Piccola Favola Di Natale 2u1h5z

Silvana Sanna

PICCOLA FAVOLA DI NATALE

Dicembre 2013

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Ma siete davvero sicuri che Babbo Natale non esiste? Chiedetelo ad Adelina e il racconto di ciò che le è accaduto proprio nei giorni che precedono la Festa più bella dell’anno magari vi convincerà che le leggende a volte possono diventare realtà. Basta crederci… Una favola per bambini e ragazzi che piacerà anche agli adulti che ancora amano la magia del Natale.

Silvana Sanna Insegnante elementare a riposo con la ione per la scrittura, sposata con tre figli, vive in un piccolo paese di campagna del Basso Piemonte. Da molti anni collabora con due noti settimanali femminili con racconti e romanzi, attualmente ha in libreria un romanzo che ha ottenuto presso i lettori un riscontro molto positivo, ed è possibile trovare sulle varie piattaforme di vendita on-line diversi suoi eBook.

PICCOLA FAVOLA DI NATALE

Adelina quel mattino si svegliò più presto del solito in preda ad una piacevole eccitazione. Scese dal letto alla fioca luce dell'abatjour, si infilò le pantofole di panno e la vecchia vestaglia felpata, poi aprì i battenti della finestra e spalancò le persiane. Erano le sette, il giorno si annunciava appena con un lieve chiarore dietro il tetto della casa di fronte al di là del vicolo buio e maleodorante, e l'atmosfera era scura e caliginosa, come se l'autunno, morendo, si fosse portato via tutti i colori accesi lasciando in eredità all'inverno solo le tinte spente e tristi. Adelina osservò pensosa il cielo grigio: "Ho paura che voglia nevicare" si disse rabbrividendo mentre chiudeva in fretta i vetri della finestra “del resto è la sua stagione. Però che rabbia! Proprio oggi che devo uscire per fare le mie spesette. Speriamo che il tempo regga almeno fino a stasera." Andò in cucina a preparasi la colazione e mentre il caffè saliva nella moka dovette tornare in camera a prendere lo scialle di lana e metterselo sulle spalle: faceva un gran freddo, da sotto la porta finestra che dava sul balconcino, nonostante Adelina si fosse premurata, all'inizio dell'inverno, di sistemare sul pavimento un rotolo di stoffa paraspifferi, arrivava un soffio di aria gelida e i vecchi caloriferi di ghisa erano appena tiepidi. Ma non aveva speranza che lungo la giornata divenissero più caldi. Adelina sospirò rassegnata: era brutto essere anziani e poveri e non poteva pretendere di più. Glielo aveva detto chiaro e tondo anche la proprietaria dello stabile quando, al primo del mese, era ata come al solito a ritirare i soldi dell'affitto del minuscolo alloggio che lei occupava. - Fa un po' freddo – le aveva detto Adelina prendendo il coraggio a due mani perché quella donna altezzosa paludata in un'ampia pelliccia e coi capelli tinti e acconciati all'ultima moda le metteva molta soggezione - in casa non ci sono mai

più di quindici o sedici gradi. Non potrebbe, signora Maria, alzare un pochino il riscaldamento? - E con che cosa lo pago poi il gas? Dovrei aumentare l'affitto a tutti. A lei per prima che paga una miseria, spese condominiali comprese, per starsene in casa mia – le aveva risposto la donna sgarbatamente – se ha freddo si vesta di più, si metta le calze di lana e una maglia pesante. E aggiunga una coperta nel letto. Così Adelina non aveva più avuto il coraggio di protestare. Le calze di lana, sebbene tutte rammendate, già le portava da un pezzo, e di maglie pesanti ne indossava anche due o tre una sull'altra, eppure durante la giornata la sensazione di freddo nelle ossa non l'abbandonava mai. Così spesso alle sei aveva già cenato e si infilava a letto con la borsa dell'acqua calda per cercare un po' di tepore. E tuttavia stentava ugualmente a riscaldarsi e sebbene si obbligasse a rammentare l'estate, le belle giornate calde e piene di sole per ingannare la mente e stornare il pensiero dalla tristezza del presente, le riusciva difficile, a volte, prendere sonno. Adelina detestava l'inverno. Detestava il freddo, il vento, la neve, il ghiaccio. Detestava lo spiacevole torpore che la prendeva quando, finite le faccende di casa, si sedeva per dare due punti ai suoi poveri panni ormai lisi, oppure per sfogliare una delle vecchie riviste che recuperava in parrocchia. E il tempo non ava mai, pareva dilatarsi all'infinito, facendole toccare con mano la sua solitudine e la sua indigenza. Se almeno avesse potuto seguire qualche programma alla televisione il pomeriggio le sarebbe sembrato meno lungo, ma il vecchio apparecchio si era guastato irrimediabilmente e Adelina non poteva permettersi di acquistarne uno nuovo. Allora a volte, quando proprio non ne poteva più, usciva di casa e se ne andava al centro commerciale dove c'era sempre un bel calduccio. Si sedeva su una delle panchine della galleria fiancheggiata dai negozi e se ne stava lì a guardar are le persone che le transitavano davanti con le borse colme di acquisti e i carrelli strabordanti di spesa. Ma lo spettacolo non la faceva divertire: Adelina non era mai stata un tipo invidioso, anzi le sarebbe piaciuto essere ricca solo per poter aiutare e rendere felici le persone bisognose. Però la vista di tutte le cose belle e buone che la gente poteva permettersi di comprare le faceva pesare maggiormente la sua condizione: viveva con una pensione minuscola e sebbene non si concedesse mai nulla, era sempre in lotta per riuscire ad arrivare alla fine

