A Lorenzo e a tutte le altre vite rubate sulla strada
Datemi il nome che mi avete sempre dato
Charles Peguy
© goWare, per l’edizione ebook Novembre 2013, prima edizione digitale
© Laura Montanari e Associazione Lorenzo Guarnieri Onlus
ISBN 978-88-6797-131-2
Redazione: Alice Mazzoni
Copertina: Lorenzo Puliti
Sviluppo ePub: Elisa Baglioni
Brani musicali: Stefano Cipriani
goWare è una startup fiorentina specializzata in digital publishing
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Made in Florence on a Mac
L’Associazione Lorenzo Guarnieri Onlus è nata per ricordare Lorenzo Guarnieri ucciso nella notte fra il 1° e il 2 giugno nel Parco delle Cascine a Firenze da un uomo che guidava ubriaco e drogato. La violenza stradale è la prima causa di morte dei giovani con età compresa tra i 13 e i 21 anni. In Italia muoiono ogni anno 5000 persone sulle strade, mentre i morti per mezzo di un’arma sono 600. L’Associazione si batte per il riconoscimento del reato di omicidio stradale.
La playlist di Lorenzo (brani musicali di 1 minuto):
Biagio Antonacci, Sognami; Coldplay, The scientist; Coldplay, Yellow; The Fray, How to save a life; Last Goodnight, Picture of you; The Notwist, Consequence; Bob Sinclair, Lala song; Regina Spektor, On the radio; Tricarico, Vita tranquilla
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Presentazione
Lorenzo era pieno di sogni e di allegria. Una sera tornava a casa in motorino da un concerto. Non beveva alcolici, non faceva uso di droghe. Quello che l’ha investito e ucciso, sì. È stato un incidente o un omicidio stradale? Come si vive la scomparsa di un amico, di un fratello, di uno di noi? Le parole scritte sui social network, le lacrime, le storie che restano: “noi abbiamo scavalcato la notte e i mesi, noi abbiamo scagliato sassi al mare e urlato il tuo nome. Noi ci siamo chiesti mille volte perché. Ma il silenzio ci ha sbranato sempre. L’ultima volta adesso: lasciandoci vivi”.
Laura Montanari, giornalista di “Repubblica”. Vive a Firenze. Scrive di cronaca, ha un blog che si chiama Altre Frequenze. Di recente con sco Niccolini e Fabio Galati ha scritto il testo teatrale “Muro” sulla storia di Nof4, paziente dell’ospedale psichiatrico di Volterra, ingegnere astronautico militare e sognatore.
Vieni via da lì
Noi la mattina dopo avevamo cento messaggi sul cellulare e cuori circondati dal filo spinato. Non avevamo dormito. Com’è successo? Dove? Quando? Dai non scherzare. Noi eravamo in mezzo ai venti, le parole si alzavano come i fogli di un quaderno che aveva perso l’ordine alle sue pagine.
Com’è successo?
Dove?
Quando?
Noi quella notte siamo corsi lungo il corridoio della strada e c’erano gli alberi pieni di foglie sul viale dritto come una linea retta.
Chi l’ha ucciso?
Dove?
Quando?
Pensavamo di tornare a casa, non ci avevano detto che in mezzo c’era un fronte, una guerra, un buco nero. Veniva musica elettronica da dietro il parco e i bassi battevano sulle casse. Le luci intermittenti delle sirene ferme si vedevano da lontano e illuminavano un cielo basso come una soffitta. È là, deve essere là. Noi volevamo prenderti la mano e tirarti su dall’asfalto. Dai Lore, andiamo via. Parlaci, gira un po’ la testa, siamo qua, ci vedi? Noi all’improvviso volevamo gridare, buttare via questo mondo per rifarne un altro da capo. È tutto brutto Lorenzo qui, cambiamo posto, torniamo indietro: ci ridici ciao e noi inventiamo una scusa, tu ti allacci una scarpa resti ancora un attimo con noi e quei due sulla Vespa ano. Basta un mezzo secondo e non succede niente, le linee delle nostre vite si sfioreranno appena, noi e quei due resteremo sconosciuti. Se cascano, cascano loro, soli e ubriachi o fumati. Il destino non è sincronizzato, lo possiamo smontare come il motore di una moto no?
Noi non riuscivamo a gridare davanti a quel muro che riempiva all’improvviso la nostra vita e faceva sembrare niente il resto del mondo.
Il parco era immenso a quell’ora, e buio, i sentieri sterrati, pieni di sassi. Le Cascine sono il nostro Central Park, ci dicevamo così per ridere, ma chi l’aveva vista New York? Tu eri stato in California l’estate prima, in una foto sei con Valentina sulla spiaggia di Venice, siete di spalle e camminate, con uno zainetto e i calzoni corti. Sembra così lunga e intoccabile la vita presa dallo scatto di una fotografia.
Cascine, Cascine, Parco delle Cascine alla centrale.
Tre feriti.
Negativo, tre feriti.
Uno non è cosciente, ripeto non è cosciente.
Serve un medico. Noi siamo arrivati dopo, quando c’era un silenzio pazzesco intorno, si sentiva soltanto il dottore che diceva, non muoverlo. ami il laccio. E non avano i minuti. Provo il massaggio.
I nostri fiati sembravano terremoti, avevamo facce bianche e mani che non sapevano dove stare. Tutto sembrava sospeso in un tempo senza orologi, come eravamo entrati in quel teatro che non ci apparteneva?
Volevamo uscire, ma non
c’erano
più porte.
Non è così, niente può essere così. Ogni cosa può cambiare. Hai diciassette anni, noi sedici, diciotto, trenta, noi siamo i compagni di scuola, gli amici, i genitori, i nonni, i fratelli, le sorelle.
Adesso Lore chiudiamo gli occhi e torniamo a un quarto d’ora fa, tu sei in piedi accanto ad Ale e a Giovanni, guardi l’orologio, è ata l’una, dici: io vado. Avevamo riso insieme e facevamo rotolare a caso un sacco di parole fuori dalla bocca. Possiamo riavvolgere il nastro e tornare al concerto di musica elettronica. Muv, Muv. 2 giugno 2010. Pensavamo martedì sera di andare al Muv. Da cosa dipende la strada che prende il nostro destino?
Un o avanti, uno indietro, ma quanti corridoi ci sono in questo posto? Noi non abbiamo dormito né mangiato. Noi abbiamo vomitato e guardato le foto su facebook e scritto dalla notte all’alba sul tuo muro. Noi abbiamo mille domande da fare a Dio e ci siamo portati un foglietto,
eccolo qua.
È piegato in quattro, sta nelle nostre tasche.
Dentro i giubbotti. C’’è una sola parola scritta sopra e mille volte ripetuta e declinata nelle nostre teste: perché? Perché Lore e non io, lui, noi? Come ti sei permesso? Perché in questa notte di giugno che sembrava così uguale alle altre? Perché senza un indizio, un segnale, una paura che ci mettesse in guardia.
Perché PERCHÉ perché.
Alessio dice che sei sulla Luna. Dovevate andarci insieme quella notte invece sei partito solo, sul tuo motorino Sh nero.
Aveva il casco slacciato? domanda un maestrino. Ora lo prendiamo a pugni quello stupido che chiede una scemata così vedendo il tuo Momo rovesciato. Lo conosci Lore, quello lì con la maglietta verde? È lui che ha fatto quella domanda cretina tirandosi sulle punte per guardare oltre la macchina dei vigili. No che non lo conosci e se lui ti avesse conosciuto non avrebbe fatto quella domanda così cretina.
