perquisire l'appartamento scoprendo dove abito in Italia, quindi porto documenti e valigia nella stanza n. 4.
Cosa aveva detto Adelaide? are una mano aperta a semicerchio su di un muro libero? Proviamo, perché no? Nella stanza n. 4 ci sono tutte le pareti vuote quindi mi metto davanti a una, penso al locale dove era conservata la sfera galleggiante e segno con il palmo della mano un arco, come se fosse un arcobaleno, sull'intonaco.
Con occhio vitreo e bocca aperta osservo comparire la porta! Un miracolo! La apro di una minima fessura ed eccola là la sfera blu! Benissimo! Entro e la richiudo alle mie spalle. Non c'è nessuno ma ci sono guardie all'entrata della stanza. Superate, vago per i corridoi con l'intento di studiare i personaggi che ci vivono, devo trovare assolutamente qualche alleato che, possibilmente, non faccia il doppio gioco. Sono paranoica? Sì, lo so. Gira e rigira mi ritrovo nella cucina dove due cuoche e un ragazzino corrono indaffarati fra i fornelli di ultima generazione e non, come mi sarei aspettata, fra vecchi bracieri.
Ma guarda un po'! Allora esistono dei portali oltre al mio, dove avrebbero
trovato le cucine a induzione elettrica altrimenti? Chissà se è una buona notizia o no. Cerco nel frattempo una pentola vuota traballante e, trovata, la rovescio sul pavimento procurando un bel rumore. I tre si voltano di scatto…no, nessun bagliore rosso negli occhi, quindi non sono elfi neri, speriamo non siano collaborazionisti, per ora li scrivo nella lista dei "buoni".
Un classico del genere è scoprire che parte delle guardie sono corrotte, un po’ come nei romanzi gialli di una volta dove l'assassino era il maggiordomo, quindi non mi fermo ad analizzare la fedeltà di questi elfi armati. Lo farò in seguito se sarà necessario.
Nel mio girovagare vedo spuntare lo zio della nipote, seguito da un codazzo multicolore. Impossibile avvicinarsi.
– Allora, sei riuscita a sapere qualche cosa dal nostro ospite Oracrit? – chiede lo zio.
– Oltre agli insulti? No, nulla Gran Maestro – risponde l’Elfa.
– Neanche con i tuo intrugli?
– Intrugli?
– Scusa, sono stanco. Vado da lui adesso, odio interrogare la gente, ma in fondo servirà per testare la mia magia contro la sua. Provvedi che gli altri due membri del consiglio si occupino dei nuovi ambienti e delle nuove gallerie. Consulta
Olle Bell, la nostra sensitiva, mi serve sapere quando potremo mandare fuori altre squadre in esplorazione, se riuscisse ad avere delle premonizioni valide ne sarei felice… dille di non esagerare con i funghi allucinogeni, altrimenti una di queste volte la perdiamo definitivamente... – conclude.
Il gruppetto si divide e io decido di seguire lo zio con il mini codazzo al seguito. Arriviamo nella saletta dove si trova imprigionato l'elfo nero.
– Ecco qui il nostro ospite, bello sveglio mi pare. Allora, non vuoi parlare ho sentito dire, speri che ti liberi o che sia magnanimo e ti mozzi la testa? Niente di tutto ciò. Se non collabori avremo il piacere di avere la tua compagnia per un pezzo, sono molto paziente. Rinsecchirai attaccato a quelle catene – minaccia il Gran Maestro.
– Schifoso cane. Pensi lontanamente di essere un problema? Ti risparmierò se mi dici dov'è la "fonte". – Attacca l'elfo nero.
– Ah! Che noia questi palloni gonfiati...
Lo zio si ferma davanti all'elfo nero senza dar segno di fare alcun che ma il prigioniero inizia a inarcare la schiena e chiudere gli occhi. Poi riprende pian piano la posizione eretta e fissa lo zio dritto negli occhi con un ghigno sulla faccia. Non posso non pensare che da vecchio avrà un bel po' di rughe di espressione se continua, ammesso che diventi anziano.
a un bel po' di tempo così, lo zio serafico e l'elfo ringhioso.
Mi sono stufata ma voglio vedere come finisce, spero non ino tutta la notte in questo modo, non ho neanche i pistacchi da sgranocchiare.
A un certo punto lo zio dice: – Mmmhh... ti hanno addestrato bene. Ma non pensare che sia finita qui, anzi è solo iniziata. Buona notte – augura ironico.
Mentre l'elfo nero ride di gusto, lo zio se ne va e io lo seguo. Percorriamo la solita serpentina di corridoi più o meno illuminati e ad un certo punto appare Alba.
– Zio! Mi hanno detto che l'hai interrogato... ma perché non mi hai chiamata? Ti potevo aiutare...
– Ecco la mia nipotina! No, non voglio che lui sappia dei tuoi poteri, meglio essere prudenti. Ma cosa ci fai ancora alzata? Domani mattina presto devi iniziare i corsi di combattimento, non puoi esimerti, ti saranno utili.
– Ah, che noia! Detesto la violenza fisica, è solo una perdita di tempo! – si lagna Alba.
– La violenza è violenza, anche se l'applichi con la magia e non ti "sporchi le mani". Domani inizierai alle voodoo e non ne voglio più parlare. Buona notte Alba.
– Buona notte zio.
Il vecchio elfo, con o stanco, si dirige verso una piccola stanza, sorvegliata da due guerrieri, armati di tutto punto.
– Gran maestro, come è andata con il prigioniero? – chiede una delle due guardie.
– Purtroppo oltre all'essere ben addestrato fisicamente ha sviluppato notevolissime difese mentali. Oggi non sono riuscito a superarle e dubito che ci riuscirò in seguito se non ne saprò di più. Adesso vado a dormire, non fate are nessuno a meno che non sia una questione di vita o di morte.
– Sarà fatto Gran Maestro.
Naturalmente io scivolo dietro di lui ed entro nella camera. La stanza è spartana: un letto, un tappeto, una sedia, una minuscola scrivania e una cassapanca.L'elfo si siede sul letto e si prende la testa fra le mani. Sospirando dice: – Come potrò farcela?
Ma come farò io a parlargli? Se mi rendo visibile prima chiama le guardie e poi gli prende un'accidenti. Gli scrivo un messaggio? A parte che non c'è carta, come scriveranno gli elfi? Magari con le rune? Tento sottovoce con la prima cosa che mi viene in mente: – Pssss, pssss... ehi! Non urlare e non chiamare le guardie... ho bisogno assoluto di parlare con te...
Reazione: stacca le mani dai capelli, alza piano la testa e guarda il muro con occhio vitreo
– Pssss, psss... non so come ti chiami… posso parlare? Ti rivolgerai alle guardie? Posso mostrarmi? Se chiami aiuto sparirò come l'altra volta... – bisbiglio.
– Psss, psss... a me? Ma chi sei? Come ti permetti? – chiede il Gran Maestro.
– Allora? Me ne vado? – chiedo.
– No, mostrati, ti ascolterò.
Mi scopro il capo.
– Ma...? No! L'imbranata umana caduta nella buca? – chiede stupito.
– Vedo che sono famosa... Non pensavo a me stessa così... ma sì, sono io. Buona sera.
– Buona sera? Ma sei pazza? Mi fai venire quasi un infarto per dirmi questo????? – chiede scandalizzato lo zio.
– Beh, è un inizio come un altro. Io sono Elena. Imbranata? Forse, ma noi umani diciamo "a caval donato non si guarda in bocca". Hai un nome oltre a "Gran Maestro"? – chiedo.
– Secondo me hai sei caduta di testa da piccola... quale caval donato? Comunque il mio nome è Utvik. Sapevo che sarebbe tornato chi si nascondeva quando abbiamo catturato l'elfo nero, ma in verità pensavo a un gran mago o a un guerriero, non certo a te – mi informa gentilente lo zio.
Il solito maschilista, sembra che non sia un problema di razza...
– Che dire? Amo le sorprese. Accetti allora il mio aiuto?
Lo zio ha cominciato ad andare avanti e indietro per la stanzetta.
– Certo, grande esperta del nulla. C’è qualche motivo perché mi tratti come se fossi tuo cugino? – mi chiede lo zio sempre più seccato.
– Non voglio mancare di rispetto, ma il tempo è poco e i nemici tanti, quindi niente convenevoli. Ho un disperato bisogno di informazioni – taglio corto.
– Molto bene, accomodati. – mi invita Utvik.
Mi fa cenno di usare la sedia mentre lui si risiede su letto.
– Quindi intendiamoci bene, mia la sedia, mia la stanza e mie le domande per iniziare. Da dove sbuchi? Eri con Adelaide quando c'è stata l’aggressione? –
– Ero in vacanza quando, in qualche modo e per una ragione a me sconosciuta, ho aperto un portale che dava direttamente nella casa di Adelaide. Voleva che diventassi una spia e mi stava dando istruzioni e mezzi per farlo quando siamo stati attaccati. È stato tremendo, creature sono sbucate dal terreno, hanno ucciso Adelaide e tentato di catturare me dietro ordine di Jade. Sono riuscita a riattraversare il portale per un pelo – spiego sintetizzando al massimo.
– Come hanno fatto ad ucciderla? –
– Un attimo prima che una delle creature la distruggesse definitivamente, ho visto una miriade di piccoli pezzi di carta argento e oro librarsi in cielo e uscire dal soffitto della casa… Il vaso era rotto e non c'erano più segni della presenza di Adelaide – gli rispondo rivivendo quei momenti.
– Uhmmm... Sei sicura di non essere un mago? – mi chiede lo zio finalmente interessato.
– Sicurissima.
– Cosa sai di noi?
– Poco. Tu sei della razza Arkadax, Jade della Atavici, poi ci sono i Rebial e alcuni elfi che sono sbucati da delle ortensie...
– Sono gli Ontrix – mi illumina lo zio
– Bene. So che avete lavorato tutti insieme per creare una fonte di magia potente che vi rende forti e coesi e che gli elfi oscuri vogliono appropriarsene a tutti i costi. Tutto qua – sintetizzo.
– Come hai fatto a trovare mia nipote?
– Dopo essere scappata, ho deciso di tornare indietro ad aiutarvi e così ho cominciato a perlustrare la zona. Volevo vedere cosa fosse successo e cercare alleati, quando ho visto Alba e ho deciso di seguirla. Non mi sono accorta dell'elfo nero! – mi giustifico.
– Cosa proponi?
– Se non sapete già tutto, cosa che non credo, vorrei continuare l'incarico raccogliendo informazioni. Voi come vi siete organizzati?
– Adelaide ed io ci conoscevamo da molto tempo ed avevamo deciso di creare un piccolo consiglio nel consiglio, pochi membri fidatissimi. Purtroppo ne faceva parte anche Jade – si rammarica il Gran Maestro.
– Un Consiglio nel Consiglio?
– Noi siamo un'alleanza, ci chiamiamo Alleanza dei Popoli Liberi. Abbiamo un Consiglio che si riuniva nella sala, che forse avrai già visto, dove ogni razza di elfi e semi-elfi aveva dei suoi rappresentanti. Le sedute erano presiedute dal Gran Patriarca eletto, il quale dava il suo giudizio di massima sulle questioni
proposte nel giorno e poi si votava. Un centinaio di anni fa abbiamo costituito tutto questo, prima in clandestinità poi, piano piano, siamo riusciti ad avere un territorio tutto nostro. L’Alleanza riunisce tutti coloro che, per ragioni di composizione specifica della propria razza o di ideologia, non si riconoscono nelle due Corti. Per diventare quelli che siamo abbiamo dovuto sviluppare le nostre capacità al massimo e collaborare tutti assieme per non essere invasi, travolti e schiavizzati. Dalle menti migliori di ogni razza e dalla loro collaborazione, siamo stati in grado di elaborare un nucleo, chiamato "Fonte", di magia che ci ha permesso di vivere anni totalmente in pace – racconta Utvik.
– Adelaide non l'aveva messa così. Aveva detto che il nemico non si sapeva chi fosse e si pensava fossero gli elfi oscuri! – dico scettica.
– Non poteva certo svelare tutto al primo venuto, tenuto conto che sapeva dell'esistenza di infiltrati che ascoltavano cosa stava dicendo e a chi – dice il buon zio.
– Cosa sono le due Corti?
– Il nostro mondo è diviso fra la Corte bianca e la Corte nera, possono assumere vari nomi a seconda di chi le nomina, ma la sostanza non cambia. Sono entrambe governate ciascuna da una sovrana con potere di vita e di morte. Quella bianca si autodefinisce "buona e giusta", dovrebbe riunire le razze elfiche auto certificate superiori, mentre quella nera riunisce tutti gli altri.
– Affascinante! Voi quindi siete riusciti a costruire uno stato autonomo!
– Certo, ci è voluto tempo e tenacia ma ce l'abbiamo fatta... almeno fino a ora. –
dice lo zio
– Mi dicevi di un Consiglio di membri scelti...
– Era stata un'idea di Adelaide, per velocizzare alcune questioni di rivendicazione fra i nostri membri e per tenere monitorati i gruppi con più elfi o più potenti. Eravamo in sette. Adelaide apparteneva alla razza dei Mutanti, vecchia come la terra derivante dai primi organismi unicellulari vegetali nati nel mare, i suoi appartenenti sono estremamente rari da trovare al giorno d'oggi e, quindi, preziosissimi. Poi c'ero io della razza Arkadax, legata alla terra e alla sua energia peculiare, quindi Jade degli Atravik, che si distinguono per essere ottimi diplomatici ma anche maghi non sempre controllabili. Della razza dei Rebial avevamo Adamantis.
– Adamantis? Ma io lo conosco! Non mi sembrava un personaggio capace di stare ore seduto su di una sedia a discutere... – giudico.
– Infatti non lo è, ma è un fine addestratore di creature alate e conoscitore delle menti elfiche, se la cava bene anche con le pozioni per la verità... Cerano anche Aba e Iba, gemelli degli Ontrix, abilissimi maghi specializzati nella lettura della mente. Poi abbiamo Ellaien, la nostra signora dell'acqua, in rappresentanza di tutte le creature d'acqua.
– Creature d'acqua?
– Gli gnomi o Pgnixit, le creature di fuoco e quelle dell'aria non hanno voluto fare parte del nostro piccolo Consiglio ristretto perché sono esseri liberi, come gli elementi naturali che incarnano e non amano programmazioni di alcun
genere, infatti erano presenti solo nel Consiglio generale. Fa eccezione Ellaien per le creature fatte d'acqua, è più disposta ad ascoltare e dare pareri, anche se non è facile convocarla, non veniva spesso.
– Non riesco a immaginare una creatura d’acqua… – commento a mezza voce.
– Bene, bene. Tu dici che sei tornata per aiutarci... che cuore generoso! La mia conoscenza degli esseri umani mi porta a pensare che tu stia cercando un tornaconto personale...
– In effetti è quello che penserei anch'io se non fossi umana. Anche fra i predatori, come alcuni ci definiscono, c'è qualcuno che cerca di aiutare il prossimo...
Non vedo alcun motivo di accennare alla scatola affidatami da Adelaide, qualsiasi cosa contenga. A mia discrezione, quando capirò esattamente cos'è, la riporterò in questo mondo parallelo al mio. Spero che questo adorabile zio non legga la mente…
– Mmmh! Comunque se si fidava Adelaide per il momento, e sottolineo per il momento, ti arruolo per la nostra causa. Come mai non mi ha chiesto della "Fonte"? – chiede sospettoso Utvik.
– Quella magica? Perché non mi interessa, non sono un mago. Ma ammesso e non concesso che l'attacco sia avvenuto per impossessarsi della "Fonte”, che fine ha fatto? L’avete ancora voi? – chiedo
– Purtroppo no.
– L'hanno presa loro????
– No.
– Come no? Non hanno attaccato per prenderla???
– Certo.
– Non capisco, se sapevano dov'era, perché ora non ce l'hanno? Se NON sapevano dov'era perché hanno ucciso Adelaide che lo sapeva??
– Perché pensavano di sapere dove fosse… ma poi arrivati, non c'era più. Ah! Dovevi vedere Jade, dalla rabbia era diventata rossa come un pomodoro, le si erano rizzati anche i capelli… Non vorrei essere stato nei suo panni quando lo ha comunicato alla Regina Nera… – commenta lo zio ghignando fra i denti.
– Gli altri elfi che abitavano l'altopiano che fine hanno fatto?
– Quelli che non sono riusciti a nascondersi in tempo sono stati portati via. Non so se siano già arrivati alla Corte Nera. Anche la mia povera sorella e mio cognato, i genitori di Alba, sono spariti, adesso mi occupo io dei due fratelli.
– Jade dov’è?
– È ancora nei paraggi, non si dà pace per essersi fatta sfuggire la "Fonte" da sotto il naso... È nel campo base che hanno allestito a una cinquantina di chilometri oltre il ponte. Le guardie stanno pattugliando tutta la zona dell'altipiano e delle rocce scoscese che lo circondano, sono in genere elfi neri trasformati in animali alati, rettili e anfibi, indubbiamente sono un esercito ma facilmente rintracciabili. Il mio problema sono gli assassini, come il nostro attuale ospite, addestrati, invisibili e spietati.
– Già. Non avete infiltrati? – chiedo.
– Sì, ma evidentemente usano strumenti per identificarli che non siamo riusciti ad individuare e di loro non abbiamo più notizie.
– E gli altri membri del Consiglio Ristretto?
– Purtroppo sono in contatto solo con Ellaien – dice rammaricandosi lo zio.
Poveraccio, mi fa pena. Ma cosa pensa di fare, vivere per sempre in un buco nella terra?
– Strategie? – chiedo.
– Aspettare un buon momento per contattare gli altri, possibilmente fuggire
dall'altipiano e organizzare la resistenza. – sintetizza il Gran Maestro.
– Ma Jade non sapeva delle gallerie?
– Non esattamente la loro ubicazione. Abbiamo studiato assieme varie soluzioni, e purtroppo ora ha la certezza che molti di noi sono ancora nell'altipiano. Ci stanno cercando…
– Brutta faccenda – faccio un commento scontato.
– Comunque sia, sono d'accordo con Adelaide quando diceva che tu avevi avuto un tempismo perfetto, qualunque ne sia la ragione. Stasera devo contattare Ellaien, tu verrai con me. Hai un mezzo di trasporto che non siano le tue gambe?
– Sì!
Utvik si avvicina alla cassapanca, la apre e prende un sacchettino che sembra contenere pietre.
– Bene, prendi questo piccolo quarzo, serve per fare luce.
Mi porge un bellissimo quarzo verde smeraldo.
– Basta che pensi che hai bisogno di luce e lui ti illuminerà la strada. Adesso seguimi, altrimenti facciamo tardi.
Mentre mi dice ciò, si apre nel pavimento un buco largo un paio di metri e il buon zio fa apparire un disco di luna circolare di argento che, a prima vista, non sembra solido ma quasi trasparente. Prende un bastone che era appoggiato alla parete e sale sopra al disco che sta galleggiando ad una spanna da terra.
– Beh, allora? Cosa aspetti?
Ero rimasta imbambolata a guardarlo. Mi riprendo e sfoggio il mio righello– scooter che diventa il solito trabiccolo di legno sul quale mi accomodo con il quarzo in grembo. Mi viene a quel punto un'idea che sembra folle, ma forse non così tanto.
– Ma che roba è?????? Mah! se funziona... contenta te… Adesso seguimi e cerca di non crollarmi addosso con quella… cassetta di frutta senza bordi – dice rassegnato lo zio.
E si fionda nel buco.
Attimo di panico. Che faccio? Se ci riesce lui, perché io no? Lo seguo nel buco. Il foro nel pavimento si rivela essere un tunnel verticale come quelli degli ascensori. Scendiamo parecchio, seguo la luce verde che ha con sé lo zio. A un certo punto rallenta e il tunnel diventa orizzontale con delle curve che, per fortuna, non sono a gomito. a ancora del tempo e, finalmente, arriviamo in una grotta sotterranea, piena di stalattiti e stalagmiti con una pozza d'acqua nel centro. Sono così felice di non essermi spiattellata e infilzata da qualche parte
che per poco, rialzandomi dopo aver ripreso il righello, non mi divido il carneo a metà grazie a una roccia appuntita che, come una spada di Damocle, pende dal soffitto proprio sopra di me della quale non mi ero accorta.
– Allora, vieni o no? Che fai lì impalata? – mi chiama lo zio.
– Arrivo, arrivo! Ma che fretta!
Mi dirigo verso l'acqua cristallina, c'è un silenzio bellissimo. Rimango a contemplare questo strano spettacolo da un punto fuori dal mio corpo, io che guardo la grotta e lo zio che fissa l'acqua. Poco dopo, senza nessun preavviso, vedo levarsi dalla pozza una piccola colonna d'acqua di poco più di un metro. Si forma una figura vagamente umana, l'acqua che compone la creatura è trasparente e in movimento dentro la stessa. Riesco a distinguere un viso contornato da lunghi capelli che si fondono in una veste del colore dell'acqua.
– Buona serata Ellaien – saluta il Gran Maestro.
– Buona serata Utvik. Come mai hai ospiti? Chi è l’umana? – chiede la creatura traslucida.
– Elena, era persona di fiducia di Adelaide. Ho accettato il suo aiuto per la nostra causa. Che novità porti dall’esterno?
– Temo brutte Utvik. Non ho rintracciato nessuno del nostro vecchio gruppo e purtroppo i controlli degli elfi neri si stanno facendo sempre più pressanti e
feroci. Non so come sia possibile ma oggi mi hanno seguito, ho fatto molta fatica a seminarli. Non è prudente continuare ad incontrarci, ti consiglio di trovare il modo di andartene dall'altopiano, fra poco troveranno il sistema di stanarvi, sono tanti e agguerriti. Io e la mia gente ci trasferiamo nei laghi di Manvir, a Manor. Se tutto andrà bene, ci troveremo lì. Mi dispiace di aver avuto poco tempo per conoscerti Elena, ma se il destino lo vorrà ci sarà il tempo. Arrivederci Utvik, ti auguro tutta la fortuna del mondo. Ah, complimenti, bel mantello – dice Ellaien rivolgendosi a me.
– Grazie – ringrazio inorgoglita.
Detto questo la creatura d'acqua sparisce, lasciandomi alquanto perplessa.
– Un incontro breve ma intenso, non c'è che dire. Penso che abbia ragione, avevi già pianificato qualcosa di simile per il tuo popolo Utvik? – chiedo alla zio pensando che, in realtà, la creatura non si sia sforzata un gran che nel dare notizie, ma forse è il suo modo di fare.
– Speravo che la situazione non precipitasse così presto e che avrei trovato almeno altri membri del Consiglio per non disperderci definitivamente. Sono stato un ingenuo, vogliono la "Fonte" a tutti i costi e per trovarla vorranno tutti quelli che ne erano a conoscenza. D’altronde senza di essa non abbiamo modo di contrastarli – si rammarica il Gran Maestro.
– Ho delle carte geografiche datemi da Adelaide, per sicurezza riesci a vedere se hanno fatto qualche genere di magia che possa farle rintracciare chi le ha con sé? Dopo di che mi indichi dove sono i laghi di Manvir? – chiedo.
– Cosa hai in mente Elena?
– Semplice, voi vi mettete in salvo e io vado a cercare gli altri – rispondo.
– Caspita, ente di meno, abbiamo la salvatrice della patria! Bah, torniamo indietro, qui si gela ed è umido – dice depresso lo zio.
Prima di andarmene, mi volto indietro e volgo l'ultimo sguardo alla grotta. Ritornati nella camera da letto di Utvik, il buco nel pavimento si richiude.
– Avrei un altro quesito, ma non voglio offenderti Utvik.
– Domanda pure, perla di saggezza!
– Tutti gli elfi che sono qui con te, sono fidati? Non c'è nessuno che fa il doppio gioco?
– A parte te intendi? Scherzo. Io mi fido di tutti loro. Piuttosto, per analizzare le tue mappe, ho bisogno di un po' di tempo per convocare gli altri quattro Consiglieri della nostra razza e Alba – mi risponde sicuro di sé lo zio.
– Bene, te le lascio, ho bisogno di fare un salto a. casa a York e poi ritorno. Un’ultima domanda, quella sfera azzurra che ho visto nella stanza circolare, riuscireste a rimpicciolirla e a portarla con voi senza problemi? – mi informo.
– Certamente. Tornerai? – mi chiede.
– Ci puoi contare.
E giro l'anello.
LA FUGA
Rieccomi nella stanza n. 4, con il suo bel cubo di polistirolo e, sopra, il famoso "contenitore di non so cosa". Non posso lasciarlo così in bella mostra! Lo ficco delicatamente nel cubo, nello spazio lasciato dalla spada quando l'ho estratta. Perfetto! Apro il trolley ed estraggo un golfino un po' pesante per il viaggio che ho intenzione di fare e lo infilo nello zainetto.
Voglio fare un salto nell’appartamento per vedere se è tutto a posto, quindi mi dirigo nella stanza circolare che comunica con tutte le sei porte. Chissà perchè ci avrei giurato! La settima porta, dalla quale si accede all’appartamento, è chiusa.
Un colpo di vento? No, c'è qualcuno in casa. Sono sicurissima di averla lasciata appena accostata! Naturalmente la maniglia è dall'altra parte! Che noia! Che faccio? Provo ad aprire una porta a lato di quella chiusa. Molto bene! Ecco che appare un uscio munito di maniglia. Apro un piccolo spiraglio per vedere che succede.
Non sono più nell'ingresso ma in un angolo del bagno. Mi viene un'idea. Se fi il gesto dell’arcobaleno al contrario per fare sparire definitivamente l'altra porta? Ci provo e funziona! Sarà il mio giorno fortunato? Mi avventuro nel bagno e spio in salotto da dove si sente una confusione pazzesca.
Ci sono tre figure che stanno letteralmente buttando all'aria la casa, due le vedo bene e sono, manco a dirlo, elfi neri. Hanno uno spadone legato alla schiena e indossano una tuta protettiva in pelle, portano anche un cinturone da dove spuntano dei pugnali.
– Ma di che forma è ciò che stiamo cercando? È mezz’ora che stiamo battendo l'appartamento palmo a palmo e non c'è nulla!!! – dice una delle due figure armate.
Una voce fuori campo risponde:
– Qualsiasi cosa che emani energia, incapace! I sensori hanno segnalato un fortissimo picco di energia magica un'ora fa. Deve essere da qualche parte!
Quella voce la riconoscerei ovunque. È Jade.
– Non vorrai che quelli della Corte Bianca vengano a rovistare anche loro e trovino qualche cosa prima di noi! Muovetevi, non abbiamo tutto il giorno! – prosegue la voce.
Mi addentro nell'appartamento senza fare rumore e vedo Jade che sta scrutando
fuori dalla finestra la via sottostante. Avevo giurato di prenderla a calci quando l'avrei rivista ma mi viene un'idea migliore. Mi avvicino di soppiatto. La finestra È aperta. E mentre sta gridando: – Muovetevi idioti! – le afferro le caviglie e la butto di sotto.
Tanto sono solo due piani.
Veloce come un razzo ritorno in bagno, attraverso la porta e me la richiudo dietro.
Sì, lo so, non dovevo farlo, forse non sono neanche due piani ma tre, non ricordo. In certi momenti agisco di puro istinto… Così Jade ha la possibilità di testare direttamente i suoi unguenti o tecniche di guarigione, infatti dubito che sia morta, ci vuole altro per uccidere un elfo. Dove avrà il cuore? Forse sarebbe meglio staccargli la testa… Che schifo, chissà che spruzzi di sangue... Devo chiedere a Utvik di insegnarmi qualche cosa sui veleni...
Il lato negativo della faccenda È che così saprà che sono tornata, che sono sua nemica, che la seguirò e che non avrà mai la certezza che io non ci sia nel luogo in cui lei è. Beh, in effetti, forse non è poi così negativa la faccenda.
Ora è meglio tornare dagli Arkadax, devo portarli fuori dal buco dove si sono nascosti. Per sicurezza "cancello" la porta che immette nell'appartamento di York, non posso rischiare che raggiungano il contenitore elfi mal intenzionati.
Apro la porta che dà sulla stanza della sfera blu con il cappuccio alzato, meglio non esser visti. La sfera blu non c'è più e neanche le guardie.
Mi aggiro nei corridoi alla ricerca di Utvik. Lo trovo in cucina che assaggia una zuppa con un mestolo di rame.
– Ah, Aran! Hai superato te stessa, è buonissima. Chissà se potremo averne dell'altra quando lasceremo l’altipiano – dice lo zio sorseggiando il succulento intruglio.
– Gran Maestro lei mi lusinga! Comunque ho procurato un'ampia varietà di semi nel mio bagaglio, non dovrebbe essere così difficile ripiantare ortaggi e legumi dove andremo. Lumache e vermi non mancheranno senz'altro...
Prima di vomitare esco dalla cucina, per non sentire altri discorsi aspetterò che il buon zio abbia finito. Non credo che sia una gran idea parlargli di Jade e del perché era nell'appartamento ma, d’altronde, se lo viene a sapere da altri è molto peggio. Decido per la via di mezzo, eccolo che arriva!
– Ah, Utvik, eccomi di ritorno, avrei un’idea... – dico senza pensarci.
– Aaahg! La smetti di farmi venire un infarto tutte le volte? – dice sconvolto il Gran Maestro.
– … da sottoporti. Oh, Scusa! Non sono abituata alla condizione di "essere invisibile" – dico contrita.
– Vedi di abituarcisi alla svelta! Mi farai cadere la barba e i capelli se continui
così! Ho il terrore di chiederti che idea hai avuto, comunque entriamo nella camera dei ragazzi, così staremo tranquilli.
Nella cameretta c'è un piccolo letto e uno più grande, un bel tappeto colorato per terra, una piccola cassapanca, matite colorate e fogli sul tavolo. La stanza riesce a essere graziosa anche se in effetti è un buco di fortuna sotto terra.
– Prima di esporre l'idea ho notizie importanti. Ho trovato Jade che perquisiva l'appartamento dove vivo ora. Aveva al seguito due elfi neri, non so cosa sperasse di trovare né come ha fatto a rintracciare il posto. Mentre guardava fuori della finestra l'ho buttata di sotto e sono scappata – dico tutto di un fiato.
– Buttata di sotto? E perché l'avresti fatto? – mi chiede esterrefatto il Gran Maestro.
– Perché mi sta antipatica e perché è una traditrice – dico cantilenando come una scolaretta.
– Che reazione infantile ed inutile! Poveri noi se dobbiamo affidarci a una bimbetta di cinque anni! Dovevi fermarti a raccogliere informazioni invece di gestire la cosa come un’infante! – mi rimprovera Utvik.
– Hai ragione, ma noi umani siamo imprevedibili e questo è un punto di forza, come il fatto di sapere ribaltare cattive situazioni a nostro favore. Per tornare al vostro problema, avrei pensato ad una soluzione che non ti piacerà, ma che vedo come l'unica possibile – dico convinta.
– Ahimè...
– Partendo dal fatto che io non uso la magia ma oggetti magici, che non dovrebbero essere "rilevati" come il mantello e lo scooter righello, riuscireste a trasformarvi in piccole pietruzze in modo che io possa portarvi via? – domando.
– Per scooter righello intendi la cassetta di frutta di questa notte? Ti ho già detto che sei pazza? – domanda incredulo lo zio.
– Sì, ma si può fare o no?
– Sì – risponde.
– C'è un problema però.
– Solo uno? – dice il buon zio che ormai ha il colorito del viso come quello dei capelli, cioè bianco bucato appena uscito dalla lavatrice.
– Mi servono i tuoi consigli, non posso fare tutto da sola, non conosco i pericoli delle zone che sorvoleremo, inoltre bisognerà far tornare la tua gente normale, una volta arrivati. Visto che sei un mago, riesci a trasformarti in un disegno su di una delle mappe che mi ha dato Adelaide? Ovviamente se mi confermi che non sono rintracciabili con diavolerie magiche…
– E così sarebbe tutto pronto, tutto deciso! Hai fatto tutto tu, ma non ti viene in
mente che a noi potrebbe non piacere il tuo cosiddetto progetto? In fondo cosa sappiamo di te? Come possiamo fidarci? E poi il Consiglio deve essere informato, devono discutere e poi decidere – dice lo zio.
– Non c'è tempo! Se hanno trovato me quanto pensi che erà prima che siate individuati? Pensa ai tuoi nipoti, vuoi veramente che li prendano? Quell’elfo nero che avete catturato è un pallone gonfiato, ma non mi pare affatto preoccupato di rimanere vostro prigioniero per molto…
– Cosa pretendi che faccia? Ho già allertato tutti perché si preparino per un viaggio ma non ho spiegato come e quando! – dice esasperato il Gran Maestro.
– In un primo momento avevo pensato di portare via prima Alba e suo fratello, potremmo anche farcela, il piccolo starebbe in braccio alla sorella, ma poi ho pensato che non potrei mai lasciarli soli mentre vengo a prendere uno ad uno gli altri. La cosa non è praticabile, dobbiamo uscire tutti, nessuno escluso o verrete catturati. Utvik, se non riesci a convincerli l'unica soluzione è di fare tutto a loro insaputa. Sei sicuro che siano tutti fidati? – cerco di spiegare.
– Sì, sono sicuro della loro lealtà – continua a essere convinto lo zio.
Pam, pin, patrapack! La porta si apre e cadono nella stanza Alba e il fratellino che, in piedi in bilico sulle spalle della sorella, batte violentemente, prima di rotolare sul tappeto, il coniglietto Paffii sulla testa della parente stretta.
– Ahia! Guarda cosa ha fatto, ci hai fatto scoprire! Ti avevo detto di stare fermo, ma tu no, sempre a fare di testa tua e combinare guai! – dice la ragazzina.
– Ma che fate ragazzi! Vi siete fatti male? Stavate origliando! – dice lo zio.
– Scusa zio, ma volevo vedere l’umana e A, non mi lasciava un attimo! …Così sei tu che mi hai seguito e hai dato una botta in testa all'elfo nero! – dice rivolgendosi a me.
– Ciao Alba. Sì, sono io. Mi chiamo Elena, si chiama A il tuo fratellino? – chiedo dubbiosa.
– No, per la verità si chiama Avvero Abis, detto A per brevità’. Zio, perché non provi a parlarne al Gran Consiglio? Hai paura che non ti credano?
– Non mi crederanno e non si fideranno neanche morti, se non presento delle prove solide e inconfutabili a sostegno della mia tesi – dice il Gran Maestro.
– Neanche se ti sostengo io? – chiede Alba.
Intervengo io: – Sentite, capisco tutti i problemi che dovrete affrontare, ma io non voglio che mi vedano e vi devo dare una scadenza di massimo due ore, oltre le quali andrò a cercare gli altri prima che vengano catturati. Mi interessa trovare Adamantis, ammesso che non lo abbiano già portato via. Quindi vi aspetto fra due ore in questa stanza, adesso vi lascio alle vostre decisioni.
Mi tiro sulla testa il cappuccio e sparisco alla loro vista. Naturalmente non me ne vado affatto e mi catapulto dietro allo zio sperando che credano che me ne sia
andata definitivamente. Voglio sentire cosa dicono e conoscere meglio queste belle personalità.
Il dialogo continua...
– Per i capelli di Gensang! Ecco, adesso è pure sparita...
– Zio, non credo voglia che gli altri la vedano o che la catturino se non ci crederanno...
– Eh no, Alba. Non posso certo dire al Gran Consiglio che dialogo con un'umana che non si sa chi possa essere o che cosa possa essere. Tanto meno che ci voglia aiutare per...non ho capito perché Mi prenderebbero per pazzo, devo trovare un'altra storia da raccontare.
Si dirige verso la porta della camera.
– Guardie! Ehi, guardie!!!!!!! Ma dove si sono cacciate!!!!
– Eccoci, Gran Maestro – arrivano due figuri trafelati.
– Convocate il Gran Consiglio! Entro dieci minuti voglio tutti nella camera blu. Svelti!
Le guardie si fiondano una da una lato del corridoio e l'altra dall'altro.
– Vieni Alba, ci sarà bisogno del tuo intervento... E tu A starai buono se vieni con noi? – dice lo zio al nipotino.
– Sssì, anch'io!
– Andiamo. Reggetemi il gioco – dice il Gran Maestro andandosene.
Il quartetto compatto, formato da me stessa, lo zio, Alba e A si dirige svelto alla meta. La camera blu si rivela una stanzetta con nel mezzo un tavolo rotondo e un bel tappeto blu sul pavimento. I tre elfi si siedono e dopo cinque minuti dal nostro ingresso arrivano trafelati gli altri quattro Consiglieri.
– Che succede? Caspita che fretta!
– Vecchio caprone, mi farai venire un infarto! Ti va a fuoco la tana.
– Calmati Herbhert e mettiti a sedere – dice Utvik al più anziano del gruppo.
– Vi ho convocati qui per la soluzione di un problema urgentissimo che riguarda tutti noi... Ho avuto una visione – inizia lo zio.
– Ma se sono cinquant'anni che non vedi neanche il tuo naso, per non parlare dei piedi... – dice Herbhert.
– Insomma, un po' di rispetto!!! – interviene Oracrit.
– Bè, sì hai ragione, in effetti è stata Alba che... – tenta Utvik.
– Basta con le ciance! – incalza Herbhert. – Dicci cosa vuoi senza girarci intorno, non siamo rimbambiti come credi!
– Povero me! E va bene. Abbiamo trovato un modo per uscire di qui senza essere presi né visti. Bisogna agire in fretta perché le ultime notizie danno Jade molto vicina a scoprire dove siamo rintanati, anche se, in effetti, non ci vuole una gran fantasia. È solo un problema di tempo per essere localizzati.
– E quale sarebbe la genialata fresca di conio? Sono settimane che discutiamo come uscire di qui! – dice Herbhert come un vulcano.
– Abbiamo un alleato che ci porterebbe fuori senza usare la magia, che può essere localizzata, ma usando un mezzo magico. L’unico problema è che non ci può contenere tutti se non riusciamo a trasformarci in qualche modo. Abbiamo pensato di tramutare i nostri fedeli amici in lapislazzuli di piccole dimensioni in modo da essere contenuti in un sacchetto – spiega lo zio.
Interviene la quarta Consigliera che non aveva ancora proferito parola. Con aria divertita e birichina dice: – Ma guarda! Ma non era semplice? Perché non ci
abbiamo pensato prima? Ci affidiamo a uno sconosciuto, ci trasformiamo, tutto in piena fiducia e senza difese, mentre il caro Utvik ci porta ad un meta sconosciuta rimanendo con tutte le sue facoltà magiche attive… Perché è questo che ci stai proponendo, vero?