del mese. Eppure aveva lavorato come un mulo per tutta la vita. Fin da ragazza aveva sempre fatto la donna di sevizio prestando la sua opera in varie famiglie senza pretendere, certo per ignoranza o per mancanza di coraggio nei riguardi delle padrone, di essere messa in regola. Si era fatta sfruttare quasi senza rendersene conto, non avendo nessuno, né un genitore, dato che non aveva mai conosciuto suo padre e la mamma era morta quando lei aveva appena sedici anni, né un marito, che la aiutassero a rendersi consapevole dei suoi diritti. Aveva vissuto la sua piccola vita all'insegna della modestia e della solitudine, accontentandosi di quel poco che il destino le aveva riservato, senza lamentarsi né recriminare. "In fin dei conti c'è chi sta peggio di me" si disse anche quel mattino mentre faceva colazione col solito caffelatte e la solita fetta di pane “io un tetto sulla testa ce l'ho e lo stretto necessario non mi manca. Per fortuna sono di poche pretese e mangio come un uccellino. E, nonostante gli acciacchi dovuti all'età, di salute grazie a Dio sto discretamente. Se anche nella mia vita non ho potuto realizzare nemmeno uno dei miei sogni… pazienza!" Perché anche Adelina, come tutti, aveva dei sogni. Da giovane aveva sognato di trovare l'amore, di farsi una famiglia e avere dei figli. Quante volte si era immaginata in una bella casetta con accanto un bravo marito, e qualche frugoletto vivace e grazioso che la chiamava mamma, la parola più bella che esistesse al mondo… Ma non era successo e ora a settantadue anni, questo pensiero non la sfiorava nemmeno più. Però non aveva rinunciato a sognare altre cose belle e piacevoli. E sebbene sapesse perfettamente che mai si sarebbero realizzate, indugiava, ogni tanto, a ricamarci sopra. Nei sogni Adelina trovava quel momento di svago che non poteva permettersi diversamente… perché i sogni non costano denaro! Le sarebbe piaciuto, ad esempio, avere un cane che le fe compagnia. Aveva sempre amato gli animali ma anche una bestiola piccola va mantenuta e curata e Adelina non si sarebbe potuta permettere di comprarle il cibo o pagare il veterinario. Poi le sarebbe piaciuto vedere un po' di mondo. A volte, quando su una rivista le capitava di osservare certi paesaggi naturali meravigliosi, o i monumenti che l'uomo aveva saputo costruire lungo i secoli, veniva assalita da un grande

stupore, le pareva impossibile che il mondo fosse tanto bello e vario. E le dispiaceva di essere costretta a vivere come un piccolo ragno che non conosce altro che la sua ragnatela e il suo buchetto. Ma, al di là della gita annuale in qualche santuario che Don Dante offriva gratuitamente alle volontarie della Parrocchia di cui Adelina faceva parte come addetta alla pulizia della chiesa, non le era mai riuscito di farsi un viaggetto di piacere. Ma c'erano due sogni ancora più belli, e decisamente impossibili, su cui Adelina si soffermava spesso a lavorare di fantasia. Uno era quello di poter abitare in una casetta con un piccolo giardino per coltivare i fiori che erano, insieme agli animali, la sua ione, tanto che all'inizio dell'estate faceva ancor più economia per riuscire ad acquistare piantine di geranio e di petunie e il suo balconcino straripava di fiori che era una vera bellezza, perché Adelina li curava con amore e mai si scordava di dar loro da bere e di lodarli per la buona volontà e gli ottimi risultati. Il secondo dei suoi sogni importati, e anche il più assurdo, era di andare a vivere in Riviera. Adelina aveva visto il mare ben poche volte: da bambina quando sua madre d'estate la mandava alla Colonia Marina per i figli dei dipendenti della fabbrica in cui lavorava, da adulta giusto quando era andata con la gita della parrocchia ad Arenzano a vistare il santuario del Bambino di Praga. E se da piccola il mare l'aveva entusiasmata per il piacere dei giochi sulla spiaggia e della compagnia dei coetanei, da adulta era rimasta colpita dal clima meraviglioso. Era il mese di gennaio e partendo col pullman si erano lasciati alle spalle la neve, la nebbia e il gelo che Adelina tanto detestava, per poi ritrovarsi, dopo appena due ore di viaggio, in una specie di paradiso, dove, nonostante l'inverno pieno, c'era un bellissimo sole e l'aria era tiepida e profumata, tanto che erano stati costretti a togliersi il paltò per non sudare mentre eggiavano sul lungomare. - In Riviera è sempre primavera – aveva commentato don Dante. Ecco, ad Adelina sarebbe piaciuto vivere in un'eterna primavera, smettendo di lottare col freddo che le riusciva, man mano che avano gli anni e lei si faceva più vecchia, sempre meno facile da sopportare. Una volta, tanto per levarsi la curiosità, era persino entrata in un'agenzia immobiliare che nella vetrina reclamizzava appartamenti rivieraschi in

locazione. In fin dei conti non c'era niente che la legasse alla sua città se non qualche conoscente, perché avendo lei un carattere timido e riservato non si era mai fatta dei veri amici. Non aveva parenti e la pensione poteva riscuoterla in qualunque posto. Ma era uscita dall'agenzia sbalordita e… sconvolta: per l'affitto al mare di un monolocale minuscolo le sarebbe partita tutta la pensione! Avrebbe, poi, dovuto vivere d'aria! Cosa impossibile anche se l'aria era quella tiepida e profumata della Riviera! Con un sospiro Adelina si alzò da tavola, sciacquò la caffettiera, lavò la tazza, la asciugò con cura e la ripose nella credenza. I sogni erano solo sogni, fatti giusto per rallegrare un poco con la fantasia il grigiore dei giorni tutti uguali. Ma quello che era appena iniziato, non sarebbe stato invece un giorno come un altro! E di nuovo a quel pensiero l'assalì la piacevole eccitazione che aveva provato al risveglio e che la colmava di ottimismo e di allegria: - Forza, Adelina – si disse parlando a voce alta come spesso le accadeva quando era particolarmente contenta - oggi è un giorno speciale e te lo devi godere fino in fondo. Perciò, bando alle malinconie, ai rimpianti e anche ai sogni assurdi e impossibili, stattene coi piedi ben piantati per terra e fai bene i tuoi conti per non rischiare di ritornartene a casa scontenta o delusa. Quello era davvero per lei un giorno speciale. Un giorno che veniva solo una volta l'anno quando, nell'approssimarsi del Natale, arrivava anche la sospirata tredicesima. Di solito aveva comunque poco da scialare, c'erano sempre qualche debituccio e qualche bolletta arretrata da saldare, o magari qualche imprevisto. L'anno ato, ad esempio, dopo aver pagato la riparazione della lavatrice di cui, almeno per le lenzuola, non poteva fare a meno, e il conto del dentista per un problema ai denti che non era più possibile rimandare, non le era rimasto il becco di un quattrino e il Natale per lei era ato inosservato, come fosse stato un giorno qualunque, ad eccezione della bella Messa di mezzanotte che aveva ascoltato in parrocchia e che l'aveva commossa più del solito. Aveva pregato per sé e per tutte le persone che si trovavano nel bisogno e tornandosene a casa non si era sentita affatto infelice anche se in dispensa non aveva neppure un piccolo panettone per festeggiare. Ma quell'anno… quell'anno la situazione era differente! Dopo aver messo a posto le varie pendenze le erano avanzati ben sessantacinque euro da spendere in cose superflue! Sarebbe stato un Natale memorabile perché sessantacinque euro