Ragazzi indietro, state indietro. Noi non potevamo accettare che Dio ci spegnesse la luce nella stanza, che togliesse il nostro amico come una carta dal mazzo, lì davanti a noi. Tu non sparirai, sarai per sempre il nostro numero dieci. C’è tutto un dopo che ancora ci appartiene. Camminerai con noi Lorenzo, studierai sui nostri libri, ti faremo crescere nei nostri pensieri, coltivando i ricordi come se fosse sempre primavera. Gio, chi è il poeta che ha scritto che il più bello dei mari è quello che non navigammo mai? Boh. Noi non riusciamo a piangere abbastanza stanotte, questa mattina,
questo mese,
questi anni. Le lacrime non ripuliscono il dolore che sta dentro e galleggia in gola come un catarro, come una sigaretta, una cattiva compagnia. Ci sarà pure un
modo per rimuoverlo, uno sciroppo che ce lo fa are, una giustizia da renderti. Cosa merita quello che ti ha coperto il tramonto con il cemento armato e lasciato qua, disteso
fra le sirene,
lacci emostatici,
guanti,
fazzoletti disinfettanti?
Ci sarà qualcuno che pagherà mai abbastanza per questo omicidio? Ci sarà mai un tempo per il perdono, una pace dentro questa ferita?
La sera, tornando a casa, ascoltiamo le suole delle nostre sneakers sull’asfalto, guardiamo le prime foglie dell’autunno e contiamo che sono ati più di cento giorni e ci viene da dire: dove sei? Lo chiediamo mentre le scarpe di gomma strisciano l’asfalto. La mano ria fra i capelli. Tutto ci ferisce, anche il vento di grecale, tutto brucia, è come se ci avessero tolto la pelle, come se qualcuno se la fosse portata via lasciandoci così,
soli,
nudi,
qui.
Questo dolore ci sarà mai utile? Dove lo terremo questo lutto col are dei giorni? Lo sentiremo addosso come ora? Non eravamo noi quelli che, d’estate, correvano in mezzo ai campi di girasole, quelli che, impazienti, aspettavano il turno in gelateria, quelli che guardavano il mappamondo e dicevano: mi piacerebbe andare qui, e qui e qui, quelli che non hanno mai pensato che la vita fosse meno di per-sempre? Non siamo pronti a dirti addio. Noi ci addormentavamo soltanto ieri col ranocchio saltatore della contea di Calaveras, noi cerchiamo ancora maghi e bacchette magiche, cavalli capaci di volare e fate che ci vengano a salvare dalle streghe e da tutte le paure.
Viviamo tra alberi, fiumi, palazzi, fulmini e tempeste e navighiamo in questo caos e non può essere per caso. Ha un senso ogni cosa che facciamo a cominciare dal 7 da aspettare ogni mattina alla fermata per andare a scuola? Si calmerà questo buco allo stomaco? Il dolore serve a crescere, abbiamo letto in qualche pagina di un libro. Balle. Questo dolore invecchia cent’anni, ci toglie l’innocenza. Ci assale come un mostro la voglia di accarezzarti, di riprenderti per mano: andiamo Lore, dicci in quale tasca nascondiamo l’anima, dove c’è qualcosa di meno freddo di questo tavolo di acciaio? Noi parliamo con te
quando siamo
soli nelle nostre stanze
e se iamo davanti allo specchio
e ci guardiamo
sembriamo proprio matti.
Ricominciamo dai, non è un finale questo. Lore, dove sei andato? Sei aria, ti respiro? Sei nel fumo delle nostre sigarette? Ti cerchiamo nel sonno, nell’affanno di una stanza buia, nei libri che accumuliamo la notte sul comodino, negli amori che ci lasciano sulla porta di una biblioteca o davanti a un bar di Santa Croce. Ti troviamo lungo i sogni della notte, per caso o per un segno del destino, per la voglia che abbiamo di incrociarti ancora dentro qualche vita.
Noi abbiamo guardato le foto sui siti web delle cronache, abbiamo visto il tuo casco lasciato come il guscio di un uovo, i pezzetti dei motorini esplosi, abbiamo pensato soltanto a te sotto quel lenzuolo bianco e a come si poteva rimediare, firmare una tregua, chiedere una grazia, una clemenza. Se la nostra vita fosse messa su un tavolo, su un grafico e potessimo controllare gli incontri, le direzioni, se potessimo avere una seconda possibilità, ma Tu che stai
nei cieli,
ci senti, lo sai che ti preghiamo? Noi sul web siano andati a ricercare le foto che avevamo fatto insieme, le cose che avevi scritto, quelle di cui avevamo riso. Il cinque al compito di matematica, l’ultimo inverno all’Abetone e la cena al cinghiale. Noi sentiamo i morsi che fa la nostalgia, questo voler bene che è come un taglio dritto sulla fronte, qualcosa che ti lascia fermo, immobile e fa lo stesso male.
Foto di Lucia Baldini
Il giorno dopo
La mattina dopo avevamo girato il mondo chiusi in una stanza, come marziani in uno spazio senza gravità. Le parole restavano sospese in una grammatica che modificava il nostro presente declinandolo in un ato che non ci apparteneva. Lore era, Lore aveva...
che roba è? Guardavamo la maglia con il numero 10, i fiori che ti avevamo portato, no dai non sono per lui, le mani tremavano, avevamo gli stessi jeans e gli stessi maglioni della sera prima, ma quelli dentro non eravamo più noi.
Avevamo nuove solitudini, occhi picchiati da un dolore sconosciuto e continuo, un dolore che non conosce domeniche o sabati sera. Guardavamo questo mondo per la prima volta e ci sentivamo bambini lasciati soli nel buio del parco. Noi che al massimo avevamo perso un cane, un canarino, un gatto, noi che al massimo ci avevano rubato lo scooter, una gomma, un casco e maledivamo la sfiga per un’interrogazione, un compito, una bocciatura. Noi, così piccoli, non eravamo pronti a capire i giri che fa il destino, sentivamo il sangue dentro lo stomaco, salire alla gola, guardavamo i libri, la stanza, il diario, le nostre mani ed eravamo marziani dentro un altro mondo.
Noi sentivamo tua madre dire che eri uscito allegro, che la mattina dopo dovevate riare Kant. Noi ricordavamo il piano per le vacanze a Riccione, dovevamo andare anche a nuotare a Forte dei Marmi e ci preoccupava di più la partita in trasferta della Fiorentina del domani o del dopodomani o di qualsiasi altro futuro prossimo a venire. Uno ti aveva chiesto: Lore domani sera si va al cinema? E tu avevi detto sì, e poi forse, e poi forse no, perché c’era filosofia in
vista e la scuola stava per finire, e intanto ti infilavi il casco: andiamo a casa? Credevi di tornare a casa come noi, con noi. E invece in mezzo c’era il viale degli Olmi e sull’asfalto adesso c’è l’impronta segnata con il gesso. È stato un attimo,
giuro,
un attimo.
Ho visto quei due in moto venirti contro.
Sbam.
Un attimo, giuro. Ho visto la moto sorare la macchina e finire nell’altra corsia. Fine. Com’è possibile mamma, dottore, Signore che stai immobile nei cieli? Come possiamo accettarlo?