E qui scoppia il fini mondo. Tutti gridano contro tutti, ricordando i sapienti scambi di idee che scoppiano in Parlamento. Spaventato, comincia a piangere e Alba urla: – BASTA!!!!!!!!! Smettetela! Siete un branco di sciocchi! Mentre voi litigate e giocate a chi è il più furbo, gli elfi neri stanno arrivando! Mio zio è una brava persona e non consento a nessuno di dubitare della sua buona fede. Per quanto mi riguarda, io penso che sia un buon piano e che la persona che ci porterà fuori di qui abbia buon cuore ma non abbia gli strumenti per realizzarlo. Sta a noi renderlo possibile ed è per questa ragione che io lo realizzerò che lo vogliate o no, sapete bene che posso farlo. Quindi smettetela di litigare e organizzate la nostra gente per la fuga, a meno che non vogliate farmi prigioniera o uccidermi. Chi mi è contro lo dica subito e davanti a tutti! Allora? Chi ha qualcosa da dire?
Silenzio, facce stupite ovunque. A guarda Alba con due occhi grandi come oceani.
– Ottimo, è deciso. Consigliere Leasyn – Alba si rivolge a un elfo che non aveva preso posizione fino ad allora e che ha un aspetto che definirei "smunto", nonostante gli abiti sgargianti, – per cortesia raduna la nostra gente nella sala grande, spiega per sommi capi il piano, poi io vi raggiungo. Zio ti affido la sorte del nostro prigioniero, penso ad un varco che si apra un'ora dopo la partenza in modo che possa andarsene. Colei che ci porterà via…
– Colei? – dice Oracrit.
– ... ha trovato una soluzione anche per lo zio, che penso possa estendersi a tutto il Consiglio, così non litigate. Possiamo trasferirci sulle carte geografiche che le ha dato Adelaide, come figure disegnate capaci di muoversi e parlare.
– Che le ha dato Adelaide? Non sarà l'umana????? – interviene ancora Oracrit.
– E se anche fosse, c'è qualche problema? – risponde Alba.
– A parte il fatto che credo sia pazza? No, era quasi simpatica.
Ma parchè tutti mi danno della pazza? Sono perfettamente normale, rispetto ad altri
– Ok– riprende Alba– allora è deciso. Consigliera Enga avrò bisogno del tuo aiuto per stabilire se il mezzo con cui usciremo o qualche altra cosa in possesso dell'umana può segnalare la nostra posizione mentre ci trasferiamo. Inoltre bisogna decidere dove ci vogliamo trasferire.
Riprende le redini della riunione il buon Utvik, mettendo sul tavolo le carte che mi aveva dato Adelaide.
– Ah, ecco, appunto. Ellaien mi ha detto che si sarebbe diretta a Manor – e indica con il dito una zona nella Russia del Nord che noi chiamiamo Carelia – ma ritengo saggio non andare tutti in un unico posto vicino alle creature d'acqua, se trovano loro trovano anche noi. Per non parlare del fatto che non so quante di loro siano affidabili. Pensavo di portare tutti noi a Ranban.
Lo zio fa scorrere il dito su di una zona della Gran Bretagna e precisamente nel Galles centrale.
– Questo è una buon posto per costruire un piccolo villaggio. Successivamente alcuni di noi potrebbero spostarsi per incontrare Ellaien e... – prosegue il Gran Maestro.
– Ancora con questa fissazione di trovare alleati nelle altre razze per costruire una resistenza! – dice Herbhert rosso in viso come un pomodoro. – Pensiamo piuttosto alla nostra gente! Guarda cosa ci ha portato essere membri dell'Alleanza! Non sappiamo neanche dove è finita tutta la nostra gente!!! E quelli catturati? Pensiamo a loro, hai dimenticato tua sorella o non ti importa?
– Lascia stare mia sorella, è una guerriera, sapeva che sarebbe potuto succedere e si è offerta spontaneamente assieme al marito ad andare nei confini occidentali. Lo sai meglio di me che avevamo bisogno di informazioni e quindi di spie da inviare sui luoghi. IO NON LA DIMENTICO DI CERTO! È per questa ragione che abbiamo bisogno di aiuto, da soli non possiamo farcela!
L'elfo di nome Leasyn sogghigna leggermente mentre si liscia la barba, ha un aspetto veramente antipatico, sembra essere il più giovane del gruppetto. Ho deciso di soprannominarlo "lo smunto antipatico".
Utvik riprende
– QUINDI, se non ci sono obbiezioni, CI TRASFERIAMO A RANBAN. Dopo
aver completato i compiti che vi sono stati assegnati, ci troviamo tutti nella grande sala. Radunate anche i nostri concittadini lì, fate in modo che portino con sé tutto quello che serve loro per il viaggio. Io intanto mi occupo dell'elfo nero, ci vediamo fra mezz'ora.
Detto questo, lo zio gira sui tacchi e se ne va senza aspettare risposta. Naturalmente lo seguo a ruota. Dopo il solito dedalo di corridoi, arriviamo alla cella fiocamente illuminata dove Il prigioniero sembra dormire. Utvik si avvicina e afferra il bastone in modo di avere l'impugnatura rivolta verso l'elfo nero e, piano piano, disegna dei cerchi nell'aria in senso orario nella direzione della figura incatenata mentre l'energia intorno all'elfo cambia di colore e appare più vibrante. Ciò fatto esce dalla stanza e ripete l'operazione in direzione di una parete del corridoio, poi, soddisfatto fa crollare silenziosamente il corridoio di destra e, dopo aver fatto alcuni i, anche quello di sinistra, chiudendo tutti gli accessi alla cella tranne quello centrale.
Ripercorriamo le gallerie in senso inverso. A una svolta appare, dietro una curvetta, lo "smunto antipatico".
– Gran Maestro siamo tutti pronti nella sala grande, attendiamo la sua illuminante presenza.
Indubbiamente un gran leccapiedi, chissà qual è la sua specialità! Intendo informarmi da Utvik che mestiere esercita.
Trottiamo tutti insieme verso la nostra meta e, arrivati, vediamo tutti i membri degli Arkadax raggruppati al centro della sala grande, facce tese ovunque. Lo zio dice: – Cari amici, stiamo per intraprendere un viaggio che porterà tutti noi al sicuro e per far questo so di avervi chiesto molto. La vostra fiducia nei miei confronti non è mai mancata e, vi assicuro, è sempre stata ben riposta. Farò tutto
il possibile perché il trasferimento avvenga in sicurezza ed abbia buon esito, d'altronde non abbiamo scelta. Si inizi e che la nostra buona stella ci protegga!
I cinque Consiglieri più Alba circondano cantilenando il gruppo di elfi, piano piano, senza fretta. Una volta chiuso il cerchio esplode una gran luce verde che illumina la sala a giorno. Tutto pare sospeso per una frazione di secondo nello spazio e nel tempo, poi si spengono le luci e piombiamo tutti nel buio più denso.
Quanto detesto queste cose! Impugno la spada, tanto per sentirmi un po’ rinfrancata e non in balia degli eventi, poi mi appiattisco ancor di più a una parete della sala. Sento Utvik che dice:
– Accidenti! Ma non si poteva accendere un banale fuocherello non magico? Non vedo il mio naso! Leasyn, provvedi subito, altrimenti inciamperemo nei nostri piedi!
– Sicuramente Gran Maestro!
In lontananza si avverte il sommesso singhiozzo di A, poverino! Rumori vari e inconsulti provengono dalla mia destra, assomigliano a un scic scic sempre più frenetico.
– Allora? – dice Utvik. – Siamo esausti! Abbiamo consumato quasi tutta la nostra riserva di magia! Se andiamo avanti così ci vorrà un secolo per riprenderci e poter andarcene!
Riprendono i rumori sempre più inquietanti... e poi si sente un "aagh!" e poi un PATAPANNNN!
La voce di Herbhert si leva nell’oscurità: – Brutto idiota! MA CHE FAI? Tenti di ammazzarmi per prendere più potere nel Consiglio? Levami i piedi dalla faccia Leasyn!
– Scusa Herbhert! Avevo portato con me un accendino ma non funziona!!!!!!!!!! E adesso l'ho anche perso...
– Cercate almeno di non calpestare i nostri concittadini o peggio spargerli per tutta la sala! – dice Oracrit con fare pratico.
Intanto A comincia a chiamare la sorella a gran voce, ha sete, è stanco ed impaurito, non si può dargli torto. Sono indecisa se estrarre dallo zaino la mini torcia da viaggio oppure aspettare di vedere come se la cavano, non voglio fare capire che non mi sono mai allontanata da loro.
Finalmente una debole luce di accendino si materializza assieme alla voce dello "smunto antipatico": – Consiglieri, ce l'ho fatta! Vado a prendere le torce!
Dopo che Utvik ha detto: – Avvertitemi quando avete finito, sarò nella stanza dei ragazzi! E mi raccomando!!!!! Raccogliete tutti i lapislazzuli, contateli per favore, non voglio tornare a ripescare qualcuno! – lo vedo raggiungere, con o lesto, il luogo dell'incontro e io, con o felpato, gli vado dietro. Da quando ho l'energia della pietra sono diventata un mezzo elfo, almeno per quanto riguarda gli spostamenti, prima ero goffa e rumorosa, adesso stento a sentire me stessa.
Arriviamo alla meta, lo zio apre la porta, mette la torcia in un attrezzo montato su di una parete, chiude l'uscio e si siede su di un lettino.
– Sei già qui, non è vero?
– Ehm, sì! – rispondo io.
– C’eri anche prima, non te ne sei mai andata, vero?
– Ehm, sì! – rispondo come un disco rotto.
– Mi chiedo, perché noi? E perché io?
Rispondo togliendomi il capoccio: – Me lo sono chiesta anch'io. Non credo al caso, piuttosto è una questione di empatia. Mi è piaciuta Alba, mi sei piaciuto tu e con qualcuno dovevo iniziare, visto che avevo deciso di proseguire con la promessa fatta ad Adelaide. Posso farti altre domande?
– Beh, visto che ci stiamo affidando completamente a te, come potrei dire di no?
– Chi è Leasyn? È specializzato in qualche cosa?
– È il membro più giovane del Consiglio – risponde Utvik, – ed è il figlio di una mia cara amica che, purtroppo, è morta l'anno scorso. Pensiamo a causa di un attacco degli elfi oscuri, ma non ne abbiamo la certezza, si era offerta di perlustrare il confine nord della nostra Alleanza, era una provetta "lettrice della mente" nonché "mentalista", l'abbiamo trovata in fondo ad un burrone. Nessun indizio purtroppo. Ho pensato che dando il suo posto nel Consiglio al figlio fosse una buona idea e un modo per ricordarla. Leasyn sta studiando per diventare uno specialista delle mente come sua madre. Perché me lo chiedi?
Caspita e perbacco! Bisognerà che, in sua presenza, pensi a un telo bianco in modo che non percepisca i miei pensieri. Sarà una questione di "pelle", ma io non mi fido. Non posso dirlo a Utvik e quindi rispondo: – Ho visto che non parla molto... È difficile capire cosa pensa, anche se è senza dubbio un giovane di talento.
– Tu non mi stai dicendo la verità… – dice lo zio scuotendo la testa.
– Ho un'altra domanda. – glisso io. – Mi hai detto che Adelaide era una mutante. Proprio per questo motivo può non essere morta?
– A questo non posso rispondere, non conosco i segreti di quella razza, per la verità non li conosce nessuno. I suoi membri sono molto restii a parlarne.
Non li voglio portare nella stanza n. 4 a meno che non sia strettamente necessario, quindi devo trovare un altro sistema per trarre fuori da questa situazione gli Arkadax. Da questa riflessione scaturisce l'altra domanda.
– Avete pensato che via dovrò seguire per uscire di qui?
– A questo provvederò io – risponde Utvik. – Sono il Maestro della Terra e aprirò un varco veloce e sicuro per la fuga.
– Cos'è un Maestro della Terra?
– È colui che riesce a manipolare le energie e le masse, creando a suo piacimento lo spostarsi di rocce, terra, anche terremoti ed eruzioni vulcaniche. Per questa ragione non mi trasferirò nelle mappe, devo compiere le operazioni necessarie. Ridurrò le mie dimensioni e peso e troverò un posto sulle tue ginocchia. risponde lo zio
– E l'elfo nero? – dico io.
– Ho fatto in modo che fra mezz'ora sia libero e si apra un tunnel davanti a lui che lo porterà fuori... Elena… – dice Utvik guardandomi dritto negli occhi.
– Sì?
– Non ci tradire, non te lo perdonerei mai. Per i miei nipoti, ti giuro che ti troverei in capo al mondo, nostro o tuo.
– Lo so che è difficile da credere che una persona di una razza diversa possa sposare completamente una causa non originariamente sua, ti capisco benissimo. So anche che sei saggio e hai più anni di me, ma ti prego, se vuoi veramente proteggere Alba e il fratello guarda con attenzione fra i tuoi, da me non devi
temere nulla. Ricordati sempre di Adelaide.
In quell'attimo bussano alla porta. È lo "smunto antipatico" che ci informa che tutto è pronto nella sala grande. Sempre lui, guarda che caso! Raggiungiamo gli altri mentre stanno esaminando le mappe che ha fra le mani Alba, mentre il fratellino si succhia il pollice stringendo Paffii al petto.
– Zio, eccoti qua. Abbiamo deciso di trasferirci tutti nella mappa dove è indicata la nostra meta, così potremo discutere su come organizzarci all'arrivo.
– Molto bene Alba. Siete tutti pronti? Il sacchetto con i nostri amici dov’è?
– Eccolo Gran Maestro! – dice lo "smunto antipatico". Per inciso non è vero che non parli molto, il problema che parla senza dire nulla che riveli i suoi pensieri. Ah, che idiota! È vero che può leggere la mente, anche se non so a che livello, ma da adesso in poi adotterò la strategia del "telo bianco", quindi comincio da subito a pensare al pezzo di stoffa.
– Elena – dice lo zio, – ti consegno ufficialmente questo contenitore di pelle, abbine cura. Consiglieri, è arrivata l'ora, entrate nella mappa!
Detto, fatto! Appare una gran luce e rimaniamo solamente io e Utvik nella stanza, oltre al libricino di pelle che contiene le carte geografiche.
– Alé, sono andati tutti. Coraggio, andiamo anche noi. Sfodera la tua cassetta di frutta Elena e che la nostra buona stella ci sia da guida!
Faccio come mi è stato richiesto, mentre Utvik rimpicciolisce a visa d'occhio e si accomoda sulle mie ginocchia vicino al sacchetto e al libricino e comincia a far roteare il bastone che tiene in mano.
– Ah, dimenticavo... – mi dice, – cerca di uscire più in fretta che puoi, rileveranno sicuramente la magia che sto per usare per aprirci un varco...
Sopra di noi si sta aprendo un buco circolare e verticale che imbocco immediatamente, prima a velocità più che moderata, per assicurarmi di centrarlo, e poi a razzo. Sono i tre minuti più lunghi della mia vita, ma a che profondità eravamo? Utvik mi illumina la risalita perché non si vede la fine del tunnel. Comincio a sudare abbondantemente, mi viene in mente un titolo di un vecchio film: "Com’è dura l'avventura". Ecco finalmente la famosa luce in fondo al tunnel, afferro ancora più saldamente tutto quello che può essere afferrato da due mani… ed eccoci fuori!
Butto un occhio giù sul prato, dove vedo creature zampettanti che corrono verso l’apertura, sono a circa dieci metri dalla loro meta, e su nel cielo, dove elfi neri alati e a cavalcioni di creature volanti stanno piombando verso di me. Adesso sono gelida come il ghiaccio, credo di avere un certo ghigno inquietante sulla faccia… Non pensavo di avere una dose tale di sangue freddo! Sono di una tranquillità inquietante, dribblo gli avversari cercando di non sfiorarli, in modo che non si accorgano di me, che sono ovviamente invisibile.
Sono lucidissima, non penso a nulla, semplicemente sono tutt'uno con l'ambiente circostante, è come cavalcare un'onda, dominando dall'alto il paesaggio. Sento le urla che si scambiano i vari cavalieri, non ho tempo di ascoltare.
Raggiunta una considerevole altezza, Utvik mi segnala, alzando un braccio, la direzione da seguire. Così comincia la nostra fuga, sorvolando paesaggi, a dir poco, stupendi. Le dolci vallate sono da sogno e i fiumi, lenti e d'argento, segnano la campagna punteggiata da pecore sonnacchiose.
A parte la prima mezz'ora, non ci sono tracce di truppe nemiche. Mi sono accorta che, quando esce il sole, si nota una leggera ombra in movimento al suolo dettata dalla mia presenza. Tenterò di seguire le macchie di zone boscose, sorvolandole più in alto possibile.
Dopo tre ore ci fermiamo in una radura per sgranchirci le gambe e mangiare qualche cosa. Dopotutto il viaggio non è stato così scomodo, è come essere in una cabinovia, si percepisce il rumore esterno ma puoi parlare all'interno, ho anche capito Utvik mentre si sbracciava per segnalarmi dove saremmo atterrati!
– Non è che appena atterriamo, ci piombano addosso? – dico allo zio.
– No, no, sono zone deserte. E poi un posto vale l’altro.
Come dargli torto? Ha ato quasi tutto il viaggio parlando fitto fitto con le figure dei Consiglieri sulla mappa, sicuramente ha discusso e ridiscusso un piano... almeno spero. Siamo al centro della sommità' di una collinetta, circondata da alberi colorati, un bel paesaggio, non c'è che dire, un pittore farebbe carte false per averne uno simile a cui ispirarsi. Dico: – Forse è meglio trattenerci lo stretto necessario, pensi che arriveremo alla meta prima di sera?
– No, dobbiamo sorvolare prima la zona e deve esserci luce. Credo eremo la notte sui primi monti della zona, anche se non mi attira mangiare questo cibo
secco e duro anche stasera, preferirei una bella zuppa calda.
Ciò detto, si mette a masticare tenacemente una specie di barretta energetica del colore delle alghe e della durezza di un sasso. Gli chiedo se vuole un po' del mio panino al formaggio, ma declina l'invito con gentilezza. Sospetto che l'effluvio gli faccia semplicemente rivoltare lo stomaco, ognuno ha i suoi gusti.
– Ehm... – dico io.
– Che c'è??? – dice Utvik con la bocca piena.
– Ehm, vedi io non credevo di are notti all'addiaccio, avrei portato almeno il sacco a pelo. Non sono più abituata a dormire per terra, alla mattina sarà un problema alzarsi. Non ho neanche una coperta... Ci saranno animali selvatici.
– URP... la temeraria esploratrice, nonché agente segreto. Credi davvero che io dormirei per terra, rotolato magari fra una radice e l'altra? Non sono un selvaggio. ò una piccola magia di occultamento prima e di costruzione poi, non ti preoccupare... – risponde lo zio estraendo dall'abito una fiaschetta trasparente, da dove si vede ribollire leggermente un liquido color fragola, come se fosse una bibita effervescente o, meglio, un brut con bollicine. – Vuoi assaggiare questo ottimo liquore? Lo distilla direttamente in casa Herbert... non sono sicuro che sia approvato dal Consiglio, è un po' forte, ma quando ci vuole, ci vuole – e svuota circa la metà del contenuto direttamente in gola.
– Grazie, ma no, voglio rimanere lucida. Sarà per un'altra volta...
Riprendiamo il viaggio, con lo zio di buon umore che mi canticchia su di un ginocchio. Cominciamo ad addentrarci nello spettacolare scenario del Galles, che loro chiamano Ranban, mentre sta calando il sole all'orizzonte. Utvik mi urla che dobbiamo atterrare, e si sbraccia per indicare un piccolo pendio riparato dal vento, su di un fianco di una collina. C'è uno spiazzetto pelato dove mi poso senza difficoltà nella vastità brulla dei monti.
– Brr, che freddo! – faccio io, battendo i piedi a terra e indossando l'ultimo golf di scorta – meno male che ho il mantello...
– Resisti, ci penso io – dice lo zio, mentre riprende le dimensioni normali. Gironzola per un po’ apparentemente senza meta intorno allo spiazzo che, mi rendo conto, ha solo l'accesso via etere. Delimita una zona di cinque metri per cinque e comincia a roteare l'estremità superiore del bastone al solito modo e per tutta l'area. Il buio imminente incombe mentre Utvik crea, diciamo così, una specie di tessuto, formato, così mi pare, da foglie autunnali cucite insieme e della stessa varietà di colori della stagione. Fatto questo lo stende intorno e sopra a noi formando una tenda senza sostegni visibili.
– Ahhh! – dice, mentre tira fuori da una tasca dell'abito una serie di minuscoli cuscini che, all'impatto con il suolo, diventano grandi e morbidoni e ci si sdraia sopra – finalmente un po’ di comodità. Non possiamo accendere fuochi, ma staremo bene… – e si scola l'altra metà della fiaschetta con il liquido rosa.
Mangiamo in silenzio, entrambi stanchi morti.
– Avete delle biblioteche? – mi viene da chiedere a bruciapelo.
– Certamente! Quando non era ancora stata creata l'Alleanza ed eravamo membri della Corte Nera, nella nostra capitale avevamo una grande e bellissima collezione di scritti runici riuniti in un palazzo, venivano studenti da ogni parte della terra per consultarli. Poi quando la nostra razza si è divisa, per ritorsione è stata distrutta gran parte della nostra bella capitale e la biblioteca depredata. Quelli di noi che sono rimasti con la Corte Nera hanno ridimensionato la città e fondato altri villaggi. Noi dell'Alleanza abbiamo invece costruito un sapere comune con le altre razze, così da non avere ognuno un centro culturale separato.
– Eravate della Corte Nera? Non siete andati tutti a far parte dell'Alleanza?
– No, una buona parte di noi non ha creduto nel nostro nuovo progetto. Anzi, se devo essere sincero, alcuni ci odiano, incolpandoci della perdita di potere all'interno della Corte e delle ritorsioni subite per il nostro "tradimento". È triste dirlo, ma il nostro sogno si sta infrangendo su degli scogli troppo alti per noi. O troviamo il sistema di ricreare l'Alleanza o dovremo scappare, nascosti e reietti. Non mi pento della nostra scelta, ma il prezzo da pagare è e sarà molto duro per tutti noi. A parte il nostro piccolo gruppo c'erano altri membri degli Arkadax sparsi nei vari villaggi dell'Alleanza, chissà che fine hanno fatto, spero abbiano fatto in tempo a scappare…
Con un groppo in gola, un sorriso più che tirato e un’allegria che non provo dico: – Ma adesso avete me, vorrà pur dire qualche cosa…!!!!!!!!! Domani raggiungeremo la vostra nuova meta e potrete ricostruire un po' di vita normale... E poi c'è Alba, con un nome così come possono andare male le cose?
– Già, già... adesso dormiamo, domani ci aspetta un'altra giornata faticosa.
E venne l'alba... con lo zio che mi urla in un orecchio:
– Sveglia, sveglia!!!!!!
– Uh? Ehm. Eh? – articolo io.
– Ho detto: sveglia! Altrimenti non arriviamo alla nostra meta neanche per sera…
– Che pessimista... in fondo siamo già in Galles, o meglio a Ranban...
– Ah! Beh, ecco… in realtà non è la nostra meta. Ho cambiato idea mentre eravamo in viaggio, ci trasferiremo qui – e lo zio indica, su di una delle carte geografiche, quell'isola che noi chiamiamo Irlanda e, per la precisione, il Donegal. Vorrei ribattere che non ci sono chissà quanti chilometri per non far pensare, una volta saputo che volevano dirigersi nel Galles, che non possano essersi trasferiti lì. In fondo il territorio è certamente più ospitale di Ranban, con le sue splendide scogliere e spiagge con sabbia rosa, ma non mi sembra il caso di contestare una idea comunque buona e dico: – Magnifico! Ci sono stata ed è un'isola molto bella, offre molte possibilità... anche al nord, assomiglia alla fantastica Scozia e…
– Sì, sì, ma ora andiamo?
Riprendiamo il viaggio. Sorvoliamo il mare che divide le due isole, uno specchio d'acqua fatto di vetro, colori cangianti ed energia che si muove, come onde, appena sotto la superficie. Rimangono celate le correnti marine impetuose e profonde, facendo apparire il mare come una calma distesa d’acqua, in un
ennesimo esempio di differenza fra l'apparire ed essere.
Peccato che sulla terraferma sia brutto, anzi bruttissimo tempo. Non è che noi, protetti dalla capsula di energia, ci stiamo bagnando, ma sarò costretta a seguire la via più lunga, cioè costeggiare l’isola, anziché "tagliare" in linea retta diretta verso la nostra meta. L’interno dell'Irlanda infatti pare molto scuro, con frotte di nubi temporalesche all'orizzonte quindi non voglio rischiare di trovarmi in mezzo alla tempesta accecata dalla pioggia e dalle nubi basse.
Comincio a essere stanca morta. Appena dopo mezzogiorno finalmente intravvedo la meta. Stiamo seguendo una costa con bellissime spiagge, mare ruggente e onde spumeggianti. Utvik mi indica di dirigermi verso l'interno e, alla fine, atterriamo in una zona che, a occhio e croce, è a nord di Letterkenny nel nostro mondo. Anzi, per essere precisa, mi pare sia quella che copre il Glenveag National Park fatta di torba, dolci colline sassose ed erbose e laghi. Un bel sole ci dà il benvenuto.
– Ah! Finalmente! – dice Utvik scendendo dal righello scooter e riprendendo le dimensioni normali. – Adesso faccio uscire i membri del Consiglio e i miei nipoti dalle carte geografiche così mi aiutano a far tornare normali tutti gli altri. Non vedo l'ora di far vedere a tutti che bel posto ho scelto!
Mi aspetto che se lo mangino vivo, comunque oramai la decisione è presa e, nell’attesa, mi sgranchisco le gambe in giro. Dopo essermi allontanata e aver smesso di udire delle urla belluine provenire dalla zona dove avevo lasciato lo zio, decido di ritornare.
– Eccovi tutti qui! – dico io. – Tutto bene? Com'è andato il viaggio sulla… carta?
– Non mi sento più il corpo, ecco come è andata! – replica il solito Herbhert collerico. Mentre A sgambetta felice, tutt'intorno vedo solo facce lunghe con angoli delle bocche rivolti all'ingiù.
– Ah bene, bene, vedo che siete in ottima salute! – sdrammatizzo. – Allora, quando rivedo il vostro popolo di nuovo trasformato? Mi piacerebbe accertarmi che siate tutti sani e salvi prima di ripartire. Non per farvi fretta, ma devo cercare altri elfi e prevedo che mi ci vorrà un mucchio di tempo.
– Ha ragione. – dice Alba. – Non vedo l'ora di riabbracciare tutti. Cominciamo il rituale zio?
A una profana, quale io sono, mi pare che questo "rituale" sia identico a quello già visto, anche se dovrebbe avere esattamente l'effetto contrario. Comunque sia, dopo il solito bagliore, ecco di nuovo gli Arkadax tutti davanti a me, con l'occhio un po' fisso, ma in ottima salute.
– Visto? Tutti sani e salvi...Posso parlarti in privato? – mi dice Utvik.
Aggiriamo il fianco della collina tanto quanto basta per essere fuori dalla visuale degli altri. Lo zio continua: – Beh, suppongo che tu voglia ripartire subito... Non vorresti mangiare qualche cosa con noi prima? Arna fa delle zuppe che sono la fine del mondo...
Quali? Quelle con i vermi? Dico declinando l’invito: – Sei troppo gentile, ma non offenderti... ho veramente fretta. Sarà per un'altra volta.
– Va bene, come vuoi. Sai, sono stato io a suggerire ad Adelaide di darti la pietra che porti sotto lo sterno e che cosa comporta. Così ho pensato a questo – e mi indica un sassolino rotondo che tiene nel palmo della mano.
– Cos'è? – faccio io.
– È un sistema per trovarmi. Posto sotto la pelle del polso, può essere richiamato in superficie e funzionare come una bussola, solamente che il punto dove si dirige il cursore è la mia posizione. Sarò sempre rintracciabile, se vorrai. –
Non vorrei trovarmi ripiena di pietre oppure, peggio, con una legata al collo, ma evidentemente non esiste un sistema migliore, per lo meno in questo mondo. Porgo quindi il braccio allo zio che adagia la pietruzza sul mio polso sinistro. Dopo pochissimo si crea un piccolo varco indolore e sparisce dalla vista.
– Come farò ad usarla?! – chiedo.
– Semplice, basta sfiorarla e riaffiorerà. Non servono istruzioni.
– Ottima pensata, Utvik! Ero già preoccupata a lasciarvi così, senza certezze. Suppongo che non facciate uso di GPS o di telefonini portatili. Tornerò da te appena possibile, con notizie fresche. Stammi bene e saluta gli altri da parte mia.
– Elena?
– Sì?
– Grazie di tutto.
Faccio un cenno di saluto con un groppo in gola, mi tiro sulla testa il cappuccio del mantello e sparisco dalla visuale di chiunque. Sfodero il mio righello scooter e mi dirigo verso l'ultima spiaggia che ho sorvolato, atterro e, sempre non vista, mi concedo alcuni attimi di perfetto relax, godendomi lo spettacolo e respirando a pieni polmoni l'aria marina, facendo di me e il paesaggio un'unica cosa.
Giro l'anello e mi ritrovo nella solita stanza n. 4 Non ho voglia di scoprire se nell'appartamento ci sono ancora gli elfi, sono stanca morta, metto lo zaino a terra con l'intento di usarlo come cuscino, mi ci corico e mi addormento di botto.
Apro un occhio appannato e cerco di collegare il cervello, quanto avrò dormito? L’orologio da polso, che oramai segna il tempo nella nostra dimensione ma è praticamente inutile in quella degli elfi, mi comunica che ho dormito dodici ore di filato! Ma che giorno sarà? Apro lo zaino e cerco affannosamente il cellulare. Accidenti, mancano tre giorni interi alla partenza!!!!!!!!!!! Devo rientrare nell'appartamento e comprare delle provviste.
Torno nella stanza circolare dove ci sono le sei porte e apro, con il solito sistema, la settima visto che l'ultima volta l'avevo "cancellata" per paura che la trovassero. Rispunto nella posizione dell'ultima volta, cioè in un angolo del bagno. Non odo rumori, quindi mi addentro con cautela nell'appartamento. Non c'è nessuno, tutto è al suo posto, che mi sia immaginata la perquisizione elfica? D’altro canto se le visite degli elfi nel nostro mondo lasciassero un segno, ci saremmo accorti di loro da molto tempo.
Comunque sia, decido di uscire dalla finestra a fare provviste, sfruttando il fatto che sono diventata un'esperta guidatrice del mio mezzo di locomozione.
Dopo avere svolazzato verso la periferia, atterro, mi tolgo il mantello e faccio scorta di viveri di vario genere, mi concedo anche un gelato e una pizza. Rientro, faccio un paio di telefonate e torno nella stanza n. 4 dopo avere chiuso e cancellato la porta che comunica con l'appartamento.
Mi dirigo verso la porta e, piano piano, giro la maniglia. Sbuco nella posizione dell'ultima volta, vale a dire nella ex casa di Adelaide, in vista della pila di massi che coprono la prima entrata. Vedo ancora con piacere che la scritta "GIUDA" è ancora in aria ed è più che leggibile, sfodero il mio fido righello scooter ed esco dal tetto divelto.
Lo spettacolo non è che sia cambiato molto dall'ultima volta, forse ci sono meno elfi neri in giro, trasformati o no. Faccio giri concentrici, tenendo come centro la casa di Adelaide, sempre più ampi in modo da coprire un ampio spazio perlustrato. Non scorgo segni evidenti di "fuggitivi" catturati, quindi mi dirigo verso il "ponte" con la terraferma.
Ci sono molti elfi che si potrebbero definire soldati, visto le spade sistemate in guaine dietro la schiena. Grifoni ed ippogrifi sono più o meno ammassati sugli spiazzi vicino alla scalinata e sono legati l'uno all'altro da delle catene con cavigliere sulle zampe. Non mi paiono fatte di metallo, piuttosto sembrano composte da energia "spessa", è altamente improbabile che si possano liberare. Una buona notizia è che non sembrano ferire gli animali anche se li vedo particolarmente nervosi, paiono comunque in ottima salute.
Decido quindi di seguire a piedi un gruppetto di cinque elfi della razza Rebial, quella di Adamantis. Indossano una tuta aderente di colore marrone che copre tutto il corpo fatta di scaglie di cuoio sovrapposte in modo da non limitare i movimenti. Portano dei corti mantelli blu notte fermati da una fibbia diversa per ognuno, sia per la forma che per il colore. Hanno guanti lunghi fino al gomito fatti con lo stesso criterio della tuta e stivali leggeri colore del mantello, un bel cinturone con pugnali infilati dentro. Usano un o militare ma felpato, non rivolgono la parola a nessuno e sembrano avere una meta precisa. Vediamo un po' dove mi portano questi manichini!
Li seguo attraverso il ponte, che adesso sembra essere composto da un materiale simile al legno con i pezzi incastrati in modo tale da non avere bisogno di chiodi. Mi viene in mente, riflettendo sulla situazione, che se io volessi far cadere in trappola un nemico facendogli seguire qualcuno, vorrei che quest'ultimo fosse ben appariscente per non essere confuso con altri che non c'entrano nulla. In breve, posso finire dritta dritta nella rete da pesca di Jade, spero che continui a sottovalutarmi.
Raggiunta la terraferma il gruppetto piega a sinistra dove, dopo poco, c'è una radura dove vedo dei… leoni alati bianchi! Con tanto di criniera! Io, con il mio righello scooter, mi sento una pezzente. Comunque sia, elegantemente ci saltano sopra e si mettono in volo, seguiti da me e il mio trabiccolo.
Che scena da favola! Leoni alati bianchi cavalcati da elfi con fisico e volto da urlo! Peccato che siano dei feroci assassini. In questo caso chissà se si può dire cavalcati o non piuttosto "leonati"? Ma che dico? Si usano i termini "cavalcare un'onda", quindi è corretta la prima definizione. O no?
Mi stupisco sempre come da un nulla si arrivi a dei ragionamenti assurdi... Nel frattempo abbiamo percorso un bel tratto, non meno di una trentina di chilometri in direzione nord. A quanto pare, la nostra meta è una zona fronzuta con dei laghetti che occhieggiano dalla vegetazione.
Lasciano le cavalcature a degli elfi lucertola, non saprei definirli altrimenti, e si dirigono verso l'imboccatura di un largo sentiero in terra battuta. Li seguo stando ai lati della strada, non vorrei che contassero le impronte... Sto diventando paranoica!
Il percorso offre una particolare visuale su elfi neri di ogni razza e tipo che percorrono la mia stessa via, ai lati della quale ci sono, fra gli alberi, quelle che ricordano vagamente delle tende da campeggio, anche se alla lontana. Sembrano piuttosto delle case fatte del materiale con cui sono fatte le tende, sono di vari colori e dimensioni. Con mio gran rammarico, non posso fermarmi ad esplorarle, devo seguire il quintetto senza farmi seminare e distrarre, non so perché ma mi sembra importante.
Dopo una decina di minuti, che mi sono sembrati dedicati a sfoggiare una "parata militare", nel senso che altrimenti, se così non fosse, saremmo potuti atterrare più vicini alla meta, arriviamo sulla sponda ghiaiosa di un laghetto.
La vegetazione, composta da faggi e querce, veste gli splendidi colori autunnali e, una parte di essa, si china elegantemente a sfiorare l'acqua. Graziose anatre veleggiano nel laghetto fra le foglie multicolori cadute, sparse come petali di fiori. Una bella luce pomeridiana scalda l'aria. Cosa stona in questo quadretto idilliaco e lo fa sembrare l'anticamera di un demone ghignante o se, volete, il giardino del Conte Dracula?
Dall'acqua, in entrambe le sponde, escono e ne scivolano dentro quegli elfi neri con il corpo di lucertola, dimenandosi come ossessi nel tentativo di svolgere detto compito velocemente. Sulla terraferma si intravedono esseri serpentiformi, sopra e sotto la vegetazione, che ti osservano a distanza.
La ciliegina sulla torta è rappresentata dalla costruzione che vedo sull'altra sponda. Semi nascosta dagli alberi appare una costruzione ocra, palladiana, con tanto di colonne doriche, ne conto quattro, un timpano e, dopo quello che sembra un breve portico, una grande porta scura, semieperta. In breve sembra un piccolo tempio greco attaccato a una costruzione rotondeggiante non presidiata da guardie.
Quello che mi colpisce di più è la porta semi aperta, sembra l'entrata all'Ade o alla cripta del sopra citato conte. Non riesco a capire se la riva di fronte a me appartiene a un'isoletta nel lago o no, comunque sia uno degli elfi del quintetto estrae, dall’interno del mantello, un pizzico abbondante di quella che mi sembra polvere e che lancia in direzione della costruzione e sull'acqua.
Appare un ponte traslucido ad una sola arcata che il gruppetto si accinge ad attraversare con fare regale. Sfodero il mio righello scooter e ci volo sopra, a loro e al ponte, infatti non mi fido a seguirli a piedi. Una volta dall'altra parte, entriamo tutti insieme nella costruzione.
La sala circolare all'interno è ampia quanto basta per contenere delle guardie, degli elfi neri vestiti di nero, e una scala senza gradini che conduce sottoterra. Dopo il riconoscimento di rito da parte delle suddette dei cinque stratosferici elfi, scendiamo imboccando quella che poi mi appare come una discesa a chiocciola, mi ricorda quelle costruite dai Templari per salire o scendere con i cavalli.
Si tratta infatti di una scala elicoidale senza gradini ad uso e consumo di ogni essere. A intervalli regolari si aprono, sulla desta, delle stanze illuminate a cui vorrei ardentemente accedere per poterle esplorare, ma resisto all'impulso e resto fedele al mio primo obbiettivo, seguire il quintetto fantastico oppure, se preferite, i fantastici 5.
Percorriamo tutta la discesa fino in fondo dove appare, dietro una porta in bronzo, una sala circolare. Alle pareti di roccia pendono e sorgono stalattiti e stalagmiti di colore una volta verde e una blu, mentre al soffitto, a cupola, sono appesi, dei filamenti di luce viola. La parete di fondo, ovviamente arcuata, ha nel mezzo un intaglio circolare, da cui fuoriescono verso il basso, come zampe di ragno, linee che si congiungono con il pavimento levigato.
Una figura ci attende sullo sfondo di questo palcoscenico, è alta sicuramente più di due metri ed è in piedi dietro ad una scrivania di legno scuro intagliato. Poggia le mani aperte sulla sommità di due specie di vasi che, a prima vista, sembrano eleganti urne cinerarie dipinte di rosso e nero. La prima cosa che mi colpisce è lo sguardo intenso, penetrante, sotto due sopracciglia bianche e arcuate, sembra tagliarti in due con un coltello. L'Elfo ha capelli lunghi bianchi con ciocche che pendono sul davanti, fermate da due anelli d'oro, è quasi privo di frangia e alla sommità del capo i capelli sono cortissimi. Porta, davanti e dietro, una specie di scudo triangolare che gli copre gran parte del petto e della schiena, fatto di duro cuoio, su una tunica scura fermata in vita da una cintura e ha maniche con ognuna una propaggine lunga quasi fino a terra.