erano una bella sommetta e stando bene attenta avrebbe potuto comprarsi diverse cose. Proprio quella mattina sarebbe uscita a far spese e non stava più nella pelle dalla contentezza! Così sbrigò in fretta il riordino del piccolo alloggio, poi iniziò a prepararsi per uscire. Si vestì con cura, con i suoi panni migliori, mise le calze di lana fresche di bucato poi infilò le scarpe invernali. Erano le uniche che possedeva e sebbene lei cercasse di tenerle ben di conto, lucidandole spesso con cura, erano piuttosto malandate e non reggevano l'acqua, così, quando pioveva, tornava a casa coi piedi bagnati. - Dovrei comprarmi un paio di scarpe nuove, ma poi mi toccherebbe rinunciare a tutto il resto. Perciò… speriamo che non piova o non nevichi proprio oggi… E vorrà dire che poi cercherò di non aver bisogno di uscire quando c'è brutto tempo – si disse pensierosa. Accantonò il problema “scarpe" e, con un brivido di piacere, riò per l'ennesima volta il piccolo elenco di quello che si sarebbe comprata. Per prima cosa avrebbe acquistato un panettone. Ne andava matta e se lo sarebbe fatto durare parecchi giorni, gustandoselo pian pianino una fettina alla volta. Poi, e questa era la spesa più importante, avrebbe comprato un “piumone" per la notte. Gliene aveva suggerito l'idea Camilla, una delle volontarie della parrocchia, quando Adelina si era lamentata scherzosamente di tutte le coperte che era costretta a mettere nel letto per riuscire a scaldarsi. - Patisco terribilmente il freddo, ma tutte quelle coperte mi pesano addosso come fossero di piombo e mi legano nei movimenti, tanto che delle volte faccio persino fatica a girarmi – le aveva detto ridendo. Non aveva aggiunto, perché se ne vergognava, che nonostante tutto non riusciva ugualmente a stare al caldo perché le coperte erano vecchie e lise e pure di scarsa qualità perché anche quando c'era ancora sua madre non avevano mai navigato nell'oro. - Perché non si compra un piumone? – le aveva detto allora Camilla – I migliori sono quelli di piuma d'oca, ma anche quelli sintetici sono caldissimi, soffici e leggeri e non le peserebbero affatto sulle spalle. E' un vero piacere dormirci sotto, io non potrei più farne a meno… Così Adelina si era guardata attorno: quelli di vera piuma avevano dei prezzi

proibitivi, ma al supermercato ne aveva visto uno sintetico che costava solo ventisei euro. E pareva proprio caldo, soffice e leggero, come aveva detto Camilla. Non vedeva l'ora di portarselo a casa! - Panettone e coperta imbottita fanno in tutto trenta euro – si disse facendo i conti - me ne restano trentacinque. Quindici per un bel paio di pantofole con la pelliccetta dentro per i miei poveri piedi infreddoliti, cinque per un paio di calze di lana nuove, quelle che ho sono talmente lise che a momenti non reggono più il rammendo. E con i quindici euro che mi restano voglio prendermi la soddisfazione di andare una sera a mangiare la pizza con Camilla e le altre signore del volontariato. L'avevano invitata diverse volte a partecipare a quelle serate in pizzeria tutte al femminile, e altrettante Adelina aveva ringraziato e detto di no, accampando di volta in volta le scuse più improbabili. Ma non voleva confessare, per orgoglio e dignità, che in realtà non poteva permetterselo. Era sicura che Camilla, che era quella con la quale aveva legato di più, si sarebbe offerta di pagare anche per lei, ma Adelina si sarebbe sentita al contempo umiliata ad accettare e timorosa di offenderla opponendo un rifiuto alla sua gentilezza. Ma stavolta avrebbe avuto anche lei, come tutte, una serata di svago, seduta al tavolo con le altre signore a farsi servire! E avrebbe mangiato la pizza, una pietanza di cui aveva sentito parlare tanto, ma che era per lei quasi sconosciuta dato che non possedeva il forno e dunque non le era mai stato possibile provare a cucinarsela da sola. L'aveva assaggiata solo una volta quando una sera il panettiere gliene aveva regalato gentilmente un piccolo trancio raffermo e l'aveva trovata deliziosa. Prima di infilarsi il paltò e il berretto di lana, Adelina recuperò il piccolo gruzzolo dal cassetto del comò dove l'aveva messo ben nascosto sotto la biancheria e lo contò per l'ennesima volta: - Ecco qui! Cinque biglietti da dieci euro e tre da cinque – esclamò soddisfatta lisciando bene le banconote con la mano prima di riporle nella tasca del cappotto dove stavano più al sicuro che non nella vecchia borsetta che un qualunque scippatore avrebbe potuto strapparle dal braccio. Uscì di casa che erano quasi le dieci. Chiuse bene la porta a chiave poi iniziò a scendere con precauzione le scale. Abitava al terzo piano e nello stabile non c'era l'ascensore. Anche tutti quei gradini cominciavano a crearle qualche difficoltà, specie quando doveva rientrare, magari con in mano la sporta della spesa.