Noi ci siamo trovati senza geografia, persi, senza un calendario, in una stanza bianca ad aspettare un riconoscimento, a firmare un foglio, a ripescare nella testa i momenti in cui ti avevamo visto salire sulla moto, prendere davanti a noi quella strada. Le nostre parole dentro un verbale di polizia. Sono le nostre firme quelle? Lorenzo cos’è adesso per te una casa, un foglio, un cielo, un colore? Hanno ancora un significato tutte queste parole che cerchiamo dentro il vocabolario? Ha un senso questo dopo? C’è un altro linguaggio per parlarti oltre questo muro di aria? Forse le parole hanno viti e chiodi e questo posto è come la parte di un motore da smontare. Lavorare di braccia e di bulloni, sfinirsi di fatica, perdere i pezzi, rimetterli insieme, provare a capire. Ecco cosa dovremo fare.
Noi un giorno siamo saliti a San Miniato al monte, a Firenze, e ci siamo infilati in chiesa sprofondando sulle panche, e ti abbiamo cercato nel silenzio. Abbiamo provato a pregare, poi abbiamo scoperto che non sapevamo più pregare e avremmo rovesciato le candele, l’altare e il prete che ci stava sopra. Sappiamo essere molto cattivi, sai? Scendi qui e spiegaci Tu, che ci hai messo sulla croce, che senso ha questo buco aperto sulla nostra pelle. Tu che permetti questo dolore, sei più peccatore di noi. Che fine ha fatto il quinto comandamento? Te lo sei dimenticato ieri notte? Non si è mosso niente, c’era un sacrestano che spolverava i ripiani e levava le candele che avevano finito di bruciare, e non è successo niente. Siamo rimasti fermi a guardare un affresco e tutte quelle lapidi intorno. Uno ha detto: qui è venuta mia sorella per il funerale di sca, si è cappottata la macchina a una rotonda, stavano andando alle Piagge. Un altro ha detto che erano in cinque dentro la macchina e si sono salvati solo i due davanti. Uno ha detto: sì, me lo ricordo. Ma non ci si salva mai abbastanza dopo una cosa così. Uno: li conosceva mio fratello. Noi abbiamo capito che dovevamo tenere stretti i ricordi, perché di ricordi si vive. Si è alzato il vento e gli alberi sembravano volare via, invece sono rimasti sotto lo stesso cielo azzurro, che non aveva niente di speciale.
La scuola, la stanza
Noi abbiamo scavalcato la notte e i mesi, noi ci siamo trovati catapultati in una spiaggia a Viareggio a cento giorni dalla maturità. Uno all’improvviso ha detto: Lore doveva essere qua con noi, e un altro ha detto che eri lì con noi. C’erano nuvole che andavano veloci. Abbiamo scagliato sassi nel mare e gridato un numero anche per te. Settanta su cento. Settantadue su cento. Ottanta, no dai è troppo... Lorenzo dicci tu che numero vuoi? Lorenzoooooo. Il silenzio ci ha sbranato un’altra volta lasciandoci vivi e immobili. Fissavamo la bellezza del mare, il suo infinito, e sentivamo un angolo buio, l’odore di chiuso, una stanza senza finestre, la tua mancanza. Uno ha stappato una coca cola e non aveva sete.
Uno ha detto:
ragazzi dai,
non ci intristiamo
proprio adesso,
e la sua voce ha messo l’eco
e correva piroettando come una ballerina ubriaca lungo la sabbia, lontano da noi. Noi abbiamo un buco nel cuore e facciamo finta che ci sei, solo che non puoi parlare. Si vive di un breve eterno, chi l’ha scritto?, non ce l’avevano detto.
Adesso respiriamo questo lutto. Punto e basta.
Punto.
e basta.
Punto
e basta.
Non contano gli errori, la punteggiatura, non conta niente più di quello che ci preoccupava, tutto precipita da uno scivolo e resta per terra, abbandonato, arido, senza più corrente.
Come questo scrivere.
Noi ci siamo chiesti come tenerti, e dove, quando i giorni ano, quando si dice ieri, e poi, due settimane fa, un mese fa, due anni fa, cinque anni fa, e il tempo cammina, e tu resti lì con le stesse basette, l’aria allegra e la primavera fossile di una fotografia a colori scattata da tuo padre. O resti lì con gli occhiali da sole, o col braccio a schiacciare una palla in una partita di pallavolo. E intanto il coach si è sposato e ha perso i capelli, Marco è diventato ingegnere, Vieri no, si è ritirato al quinto esame di architettura e lavora nello studio di suo padre, quello sulla sinistra accanto alla finestra non lo so... tu sei rimasto lì, ai
diciassette anni, la maglietta un po’ alzata e un gesto tecnico da perfezionare. Bisogna tenere i ricordi stretti nella mani, impedire che si frantumino e diventino polvere e possano scivolare via dai pugni. Valeria dice che i ricordi indietreggiano con l’andare del tempo, che noi li andremo a cercare e li terremo inchiodati a una parete, non avere paura Lore.
Noi ieri siamo entrati in classe e il tuo banco era vuoto e non volevamo vederlo vuoto. L’abbiamo addobbato come un albero di Natale, ci abbiamo messo i fiori e la sciarpa della Fiorentina e anche la tua maglia rossa e azzurra, numero dieci, del calcetto. Sarai per sempre il nostro numero dieci ha scritto Ale alla lavagna. E ci è venuto da piangere. Non riusciamo a smettere di guardarlo, il tuo banco. Dicono che le cose portano dentro la storia che hanno vissuto, hanno ragione. C’è una formula di fisica sul lato sinistro scritta con la biro, l’hai fatta con la biro tu questa notte? Ci hai lasciato un messaggio, una parola, un asterisco da qualche parte per capire?
Noi siamo altri e siamo entrati nell’aula, e non sapevamo chi c’era l’anno prima qui. Non ce l’hanno detto i prof. Uno si è seduto al tuo posto. E qui adesso, apre gli stessi libri, fissa per uscire la sera, si taglia la prima barba, si guarda intorno, e forse gli piace una di due file in là, poi verrà un altro l’anno prossimo e si siederà nello stesso posto e vedrà la lavagna dallo stesso esatto punto in cui la vedevi tu e gli batterà come un tamburo il cuore se quella in cattedra aprirà il registro, ora di biologia, oggi interrogo. E scavalcherà senza pensieri il 2 giugno sul calendario e non ci farà nemmeno caso, come fosse un giorno come gli altri. Hanno bussato alla porta della classe, è entrato un bidello, quello magro con i baffi, e ha parlato con la prof, ci penso io, non si preoccupi. Noi abbiamo pensato che volessero portare via il tuo banco dopo che ci hanno portato via te. Così le parole sono cominciate a piovere dai muri, a scendere le scale come quando il fiume è in piena e quando se ne sono andate tutte fuori, si è fatto silenzio qui. E intorno alle nostre isole è risalita l’acqua. Ma il tuo banco è rimasto in classe con noi, e anche tu.
Alcuni di noi vanno dalla psicologa e si tormentano: quando torna il nostro
amico? Possiamo comprimere il tempo, da quale stella lontanissima ci vedono com’eravamo? Di cosa siamo fatti, di materia, di aria e di pensieri. Cosa sentiamo quando non ci muoviamo più? Possiamo ancora baciare senza muovere il cuore? I dottori non sanno niente, nemmeno ci rispondono. Ci fanno accomodare nei loro studi, ciao bentornato, com’è andata? Ci fanno sedere, ci prescrivono vitamine, ci somministrano parole e noi restiamo qua in fondo a guardarli. Noi camminiamo nella notte su sentieri stretti con la paura di inciampare alla prima radice che esce dalla terra. Ci sembrava tutto prato, qui, fino a ieri, e adesso è spuntata una foresta e cespugli di pruni pieni di spine, ci saranno pure i lupi da qualche parte. Il fatto è che la tua assenza riempie le nostre vite, sta qui sopra il foglio ed è inquieta, ribelle, si alza di giorno, di notte, eggia nella nostra testa quando vorremmo dormire. Dormire qualche ora in questa notte, potrebbe aiutare.