– Allora, che novità?
– Generale, gli Arkadax sono scappati. Hanno lasciato vivo il nostro Assassino n. 22 che ha già riferito di non aver visto nulla che fe pensare che la "Fonte" fosse in loro possesso. Abbiamo personalmente ispezionato le gallerie. Nulla, solo resti di vita comune di topi di fogna, quali essi sono, n. 22 dice di non aver mai visto quella patetica ragazzina di nome Alba, ma suo zio, un cane che andrebbe nutrito con gli scarti della Corte Nera, ammesso che possa comunque rendersi utile in qualche modo da giustificare il tenerlo in vita. Dice che sia ben poco dotato a livello psichico e quindi facilmente manipolabile. Un imbecille nominato Gran Maestro solo per la facciata.
– È stata lei!
Una voce si materializza dalla mia destra, la riconoscerei ovunque, è Jade. Non l'avevo notata, è seduta dietro il tavolo un po’ discosta e in ombra. Per essere precisi è la faccia di Jade che vedo, il corpo è letteralmente ricoperto da quelle che sembrano radici, assomiglia ad un pedalino da cui fuoriesce la testa. Si alza e si avvicina ai fantastici 5, o per lo meno, tutte le radici contorte che la racchiudono si muovono simultaneamente, formando un tutt'uno semovente, scricchiolante e impressionante, a dire il vero. Deve essersi fatta parecchio male cadendo dalla finestra, mi fa quasi pena. Ho detto quasi.
– Smettila Jade con questa tua ossessione per l'umana. Voi, andate, sarete chiamati.
I cinque fantastici chinano brevemente la testa e se ne vanno con o svelto. Io rimango lì con le orecchie ben aperte.
– Non ti permetto di interferire in alcun modo quando convoco le mie truppe per la decisione delle strategie da adottare. Come ben sai ti tollero solamente perché la nostra Regina ha, per qualche strana ragione, ancora una minima fiducia in te. Tu che ti sei fatta portare via la "Fonte" a un o dalla nostra vittoria!! Come osi solo respirare? Hai fatto fallire anni di lavoro! Un'incapace come te non la vorrebbero neanche alla Corte Bianca come spia. Oltretutto stiamo girando in tondo, ci stanno sfuggendo dalle mani i componenti più importanti del Consiglio ristretto di Adelaide, qualcuno di loro deve sapere della "Fonte" per forza – dice il Generale.
Adesso che lo vedo a figura intera, questo militare deve appartenere ad una razza ibrida, nonostante la bellezza dei lineamenti infatti gli spuntano dalla tunica due code guizzanti mentre eggia furiosamente nella stanza.
– Generale!! Sei tu nelle mie mani e non viceversa. Ero e sono una dei consiglieri della Regina, una mia parola e sarai sostituito. Ti conviene collaborare e basta. Gli Arkadax li ritroveremo facilmente, come ha detto il tuo sgherro, sono facilmente manovrabili e vulnerabili come bambini. Per questa ragione non ho mai pensato che possano avere rubato la "Fonte" ma è importante seguire i loro spostamenti e i loro contatti, sono convinta che ci porteranno col tempo a colui o colei che la sta custodendo.
Che brutta antipatica! Però purtroppo non ha tutti i torti.
– OK, tregua – dice il Generale. – Aspetterò, sono paziente, appena avrò prove della tua incompetenza o, peggio, come io sospetto della tua connivenza con il nemico per arrivare alla "Fonte" prima di me, ti infilerò una spada nel cuore – dice sibilando il Generale.
– AH! AH! AH! – risponde Jade con una risata gelida. – Perché tu sai dov'è!? Sei uno sciocco, oltre che a non conoscere nulla. Comunque non è vero che ci stanno sfuggendo, sto dando loro la sensazione di potere gestire la loro vita al di fuori delle due Corti, sto aspettando le loro prossime mosse, cadranno nelle nostre braccia, vedrai. Poi, comunque, non hai Adamantis?
Allora Adamantis è qui!!!!!!!!!
– O è colpa mia anche il fatto che non riesci a cavarne niente? – prosegue Jade. – Ma hai ragione, non comprendo il mistero della "Fonte". Adelaide è stata più furba di me, lo ammetto. Continuo a non capire come possa aver fatto, ma lo scenario si sta muovendo a nostro favore. Per ora la "Fonte" non è in nostre mani ma neanche di altri, altrimenti l'avrebbero usata. Non riesco a collocare la figura dell'umana in questa storia, la loro razza è molto limitata e, in genere, i suoi membri sono stupidi.
– Stupidi? – ribatte il Generale. – Certamente! È ovvio, non sono elfi! Mi domando se, come tu dici, la pietra datale da Adelaide è stata caricata di energia dalla "Fonte" poco o nulla, come avrebbe fatto a tornare e, come dici tu, buttarti dalla finestra? Qui non si tratta di intelligenza o altro, serve l'opportunità. Come avrebbe potuto? E poi a che scoponi, Jade, è una falsa pista che non porterà A NULLA, è solo una tua fissazione, facciamola finita. Per quanto riguarda Adamantis, cederà. L'unico mio incarico ora è di non farlo tornare alla Corte Bianca, come hanno fatto gli altri, ma farlo rimanere con noi, ci serve la sua abilità con le creature alate. E ora vado a rendermi utile dando ordini alle truppe e non standomene rintanato ad elucubrare teorie fatiscenti.
– Tu non sai nulla!!! – dice Jade alla schiena del Generale che se ne sta andando.
Seguo la sua scia e attraverso le porte di bronzo che si sono aperte da sole davanti a lui.
Ripercorriamo la salita per un breve tratto e, a un certo punto, imbocchiamo una sala sulla destra. Dopo noiosi ordini sul tipo "tu vai lì" e "tu vai là" che ci portano via un'oretta, il Generale imbocca un angusto corridoio sulla sinistra, celato da un arazzo blu, punteggiato da stelle. Con mio rammarico, perché loro sono i così detti "cattivi" e questi non dovrebbero avere cose buone come il senso estetico, devo ammettere che gli ambienti che sto attraversando sono molto belli, in pratica sono arredati da luce blu, verde e viola. Non ci sono grandi arredi eccezion fatta per enormi specchi sparsi ovunque. Il tutto è molto scenografico, sembra quasi finto.
Arriviamo davanti ad una porta composta da inferriate complesse, arzigogolate, con incroci fatti a nodo, composti da pura energia, piantonata da due guardie. Entriamo e chi ti vedo? Adamantis è in un angolo di una stanza che si può ben definire regale con braccia conserte, immusonito e malmostoso.
– Allora, come va oggi? – dice il Generale. – Ecco il nostro grande Adamantis! Non credere che io non comprenda la tua fedeltà ad Adelaide, ti fa onore. È la prima qualità di un soldato! Ti siamo molto grati inoltre per non essere tornato dalla tua gente ma ti avere preferito attendere il nostro arrivo, ma tutto questo già lo sai. Sei e sarai il ben venuto tra noi e non ti chiediamo di rinnegare le tue vecchie convinzioni, ma speriamo che tu capisca che le tue qualità saranno ben accette alla Corte Nera. Domani andremo assieme a visionare le truppe, la struttura dell'accampamento dove siamo ora e, se vorrai, nei prossimi giorni sono stato autorizzato a introdurti alla Corte.
Adamantis si volta per un attimo e lancia uno sguardo inceneritore al Generale.
– Bene, ora sono atteso – continua il Generale, – ci rivediamo domani.
Uscito lui, rimango io. Chissà se ci sono nella stanza assassini invisibili! Conto sempre sul fatto che mi sottovalutino, d'altronde bisogna tentare qualche cosa. Mi avvicino ad Adamantis e, silenziosa come un battito d'ali di farfalla, gli sussurro in un orecchio: – Ti prego, non muoverti, non dare alcun segno della mia presenza, ti devo parlare. Sono "la signora delle buche" come mi chiami tu!
L'elfo non dà segni evidenti di aver sentito ma sfoggia un occhio vitreo da far invidia a una vetrata della cattedrale di Chartre. Continuo: – Ah! Benese mi hai compreso grattati un ginocchio.
Adamantis si siede su di una sedia di broccato e si gratta una rotula.
– Che piacere rivederti sano e salvo! – dico io. – Sono sopravvissuta all'aggressione e sono tornata, voglio completare l'incarico affidatomi da Adelaide. È vero che gli altri membri della tua gente è tornata alla Corte Bianca?
L'elfo si avvicina alla libreria, prende un libro, si rimette a sedere, dando la schiena alla porta, facendo finta di leggere e si gratta l'altro ginocchio.
– Ascolta, – proseguo, – sono alla ricerca dei vecchi membri del "Consiglio ristretto" di Adelaide. Ho trovato Utvik e la sua gente, erano rintanati sotto terra ma siamo riusciti a fuggire e ora sono in un luogo segreto e al sicuro. Sai di altri in questo posto?
– No, – risponde, – io sono l'unico. Gli altri o sono braccati o sono ritornati alle rispettive Corti a chiedere perdono e a porgere i loro servigi. È veramente una sorpresa sentirti, come sei sopravvissuta? Sei umana! Subito ho pensato ad una trappola, ma poi ti sei presentata in modo così strano che potevi essere solo tu.
Chissà se è un complimento o no. Chiedo: – E tu come stai? Ti trattano bene, vedo.
– Sto bene, sperano che mi metta al servizio della Corte Nera, anzi ci credono. Non capiscono che sono rimasto per difendere le creature alate che mi erano state affidate e non mi interessano i padroni, con la corona o senza.
– Non so quanto tempo abbiamo e se mai ti metteranno alle costole un assassino invisibile, quindi ecco il mio piano – dico io. – Visto che abbiamo la fortuna di averti qui e che loro sono imbecilli, che ne diresti di sfruttare la situazione? Mi serve qualcuno all'interno della loro corte, quindi mi chiedevo se vuoi fare il
doppio gioco o, per lo meno, condurmi alla Corte Nera. Se non conosco il nemico non posso usarlo per tornare tutti insieme nell'Alleanza, sempre che tu ci creda ancora. Cosa mi dici?
– Sono sempre più sorpreso. Sei tu che ci credi ancora, non io. Come è possibile? Voi umani non ne facevate parte e a te cosa importa?
– Non posso convincerti, ti dovrei dire che a me piace la libertà e l'auto determinazione dei popoli, ma questo non cambierebbe le cose. Piuttosto, vuoi farmi credere che a te non piacerebbe tornare alla vita d prima? Il poter disporre del tuo tempo e dedicarti a quello che credi giusto? Non siete diventati amici con le altre razze? Che cosa vorresti fare altrimenti???
Dopo un attimo mi risponde: – Sei abile con le parole, lo riconosco. Mi chiedi molto.
– Perché, non ne saresti capace? – lo provoco.
– I Rebial possono fare qualunque cosa! – mi risponde sprezzante, mormorando fra i denti. – E tu, dimmi, cosa credi di poter fare? Siamo entità presenti da millenni, quando la tua razza era ancora sugli alberi!
– Già, hai ragione – rispondo, – ma le cose cambiano. Adelaide ha avuto fiducia in me e mi ha affidato un incarico e la sua razza è ancora più vecchia della tua... Vuoi dirmi che si è sbagliata?
– Comunque sia, indietro non si torna. Non ci sono altre scelte, almeno non per me. Io sono Adamantis e lo sarò fino alla fine. Non permetterò a niente e a nessuno di dirmi cosa fare.
– È un sì quindi? – domando io.
– Certo, che altro?
– Che ne diresti di farti convincere ad aderire alla causa della Corte Nera piano piano? Potresti dire che non vuoi tornare alla Corte Bianca dove ci sono dei traditori schiavizzati da una regina fetente. Hai visto la potenza degli elfi neri e la libertà che godono, che ami le creature alate e che ti occuperai di loro, non ti interessa la politica. Visto che la "Fonte" è perduta, sei impressionato dalla forza magica della Corte Nera esibita nel mentre e dopo l'attacco ad Adelaide e vuoi farne parte.
– Comincerò domani quando il Generale verrà a prendermi per farmi visionare le sue schifose truppe. Posso farmi portare dalle mie creature e vedere come è trattato il mio grifone.... Hai visto Alba?
– EH? Hai un grifone che si chiama Alba? – dico io confusa. – E come farei a riconoscerlo?
– Non sono così sicuro che Adelaide non abbia preso un abbaglio, non sembri molto intelligente, neanche per un'umana – risponde Adamantis.
– Ah! No, scusa pensavo ad altro… Sì ho visto la ragazza e godeva ottima salute assieme al suo fratellino, il loro zio è molto premuroso. Tutti tengono in grande considerazione Alba, anche se non mi è chiaro il perché.
– È molto potente, nonostante la sua giovane età– dice Adamantis – la consideravamo il futuro degno successore di Adelaide. Nonostante non sia Rebial, è molto bella.
Ah! Ma guarda guarda… dico: – Hai notizie dei gemelli Aba e Iba? Ho visto venendo qui le belle fioriture di ortensie completamente distrutte...
– No, non ne so nulla, ma se li avessero catturati, l’avrebbero sbandierato ai quattro venti... Forse sono stati aiutati dagli gnomi a scappare nel loro territorio – dice l'elfo.
– Verrò nel giro che farai domani, non so se potremmo parlare. Comunque ricorda che io sarò con te. Ho visto molti grandi specchi in giro, sono così vanitosi questi Elfi neri? – chiedo.
– Affatto, servono a collegarsi direttamente con la loro Corte, in pratica ci entrano dentro ed escono già sull’obbiettivo – risponde Adamantis.
– Accidenti, volevo andare alla Corte Nera, ma così è impossibile che non si accorgano del mio trasferimento! Ma dove è situata precisamente?
– Da nessuna parte in particolare, si accede solo tramite portali sparsi in luoghi
celati.
– Cerchiamo di concentrarci su di un problema alla volta – dico io. – Adesso vorrei uscire di qui per esplorare la zona, hai un'idea di come posso fare? – chiedo.
– Dovrebbero portarmi il pasto fra poco, puoi approfittare del momento in cui esce la guardia.
Di lì a pochissimo, ecco un sussiegoso elfo nero entrare nella stanza spingendo un carrellino con appoggiato sopra il pasto di Adamantis. A prima vista sembra tutto argento, anche i copri vivande, distesi su di un letto fatto da una tovaglia damascata con foglie in rilievo semoventi. Sembra un pranzo da re! C'è anche una bottiglia di cristallo dalla foggia strana, piena di liquido rosa.
Attendo che l'elfo – cameriere si giri per uscire e mi incollo dietro la sua scia. o le successive 5 ore ad esplorare questa fortezza sotterranea. Per la verità non c'è molto di più da scoprire, non ci sono altri prigionieri oltre ad Adamantis, non ci sono cucine né camere da letto. Ci sono delle celle, alcune spartane alcune principesche ma non posso entrarci, mi limito a spiare dalle inferriate.
Ritrovo l’instancabile Generale che dà ordini a tutti e a tutto, ma non ha più affrontato discorsi di strategia e quindi mi è del tutto inutile proseguire il pedinamento. C'è un buon movimento in prossimità degli specchi come aveva detto Adamantis, anche il mio cameriere ci è entrato dentro ed è sparito.
Comincio ad essere veramente stanca, mi fermo in un angolino appartato per mangiare qualche cosa, stando ben attenta a non fare cadere briciole sul
pavimento. Dove andrò a dormire? Non posso tornare nella stanza n. 4 tutte le volte scattano in avanti le lancette dell'orologio del nostro mondo.
Mi viene un'idea. E sei io tornassi da Adamantis seguendo il prossimo cameriere con la cena? Mi apposto in prossimità della sua cella. Dopo più di un'oretta ecco comparire il solito cameriere, che, noto solo ora, ha un occhio di un colore e l'altro di un altro. Mi intrufolo nella stanza e, visto che il letto è abbastanza alto, mi ci infilo sotto. Non è un'idea molto originale ma l'ho trovata la più pratica del momento. Mentre cerco una quasi posizione comoda, mi addormento di botto.
Mi sveglio con un lancinante dolore alla testa provocato, con tutta probabilità, da una sonora craniata alla trave del letto, tanto rumorosa da far spuntare la faccia, capovolta, di Adamantis poco dopo nello spazio fra il letto e il pavimento.
– Che fai lì? – mi chiede l'elfo.
– Ah che male… Beh, io… ehm, uhm...
– Bella spia che sei! Esci di lì, c’è un angolo della stanza che non si vede dalla porta. Prendi questo cuscino, andrà' benissimo… – E mi lancia una specie di puntaspilli gigante di colore fucsia.
Dopo averlo ringraziato, mi raggomitolo nel posto indicato e mi rimetto a dormire, non prima di aver abbondantemente massaggiato la testa contusa.
L'indomani non si presenta particolarmente interessante, nonostante le
aspettative. Dopo la colazione, di cui ho largamente approfittato con grande divertimento di Adamantis, arriva il Generale tronfio come un tacchino e insidioso come un serpente a sonagli per condurre Adamantis a visionare le truppe. Dopo un noioso giro turistico più che scontato, l’Elfo Rebial chiede di vedere come stanno le creature alate.
Qui devo confessare che mi sono divertita moltissimo, ho quasi dimenticato di essere invisibile, quindi in incognito, con tanto di occhiataccia assassina di Adamantis nella mia direzione. Le creature sono veramente stupende con colori magnifici ed occhi vivaci e intelligenti.
Nel tardo pomeriggio, rientrati in cella, l'elfo mi fa cenno di avere bisogno di parlarmi. Mi avvicino.
– Da adesso in poi è meglio che tu te ne vada, è troppo pericoloso, ci potrebbero essere nei paraggi degli elfi neri specializzati nella lettura della mente e io non posso proteggerti. Ho pensato molto a come fare per restare in contatto e mi è venuta in mente solamente una soluzione. Prendi questo.
Mentre sta parlando si sfiora il dito anulare sinistro dove c'è un anello composto da uno strano metallo non appariscente, quasi dozzinale, con incise minuscole foglie. L'anello si divide in due, nel senso che diventa più sottile e se ne crea un altro, perfettamente identico.
– Questo è un'oggetto molto raro e appartiene alla mia famiglia da generazioni – dice Adamantis. – In genere si dona ad un’amante, oppure la madre dona la parte creata a un figlio, ma nel nostro caso andrà benissimo comunque. Crea un legame fortissimo e permette di comunicare attraverso spazio e tempo, senza usare la lettura del pensiero. Le due anime degli anelli si fondono con le due degli elfi che li portano. Toccandolo, potrai parlare con la mia anima al di fuori
del corpo, che rimarrà fermo e muto.
– È un'idea magnifica oltre che un dono stupendo. Lo accetto solo per il tempo che sarà strettamente necessario, è troppo prezioso! – rispondo io confusa e incredula mentre prendo l’anello. – Che succede se uno dei due.... Ehm... muore?
– Torna ad essere intero al dito del sopravvissuto e sarà di sua proprietà fino alla morte. Oramai è l'ora della cena e da un momento all'altro arriverà il cibo. Preparati ad andare. Buona fortuna – dice Adamantis.
– Anche a te – rispondo.
Poco dopo si presenta il solito elfo con un occhio di un colore e l'altro di un altro al seguito del carrello del cibo. Lo seguo mentre esce, non prima di avere dato un'ultima occhiata ad Adamantis che si nasconde dietro la solita facciata signorile e distaccata di elfo superiore. Per la prima volta penso che lo sia veramente… distaccato? No, superiore.
Esco finalmente da questa fortezza sotterranea, bella ma claustrofobica.
Come farò a rintracciare i fratelli Aba e Iba? Non ne ho idea... Comincio col ritornare presso le ex abitazioni degli Ontrix bruciate. Vado avanti e indietro fino a che non fa buio ma non trovo nulla. Provo a ripercorrere il "ponte" e a esplorare, a giri concentrici, la zona circostante alla ricerca, risultata vana, di altre ortensie.
Oramai è buio pesto e non mi fido di dormire in un mondo di cui non so un gran che così, a malincuore, giro l'anello e mi ritrovo nella stanza n. 4 Non so neanche se è giorno o è notte nel mio mondo, ma sono così sfinita che mi sdraio per terra e dormo. Il sonno è agitato, mi trovo sempre in gallerie semi buie mentre scappo da un nemico invisibile. Ad un certo punto mi sveglio di soprassalto, non ricordando nulla ma con il cuore in gola.
Dopo i primi cinque minuti di stordimento totale, mi rendo conto di non avere più cibo e che a York sono circa le 18,00. Come l'ultima volta controllo se nell'appartamento c'è qualcuno e poi esco dalla finestra per comprare qualche cosa. Mancano due giorni al rientro, ma chissà come, sono convita che questa avventura proseguirà e che i sogni, che non riesco a ricordare, mi hanno anche indicato cosa fare una volta a Modena. C’era qualcuno con me, ma ho proprio un blocco mentale e non saprei dire chi possa essere.
Finito lo shopping ritorno nella ex casa di Adelaide. Oggi ho deciso di perlustrare una vasta zona al di là del "ponte" così da avere finalmente una visuale di ampio raggio del territorio circostante.
Nonostante l'impegno e lo svolazzamento in più luoghi, la giornata si rivela di puro e semplice turismo, infatti non c'è un'ortensia neanche a pagarla a peso d'oro. Mi chiedo cosa mi aspettassi, forse una freccia sul terreno per indicarmi la giusta via? Non siamo ridicoli! Ho sbagliato l'approccio al problema e questo è tutto.
L'unico evento degno di nota è che gli elfi neri hanno lasciato la zona della ex casa di Adelaide o, per lo meno, li ' non si vede anima viva, speriamo che gli assassini siano impiegati altrove. Questa osservazione mi fa venire in mente la buca in cui sono caduta. Jade aveva detto che ve ne erano parecchie, scavate per gli gnomi.
Si sta facendo rapidamente buio e decido di appostarmi nelle vicinanze e di, eventualmente, farmi un riposino vigile appoggiata alla parte della struttura rimasta in piedi. Naturalmente cado addormentata come un sasso e sono preda di un incubo: vedo gnomi ovunque…
Mi sveglio di soprassalto nel cuore della notte. OK, ho capito! Messaggio subliminale? Cerca gli gnomi. Fosse facile! Guardo il paesaggio circostante illuminato da una splendida luna ammaliante. Sarà anche merito della pietra che ho in corpo, ma mi accorgo di vederci molto bene anche al buio.
Aguzzo la vista verso il prato e la radura. Dopo poco vedo muoversi l'erba in linea retta, sfodero il mitico righello scooter e sorvolo la zona, mentre seguo una minuscola figura non più alta di venti centimetri. Conosco poco sugli gnomi, ma se questo non lo è, ficco la testa in un secchio di vernice rossa.
Come avvicinarlo? Eccone un altro laggiù, sembrano tranquilli, non avvertono presenza degli elfi neri. Ricorro sempre ai consigli di Adelaide, cosa aveva detto? Devi crederci. Mi avvicino svolazzando, punto un dito verso lo gnomo e, concentratissima e determinata, penso: – Immobilizzati, alzati piano piano dal suolo e non parlare.
Lentamente la piccola figura si alza al mio livello, circa due metri dal suolo, galleggiando nell’aria. Mi avvicino molto e sussurro: – Mi scuso per questi miei modi maleducati, ma non sapevo che altro fare. Non voglio farti del male ma sono qui a chiedere la collaborazione del vostro popolo. Sono Elena, l'amica di Adelaide, quella che è caduta in una buca. Devo contattare Aba e Iba del popolo degli Ontrix, sai come posso parlare con loro? Adesso ti faccio "atterrare" sulle mie ginocchia, spero di riuscirci, per me è tutto nuovo, in effetti tu sei il mio primo esperimento…
Così dicendo cerco di posare delicatamente lo gnomo sulla rotula destra.
– Mmmhhhhh… – dice la creatura – se non lo vedessi con i miei occhi e non lo sentissi con le mie orecchie non ci crederei... Ma che ti salta in testa! Oltretutto continuo a non vederti.
– Lo so, è imperdonabile da parte mia ma non posso rischiare che qualcuno mi veda...
– Mmmhhhhh... Cosa ti fa pensare che noi possiamo sapere qualche cosa e, soprattutto, perché dovremmo aiutarti? Cosa sai di noi?
– Poco o nulla, fino a una settimana fa non credevo neanche che poteste esistere! – Rispondo io. – Quello che ho sentito dire da quelli della mia razza è che siete legati alla terra e ne sapete tutti i segreti. Siete saggi e imparziali, non vi immischiate nelle faccende altrui. Per questo speravo che mi avreste potuto aiutare, in fondo con Adelaide godevate, come tutti, della più perfetta libertà. A meno che non mi diciate che adesso le cose sono migliorate per voi con l’arrivo gli elfi neri...
– No, in effetti non ci piacciono questi invasori dissennati, senza nessun rispetto – mi risponde lo gnomo. – Ma, come hai giustamente affermato, noi non prendiamo le parti di nessuno…
– Neanche le vostre? Volete continuare così? – chiedo.
– E perché vorresti parlagli? – domanda.
– Ho dei messaggi da due esponenti di altre razze da riferire ai gemelli. Sto cercando di contattare tutti i membri del Consiglio ristretto di Adelaide per cercare di ricostituire l'Alleanza, o per lo meno per evitare che siano arrestati.
– Mmmhhh... e chi sarebbero gli altri?
– Non posso rivelarlo, scusami – rispondo.
– Mmmhhh... non prometto nulla. Vediamoci fra quattro ore qui. Mettimi giù.
– Ah! sì, certamente. Grazie. A presto. – Così dicendo poso, più o meno delicatamente, a terra lo gnomo che sparisce immediatamente dalla mia vista correndo. Chissà come farò a riconoscerlo fra quattro ore!
Mi alzo di cinque metri almeno dal punto dell'incontro e mi dirigo verso quella che era la Sala del Costigliola costruzione è certo danneggiata ma non distrutta e conserva il suo fascino. Mi accerto che non ci sia nessuno, di visibile almeno, mi appoggio alla struttura esterna e cerco di contattare Adamantis.
Mah, chissà se funziona. Mi siedo e sfioro l'anello. Subito non succede nulla, poi, all'improvviso, mi sento proiettata fuori dal corpo. Continuo a sentirlo, non riesco a muovermi, ma, nello stesso tempo, lo guardo dal di fuori con occhi non fisici.
È una sensazione stranissima, mi sento respirare ma anche ho la sensazione di esistere in un'altra struttura, non pesante e priva di sensazioni, ma altrettanto reale quanto la prima. È come se fossi in due posti contemporaneamente e il secondo corpo, non materiale, fosse sempre stato lì, in quello fisico, ma che si sia semplicemente sdoppiato.
Dopo un'interminabile minuto di netto disagio e di domande prive di risposta, il mio secondo corpo si proietta in uno spazio non identificato, illuminato da una fioca luce che proviene da non so dove.
Ecco apparire davanti a me un contorno di luce, prima sfuocato, poi con linee e dettagli sempre più netti. È sicuramente Adamantis, che mi sta guardando con una faccia lunga stupita, senza il solito sorrisetto superiore stampato sul viso.
– Adamantis! Che sollievo! Avevo il terrore di trovare chissà chi. Come è andata oggi? Scusa del disturbo, ho bisogno di un consiglio… Ma che hai? Stai Male? È successo qualche cosa? – chiedo.
– Ma. Ti sei vista?
– Cosa dovrei vedere? – chiedo e intanto mi guardo le mani. In effetti le vedo composte di una sfolgorante luce bianca, che non aggredisce gli occhi ma che dà l'impressione di stare ammirando il sole. – Ma cosa diavolo…????
– Adesso sono sicuro che Adelaide non si è sbagliata scegliendo te – dice Adamantis.
Non do gran importanza alla cosa, penso che debba essere la conseguenza della pietra che ho nello sterno e dico: – Chissà se si può sfruttare nella vita nella mia dimensione, risparmierei tanto sulla bolletta energetica. Comunque... ho bisogno di un consiglio. Per rintracciare i gemelli degli Ontrix ho pensato di contattare il popolo degli gnomi. Ne ho catturato uno e...
– Ne hai catturato uno???
– Non gli ho fatto alcun male! Poi l'ho rilasciato subito e...
– Lo hai rilasciato subito???
– Stai bene Adamantis? Sembri un pappagallo, continui a ripetere quello che dico!
– Ascoltami bene. Gli gnomi in genere NON si fanno catturare e, nel caso, si tengono bene stretti per carpirne i segreti. A parte gli ingenti tesori, hanno conoscenze alchemiche e naturali senza pari!
– Ma cosa me ne importa!! – dico esasperata. – Ti pare che nella situazione in cui ci troviamo dobbiamo badare a queste sciocchezze? Hanno oro? Che se lo tengano, non può risolvere i nostri problemi. Il loro aiuto sì però. Credi che abbia fatto male a chiedere? Non ci aiuteranno?
– Che ti ha detto? – chiede Adamantis.
– Che non prometteva nulla ma che ci saremmo rivisti fra quattro ore, cioè, ormai fra due ore.
– Non credo abbia mentito, sono dei furbi burloni ma non dei bugiardi. Credo anche che tu gli abbia fatto una certa impressione… Ma ti raccomando cautela, non so cosa effettivamente troverai all’incontro.
– Già, è quello che temevo...Cosa avresti fatto tu al mio posto? – chiedo
– Io ragiono da elfo, non da umano o da pazzo, quindi non avrei mai contattato gli gnomi. Avrei cercato di entrare a Corte e, prima, di mescolarmi alla truppe.
– Come va con il Generale? – chiedo.
– Abbastanza bene, sto cercando di convincerlo che mi sta ammaliando con l'organizzazione e le possibilità che il suo ripugnante esercito può offrirmi. Non ho ancora visto Jade però e la cosa non gli piace affatto. Chissà cosa sta tramando…
– Inutile preoccuparsene ora, mi prenderò cura personalmente di lei appena avrò capito come posso attraversare gli specchi senza destare allarme. Ci deve pur essere un modo! Se non hai altre notizie andrei a perlustrare la zona dell'incontro...
– Mi raccomando, fai molta attenzione. A presto – dice l'elfo prima di sparire.
Mi ritrovo di nuovo, tutta intera, nei pressi della Sala del Consiglio. Svolazzo su e giù per un po' e poi esploro l'edificio vuoto. L’interno, a parte la magnifica cupola, è alquanto deprimente, con tutte quelle panche vuote e polverose. Non si sono neanche presi la briga di demolire questo simbolo dell'Alleanza, forse pensano che, in ogni caso, i vecchi membri non hanno nessuna speranza di ricostituirla e che come emblema quindi non valga nulla.
Oramai è arrivata quasi l'ora dell'incontro e ricomincio ad ispezionare avanti e indietro la zona con un'ansia sempre crescente.
Puntualissimi, spuntano tre figurette nel luogo stabilito. Mi scopro il capo e dico: – Buona serata, sono Elena.
– Eccoti qua! Vuoi scendere dal quel... quel... coso? Il clan ti vuole parlare. Siamo stati incaricati di condurtici.
– Sono onorata. È molto lontano? – chiedo.
– Fai troppe domande, seguici.
Così dicendo esegue un perfetto dietro front e si dirige verso una vecchia quercia. Chissà perché mi sembrava più piccolo, adesso è alto il doppio. Il gruppetto, nonostante le dimensioni, è veloce e mi devo sbrigare per stargli dietro. Arrivati ai piedi dell'albero, fra le radici si apre un varco.
– Ma, come faccio a entrarci? – chiedo, visto che, al massimo, mi arriva al
ginocchio.
– Ancora domande? Seguici in fretta.
Mah! Come si dice? Abbiate fede? Intanto afferro saldamente l'anello, in modo da poterlo girare nel minor tempo possibile e mi costringo a mettere un piede davanti all'altro in direzione dell'antro. In effetti più mi avvicino più l'entrata si ingrandisce oppure, se volete, più io divento piccola.
In breve mi trovo, dopo una selva di radici che pendono e contornano il buco, in un'ampia sala circolare, stipata di gnomi.
– Elena, sei alla presenza del clan al completo, parla pure – dice una delle mie guide.
– Buona serata e scusate l'incomodo – faccio io. – Sono a chiedervi aiuto per rintracciare i fratelli Aba e Iba, ho infatti l'incarico datomi da Adelaide di tenere i contatti fra i membri del Consiglio ristretto. Potete fare qualche cosa per me?
– Siamo tutti curiosi di sapere come sei riuscita a catturare Goanischit! – dice uno gnomo con una lunga barba e le gote rubiconde.
– Noi umani diciamo che la necessità aguzza l’ingegno – rispondo. – Non so come ho fatto ma ho pensato di farlo e basta, e poi mi è riuscito. Non ho altre spiegazioni plausibili da darvi.
– Davvero non hai usato qualche forma di magia?
– Se intendi formule magiche od oggetti magici, sicuramente no, non sono una maga, sono solo un'umana – spiego.
– Ah, già! Tu sei Elena... e basta, sì lo sappiamo. Noi non amiamo gli umani ma ancora meno chi si intromette nella nostra pacifica vita. Adelaide era molto stimata dal nostro popolo e, quindi, collaboravamo saltuariamente con lei e condividevamo alcuni segreti. C'ero quando ti sei presentata la prima volta da lei e non mi hai fatto una grande impressione, ma forse era quello che volevi apparire. Ma le cose cambiano e non sempre in meglio. Io sono il Capo Clan degli gnomi che abitano questa parte di mondo e, in nome della vecchia amicizia con Adelaide, ho deciso di collaborare con te, per ora. Ho contattato i Gemelli e, se vorrai seguirmi, ti indicherò la strada che ti porterà da loro.
Cerco di ignorare la curiosa sensazione di parlare con una dozzinale statuetta da giardino raffigurante uno gnomo e dico: – Grazie, terrò a mente la tua gentilezza, ti seguo volentieri. Saluti a tutti voi e buona serata – dico accennando a un breve inchino in direzione del altra parte del gruppo e salutando con la mano, facendo il classico "ciao, ciao". Chissà cosa stanno pensando, vedo i loro occhietti che mi seguono.
Comunque sia, mi incammino dietro lo gnomo e, dopo un breve tratto, arriviamo a una specie di sipario composto da radici. Lo superiamo e ci troviamo in un'ambiente particolarissimo. Siamo al fondo di una gola perfettamente liscia da cui si possono vedere intersecarsi altre uguali ma molto diverse fra loro. In effetti il colore dell'ambiente varia dal giallo ocra, all'arancione, al bianco e al rosso mattone, il tutto a strisce ondivaghe di varie dimensioni. È un'ambiente surreale e magnifico, sembra un dipinto di arte moderna. Mi ricorda una o due foto che ho visto tempo fa di un parco in Arizona, di cui non ricordo il nome, ma che mi avevano colpito molto. Non riesco a stabilire l'altezza dei rilievi che ci circondano, riesco solo a pensare di essere sul fondo di un lago prosciugato o di
un grande fiume le cui correnti hanno modellato questa festa per gli occhi nel corso dei secoli.
– Caspita che bel posto! – dico ad alta voce.
– Già! Se ci fosse stato un agguato saresti bell'è morta, visto che stai a naso in su da un pezzo – mi rimprovera lo gnomo. – Seguimi da vicino, altrimenti potresti perderti.
Non riesco a non guardarmi attorno, incespico un paio di volte e, alla fine, in un tempo non quantificabile, arriviamo davanti ad una parete dove appare un bel portale scolpito. Le decorazioni, sull'arco dell'entrata, ricordano steli e, manco a dirlo, ortensie in piena fioritura. Che bello! Tutto questo mondo parallelo, dove mi trovo, ha un gusto estetico magnifico, eleva l'animo e la mente.
Felice e contenta, nonché inconsapevole di quanto mi aspetta, varco la soglia al seguito dello gnomo. Ci troviamo direttamente in una casa, le cui pareti e soffitto sono composte da steli di ortensia in... movimento, nel senso che sembrano in crescita continua. Qua e là alle pareti, come decorazioni, gruppi di ortensie multicolori ci danno il benvenuto e noi, ato quello che si potrebbe definire l'ingresso, entriamo in quello che può ben essere definito il soggiorno.
Ed eccoli lì in piedi ad attenderci i due gemelli Aba e Iba, con un sorriso divertito stampato sulla faccia.
– Benvenuti, benvenuti! Io e mia sorella eravamo impazienti di incontrarvi. Prego, accomodatevi!
Ci sediamo tutti su dei comodi divani che sembrano ricavati da dei tronchi d'albero ricoperti di muschio. Per la cronaca, nessuno, nonostante le diverse dimensioni, ha i piedi a "penzoloni" ma ben appoggiati a terra, non so come sia possibile ma tale è la realtà.
– E così finalmente ci vediamo di persona – dice la Elfa Ontrix. – Abbiamo percepito i tuoi pensieri a distanza da tempo, quindi ci sembra già di conoscerti, Elena. Fra poco sarà pronta la cena, speriamo ci onorerete della vostra presenza.
Sono veramente esterrefatta, non ho mai avuto una simile accoglienza nel mondo degli elfi!
– È un piacere anche per me conoscervi – dico. – Accetto di buon grado il vostro gentile invito.
– Ah, come resistere ai tuoi Bani? – dice lo gnomo. – Non me ne andrei mai senza!
I due gemelli sono veramente identici, Aba porta i capelli più lunghi sciolti sulle spalle e sembra quella più loquace.
– Oh, ma che sbadata! – dice Aba. – Avrete sete! Ecco delle belle bibite rinfrescati per tutti noi!
Da una porta laterale, appare un vassoio a mezz'aria con quattro bicchieri
appoggiati sopra. Si dirige verso di noi e posso così vedere che ognuno contiene un liquido di colore diverso. Arrivato a destinazione il vassoio si ferma e i bicchieri si dirigono direttamente ognuno verso i quattro occupanti le poltrone. Sarà telecinesi? A occhio e croce deve essere bella potente. Prendo il mio bicchiere, un po’ imbarazzata perché non so esattamente chi ringraziare, e ne sorseggio il contenuto. Mamm! Sa di mandarino con, forse, una lacrima di menta!
– Ah! Ci voleva propria questa centrifuga di funghi... Complimenti Aba, è ottima! Sono colti alla mattina prima dell’alba? – dice lo gnomo.
– Sì, sei sempre un vero intenditore! – risponde cortesemente l’Elfa.
Iba continua a fissarmi. – Sono contento che tu sia sopravvissuta all'attacco, in effetti è stata una vera fortuna averti incontrata più o meno casualmente.
– Gli altri Ontrix, sono tutti salvi? – chiedo.
– Oh sì, grazie. Stanno tutti bene, anche se molto dispiaciuti che questa bella esperienza dell'alleanza sia finita. Se non troveremo un'altra soluzione, dovremo contattare la Corte Nera, non possiamo vivere isolati. Per me e mia sorella sarà comunque l'esilio, non sopporterei di vivere costretto a manovrare le menti altrui a comando. Perché ci hai cercati?