Sul pianerottolo del primo piano si imbatté in Laura, una delle inquiline, che teneva per mano Danilo, il più piccolo dei suoi tre figli. Il bambino frignava puntando i piedini per terra, mentre sua madre quasi lo trascinava chiaramente innervosita. - Che ti succede piccolino? – gli chiese Adelina facendogli una carezza sul visetto bagnato di lacrime dopo aver salutato la mamma – Che cos'è tutta questa disperazione? - Sta facendo capricci perché nel negozio all'angolo ha visto un gioco che gli piace e lo vuole a tutti i costi. Sa bene in che situazione ci troviamo, ma non c'è verso di fargli sentire ragioni – le rispose Laura. - Davvero? Eppure di solito sei un bambino buono e ragionevole! Ma io sono sicura che se smetti di piangere e di far capricci te lo porterà Babbo Natale il gioco che ti piace tanto. Devi solo avere ancora un pochino di pazienza – gli disse Adelina mentre il piccolo si asciugava gli occhietti e il naso col dorso della mano. - E' proprio per questo che piange. Gli ho detto chiaro e tondo che quest'anno non ci saranno regali per nessuno, né per lui e nemmeno per i suoi fratelli. Non è una cosa difficile da capire visto che oramai sono grandi e non credono più a Babbo Natale! Lo sa anche lei, signora Adelina: la fabbrica dove io lavoravo ha fatto fallimento e non abbiamo visto neppure la liquidazione e mio marito da mesi è in cassa integrazione. A momenti non riusciamo a mettere insieme il pranzo con la cena, altro che giocattoli! Nelle nostre condizioni è un'impresa mantenere una famiglia di cinque persone, con la signora Maria che ci sta col fiato sul collo perché siamo in arretrato di tre mesi con l'affitto! Ogni volta che esco di casa prego il cielo di non incontrarla perché ho una gran paura che prima o poi minacci, se non paghiamo, di darci lo sfratto! Ci tiene quasi al freddo e non vuole saperne di alzare un po' il riscaldamento, i bambini sono sempre raffreddati, ma se dovesse mandarci via non so come potremmo fare! Finiremmo in mezzo a una strada! Adelina non sapeva che cosa rispondere: si sentiva dispiaciuta, anzi addolorata. Lo sapeva bene anche lei quanto freddo fe negli appartamenti del vecchio stabile, e forse la signora Maria, non provandolo sulla sua pelle visto che abitava in un'elegante villa del quartiere residenziale, nemmeno se ne rendeva del tutto conto. Ma soprattutto le pareva davvero triste che un bambino di appena cinque

anni, e anche i suoi fratellini, non credessero più, e solo per necessità, alla poesia di Babbo Natale, e dovessero rinunciare anche ai doni sotto l'albero. Ma così era la vita per la gente come loro, e del resto lei per prima aveva imparato a rinunciare a tutto fin da piccola. Stava per salutare Laura e riprendere a scendere, quando Danilo alzò gli occhi verso di lei: erano occhi delusi … e pieni di rassegnazione! Adelina non riuscì a sopportate quello sguardo infantile che rispecchiava tutta l'ingiustizia della situazione, e si bloccò di colpo. - Quanto costa il gioco che gli piace tanto? – chiese alla donna sottovoce mentre il bambino, lasciata la mano della mamma, si avviava verso casa salendo le scale a testa bassa. - Dieci euro. Non è nemmeno tanto, ma se spendo dieci euro per lui, mi tocca fare altrettanto coi suoi fratelli. E trenta euro sono una cifra che in questo momento non posso permettermi. Adelina infilò la mano in tasca e ne trasse tre banconote: - Se permette, glielo faccio io un piccolo presente natalizio ai suoi figli. Ma siccome non so di preciso che cosa desiderano, sarebbe così gentile da comprare lei per me un regalino ciascuno ai bambini e poi metterglielo sotto l'albero? – disse a Laura allungandole il denaro. - Ma… - sussurrò la donna stupita – non deve disturbarsi! La vita è dura anche per lei, trenta euro non sono mica un soldo! Magari le toccherà di rinunciare a qualcosa che le serviva e io non vorrei che… - Oh, mi sono avanzati un po' di soldi della tredicesima, e per me non c'è nulla di urgente, stia tranquilla. Lo sa, sono sola e di poche esigenze, e non ho neppure un nipotino a cui far regali. Mi farà felice la mattina di Natale pensare che i suoi bambini hanno trovato una piccola sorpresa sotto l'albero. Magari Danilo ricomincerà a credere a Babbo Natale – le rispose Adelina con un sorriso. - Almeno Babbo Natale esistesse davvero! – esclamò la donna - Grazie, signora Adelina, grazie per la sia bontà – aggiunse poi con la voce rotta dalla commozione. Adelina riprese a scendere le scale, poi, una volta nel vicolo, si fermò un attimo

a riflettere: non era affatto dispiaciuta del gesto che aveva fatto! Un vecchio può rassegnarsi a tutto, ma non un bambino! "I bambini no, non è giusto, che siano costretti alla rassegnazione! I bambini hanno diritto di essere felici. Hanno diritto alla speranza, alla gioia, e anche alla poesia del Natale. Se la mia serata in pizzeria e le mie pantofole nuove serviranno a dare a quei tre piccolini un attimo di contentezza, è bene che io abbia fatto così!" rifletté decidendo lì per lì che avrebbe rinunciato a quelle due spese. "In fin dei conti chi se ne importa della chiacchiere leggere delle signore? Chi se ne importa di farsi per una volta servire al tavolo da un cameriere! Magari la pizza mi restava pure indigesta, ché non sono abituata a mangiarla e poi mi faceva boccheggiare per tutta la notte! E quanto alle pantofole… quelle vecchie non sono mica da buttar via! Non avranno la pelliccia dentro, ma il loro dovere lo fanno ancora" si disse per consolarsi mentre si avviava di buon o lungo il vicolo. In centro, sebbene fosse mattina, tutte le luminarie erano accese e scintillavano gioiosamente rompendo coi loro bagliori colorati il triste grigiore dell'atmosfera invernale. Ghirlande di frasche verdi ornate d'oro e di porpora addobbavano ogni angolo delle strade e le note dei canti natalizi si diffondevano nell'aria riempiendo il cuore di Adelina di dolcezza. Le strade erano invase da una folla frettolosa che entrava e usciva dai negozi per gli ultimi acquisti in preda a un'ansia febbrile. Le mani dei anti erano colme di borse e di pacchetti infiocchettati, e molti, incontrandosi, si scambiavano gli auguri. - Buon Natale, tanti saluti alla famiglia… Adelina si aggirava tra la gente in preda a una gioiosa eccitazione: ecco anche lei quell'anno poteva regalarsi un po' di Natale. Proprio come gli altri, avrebbe avuto la soddisfazione di comprarsi qualcosa di non strettamente necessario: le restavano ancora trentacinque euro, sufficienti per l'acquisto del panettone, delle calze di lana e, soprattutto, della coperta di piumino sintetico. Già le pareva di sentire sulla pelle il piacevole calduccio che le avrebbe regalato… Traversò la strada, poi si diresse verso il centro commerciale, l'unico della città che le fosse possibile raggiungere a piedi senza essere costretta a prendere i