La Vespa procedeva verso il parco. Tu dal parco venivi via. Un vigile stendeva il nastro bianco e rosso, un altro diceva: vado da quei due in ospedale. Noi non sapevamo tornare a scuola. Noi dovevamo tornare a scuola. Noi non sapevamo più lavorare, noi non potevamo non lavorare più. Alcuni di noi stavano ore in silenzio, altri hanno preso in prestito su facebook le parole di una canzone. “Il tuo sorriso dolce e trasparente/ che dopo non c’è niente”. Certi di noi volevano scappare da un’altra parte del mondo. Perché se il mondo si è rovesciato andiamo almeno a vedere come si vive capovolti. Una valigia e un’estate sono almeno una distanza, come si sta a un metro da un ricordo?
E a due?
A tre?
A dieci?
A diecimila chilometri?
Male, resti un’assenza, l’abisso che ci cammina accanto.
Foto di Margherita Baldacci
Le tue tracce
Abbiamo letto e riletto la cronaca del tuo incidente, abbiamo visto i giornalisti arrivare davanti alla tua casa e li abbiamo cacciati come mosche fastidiose. Tu non sei morto, guarda come sei vivo in queste cento fotografie, tu sei in montagna a sciare, tu sei con Valentina, tu sei per una strada, tu qui sei con uno che non conosco. Non è successo niente. Calma ragazzi, non è successo, e Lore adesso rientra da quella porta. Lore rimettiti le nike e i calzini, dobbiamo andare all’allenamento, chissà che faccia faranno quelli quando ti vedranno arrivare. Lore sei uscito di casa e non ho fatto in tempo a salutarti, Lore al concerto dovevo esserci anche io e se ci fossi stato saresti rimasto ancora per una canzone. Dai ragazzo, tira un calcio, sputa al mondo, apri la bocca per favore, prova a rompere questo tempo fermo. Lore, provaci, fai come dice il dottore che non si arrende e ti mette una cosa addosso e prova a farti respirare. Lore sorprendici tutti, basta mezzo sorriso, la tua smorfia, un ciao con il dito della mano. Noi abbiamo alzato tutto il volume di questo silenzio e lo abbiamo sentito rimbombare nelle nostre orecchie, correre lungo le strade, girovagare negli altri sabati sera. Ci hanno spiegato Seneca e Cicerone, noi abbiamo cercato conforto nelle parole, abbiamo riletto il Piccolo Principe e cercato di capire se il suo addio all’aviatore somigliasse al nostro. Per quale pianeta sei partito? Hai anche tu una sedia per guardare quarantatré tramonti in un solo giorno? Il fatto è che magari abbiamo davvero un binario nove e tre quarti che ci aspetta in una qualche stazione e ci presenteremo senza bagaglio, così come siamo, magari a bordo di un Sh nero pronti a partire per una qualche scuola di magia.
Noi abbiamo camminato i lungo la tua stanza, guardando la bic che avevi lasciato sul tavolo, il libro di latino, gli appunti di qualcos’altro conservati da tua madre. Abbiamo sentito lo spazio come una vertigine e ci siamo chiesti per sopravvivere:
erà?
erà?
Noi ci siamo vergognati la prima volta che siamo tornati a ridere senza di te, il primo film che abbiamo visto in compagnia, la sera in cui ci siamo fermati davanti al piazzale sotto il David di Michelangelo e abbiamo pensato: che belli questi tetti, quella cupola, questo mondo, e un attimo dopo ci è sembrato terribile aver pensato a tutto questo mondo senza di te.
Una giustizia
Noi non capiamo perché lo chiamino incidente. Sarebbe omicidio se fosse avvenuto in una stanza, in un bosco, in un bar affollato di gente. Uno ubriaco e fumato di droghe che ti viene addosso, ti fa cadere e ti uccide. Lo scooter diventa un’arma, apre la carne, ti ferma il cuore. Lo chiamereste incidente, voi? O omicidio? C’è differenza fra l’impugnare un’arma o una Vespa in quelle condizioni? Noi sorvoliamo i geroglifici del diritto e ci sentiamo tatuare strisce pedonali sulla schiena, noi guardiamo dentro un’aula e ascoltiamo voci che colano ruggine come motori abbandonati, la tua storia su questo tavolo sono 352 fogli, perizie firmate, testimonianze, l’autopsia di un momento che ha trasformato il cielo in piombo.
Io c’ero, ero dietro con la macchina, io ho visto quel ragazzo fucilato da una Vespa che ha preso la strada come una diagonale. Diagonale? È in grado di dire di quanto la Vespa avesse invaso la corsia opposta? Era in soro? Lo scooter di Lorenzo aveva il fanalino funzionante? Noi vorremo restare umani, ma gli umani da qui sono già andati via, sono rimasti fogli e polvere, dei vecchi che fanno uscire dalla bocca sentenze a cottimo, come se dietro a questi fascicoli ci fossero cose e non persone, come non avessero a che fare con vite rubate, con fegati e milze spappolate. Signora, se parla senza essere chiamata sarò costretto a mandarla fuori dall’aula, cosa si mette la toga quel ragioniere a cui hanno sostituito il cuore con una scatola di detersivo?
E come andava? Piano, forte, pianissimo, ricorda qualcosa? Non dico a lei, mi fate leggere la perizia dei vigili urbani? Noi aspettavamo un processo, non un rito abbreviato, aspettavamo che il tuo assassino entrasse in aula con gli occhi incollati al pavimento. Noi provavamo a immaginare la sua voce, le mani nodose che avevano dato gas all’acceleratore. Noi pensavamo che quella fosse un’aula di giustizia, non il posto di uno scontrino in cambio della tua vita. Cercavamo un gesto, un pentimento, una lacrima, una ruga invecchiata del volto. Un mi dispiace che strisciasse sul muro. Noi sapevamo che niente ci sarebbe bastato e
comunque niente è quel che avevamo davanti. Abbiamo visto il suo avvocato, forse sua moglie, qualche altra faccia sconosciuta. Abbiamo provato a immaginarlo. Quante bocche aveva, da quale pianeta proveniva, aveva la pelle verde e le antenne? Noi lo immaginavamo a un semaforo, non è banale? Lui che respirava, i suoi occhi che si muovevano svelti, magari una mano in tasca, magari attraversava la strada aspettando che fosse verde. Avrebbe mai bevuto altre tre volte il consentito, avrebbe ancora fumato hashish, sarebbe mai risalito su una Vespa? Che faccia avrebbe avuto di novembre e di dicembre e a Natale e a gennaio e in giro per il resto del calendario lui che continuava a vivere? Statura piccola, la barba un po’ lunga, un giubbotto verde e una camicia a quadri.
Era uno,
erano mille altri. Ma lui respirava certo, forse entrava in un negozio a prendere la frutta e accanto poi a comprare il pane. Lorenzo ti ricordi quando mangiavamo la schiacciata calda seduti sui motorini parcheggiati in strada e ci frugavamo le tasche: tu quanto metti? Eravamo soltanto dei ragazzi in cammino e ci hanno assalito.