– Sto cercando i vecchi membri del Consiglio ristretto di Adelaide per vedere se si può organizzare una resistenza. In verità non ne so molto del vostro mondo, quindi sono soprattutto io ad avere bisogno di aiuto. Non conosco le forze in campo e il primo o è raccogliere informazioni e tenere i contatti fra i vari
gruppi.
– Già, la promessa che hai fatto ad Adelaide... – sospira Iba. – Come dicevo, attendevamo la tua venuta. Hai parecchie qualità ma hai un grossissimo difetto. Non sai assolutamente governare la tua mente, figuriamoci quella degli altri. Si percepisce il tuo arrivo da miglia di distanza! È un po' come dite voi umani, tenere un alano in un negozio di porcellana cinese. Mia sorella ed io ti attendevamo proprio per questo motivo, ma ne riparleremo tranquillamente dopo la cena.
– Sì, certamente! Accomodiamoci a tavola, oramai è tutto pronto! Prego, venite a sedervi – ci invita Aba.
In un angolo della stanza c'è già apparecchiato un bel tavolo rotondo a cui mi accomodo un po’ dubbiosa sul pasto in arrivo. Lo gnomo ride e scherza con Aba ma io sono sulle spine. Quale era la specialità di questi gemelli? Manipolare le menti e la lettura del pensiero, chissà quali informazioni mi hanno carpito senza il mio consenso. Oramai è inutile preoccuparsi vediamo come va a finire questa serata, anche se non mi pareva sera ma mattino... Cominciamo bene!
Ecco arrivare quattro vassoi con ognuno delle pietanze diverse per ogni commensale. Lo gnomo alla mia sinistra ha una ciotola, fra le altre cose, colma di quello che sembra fango semovente. Non oso pensare cosa arriverà a me. Poi mi rammento che leggono la mente e mi scuso per la mia cafonaggine.
Vedo arrivare il mio vassoio con... tortellini in brodo, parmigiano reggiano, prosciutto crudo e una bella insalata accompagnata da una boccettina di aceto balsamico. TORTELLINI IN BRODO? Aiuto! Sto forse impazzendo? Nonostante questo dubbio, nulla mi trattiene dall’ingozzarmi come un'oca da ingrasso. Come mio solito. Naturalmente è tutto ottimo. Mi sfiora però il dubbio
che sia io che credo di mangiare tale pietanze e non la realtà, ma ricaccio il pensiero da dove è venuto, in ogni modo non sarebbe servito a nulla.
Finita la cena e dopo alcuni convenevoli affrontiamo l'argomento centrale dell'incontro spaparanzati sui divani di muschio.
– Elena, io e mio fratello abbiamo pensato molto a tutta questa situazione che è venuta a crearsi dopo l'attacco degli Elfi Neri. Comunque vadano le cose, noi gemelli siamo e saremo preda ambita di entrambe le corti, nere o bianche che siano. Hai già notato che, dove ci troviamo ora, è sera, mentre da dove vieni era mattina, infatti non sei l'unica che può usare un suo portale. Ci troviamo in un luogo dove nessuno può entrare se non invitato da noi e, per questa ragione, per noi è per ora sicuro ma lo stesso discorso non può valere per la gente della nostra razza. Ci siamo chiesti come rimediare e ci siamo dati una risposta, ma sta a te decidere...
– Parlate pure senza problemi, vi scolto attentamente – dico io.
– Ebbene abbiamo pensato di fidarci di te – dice Aba, – come aveva fatto Adelaide. Se sei d'accordo ti insegneremo, per quanto è nelle nostre possibilità, a chiudere la mente e manipolare quella altrui. Sarà difficile, non abbiamo mai lavorato su degli umani, ma riteniamo che in due settimane intense si possano raggiungere buoni risultati, dipenderà da te. Non sarà piacevole, non so neanche se lo potrai sopportare ma questa è la nostra soluzione e il nostro contributo per la causa dell'Alleanza. Accetti?
– Se non mi fate mangiare due settimane di tortellini in brodo ma li alternate con lasagne e spaghetti... perché no? – rispondo io.
E quell’atmosfera, che era tesa, si trasforma in risate a crepapelle, soprattutto da parte dello gnomo. Non mi pareva di avere detto una cosa così comica, ma sembra che gli altri elfi non la pensino così. Non avevo mai visto ridere un elfo!
– Ah ah ah! – si scompiscia lo gnomo. – Ma sei sicura di non avere sangue gnomico nelle vene? Lo devo assolutamente raccontare al clan! Non ho mai sentito una risposta più assurda!!!! Vinceresti la gara annuale!
Ma cosa fanno, una gara per le assurdità? Comunque prosegue: – Mi aveva detto Granisciti che eri particolare... Quando vuoi venirci a trovare sarai sempre la benvenuta e berremo insieme un boccale di birra!
Aspetto pazientemente che l'intermezzo ilare abbia fine sorridendo amabilmente a tutti. Poi chiedo: – In che consiste questo addestramento?
– Cercheremo prima di pulire e potenziare la mente e poi ti insegneremo ad usarla. Ripeto, non sarà una eggiata ma se vuoi muoverti in questo mondo e non essere catturata, non hai scelta. Starai qui da noi in questa casa, nessuno ti potrà trovare– mi spiega Iba.
Dopo una mezzoretta di altre chiacchere lo gnomo si congeda augurandomi ogni fortuna. – Aspetta! – dico. – ti ringrazio della tua gentilezza, ma non so neanche il tuo nome!
– E non lo saprai, non si chiede il nome ad uno gnomo. Vuoi ringraziarmi? Metti a frutto gli insegnanti dei Gemelli e, se tutto andrà bene, ci rivedremo – e con queste parole se ne va con un sorriso furbo sulla faccia.
Congedato lo gnomo i due Gemelli mi indicano la mia stanza, una via di mezzo fra luce, muschio, odore di resina e ortensie. Non mi sento affatto stanca ma mi addormento immediatamente. Quello che segue assomiglia a un sogno reale quanto un incubo. Prima ci sono le voci ed io sono in una stanza buia, poi un male alla testa allucinante. In seguito un'alternanza di luce accecante e ombre che si muovono e, alla fine, una strana sensazione di essere consapevole del corpo, di muovermi, di non avere pensieri e del crollo di barriere mentali che non sapevo neanche di avere
Questa volta apro gli occhi, tutto attorno a me è luce e intravedo le sagome dei due Gemelli e io sono in un bagno di sudore.
– Su, su, coraggio, vieni con noi di là a tavola – mi sta dicendo Aba, – devi mangiare qualche cosa... Che ne dici di una bella pizza?
– Eh? Ah, bene... sì. Ma da dove viene tutta questa luce? Non si vede niente... – dico.
– Non ti preoccupare di questo per ora, vieni ti aiutiamo noi – e mi conducono via
Ah, che bella tavola imbandita! Ci sono tre qualità di pizza e un buon vino rosso, offro tutto ai Gemelli ma declinano cortesemente. Finita la vera e propria abbuffata, mi sento meglio e chiedo:
– Come sono andata? Prima che mi dimentichi… ho bisogno di trovare una
soluzione al problema degli specchi... Sembra che per accedere alla Corte Nera sia necessario attraversarli! Come faccio? Si accorgeranno subito della mia presenza! Cos’era quella luce accecante di prima? Sono molto stanca...
– Eh! Ma quante domande! Rilassati! Adesso mettiamo un po' di musica e facciamo quattro chiacchiere! – mi risponde Ibi.
Ci sediamo sui soliti divani. Aba dice: – Adesso proviamo a comunicare solamente con la mente... Concentrati e vediamo come va! – Pausa. Riprende: – Allora, dicevi di essere molto stanca?
– Mi sento uno straccio! – dico e poi mi accorgo che i Gemelli non hanno aperto bocca. Riprendo cercando di comunicare solo con la mente: – Accidenti! Dimenticavo... prova, prova! Mi sentite? Dicevo che mi pare di essere uno stracciooooo!!!
– Forte e chiaro! Credi di essere alla radio?? – dice Ibi. – E poi non urlare, non serve. Ma, per rispondere alla tue domande. Sì, sei andata molto bene, abbiamo avuto con te dei risultati... diciamo... non previsti, soprattutto per un'umana...ma siamo molto contenti, la prima fase è completata. Sei stanca perché hai speso molta energia.
– Mi avete letto la mente? – chiedo.
Risponde Aba: – Devi sapere che non è corretto leggere i pensieri altrui se l'interessato non è consenziente, noi non lo facciamo ma gli elfi neri invece usano questa pratica spesso, per questo la fase due sarà quella di insegnarti come non "fare entrare" nessuno nella tua testa. Alcune immagini della tua memoria si
sono automaticamente manifestate, ma non abbiamo attivato noi il ricordo e non siamo proseguiti nell’indagine. Noi non diremo mai cosa abbiamo visto, e, se ce ne fosse ancora bisogno, ti confermiamo la nostra volontà di vivere appartati, nascosti alla nostra gente e dal mondo, è importante che nessuno, e ribadisco NESSUNO, per qualsiasi ragione venga in contatto con noi.
– Ah! – faccio io – ho una mezza idea di cosa avete visto... mi dispiace di avervi causato tutto questo, non era mia intenzione.
– Bah! Non ci pensare, noi abbiamo accettato di aiutarti e noi ne rispondiamo. Inoltre per quello che sai e che sei, ne riparleremo quando ce lo chiederai – dice Ibi.
La sorridente Aba prosegue: – Per gli specchi, studieremo qualche cosa ma non ora. Inoltre non preoccuparti della luce, per una qualche ragione, se sollecitata, cominci a risplendere.
Ancora quella benedetta pietra nello sterno! Sarà senz'altro utile ma non posso tutte le volte che succede qualche evento anormale diventate un faro di segnalazione! Tanto vale mettermi una freccia fosforescente sulla testa con una scritta fucsia "Ehilà! Sono qua!".
o una piacevole oretta discutendo del più e del meno con i Gemelli che, scopro, sono ben infornati su quello che accade nel mio mondo, soprattutto per le vicende che riguardano la politica, che trovano alquanto divertente e tragica nello stesso tempo. Per loro è curioso il fatto che, in alcuni casi, milioni di persone seguano uno stesso leader senza trovare una propria strada creativa, non si capacitano del fatto che non ci siano milioni di leader, politici, religiosi o quant'altro. Che dovevo rispondere a riguardo?
– Beh, sapete... anche se siamo tutti umani, non tutti abbiamo le stesse capacità, anzi. Non tutti hanno delle capacità oltre a quelle che ci permettono di vivere. Anche il solo fatto di avere un alto quoziente intellettivo non vuol dire che si riesca ad esprimere la propria potenzialità...
– Perché, ne avete solo una? – chiede Ibi.
– Sono veramente poche le persone poliedriche...
– Chissà che noia!
Sono molto interessati alla figura della guida carismatica religiosa. Mi citano, fra i tanti, Papa sco e il Dalai Lama come esempi di umani che si elevano ai massimi livelli tramite gli altri, cioè mettendosi al loro "servizio". Visto che sono italiana, si soffermano sulla curiosa circostanza in cui ci troviamo, con due papi. In sostanza dico che siamo in questa situazione perché, in realtà, abbiamo DUE grandi figure ai massimi vertici della struttura ecclesiastica, Benedetto XVI e sco I, se non ci fosse stata la prima non ci sarebbe la seconda.
Li lascio sinceramente interessati ma perplessi.
– Ah! Beh! Mah! comunque ora devi riposare – dice Ibi. – Ti faremo dormire dodici ore di filata e poi cominceremo la fase due. Buona notte Elena.
Arrivata al letto, cado in un sonno senza sogni. Dopo quello che mi è sembrato
un minuto, vengo risvegliata dai Gemelli e qui comincia un vero calvario, resistere alle incursioni mentali di Iba e Aba risulta difficilissimo. Comincia ad andare meglio quando mi arrabbio e non mi sento più succube della loro maestria. Mi trasformo in un leone e rispondo colpo su colpo ai loro attacchi, anzi, ad un certo punto, arto all'offensiva e cerco di penetrare le loro menti.
– Brava! Ottimo! Ben fatto! – mi incoraggiano i Gemelli. – Possiamo are alla fase tre. Dopo un pranzo e le consuete dodici ore di sonno cominciamo!
Dopo quella che è diventata ruotine, sono pronta per la terza parte dell'addestramento. Sono sempre in camera da letto e Ibi mi dice indicandomi un punto imprecisato dietro alle mie spalle: – Oh! Guarda che bello!
Mi volto e vedo una splendida cascata, con tanto di rumore assordante dell'acqua che scende. Dico, quasi urlando, spostando lo sguardo su Aba: – Cos'è, un altro portale?
Mi sorride e mi indica sempre il punto alle mie spalle. Mi rigiro e. nulla! Sparito tutto, anche il rumore.
– Ah! Mi state prendendo in giro… è questa la manipolazione della mente?
– In parte sì, si tratta di creare visioni, è la parte più facile.
– Accidenti!!E quella più difficile?
– Ottenebrare la mente e far fare quello che vuoi agli altri.
Perbaccolaccio! Detta così parrebbe più brutta di quanto sia. O no? Comunque mi impegno al massimo per ricreare la cascata, si tratta di percepire i pensieri dei due Gemelli e convogliarli verso di essa, senza manipolarli,solo creando un'illusione. Alla fine, aggiungendo un paio di colibrìche svolazzano per la stanza, mi viente alla perfezione.
– Ma bene! Complimenti! Dovrai esercitarti con i vari tipi di creature, ma è un ottimo risultato! Proviamo con la parte difficile ora, so che non siamo certo dei soggetti facili... ma sono quelli che hai in questo momento.
Provo e riprovo, non ci riesco.
– Basta così per oggi. Riproverai domani, nell'attesa pensa cosa può essere che ti sembra così difficile. Hai potenziale e potere, non puoi non riuscire!
In effetti hanno ragone, come sempre. Mi stendo sul letto e provo a sviscerare il problema, senza arrivare a nulla. Forse se riuscissi ad essere meno coinvolta e guardassi da fuori la situazione in cui mi sono cacciata...
Penso ad Adamantis che non sa nulla del mio incontro con i Gemelli e provo a contattarlo, anche se non so se è giorno o notte. Dopo un'attesa non proprio breve ecco apparire la sua figura argentea.
– Finalmente! Ho cominciato a pensare che non saresti stata all'altezza del
compito e che fossi stata catturata! Cosa è successo? Purtroppo non ho molto tempo, sono in perlustrazione con il mio grifone, ho dovuto staccarmi momentaneamente dagli altri soldati.
– Che piacere vederti in forma... Volevo ragguagliarti sulle novità. Ho trovato i Gemelli e sto facendo un corso rapido di "risana e allarga la tua mente" sotto la loro direzione. Non so quando potrò contattarti, l'insegnamento è duro e io ho perso la cognizione del tempo...
– Ti fanno da insegnanti i Gemelli? È un grande onore nonchè un'attestato di fiducia insperato, conoscendoli, devi averli colpiti. Io comincio a muovermi abbastanza liberamente fra le truppe, ma ancora non si fidano di me al punto di farmi parte dei loro piani. Probabilmente verrò ammesso a Corte fra qualche tempo e allora mi sarà chiesto un... diciamo tributo di fedeltà. Hanno abili maghi e manipolatori della mente, per cui mi aspetto che mi sottopongano a una "lettura" dei miei ricordi, se pensano che io sia importante o che sospettino anche vagamente un mio coinvolgimento nella resistenza. Dipende tutto da quanto mi vedono pericoloso per cui ho deciso di rispolverare una vecchia magia elfica bianca di inganno e ottenebramento della mente che impedirà loro di scavare nel mio animo oltre il consentito. Ora devo andare, abbi cura di te.
– In bocca al lupo anche a te e, mi raccomando, stai attento – dico salutandolo mentre sta svanendo.
– Ma perchè dovrei essere in bocca a un lupo????? – mi chiede e un attimo dopo è già sparito.
È sempre un piacere parlare con lui, mi diverte moltissimo.Mi ritrovo distesa sul letto a pensare. Ho un'illuminazione improvvisa, ecco perchè non riesco a manipolare la mente altrui! Penso che sia sbagliato! Il che, in verità, lo è ma così
non si va da nessuna parte, "chi agnello si fa, il lupo se lo mangia" dice un proverbio.
Individuato il problema cerco una soluzione: io non attacco, io mi difendo e non ho altri strumenti per farlo.In fondo anche il glamour è una manipolazione anche se innocua e nessuno la vede come minaccia, almeno diretta. Ho a che fare con fior di... lupi e loro non cambieranno, quindi... Mi addormento felice e contenta.
Dopo quello che mi è parso un minuto e mezzo, sento la voce di Aba.
– Elena? Sei sveglia?
– No! – rispondo, poi mi ricordo con chi ho a che fare e dico. – Ehm... non mi dire che sono già ate le docidi ore di sonno che mi avete promesso...
– In effetti ne sono solo ate quattro, ma abbiamo avuto certe informazioni che ci hanno convinto a lasciare questo posto il prima possibile, quindi dobbiamo riprendere l'addestramento subito.
– Ah! Bene, bene... guardate qua!
Avevo pensato che, in effetti ci sono parecchie maniere di manipolare gli altri, bisogna solo trovare quelle che sono più adatte a me. Così i Gemelli si ritrovano a vedere, almeno quella era la mia speranza, una sirena mollemente adagiata sul letto, con tanto di coda di pesce guizzante, capelli lunghi rossi che scendono in vita, un paio di seni scoperti danzandi su di un torso argenteo e un occhiolino
biricchino fatto nella loro direzione da occhi verdi smeraldo.
– MAGNIFICO! MAGNIFICO! – approva Iba.
– BRAVA! BRAVA! – grida Aba. – E con questo le lezioni sono finite, devi solo fare pratica!
– Grazie, grazie, sono commossa – dico ritornando la solita cozza. Per ringraziarli, un sorriso smagliante a quarantadue denti dal letto, troneggia da un girasole rivolto verso Iba e uno da una rosa si rivolge ad Aba, almeno spero che l'effetto sia stato questo, manipolando ciascuna mente in modo a sè stante.
– Veramente non so come ringraziarvi, oltretutto ho la soluzione per attraversare gli specchi! In effetti sarebbe stato da stupidi affrontare le due Corti con i mezzi in mio possesso prima, sarà già difficile così. Per ora non pensano che io sia una minaccia, saranno guai quando cominceranno a darmi la caccia sul serio.
– Già, ti auguriamo ogni bene e successo nella tua missione. Non sopravvalutarti mai ma neanche sottovalutarti, è ugualmente pericoloso. Iba ha già chiamato lo gnomo per accompagnarti fuori di qui, questa è l'ultima conversazione privata che avremo. Abbiamo visto nei tuoi ricordi quello che ti ha affidato Adelaide, non ti dirò cos'è, tu lo sai già. Usa tutti i tuoi dubbi per trovare una soluzione, ma non avere fretta e non fidarti di nessuno. I tuoi alleati presenti e futuri non li conosci, sono esseri dei quali non conoscevi l'esistenza fino a poco tempo fa, figuriamoci prevedere le loro reazioni. Noi spariremo e la prossima ora sarà l'ultima nella quale staremo insieme, se hai domande falle. Ora andiamo di là, è già arrivato l'altro ospite, ho preparato una bella cenetta!
Inutile chiedersi come ha fatto a preparare tutto in un nano secondo, ma quella che Aba ha generalmente definito come "cenetta", si rivela un pasto pantagruelico, con tanto di varietà immensa di frutta.
Lo gnomo si rivela particolarmente loquace e gioioso e la serata, ammesso che sia sera, si rivela un vero so. Al momento del commiato, mi inginocchio e abbraccio insieme i due Gemelli, consapevole di avere ottenuto un dono immenso da loro e di averli ripagati proprio per questo con l'esilio.
– Allora, andiamo? – mi chiede lo gnomo appena fuori la porta della casa dei due Gemelli mentre sta scomparendo. – Bando alle malinconie! Hai un lungo percorso davanti e io devo riaccompagnarti alla radura della Sala del Consiglio e riprendere i miei affari.
Così rifacciamo la strada percorsa all'andata e in brevissimo tempo mi ritrovo nella radura.
– Quì ci separiamo. Per ora non avverto presenze di Elfi neri in zona, ma non so quanto possa durare. Sono sicuro che ci rivedremo, abbi cura di te. – Detto questo lo gnomo gira su se stesso, si mette a correre e sparisce dalla mia vista in men che non si dica.
Quanta fretta! Non ho avuto il tempo neanche di salutarlo, ma forse non ama gli addii.
Prima di intraprendere qualsiasi altra cosa torno nela stanza n.4, mi viene in mente che potrei essere a corto di… ricarica energetica, visto lo sforzo fatto per apprendere gli insegnamenti dei Gemelli.
Applico lo stesso sistema della volta precedente, ma il trasferimento di energia questa volta è molto più breve, quasi istantaneo. Perchè non dare un'occhiata all'appartamento? Manca poco al mio ritorno in patria e voglio controllare che sia tutto in ordine.
La porta sbuca sempre nel bagno, vicino alla vasca. Entro con molta circospezione, non si sa mai, visto l'altra volta che ho trovato l'appartamanto gentilmente occupato da elfi neri. Ma non mi dire! Questa mi mancava!
Un elfo molto somigliante ad Adamantis, biondo, vestito di grigio argento dalla testa ai piedi e con uno spadone legato alla schiena con foderea ed elsa dello stesso colore, si aggira in casa. Se è possibile, è ancora più bello di quello che, oramai, considero mio amico e cammina mollemente per l'appartamento sfiorando con il dito sedie, tavoli e ninnoli vari. Ha stampata in faccia un'espressione fra il curioso, l’annoiato e il divertito.
Mi limito a seguirlo o o.
Compare un'elfo femmina che prima non avevo visto e che, forse, era uscita dall'abbaino che ho notato aperto.
– Allora? – chiede l'elfo.
– Nulla, neanche sui tetti. Non c'è traccia dell'umana da tempo.
– Ah! Quegli stupidi della Corte Nera! Invadono l'Alleanza e si fanno sfuggire la "Fonte". Non sanno gestire neanche un'umana...non che quest'ultima sia un problema, ma non sappiamo nulla di lei e questo non mi piace. I nostri fratelli tornati alla Corte Bianca, hanno pareri discordi, i più la definiscono come un'idiota, ma allora perchè era in contatto con Adelaide? Andiamo, qui non abbiamo nulla da fare, abbiamo solo perso tempo.
Li lascio andare senza seguirli, mi limito ad osservare dalla finestra. Dal portone vedo uscire una signora attempata con un berretto fucsia sulla testa e, al guinzaglio, un adorabile cagnolino bianco, mi chiedo chi sia dei due il quadrupede.
Perchè non li ho seguiti? Troppe cose sono successe in poco tempo e ho imparato troppo poco del loro mondo. Non voglio correre rischi inutili ed essere catturata, avrò altre occasioni per gli esponenti della Corte Bianca.
Che fare ora? Domani mattina devo prendere l'aereo per il ritorno e non ho alcuna certezza di potere riaprire la prima porta nell’abitazione di Modena. Che faccio con la "Fonte"? Perchè è questo che è il contenitore affidatomi, a questo punto l'avranno capito anche i muri e le galline nel pollaio.
Portarla con me è impossibile, non supererei i controlli all'aereoporto. Spedirla? Figurati se non la rintracciano o si perde. No, bisogna lasciarla dov'è ora, nella quarta stanza.Se non riuscirò a recuperarla, pazienza, a me non serve ed è meglio perduta che in cattive mani. Chissà cosa ha veduto in me Adelaide per affidarmi un gran tesoro come questo, forse ero solo l'ultima spiagga, visto come si erano messe le cose. Non lo saprò mai.
Non ho voglia di uscire, mangio i biscotti che Aba generosamente mi ha regalato e dormo, forse per l'ultima volta, nella stanza n. 4.
Dopo una notte di sogni agitati ed incubi, sono pronta per il viaggio di ritorno. Sfoggio il mio glamour prendendo le sembianze della signora del piano terra, una gentile vecchina tipicamente inglese, fino in fono alla strada che porta alla cattedrale e poi mi trasformo in un ragazzo che all'apparenza ascolta distratto musica con auricolari applicati a orecchie inanellate.
Mi reco alla stazione dopo avere salutato mentalmente la splendida cittadina di York e tutti i suoi abitanti che mi hanno ospitato in questi giorni, regalandomi la più straordinaria esperienza della mia vita.
Visto che sono in anticipo mi concedo un giro sulla ruota panoramica, montata poco lontano dalla stazione. Nel prato sottostante, mentre giro, vedo un gruppetto di persone, con suonatori di cornamusa annessi, che festeggia uno sposalizio.La sposa è raggiante, si sta facendo delle foto con tutti i parenti ed amici e dà ordini a destra e a manca.Per individuare lo sposo mi ci vuole un po’ di tempo, non sembra cosìradioso e si confonde con gli invitati.Comunque è una bella coppia e i suonatori di cornamusa sfiatazzano nell'attrezzo a più non posso.
Sul treno, nel ritoro a Londra, ripenso all'appartamento dei miei amici, avrò chiuso bene il gas? E le finestre? Insomma le solite banalità.
Arrivata alla stazione di King Cross seguo le indicazioni per la toilette e cosa mi vedo? Una fila di persone , un muro , un carrello a metà e un fotografo.C'è scritto "binario 8 e 3/4", ed ecco svelato l'arcano. Sono persone che, non potendo accedere senza biglietto al binario 8, si accontentano di una foto mentre spingono il carrelo dei bagagli contro un muro per prendere l'espresso per Hogwarts, per la scuola di stregoneria e magia, resa famosa da Harry Potter. Chi dice che la fantasia non rende?
Prendo la metropolitana, mi reco in aereoporto e arrivo a Modena molto prima di quanto avrei voluto. Poso i bagali, faccio le solite telefonate, depredo il portafoglio per effetturare la spesa, il tutto condito con il solito caldo umido maledetto che io detesto tanto.
Alla sera decido di fare una eggiata nel centro storico per rinfrescarmi un po' e mi ritrovo verso le 23,30 nei pressi della cattedrale illuminata. Come di consueto, ci giro intorno, partendo dalla Porta della Pescheria, per ammirare le sue belle sculture allegoriche. Mentre guardo e cammino ho la curiosa impressione che le bianche mura fresche di restauro, in un certo senso, mi stiano guardando e si spostino al mio aggio come plastilina.Sembra quasi che la mia energia "distorca" le pareti come quelle foto dove le immagini appaiono "curvate" rispetto a chi guarda. Il caldo che scherzi combina!
Tenendo alla mia destra l'edificio religioso, arrivo alla facciata e mi fermo ad ammirate le storie della Genesi di Wiligelmo, un bassorillievo di una potenza espressiva bella e complessa. Mi cattura l'attenzione la raffigurazione di due leoni, uno con il viso umano, che lottano con dei serpenti a due teste posta sul lato destro del protiro, che è il portico addossato al portale di ingresso.
Guardo e riguardo, ma mi sembra proprio che i serpenti si siano mossi. Accidenti! In un'attimo entrambe le idre atterrano al suolo e mi si avvicinano.
– Aiuto! Aiuto! – grido, ma non c'è nessuno,o per lo meno nessuno mi sente.
– Aiutatemi, per carità! – Sono terrorizzata, che cosa posso fare? Scappare? non farei a tempo. Guardo il portale contornato da tralci di vite scolpiti, che sono simboli di vita e comincio inconsapevolmente ad emanare energia.
Ecco i primi tralci che si staccano e si attorcigliano sui corpi dei serpenti, ma non è abbastanza, li intralciano minimamente. Guardo i leoni che, dopo un cenno, piombano a terra e affrontano le idre.
Corro, corro a più non posso allontanandomi dalla cattedrale, salgo in auto e mi dirigo verso casa e, una volta raggiunto l'appartamento, chiudo la porta dietro di me a doppa mandata.
Mi hanno trovato, non c'è il minimo dubbio, inutile fare finta che tutto sia come prima. Devo provare a riaprire le porte! Cerco di calmarmi, mi avvicino a una parete libera e faccio il solito arco tracciato con il palmo della mano. Dopo un terribile piccolo spazio di tempo dove non accade nulla, ecco che finalmente appare l'uscio tanto desiderato.
Svuoto il trolley e lo riempio in fretta e furia con tutto il cibo che ho comprato ultinamente, aporto e con quanto mi viene in mente di essenziale. Stacco l'elettricità e varco la soglia trafelata, infatti come posso essere sicura che non mi abbiano seguita e l'attacco non fosse altro che una provocazione per vedere dove abito?
Sento il rumore delle serrature che si stanno aprendo... Arrivano, arrivano.
Chiudo la porta e la cancello con la mano.
Sono sola, non mi sono mai sentita più vulnerabile. Finora questo era comunque un gioco. Inconsapevolmente pensavo che, comunque, ne sarei potuta uscire quando volevo e indenne, per la prima volta invece mi rendo conto che questo non sarà più possibile. Se ne uscirò, dovrò essere la vincitrice altrimenti sarò
uccisa, non esistono vie di mezzo.
Mi trovo nella solita stanza circolare e guardo le sei porte chiuse, mai avrei immaginato che potessero esistere.Mi dirigo verso la quarta stanza, prendo mantello e spada, gli anelli ed esco dalla terza porta attraverso la ex casa di Adelaide.
Dove andare? Una decisione vale l'altra non ho la più pallida idea di come procedere. Decido di cercare la Signora dell'Acqua Ellaien.
Mentre mi alzo in volo sul mio solito trabiccolo, consulto le mappe allo scopo di dirigermi a Manor, ai laghi di Manvir cioè in Carelia. Comincio il mio viaggio volando molto in alto per evitare esseri alati ed elfi neri quindi, dal mio punto di osservazione, non distinguo se sono state schierate altre truppe nella zona.
Non ho idea di che ora sia, probabilmente è il primo pomeriggio. Dove dormiro? Ci saranno esseri feroci? A questo punto è l'ultimo dei miei problemi.Viaggio spedita verso nord sorvolando campagne da favola e gruppi di boschi che sembrano infiniti.
Per quanto io si veloce il tramonto mi raggiunge prima di essere arrivata alla meta. Sto trascurando il fatto che non sono affatto sicura di essere nella direzione giusta! Visto che non ci sono città e neanche cartelli, mi sto affidando alla buona sorte e, faccio notare, che di solito non sono baciata dalla dea fortuna.
Devo fermarmi per la notte ma non ci sono radure, collinette o pendii scoscesi sicuri per una sosta e non se ne parla nemmeno di accendere fuochi.È una zona coperta da foresta, sembrano pini o abeti, tanto non ho mai capito la differenza,
altamente fronzuti.
L'unica soluzione che mi viene in mente è di distendermi su tre rami vicini, situati verso la cima dell'albero che mi pare più simpatico e cercare di non cadere di sotto. Insomma una soluzione scientifica.
o una notte da incubo, circondata sopra e sotto da strani fruscii e grida inquietanti, mi manca tanto Utvik! Alla fine, sfinita dalla stanchezza, in qualche modo mi addormento con un rametto che mi spunta da un'ascella e un altro che mi tormenta le costole di sinistra.
Mi sveglia un dolore diffuso e un raggio di sole che mi molesta una palpebra.
– Aurk! Ma che cavolo... – dico intontita e distrutta. Cerco di sollevarmi e apro un'occhio.La vista offuscata mi comunica che sto guardando un'altro paio di bulbi oculari.Apro l'altro occhio e metto a fuoco un esserino che mi sta guardando.
È accovacciato su di una rametto e, così seduto, non misura più di venti centimetri Ha un codino prensile che somiglia a un viticcio, avvinghiato al pinoabete, grandi occhi a mandorla, naso a punta e una bocca che occupa gran parte della faccia. Non pare indossi vestiti a eccezione di in berretto vegetale che ricorda il cappuccio di una ghianda rivoltato, con tanto di picciolo, che però gli scende sul viso con due filamenti che assomigliano a basette. Dal berreto gli spuntano due orecchie a punta. Ha gambe e braccia sottili a dispetto del tronco e mani e piedi sembrano la fine si un rametto appuntito. Mi sta guardando con aria assorta con la piccola mano chiusa a pugno sotto il mento.
– MMMMhhhh... Perchè dormi sui rami? – mi chiede con una vocina leggera come un'alito di vento primaverile.
Credo di aver l'aria più sciocca del solito visto che mi accorgo di essere rimasta a bocca aperta come un merluzzo. Ricordo anche che mi ero coperta la testa con il cappuccio prima di addormentarmi e che, ora mi rendo conto, probabilmente mi è scivolato e che sono in bella vista. Che gioia!
– Ah, ehm... È casa tua? Scusa tanto, non volevo essere invadente ma avevo bisogno di dormire... – gli rispondo.
– Casa mia? Ma chi mai dormirebbe sui rami? È scomodissimo!
Come dargli torto? Tento un'altro approccio.
– Vivi qui intorno?
– Certamente no! Come puoi pensarlo?
Ritento. – Non ho mai visto esponenti della tua razza...
– Della mia razza????
– Sì, io sono un'umana. Mi chiamo Elena, avrai già sentito il mio nome...
– No.
Caspita, è veramente un tipetto tosto, inoltre potrebbe essere una spia, per quanto ne so, anche se fatico a crederlo.
– Beh, comunque io sono umana e tu...
– Sono un pixie.
Ne so quanto prima e glielo dico.
– Cioè?
– Io sono un pixie e tu un'umana, cioè cosa?
Ragionamento ferreo. Non posso correre rischi, anche se lo detesto provo a sondargli la mente.È come cercare di afferrare l'aria oppure una fresca corrente d'acqua di un ruscello di montagna, non ho elementi per pensare a lui come un nemico e quindi dico: – Come mai ti sei fermato qua a osservarmi?
– Per chiederti perchè dormi sui rami.
È come cavare un ragno dal buco, ma in questo caso me la sono cercata.Tento in altra maniera.
– Io mi chiamo Elena e tu?
– Ba.
– In che senso bah? Non ti importa?
– Nel senso di Ba, mi chiano Ba. Credevo fossi una spia delle due Corti camuffata da idiota, ma mi rendo conto che non lo sei, sei troppo fragile, sembri fuori luogo. Perchè sei qui?
Chissà se non sono una spia o un'idiota... propendo per la prima soluzione e non è che mi faccia un piacere pazzo. E poi non ero io che temevo che lui fosse una spia? O è una lei? Nel tentativo di assumenre una posizione più comoda e seria mettendomi a sedere, metto un piede su di un rametto che si spezza.
– AAagh! – a momenti frano in maniera scomposta al suolo.
– Ma che fai? Vuoi ucciderti? – dice Ba alzandosi in volo. In un primo momento non avevo notato le ali fissate sulla schiena del piccolo essere, sembrano delle foglie autunnali cadute al suolo, con i colori cangianti del caso.
– Aiuto! No... ce la faccio... grazie comunque – e mi metto a sedede su di un ramo più basso. – Ho molta fretta, in effetti sono in viaggio.Ti posso chiedere in che direzione è il mare a nord?
– Me lo poi chiedere, questo è certo – dice Ba.
– Allora?
– Perchè vuoi andarci? È molto lontano da qui.
– Devo raggiungere dei conoscenti al più presto – rispondo. – Come molto lontano? Pensavo di esserci quasi arrivata.
– No.
– Ma i miei calcoli… – rispondo confusa.
– Sono sbagliati.
– Ma la carta geografica...
– Avrai preso la direzione errata.
Adesso sì che sono arrabbiata, mi arrampico verso la cima del’albero, sfodero il mio righello scooter e guardo dove mi trovo. A destra, sinistra davanti e dietro vedo solo pini o abeti, mi elevo di quota e vedo i contorni della foresta dove ho dormito, ma del mare nemmeno l'ombra.
Accidenti! Adesso come faccio? Non posso sprecare giorni a girare a vuoto, ho bisogno di aiuto. Ritorno dal piccoletto che mi attende svolazzante in cima all'albero.
– E va bene furbacchione che sa tutto, hai ragione tu.Sei contento? Illuminami, perchè dovrei pensare che non sei una spia e quindi una minaccia per me?
– E come potrei essere una minaccia? – chiede Ba.
– Voi dirmi che un pixie gira per una foresta a caso, mi trova per caso ficcata sula cima di un albero e sempre per caso mi tiene d'occhio con storielle pù o meno credibili sul fatto di essere lontani dal mare? E tu, come mai ti aggiri da solo in una foresta così grande? Non appartieni a qualche corte? – chiedo.
– Io sono Ba, non appartengo a nessuno.
– Uh, che bello! Abbiamo il Ba libero! Intanto non hai risposto a nessuna della domande che ti ho fatto...
– Sei scortese.
– Sono arrabbiata e ben di più che scortese, ne va della mia vita e quella di tante altre persone o elfi se ti pare– replico scocciata
– Sei spaventata e sola, ma se non vuoi aiuto non posso farci nulla. Devo andare ora, la tempesta sarà quì in meno di due ore e la foresta non è un rifugio sicuro,ti consiglio di fare altrettanto.
– Tempesta? Quale tempesta? Il cielo è serenissimo! Vuoi farmi spostare e tendermi un'agguato in una zona favorevole senza alberi?
– Decidi tu.
Mi dà sui nervi in maniera terribile, ma se è sincero non ho alternative.Non conosco la zona, non ho mai neanche fatto campeggio e sono del tutto ignara di cosa può nascondersi in questo mondo. Potrei volare molto in alto, ma se la perturbazione è estesa non vedrei nulla, dovrei starne ai lati estremi e percorrere l'intero perimetro.L'unica alternativa è quella di farsi piacere quelo che la sorte mi ha fatto incontrare e, alla più disperata, girare l'anello e tornare nella stanza 4.
– E va bene! – dico. – Scusa tanto! Mi dispiace, sono partita con il piede sbagliato.Vorresti essere la mia guida? Se c'è un posto sicuro nei dintorni e, nel qual caso, accetteresti un aggio sul mio righello scooter per far prima?
– Sei una persona molto buona, Elena. Ricordalo, può essere la tua fine se ti lasci manipolare. Adesso andiamo, ti indicherò la strada.
Ci alziamo in volo, invisibili ad occhi indiscreti in quanto mi sono alzata il cappuccio del mantello sulla testa. La foresta è veramente vasta, ma Ba non sembra avere dubbi sulla direzione e io non scorgo elfi neri all'orizzonte, almeno visibili.
Voliamo in silenzio per una buona mezz'ora sorvolando un paesaggio tutto uguale di alberi verdi. Finalmente il folletto, almeno credo che si possa così qualificare, mi indica il posto dove dobbiamo atterrare. Più che una collinetta sembrerebbe un tumulo, una di quelle vecchie sepolture preistoriche che si possono ammirare in Irlanda.
È completamente coperto di vegetazione e non è molto visibile, almeno a un occhio inesperto. Con qualche difficoltà atterro ai piedi della collinetta e seguo Ba a piedi mentre lui vola a circa un metro e mezzo da terra schivando la maggior parte degli arbusti che io, invece, prendo anche in piena faccia, mentre cerco di farmi largo fra la verzura.