mezzi: il biglietto del tram era caro e si sarebbe mangiato il risparmio! Era lo stesso piuttosto lontano da casa, ma i prezzi erano contenuti e valevano la fatica della lunga camminata. Che comunque le regalava il piacere di ammirare le vetrine scintillanti dei negozi cittadini. E, per fortuna, guardare era una delle poche cose che era possibile fare senza spendere nulla! Si lustrò gli occhi osservando la vetrina di un elegante negozio di calzature, ed ecco lì le scarpe che avrebbero proprio fatto al caso suo: di morbida pelle marrone, imbottite al punto giusto, alte alla caviglia e con una bella suola di gomma. Di certo in quelle scarpe l'acqua e il freddo non avevano il diritto di aggio. Guardò il prezzo: centonovantadue euro! Una pazzia! Ma se erano in vendita evidentemente c'era gente che poteva permettersi di comprarle. E non erano neppure le più care della vetrina… Adelina scrollò le spalle e riprese il cammino. Voltò l'angolo un po' soprappensiero e rischiò quasi di urtare una specie di fagotto che si trovava lì sul marciapiede: era un vecchio male in arnese accoccolato per terra con accanto un cane ancora più malandato di lui. Davanti ai due, appoggiata per terra c'era una scatola con qualche monetina da pochi centesimi sul fondo e con accanto un pezzo di cartone con su scritto, con una grafia incerta, questa frase: “Aiutateci, abbiamo fame" Adelina si fermò di colpo. La gente transitava davanti ai due ignorandoli, ma Adelina non ci riuscì: il vecchio era vestito con una giacca tutta rattoppata che pareva un po' troppo leggera per il freddo pungente, aveva in testa, a coprirgli i capelli bianchi, un cappellaccio sformato e nei piedi dei sandali estivi che, benché indossati con delle calze di lana, tanto caldo non glielo dovevano tenere di sicuro! Tanto più che le calze erano tutte un buco… L'uomo teneva gli occhi chiusi ma quelli del cane erano ben aperti e la fissavano con un tale sguardo triste e supplichevole che Adelina sentì il suo cuore sciogliersi di tenerezza e di comione. Allungò una mano per una carezza e la bestiola le diede una leccatina delicata sulle nocche gelate mentre la coda si muoveva all'impazzata avanti e indietro… "Delle calze di lana nuove posso anche farne a meno, in fin dei conti ne possiedo tre paia e quando ho su le scarpe i rammendi mica si vedono" pensò mentre faceva cadere nella scatola uno dei biglietti da cinque euro.

Il vecchio evidentemente teneva gli occhi solo socchiusi: - Dio gliene renda merito. Auguri, buon Natale a lei e alla sua famiglia – le disse infatti con un mezzo sorriso. - Buon Natale anche a lei. E anche a te, piccolino – gli rispose Adelina facendo un'altra carezza al cane, prima di riavviarsi lungo il marciapiede. Anche se ormai doveva rinunciare alle calze nuove, si sentiva ugualmente contenta, anzi riprese a camminare allungando il o, quasi avesse ritrovato la baldanza della giovinezza. Giunse al centro commerciale che erano ate le undici. Il luogo era affollato all'inverosimile, tanto che era quasi difficoltoso spingere il carrello tra le corsie del supermercato. Adelina si recò nel settore della biancheria da casa dove un paio di settimane prima aveva visto i piumoni, ma dovette constatare con delusione che di quelli sintetici non ce n'era più neppure uno. - Erano in offerta – le disse un'addetta al reparto – e ce li hanno bruciati via. Ne arriveranno dei nuovi tra qualche giorno, subito dopo Natale, ma di certo il prezzo non sarà più quello. "Pazienza" si disse Adelina “si vede che non era destino. E comunque non è detto che poi mi ci sarei trovata bene. Da vecchi si diventa abitudinari ed è meglio che io prosegua col solito sistema delle tante coperte". Del resto non poteva fare diversamente perché, come aveva detto la commessa, le nuove imbottite avrebbero avuto un prezzo più alto. Si diresse quindi verso il reparto degli alimentari e mise nel carrello un panettone, dopo aver controllato più di una volta che fosse il meno caro. Che fare, ora, dei ventisei euro che non aveva speso per la coperta? Riconsiderare l'acquisto delle pantofole e delle calze? O magari ritornare all'idea della serata in pizzeria con Camilla e le altre signore? Era lì che si interrogava sul da farsi, quando il suo sguardo fu attratto dallo scaffale dei dolciumi: c'erano delle scatole di cioccolatini a cinque euro l'una che facevano una gran bella figura. Pensò a Camilla e alla sua gentilezza e le venne il desiderio di regalargliene una, e, già che c'era, ne avrebbe acquistata una anche