Ma come fa un avvocato a difendere uno così, come fa un avvocato ad andare a letto la sera sapendo di aver protetto uno che ha ammazzato il nostro amico, fratello, figlio, compagno di scuola? Va bene poi non è neanche vero questo, è il mondo che ti ha ucciso, lo stesso mondo che ha ucciso sca, Leonardo, Mari e mille altri, con noi qui collusi a piangere, a leggere il giornale, a dire: era il mio amico.
Noi
dobbiamo
riscrivere
le regole,
noi vogliamo far saltare il banco:
è un’emergenza,
una guerra,
fate finta di non sapere che siamo tutti i giorni sotto un bombardamento? Fate finta di non accorgervi che ogni giorno se ne va qualcuno?
Ah sì lo conoscevo. Ma chi, Lorenzo? Signora, signora, ha sentito? Dieci scalini, un pianerottolo, le borse della spesa, un jack russel al guinzaglio, un incidente, due moto. Ma quando? ma chi, il vostro amico? Un omicidio sulla strada, hanno preso Lorenzo: l’altro aveva bevuto e si era fatto. L’altro quasi non ha nome, viene dal buio della notte.
Noi non sapevamo cos’era il rito abbreviato e ci siamo feriti con quella gente che sembrava annoiata che ci ha sfogliato come uno dei tanti incidenti stradali, e prego s’accomodi e non lì, ci sarà da aspettare. La stanza è così brutta, la scrivania piena di carte, tutto in mezzo al grigio polveroso delle pareti. Come sono tristi gli uomini che lavorano nei posti brutti, prendono la stessa polvere dei
muri e poi magari sbagliano anche nel compilare il capo d’imputazione. Ha scritto sostanze psicotrope, non c’erano sostanze psicotrope in quell’altro. Noi non siamo mai entrati in un tribunale, fatichiamo a leggere il calendario delle udienze e le aule che come a scuola hanno i nomi delle lettere dell’alfabeto. Noi non sappiamo come funziona, com’è che i vigili urbani possono sbagliare il verbale o tirare via su una testimonianza, noi non sappiamo niente dei meccanismi lenti di cui indaga la giustizia. Perché bisogna aspettare per capire, se è tutto così chiaro?
Ai nostri cuori serve un orologiaio che piano piano faccia avanzare le lancette, dice una delle nostre prof. A noi serve un posto tutti i giorni per mettere l’assenza. Noi sentiamo il muro davanti a certe parole. Omicidio colposo. Dove sono i pomeriggi degli allenamenti nel campetto dietro a via Gioberti, dove sistemiamo tutte le corse a casa perché domani c’è un’interrogazione? Dove mettiamo la sera della festa di Michela, un bacio, un cuore che accelera, un piatto di pasta a casa sua, un aggiustare la moto insieme? Omicidio colposo, senza intenzione di uccidere. Da dove stiamo chiamando? Che voci sono queste così lontane?
Noi restiamo svegli a pensare che ogni croce merita un perdono, ogni ladrone un’altra occasione, ma che a te non viene dato nessun appello. E allora riiamo dal via, torniamo nel fondo del fondo del pozzo e ci perdiamo un’altra volta.
Noi diventiamo solitari
e camminiamo
per ore
nelle strade
e quando l’ansia sembra calare, c’è magari un televisore e una vetrina: oh, Lore se vinciamo domenica in casa con l’Udinese siamo in Champions, quest’anno facciamo l’abbonamento, ci lasceranno andare in trasferta? Noi avevamo al collo una sciarpa viola e non sapevamo capire perché le storie andavano altrove. Noi avevamo paura di parlarti, di questa rabbia debole, di questo mondo che fa invecchiare le giovinezze, ma ne ricrea altre e genera nuovi sogni, nuove porte per la felicità o per l’infelicità. Tu da lì, senti qualcosa? Noi ripensiamo alla pagina del Piccolo principe quando dice che stava andando via, “ma capisci, non posso portarmi appresso il mio corpo è troppo pesante”. E per consolare l’aviatore gli diceva: “Sarà bello, sai. Anch’io guarderò le stelle. Tutte le stelle saranno dei pozzi con una carrucola arrugginita. Tutte le stelle mi verseranno da bere”.
Ti verseranno l’acqua da bere, Lore, lì o qui, dove sei.
Noi abbiamo un cielo come sfondo e sentiamo che tu hai preso uno di questi sentieri sopra le nostre teste mentre il tuo corpo era scosso dagli ultimi respiri sul viale degli Olmi. Leggero come l’aria e con tutta la bellezza e l’allegria dei tuoi pochi anni hai dato gas al motore, il tuo Sh andava in pezzi e tu eri già su un altro Sh senza materia, ma colorato, rosso fuoco perfettamente incerato e sorridevi dicendo, ragazzi venite, sono quassù. Le cose non finiscono, cambiano soltanto i mondi, è questo che ci dobbiamo mettere in testa. Che senso avrebbe altrimenti alzarsi la mattina e guardare la pioggia, respirare, amare, lasciarsi? Sorridevi di noi che non potevamo sentire o vedere perché siamo fatti ancora di carne, di peso, di sangue e di un cuore che sta lì sull’asfalto accanto al vecchio cuore tuo che il dottore non può far ripartire. Adesso, daiiii. Avessimo potuto alzare gli occhi ti avremmo visto, guardare sotto e non capire, Ale, sono qui. Giova, sono qui, andiamo...
Dicono che i sogni nutrono più del pane, e noi, adesso che lo sappiamo, ogni tanto parliamo all’aria, alla scrivania che vediamo vuota, alla musica dentro un iPod, ogni tanto ci sdraiamo sui prati verdi di primavera e osserviamo le sopraelevate del cielo e chiudiamo gli occhi perché da lì viene troppa luce. C’è molto di te nelle cose che facciamo, i primi giorni non potevamo altro che sentire le lacrime, adesso sentiamo che ci sei in quest’aria che accoglie le stagioni e le vede andare via. Le cose non finiscono, si trasformano e noi dobbiamo imparare a trovarle e a riconoscerle negli altri mondi che adesso frequentano sapendo che l’intensità è la stessa.
Noi andiamo all’alba con un banchino fuori dalle discoteche per dire: ragazzi non guidate se avete bevuto, e loro ci guardano
come marziani,
ma
non
importa
perché anche noi eravamo così marziani in un altro tempo, in un’altra estate quando pensavamo: non può succedere. Noi ti portiamo sempre addosso, correndo verso un bus, guardando un professore che scrive il voto d’esame dentro un’aula dell’università o consegnando le carte di imbarco alla hostess che ci dice: prego, gate 15. Noi siamo quelli che ansimiamo pieni di cellulari e
appuntamenti e ci sbucciamo ancora le ginocchia cadendo, ma poi alziamo gli occhi e ci medichiamo le ferite prima di tornare di nuovo sugli sputnik delle nostre vite. Ci piace altre volte stare nei posti dove si incrociano i venti, sentire il maestrale crescere tra le foglie e are sotto i nostri maglioni di lana, gonfiando le sciarpe come vele. A volte c’è il mare, a volte il deserto del Kalahari, a volte la vetta del Cervino da guardare. Altre volte ci siamo solo noi, immobili nei nostri pensieri. Certi ricordi col tempo diventano una buona compagnia e l’anima una misteriosa orchestra che sta disciplinata, senza più ostilità. Sembra facile capire il mondo, guardandolo dalle sue cuciture, pensando ai posti che abbiamo camminato, gli incontri, le studiate pazze fino a sera con tua madre che ci portava un toast, una coca cola, una fetta di torta. Tutto troppo breve, un istante, che bella luce che sei stato nelle nostre vite.