Finalmente scorgo il varco sassoso e coperto di frasche che, a tre quarti del tumulo, ci consente di entrare.
– Ehm... io soffro di claustrofobia... è molto stretto là dentro? – chiedo titubante.
– Coraggio, è meno angusto di quanto sembri – risponde Ba.
In effetti, superato il piccolo portale asimmetrico di pietre alto non più di un metro e mezzo, ci troviamo in un'ampia e confortevole stanza circolare, sì buia,
ma asciutta e che mi consente di stare in piedi eretta.
– Siediti e mettiti comoda, erà qualche tempo prima che possiamo uscire.
Accendo la mini torcia portatile e ispeziono l'ambiente. Il soffitto è fatto di pietre poste "a scalare" a formare una cupola sferica e il pavimento è coperto di paglia, sembra fresca.
– È un bell'ambiente, come mai non è un rifugio di qualche animale?
– Ha un'incantesimo di occultamento, non è visibile l'ingresso se io non voglio che lo sia. – Mi spiega il folletto.
Spengo la luce e mi metto seduta rivolta verso l'ingresso. Dopo un po' mi abituo alla semi oscurità, merito delle mie acquisite capaciatà elfiche, e apro lo zainetto.
– Vuoi qualche cosa da mangiare? Ho delle specialitàitaliane – chiedo.
– No, grazie, sono vegetariano anche se vado pazzo per la pizza e le lasagne.
– Allora qualche cosa da bere? Ho ancora una bottiglietta di birra e della Coca Cola.
– Ah! La birra mi piace! Accetto volentieri! – dice Ba facendo apparire dal nulla una piccola scodella.
Birra, pizza e lasagne? Il piccoletto è veramente strano. Mentre mastico il mio tramezzino, un po' spiaccicato a dire il vero, Ba si gode il liquido ambrato che gli ho versato.
Nel mentre si è alzato un vento furioso che piega la vegetazione come fuscelli.
– Sei sicuro di non voler assaggiare qualche cosa? Ho dei biscotti...
– Biscotti? Ah, a Ba piacciono i biscotti! – Ne prende alcuni che comincia a sgranocchiare allegramente,spargendo briciole ovunque.
Fuori del rifugio è divenato scuro, non sembra neanche giorno.Inizia furiosamente a piovere e grandinare, mentre masse nere correnti sfrecciano davanti all'entrata. Ba si alza e si dirige all'accesso.
– Meglio mettere un po’ di altra vegetazione fra noi e loro – e così dicendo fa crescere altri rovi e foglie all’ingresso, facendo precititare nel buio pesto la nostra casa temporanea.
– Noi e loro? Cos’erano quelle ombre? – chiedo.
– Questa tempesta non è naturale, Elena e temo durerà parecchio. Quelli erano
lupi neri e stanno ricercando qualcuno.
– Cosa sono i "lupi neri"? Da noi sono personaggi delle favole per bambini...
– Sono lupi al servizio degli elfi oscuri e ti assicuro che sono reali – mi spiega Ba.
– Non mi verrai a dire che stanno cercando me, come farebbero a sapere dove sono?
– Dimmelo tu...
– Okay, okay... iniziamo dall'inizio... TU come hai fatto a trovarmi? Conoscevi Adelaide?
– Sai... non è così difficile, porti con te una miriade di emozioni, pensieri ed energia che folletti come Ba non possono ignorare... sembri un ciclone... e sì, conoscevo Adelaide... – risponde.
– Il mondo è veramente piccolo... Ti ha parlato di me?
– Sì e no. Il giorno prima dell'attacco, mi ha inviato un messaggio pregandomi di aiutare l'umana che aveva valicato uno strano portale. Non mi ha detto il tuo nome, i nomi con Ba non servono, comunque non so il perchè non me l'abbia comunicato...
– Forse perchè non è quello il mio vero nome...
– Non è un problema, neanche Ba è il mio...
– Quindi cercano me... – glisso e a questo punto gli racconto del mio ritorno a Modena e quello che è accaduto.
– Così non puoi più tornare nel tuo mondo?
– No, o esco vincitrice da questa strana situazione o non ne esco affatto – rispondo.
– Come dite voi umani? Che situazione melodrammatica…
– A proposito... com'è che ci conosci così bene? – chiedo.
– A Ba piace tanto viaggiare, sono stato spesso in Italia, mi piace il cibo e le persone a parte gli stupidi si intende, ma ne abbiamo anche fra i Pixie.
– E io che pensavo di avere una cosa rara, un portale per i mondi parlalleli, e invece scopro che crescono come funghi e che li usano per fare addirittuta le gite turistiche con tanto di tours organizzati! – mi scandalizzo.
Nel frattempo la tempesta infuria e non accenna a smettere.
– Così tu pensi che non sia naturale. Ma chi provocherebbe una cosa del genere solo per cercare una persona? Tutti gli esseri che abitano la zona potrebbero morire o avere seri danni per questo... E poi come fanno ad essere sicuri che io sono qui e non altrove? – chiedo.
– Come chi? Gli Elfi Neri naturalmente! A quanto sembra per loro sei preziosa e, forse, non sei così invisibile come credi.
– Non eremo tutta la notte qui, spero! – dico scocciata.
– No, devono ispezionare la zona e lo devono fare con la luce. Hai molta fretta! Ma perchè? – chiede Ba.
– Devo incontrare gli altri elfi che facevano parte dell’Alleanza, assicurarmi che stiano bene e, se sono d'accordo, ricostruire lo stato libero.
– Un bel programma! Come pensi di fare?
– Non ne ho la minima idea, improvviserò – rispondo.
Questa mia risposta deve avere spiazzato Ba perchè per un bel pezzo non dice
più nulla. Intanto lampi e tuoni impazzano all'esterno.
– Sei mai stato in una delle due Corti? – chiedo.
– Quando ero giovane, tanto tempo fa, sono riuscito a intrufolarmi alla Corte Bianca, ero curiosissimo di vedere come vivevano e perchè si considerano superiori.Quello che ho visto non mi è piaciuto. Alla Corte Nera sono stato più spesso, la regina mi chiamava a consulto o mi invitava a delle feste, alle quali la partecipazione era "forzata", abbastanza regolarmente prima della nascita dell'Alleanza...
– Tanto tempo fa? QUANTO?
– Ottocento.
– Ottocento... cosa?
– Anni, ho novecento anni e ottocento primavere fa ero giovane e inesperto.
Chissà quanto ne ha viste il piccoletto! Chi poteva immaginarlo? Adesso sono io che taccio per un bel pezzo, fino a quando mi sembra che la pioggia stia calando di intensità.
– Mi pare che stia smettendo...
– Sì, in effetti sta finendo questo disastro.Dobbiamo essere pronti ad andarcene, prima che sguinzaglino altri esseri e battano a tappeto la foresta. – dice Ba mentre si dirige verso l'entrata e fa diminure la piccola foresta che chiude l'accesso al nostro rifugio.
– Se sei pronto Ba ti suggerisco di attaccarti saldamente a me prima che mi renda invisibile... va bene se ti accomodi sulla spalla e mi cingi il collo?
– Ba è sempre pronto! – e si posiziona come indicatogli.
Usciamo guardinghi dal nostro rifugio. Che desolazione! Sta sbucando il sole fra le nubi nere e ai nostri occhi si presenta lo spettacolo della vegetazione rasa a zero, almenno per quanto riguarda quella bassa, in effetti rimangono soli a svettare, seppure dimagriti e bagnati, i bei pini e abeti che abitano qui.
Con cautela e il più silenziosamente possibile mi aggiro alla riverca di un minimo spazio un po' piano per sfoderare il mio righello scooter, non voglio storcermi una caviglia o cadere impalandomi su di un ramo spezzato.
Mentre sono concentrata nella ricerca, schermando il più possibile i pensieri, ecco che sento un guaito. Aguzzo la vista e vedo che, a circa quindici metri da noi, c'è una zampetta e un musetto che si agitano.
Salgo sul mio trabiccolo e mi dirigo verso il richiamo di aiuto.
– Che fai? – chiede Ba.
– C'è un cagnolino in difficoltà, non vedi? – rispondo con una domanda.
– Lascialo.
– Eh? Ma che dici???
– Lascialo lì e proseguiamo – mi chiarisce il concetto Ba.
– Non pensavo che fossi così crudele... Come ti viene in mente?
– È una trappola, lascialo e andiamo – incalza Ba.
– Ne sei assolutamente sicuro?
– Non esiste nulla di sicuro, ma Ba ne è quasi certo.
– Ecco... QUASI certo... E se fossi tu in quella situazione? Non posso lasciarlo così, non sarei io. Comunque, nel caso tu abbia ragione, stringiti forte a me, evitando di strozzarmi e non lasciarmi per nessuna ragione!
Mi avvicino con uno svolazzo lento, regolare, a cerchi concentrici. Tutto sembra tranquillo, ovviamente anche se fosse una trappola non potrebbe essere diverso. Mi abbasso a un metro dal suolo, afferro saldamente con il braccio sinistro il volante in modo che non mi sfugga e la mano destra sia libera quindi, chinandomi, cerco di liberare la creatura, spostando velocemente i rami che la imprigionano.
Nel far questo incontro, appena prima di liberarlo, lo sguardo del cucciolo che pare vedere oltre il mantello che mi rende invisibile e per un'attimo mi scruta direttamente negli occhi.Leggo nei suoi stupore e dolore.
Poi tutto succede in un attimo. Mentre sollevo velocissimamente il cucciolo facendolo atterrare, in malo modo purtroppo, sulle mie ginocchia, intorno si fa tutto nero, il suolo sparisce e sono risucchiata da un turbine demoniaco.
Ho la lucidità, chissà come, nel buio più completo di unire le due mani e di girare l'anello, mentre ho la sensazione di girare vorticosamente sotto sopra come un fuscello nella tempesta.
Funziona, siamo nella stanza n. 4. L'atterraggio questa volta, è stato duro, siamo stati catapultati dolorosamente sul pavimento e sembriamo tre pelli di leone spiaccicate al suolo.
– Ahiaiai! Ba, tutto bene??? – chiedo al folletto vedendolo steso a terra con il berretto di traverso e un occhio chiuso.
– Ehh... acc... sono stato meglio – boffonchia mettendosi seduto.
Il cagnolino intanto non si muove, respira affannosamente lasciando penzolare dalla bocca una lingua che farebbe invidia al red carpet di Cannes.
– Oh, porca miseria! Non avrò provocato delle fratture a quella povera creatura! – dico barcollando verso il quadrupede che emette un suono fra il "gne gne" di un neonato e un guaito. – Ba, aiutami, non so nulla di cani. Ti pare stia bene?
– MMMhhhh... mi pare molto spaventata, ma non ha nulla di rotto... forse un po' d'acqua potrebbe aiutare.
– Giusto! Non posso rientrare in casa, ho solamente una coca cola e un po’ di the dolce in tetrapack, proviamo con quest’ultimo… – Verso un po' di liquido in quei bicchierini ripiegabili da viaggio e accarezzando la cagnolina vedo che piano piano è di suo gradimento e lo lecca con gusto.
– Grazie... mi sento un po' meglio... – dice la cucciola.
E adesso non mi si dica che abbiamo anche una cagnetta telepatica! Guardo infatti interrogativamente Ba che mi osserva un po’ stralunato e dice. – E a me niente?
Siamo all'asilo, temo, per cui gli allungo l'ultima bottiglietta di coca cola che tracanna felice.
A questo punto chiedo direttamente. – Sei telepatica?
– Sì, tutta la nostra gente lo è.
– Da dove vieni e come ti sei trovata in questa situazione?
– Non avrei mai creduto che qualcuno si fermasse a salvarmi, men che meno un'umana. Ti ringrazio dal profondo del mio cuore, nessuno lo avrebbe fatto per la mia gente. Siamo un popolo nomade del nord, non apparteniamo a nessuno e nessuno si cura di noi. Io e i miei fratelli e sorelle siamo stati rapiti da degli elfi neri e siamo stati usati per diventare delle trappole.
– Quindi i tuoi parenti sono ancora là fuori?
– Già – risponde la cucciola – e probabilmente moriranno di fame e di sete perchè nessuno si curerà più di loro.
– A proposito di là fuori, dove ci troviamo qui? – chiede Ba.
– Si potrebbe definire uno dei miei portali, anche se io avevo un'altra idea del significato di questo termine. Quanti siete? – risondo e mi torno a rivolgere alla cagnetta.
– Siamo in sette – risponde.
– E qui entri in gioco tu, Ba. Vuoi aiutarmi nella mia impresa?
– Quale? Quella di farci uccidere? Certamente no – risponde piccato Ba.
– Per essere sincera non è una mia priorità, ma è pur sempre una eventualità. Il tuo prezioso aiuto mi serve per riportare la cucciola alla sua gente, salvare i fratelli scoprendo la maniera migliore, e poi cercare di offrire a tutte le creature che abitano questo mondo un sistema di vita che consenta ad ogniuno di fare le proprie scelte, senza sopprusi. Da sola non posso farlo, mi serve una guida e consigli.
– E li chiedi a me?
– Sei tu che mi hai trovato.
– Ma non sono un'autolesionista, semmai un folletto che ha seri dubbi sulla tua salute mentale. Perchè dovrei farlo?
– Adelaide ha detto di aiutarmi.
– Adelaide non c'è ma io sì e non voglio mettere in gioco il resto degli anni che mi riserva la sorte.
– Non credo che Adelaide si sarebbe affidata a te se avesse solo pensato che tu ti saresti rifiutato per codardia. Mi stai dicendo che si è sbagliata?
– E se io rifiutassi? Tu cosa faresti?
– Andrei avanti lo stesso.
– Figuriamoci, ci avrei scommesso, sei più testarda di un mulo! E VA BENE! NON DIRE CHE NON TI HO AVVERTITO!
Ringalluzzita dall'adesione, seppur forzata, di Ba comincio a pianificare.
– Per prima cosa, direi di riportare la cucciola alla sua famiglia,infatti non ho un posto sicuro dove lasciarla.Che ne dici Ba,quanto dista dalla ex casa di Adalaide la zona dove vive il suo clan?
– Mah, visto che hai un mezzo così… particolare e rapido potremmo, alla massima velocità e con buona volontà, arrivarci in due ore...
– Bene! Che aspettiamo? – Mi carico la cucciola sulle ginocchia, sono infatti seduta come al solito in pessima posizione yoga, mentre Ba è sulla mia spalla e.... via, si parte. La porta si apre su un'altra parete della ex casa di Adelaide, che vedo più distrutta del solito.
Mi alzo a razzo sul panorama desolato e mi butto a folle velocità verso la direzione indicata dal folletto mentre la cagnetta guarda curiosa scorrere il panorama intorno a sè con il solito red carpet in mostra.
Dopo circa un paio di ore Ba mi consiglia di ralllentare la corsa folle perchè siamo in vista della costa.
– Siamo quasi arrivati... – mi comunica la cucciola, – puoi lasciarmi qui.
– Ma ne sei sicura? Non voglio lasciarti a terra con la possibilità che dopo due minuti sbuchi un troglodita assassino e ti uccida! – spiego.
– Non ti preoccupare, ho già avvertito mio padre che sta arrivando. Non perdere tempo con me, raggiungi i miei fratelli, ci rivedremo se gli dei saranno a noi propizi.
Uh! Abbiamo anche una cucciola che ha ingoiato un’enciclopedia! Questa mi mancava, chissà se hanno anche un'università di cani nel clan... È una cattiveria, lo so, ma ogni tanto mi diverte essere acida.
Lascio la bella zona costiera che, a questo punto, non ho la più pallida idea di dove possa trovarsi, visto che mi sono completamente persa, per dirigermi alla foresta devastata. Seguendo le indicazioni di Ba che sembra divertirsi terribilmente, faccio dietro front e mi dirigo speditamente verso la nuova meta.
– Che dici, Ba? Proviamo a vedere cosa ho imparato dai Gemelli? – e gli spiego brevemente il mio incontro con loro.
– Tu hai conosciuto Aba e Iba e ti hanno anche dato delle lezioni? È un grande
onore indubbiamente... ma non hai messo in pratica quanto imparato? POVERO ME! – commenta.
Ignoro le lagnanze del piccoletto ed elaboro una strategia.Ho sempre avuto simpatia per le laboriose api e, visto che una decisione vale l'altra, le scelgo per il mio "esperimento" sperando che la zona già le ospiti naturalmente. Avrei potuto orientarmi sulle mosche, che sicuramente sono in loco, ma pensando dove si posano la prospettiva non i sembrava per nulla allettante.
L'individuazione dei cuccioli non è facile, il territorio è molto vasto. Per questa ragione cerco di convincere Ba.
– Senti, qui c'è bisogno di una visuale più ampia! Non posso guidare e guardare attentamente dappertutto. Che ne dici di aiutare?
– Cioe? AAAGGHH!
L'aiuto, come scopre il piccoletto, consiste nel prenderlo per i piedi con la mano destra e sporgerlo quasi del tutto sotto il trabiccolo su cui volo e dirigere il veicolo con la sinistra. L'idea si dimostra efficace, è come avere una telecamera che punta al suolo e, anche se Ba non si dimostra entusiata della soluzione, rintracciamo in breve tempo un cucciolo.
– Ottimo! Sei bravissimo! Vedi che sei essenziale? Adesso vediamo quanto ho imparato!
– Aiuto! Mi vuole uccidere!
– Smettila di fare il melodrammatico Ba! Un po' di dignita! Che direbbe la tua razza se ti vedesse? – cerco di calmarlo.
– Chi se ne importa della mia razza!
– Che pazienza ci vuole! – sbuffo.
PUFF!
Ecco che due allegre, almeno una, api appaiono a un metro e mezzo dal suolo. In realtà le mie dimensioni e quelle di Ba non sono mutate, ma se guardo dall'alto vale a dire dal di fuori di me stessa, vedo due piccoli insetti e spero che ciò valga anche per chi sta osservando.
Bzzzz… Bzzzzz
Ci avviciniamo al cucciolo. Metto in campo una bella illusone dove il cagnolino diventa un rametto e un rametto lì vicino diventa il piccolo quadrupede...
– Sei pronto Ba? – bisbiglio.
– No!
– Aggrappati a me.Uno, due... e voilà! – e il cucciolo è sulle mie ginocchia.
– Evviva! – dico. – Ora ci vorebbe un cesto per raggruppare gli altri e riportarli al clan. Sai intrecciare un canestro Ba?
– No!
– Stai diventando monotono, atterriamo laggù, mi sembra una bella zona piena di fuscelli vari per il contenitore. A proposito... ciao cucciolo, io sono Elena e lui è Ba , ti porteremo via di qui assieme ai tuoi fratelli come abbiamo fatto con tua sorella, resisti!
Così dicendo scendiamo nella zona prescelta.
– Ah! Vediamo un po'... ho sempre con me del nastro adesivo, chissà se riesco a fare un cestino! – dico cercando di essere positiva.
Naturalmente dopo un paio di tentativi il risultato è veramente scadente mentre Ba, manco dirlo, è appoggiato al righello scooter con una faccia lunga fino al suolo e sbuffa.
– Forse è più agevole la cosa se spiego ai miei fratelli di stringersi un po' e aggrapparsi bene – dice il cucciolo.
Accidenti, dimenticavo che non è un semplice cane!
– Te ne sarei veramente grata.Se sei pronto ripartiamo subito, mancano gli altri cinque, dobbiamo trovarli prima che si accorgano del trucco. Avanti Ba, smettila di tenermi il muso, in fondo anche tu sei un eroe che sta compiendo solo buone azioni le quali ti rendono estremamente felice!
– Non sono felice!
– Su, su Ba! Ma non vedi la faccetta lieta di questo cucciolo? – dico al folletto e al cagnolino: – Reggimi il gioco, fai un'espressione supplice, felice e lacrimosa per favore!
Il cucciolo è sveglio come la sorella e sfodera un'espressione da "Libro Cuore" che scioglierebbe un ghiacciaio.
– Insomma! Chi credete che io sia? Un'insensibile umano? Mi lamento solo del fatto che non si tiene in debita considerazione la mia vita! È chiedere troppo? – si lamenta Ba.
Dopo un altro minuto e mezzo di lagne varie, siamo pronti a partire. Con il metodo collaudato riusciamo a prendere tutti i cuccioli, anche se, ammetto, i poveretti risultano alla fine ammucchiati uno sopra l'altro come stracci usciti dalla lavatrice, con gli occhi un po’ fuori dalle orbite e tremanti come budini.
Il viaggio risulta quasi gradevole con io che spingo al massimo il trabiccolo, Ba che, seduto sulla mia spalla, sfodera un'aria soddisfatta da ammiraglio che ha compiuto l'impresa della sua vita, la circumnavigazione del globo, e i "ragazzi" che chiacchierano tra loro, facendo a gara a chi è stato più coraggioso.
Con mio grande sollievo raggiungiamo il punto d'incontro con la prima cucciola all'inizio del tramonto, non oso pensare come avrei fatto al buio.
Vedo un comitato di accoglienza, sicuramete chiamato dai cagnetti telepaticamente, almeno per quello che può capire una neofita qual io sono.
Alla fine risulta essere troppo grande per i miei gusti e dico a Ba di starmi vicino anche se in verità è inutile visto che non si stacca dalla mia spalla.
– Benvenuti, vi ringraziamo di quanto avete fatto per i nostri figli – dice quello che sembra il capo clan. In effetti c'è qualche cosa di strano in questi cani, non sono lupi ma nenche quadrupedi da compagnia. – Sei venuta per rivendicare? – prosegue il capo.
– Ri… rivendicare? – chiedo.
– Certamente! È tuo pieno diritto reclamare il titolo di capo, ti sei presa cura dei nostri membri quando io non sono stato in grado di farlo, quindi ti ripeto la domanda... Sei venuta per rivendicare?
– Non voglio offendere nessuno ma sono arrivata sin qui per accertarmi che i
cuccioli stiano bene ed abbiano trovato la loro famiglia senza ulteriori pericoli. L'unica cosa che vi chiedo è se potete indicarmi dove trovare un po' d'acqua e un posto sicuro dove are la notte. Domani ripartiremo immediatamente per proseguire la nostra missione e, quindi, non rivendico nulla e sono sicura che il capo che la vostra gente ha ora sia in grado di occuparsi dei suoi protetti.
– Non è così semplice. Quello che avete fatto oggi vi fa entrare di diritto nel clan e diventare nostri fratelli di sangue. Non sarete più soli e dovunque andrete avrete la protezione che vi spetta. Saranno esaudite le vostre richieste per questa notte e domani faremo la cerimonia. Seguitemi vi prego.
Fidarsi o non fidarsi? Sono esausta, è ormai quasi buio e Ba non sembra particolarmente nervoso quindi seguo il capo per un sentiero che costeggia una scogliera, dove lo stridio degli uccelli marini è quasi assordante. Il gruppo compatto ci segue e non posso fare a meno di pensare a loro come un'onda di sabbia che ci isola dai pericoli o ci minaccia, non saprei dire.
Arrivati alla sua base oramai quasi al buio noto, una fenditura verticale fra le rocce, più alta che larga. Il capo ci si infila agevolmente mentre io ho delle difficoltà a seguirlo, infatti non posso dire di essere mai stata magra.Il resto del gruppo rimane fuori.
Subito dopo l'ingresso dell'antro, le pareti del aggio si fanno luminescenti creando così una quasi luce che mi agevola notevolmente il cammino. Dopo un brevissimo tratto, entriamo in una piccola caverna, anch'essa illuminata, dove sullo sfondo scorre un ruscello di acqua chiarissima e invitante.
– Spero che questo nostro rifugio sia di vostro gradimento, potete tranquillamente dormire qui, io sarò con voi– ci dice il capo.
Già, così sarà la guardia e anche il nostro carceriere, ma sono così stanca che comunque non avrei voglia di pianificazioni e complotti.
– Grazie, andrà benissimo – dico stravaccandomi al suolo seguita dal folletto. – Non vorrei essere fraintesa ma in che cosa consiste la cerimonia? Noi non vogliamo disturbare nessuno e, soprattutto, coinvolgervi nella nostra missione che è molto pericolosa. – Mentre cerco di indagare divido gli ultimi biscotti con Ba dopo esserci abbondantemente dissetati alla piccola fonte.
– La nostra è un'antica tradizione che risale alla notte dei tempi, quando i continenti erano uno solo. Noi siamo un unico essere, diviso in tanti corpi, alle volte anche molto diversi, come per esempio tu. La cerimonia serve a suggellare tutto questo, anche se una volta entrati a far parte del clan si diventa tutti fratelli automaticamente, in effetti sei già uno di noi.Non ci coinvolgerai nella tua missione se tu non lo vorrai.Ora ti consiglio di riposare, non hai nulla da temere.
Ba non dice stranamente nulla e sembra felice e beato. Gli chiedo: – Tutto bene?
– Benissimo, Ba ha solo sonno – mi risponde.
– Come vi chiamate? – chiedo per ultimo al capo, soddisfando l'ultima mia curiosità della giornata.
– Noi siamo i "Levrieri Cangianti".
Che strano nome, un po' infatti assomigliano a levrieri ma sembrano incrociati con dei lupi, per quanto ne possa capire una neofita. Comunque sia, appena appoggio la testa su di un improvvisato cuscino, mi addormento immediatamente.
Dopo quello che mi pare un secondo, ecco che il collegamento con Adamantis, tramite l'anello, mi trascina in un luogo senza tempo, illuminato dalla luce del mattino dove mi attende l'elfo.
– Alla buon’ora! Te la prendi comoda o mia regina della luce! Temevo il peggio…
– Anche per me è un piacere rivederti… Sono successe molte cose, ma sto bene, adesso viaggio con un folletto di nome Ba che...
– Ba ?? Chi, il vegliardo??????? – chiede Adamantis.
– Sì, mi ha detto dei suo novecento anni, ma è veramente giovanile e...
– Ma quale novecento anni, è un mutaforma! Ha millenni! È come Adelaide, ma mentre lei era di origine vegetale, Ba è animale. L'ultima volta che l'ho visto, molto tempo fa, era un pixie. Come sta il vecchio pazzo?
– È un brontolone, ma mi sembra vispo e in salute... Ma perchè non me l'avrà detto? Cielo! Mi sembra già di sentire la risposta: non me l'hai chiesto. Si è rivelato prezioso, comunque sia, e credo di non poterne più fare a meno.
Abbiamo avuto dei problemi ma li abbiamo superati. Ora siamo in una grotta, sotto la protezione di strani cani che si definiscono i Levrieri Cangianti. Li conosci? – chiedo.
– Di fama. In una maniera o nell'altra riesci a venire in contatto con le razze più antiche nel nostro mondo… molto insolito. Si parla di loro come esseri mitici, non propriamente appartenenti a una fazione, razza o territorio. Hanno la caratteristica di muoversi con e attraverso il territorio, nel senso letterale del termine, si confondono con il paesaggio prendendone aspetto e colore.
– Sono un pericolo per me? – chiedo dando voce alle mie ansie.
– No, se non provocati.S e non sei del gruppo non puoi chiedere il loro appoggio e non si alleano con nessuno, il che ti può dare una certa sicurezza sul fatto che non siano al soldo di malintenzionati. Non fare nulla per irritarli, non te lo consiglio.
– Domani ci sarà una cerimonia di benvenuto per me, diventerò loro sorella, sembrano molto riconoscenti per un piccolo favore che ho fatto loro – dico titubante.
– Diventerai un Levriero Cangiante? Non ho mai sentito una cosa simile! Non è un'onore che riserrvano a tutti, ma che hai fatto? Hai salvato uno di loro?
– Sette.
– SETTE? Ma tu ti devi concentrare sulla missone, ci sono molti elfi che contano su questo, per non parlare di chi rischia la vita. Non puoi are il tempo andando a destra a sinistra a casaccio rischiando che ti scoprano o, peggio, di finire catturata! Credi di stare giocando? Le forze in gioco sono potenti e spietate!
– Hai ragione, ma non posso essere diversa da me stessa, non ci riesco... – mi difendo.
– Benissimo, così appena il nemico se ne accorgerà di metterà nel sacco in men che non si dica! Prudenza ci vuole, non dovrebbe essere un concetto così difficile neanche per un umana!
Mi sento un'infame e per questo cambio argomento.
– Tu piuttosto, perchè mi hai convocato? Ci sono novità?
– Ovviamente! Domani sarò introdotto alla Corte Nera, in udienza dalla Regina.Probabilmente sarò presentato ai suoi tirapiedi come trofeo e giudicato degno di fiducia o no.Volevo avvisarti, nel caso ci fossero problemi e non ci potessimo rivedere.
Sento un brivido gelato percorrermi la schiena.
– Così presto? Hai fatto veramente un'ottimo lavoro Adamantis!
– Ovviamente, ripeto! Che cosa ti aspettavi? Adesso devo andare, augurami buona fortuna.
– Buona fortuna e... grazie.
– Di cosa?
– Sei un amico prezioso.
– Non farti uccidere – e con un sorrisetto da elfo superiore se ne va e io ritorno a dormire.
Mi sembra di avere dormito pochissimo e allo stesso tempo mi sento altamente a disagio per cui, a fatica, cerco di aprire un occhio.
– Allora è un vizio! – biascico indiganta.
Ba è seduto a un metro da me, il mento appoggiato a una mamo e mi sta fissando. – Non è possibile! Non hai altro da fare?
– Perchè ti arrabbi? – mi chiede.
Già, perchè? – Non è educato fissare da vicino una signora, è imbarazzante! E
adesso non chiedermi qual è la signora… A proposito... Perchè non mi hai detto che sei un mutante?
– Non me l'hai chiesto.
Lo so, è colpa mia.Nel mentre entra nella grotta il Capo dei Levrieri.
– Buon giorno ospiti della mia dimora, vedo che avete dormito tranquilli. Siamo pronti per la cerimonia che avverrà un po' distante da qui, nell'entroterra. Suggerirei di usare il tuo mezzo di trasporto per te e il tuo amico, così non vi stancherete. Vi aspetto fuori.
Detta così sembra una minacia più che un invito. Comunque sia, mi riassetto, fra uno sbadiglio e l'altro, mentre mi rimetto in piedi e raccolgo le mie cose un po' sparse.
– Toglimi una curiosità Ba, non mi sembri più preoccupato, appari addirittura contento, è un'impressione sbagliata? – chiedo guardandolo di soppiatto mentre vago per la grotta cercando di ricordarmi dove ho lasciato le scarpe.
– Era un pezzo che Ba non si divertiva così. Non ha mai visto i Levrieri ed è tanto curioso! C’è la cerimonia, no? – mi risponde con una domanda.
Fuori della grotta ci attende una moltitudine di cani, ne stimo almeno trecento. Sfodero il mio righello scooter e, seguita da Ba, tallono i levieri che cominciano a muoversi in gruppo. Come aveva detto il capo, ci dirigiamo verso l'entroterra.
Adesso che sono rilassata, li osservo meglio mentre corrono e rimango senza fiato. La massa in movimento dei corpi, in effetti, è un tutt'uno con il paesaggio. Assume lo stesso suo colore e sfumature come se fosse composta da tanti camaleonti, creando il curioso effetto ottico di vedere una pianura erbosa che... "scorre" come un torrente scozzese che si muove impetuoso sopra lo sconnesso fondale roccioso.
Mi sarei aspettata di dovere raggiungere un altipiano o un tumulo particolare, invece ci stiamo addentrando in un bosco di betulle. La cosa non mi rende particolarmente felice, devo fare lo slalom tra i tronchi per evitare di fare la figura barbina di spiaccicarmici contro e la cosa mi impegna al massimo.
Abbiamo raggiunto una zona piena zeppa di blue belles, delicati steli impreziositi da piccole camle allungate di colore blu zaffiro con i pistilli bianchi. Il colpo d'occhio fra gli alberi di betulla è straordinario. Il silenzio è assoluto. Il capo prende la parola o più precisamente inizia con la comunicazione telepatica.
– Fratelli e sorelle siamo pronti a iniziare il sacro rito. Elena, togliti le scarpe, non devono esserci ostacoli fra te e il suolo.
– E Ba? – chiedo, visto che il folletto indossa graziosissimi e strani calzari che sembrano fatti di foglie.
– Lui è un mutante, assisterà alla cerimonia ma non ne farà parte – mi risponde il capo.
Allora lo sanno proprio tutti tranne me! Mi sento ferita nell'orgoglio. Mi giro a
cercare Ba e lo vedo appollaiato su di un ramo mentre mi fa ciao ciao con la manina. Lo strozzerei.
Mi tolgo le scarpe e raggiungo il centro dell'anello dove c'è il capo, lasciando tutti gli altri in cerchio intorno a noi. Dovrebbe essere una situazione potenzialmente pericolosa ma non riesco a pensarla come tale. Speriamo che alla fine non scopra che queste creature sono in realtà spietati assassini, ma la calma di Ba mi rassicura.
– Fratelli e sorelle – inizia il capo, – oggi abbiamo trovato una sorella che, sotto altre spoglie, condivide il nostro modo di essere, la nostra profonda unione con la natura e tutte le sue espressioni, benevoli o no. La vita, l'energia e l'intreccio fra le varie forme di esistenza nel nostro mondo, che qui vengono rappresentate con le profonde radici nella terra e lo svettare nell'aria di fiori e foglie a vari livelli, siano presenti per suggellare l'unione con la nostra sorella.
A questo punto il capo chiude gli occhi, imitato da tutti gli altri. Sottilissimi fili traslucidi di energia si formano da ogni levriero e si uniscono a formare una cupola che ci avvolge tutti come un bozzolo protettivo. Dall'alto di essa scendono una serie di filamenti che mi raggiungono e mi pervadono, adesso sento tutte le menti dei miei amici come una, né mia né loro. Non mi annienta, ma semmai mi potenzia.
Mi guardo le mani, sto diventando "cangiante". È fantastico.
– Cari fratelli e sorelle, oggi mi concedete un grande onore – dico a tutti, – che non avrei mai osato chiedere. Vi dico anche che sto svolgento una missione pericolosa che non vi voglio imporre in alcun modo. Ho come scopo di ricreare un posto per chi vuole vivere lontano dal potere delle due corti e condurre un'esistenza sì nel rispetto altrui ma che gli consenta anche di fare le proprie
scelte di vita.
– Se vorrai il nostro aiuto lo chiederai così come accedere al nostro collegamento comune, lo potrai fare – dice il capo. – Da parte nostra nessuno è o sarà obbligato a seguirti se non lo desidera. La cerimonia è finita, se vuoi proseguire il tuo viaggio ti auguriamo la miglior fortuna.
– Grazie, grazie a tutti. Salutatemi i cuccioli, ci rivedremo– Così detto inforco il solito trabiccolo e, insieme a Ba, mi levo in volo con un senso di nostalgia nel cuore.
– Allora Ba, ti sei divertito? Ti è piaciuta la cerimonia? – chiedo al folletto.
– Ah, Ba si è divertito tanto, Ba si è commosso.
Ma figuriamoci! Con tutti gli anni che ha, chissà quante cose ha visto… mi sta prendendo in giro. Guidando con una mano, cerco di recuperare il libricino con le carte geografiche per indicare a Ba qual è la nostra meta dove, spero, possa fare anche delle provviste.
– Vedi? – gli indico. – Questa è la nostra prossima meta. Da che parte devo andare secondo te?
– Non secondo me, ma secondo la carta! La direzione è esattamante dall'altra parte – mi risponde.
Ci avrei giurato, faccio una conversione a U e ritorno indietro.
– Hai idea dove trovare delle provviste? – gli chiedo.
– Conosco un villaggio a circa metà strada, ci fermeremo lì.
A un certo punto del tragitto, Ba mi indica dove fare la deviazione per le provviste.
Arrivati dice: – Aspettami qui, vado io – e mi lascia lì come un baccalà secco in attesa.
a mezz'ora, ne a un'altra e poi finalmente lo vedo arrivare svolazzante con due sacche, una per mano.
– Uh, quanta roba! – dico io. – Ma chi è che dobbiamo ringraziare?
– Nessuno che io conosca – mi risponde Ba.
– Non avrai rubato spero!!!!!!!!!!!
– Tecnicamente, no. Trecento anni fa ho salvato il villaggio da una pestilenza. Mi hanno detto di tornare quando volevo e di chiedere quello che mi serviva.
– Santo cielo! È meglio andarsene e di corsa! – dico preparandomi a volare.
– Quanta fretta! Un attimo, prendo due pietre – dice il folletto.
Che se ne farà di due pietre? Come ho scoperto in viaggio, una sacca contiene noci e l'altra un liquido ambrato in boccette. Ba mi spiega che quest'ultimo è molto ricercato sia per il suo sapore sia perchè è come fosse "cibo liquido" ed è in grado di sfamarti per un lungo periodo.
Scopro anche che le due pietre servono ad aprire le noci e che Ba, manco a dirlo, è un'esperto in materia ed infatti si mette subito al lavoro appogiandosi al mio ginocchio destro.
Devo confessare che sia la bevanda ambrata, dal nome impronunciabile e veramente ottima, sia le noci, veramente squisite, risultano un pasto da re.
Naturalmente devo anche guidare il trabiccolo, quindi i pasto viene effettuato con un'occhio al paesaggio. Questi trasferimenti aerei devo confessare che oramai mi divertono molto, con il folletto che dice cose astruse e una campagna da favola che mi scorre sotto il veicolo.
Dopo un tempo che oramai ho smesso di quantificare, arriviamo in vista di una zona piena di laghi, isole e di zanzare suppongo, visto la latitudine in cui ci troviamo.
– Eccoci, eccoci! – dice Ba. – E adesso che si fa?
Mette sempre il dito nella piaga il caro Ba. Se avessi con me Utvik mi saprebbe indicare come contattare Ellaien ma io non ho idea di come fare. Quindi mi regolo come meglio la mia mente vulcanica mi suggerisce.
– ELLAIEN! ELLAIEN! – mi metto a urlare, sorvolando l'acqua.
– Povero me! – dice il folletto tappandosi le orecchie.
Dopo il terzo lago, la mia voce comincia a scemare. Avevo pensato di usare la telepatia ma non ero così sicura che una creatura d'acqua la potesse usare. Naturalmente sbagliavo.
– Basta Elena! Attirerai l'attenzione delle due Corti presenti e future con queste tue urla scomposte! – sento dire nella mia testa.
Volevo ribattere che non ho mai sentito raccontare di urla composte, ma non lo faccio. La voce prosegue.
– Ellaien ti attende. Guarda in mezzo al lago, c'è un'isola. Sull'isola c'è una roccia sull'acqua, sulla roccia c'è un'albero. L'albero proietta un'ombra sull'acqua, immergiti lì.
Un'albero sulla roccia? E le radici dove le tiene? In tasca? Non faccio polemiche
e mi dirigo verso il centro del lago. Avevo sperato che la Signora Dell'Acqua affiorasse e basta, quindi questa soluzione del tuffarsi non mi piace affatto.