per Ortensia, la sua vicina di pianerottolo che era vedova e sola e, pur essendo più giovane, non se la ava di certo meglio di lei. Era una persona buona e gentile e una volta che Adelina era nel letto con l'influenza, le aveva portato una tazza di brodo caldo e le aveva pure rassettato casa e lavato i piatti. Con decisione mise nel carrello due scatole di cioccolatini e ò oltre. "Ecco fatto" si disse soddisfatta “sono stata proprio egoista a non pensarci prima, quando ho fatto i conti per i miei acquisti. Menomale che il piumone non c'era così ho potuto rimediare. E ora mi restano i soldi per le pantofole. Ci avevo già fatto la croce sopra, ma visto che ho dovuto rinunciare alla coperta imbottita…." Tutta contenta si avviò verso le casse, dopo una coda infinita riuscì a pagare, poi, messo a posto il carrello, si diresse con la borsa della spesa in mano verso il grande atrio del centro commerciale per recarsi nella pantofoleria che era proprio accanto all'ingresso. L'affollamento era ancor maggiore di prima e Adelina dovette farsi largo tra la folla quasi a gomitate. Certo il motivo della calca era anche da ricercarsi nel fatto che sotto l'enorme albero pieno di addobbi e luci colorate, era arrivato Babbo Natale che distribuiva dolcetti. Era un Babbo Natale alto e imponente, con un elegante abito di panno rosso guarnito di preziosa pelliccia bianca, una grossa pancia sottolineata dall'alta cintura di cuoio e una lunga barba di cotone idrofilo candido come la neve, che se ne stava seduto su una specie di trono dorato e aveva accanto un grosso sacco pieno di dolciumi. - Oh, oh, oh, - diceva carezzando la testa dei bambini che, a turno, si sedavano sulle sue ginocchia, riempiendo loro le manine di caramelle e di cioccolatini. Per un attimo Adelina provò la tentazione di avvicinarsi per cercare di conquistare anche lei qualche dolcetto, ma poi si allontanò a fatica dall'assembramento, vergognosa per quel pensiero che le era frullato nelle mente: era ridotta proprio male se aveva pensato di appropriarsi di ciò che era destinato ai bambini! In un angolo dell'atrio, vicino alla porta che dava all'esterno, ecco un altro Babbo Natale. Era un Babbo Natale in tono minore: un ometto piccolo di statura senza un accenno di pancia, col costume rosso consunto e le guarnizioni di pelliccia decisamente spelacchiate. Ma la lunga barba bianca che gli arrivava a metà petto pareva proprio vera. E difatti gli occhi dolci e gentili e le guance rubizze tutte

una ruga erano quelli di un vecchio. Se ne stava in piedi lì nell'angolo e nessuno, tanto meno i bambini, pareva far caso alla sua presenza modesta e silenziosa. "Certo, tutti lo ignorano perché questo Babbo Natale un po' scalcinato non regala niente" pensò Adelina rispondendo al sorriso che l'ometto le aveva rivolto. Difatti al posto del sacco pieno di dolci c'era appoggiata per terra una grossa scatola di cartone con un cartello che recitava: "Un giocattolo per i bambini dell'orfanotrofio. Grazie." Adelina ò oltre ma, fatti pochi i, si fermò un attimo soprappensiero. "Ma… mi sono proprio così necessarie le pantofole? Di sicuro più importante dei miei vecchi piedi è la felicità di un bambino che non ha nemmeno i genitori. Tanto alle pantofole ci avevo già rinunciato e dunque lasciamo le cose come stanno". Tornò indietro e mise nella scatola di Babbo Natale quindici euro. Ora le restava solo un euro del suo gruzzoletto, ma andava bene così. Stava per riavviarsi verso l'uscita, quando inaspettatamente Babbo Natale le rivolse la parola: - Sei davvero generosa, e meriti a tua volta qualche regalo. Forza, dimmi che cosa ti piacerebbe – le disse. Adelina lo osservò stupita, poi sorrise a quell'ometto male in arnese che, evidentemente, oppresso dalla noia, aveva voglia di far due chiacchiere. Così, per gentilezza, decise di stare allo scherzo: - Ne ho talmente tanti di desideri che Babbo Natale non potrebbe esaudirmeli tutti! - Babbo Natale ha molto più potere di quello che la gente pensi – rispose lui con uno scintillio divertito negli occhi – devi solo crederci ed avere fiducia. - Allora… vediamo. Desidero un paio di scarpe con una bella suola di para che non facciano are l'acqua quando piove.

- Tutto qui? - Anche un paio di pantofole con la pelliccia dentro e delle calze di lana pesante. - Sono piccole cose. Babbo Natale ha molto potere, te l'ho detto. Osa un po' di più - la sollecitò l'ometto. - Un bel piumone spesso e soffice che mi tenga bene al calduccio di notte? – buttò lì Adelina che cominciava, suo malgrado, a divertirsi. - E' sempre e solo un oggetto. Forza, pensa a qualcos'altro. - Mi piacerebbe poter andare una volta in pizzeria con le altre signore, sedermi al tavolo e farmi servire – disse sorridendo. Il piccolo Babbo Natale si mise a ridere a sua volta: - Un desiderio davvero piccolino. Forza pensa a qualche altra cosa. - Allora vorrei che la signora Maria, la mia padrona di casa, si decidesse ad alzare il riscaldamento. E non solo per me, tutti gli inquilini si lamentano, specie quelli che hanno dei bambini, ma siccome lo stabile è vecchio e pieno di magagne che però lei si guarda bene dal far sistemare, non può pretendere troppo per l'affitto così si rifà risparmiando sul gas per il riscaldamento. - Uhm, poco simpatica davvero questa signora Maria, non ho mai potuto sopportare le persone egoiste ed insensibili. Specie quelle che non considerano le esigenze e i problemi di vecchi e bambini. Meriterebbe anche lei un bel regalino che la fe riflettere – disse l'uomo – Ma anche questo è un desiderio piccolino. Non ne hai uno davvero importante che ti piacerebbe veder esaudito? Adelina pensò ai suoi sogni segreti, pensò al mare, al cane, al giardino fiorito sui quali si soffermava spesso a fantasticare: - Mi piacerebbe tanto poter vivere in Riviera dove non fa mai troppo freddo, magari in una bella casetta con un poco di giardino per coltivarci tanti fiori… e avere un piccolo cane che mi faccia compagnia per sentirmi meno sola – disse a bassa voce quasi vergognandosi per aver confessato questa sua debolezza – ma, soprattutto, vorrei star bene in modo da essere sempre autosufficiente – si riprese realizzando che, in fondo, la salute è sempre la cosa più importante.