Noi abbiamo tempo, noi iamo il tempo a guardare una clessidra sul tavolo. La giriamo e la rigiriamo. Una, due, cento volte e arriviamo all’alba, ci distendiamo su un divano, su un materasso, su un cofano e proviamo a pensare. La notte è davvero finita? La notte esiste, o è soltanto “la parte più buia del giorno”? Da qualche parte c’è qualcuno che ci aspetta. Ci sono strade senza fine tra le nuvole, non lontano, appena sopra le nostre teste. Ci sono negozi, stazioni di benzina, scuole, c’è un campo di pallavolo, uno stadio dove la Fiorentina vince sempre e una casa proprio come la tua, c’e il tuo ipod che suona una canzone dei Coldplay e come sfondo un cielo blu che tiene tutto insieme, il prima e il dopo. C’è un filo sul balcone con la tua maglietta stesa ad asciugare Basta alzare una mano e con i nostri cuori invecchiati, quasi lo tocchiamo il secondo cielo, vedi? Noi abbiamo valigie piene di cose, spazzolini, camicie, statuette del Golden Gate, cataloghi del Louvre, mappe per non perderci, ma soltanto i ricordi che portiamo addosso contano, anche se non hanno un peso e nemmeno una destinazione. Quando si spegne la luce in una stanza, ci ha insegnato un poeta, la stanza continua a esserci, solo che noi non la vediamo più. Così adesso siamo qui a chiederci dove sarà mai l’interruttore. Prima o poi lo troveremo e tutto, Lore, sarà chiaro.
Foto di Margherita Baldacci
Particolare di un’opera di Girolamo Ciulla
L’Associazione Lorenzo Guarnieri
Perché un’associazione
L’Associazione Lorenzo Guarnieri (web: www.lorenzoguarnieri.com; Facebook: Associazione LorenzoGuarnieri; Twitter: @vaLorevita) è nata nel 2010 per ricordare Lorenzo e per salvare vite umane. Lorenzo aveva 17 anni e mezzo quando è stato ucciso sulla strada nella notte del 2 giugno 2010: nel parco delle Cascine a Firenze un uomo di 45 anni, che guidava sotto effetto di alcol e di droga, ha invaso la sua corsia di marcia e lo ha investito in pieno. Lorenzo aveva diritto di vivere: il suo non è stato un incidente ma un omicidio che, come quelli di tantissimi altri giovani, poteva essere evitato. Noi crediamo che, occupandosi seriamente di prevenzione per la sicurezza stradale, si potranno salvare tante vite umane: questo è il nostro obiettivo.
Perché occuparsi di sicurezza stradale
In Italia la violenza stradale è la prima causa di morte al di sotto dei 44 anni. Ogni anno sulle strade muoiono più di 4000 persone, mentre i morti per mezzo di un’arma sono 600 all’anno. Le tragedie sulla strada costano all’Italia quasi 30 miliardi di euro (2 punti di Prodotto Interno Lordo) ogni anno. È la guerra più feroce a cui abbia partecipato il nostro paese nell’ultimo secolo.
Occorre reagire. La maggior parte dei paesi europei ha un tasso di mortalità sulla strada inferiore a quello italiano (nei paesi nordici è la metà del nostro). Se altri ci sono già riusciti, dobbiamo solo seguire questi esempi: riusciremo anche noi a diminuire la mortalità sulle nostre strade cittadine, dove è più elevato il rischio di morire. Come fare? È necessario un cambio di mentalità negli amministratori e nei cittadini. Gli incidenti stradali non sono frutto del caso o del destino. Nella stragrande maggioranza dei casi quindi non sono “incidenti”. Dietro ogni scontro grave ci sono sempre delle scelte e dei comportamenti sbagliati da parte degli individui (la velocità, la distrazione, l’alcol o la droga). I comportamenti si possono cambiare: guidando in modo responsabile gli scontri, i morti, i feriti diminuiranno. Se chi governa capirà che questa è una vera e propria emergenza sociale, allora la sicurezza stradale diventerà una priorità delle nostre amministrazioni. Con un intervento integrato e persistente – fatto di regole, controlli, sanzioni adeguate, formazione continua, comunicazione trasparente e efficace, interventi infrastrutturali preventivi – le nostre strade diventeranno più sicure e il nostro diritto alla vita sarà salvaguardato ogni giorno quando ci muoviamo a piedi, sulle due ruote o in macchina.
Le nostre attività
A scala locale l’Associazione ha predisposto il Piano DAVID, il Piano strategico per la sicurezza stradale 2011-2020, che ha regalato alla città di Firenze nel giugno 2011. Attualmente l’Associazione sta collaborando con il Comune di Firenze per implementare questo Piano. L’obiettivo del DAVID è ridurre la mortalità sulle strade fiorentine, salvando 58 vite umane e 1000 feriti entro il 2020. Fra i progetti cardine di questo Piano ci sono: l’aumento dei controlli antialcol sui guidatori, la comunicazione appropriata attraverso campagne,
la creazione di un archivio unico degli scontri stradali, la messa in sicurezza dei punti critici in città, l’introduzione della sicurezza stradale nelle scuole superiori, il sostegno psicologico e sociale alle famiglie delle vittime. Con il progetto “Insieme per la Sicurezza” (svolto insieme a Polizia Municipale, Polizia Stradale, 118 e altri enti e associazioni) abbiamo portato la sicurezza stradale nelle scuole medie e superiori e nelle palestre di Firenze. Nel 2013 state coinvolte circa 21 scuole con circa 70 classi coinvolte e anche 4 società sportive dilettantistiche,esponendo circa 2000 ragazzi al programma o a parte di esso. Su scala nazionale l’Associazione ha promosso, insieme all’Associazione Sostenitori e Amici della Polizia Stradale e all’Associazione Gabriele Borgogni, la raccolta firme a favore della proposta di legge per introdurre il nuovo reato di omicidio “stradale” nel codice penale italiano. Oggi chi uccide sulla strada guidando in modo irresponsabile rimane completamente impunito. L’assenza di pena non dà giustizia alle vittime e alle loro famiglie né permette di fare prevenzione. È urgente colmare questa lacuna legislativa inaccettabile per rendere il nostro paese più civile. Serve l’aiuto di tutti perché la questione riguarda tutti.
Come aiutarci
»» Partecipate alle nostre iniziative di sensibilizzazione e di raccolta fondi. »» Date il buon esempio guidando sempre con responsabilità e rispetto delle regole. »» Diffondete la cultura della prevenzione fra i vostri parenti e amici. »» Firmate per introdurre il reato di omicidio stradale. »» Fateci una donazione, se potete, oppure donateci il vostro tempo. Grazie a tutti coloro che ci seguono e in particolare grazie a Laura
Montanari. Le persone si possono conoscere in tanti modi. Lei ha deciso di conoscere Lorenzo attraverso i ricordi che lui ha lasciato. E ci è riuscita. Grazie di cuore
Stefania, Valentina e Stefano
Insieme per dare vaLore alla Vita
La playlist di Lorenzo
Biagio Antonacci, Sognami [su iTunes]
Coldplay, The scientist [su iTunes]
Coldplay, Yellow [su iTunes]
The Fray, How to save a life [su iTunes]
Last Goodnight, Picture of you [su iTunes]
The Notwist, Consequence [su iTunes]
Bob Sinclair, Lala song [su iTunes]
Regina Spektor, On the radio [su iTunes]
Tricarico, Vita tranquilla [su YouTube]
Due note finali
Ringrazio l’editore goWare per aver subito detto sì. Lucia Baldini, fotografa e amica, per la rilettura artistica dell’immagine dell’angelo. Il mio grazie agli amici di Lorenzo per la collaborazione, i ricordi e la testimonianza coraggiosa e quotidiana che portano nelle scuole e davanti alle discoteche in nome della sicurezza stradale. Grazie a tutti quelli che hanno prestato consigli e tempo a questo progetto senza chiedere nulla in cambio. Un grazie particolare a Girolamo Ciulla, artista in Pietrasanta, per avermi concesso di utilizzare il particolare di una sua opera (la civetta sulla mano di una dea) e a Gino Banterla, vicino di scrivania degli anni pavesi, senza il quale non ci sarebbe mai stato l’incontro con Stefania Guarnieri.