– Ehm... Io non so nuotare, non cè un'altro sistema? – chiedo alla voce.
– Sei su di un mezzo che ti permette di spostarti volando? Entra in acqua insieme a lui. Cosa credevi che ti chiedessi? Di metterti il costume da bagno, lasciare le ciabattine da spiaggia, portafogli ed occhiali sulla riva e nuotare? Avanti, sbrigati, non ho tutto il giorno!
– NON SAI NUOTARE? – mi chiede il folletto sorpreso.
– Non ti ci mettere anche tu adesso! – gli rispondo esasperata.
Scocciata e con una paura folle, butto me, il trabiccolo e Ba, che è tranquillo come un ghiro che dorme, nel punto indicatomi.
PPPOP!
Mi sarei aspettata uno "SPLASH" e non certo un "POP"! Comunque sia, mi ritrovo in un ambiente alquanto strano, completamente asciutta, con Ba che dice: – Bello! Bello!
Potrei riassumere dicendo che tutto è alquanto sorprendente
Siamo sul fondo del lago, una luce verde-azzurra ci illumina dall'alto. Davanti a me c'è una creatura acquatica mai vista, neanche nelle raffigurazioni nei migliori romanzi fantasy. Ricorda vagamente illustrazioni o bassorilievi medievali che ritraggono sirene e tritoni per cui, per ora, lo chiamerò "il nostro tritone di accoglienza". È più alto di me e ha la parte inferiore del corpo composta da due gambe che finiscono ogniuna con una coda di pesce e non con una, come siamo soliti vedere raffigurate le sirene oggi. La sua pelle è argentata e squamosa e quelli che potremmo chiamare capelli, sono raggruppamenti di alghe danzanti nell'acqua. Non ha mani ma appendici allungate prensili palmate. Il corpo, nel complesso, appare molto muscoloso e possente, mentre quello che può essere il viso ha un'aspetto triangolare e tagliente, incorniciato da due occhi tipici dei pesci che potete trovare al mercato ittico. Ho la netta impressione che sia un tipo che è meglio non fare arrabbiare.
– Alla buon'ora! Ci voleva tanto? Sei attesa, seguimi, anche tu – dice il nostro "tritone di accoglienza" rivolgendosi sgarbatamente a Ba.
In realtà la cosa che mi stupisce di più non è la nostra guida ma il luogo in cui ci troviamo. Siamo alle porte, si può ben dire, di una città, il che sarebbe già strano, ma la cosa considerevole è che è cinese. CINESE?
Ho davanti a me un portale in pietra con tetti in lastre fatte di tale materiale, il muro di cinta in mattoni il cui spessore non è meno di due metri, il tutto impreziosito e abbellito da bassorilievi di draghi, leoni, fiori e piccoli quadretti di interni. Se dovessi datare le costruzioni direi che appartengono alla dinastia Tang.
Varchiamo l'ingresso oltre il quale si vedono casette e strade che noi oltreiamo, io sul righello scooter e il "tritone di accoglienza" nuotando agilmente e velocemente. Arriviamo davanti a un bel palazzo dove entriamo e ci
troviamo davanti ad una scalinata in marmo.
– Prego...accomodatevi – ci dice con falsa cortesia il "tritone di accoglienza" indicandoci la scalinata. Sempre sul trabiccolo, seguo i gradini che portano ad uno spazio sopra elevato asciutto. Scendo dal mezzo di locomozione mentre Ba svolazza in giro curioso. Mentre mi chiedo che razza di posto possa essere questo, vedo emergere dall'acqua Ellaien.
– Finalmente sei arrivata da noi, cominciavo a pensare che ti avessero catturato.
– Buona giornata anche a te, Ellaien. Cosa ti faceva essere così sicura che sarei venuta a cercarti? – chiedo.
– Voi umani siete molto prevedibili, così "umorali" come dite voi, è semplice condurvi a uno scopo che credete vostro – mi risponde.
Ma che simpatia e che razzismo sprigiona questa creatura! Non è certo quello che mi sarei aspettata, non ha neanche salutato Ba. Comincio con domande neutre.
– Che posto è questo se posso chiedere?
– È una città Tang sul fondo di un lago artificiale.La uso come "appartamenti di rappresentanza" per ricevere i membri di altre razze… Mi diverte. Sono sempre così sorpresi... – dice Ellaien.
Un espediente come un altro per far sentire l'ospite in stato di inferiorità o di confusione. Peccato che con me non funzioni.
– Mi stai dicendo che questo è il mio mondo e sono ata attraverso un portale che collega il mio con il vostro e siamo veramente in Cina? – chiedo mentre Ba ci osserva seduto in silenzio vicino a me.
– Sì – mi risponde sintetica.
– Bè devo dire che questa è l'ultima cosa che mi sarei aspettata. Visto che ero attesa, avrai qualche cosa di urgente da dirmi.
– Tu perchè mi cercavi?
– Chiedevo un appoggio alle creature d'acqua per una ricostruzione dell’Alleanza.
– Le creature d'acqua... – dice ridendo in maniera poco attraente Ellaien. – In realtà pensi che la mia razza si possa sottomettere ai tuoi scopi... I nostri non sono gli stessi dei vostri. A noi non interessa la divisione della terra emersa! Devo ammettere che Adelaide ha dato un tempo di pace e prosperità dove noi potevamo liberamente spostare i nostri corpi senza preoccuparci di inquinamenti o di catture per asservire fini non nostri… Ma per noi non è essenziale. Tu credi veramente che quelli che si uniranno alla tua causa ne siamo profondamente coinvolti? TI SBAGLI! Si vocifera che sia tu l'unica che ha visto per ultima Adelaide e che quindi sappia dov'è la "Fonte”. Per arrivare ad essa anno tutti i mezzi, leciti o no, e non si farano scrupolo di usarti in ogni modo, anche sacrificandoti. Quindi ti ripeto la domanda, cosa vuoi da noi?
– Grazie per la franchezza. Cosa voglio? Te l'ho già detto. Perchè dovresti aiutarmi? Per la stessa ragione degli altri, potrei sapere qualche cosa della "Fonte”. Non ti interessano le terre emerse? Ma la "Fonte" si però. Adesso se vuoi rispondere gentilmente alla mia domanda altrimenti credo che la conversazione debba intendersi conclusa – dico io partendo al'attacco.
Si sente l'eco tutt'intorno alla stanza di una sonora e sgradevole risata.
– Quanta superbia! Stai smuovento forze molto più potenti e antiche di te! – dice Ellaien. – Non hai idea di cosa ti aspetta.Ma hai ragione su di un punto, ti aspettavo per un motivo. La Regina della Corte Bianca vuole incontrarti e ti invita a Palazzo.
– Quindi è un no – riprendo. – Mi dispiace ma, come si dice dalle mie parti, me ne farò una ragione. Per quanto riguarda la Regina, non penserà davvero che io vada da lei con la probabilità che mi catturi, spero. Non so cosa possa volere ma, se ci tiene, potrà mandare un suo emissario tra cinque giorni. Lo aspetterò sull’isola, vicino all'albero che si riflette sull'acqua dove c'è il portale per questo mondo. Domani tornerò qui alle porte di questa città per ricevere una risposta.
– Non è saggio rifiutare un invito a corte – ribatte Ellaien
– Io non sono saggia – rispondo. E, con un profondo inchino, mi congedo dalla creatura d'acqua girandole la schiena. Ba si accomoda sulla mia spalla e insieme ce ne andiamo dal palazzo e dalla città sommersa. Non c'è più il "tritone di accoglienza" ad attenderci quindi esco dal lago con i miei mezzi soliti.
– Ba, visto che siamo in Cina, che ne diresti di mangiare della buona zuppa con spaghetti? Ti piace l'idea?
– Sì, molto.
Così deciso mi dirigo verso la prima città che incontriamo alla ricerca di una bancarella o di un negozio che venda zuppe. È ormai ora di usare quello che ho imparato, quindi chiedo al folletto: – Sei in grado di trasformarti o di usare qualche artificio per camuffarti?
– Certamente! – risponde offeso.
Così, per una strada laterale, compaiono due turisti che camminano tranquilli, uno alto, biondo e con la barba e l'altro asiatico, di altezza e corporatura media. Lascio a voi indovinare chi è chi. Ci avviciniamo al venditore di zuppe. Come fare per il denaro? Anche in questa occasione esibisco quanto ho appreso da Aba e Iba facendo pensare al commerciante di avere dinanzi un vecchio amico a cui deve parecchi favori in modo che io e Ba rimediamo un bel pasto gratis.
Adoro il cibo cinese! Mi servo due volte senza ritegno, chiedendomi come il folletto possa divorare una scodella intera di zuppa avendo uno stomaco così piccolo.
– Che ne diresti di fare due i esplorando un po' la citta? Sai circa in che parte della Cina ci troviamo?
– Siamo nella provicia di Zhejiiang, non so il nome moderno di questa città – risponde il folletto.
– Come fai ad essere così preciso? – domando
– Sono stato decenni fa nella città che ora è sommersa, gli abitanti la chiamavano Shicheng – dice Ba.
– Nonostante la presenza di Ellaien è veramente fantastica! Se posso chiedere, come mai non ti ha rivolto la parola? Ti conosce per caso?
– Sì
– Non avrai litigato con lei, spero! – cerco di insistere per saperne di più.
– Ba non litiga!
– Allora cosa è successo?
– Lei non ama i Pixie – sentenzia Ba.
– Come fai a dirlo?
– Si è offesa quando l'ultma volta ho sparso della polvere pruriginosa nell'acqua, lei era stata scortese.
Oh cielo! Meno male che non ci ha fatto rinchiudere dal suo aitante tritone!
Si è fatta sera e c'è il problema di trovare un luogo sicuro per dormire. Propongo al folletto di rifugiarci in un tempio che abbia anche un pezzetto di giardino per trascorrere il tempo eggiando oltre a quello per dormire e mangiare. Scopriamo un piccolo tempio buddista, assediato dalle abitazioni, che fa al caso nostro. Una piccola folla di fedeli è raccolta in silenziosa e individuale preghiera, fra la selva di candele, lumi e lampade a olio.
Io e Ba li ammiriamo, non visti, in religioso silenzio fino alla chiusura del tempio. Poi decidiamo di cenare con il sistema già collaudato e rientriamo nell'area sacra con il solito trabiccolo volante. Oramai è tutto buio, fatta eccezione per la costruzione principale incorniciata da luci, quindi decidiamo di accomodarci in giardino per chiacchierare un po'.
– Non ti offendere, ma te lo devo chiedere. Perchè mi aiuti? Ti interessa la "Fonte"? Devi conoscere un'infinità di cose ma come mai hai preso la forma di un pixie e non una di un mago potente? – chiedo dando voce a tante domande che mi giravano nella mente da parecchio.
– Ba si diverte. A Ba non piacciono le guerre e sono gli unici svaghi che ha avuto in tanti secoli.Non è un eroe e non può neanche essere chiuso in un palazzo a servire altri esseri. Ba cosa se ne farebbe della "Fonte"? Deve essere tanto noiosa, con tutte le creature che vogliono impossessarsene dovrebbe sempre essere all'erta e non fare le cose che gli piacciono. Perchè un mago?
Sono gonfi come tacchini ripieni e ano la vita a fare la ruota e a misurare fra di loro chi è il più forte o saggio! Piacciono i pixie invece!
– Devi essere un pozzo di sapienza! – dico io. – Sei immortale?
– Ba un pozzo di sapienza? E per fare che? Più impari più ti rendi conto di quanto non sai! Non si può conoscere tutto e Ba vive alla giornata, oggi fa questo e domani quello. Non è immortale, a da una vita all'altra, è stato così per innumerevoli volte.
– Non ti sei mai affezionato a qualcuno? – chiedo con una vena di tristezza.
– Ba non sa il significato di questo termine, anche se capisce che per gli umani sia diverso.Hai mai chiesto al vento se non si è mai affezionato?
– Pensi che Adelaide possa essere viva?
– Ba non sa... forse. Se avesse trovato qulcuno che si fosse preso cura della forma che aveva assunto... chissà – mi risponde indifferente il folletto.
Si è fatto tardi così cerchiamo un posto riparato vicini al tempio per dormire tranquilli e io sprofondo nel sonno dopo essermi chiesta come era andata ad Adamantis la giornata con la sua presentazione a Corte.
Mi sveglio all'alba con il solito Ba che mi sta guardando, oramai non ci faccio
più caso.
– Buongiorno – dico al folletto. – Che ne dici di fare colazione con il solito sistema e poi esplorare il lago artificiale e la città sommersa? Così vediamo che comitato di accoglienza ci riservano quando ci diranno se la Corte Bianca ha accettato le nostre condizioni...
– Nostre? Le tue… mi dissocio – dice Ba.
– Perchè? Non vuoi venire con me allora.
– Non hai la minima idea di cosa è la Regina Bianca e non ho detto che non sarei venuto.
– È vero, non lo so ed è per questo che preferisco non incontrarla, non mi fido e ho paura. Speriamo bene. – Dopo avere espresso il mio ottimismo, cominciamo la giornata.
La parte interessante arriva quando inizia l'esplorazione, invisibili e volanti sul solito trabiccolo io e Ba perlustriamo le belle mura, le vie e le case ben conservate di questa città sommersa dall'acqua per la costruzione della diga.
Nella nostra capsula volante di energia magica o no, non l'ho ancora capito, io e il folletto ci divertiamo un mondo, anche se non parliamo e non comunichiamo in alcun modo per prudenza, non vogliamo infatti che ci scoprano. A metà mattina vediamo sbucare il "tritone di accoglienza" da un vicolo in ombra.
Aspettiamo che esca dalle mura per aspettarci.
– Buona giornata, eccoci qua! – dico rivolta al mezzo pesce che, come al solito, sprizza simpatia da tutti i pori, anzi da tutte le squame.
– Sono qui per comunicarvi che la vostra proposta è stata accettata. Addio – e fa per andarsene.
– Ehi, aspetta! – dico. – Non ci conduci alla porta di aggio da dove siamo entrati?
– Non mi è stato comunicano nulla in merito – dice e se ne va.
Come trasfromare una scocciatura in opportunità?
– E se noi impiegassimo quattro dei cinque gg che ci rimangono per andare in Mongolia? È tanto che voglio tornare ad ammirare il Gobi e le intatte praterie di quella terra! – propongo a Ba.
Il folletto accetta tutto contento, quindi ci dirigiamo verso la capitale Ulaan Baatar. Sorvoliamo di volata tutta la Cina e ci fermiamo nella parte mongola del deserto. Lo ricordavo magnifico e, in effetti, lo è rimasto. Bellissime sfumature che vanno dall'ocra al rosso ci danno il benvenuto.
– Non ho mai capito come si possano trovare i fossili! – rifletto ad alta voce. –
Mi hanno sempre detto che è vietatissimo raccoglierli e portali via, il che mi sta benissimo. Dicono anche che ci siano tante uova di dinosauro fossilizzate... Tu sai riconoscerle?
– Chi io? E cosa me ne farei? Ossa di animali morti? Uova poi! E dove le dovrei mettere? – mi risponde Ba. Come dargli torto? La notte pernottiamo in jurte o gheer che dir si voglia e alla mattina usiamo il sistema collaudato in Cina per sfamarci. Devo segnalare, come vera specialità, l'ottimo latte di cavalla fermentato.
A proposito di cavalli, ci siamo spostati nelle vaste praterie dove questi animali, insieme ad altri, pascolano liberamente. Sembrano allo stato brado, ma alla sera tornano galoppando al campo dei nomadi a cui appartengono. Mi ero fermata a raccogliere delle stelle alpine che, in questa zona, crescono spontanee ed ero in bella vista in seguito alla decisione di non celarmi in alcun modo perchè l'accampamento era lontano e non potevano scorgermi. A un tratto odo un fischio ed ecco che il branco arriva di corsa verso di me, schivandomi abilmente e sorandomi al galoppo.
Per un attimo mi sono sentita persa, non potevo nascondermi perchè non c'è riparo e neanche correre via, non avrei fatto in tempo. La sensazione di questi animali che ti corrono incontro ma non ti travolgono e ti sorano con il rumore di zoccoli, pura energia in movimento, con lo spostamento d'aria conseguente è stato magnifico e terrificante allo stesso tempo, una sensazione che ricorderò a lungo.
Eccoci nella capitale, in gran parte costruita in stile sovietico ma che non manca di fascino. Si apprezza ancora di piùpensando all'inverno terribilmente gelido che qui regna con temperature che toccano i 45 e 50 gradi centigradi e allo sforzo di edificare immobili che possano reggere un clima così aspro. Fino a qualche anno fa i cittadini amavano tenere una jurta/gheer montata in giardino per il periodo più freddo, cercando scampo dai rigori del clima, che negli
appartamenti non era facile eludere, visto che le tubature del gas erano e sono non interrate, causa il terreno estremamamente gelido in ogni stagione.
Ricordavo uno spettacolo a cui avevo assistito tempo fa di canti e danze tradizionali, allestito per i turisti da un gruppo di giovani universitari ingaggiati dall'ente del turismo locale.Mi era piaciuto moltissimo sia per i costumi che per lo strano, per noi occidentali, canto messo in scena, mai sentito nulla di simile prima di allora. Mi pento ancora oggi di non avere acquistato la cassetta con la registrazione della esibizione artistica. In breve, avendo visto la locandina di un evento simile, trascino Ba allo spettacolo.
– Ah, che bei costumi, sembrano quasi alieni – dico indicando il palco al folletto. – Senti che canto meraviglioso? Stanno usando tutti i toni che la voce umana può utilizzare! È uno spettacolo unico!
– Unico? Meno male! Le mie povere orecchie...Ba ti aspetta nel piazzale fuori di qui. Divertiti! – dice il folletto andandosene.
Il tempo della rappresentazione a in un baleno e io mi affretto a raggiungere Ba all'esterno. Trovo il folletto che sgranocchia allegramente delle patatine in sacchetto, rimediate chissà dove, seduto su di un muretto.
– Eccomi! Ti sei annoiato?
– Crunch... Ba non si annoia mai! Crunch....
Cerchiamo una sistemazione per la notte. Optiamo per il grande, entrando in un bell'hotel di nuova costruzione. Usando il mantello, girovaghiamo ai vari piani e, seguendo un inserviente, riusciamo, rubando una chiave magnetica epartout che poi ho reso, ad entrare in una suite vuota. Naturalmente ci spaparanziamo e io, per sicurezza, tengo indosso il mantello per ogni evenienza, come una cameriera zelante che vuole pulire anche se non c'è nessuno o l'idraulico per una perdita d'acqua. Sono conscia del fatto di essermi trasformata in una ladra, ma che alternative avrei avuto? Certamente potevo rientrare subito nel mondo degli elfi, ma gli ultimi tempi sono stati altamente stressanti e un po' di vacanza non ha mai fatto male a nessuno.
Le notti stellate della Mongolia sono fantastiche e io e Ba abbiamo ato ore fuori la gheer/jurta ad ammirare il cielo. Si vede benissimo la via lattea ma quello che sorprende di più è la quantità infinita di stelle che sembrano caderti addosso con tutto il cielo, per il peso che debbono avere questi diamanti scintillanti cuciti su di un drappo di spesso veluto nero. Il numero e la varietà di luci che esistono sulla tua testa mentre guardi sembra infinito e, appena abitui l'occhio, si possono notare i satelliti che, a differenza degli altri punti luminos, si muovono lentamente seguendo una linea precisa.
Ma non si può vivere di notti stellate! Sono troppo abituata alla comodità, da qui la scelta della suite.Ci corichiamo presto, in quanto dopo domani abbiamo l'appuntameto con il delegado delle Corte Bianca e che domani ci dobbiamo recare sul posto per ispezionane la zona. Poco dopo vengo convocata da Adamantis.
– Che sollievo! – dico io. – Ero veramente preoccupata! So che sai badare benissimo a te stesso ma...
– Ho pochissimo tempo!!! Sono sorvegliato, qui ci sono maghi potentissimi... Elena, ho visto Leasyn!!!
– In che senso? In una visione? – chiedo non volendo affrontare la realtà anche se lo "smunto antipatico" mi è sempre sembrato alquanto ambiguo.
– Ma no! È qui alla Corte! Ma dove sei? Ho fatto fatica a contattarti... Devo andare... Non... – e sparisce subito.
Brividi ghiacciati lungo la schiena... Può essere lì solo per un motivo: ha tradito. Cosa avrà saputo da Utvik e, soprattutto, che fine hanno fatto gli altri? E Adamantis, cosa rischia? E io, come farò a non farmi catturare?
– Ba svegliati! Svegliati! Forza dobbiamo andare via di qui!
– EH? Perchè gridi? – domanda Ba aprendo un'occhio.
Gli spiego brevemente che non abbiamo tempo, Adamantis è in pericolo e noi anche.
– E tu come lo sai, posso chiederlo? – chiede il folletto.
– Puoi chiederlo.
– Ma non me lo dirai...
– Esatto.
– Andiamo – e giro l’anello.
Torniamo nella stanza n. 4 e mi preparo ad uscire dal solito portale sulla ex casa di Adelaide.Ba mi ferma.
– Adesso dove credi di andare?
– Ovviamente vado a cercare Utvik... – rispondo impaziente.
– Ragiona.Se ci sono dei maghi potenti non credi che almeno qualcuno sorvegli l'uscita dalla casa di Adelaide? Vai a cercare Utvik di notte? E se ti seguissero e li portassi da lui? E se non fosse in pericolo? In sostanza non sai nulla.
– Cosa suggerisci? – chiedo.
– Fa andare a dare un'occhiata a me, i folletti hanno buone risorse e riconoscono la magia che, d'altronde, non usano normalmente e per questo sono difficilmente individuabili...
– Un buon piano... ma il mio è migliore. Tu vai avanti e io ti seguo. Sono o non sono un Leviero Cangiante? Questa volta mi mimetizzerò con l'ambiente e
vediamo cosa succede.
Varchiamo l'uscio sul mondo degli elfi. Ba questa volta cammina guardingo fra le macerie della casa e io, dietro suo cenno, lo seguo abbassando schiena e capo al massimo.Dopo qualche metro mi fa segno con un dito di guardare sopra di me. A circa due metri dal suolo c'è una finissima e pressocchè invisibile ragnatela.
Non sopporto i ragni sotto ogni forma, anche i ciondoli o gli anelli con la loro sagoma. Figuriamoci quanto deve essere grande questo che ha fatto una ragnatela così estesa... O sono più di uno? Ahimè! Seguo in fila indiana Ba cercando di pulire la mente da pensieri e paure.Scopro che i primi sono anche quasi facili da controllare ma le paure no, sono qualche cosa di profondo e oscuro, mi sento zampettare addosso...
Il folletto sta dirigendosi verso i bordi della ex casa per cercare, credo, un varco.Gira e rigira ci fermiamo davanti a una parete con viticci e vetri quasi intatta, sommamente coperta da vegetazione, dove Ba mima il gesto che significa "rimani qui", si gira e comincia a scavare una piccola buca.Ben presto mi trovo sola, al buio e in mezzo a ragnatele sensibilissime e velatissime. Brrr! Speriamo non mi venga da starnutire...
Dopo quello che mi sembra un'eternità rispunta Ba, il che fa pure rima e mima un bel no con un dito. Che fare? Ci spostiamo verso sinistra seguendo la parete che sparisce sempre piùsotto la vegetazione. Il folletto si ferma dove le foglie sono più fitte e ci si infila di testa.Risbuca quasi subito e, silenziosamente e delicatamente sposta l'intrico di foglie verdi in modo da creare un piccolo varco. Mi fa cenno di avvicinarmi e di aiutarlo dopo di chè sfodera un'unghia dalla sua mano destra che ha un aspetto appuntito e tagliente poco raccomandabile. In breve, mentre io tengo scostate le foglie, taglia il vetro a forma di "O" lo sostiene chissà come con le sue mani dai mille usi e mi fa cenno di are al di là.
Eseguito l'ordine, mi a il pezzo di vetro dall'apertura affinchè lo afferri e lo posi oltre. Finita l'operazione "fuga da Alcatraz" ci ritroviamo entrambi fuori fra sterpi ed erba alta. Ba estrae da una pianta li vicino, strizzando le foglie, una sostanza semi liquida che gli serve da spalmare fra il vetro sano e quello tagliato. Finita l'operazione e seccata la sostanza, il vetro sembra quasi integro, soprattutto se occultato da una parte e dall'altra dalla vegetazione.
Tallono il folletto che percorre il prato seguendo una linea contorta e finamente ci nascondiamo in un boschetto al limite della radura.
– Ba sei abilissimo! Complimenti! Sei anche un buon mimo o sei vissuto in Italia per qualche tempo? Ti piace la mia nazione? – chiedo.
– Sì, molto – mi risponde.
– Ti piacciono anche altre nazioni? – indago.
– Sì, tutte– mi risponde. Tentare di parlare con il folletto è come cavare un ragno dal buco.
– Dovremmo dormire un po', altrimenti domani non ce la faremo – consiglia Ba.
Ci accoccoliamo dentro un cespuglio ai piedi di un'albero, avvolti nel mantello e ci addormentiamo fino alle prime luci dell'alba.
Dolorante ovunque, vengo svegliata da un trambusto ignobile. Ecco i soliti schifosissimi elfi neri tramutati in lucertoloni zampettanti, mezzo striscianti e vocianti, saranno, stimo, una decina. E, siccome non ci vogliamo fare mancare nulla, al limite della radura vedo anche un paio di ragnoni che, naturalmente, saranno altri orecchi a punta mutati. Che risveglio invidiabile! Ba si appiattisce al terreno con unnocchio piantato fra un rametto e l'altro.
A differenza del solito quadretto idilliaco, ci sono altri due personaggi preceduti dai lucertoloni che, sembra, abbiano il compito di "guardia d'onore" e di controllo del territorio. Uno dei due è il Generale, l'altro non sembra un militare. È vestito con un mantello lungo fino a terra blu notte con tanto di bavero alzato, una tunica lunga, guanti e bastone da eggio, il tutto di tre colori blu, viola e rosa (rosa?) nelle varie sfumature. Anche il modo di camminare è particolare, sembra che sfiori il suolo invece di calpestarlo come gli altri, se dovessi descriverlo in breve direi che è una "bellezza mortale" per l'aura sinistra che l'accompagna.
– Questo è il posto? – chiede il nuovo personaggio.
– Quella laggiù era la casa di Adelaide, Vostra Eccellenza, ed è sorvegliata 24 su 24 – risponde il Generale.
– Perchè non è stata ancora rasa al suolo assieme alla sede dell’Alleanza? Non si lasciano in piedi feticci del ato, anche i simboli sono importanti, non importa se sorvegliati o no. – Alza il bastone, lo punta in direzione delle macerie e... zap! Mezza casa è sparita
– Provvedete immediatamente – conclude "Sua Eccellenza".
– Sarà fatto – risponde il Generale dando ordini in merito.
Il gruppetto se ne va, proseguendo l'ispezione della zona. Decido di non utilizzare il mantello quindi divento un Levriero Cangiante. Per nascondere Ba con questo sistema faccio un paio di prove strizzando il folletto con la mano e poi con il braccio nel tentativo di camuffarlo.Scopro poi che è molto più semplice, basta tenerlo in braccio coperto dal mantello, ignorando gli sbuffi di insofferenza del folletto che, sebbene a basso tono, sono perfettamente udibili.
Usciamo dalla boscaglia, mi guardo addosso e vedo che sono perfettamente mimetizzata con l'ambiente tanto che ho la curiosa sensazione di essere fatta di acqua trasparente.
– Uffa! Fa caldo! – si lamenta Ba.
– Avanti, non fare il bambino! Resisti in silenzio o ci farai scoprire – cerco di convincerlo a tacere.
Ho deciso di attraversare il territorio, rappresentato dalle "linee nemiche", a piedi in quanto penso che gli elfi neri non se lo aspettino. Così o dinanzi la ex casa di Jade occupata da sgherri elfici non trasformati in animali, ma armati di tutto punto. Hanno certi spadoni e mannaie che farebbero invidia ad un macellaio. Mi sento completamene a mio agio nelle mie nuove vesti "cangianti" così mi attardo a guardare qua e là e ad ascoltare i discorsi.
– Quello sarebbe il nuovo protetto della Regina?
– Già e farai meglio a starci lontano se tieni alla pelle. Dicono che sia uno stregone molto potente e che sia un suo lontano parente uscito da un ritiro di diecoi anni dove ha imparato magia nera e bianca!
– Sarà... intanto è un'altro che ci da ordini.
– Taci disgraziato! Voi morire?
Questi ed altri discorsi sono i medesimi che sento un po’ ovunque, frammezzati dall'incredutiltà che Jade abbia fallito non una, ma ben due volte.
– Non capisco perchè la Regina non abbia ucciso Jade, si è fatta sfuggine la "Fonte" da sotto il naso e non riesce a trovare quell'umana...
– Adesso cambierà tutto, il Mago della Regina riuscirà a farci avere "la Fonte" e prevarremmo sulla Corte Bianca. Gliela faremo vedere noi a quei damerini azzimati e sprezzanti... Voglio vedere le lore belle facce implorare pietà...
– Sarà come dici tu...
– Fra cinque gioni c'è una festa a Corte. Sono stato invitato...
– Figuriamoci... Comunque una rappresentanza della nostra truppa sarà al
cospetto della Regina... Un vero onore...
Ci sono elfi neri ovunque, non solo sul "ponte" dove siamo ora. Non vedo gli animali alati però, forse sono stati utilizzati per pattugliare il territorio.
Dopo aver camminato e camminato, avere imboccato in senso inverso la strada occupata da truppe dirette verso una meta ignota, ci ritroviamo su di una collinetta. Qui inizio la mia richiesta dopo essermi fatta spiegare sulla cartina da Ba il nome dei mari e dei luoghi.
– Fratelli e sorelle ascoltate il mio appello. Se qualcuno di voi è attualmente nella zona che vi indicherò, vi prego con tutto il cuore di cercare una comunità di Arkadax scampata agli elfi neri, è molto urgente. Non vi chiedo di mettervi in pericolo in alcun modo, state molto attenti. Non ve lo chiederei se non fosse molto importante – dico rivolgendomi agli altri Levrieri Cangianti.
Una voce nella mia testa mi risponde: – Sorella, ti abbiamo ascoltato e cercheremo quella gente. – I miei occhi sono i loro e vedo praterie erbose dove corro libera.
Seguendo le sempre preziose indicazioni di Ba, a bordo del righello scooter, ci dirigiamo di volata, è il caso di dirlo, verso il luogo dell'incontro con l'inviato della Corte Bianca. A dispetto delle fasi iniziali, il folletto oramai non è più molto polemico, esibisce un'aria beata e solenne, chissà perchè mi chiedo.
Arriviamo nel pomeriggio inoltrato e ispezioniamo la zona in lungo e in largo ma non notiamo nulla di particolare. Così decidiamo di accamparci per la notte, rimpiangendo la suite lasciata in fretta e furia ma non il cibo, che abbiamo
razziato, è il caso di dirlo, da un carrello per il servizio in camera dell'hotel.
La mattina dopo, all'alba, ci appostiamo sulla cima di un'albero che ha la visuale sul punto d'incontro. Dopo esserci annoiati alquanto, finalmente a metà giornata spunta da dove ci siamo innmersi io e ba l'altra volta per cercare Ellaien, un elfo splendente. Sembra una novella Venere che emerge dalle acque, manca solo una conchiglia e, magari, una perla in bocca. È di una bellezza quasi imbarazzante, ma forse è così che vuole apparire. Lo raggiungiamo con il trabiccolo, celati dal mantello.
– Buona giornata – dico diventando visibile, mentre Ba rimane nascosto fra le fronde. – Lei è l'inviato della Regina Bianca? Ha bisogno del mio aiuto? – Naturalmente la mia domanda è ironica.
– Dovrei ridere? – mi chiede l'elfo splendente, guadandomi come se vedesse un'insetto molesto.
– Certamente.Preferisco scherzare visto che non vedo ragione della richiesta di incontro da parte della vostra Regina.
– La nostra venerata Regina mi ha incaricato di riferire un messaggio. Non ama chi ignora una sua convocazione, ma visto che sei un'umana, nella sua grande magnanimità farà una eccezione e dimenticherà l'insulto. La Regina della Corte Bianca, la Corte degli esseri perfetti, ti offre la sua alleanza nella guerra per la sconfitta della Corte Nera. Aggiungo personalmente che, se non lo sapessi, questo è un grande onore accordatoti. Che rispondi?
– Come mai la vostra Regina è così generosa? Non vuole nulla in cambio? –
chiedo
– Non si pongono domande alla Regina e io non sono autorizzato a dire altro – mi risponde l'essere perfetto a cui, probabilmente, non è permesso neanche di pensare.
– Perbacco! Benissimo allora. Puoi riferire alla Regina che sono profondamente grata del suo interessamento ma che, purtroppo, questa gentile offerta deve porgerla ai vecchi membri dell'Alleanza, non a me. Io non sono la loro portavoce, né ero membra del loro Stato Sovrano. Non mi interessa ricostituire alcunchè per me stessa o voglio essere a capo di qualche cosa nel vostro mondo. Non voglio poi giudicare chi è il migliore rispetto a chi, non mi compete. La popolazione di questo mondo può scegliersi il governo che vuole anche degli Elfi Neri, per quanto mi riguarda. Quindi, per tutte queste ragioni, declino la sua offerta. Puoi andare a riferire. Buona serata.
– Sei sicura?
– Sicurissima – rispondo.
– Molto bene – dice l'elfo splendente, fa un leggero inchino e sparisce elegantemente nel lago.
Rispunta Ba dal nascondiglio.
– Hai fatto bene, non bisogna fidarsi della Regina Bianca, se ti offre qualche
cosa richiede molto di più indietro. Non credere comunque che desisterà – dice il folletto.
Bruscamente la mia connessione con i Levrieri Cangianti si attiva.
– Sorella, abbiamo cercato il villaggio degli Arkadax, l'abbiamo trovato abbandonato, alcune case sono incendiate e altre distrutte. La zona è pattugliata dagli Elfi Neri, stanno cercando una ragazzina che è scappata, non si sono accorti di noi. Abbiamo trovato la giovane ai piedi di una scogliera, mezzo sepolta dalla sabbia, respira appena.
I mei occhi, che sono i loro, vedono un mucchietto di stracci che spuntano dalla sabbia. È Alba, non c'è dubbio e sembra più morta che viva.
– Grazie fratelli e sorelle. Parto immediatamente. Vi chiedo di tenere sotto sorveglianza la zona finchè non arrivo. Mi raccomando, non correte assolutamente dei pericoli, limitatevi a osservare. Vi sono infinitamente grata. – ringrazio abbassando leggermente il capo. – Ba, hanno trovato Alba. Dobbiamo partire immediatamente! Hai un posto dove possa essere curata? Sta molto male – bisbiglio al folletto.
– Nella parte centro – sud dell'isola c'è una foresta.I suo abitanti sono elfi silvestri molto particolari, schivi e irraggiungibili per gli estranei, hanno grandi stregoni. Ba li conosce.
Alla massima velocità partiamo, celati dal mantello, a bordo del righello scooter. Il paesaggio schizza sotto e intorno a me come un film al quale qualcuno abbia premuto per la visione il tasto "avanti rapidissimo". Arrivati all'isola, seguo i
ricordi dei luoghi percorsi dai Levrieri Cangianti e ben presto ci ritroviamo sulla spiaggia. Trovo una decina di Levrieri che mi stanno aspettando in una piccola rientranza della parete a picco.
– Grazie. Vi debbo molto. Ci sono guardie nelle vicinanze? – chiedo.
– Sono sulla scogliera e alcune pattugliano la zona dal cielo a intervalli regolari. Adesso che è quasi notte non dovresti avere nessun problema a portare via la ragazza. Buon viaggio sorella.
Ben coperta dal mantello mi avvicino ad Alba, immobile e sola. Lascio il nostro mezzo di locomozione a qualche metro di distanza per avere le braccia libere per sollevare delicatamente la ragazza e sistemarla in qualche modo sul trabiccolo. L'unica soluzione che riesco a escogitare è sedermi sul mezzo di locomozione con lei seduta sulle mie gambe con la testa reclinata sulla mia spalla sinistra mentre la sorreggo con il braccio. Dovrò usare una sola mano per guidare e, anche se l'ho già provato altre volte, il fatto in sè mi causa ansia. Ba intanto diligentemente sta cancellando le nostre impronte sulla sabbia e, una volta finito, salta allegramente sul trabiccolo.
Non capirò mai il folletto, come avrà fatto a vedere esattamente dove sono? Glielo chiedo.
– Semplice, l'energia che impieghi stando ferma a mezzo metro dal suolo sposta, anche se di pochissimo, i granelli di sabbia e Ba li vede. – Buono a sapersi, penso.
Ci dirigiamo verso l'interno dell'isola cercando la foresta. Mentre siamo in volo
tento di parlare alla ragazza ma invano.
– Ecco là gli alberi, entramo da questa parte – dice Ba indicandomi un piccolo spiazzo.
In effetti siamo dinanzi ad una specie di arco naturale creato dalla vegetazione. Presa in braccio la ragazzina e preceduta dal folletto, entro nella foresta che, a prima vista e al calar del sole, pare prorpio sinistra. Dopo pochi i Ba mi indica di fermarmi e posare Alba bene in vista. Attendo fiduciosa che succeda qualcosa e nel mentre mi guardo intorno. La foresta pare essersi stretta intorno a noi come una trappola, anche il cielo non è più visibile, una cupola di fronde ci fa da tetto.
L'aria è immobile e non scorgo nessuni fra gli alberi e, peggio ancora, Ba è silenzioso e scruta a destra e a sinistra fra le ombre. A forza di guardare, mi pare di scorgere alcune cortecce degli alberi vicini staccarsi dal loro proprietario e dirigersi verso di noi.
– Ti presento gli elfi che vivono qui. Sono sicuramente differenti da come te li aspettavi – dice Ba.
Adesso che siamo circondati posso osservare bene queste creature. Sono composte proprio da corteccia di varietà di alberi differenti, o almeno così appaiono ai miei occhi.Gli arti sembrano rami ripiegati, nodosi e dall'aspetto minaccioso, anche perchè il più basso sarà alto due metri. Mai visto niente di simile. Potrei tranquillamente scambiarli per gli alberi che si muovono, chiamati Ent, delle favole della tradizione nordica, ma di vegetale queste creature, a parte l'apparenza, hanno ben poco.
– Adesso chiederò loro di occuparsi di Alba e dovrò andare con loro – mi spiega Ba. – Mi conoscono e non mi faranno alcun male ma se tu non fossi con me ti avrebbero già uccisa.
– Quindi le nostre strade si dividono qui? Non posso rimanere, ho intenzione di cercare la sua gente e, per farlo, voglio sapere di più sulla Corte Bianca che, per ora, non mi pare una minaccia ma ho bisogno di valutarla e poi erò all'altra corte e non sarà uno scherzo. Sai come posso entrarvi? Mi serve un portale abbastanza frequentato per dissimularmi meglio.