- Questo ultimo desiderio non è di mia competenza – disse Babbo Natale - ma per tutto il resto vedrò quello che posso fare. Perché sei buona e generosa e meriti di ottenere quello che desideri. Tu devi solo crederci… Adelina lo salutò e mentre rifaceva a ritroso la strada per tornarsene a casa, ancora sorrideva dentro di sé per quella buffa e assurda conversazione. Una conversazione davvero surreale visto che lei, scioccamente, mentre parlava con quel piccolo e scalcinato Babbo Natale, forse suggestionata dal suo modo di fare gentile e insolito, per un momento ci aveva creduto davvero che i suoi sogni potessero realizzarsi. Ma la cosa più strana era che parlare con quel povero ometto, le aveva messo addosso un'allegria, una contentezza e una serenità straordinarie, tanto che se ne sentiva tutta riscaldata al punto che persino il freddo pungente non le dava più fastidio e senza volere prese a canticchiare una delle melodie natalizie che si diffondevano nell'aria. Traversò la piazza per infilarsi sotto i portici e il suo sguardo fu attirato da una donna che, appoggiata a una delle colonne, chiedeva l'elemosina ai anti. Dall'abbigliamento era chiaramente una zingara e aveva tra le braccia un fagotto che pareva contenere un neonato, mentre una bimbetta cenciosa e sporca si teneva aggrappata alle sua lunga gonna. Mentre le ava accanto la donna l'apostrofò con una voce lamentosa e supplichevole: - Fammi la carità, buona signora, i miei bambini muoiono di fame e di freddo… Adelina non nutriva molta simpatia per gli zingari. Una volta mentre era al mercato una di loro aveva tentato di infilarle una mano nella borsetta per rubarle il portafoglio e non ci era riuscita solo perché il padrone del banco davanti a cui Adelina era ferma per comprare un po' di verdura l'aveva avvisata. Così tirò dritto senza degnare il gruppetto di un altro sguardo. Ma, fatti pochi i, le giunse all'orecchio un vagito infantile. Era un suono lieve e faticoso, una specie di miagolio, come se il piccolo fosse troppo debole per avere la forza di piangere a pieni polmoni… Adelina fece precipitosamente dietrofront: - E' tutto quello che ho, mi dispiace – disse alla donna mettendo nella mano che questa le tendeva la moneta da un euro che erano tutti i soldi che le restavano del suo piccolo gruzzolo. - Grazie, buon Natale – sussurrò la bambina con una vocetta sottile sollecitata da

una spinta della madre. E intanto osservava incantata la busta di plastica che Adelina teneva in mano in cui era possibile intravedere il panettone. E Adelina realizzò che mangiare quel dolce non le avrebbe più fatto alcun piacere perché ad ogni fetta avrebbe rammentato lo sguardo smarrito e affamato della piccola zingara e il boccone le sarebbe andato per traverso… "La roba dolce alla mia età non fa mica tanto bene. Magari mi faceva pure salire la glicemia" pensò mentre estraeva il panettone dalla busta e lo porgeva alla bambina: - Ecco, buon Natale anche a te, piccolina – le disse con un bel sorriso. Adelina giunse a casa che erano quasi le tredici. Era affamata e anche piuttosto stanca, però non si sentiva affatto scontenta o delusa per non essere riuscita a soddisfare nemmeno uno dei suoi desideri. Anzi la strana allegria che l'aveva invasa mentre parlava col piccolo e malandato Babbo Natale non l'aveva abbandonata. Nell'ingresso dello stabile quasi si scontrò con Paola, l'anziana inquilina che viveva col marito in uno dei due appartamentini del piano terra. - Arriva da fuori? Allora non sa ancora la novità – le disse la donna. - Quale novità? – chiese Adelina incuriosita. - Un'ora fa è ata la signora Maria. Era tutta agitata e ha suonato un po' di camli per far uscire gli inquilini sulla scale. Poi ha detto che la caldaia di casa sua si è guastata, che l'operaio che ha chiamato non riesce ad aggiustarla, e che lei ha capito, trovandosi coi caloriferi gelati, che effettivamente al freddo si vive male. Ha addirittura chiesto scusa e ha alzato la temperatura della caldaia! Ora i termosifoni sono belli caldi e si sta decisamente meglio, vedrà che anche lei sentirà la differenza entrando in casa. Non solo, ma ha detto che in primavera vedrà di far sistemare le varie magagne dello stabile e metterà pure gli infissi nuovi in tutti gli appartamenti! - E, di conseguenza, ci raddoppierà l'affitto – disse Adelina. - Invece no! Ci ha assicurato che l'affitto non crescerà di un centesimo! – le rispose Paola trionfante.

Dopo questa bella novità Adelina prese a salire le scale alla volta di casa, ancora più contenta. Ed effettivamente, una volta entrata, si rese conto che Paola aveva regione: c'era un bel caldo perché i termosifoni erano bollenti! Entrò in camera da letto per levarsi il cappotto ma dovette tornare di corsa nell'ingresso per rispondere al telefono. La spesa per l'abbonamento telefonico era l'unico lusso che Adelina si concedesse: vivendo sola, si sentiva più sicura al pensiero che, trovandosi nel bisogno, avrebbe potuto chiedere aiuto. Ma l'apparecchio veniva usato molto raramente: non aveva nessuno a cui dar notizie di sé o col quale fare quattro chiacchiere, e mai nessuno la chiamava. Così alzò la cornetta incuriosita e anche un po' preoccupata: - Pronto… - Salve, Adelina, sono Camilla. Oggi è il mio compleanno, di solito preferisco arlo sotto silenzio, non sono più una ragazza e gli anni che ano mi fanno un po' paura. Ma stavolta ho deciso di festeggiarlo invitando in pizzeria le mie amiche. Offro io per tutte naturalmente. E per una volta non mi dica di no, Adelina! Ci tengo davvero ad averla mia ospite. - Tanti auguri allora! E grazie per l'invito, Camilla, va bene, ci sarò di sicuro. Camilla le fornì l'indirizzo del locale, era poco distante da lì e avrebbe potuto raggiungerlo senza problemi, poi le diede appuntamento per quella stessa sera alle venti e trenta. Adelina era proprio contenta. E la sua contentezza aumentò ancora quando le venne in mente la scatola di cioccolatini che aveva comprato proprio per lei. “Che fortuna! Sarei stata costretta ad arrivare a mani vuote e ci sarei rimasta proprio male!" Sì era stata davvero una fortuna non aver potuto acquistare la coperta imbottita! Tornò in camera per levarsi finalmente il cappotto, ma dovette di nuovo precipitarsi nell'ingresso, il telefono squillava ancora: due telefonate in un giorno? Che cosa stava succedendo? - Pronto…