Laura Montanari
goWare <e-book> team
goWare è una startup costituita da autori, editor, redattori e sviluppatori che condividono la visione sul futuro delle nuove tecnologie e la ione per l’editoria. Raccogliere, selezionare e organizzare i contenuti allo scopo di renderli a portata di touch è la sfida quotidiana di goWare come casa editrice digitale. Operativamente goWare è costituita da due team: goWare
team, che si occupa di concepire e sviluppare applicazioni per iPhone e iPad e goWare <e-book> team, specializzato in editoria digitale, creazione di ebook, consulenza e formazione in campo editoriale. Il goWare team è composto da Roberto Avanzi, Elisa Baglioni, Mariarosa Brizzi, Stefano Cipriani, Valeria Filippi, Mirella Francalanci, Patrizia Ghilardi, sco Guerri, Giacomo Fontani, Mario Mancini, Alice Mazzoni, Alessio Orlando, Lorenzo Puliti, Maria Concetta Ranieri.
Manifesto di goWare
Il contenuto in digitale è un’altra cosa
Pensiamo che i contenuti digitali siano differenti da quelli distribuiti attraverso i media tradizionali, diversi nel formato, nel design, nel pubblico che li fruisce. Lavoriamo per valorizzare questa diversità, curando nel dettaglio la realizzazione di ebook ed enhanced book pensati per un’esperienza di lettura autenticamente digitale.
“Sur the print experience”
Non c’è bisogno di tradurlo, le parole del team iBooks della Apple suonano come l’11° comandamento. La chiave è la generosità. Ci sono tanti piccoligrandi accorgimenti per migliorare la lettura dell’ebook. Per esempio non c’è più il vincolo della foliazione, si può essere generosi con l’interlinea, gli spazi, le paragrafature, i colori: la costipazione è finita, coloriamo le parole e arieggiamo la pagina! È il vero trionfo della volontà sulla necessità.
Abbasso il piombo!
Gli ebook di goWare sono progettati e realizzati per vivere in un ecosistema
digitale. Ci ispiriamo a Wikipedia: la lettura digitale ha bisogno di link per farci spaziare da un contesto a un altro. È inoltre sincopata: la cementificazione del testo è finita! Abbasso il piombo, viva il link. La partecipazione distratta non ci spaventa.
Il valore di un ebook non sta solo nel contenuto ma nella relazione
All’interno di un ecosistema digitale, il valore economico di un libro non sta più soltanto nella quantità di copie che il suo editore/produttore riesce a vendere a un prezzo massimizzato, quanto nelle idee e nella relazione che riesce a creare con il proprio pubblico e i media sociali; lavoriamo su questa relazione in modo che diventi il veicolo per costruire il rapporto economico.
Siamo nomadi
Sia i nativi che gli immigrati digitali non sono per niente stanziali, sono nomadi, si spostano continuamente da un dispositivo all’altro e da una piattaforma all’altra. I nostri contenuti sono pensati per spostarsi con loro.
Dillo subito, e con una narrazione possibilmente visuale
Curati, interessanti e veloci da leggere, gli ebook di goWare vanno al sodo e non contemplano solo il testo: la narrazione visuale e quella musicale sono parte integrante della progettazione.
Dove stiamo andando?
«Where we going man? I don’t know, but we gotta go» scrive Jack Kerouac in On the road. Il team di goWare ha sempre in mente queste parole da cui ha tratto anche parte del suo nome. Innumerevoli sono le incognite che gravano sul presente e sul futuro dell’editoria digitale: nessuno sa bene dove approderemo, per ora occorre andare e occorre sperimentare.
Salve, lettore globale
I nostri ebook sono rivolti ai lettori italiani esigenti che pensano globalmente, convinti che siamo tutti parte di un medesimo insieme economico, culturale se non ancora linguistico: il mondo. La rivoluzione digitale significa prima di tutto questo. Tutte le opinioni sono un patrimonio, meglio se differenti, ancor meglio se fuori dal coro.
Detto altrimenti...
... cioè con le parole della poetessa inglese Ruth Padel Di’ addio al potrebbe-esser-stato [...] vai perché sei vivo, perché stai morendo o sei, forse, già morto Vai perché devi
goWare – Pamphlet
Pamphlet | Per farla breve
GUTENBERG IL GEEK di Jeff Jarvis
AGOSTO 2013. NIENTE SARÀ PIÙ COME PRIMA di Giulio Sapelli
VOMITANDO IL NOVECENTO di Edoardo Pisani
Altri ebook di goWare
mood | Stati d’animo del libro
mood - Numero 0 di AA.VV.
mood - Numero 1 di AA.VV.
mood - Numero 2 di AA.VV.
mood - Numero 3 di AA.VV.
mood - Numero 4 di AA.VV.