– Se pensi che questa sia la via... Quando sarai arrivata non bere e non mangiare nulla. Guarda oltre alle apparenze e, soprattutto, NON SALVARE NESSUNO. Esistono degli incantesimi difensivi che alimentano miraggi a seconda della persona che ne è colpita, insomma vedrai cose inesistenti anche se tu sarai invisibile perchè la magia colpisce qualsiasi forma di vita sia presente alla Corte. Evita di stare al cospetto della regina o dei suoi dignitari più stretti, non sono così sicuro che non avvertano la tua presenza... Il portale più vicino è qui... – mi indica un punto sulla mappa che nel frattempo avevo tirato fuori, – e si presenta come una cascata "a velo". Fai attenzione però, vedrai che oltre l'acqua che scende c'è solo roccia, senza grotte o rientranze. La porta infatti è lo stare esattamente sotto il filo dell'acqua quando scende, né prima né dopo... – spiega Ba.
– Ti ringrazio, senza di te sarei già morta o catturata. Sei stato prezioso e insostituibile e non potrò mai ripagare quanto ho ricevuto da te in maniera disinteressata... Ma... – dico avvicinandomi a dieci centimetri dalla punta del naso del folletto.
– Ma??? – chiede Ba.
– Ti ho considerato da subito un amico e non ho pensato a te come qualcuno che faccia il doppio gioco. MA se vengo a scoprire il contrario, se fai del male alla ragazza o lo provochi o agisci contro i miei amici... Io ti troverò Ba! Se ti farai nascondere da qualcuno io lo saprò. Troverò il modo, ma te la farò pagare cara. Ricorda le mie parole, io non scherzo, per salvarti dovrai uccidermi. Non ci sarà una seconda Jade... Adesso va con Alba e riportala in salute. Ringrazia da parte mia questi elfi, troverò il modo di sdebitarmi. A presto spero.
Ciò detto mi volto ed esco dalla foresta.Ba non dice nulla, dopo alcuni i mi volto ma non c'è più nessuno, solo alberi silenti.
La Corte Bianca
Oramai è buio ma confido di riconoscere una cascata, seppur non grande, quando ne sento il rumore. Quindi mi dirigo verso il posto indicato da Ba e ci impiego più del tempo ottimisticamente previsto in un primo momento. Sorvolo avanti e indietro la zona ma devo attendere il sorgere della luna per trovare un posto adatto per, diciamo così, campeggiare vicino alla cascata. Mi è rimasto inoltre pochissimo cibo, la scorta residua ècomposta da una fila di biscotti, noccioline e una snack duro come il muro. Ci mancava anche il cibo che, mentre lo mastichi, fa rumore.
Comunque sia, intravvedo un sentiero che porta direttamnte alla cascata, quindi cerco un albero vicino con un sottobosco sufficiente per celare me che dormo, anche se il mantello dovesse scivolarmi via.
Tutto tace e io mi siedo con la schiena appoggiata al tronco dando le spalle al sentiero. Traffico nello zainetto al rallentatore per fare il minor rumore possibile e scarto dal suo involucro le noccioline sgusciare che sono oltretutto anche salate e che mi faranno venire sete. Mentre, con un sommesso "sgnac sgnac", sto
frantumando le arachidi con i denti, sento qualcuno che si avvicina sul sentiero con o leggero.
Sono due esseri rilucenti che camminano lievemente e lentamente verso il laghetto con cascata. Probabilmente questi elfi che dimorano presso la Corte Bianca quando, prima di nascere, venivano distribuiti tutti i pregi, si sono presentati con un bel sacco di juta e hanno fatto il pieno...
Osservo attentamente le loro mosse. Si dirigono al centro del laghetto bagnandosi i bei vestiti e i bei mantelli, si soffermano un'attimo sotto esattamente al velo di acqua della cascata e spariscono. Come fare per entrare? Se uso il mantello sono un'umana che adopera la magia, se uso il sistema dei Levrieri sono un'essere non identificato che muta il suo aspetto. Quale dei due non mi faràscoprire? Scelgo il secondo. Andare subito o attendere? Scelgo la prima soluzione.
Mi alzo goffamente e velocemente dal mio rifugio. Potrei dormire qualche ora sotto la protezione della vegetazione, ma sono sicura che non ci riuscirei, sono troppo nervosa. Quindi seguo il sentiero e entro in acqua che, tra l'altro, è gelata da morire. Mi avvicino alla cascata e mi ci ficco sotto, mi viene quasi un accidenti dal freddo.
In un momento mi trovo in un cunicolo dal pavimento lastricato di pietre bianche. Dal soffitto pendono una miriade di radici che si attorcigliano come viticci, alla estremità delle quali c'è un fiore o una gemma iridescente. La coppia rilucente è a una trentina di metri avanti a me intenta a sistemarsi una fila di perle fra i capelli che, forse, è stata spostata dall'impeto della cascata.
Adesso che ci faccio caso non sono per nulla fradicia come, d'altrode, non lo sono le due figure che si stanno sistemando i capelli. Mi avvicino in silenzio per
osservare meglio la scena. e così scopro che si tratta di due elfi femmina splendidamente abbigliate con colori del bianco e dell'oro. Decido di seguirle.
Dopo pochi i alla fine del cunicolo, in un piccolo spiazzo, ci sono delle guardie armate fino ai denti e alte come granatieri. Non sembrano allarmate e neanche molto interessate alle nuove arrivate per cui il nostro terzetto supera lo sbarramento senza problemi. Ci avviciniamo ad un varco celato da una specie di tenda che sembra fatta di filamenti verticali che pendono dal soffitto, ma che in realtà appena ci avviciniamo diventa evanescente spostandosi sfarfallando in ogni direzione. Quelli che sembravano filamenti in realtà sono composti da piccoli esseri alati coloratissimi, appesi uno sull'altro dal soffitto fino a terra.
In un primo momento quasi mi lascio scapppare un "oh!" di meraviglia ma poi, a un secondo sguardo, vedo che le creature hanno sì magnifiche grandi ali, ma hanno uno strano corpo aghiforme con degli occhietti malevoli inseriti in quella che potrebbe definirsi testa e con una bella fila di minuscole zanne.
Ora siamo in una sala con un soffitto circolare di cristallo e colonne doriche tutto intorno, allietata da una lieve musica ipnotica che arriva da non so dove. Coppie di elfi di varie razze, ma tutti bellissimi, danzano al centro della sala mentre petali di fiori colorati si materializzano e cadono a pioggia sui danzanti. Vengo attratta dal suono armonioso che sto ascoltando e mi viene voglia di gettarmi a capofitto nelle danze. Ma non ho tempo, non mi interessa, sono qui per essere d'aiuto ai miei amici. Questo mantra me lo devo ripetere più e più volte per controllare gli impulsi che derivano sicuramente da qualche forma di magia.
La coppia rilucente è ferma a qualche o da me e viene raggiunta da un'altro elfo armato.
– Guaritrici, seguitemi– dice il nuovo "granatiere".
E io seguo loro. Attraversiamo la sala ed entriamo in un altro ambiante. Inutile dire che mi sono fatta l'idea di essere sotto terra per via delle radici del primo corridoio e che quello che vedo mi lascia più che meravigliata. Siamo in uno spazio circolare, circondato, è il caso di dirlo, da cascate con vegetazione acquatica e fiori annessi che potrebbero essere nifee e giacinti d'acqua. Ogni corolla, di diverso colore, contiene un'essere luminoso che suppongo alato perchè non credo che i la vita imprigionato in un fiore, seppure bello.
Dietro ogni cascata si intravedono delle porte aperte che occultano altri varchi che appaiono neri come la pece. Si vedono file di elfi vaganti in ogni direzione che si muovono su erelle di legno emergenti dall'acqua mentre stanno camminando. Varchiamo un'altra porta e ci troviamo in un salone nel quale le dimensioni abbondanti si sprecano, infatti c'è una gran tavolata imbandita. È occupata, oltre che di ogni ben di Dio, da gruppetti di elfi che mangiano e raramente conversano. Sembra infatti che non amino particolarmente lo scambio di opinioni e preferiscano la contemplazione, anche se è di se stessi. All'improvviso mi viene una sete terribile, soprattutto guardando una serie di bevande coloratissime, fresche e invitanti.
Ma non ho tempo, non mi interessa,sono qui per essere d'aiuto ai miei amici, mi ripeto.
Oltreiamo la porta in fondo al salore e ci troviamo in una radura verdissima e soleggiata. Il vantaggo di essere un Levriero Cangiante è che, visto che assumo la forma e l'aspetto dell'ambiente, non produco ombre e lo svantaggio è che se mi muovo troppo velocemente una certa distorsione della veduta sull'ambiente c'è, comunque sia l'incontro con quella che è diventata la mia famiglia è stato un vero colpo di fortuna.
Al centro dello spiazzo erboso troneggia un'enorme ficus, con tanto di radici
aeree che si saldano al suolo.
– Siete state assegnate a questo albero e gli "incapaci" sono sistemati alla base delle radici. – Ciò detto il "granatiere" se ne va.
Chi saranno questi "incapaci"? Non erano tutti perfetti in questa Corte? Curiosissima seguo le guaritrici mentre mi interrogo sul fatto di essere venuta alla Corte Bianca. Avrei potuto recarmi subito alla Corte Nera a cercare Adamantis o gli Arkadak ma ho sentito che questa era la cosa giusta da fare ora, anche se razionalmente non lo è affatto. Devo scoprire perchè il fato o l'inconscio mi ha portato qui e mi ha fatto incontrare le guaritrici.
Entriamo attraverso un varco nel tronco. Mentre scale di legno splendidamente illuminare e decorate portano ai piani superiori, un dedalo di corridoi si dipanano al pian terreno. Gradini di pietra conducono a sentieri inferiori che si intravedono dai varchi nel pavimento, mentre guardie armate a gruppetti salgono e scendono.
Le guaritrici imboccano un corridoio svoltando poi in un altro laterale dove si aprono una serie di stanzette. Ci dirigiamo verso uno spazio che potrebbe definirsi un laboratorio, con provette, pestelli e vari barattoli chiusi sugli scaffali .Una volta arrivati le due elfe cominciano a preparare polveri, decotti e altre masse scure e maleodoranti che potrebbero essere impiastri da applicare. Ma non usavano la magia per curare? Sinceramente non capisco a meno che non abbia preso un abbaglio. Rimango nella stanza affascinata e curiosa ad osservare il lavoro dei due esseri rilucenti.
Quando è tutto pronto i due elfi femmina si dirigono verso delle stanze di varia grandezza. Con mio enorme stupore la prima accoglie dei bimbi elfi. Secondo i nostri parametri dovrebbero avere dai cinque agli otto anni con vari arti rotti, chi
una gamba e chi un braccio. Le guaritrici sono al capezzale di ogniuno di loro con parole di conforto e impiastri di ogni genere. Poi iamo, di sala in sala, ai più grandicelli e così fino a esseri di circa vent'anni.
Ma la cosa più strana sono le ultime sale che ospitano elfi decrepiti. Incredibile! Ma non erano sempre belli e giovani? I poveretti hano varie malattie e traumi e necessitano di più tempo per le cure rispetto ai giovani.Sono stupefatta! Per questa ragione resto accanto alle due elfe fino a tarda sera quando si dirigono, almeno spero, verso il loro luogo di riposo.
Risaliamo l'albero tramite una specie di ascensore di foglie e rametti da cui sbircio all'esterno. Oramai è buio e si vedono una serie di lucette tutto intorno. Mi rendo tristemente conto che non basta vedere, ma bisogna essenzialmente comprendere, altrimenti tutto lo sforzo e i pericoli affrontati non servono a nulla. In breve non ho capito cosa ho visto e non lo posso neanche chiedere a Ba. Un bel risultato, non c'è che dire.
Arriviamo in quella che deve essere la stanza a loro assegnata, un bell'ambiente semplice, chiuso da pareti sottili per i tre quarti e per un quarto si affaccia all'esterno senza vetri di protezione o altro. Belli ed essenziali mobili di legno decorano la stanza. I due esseri rilucenti fanno un vago cenno con la mano e i rumori esterni si acquietano prima e spariscono del tutto poi.
– Allora... cosa sei? – dice una delle due guaritrici.
Che strana domanda. Forse ho capito male e si riferisce a qualche malattia sconosciuta che devono avere scoperto oggi.
– Avanti, non ti denunceremo. Sappiamo che sei qui.Vogliamo solo parlarti, fatti vedere.
Non ci posso credere! Mi hanno scoperto? E io che ero stata così attenta... dove ho sbagliato? Non rispondo, magari si riferiscono a qualche cosa di altro.
– Coraggio! Abbiamo conosciuto i Levrieri Cangianti abbastanza bene da riconoscere qualcuno che usa il loro modo di camuffarsi... Non posssiamo credere però che a loro interessi entrare alla Corte Bianca. Allora, chi sei?
Non mi resta che palesarmi.
– Cu cù! – dico per sdrammatizzare. – Eccomi qua. Dove ho sbagliato, se è lecito chiedere?
– Ma guarda... l'umana! Ho perso la scomessa con mia sorella!
– Mi conoscete? – chiedo.
– Certamente, almeno di nome. Sei Elena, non mi sbaglio – dice l'altra guaritrice. – Chi poteva essere così pazzo da antrare a Corte senza una adegiata preparazione? Hai troppa fretta. Abbiamo notato l'ambiente cambiare quando ci hai seguite in un modo che poteva solo essere fatto da un Cangiante. Avresti dovuto varcare il portale CON noi e NON DOPO di noi. Ti ho osservato quando ci stavamo sistemando le perle fra i capelli. È stata una mossa alquanto azzardata.
Ma guarda! Ho trovato le discendenti elfiche di Sherlock.
– Accidenti... dove l'avete sentito il mio nome? – chiedo incredula.
– Alla Corte non si parla d'altro. Certo non ufficialmente.... Un'umana che ha rifiutato il "grande" onore di essere ricevuta dalla Regina... Hai avuto un bel coraggio o sei molto ingenua... – mi risponde la prima guaritrice, quella che non ha scommesso su di me.
– Quindi conoscete anche i Levrieri Cangianti... Non ho capito però perchè non mi avete denunciato... – insisto.
– È una domanda alla quale rispondremo se, dopo averti conosciuto meglio, lo riterremo opportuno.
– Bene allora, se me lo permettete nel mentre continuo a porvi domande. Chi sono i malati che avete curato oggi? Mi aspettavo che la prodigiosa magia elfica potesse rimediare a tutto senza unguenti e cataplasmi vari – lo dico ovviamente ironicamente, ma le guaritrici non sembrano cogliere il doppio senso.
– Sono servi – mi risponde l'essere rilucente.
– Avete dei servitori e quindi elfi di serie b? Ma come? La Corte Bianca non ha solo esseri perfetti al suo interno? – chiedo non credendo alle mie orecchie.
– Non sono come noi, hanno sangue misto, per questo sono al nostro servizio – dice l'elfa che non aveva scommesso su di me.
– E non hanno accesso alle cure magiche, capisco... Ma i vecchi? Pensavo che non esistessero nel vostro mondo... – richiedo.
– Non usano il glamour per celare il loro aspetto, sono servi.
Non è una grande spiegazione ma credo di avere capito a grandi linee.
– Come mai voi vi siete dedicate a loro? Siete anche voi di sangue misto?
– Io sì ma non mia sorella – dice l'essere che veva scommesso su di me.
– Davvero? Ma se siete identiche! – esclamo.
In quel momento si gira verso di me la guaritrice che stava eggiando avanti e indietro per la stanza e, con un sorriso sgembo, mi fissa con i suoi occhi azzurri che mutano in un momento in bianchi e immediatamente in neri e scompaiono. Dalle orbite diventate vuote, fuoriescono due serpenti,la cui coda rimane nel cranio dell'elfa, che si dirigono sibilanti verso di me.
– Aiuto! – grido, e mi trovo in cima al piccolo armadio della stanza. In realtà non
so come ci sono arrivata, ma la paura fa fare miracoli.
– Complimenti per lo scatto – dice con un riso composto l'elfa, riportando i suoi occhi al colore e alla forma normale. – Puoi scendere e, prima che me lo chiedi, abbiamo lo stesso padre ma non la stessa madre. Mia sorella si è allontanata dalla Corte per proteggermi, non voleva che diventassi una serva maltrattata e, da allora, viaggiamo insieme. Adesso tocca a me fare le domande. Cosa cerchi qui?
– Sostanzialmente informazioni. Voglio vedere come funziona la corte che mi ha teso una mano... non credo disinteressatamamente. Ho bisogno di alleati che non mi usino per il loro scopi... capisco che sia un'utopia ma voglio crederci e soprattutto non ammetto che i miei amici siano torturai, rapiti e intimiditi solo perchè vogliono esseri liberi. E poi c'è il fatto della "Fonte"... Ma forse è una fortuna, altrimenti sarebbero già stati giustiziati. Finchè pensano che sappiano dov'è, c'è una speranza che non vengano uccisi per avere lasciato la propria regina... – spiego.
– Loro forse no, ma tu sì?
– Che cosa... tu sì?
– Tu sai dov'è la "Fonte"?
– Perdonami, vi sono grata di non avermi denunciata ma, anche se lo sapessi cosa vi fa credere che lo direi a voì? – cominciano a non piacermi questi discorsi.
– Il semplice fatto che per uscire devi avere il nostro appoggio... e sei un'ingenua. I tuoi amici li chiami... Ma perchè ti sarebbero così devoti se non volessero qualche cosa da te? Sei solo un'umana, cosa potresti loro offrire in cambio se non la "Fonte"? – mi chiede il "cuor d'oro" che ha salvato la sorella.
– Non mi piace il tono di questa conversazione. Ti do un consiglio gratis, visto che secondo te nessuno fa niente per niente. Questa umana ti potrebbe sorprendere, non fartela nemica. E, visto che siamo in vena di confidenze, se pensassi che la tua generosità verso tua sorella sia falsa? E se tu fossi una spia della Regina Bianca che scorazza per il regno, con la scusa della sorella, per sorvegliare i suoi abitanti? Saresti perfetta! – dico.
Silenzio.
Accidenti! Sta a vedere che ci ho preso! Meglio filarsela immediatamente.
– Comunque sia – proseguo, – ora me ne vado e confido che voi non me lo impediate. È stato interessante il nostro incontro, forse ci rivedremo. Vi auguro buona serata – e mi dirigo verso la porta.
– Fermala – dice il "cuor d'oro" rivolta alla sorella.
– No, perchè dovrei?
– Perchè te lo dico io,sciocca!
Mentre parlano, velocemente afferro la maniglia, la giro, mi appiattisco alla spece di muro che crea il pianerottolo e mi copro il capo con il cappuccio del mantello appena in tempo per vedere il "cuor d'oro" uscire dalla porta e guardare in tutte le direzioni. Sicuramente si aspetta che corra via usando il sistema del Levrieri Cangianti ed è per questo che non vede proprio nulla. Ora dalla stanza è uscita anche la sorella di sangue misto.
– La vedi?
– No, accidenti a te! Abbiamo perso un'occasione d'oro!
– Dimmi,aveva ragione?
– Non essere sciocca.
– Allora cosa ne volevi fare? Portarla alla Regina? A che scopo?
– Ci riavrebbero ammesse a Corte con tutti gli onori e magari saremmo state elevate al grado di Consigliere della Regina...
– Ma a me non interessa!
– Hai sempre avuto orizzonti limitati... Adesso andiamo a riposare, oramai non
abbiamo nulla da fare qui e potremmo attirare l'attenzione – dice sempre il buon "cuor d'oro".
Per quanto mi riguarda o alcune ore ad esplorare l'albero e, non trovando novità rilevanti, mi accingo a dormire per qualche ora prima dell'alba. Esco nella radura ma mi viene in mente che ci potrebbero essere delle creature fatate quindi faccio la cosa più semplice. Rientro nell'apertura del tronco e mi accomodo raggomitolata qualche metro più in là da essa, in una mezza rientranza della corteccia. È un po' trafficato, ma proprio per questo nessuno penserà che io sia lì.
Il mattino arriva veloce e con lui un intenso via vai di guardie. Vedo le due sorelle che iniziano il solito giro di buon ora, le seguo per un po' e poi, non avendo tempo di rivedere la giornata dedicata alla cura dei malati, decido di accodarmi ad un drappello di guardie. In realtà ne seguo più di uno perchè, in genere, si fermano in punti precisi per dare il cambio alla guardie già presenti.
o cosìla giornata a effettuare una specie di mappatura della Corte Bianca che, seppur utilissima, a livello pratico non mi da informazioni maggiori di quelle che avevo ieri. L'unica cosa utile è la definizione, in termini di spazio, di una zona non frequentata da elfi comuni e che posso quindi identificare come l'ambito dove vive la Regina Banca.
Immensi,per altezza,portoni d'argento danno accesso all'area sconosciuta. Sono decorati a sbalzo con motivi che non riesco ad identificare. Come fare ad entrare? Semplice, aspetto che qualcuno sia ammesso e mi accodo all'ultima guardia. Per essere sinceri ho dovuto aspettare un bel po', ma non mi è venuto in mente un piano migliore, dopo aver scartato quello che prevedeva di gridare: "al fuoco! al fuoco!" e di far uscire tutti.
Si spalancano i battenti della porta introducendo, preceduti e seguiti da guardie,
quattro elfi solitamente splendidi. Per fortuna mi ero ripromessa di rimanere "incollata" all'ultima guardia, altrimenti mi sarei fermata impietrita dallo stupore non per gli elfi ma per lo scenario che mi si sta presentando.
La porta di apre su di un vialetto circondato su tutti i lati da fiori blu cina e bianchi, incorniciati da un cielo terso e azzurro. Ma la cosa sorprendente non è questa. Alla fine della stada è adagiata graziosamente una villa... Palladiana. Palladiana? Incredibile, sarà una estimatrice dell'Italia oppure ogniuno vede un edificio di stile diverso a seconda di dove è nato?
Procediamo spediti verso l'ingresso. Nei giardini creature fatate volano ovunque ed elfi di varie razze, vestiti con abiti del XVI secolo, giocano e danzano. La scena che vorrebbe essere idilliaca, a me ricorda una bolgia infernale copiata da un film perverso e feroce. Mi sembra di vivere in un incubo dove marionette vestite di seta nei più vari colori attendono per assorbirti l'anima con un ghigno malefico. Oppure è la solita illusione inscenata in automatico per gli spettatori non residenti.
Comunque sia, siamo arrivati alla villa. Anche qui varchiamo l'ingresso. Le colonne che adornano gli interni, sono decorate da rampicanti vivi in continuo movimento mentre le pareti sono adornate da affreschi anch'essi semoventi ma, suppongo, non altrettanto vegeti. Nel complesso è un ambiente opprimente, anche se carico di luce.
Il gruppetto varca l'ultimo accesso e finalmente mi trovo nella sala del trono, almeno credo. La stanza non è grande come mi aspettavo e il trono è composto da pura luce, come la figura che ci è seduta sopra. In breve, per via del riverbero, non è che si distingua molto, tantomeno il viso, ma forse è così che vole apparire. Il problema è che se spegne i "fari" potrebbe essere chiunque, quindi quello che sto vedendo non mi da grandi informazioni.
Dopo i saluti e le "prostrazioni" di rito, gli elfi splendidi cominciano a riferire i risultati di un incarico ricevuto direttamente dalla Regina Bianca che, mi sembra di capire, riguardava la ricerca presso una comunità di nani di una fonte di energia magica. Solo dopo un po' di tempo noto, a fianco della Regina, una figura alta, slanciata,anch'essa rilucente, con un mantello bianco e con gli occhi tutti neri, cioè senza la parte bianca.
La spedizione fra i nani sembra non abbia avuto il successo sperato. Finita la spiegazione e le scuse, la figura alta ordina alle guardie di mettere agli arresti gli elfi splendidi, rifilandogli una scarica di energia che li atterra svenuti e mezzo bruciacchiati.
Mentre le guardie si caricano del peso dei corpi e si dirigono all'uscita, decido di rimanere e di nascondermi dietro una di quelle che io vedo come colonne, ma che potrebbero essere chissà cosa e i miei occhi vederle come tali. Libero la mente da ogni pensiero, come insegnatomi, e mi metto in ascolto.
– Sembra, mia Regina, che con queste spedizioni di ricerca non stiamo concludendo molto – dice la figura alta.
– E cosa dovremmo fare secondo te? La Corte Nera sta facendo molti sforzi per rintracciare la "fonte" anche se non credo avranno successo, almeno nel breve periodo. Quegli stupidi! Hanno impiegato anni per capire dove fosse e se la sono fatta sfuggire. Noi dobbiamo assicurarci che almeno non la trovino e tentare altre esplorazioni. Hai notizie dai nostri infiltrati nell'Alleanza?
– No, o Signora Splendente. Sono sempre prigionieri e cercano di collaborare con la Corte Nera, ma non riescono ad avere altre notizie rilevanti. L'unica voce affidabile che hanno raccolto è quella che la "fonte" sia nelle mani dell'umana, ma è tutta da verificare.
– Quell'essere superbo e insignificate! – dice la Regina. – Ignobile e ignorante feccia! Ma presto avrà bisogno del nostro appoggio se non vuole morire, lei e quell'ammasso di elfi inferiori che tenta di proteggere. Non consentirò che si tenga la "fonte" nel caso l'abbia lei o che, in alternativa, la Corte Nera la possegga. Ma hai ragione su di un punto, dobbiamo cambiare strategia. Riesci a visualizzare quell'indegna elfa di nome Jade?
– Immediatamente o mia Regina – risponde la figura alta che pone davanti a sè un braccio teso con il palmo della mano rivolto verso l'alto.
Istantaneamente si materializza una specie di schermo in 3D abastanza nebuloso all'altezza della mano. Poco dopo si materializza Jade, seduta su di una sedia avvolta nell'ormai consueto "calzino" di radici che le permette di muoversi. Sta guardando verso una finestra aperta, completamente sola.
– Voglio che la contatti immediatamente e le prometta quello che vuole sentirsi dire. Se non è perduta, lei è l'unica che sa dove è la "fonte". Quegli ottusi della Corte Nera non lo hanno capito e lei sicuramente si sente messa in un angolo. È una situazione che devi volgere a nostro favore, adesso vai.
– Sarà fatto o Signora Splendente – dice la figura alta che, dopo un breve inchino, sparisce senza fare alcun rumore.
Siamo rimaste io e la Regina. E adesso come faccio a uscire?
Da una parete laterale al trono entra una delle due guaritrici, scommetto che è il
"cuor d'oro".
– Allora, l'hai trovata? – chiede la Regina.
– No, ho perlustrato in lungo e in largo la zona ma non ne ho trovato traccia. Conosco perfettamente il sistema dei Levreri Cangianti di mimetizzarsi, e ho controllato e fatto controllare accuratamente molta parte della Corte Bianca. A questo punto penso che se ne sia andata,non vedo in che modo possa essere sparita altrimenti. A meno che non si trovi nei vostri appartamenti Regina Splendente, cosa non possibile, non è più presente alla Corte.
– Sei sicura che fosse lei?
– Sicurissima, Regina.
– Forse hai ragione o forse no, rimane comunque il fatto che un essere indesiderato si è fatto beffe dei nostri sistemi di sicurezza, scorazzando nel nostro regno e magari è in possesso di altri sistemi per non essere vista. In realtà non sappiamo nulla di questa umana. Voglio avere tutte le informazioni su di lei, subito! Adesso vai.
In quel momento si apre la porta ed entra un essere simile alla figura alta di prima,questa volta vestito di un rosso che, seguito da guardie, si avvicina al trono.
– Nostra Signora della Luce, i giochi d'acqua attendono la Vostra magia.
– Benissimo, non intendo far attendere oltre il mio popolo.
Così dicendo la sovrana se ne va scortata da guardie e dalla sottoscritta che, così, lascia la villa.
Sembra essere una ricorrenza importante visto che tutti sono in trepidante attesa. La sottoscritta, cui non può importare di meno, ne approfitta per seguire guardie di basso rango che, visto che stanno uscendo dalla zona assegnata alla regina, non devono contare nulla e non sono ammesse ai festeggiamenti.
Dopo dei giri a vuoto sempre al seguito di vari drappelli di guardie, finalmente verso tarda sera riesco ad uscire dalla Corte Bianca. Non so cosa mi ero prefigurata, forse di trovare alleati o di scovare una buona idea per risolvere la mia situazione o quella dei miei amici. Non ho trovato nulla di tutto questo tranne una domanda: sono meglio i finti perfetti o i non perfetti? Preferisco i secondi, almeno non nascondono cosa sono. Allearsi poi con la Regina Bianca? Sarebbe come legarsi ai piedi un blocco di cemento e buttarsi in un fiume profondo da un ponte, quindi è escluso.
Avrei portato com me quasi tutti quegli elfi malati e maltrattati dai loro padroni che ho visto in quella specie di ospedale-albero, ma non è stato possibile. Ba aveva ragione,non dovevo salvare nessuno, sarei stata catturata. Quanto mi manca il folletto e tutti gli elfi che ho conosciuto! E Adamantis? Spero sia ancora vivo. Per prima cosa devo accertarmi delle condizioni di salute di Alba. Sono uscita dalla Corte Bianca su di un'isola, sembra del nord Europa. Visto il buio pesto ormai imminente con il mio righello scooter raggiungo la terraferma e chiedo aiuto alla mia famiglia dei Levrieri Cangianti.
Un gruppetto di miei fratelli e sorelle mi vengono incontro e mi indicano un posto abbastanza riparato per la notte e mi insegnano alcuni trucchi per costruire un mini accampamento che si noti appena e come non morire congelata mentre dormo. Quest'ultima pratica si rivela la più interessante fra le altre, in quanto consiste in una particolare meditazione che alza la temperatura corporea, il che mi consente di are una notte tranquilla e ritemprante.
Ripensandoci a mente fresca la mattina dopo mi viene in mente che sono entrata alla Corte Bianca di notte ma all'arrivo era giorno... Sarà diverso il calcolo del tempo fra quello esterno e quello interno alla Corte? Se sì, quanto tempo è effettivamente ato? Impossibile stabilirlo.
Chiedo ai miei fratelli dove mi trovo esattamente e in che direzione è la foresta dove ho lasciato Ba e Alba e parto velocemente con un senso di ansia crescente che mi attanaglia. Oramai questa vita di viaggi e sorvoli di una natura verde cristallina e infinita mi è diventata così familiare che mi chiedo come ho fatto a vivere fin'ora l'altra esistenza, che ora non è di certo più mia. Sono convinta che questa sia la mia vita vera, l'altra è stata una finzione.
Arrivo in vista di quella strana foresta e di quello spiazzo che sembra l'entrata di un'antro infernale, scendo dal mio trabiccolo e mi avvio a piedi .
– Sono Elena, chiedo notizie della salute di Alba a di Ba – chiedo ad alta voce.
Attedo risposta. Nulla.
– Vengo in pace.Chiedo notizie dei miei amici.
– Vattene. Non viene mai niente di buono dagli umani. Vatene e avrai salva la vita .Vattene! – dice una voce.
– Ah! Allora ci siete! Io non minaccio nessuno, ho solo bisogno di notizie. Avete accolto due miei amici in un momento di difficoltà e ve ne sono grata, ma non posso fare a meno di loro. Quindi rinnovo la mia richiesta,come stanno?
Silenzio
– Cosa volete in cambio? Fate che io capisca...
– Vogliamo che te ne vada – risponde la voce.
– Questo è escluso. Ho poco tempo e ancor meno pazienza per degli esseri che si trincerano nel loro mondo ignorando tutti gli altri. Non ve l'ha mai detto nessuno che non siete soli e che siano tutti interconnessi? Voi non avete più diritti degli altri di vivere su questa terra... Allora, mi fate parlare con loro?
Silenzio. Nel senso assoluto, intendo. In questa foresta non c'è né il rumore delle foglie mosse dal vento né quello di animali. Comunque sia,non me ne vado senza i miei amici.
– Non mi costringete a minacciarvi... – dico mentre comincio ad arrabbiarmi veramente.
– Ah!Ah!Ah!
Una brutta risata cavernosa e antica rieccheggia dal profondo della foresta. Come l'altra volta, alti elfi simili in tutto e per tutto a cortecce d'albero si staccano dal buio della foresta e si avvicinano. Questa volta però sono di più, molti di più.
– Non capisco, ma a questo punto non importa – dico diventando furente.
Cosa si ripropongono di fare? Ma soprattutto, chi credono di essere? Anche se sorvolassi la foresta dubito che mi metterebbero nella condizione di vedere qualcosa fra le fronde! Quindi cosa si aspettano che faccia? Che me ne vada?
– Adesso basta! Toglietevi di mezzo!!!! – grido al massimo della rabbia.
Vedo gli elfi fermarsi a fissarmi. Cosa avrò di tanto speciale? Mi guardo una mano. È di fuoco. Tutto il mio corpo è praticamente una torcia.
Peggio per loro! Mi avvicino e dico: – Ultimo avviso. Toglietevi o vi riduco in cenere e o lo stesso.
– Calma, calma. Ba è qua! – dice il folletto materializzandosi fra me e loro. – Sei impazzita?
– Oh, beh... finalmente... tutto bene? – chiedo spegnendo i bollenti spiriti.
– Io sì, ma tu? Cosa ti è venuto in mente? Venire qui a minacciare gli elfi... – dice Ba.
– Minacciare un accidenti! Ho chiesto di vedere te e Alba. Cosa mi hanno risposto? Un bel "vattene" a pieni polmoni! Cosa avrei dovuto fare? Ho detto che vi avrei trovato comunque – affermo con convinzione.
– Sarà come dici... Intanto hai generato un bel parapiglia. Non sono cattivi, ma tengono molto alla loro privacy e stanno curando molto bene Alba. Non può ancora alzarsi, visto che è solo una settimana che gliel'abbiamo affidata ma...
– UNA SETTIMANA? Ma non era l'altro ieri? – chiedo incredula.
– Sei stata alla Corte Bianca, no? Là il tempo scorre in modo diverso che da noi ma forse te l'ho già detto... – dice Ba.
– NON me l'hai affatto detto! Comunque adesso vorei vedere Alba per sapere cosa è successo. E a proposito dei "cattivoni", se davvero arrivassero in questa foresta, basterebbe un po' di fuoco e... oplà, niente più elfi silvani. Se ne rendono conto? – chiedo.
– Hanno maghi potenti ed effetti di dissimulazione perfetti... – cerca di minimizzare Ba.
– Ma non hanno l'acqua per spegnere il fuoco. Possono pure dissimulare la loro presenza finchè ci riescono ma basta un cerino... Posso vedere Alba? – ripeto la richiesta.
– Seguimi – dice Ba asciutto.
In effetti la dissimulazione funziona a meraviglia visto che Ba sparisce in una zona dove non c'è nulla. Lo seguo e mi trovo in una casetta fatta, manco a dirlo, di tronchi. Distesa su di un letto a baldacchino coperto di muschio c'è Alba.
– Elena! Mi hanno detto che ti devo la vita... sei stata molto buona con me.
– Ma non lo pensare neanche! Ho fatto quel che andava fatto e tu avresti agito nello stesso modo per me – dico.
– Uff! – sbuffa in disaccordo Ba.
Mentre gli faccio gli occhiacci proseguo: – Ti trovo bene, nonostante tutto. Ho bisogno di sapere quello che è successo.Te la senti di raccontarmelo?
– Avevamo scelto un bel posto per ricostruire le nostre case,quando Leasyn fece circolare la voce di un'offerta della Corte Nera di reintegro di tutti noi, con l'assegnazione di case e terreni a nostro favore. Naturalmente non lo fece di persona, ma tramite un inviato reale. Alcuni di noi accettarono, stufi della prospettiva di vagare ricercati e perseguitati per il resto delle loro vita. Naturalmente non si sono chiesti come mai l'inviato reale sapesse dove ci
trovavamo dopo l'ultima fuga. Alcuni di noi accettarono e se ne andarono alla Corte Nera, non abbiamo saputo più niente di loro. Posso fare solo delle ipotesi ma, probabilmente, coloro i quali se ne sono andati non interessavano molto alla Regina Nera o forse non erano in possesso delle informazioni giuste. Sta di fatto che una mattina prima dell'alzarsi del sole siamo stati invasi. Mio zio è riuscito a farmi scappare facendo scudo con il suo corpo e aprendomi un varco fra la terra con la sua magia. Naturalmente l'uso degli incantesimi lascia una traccia ma ho avuto il tempo sufficiente per correre via uscendo dall'altro lato della galleria.Avevo gli elfi neri alle calcagna ma ho corso fino a farmi quasi scoppiare il cuore... Hanno preso la mia gente, mio zio e anche il mio piccolo fratello! – Ciò detto Alba si mette a piangere.
Alle mie spalle sento un sospiro contrariato di Ba.
– Ma cosa avresti potuto fare? – dice il folletto. – E, soprattutto, cosa puoi fare ora? Vuoi farti catturare e rendere inutile tutto quello che ha fatto tuo zio? Vuoi che Elena vada alla Corte e si faccia uccidere?
– No, ma non sopporto di sentirmi impotente. – risponde la ragazza.
Quello "smunto antipatico" mi ha sempre fatto venire l'orticaria, se lo prendo lo strozzo.
– Non ti devi preoccupare, è da tempo che ho deciso cosa fare – dico. – Adesso prenditi cura di te stessa perchè hai un futuro e lo devi gestire al meglio. Probabilmente questo è il posto migliore dove tu possa restare fino a quando sarai guarita, non credo ti cercheranno qui. Tu Ba cosa intendi fare?
– Non verrò con te alla Corte Nera, mi dispiace. Tenterebbero di catturarmi e non ti sarei di nessuna utilità. Mi hanno chiamato presso un villaggio, una mia vecchia conoscenza....
– Aiuto! Ti hanno chiamato? Adesso? Come fanno a sapere dove cercarti? – chiedo allarmata.
– È una mia vecchia conoscenza dicevo, mi fido di lui e, comunque, devo andare a controllare se le informazioni che mi ha inviato sono vere... – dice Ba.
– Vecchio? Non ne dubito. Sincero? Mah! La gente cambia e in genere non in meglio, per lo meno gli umani. Poi ci sono una infinità di ragioni per cui uno agisce... Sei proprio sicuro?
– Devo andare – risponde Ba. – Ma sarò molto prudente.
– E Alba? Potrà essere al sicuro qui? – chiedo.
– Non ci sono alternative, non esistono altri luoghi al momento dove poterla portare. Informerò il capo degli elfi di questo luogo dei miei spostamenti, ma del pericolo di ospitare la ragazza... lo sa già ed ha accettato lo stesso – risponde Ba.
– Quindi ci salutiamo qui. Se tutto andrà bene verrò a cercarvi. Vi auguro tutta la fortuna del mondo – dico accomiatandomi.
– Ne avrai più bisogno tu. Sono convinto che non ci sia modo di distoglierti dal tuo obbiettivo e nella mia lunga vita ho imparato che ogniuno va incontro ai risultati dipendenti dalle cause che ha creato. Abbi cura di te. – Il folletto mi saluta con una vena di malinconia mentre mi indica da dove uscire.
Mi ritrovo nello spiazzo di entrata e mi dirigo a piedi verso il prato di fronte. Non sono convinta da questi strani elfi. Ho un gran brutto presentimento o forse sono solo diventata paranoica, comunque sia mi giro a guardare la foresta. Indosso il cappuccio e sul mio righello scooter sorvolo la vasta distesa di alberi.
Non si vede un bel nulla all'infuori di rami e foglie, quindi a malincuore lascio la zona. Mi fermo un po' di tempo su di una spiaggia deserta, seduta vicino alla riva del mare a pensare cosa fare. Mi piace il mare, quando lo guardo sento che è una parte di me e io di lui. Sento già la voce dei maligni: "ma se non sai neanche nuotare!" Che dire? Anche loro hanno ragione.
Devo ritornare a casa, se non altro per mangiare, non ho più né cibo, né acqua. Giro l'anello e mi ritrovo nella stanza n 4. Sembra ato un secolo dalla prima volta che ci sono entrata, ero un'altra persona allora.
Faccio trascorrere un'ora per essere sicura che gli elfi se ne siano andati perchè, in questo mondo, non sono ati che pochi attimi da quando me ne sono andata. Mi affaccio prudentemente dalla porta... Non vedo nessuno. Raccatto qualche cosa in casa, prendo abiti puliti e, aperta una mezza finestra, esco celata dal mantello sul righello scooter per recarmi in un ipermercato. Faccio incetta di barrette energetiche, occupano poco spazio, pesano poco e rappresentano il cibo ideale per spostamenti che richiedono una buona spesa in energia. Altro discorso sono le bevande, ne prendo poche, pesano sempre un quintale! Mi viene in mente quanto piacciono a Ba, soprattutto quelle gasate...
Già il folletto... Cosa non darei per averlo qui ora. Chissà come gli piacerebbero tutti i colori del supermercato... E poi quei bei gelati... Pago alla cassa delle carte di credito e mi concedo un pasto normale in un ristorante con un primo, un secondo e il dolce.
Verso sera sono di ritorno a casa con il mio solito mezzo volante. Arrivata in vista della mezza finestra aperta ho come una brutta sensazione. Mi accingo a spiare dai vetri l'appartamento apparentemente vuoto. Guardo e riguardo ma non vedo anima viva. Eppure... Per sicurezza giro l'anello.
Mi ritrovo nella solita stanza, apro uno spiraglio e sbircio nell'appartamento. Se fossi in un fumetto mi sarebba caduta la mascella per terra. Nel mini corridoio è acquattato quello che si potrebbe definire un cane a sei zampe e quattro volti, tutti attaccati a una sola testa e questa a un solo collo.
Sta annusando silenziosamente ma copiosamente l'aria intorno a se rimanendo perfettamente fermo. Sembra uscito direttamente dall'inferno, non ha alcuna sembianza di un elfo nero trasformato, sembra un incubo nero. Sono molto curiosa di sapere cosa possa essere ma ora non ho tempo, mi occuperò di lui se ritorno, quindi chiudo la porta e mi dirigo nella stanza n. 4.
Questa volta voglio ricaricarmi il più possibile con "la Fonte", ne avrò bisogno. Apro il contenitore e il solito filo di energia multicolore si collega con il mio sterno. Mi sorprende e mi ammalia sempre, con le sue linee sinuose e i suoi colori magnifici. Meno magnifico è il pensiero che mi coglie dopo il primo spavento causato dalla visione dell'essere infernale nel mio appartamento. Lo zainetto è rimasto in casa con metà della mia roba, quella non mangereccia.
Che fare? Lasciarlo là e andare in giro con la busta della spesa in mano, lasciando qui i documenti, il maglione e girando in sandali? Non credo proprio.
Quindi, facendo di necessità virtù, riapro la porta sull'appartamento confidando nel fatto di essere invisibile e di poter girare immadiatamente l'anello.
Il cane infernale è sempre là. Annusa e riannusa.
– Andiamo! So che sei qui, in queste sembianze ho un olfatto molto sviluppato. Mostrati, non ho tutta la giornata – dice l'essere con una voce cavernosa, sussurrante e sibilante come un assassino che circuisce la vittima.
– Neanche io – dico palesandomi. – Cosa sei?
– Sono un Jiin e non sono una cosa – risponde.
Questa sì che è una sorpresa!
– Come quello della lampada di Aladino? – chiedo.
– Ancora con quella storia? Ma voi umani non cambiate mai? Credete ancora nelle favole dopo tante centinaia d'anni? – dice sembrando veramente scocciato.
– Ma allora chi sei? – chiedo all'essere inquietante.
– Alfred.
– A...Alfred? Un cane che si chiama Alfred? – dico pensando che quel nome si adatti piuttosto ad un maggiordomo che all'essere davanti a me.
Penserei infatti ad una conversazione del tipo: "Alfred, mi porti un tè!" Oppure: "Alfred, ci sono chiamate?" eccetera.
– Non sono un cane come ho già detto e un nome vale l'altro.
– Se sei un'altra cosa perchè hai le sembianze di un cane? Non potevi apparire con le tue? – chiedo.
– Se fossi comparso davanti a te come sono in realtà non saresti sopravvissuta. Nel mio mondo non abbiamo forme che tu puoi immaginare e, in genere, agli umani prende un colpo se ci vedono. Ho pensato che un cane, che in genere tenete come animale da compagnia, fosse più rassicurante – mi risponde la creatura. Rassicurante? Caspita!
Sempre più sorpresa dalle risposte, provo ad obbiettare: – Ma hai sei zampe!
– Certamente! Non sono un cane ma un essere superiore che ha più arti perchè, in quanto tale, è in grado di poterli usare tutti. Ma forse hai ragione... dovrei avere più teste... – Così dicendo in un puff! inquetante gli spuntano una dozzina di colli alla cui sommità ci sono altrettante teste.
Mezza svenuta dalla paura e dall'orrore riesco a dire al mostro: – N..no, era
meglio prima... eri più... mistico. Così è troppo...
– Ah sì? Trovi? Peccato perchè mi piaceva l'idea... – e con un altro puff! ritorna l'essere infernale di prima.
– Allora, – riprende la creatura, – la piantiamo con i convenevoli e ci mettiamo in movimento o dobbiamo fare sera con le tue domande?
– A… Alfred, perdonami ma non ho capito se mi vuoi uccidere o se ti trovi nel mio appartamento per altri motivi... – chiedo cercando di respirare a fondo. Mi manca l'aria.
– Mi manda Ba.
– Coosa?? Ma come mai??? – dico veramente esterrefatta.
– Diciamo che devo ricambiare un... favore. Ba mi ha chiesto di aiutarti, quindi sono qua.
– Chi mi dice che sia vero? Non te la prendere ma sono in gioco molte vite e io ho già avuto brutte esperienze. Faccio anche fatica a credere che un essere potente come te possa essere dominato da un piccolo folletto!
– NON sono dominato da nessuno! Diciamo che... io e Ba abbiamo secoli di lunga COLLABORAZIONE alle spalle... Hai detto bene... un jiin potente come
me non è al servizio di nessuno. Comunque, vuoi una prova? Ti ricordi quei gorgheggi infami che tu continuavi a definire "arte locale" in Mongolia? Io ero là, sono uscito con Ba dal teatro per evitare che tutto il mio essere esplodesse in mille particelle per sfuggire a tali "radiazioni" vocali!!!!!! – risponde Alfred.
– Ma dove eri? Uno dei turisti forse? Sei quindi la guardia del corpo del folletto? Aiutami a capire altrimenti, ringrazio dell'offerta, ma ci salutiamo qui. A meno che tu non decida di uccidermi... – dico cercando di stringere i tempi.
– NON sono la guardia del corpo di Ba! Io ho meno pazienza di te, quindi ascoltami attentamente, non lo ripeterò. Secoli fa un mago molto potente scoprì il mio vero nome e, così facendo, mi legò a sè. Non potevo scappare, non potevo disobbedire e la mia natura libera non mi consentiva di attendere oltre. Ho provato più volte ad andarmene, con tutti i mezzi che mi sono venuti in mente. Ma non ci riuscii e le punizioni dei maghi possono essere.... devastanti. I maghi in genere hanno fantasia e questo in particolare ne aveva molta. Incontrai l'essere di nome Ba ed entrambi riuscimmo ad uccidere il mago, da allora il folletto mi chiama se ha bisogno di me, altrimenti sono libero di fare quello che più mi aggrada e mi diverte. Dov'ero nel teatro? Un jinn è un'essenza e come tale non ha forma, è come l'energia pura. Io divento quello che voglio ma non mi piacciono i corpi piccoli, posso stare comodamente in uno stadio e quindi non mi piace stare "compresso". Adesso la facciamo finita? Prima iniziamo, prima finiamo e prima torno ai miei affari!
– Cosa fai nel... tempo libero che ti piace così tanto? – chiedo.
– Rubo– mi risponde.
Lascio cadere l'argomento e mi dedico alla ricerca delle cose che mi servono che poi colloco, più o meno gentilmente, nello zainetto.
– Andiamo? – dico ad Alfred che, sempre nella forma di cane infernale, non aveva mosso un muscolo.
– Stavo aspettando te! Da questo momento non mi vedrai ma io ti sarò, per così dire, "attaccato". Potrai parlarmi, ti risponderò – dice l'essere nero svanendo.
Accedo alla prima porta e ci ritroviamo nel solito ambiente circolare. Sento Albert che commenta: – Delle porte? Ma come sei banale! – Lo ignoro e mi dirigo alla stanza n. 3 che mi collega con il mondo degli elfi.
Questa volta però esco dalla.... corteccia di un'albero! La casa di Adelaide non esiste più è stata rasa al suolo. La notizia positiva è che non ci sono più neanche i ragnoni schifosi.... scusate se è poco. Sono direttamente nella radura adiacente alla casa distrutta e guardo una desolazione vuota.
Ci sono meno guardie e hanno l'aspetto di normali elfi neri, con mia grande gioia non sono trasformati nei soliti lucertoloni.Per prudenza ed escludere di cadere nelle eventuali trappole sul terreno, salgo sul righello scooter e percorro la solita strada che porta al ponte. Non vedo più le magnifiche creature alate che riempivano lo spazio con i loro eleganti voli, spero stiano bene. Appena possibile, proverò a contattare Adamantis, anche se è rischioso visto che lui non si è più fatto vivo. Non posso aspettare oltre, devo sapere cosa è successo.
– Alfred, ci sei? – chiedo.
– Certo.
– Se vedi qualche cosa di strano, fuori posto, me lo dici?
– In effetti, qualche cosa c'è – dice Alfred.
– Cosà? – chiedo già in ansia.
– Tu.
Che pazienza ci vuole! Comunque, pensandoci, non ha tutti i torti. Ho la strana sensazione che la nostra collaborazione avrà vita lunga... "Io e Albert", sembra il titolo di un romanzetto rosa...
– Possiamo comunicare telepaticamente? – mi informo.
– No. Volendo però posssso inssssinuarmi nella tua mente... – dice lo jinn sibilando.
È un tipetto pericoloso, non c'è che dire, meglio non farselo nemico. Chissà se vive in una casa con tanto di stanze,vetrate e magari una veranda...
– Che strana cosa... come mai? – chiedo.
– Non ho una testa quindi non ho una mente. Tutto il mio essere è tutto e nulla. Non è una cosa che voi umani in genere capite... Una volta un ragazzo sumero tentò di tagliarmi la testa. Povero sciocco! – commenta Alfred.
– E che ne è stato di lui? – chiedo.
– L'ho mangiato – risponde.
Non sono sicura che mi stia prendendo in giro quindi faccio cadere l'argomento.Siamo arrivati velocemente al lago con anatre, foglie autunnali e costruzione finto – greca sullo sfondo, anche qui le guardie-soldati sono in numero molto inferiore alla volta precedente.
– Eccoci, ho già ispezionato questa postazione militare e ho visto che, tramite specchi, si può accedere alla Corte Nera. Che ne dici dell'idea? Suggerimenti? Commenti? – bisbiglio ad Alfred.
– Un'idea come un'altra per farsi uccidere. Se sei veramente convinta... – mi risponde.
– Grazie per la fiducia! Ma non dovevi aiutarmi? – chiedo.
– Per aiutarti dovrei farti cambiare idea... – mi risponde.
– E va bene! Almeno avvertimi se ci sono pericoli... – dico stizzita-
– Scherzi?
Entriamo dal portone, sempre semi aperto, e ci troviamo nella sala circolare. Imbocchiamo la scala a chiocciola e ci rechiamo nel cuore della fortezza. Devo dire che sono a corto di idee, soprattutto perchè questi sgherri sembrano andare e venire da un luogo all'altro con uno schema noto solo a loro. Non so a quale gruppo o singolo elfo accodarmi, rischio di perdere delle ore a girare a vuoto. Aspettare davanti a uno specchio si è rivelato inutile, se nessuno lo varca rimango impalata come un baccalà a guardare nel vuoto e, di contro, non posso correre da uno all'altro per vedere se qualcuno lo usa.
Ecco un colpo di fortuna! Svoltato un angolo, vedo l'elfo vivandiere, quello con un occhio di un colore e l'altro di un altro, che porta con sussiego un vassoio vuoto. Mi accodo per un pezzo a lui, per apprenderne il modo di camminare e noto che nessuno gli fa caso, quindi è il soggetto perfetto. Sempre ammesso che qualcuno non l'abbia mandato appunto per queste sue virtù, nella speranza che lo intercetti e lo segua, ma questa è paranoia. Non so chi ha detto che la fortuna aiuta gli audaci, speriamo bene.
Dopo poco, l'elfo si avvicina ad uno specchio e io, con tutto il coraggio che ho e che avrò mai, mi incollo alla sua schiena ed entro nello specchio dietro la sua scia. L'operazione, durata pochi secondi, non deve essere stata perfetta, visto che sono quasi caduta nel tentativo di non crollare sull'elfo dagli occhi di diverso colore. Ma, bene o male, sono alla Corte Nera e non c'è nessuno, oltre a noi e al cameriere, che ci infilzi o spari all'entrata.
– Ah! Che proprietà di movimento! Che fine stratega! –sussurra Alfred.
– Piantala! – gli rispondo a denti stretti.
Siamo in una piccola grotta arredata con dei tavoli sui quali troneggia un po' di tutto, dai piatti e bicchieri a bibite di vario colore. Il nostro elfo imbocca un mini corridoio che ci porta direttamente in una grande cucina, e quando dico grande intendo come una sala da ballo. Pentole, pentolini e pentoloni sono modernissimi come i banchi in acciaio inox e i fornelli. Creature di ogni genere danzano fra un tavolo e l'altro. Cuochi e i loro aiuti sembrano a loro agio fra una postazione di lavoro e l'altra, senza dubbio favoriti dalle abbondanti numero di braccia e gambe che possiedono. Stranamente tutti stanno usando solamente dei vegetali, dalla affettatura alla bollitura e allo stufato. Saranno vegetariani a Corte?
Mentre faccio queste ed altre considerazioni, fra l'altro anche quella dell'estrema pulizia del salone, per poco non mi perdo la nostra guida elfa, che con o da militare sta uscendo dalla cucina per entrare.... in un'altra cucina altrettanto grande.
Stavolta i cibi in lavorazione sono tutti a base di carne anche se non riconosco a quale specie di animali appartiene. Nonostante le apparenze, nell'aria aleggia un buon profumino e il nostro elfo è già all'altro capo della sala. Corro per raggiungerlo.
Dopo avere attraversato altre cucine più o meno grandi, compresa quella dei dolci, l'elfo con gli occhi di due colori scende nelle cantine. L'ambiente è umido e fresco e poco frequentato, suppongo a causa delle guardie all'ingresso. Credo sia una riserva privata, vedo infatti tante bottiglie acccuratamente riposte e piene di polvere. Vedo anche una serie di botti verso cui mi dirigo.
– Alfred, devo cercare di contattare Adamantis, non vedo un posto migliore di questo – dico.
– Ecco, brava. Mettiti qui, fatti un sonno o contatta chi vuoi, io faccio una cosa più intelligente e opportuna, vado in ricognizione senza una palla al piede che segue camerieri... Aspettami, tornerò – dice lo jinn.
– Alfred! Alfred! – chiamo fra i denti ma non ricevo più risposta. Nonostante tutte le sue chiacchiere non mi fido di lui e comunque non mi ha detto come contattarlo nel caso ci fosse un problema, ma forse, in quel caso, sarebbe comunque inutile. Ero e sono sola.
Esploro un po' la cantina che si rivela piena di cunicoli. Dopo una decina di minuti decido che gli spazi vicino all'entrata sono i più adatti, così mi distendo fra una fila di bottiglie e l'altra. Cerco di sgombrare la mente e contatto l'amico. Mi ritrovo nel solito ambiente luminoso, ma di Adamantis non c'è traccia. Mi impongo di aspettare altri minuti sebbene sia sempre più agitata. Finalmente comincia a delinearsi davanti a me una figura.
Come temevo NON è Adamantis, lo vedo dalla sagoma. Pian piano i lineamenti si fanno più chiari. È il Mago della Regina, vestito di blu, rosa e viola.
– Dov'è? – chiedo infuriata senza preamboli.
– Ah! Ma guarda guarda... Dov'è chi? – chiede il Mago.
– Rispondi, mago dei miei stivali! Dov'è? Se gli hai torto un capello ti uccido! – dico fuori di me.
– Bene, bene! La cagna umana! Devo confessare che è una sorpresa.... E... sei qui a Corte! Lo percepisco! Se... – così dicendo si avvicina per afferrarmi.
Sarà anche un grande mago ma ha fatto una mossa scontata. Appena ha tentato di avvicinarsi mi sono tolta l'anello, scollegandomi completamente da quel pallone gonfiato. Non credo che Adamantis sia morto, altrimenti l'anello sarebbe tornato integro, invece mi sembra la solita striscetta insignificante di metallo mentre lo guardo attentamente e poi lo ripongo nello zaino.
Sanno che sono qui,che fare adesso? Mi rintano e rifletto. Andare a zonzo per la Corte sperando in un colpo di fortuna? È una sciocchezza. Il mago in questione si è dimostrato molto potente ma ha fatto l'errore di farmi fuggire e quello, maggiore, di farmi infuriare. Decido di attendere Alfred e di riposare un po' nel frattempo,devo essere più che in forma per affrontare la corte.
Dopo qualche ora che giaccio indisturbata, combattendo contro l'impulso di starnutire e in preda a orridi pensieri, odo un sussurro: – Indovina chi è?
Vorrei rispondere "ma sparati! Chi dovresti essere idiota di un Alfred?" Ma invece dico fra i denti: – Alfred, sei tu? Che novità?
– Ho girato in lungo e in largo la Corte, almeno le zone più comuni come le carceri. Non c'è traccia degli Arkadax, né del tuo Adamantis, il che è molto strano in effetti. Se sono in catene devono esserlo negli appartamenti della Regina Nera, il che non è di buon auspicio. L'unico che ho visto sgambettare libero è Leasyn, lo so perchè l'ho seguito, e mi sembra che goda una certa considerazione a corte, guadagnata perchè è uno schifoso ruffiano e una spia. Gli appartamenti reali sono inaccessibili, ci sono reti di allarme anti intrusi, il che ci
porta al problema più spinoso. Sembra esserci un Mago di alto lignaggio al servizio diretto della Regina che ha teso trappole agli estranei più che efficaci. Ho ascoltato conversazioni e pettegolezzi vari, ma di più non sono riuscito a sapere, in così poco tempo. Nessuna notizia di Jade, altra cosa stranissima. Non credo che eremo inosservati, anzi, secondo me ci stanno tendendo una trappola – dice lo jinn.
Devo amettere che si è dato da fare e le sue informazioni sono più che utili.
– Ti ringrazio, Ba ha scelto un fido alleato. È senza dubbio una trappola – dico riassumento brevemente ad Alfred l'incontro, non previsto, con il Mago della Regina.
– Allora ci stanno aspettando... Si vede che sei prevedibile... – riflette Alfred.
– Appunto! Li vogliamo deludere? Hai altre soluzioni? – chiedo.
– Dal mio punto di vista un migliaio, dal tuo una sola. Non c'è più il problema di arrivare al cospetto della Regina, ti sta aspettando a braccia aperte e ti spianerà la strada in modo che tu possa arrivare a lei viva... Ma come ne uscirai? – dice lo Jinn.
– Sinceramente? Non ne ho idea – rispondo, – ma devo sapere che ne è stato degli altri e tentare di portarli fuori di qui vivi. Quindi io vado. Tu che farai?
– Non posso esserti d'aiuto. Sono uno jinn potente, ma non tanto quanto tutta la
Corte assieme. Ti mostrerò un percorso sicuro per avvicinarti il più possibile alla Regina Nera in modo che si accorga di te solo all'ultimo minuto e poi attenderò di vedere se ho vinto la scommessa... – dice Alfred.
– Che scommessa? – chiedo incredula.
– Non ha importanza – mi risponde Alfred.
Partiamo per la missione di salvataggio o almeno così spero che sia. Lo jinn mi conduce per strane sale la cui funzione rimane ignota e le cui forme e colori mi lasciano alquanto perplessa. Ma non c'è tempo, devo allungare il o. Non ho chiesto ad Alfred se conoscesse il Mago della Regina, ma ormai non ha più importanza, sicuramente lo incontrerò fra poco e me ne farò un'idea di persona.
Dopo avere varcato porte su porte, la voce sussurrante dello jinn mi indica un aggio non più alto di un metro e mezzo scarso e largo di meno.
– Ma che roba è? – chiedo.
– Beh, è il aggio che usano le creature di compagnia della Regina – mi risponde Alfred.
– Creature? Che creature? Adesso dove sono?
– Non farti troppe domande. Io ti lascio qui. Raggiungi la sala del trono, io
comincerei da lì. Buona fortuna – dice lo jinn.
– Ehi!! Ma... cosa dovrei fare? – chiedo.
Silenzio. Forse se n'è andato o forse no, comunque sia mi infilo nel tunnel ma non prima di aver guardato se ci fosse qualcuno o qualcosa che stia uscendo. È tutto buio e non si vede nulla quindi striscio nell'imboccatura. Il aggio si rivela un tunnel schifoso, impiastricciato di ogni lordura possibile che si attacca dovunque ma che,per fortuna, non si vede.
Dopo minuti trascorsi ad affannarmi a strisciare e sull'orlo di una pericolosa crisi dovuta alla mia claustrofobia, vedo la luce e quattro gambe. Gli arti inferiori appartengono a nerborute guardie appostate all'uscita/entrata del aggio. Fortunatamente per me fra la fine del tunnel e loro c'è uno spazio sufficiente per sgaiattolare di lato, chi potrebbe infatti pensare che qualcuno esca dal buco?
Mi trovo in un ambiente con molte piante che tappezzano le pareti e rubano spazio a strani arazzi di velluto rosso che ignoro completamente dirigendomi verso l'unica porta della stanza. Mi ritrovo in quella che credo essere una sala del trono alquanto singolare.
Mah! Me la immaginavo più grande! Forse è un'illusione ottica data dalle pareti che sono fatte d tronchi semoventi che infondono alla stanza un'aspetto "vivo". Al centro, contro la parete di fondo, c'è quello che sembra un trono fatto sempre di tronchi, che spuntano dal suolo, ma coperto dai fiori del frutto della ione (o maracuja se vogliamo), sboccianti. Seduta al centro vi è una creatura di immensa bellezza.
Sul trono c'è una giovinetta con gli orecchi a punta adornati da pendenti, composti da splendide perle. È coperta fino alla cintola da capelli bianco/grigi risplendenti, fra le cui volute affiorano sempre quegli strani fiori. È vestita, si direbbe, con un abito lungo e ampio fatto di voile e veli ma quello che affascia è il viso perfetto, con labbra sottili, naso volitivo e occhi grandi e blu. Sul capo porta una corona che mi è stranamente familiare. Ma dove l'ho già vista? È composta da sei piastre d'oro cesellato e sbalzato con motivi floreali, ha incastonato delle pietre rosso sangue e, sullo sfondo smaltato, una colorazione verde smeraldo.
Nella più totale meraviglia mi sto avvicinando moltissimo al trono mentre la Regina Nera sta parlando a bassa voce con, guarda caso, il Mago. A un certo punto volta la testa verso di me e comincia a fissarmi intensamente.
– Quindi sei qui! Sei creativa, da dove sei entrata? Mostrati! – dice la Regina.
Eccomi al dunque! Non mi sorprende che mi abbia percepito in qualche modo, altrimenti non avrebbe la fama di regnante spietata e visionaria. Mi tolgo il cappuccio e mi rivelo.
– Non ho idea di che cosa si dica ad una regina, i miei rispetti? Comunque sia, sembra che mi stavate aspettando – dico.
– Lo sai benissimo. Non ti presento il mio Primo Consigliere – dice indicando il Mago. – So che vi siete già conosciuti. Mi hai procurato molti fastidi ma io so riconoscere il talento quando lo vedo... Per questa ragione ho deciso di dimenticare le... divergenze ate e ti faccio una proposta. So che hai rifiutato di incontrare la Regina Bianca,per cui ti ritengo un membro della mia corte e ti offro di rimanerci come consigliere o con qualche altra funzione a tua scelta.In cambio di tutto ciò richiedo naturalmente la tua completa sottomissione e al
dono, da parte tua, della "Fonte" che ti ha dato Adelaide come prova di fedeltà nei mie confronti – dice senza preamboli la Regina Nera.
– Non scherziamo! Ho poco tempo e Vostra Grazia sa perfettamente il motivo che mi porta alla Corte Nera. Non c'è null'altro che voglio da Voi. Dove sono i miei amici? – chiedo.
– Ognuno ha il suo prezzo e il tuo, devo dire, è ben misera cosa. Vuoi vedere i tuoi amici? Eccoli! Li vuoi con te? Dammi la "Fonte ". Vuoi morire con loro? No, misera umana, resterai in vita fintanto che non mi dirai dov'è, e me lo dirai, non dubitare!
Così dicendo e prima che potessi capire la portata delle sue parole,la parete di destra si muove, rivelando delle figure. Automaticamente la mia attenzione viene attratta dalla quella più piccola. È inchiodata, appesa alla parete con strisce squadrate di ferro, una alla gola talmente stretta che ha tagliato la pelle, oramai infetta e pustolosa, due ai polsi, ridotti in condizioni pietose, e due alle caviglie, non messe meglio. Gli occhi sono gonfi e chiusi mentre al suolo c'è un liquido vischioso, l'essere non sembra cosciente.
Mi sento male, è Ba. Corro dalle altre figure. Alcune sono inchiodate e malridotte come il folletto, altre hanno grosse catene che gli permettonodi sedersi a terra, sono tutti Arkadax. Un mucchio di stracci senza un braccio mi sta guardando.
– No! Utvik, UTVIK! Mi riconosci?cosa è successo??!! – chiedo.
– C… Ci hanno traditi... Ho fatto quello che potevo... Non... non sono riuscito a
salvare il piccolo... non me lo perdonerò mai... – dice la figura piangente e tremante, pelle e ossa.
Il piccolo? Mi giro e guardo meglio i volti...non c'è Avero Abis, il fratellino di Alba. Già, Alba....Vedo poco più in là un piccolo divano dove è stesa una ragazza nuda, tutta tatuata con disegni usciti dal'inferno e una massa di capelli rosso fuoco, chiaramente tinti. Ha degli spilloni che le trafiggono le braccia e le gambe da parte a parte. Sta piangendo sommessamente... È Alba.
Poco più in là c'è un'elfo appeso per le caviglie a gambe divaricate. È completamente calvo e tatuato sulla testa con dei disegni altrettanto orribili. È stato picchiato violentemente tanto da renderlo irriconoscibile ed è trafitto dagli stessi spilloni della ragazza. Mi avvicino e lo guardo negli occhi, li riconoscerei. Una rabbia disperata, potente ed incontrollabile eplode dal profondo del mio essere.
– AAAAAAAHHHHHHHH! – urlo e mi dirigo verso la Regina.
Mi sento espandere, sto crescendo velocemente. Il mio corpo è al centro di un'altra figura che è stata espulsa da esso e che adesso è diventata alta almeno il doppio. Il mio nuovo viso si sta atteggiando in un ghigno terrificante mentre mi stanno spuntando due zanne al posto dei canini. Mi espando ancora e ancora, ora occupo tutta la sala in altezza e quasi in larghezza. Sono diventata un essere enorme, sono pura luce bianca, ho una corona in testa con delle file di perle e diamanti che scendono da essa e mi arrivano alle spalle, indosso una semplice tunica lunga fino a terra, il mio ghigno storto e l'espressione dei miei occhi devono essere terrificanti, visto che la Regina e il Mago mi stanno fissando attoniti e spaventati.
Sono indietreggiati e mi stanno lanciando degli incantesimi ininfluenti, mentre
sento un trambusto di guardie in ogni direzione che cercano di accedere invano alla sala del trono. Sono vicinissima alla Regina. La afferro e la porto all'altezza della mia faccia.
Con una voce profonda e bellissima dico: – Chi sei tu per dare tanta sofferenza? Cosa hanno fatto loro di tanto orribile per ricevere questo trattamento? Ora dirai alle tue guardie di liberare tutti,di adagiarli delicatamente su delle barelle e di portarli alla ex casa di Adelaide. Io e te li seguiremo e quando lo deciderò ti lascerò andare. Nessuno ci seguirà, nessuno prenderà il tuo trono finchè deciderò se vivrai o morirai. Tutto questo sarà fatto perchè l'ho deciso io e verrà fatto subito. Dai disposizioni alle guardie – dico imibile.
La Regina con una espressione indecifrabile, dà gli ordini che ho richiesto. Alla fine delle operazioni, preceduta dai barellieri e attraverso un varco comparso al fondo della sala, mi incammino verso l'uscita dalla Corte Nera.
Appena fuori la sala del trono grido: – Alfred!Alfred! Ci sei?
– Che mi venga un accidenti! Per tutti gli Afrit!!! Ma cosa sei? – dice Alfred comparso nella solita foma di cane infernale.
– Avanti, dai una mano! Non fare il solito jinn pigro... Per cortesia vai a cercare dei guaritori per questa povera gente... Non puoi cambiare forma? Così li spaventi tutti! – dico sempre con la voce profonda che adesso mi contraddistingue.
– Tsè… Sei rassicurante tu! E poi non sono "gente", sono elfi! Ma quale guaritore! Non vedi come sono conciati? Conosco un tizio... che mi deve un
favore... – e sparisce lanciando un latrato orrendo che, forse, dovrebbe essere una risata.
Il corteo di malati e io, con la Regina strettamente afferrata nella mia mano, imbocchiamo un breve tunnel sicuramente aperto con la magia che ci conduce direttamente nella radura antistante alla ex casa di Adelaide, con enorme sorpresa delle guardie in loco che ci vedono comparire dal nulla.
– Dai ordini ai tuoi sgherri di costruirci dei ripari di fortuna, al resto penserò io – dico alla Regina Nera e al suo Mago che ci ha seguiti con, è proprio il caso di dirlo, un diavolo per capello.
Devo dire che sono stati velocissimi ed efficienti, con la loro Regina che penzolava dal mio pugno. Ricorda molto le utime scene di King Kong, con lo scimmione aggrappato al grattacelo e la donzella fra gli artigli... Per fortuna, nonostante il mio aspetto attuale, non ho perso il senso del ridicolo...
Prima che finissero, ecco apparire Alfred con uno strano individuo, anch'esso arrabbiato da morire e veramente poco impressionato dalla scena che gli presenta dinanzi. Alto quanto basta, ha capelli lunghi, una tunica verde scuro, un bastone e soprattutto delle orbite dalle quali escono fiammelle verdi smeraldo... Andiamo bene!
– Chi è il tuo amico Alfred?– chiedo.
– Ah… bè... non lo definirei così. È un mago molto potente e capace ma non ama essere... diciamo... distolto dalle sue occupazioni, per questo si metterà subito al lavoro...– mi risponde lo jinn.
Devo ammettere che, chiunque sia, sta facendo un ottimo lavoro. Cominciando dai feriti più gravi, se ne occupa uno a uno facendo fuoriuscire la sua magia dal bastone e poi andolo sulle parti malate.
– Alfred! – dico. – Ancora quella forma di cane... Ti prego!
Puff! Mi ritrovo a fissare dinanzi a me un pirata, con tanto di benda sull'occhio, la gamba di legno e i denti marci, oltre che a uno sgradevole odore di chi non si lava da mesi. Che pazienza!
– Così va bene? – mi chiede.
– In effetti avevi ragione, l'altra forma ti dava un aspetto più epico... – rispondo.
Ripuff! Ed ecco nuovamente la forma infernale, non oso chiedere altre trasformazioni, chissà cosa ne verrebbe fuori.
– Cos'era la storia della scommessa? – chiedo.
– Non è una storia, è una scommessa – risponde Alfred.
– Quindi? – richiedo.
– Bè? Sono qui, no?
– Allora?
– Allora l'ho persa!!! – spiega lo jinn.
– Continuo a non capire – insisto.
– Ba aveva fatto una scommessa, se avessi vinto io me ne sarei andato dove mi pareva, se avesse vinto lui… ti avrei dovuto fare da guardia del corpo fino a che tu avessi voluto... – dice Alfred..
– Come mai hai perso? – mi informo.
– Ho scommesso che non saresti sopravvissuta alla Corte Nera – risponde scocciato lo jinn.
Nel mentre lo zelante amico di Alfred ha finito di curare tutti i feriti gravi e gli elfi neri hanno costruito dei rifugi di fortuna. Il presunto mago appare provato dallo sforzo ma sempre combattivo, infatti dopo avermi lanciato un'occhiata di disprezzo, svanisce nel nulla.
– Regina, ora puoi tornare nel tuo regno. Non darai piu fastidio né direttamente
né indirettamente al mio popolo. Se vorranno ricostruire una nazione a sé, potranno farlo. Se vorranno tornare alla Corte Nera, lo faranno, spetterà SOLO A LORO la decisione. Non voglio più tornare sull'argomento. Se lo dovrò fare, tu morirai – dico posandola a terra.
La Regina e il suo Mago mi guardano ancora una volta e poi spariscono e io mi dedico finalmente ai malati. Mentre piano piano riassumo le mie sembianze normali, vedo in lontananza emergere dai boschi che circondano la radura, divisi in gruppetti , elfi di varie etnie.
– Chi sono? – chiedo ad Alfred.
– Guaritori. Ho sparso la voce e... sembra che siano venuti un po' da tutti i popoli degli elfi a dare una mano... – risponde.
Visto che se ne stanno tutti ai bordi del campo dico: – Benvenuti. A chiunque è giunto in questo posto rivolgo il mio grazie. Tutto quello che potrete fare per rimettere in salute i miei amici sarà ben accetto. Prego, venite avanti senza timore.
– Alfred – dico sottovoce, – controlla per favore che non ci siano delle "mele marce" che approfittano della situazione per danneggiare qualcuno.
– Era quello che pensavo anch'io... – dice lo jinn svanendo.
Gli elfi che avevono ferite più gravi stanno dormendo, ma vedo il folletto che ha
gli occhi aperti.
– Ciao, Ba! Come ti senti? – chiedo.
– Ho la pelle dura, ma stavolta c'è mancato poco... Sono molto stanco – risponde..
– Cosa diavolo è successo? – chiedo.
– Sono stato uno sciocco. Quei elfi silvani... avevi ragione. Una parte facevano il doppio gioco. Aspettavano che mi allontanassi da Alba per agire indisturbati. Ci hanno preso separatamente e poi.... Per bloccare i poteri di Alba hanno dovuto dipingerle sul corpo delle formule magiche e rune contenitive... – racconta Ba.
– Non ti affaticare, ne parleremo quando starai meglio. Solo un'ultima cosa. Come sapevi che potevo farcela e quindi hai fatto la scommessa con Alfred?
– Alfred? Ah, sì… lo jinn. Ti ho osservato a lungo... Poi ho solo sperato che tutto non finisse qui, il progetto di una nazione libera, intendo... Avevi comunque bisogno di un aiuto che io non ti potevo offrire... – dice Ba tossendo.
– Tornerò più tardi. Cerca di dormire un po' – dico accarezzandogli il capo.
– Eccola qua! – dice una voce alle mie spalle.
Ma guarda un po', c'è lo gnomo che mi aveva condotto da Aba e Iba .
– Salve! Tutto bene? Nessun problema per il tuo popolo? Hai bisogno di qualche cosa? – chiedo.
– Felice di rivederti tutta intera e… no nessun problema. Sono un messaggero. C'è una... persona che vuole vederti – dice il piccoletto.
– Ma... adesso? – chiedo.
– Adesso. Seguimi – dice lo gnomo sicuro di sè.
Lo seguo rassegnata fra l'erba alta, poi attraverso l'entrata ricavata da una radice di un'albero. Arrivati alla sala più grande sono accolta da "evviva!", "eccola!", "Brava!" da una moltitudine di gnomi festanti. Mi schernisco cercando di urlare che in effetti ho avuto un largo aiuto, anche da loro.
Il mio gnomo guida mi conduce in una stanza ben illuminata, fresca e abbellita da molte piante in vario stato di crescita.
– Ecco qua – dice lo gnomo e se ne va.
Attendo.Non si fa vedere nessuno. Allora, per ammazzare il tempo, comincio ad
ammirare le piante, riproponendomi di andarmene se entro poco non fosse comparso nessuno, a costo di sembrare scortese.
– Sei sempre la solita! Meno male! – dice una voce.
Sono stanca morta e non incline ai giochetti.
– Chi sei o cosa sei? – chiedo allargando le braccia esasperata.
– Un'altra volta? – risponde con una domanda la voce.
Ci penso un'attimo.
– NO! ADELAIDE???? Dimmi che non mi sbaglio! Dove sei???? – chiedo.
– Alla tua destra, nel vaso blu – risponde.
Guardo e vedo una piantina minuscola.
– Ma non ci posso credere!!!! Ma come? Ma chi? – dico sbalordita.
– Sono stati gli gnomi. Hanno raccolto la mia essenza quando mi sono scomposta in pezzetti di carta… Sono felice di vederti! – dice Adelaide.
E io finalmente mi sciolgo in lacrime di gioia.
L'autrice
Mariagrazia Monguzzi
Nata nel 1960 a Monza ma di adozione modenese, si definisce una viaggiatrice e un’innamorata del mondo.
Dopo la quarantesima nazione visitata, non le ha più contate, godendo del viaggio in sé senza altri problemi di valutazione.
Per vivere fa la ragioniera, da tanto, troppo tempo. “Le Sette Porte” è il suo primo fantasy.
(C) testi di Mariagrazia Monguzzi
(C) illustrazione di copertina rolffimages