Istantanee | Oltre l’attualità
L’inverno di Monti di Giulio Sapelli
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Amen! Un grido inascoltato sulla crisi italiana di Giulio Sapelli
Chi comanda in Italia di Giulio Sapelli
Germania copia & incolla di Stefano Casertano
Narcomessico di Veronica Ronchi
Sviluppo e necessità di Sergio Carrà
Poems & profs di Flora Gelli
Tragedia. Viaggio nella Grecia del default di Germano Maifreda
Piratenpartei. La crisi dei partiti tradizionali e la sfida della democrazia diretta di Ubaldo Villani-Lubelli
Mittelstand. L’arma segreta dei tedeschi di Danilo Zatta
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Les misérables. L’imprenditoria in Europa di Dario Andriolo, Riccardo Osti, Stefano Cipriani, Luke Johnson
Gaza 2012: la battaglia d’Israele di Stefano Casertano
Election rain di Luigi Vergallo, Alessandra Vitali
Il debito pubblico come non ve l’hanno mai raccontato di Bruno Amoroso
L’elogio dei cretini. Brevi note sulla sconfitta dell’intelligenza di Kaiser
Soldi per niente? Tutte le forme di finanziamento dei partiti politici di Gaetano Farina
Brasile: la grande transizione. Dal boom economico ai grandi eventi sportivi di Eliano Rossi
Librai si salvi chi può di Andrea Lattanzi
Banche d’azzardo a cura di Alberto Zoratti
Germania copia & incolla 2. Lavorare alla tedesca: riforme del lavoro e successo mondiale di Stefano Casertano, Laura Lucchini
Scacchiera africana. Cina e USA: strategie a confronto di Silvio Favari
Altro che primavere. Arabia, un mondo senza ordine di Giulio Sapelli
I 10 brani da ascoltare almeno una volta nella vita di Jacopo Caneva
Benvenuti a Grillolandia. Come sarebbe l’Italia se Grillo e il Movimento 5 stelle avessero il 100% di Stefano Rizzato e Eliano Rossi
Matrimoni omosessuali. La marcia verso l’uguaglianza di Andrea Mollica e Caterina Varenna
L’arte di vincere. Il piccolo libro delle grandi strategie di Giovanni Scarpa
Cucina mania. Dire, fare, mangiare: dal vecchio testamento a oggi di sca Gissi
Enigma #merkel. In europa il potere è donna: Angela Merkel di Ubaldo VillaniLubelli
Tutta un’altra notizia. Spunti e strumenti per il giornalismo del domani di Valerio Bassan
106 tweet da Steve Jobs sulla visione, il metodo, l’ambizione ... Liberamente rielaborati di goWare <e-book> team
La questione catalana. Independència? di Angelo Attanasio e Claudia Cucchiarato
Dialoghi sull’apocalisse | E altri cataclismi
L’Italia che si uccide di Giulio Sapelli e Lodovico Festa
I cento giorni di Hollande di Giulio Sapelli e Lodovico Festa
Obama, l’America e il partito moderno di Giulio Sapelli e Lodovico Festa
Un bosone per tutti | Il racconto della scienza
Lo zen del bosone di Higgs di Guido Cossu
un bosone da ginevra di Silvia Pedicelli, Pietro Cornelio
Pop corn | Corti di cinema
Il quadro che visse due volte di Rossella Farinotti
Jacopo Caneva’s Tim Burton di Jacopo Caneva
Cinema & videogame. I bit che non ti ho detto di Fabio Secchi Frau, Andrea Spiga
Il decimo clandestino: Lina Wertmüller’s tribute to Giovannino Guareschi di Alan R. Perry
Jacopo Caneva’s Miyazaki. Hayao Miyazaki e lo studio Ghibli: un vento che scuote l’anime di Jacopo Caneva
Sulle orme della storia | Il presente a ritroso
Pasolini. Visioni e profezie tra presente e futuro a cura di Antonella Pierangeli
Tempi di scuola e tempi di vita di Dario Ragazzini
Scuola di confine di Elisa Gori
Deindustrializzazione. Una nuova era? di Luigi Vergallo
Costa concordia. Un caso di crisis communication di Maria Elena Gaglianese
Lo sguardo urbano di alì dagli occhi azzurri di Manuela Raganati
Bestseller italiani. Mezzo secolo di libri di successo (1900-1945) di Michele Giocondi
Digitalissimo | Nuovi media e tecnologie
Media digitali? Ci siamo! di goWare <e-book> team
E-publishing & ebook di goWare <e-book> team
Epub a layout fisso di Elizabeth Castro
Da InDesign 6 all’epub e Kindle di Elizabeth Castro con goWare <e-book> team
Read aloud epub per iBooks di Elizabeth Castro
Troglodata. Il futuro di internet visto dalle nostre caverne di Lorenzo Mannella
Audio e video nell’epub di Elizabeth Castro
Fair play | Sport & co.
Palloni bucati. Il flop del calcio italiano di Stefano Righi
Juve30 di Stefano Barbetta
Juventus. Il processo farsa di Mario Pasta e Mario Sironi
Una ione da 10. Dieci anni di Fiorentina con della valle, dalla C2 alla Champions di Enzo Susini
Juve 31. La Juventus di Agnelli-Conte vince il campionato di serie a e conquista il 31mo scudetto di campione d’Italia di Isidoro Trovato
Fiorentina come nel ’56. Il primo scudetto non si scorda mai di Raffaello Paloscia
Sulle strade del Mondiale di Ciclismo. Storia, curiosità e percorsi del Campionato del Mondo di Ciclismo dagli anni venti a Toscana 2013 di Enrico Pace, Angela T. Massucco, Emiliano Bacci
Mind the Step! | Viaggiare con intelligenza
Giappone di Paul Norbury
Turchia di Charlotte Mherson
Cina di Kathy Flower
Brasile di Anna Maria Scarparo
Marocco di Jillian York
Messico di Guy Mavor
Sudafrica di David Holt-Biddle
Argentina di Moira Pulino
Australia di Barry Penney
Italy di Charles Abbott
Pesci rossi | goWare narrativa
L’armonia dell’acero di Vincenzo Cariello
Maledetta primavera di Paolo Cammilli
Eroi esauriti di Davide Lisino
Vitamore Vitamorte di Danilo Angioletti
Il pallonaro di L.R. Carrino
Intrigo in Vaticano di Rosa Alberoni
Ladri di stelle di Marco Innocenti
Stoneman. L’uomo di pietra. Lo strano caso di Epis Epstein di Gordon Bloom
Tavola rotonda | Fiction tra amici
La spada di Toledo di Roberto Stefanelli
L’ovale di Cassini di Maria Laura Platania
@mare – il profumo del gelsomino notturno di sca Cani
Ciuschidda di Maria Laura Platania
Libero di amare di Sergio Freggia
Zero negativo di Sirio Pucci
L’ultimo desiderio di Giulio di Elena Quintilia Tori Rubiano
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Immaginàti | Ebook illustrati per iPad
Ecco la cicogna di I.M.B. & Elio Cossu
Nella Firenze del Rinascimento con Leonardo di Renzo Rossi
Un viaggio nell’universo di Franco Pacini & Lara Albanese
Nella Londra dell’Ottocento con Dickens di Renzo Rossi & Alessandro Baldanzi
Nella Parigi del re sole con Molière di Renzo Rossi & Alessandro Baldanzi
Nella Venezia del Settecento con Goldoni di Renzo Rossi & Alessandro Baldanzi
Le nonne testi di Simona Sardi – illustrazioni di Rita Cardelli
Cassate | Divertimenti estremi
Cinquanta rasature di micia di E.L. Pussicat, Charles Trawn e Al Limite
AppebooK | Oltre l’ebook
Lessico medico di Pietro Benigno e Pietro Li Voti
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FIRSTonline con goWare | ebook
La magia della finanza tra demoni e angeli di Filippo Cavazzuti
Ciclismo & doping. Armstrong: così fan tutti di Aldo Bernacchi
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Tutti pazzi per Mario. Il fenomeno balotelli di Federico Bertone, Roberto Beccantini e Guido Bolaffi
Stravaganze romane. Guida alla Roma da visitare senza orario né biglietto di Rinaldo Gennari
Europa: c’eravamo tanto amati. Il film della crisi europea nella crisi globale di Giovanni Ferri
Sentieri selvaggi | Il cinema è un’invenzione del futuro
Mario Bava il rosso segno dell’illusione a cura di Davide Di Giorgio
Dario Argento: l’amore e l’orrore a cura di Giacomo Calzoni
Cool Pop | In parole povere
Meglio un uovo oggi... I proverbi di Sardegna e Sicilia a cura di goWare <ebook> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi di Umbria, Marche, Molise, Abruzzo e Lazio a cura di goWare <e-book> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi della Campania a cura di goWare <e-book> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi di Piemonte, Valle d'Aosta, Lombardia e Liguria a cura di goWare <e-book> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi dell’Emilia Romagna a cura di goWare <ebook> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi di Veneto, Friuli Venezia Giulia e TrentinoAlto Adige a cura di goWare <e-book> team
Meglio un uovo oggi... I proverbi di Puglia, Calabria e Basilicata a cura di goWare <e-book> team
Pills | Piccoli libri per stare meglio
Curare con i numeri. La statistica in medicina, saper prescrivere sulla base dei dati di David Coletta
Noi animali | Un pianeta di uguali
Un’arte per l’altro. L’animale nella filosofia e nell’arte di Leonardo Caffo e Valentina Sonzogni
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Tweet106 | Cum grano salis
106 tweet da Mad Men ... La parola ai persuasori occulti di goWare <ebook> team
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