- Adelina, sono don Dante. - Buongiorno, reverendo. Ha bisogno di qualcosa? - Senta, Adelina, nel pomeriggio dovrebbe fare un salto qui in canonica, perché le devo parlare – le disse il sacerdote. - Va bene. Ma… è successo qualcosa? - No, no, stia tranquilla. Devo dirle una cosa che spero le faccia piacere. L'aspetto, diciamo… verso le cinque, finita messa. Le va bene? - Benissimo. Ma… - Allora a più tardi – tagliò corto il sacerdote senza darle modo di chiedere spiegazioni. Adelina mise giù il telefono, poi si tolse il paltò e andò in cucina per prepararsi qualcosa da magiare. Era il giorno delle sorprese, quello! Prima la padrona di casa che, dopo averli fatti tribolare a causa della sua avarizia, era diventata di colpo buona e generosa, poi Camilla che la invitava in pizzeria. E ora don Dante che le annunciava di doverle dare una notizia piacevole. Chissà di che cosa si trattava? Certo, se le aveva detto che era una cosa bella non era di sicuro per lamentarsi che lei non avesse pulito a dovere il pavimento della chiesa o spolverato bene i banchi e gli altari! E del resto, se era sempre stata molto precisa nelle case delle sue padrone, nel pulire quella del Signore ci metteva, oltre all'esperienza e alla buona volontà, anche tutto l'amore che nutriva per il buon Dio… Fu dunque con molta curiosità che Adelina, alle diciassette in punto, varcò la soglia della canonica. - Vengo subito al dunque – le disse don Dante - la signora Anna, la moglie del notaio Ferretti, mi ha pregato di cercarle una persona che sia disposta a trasferirsi nella loro proprietà sulla Riviera Ligure. Loro ci vanno solo nei fine settimana e durante l'estate, ma lì hanno un gatto e un cagnolino, che logicamente, hanno bisogno di qualcuno che se ne curi giornalmente. Fino a qualche giorno fa l'ha fatto una signora che, purtroppo, ora non c'è più. Così io ho pensato a lei, Adelina.

- Non so che cosa dire… - Immagino che sia un po' sorpresa. Ma voglio tranquillizzarla. Avrebbe a disposizione la dependance, una piccola casetta indipendente che si trova in un angolo del giardino, con tutte le comodità, riscaldamento, lavatrice, televisore, eccetera, e spesata di tutto, acqua, luce, gas e quant'altro. E in più riceverebbe un piccolo compenso per il suo impegno. E il lavoro consisterebbe solo nel dar da mangiare alle due bestiole, che sono buone e tranquille, nel far loro compagnia ed eventualmente, far venire il veterinario se stessero poco bene. A spese dei padroni, naturalmente. Nient'altro. E se la preoccupa la solitudine o la sicurezza, nella villa vivono in pianta stabile il custode che si occupa del giardino, con la moglie, che è la donna di servizio della casa. Sono persone giovani e simpatiche, ma lei è allergica al pelo degli animali e dunque non può occuparsene.. - Sembra un sogno – disse Adelina mezza imbambolata. - Ho pensato a lei, Adelina - le spiegò don Dante – perché lei è una persona speciale: buona, affidabile, onesta e generosa. E' libera da impegni familiari e le piacciono gli animali e il mare. Dunque? Adelina si sentiva il cuore in gola per l'eccitazione. Pareva davvero l'avverarsi del suo sogno. E stupidamente le venne in mente il piccolo Babbo Natale con cui aveva chiacchierato… - Sarebbe una cosa meravigliosa, don Dante e la ringrazio. Però, e mi perdoni se le faccio delle obiezioni, sono sola e devo pensare anche al futuro. Ora sono ancora in gamba e del tutto autosufficiente, ma che cosa sarà di me quando diventerò troppo vecchia per badare alle bestiole e dovrò lasciare il posto a qualcun altro? Qui la vita non è molto cara e pago per l'affitto di casa una piccola cifra. Ma… e poi? Gli affitti in riviera sono carissimi, non ce la farei con la mia pensione. - Quando ho parlato di lei alla signora Anna, e le ho detto della sua bontà e del suo altruismo, si è commossa e mi ha pregato di rassicurarla che farà con lei come ha fatto con Ernesta. - Ernesta? - Era la donna che si occupava delle bestiole. Quando si è ammalata la signora Anna, invece di sostituirla e mandarla via, le ha preso a sue spese una bravissima

badante che l'ha accudita e curata con dedizione giorno e notte fino alla fine. Ed Ernesta se n'è andata serenamente standosene in quella casetta che ormai amava come se ci fosse nata e con accanto le bestiole a cui si era tanto affezionata. E dunque, può stare tranquilla. I signori Ferretti sono molto ricchi, ma sono anche persone buone e generose che non abbandonerebbero mai quelli che, a qualunque titolo, hanno a che fare con loro. Adelina se ne tornò a casa frastornata, ma piena di gioia e di entusiasmo. E di nuovo le venne in mente il piccolo Babbo Natale: si erano avverate tre delle sue richieste. Vuoi vedere che… Ma no! Erano solo coincidenze e doveva smettere di lavorare di fantasia! Lo sapevano anche i bambini piccoli come Danilo che Babbo Natale non esiste! Era entrata in casa da pochi minuti, quando sentì squillare il camlo della porta. "Sarà la Ortensia che vuole commentare quello che è successo con la signora Maria" pensò andando ad aprire “bene, così le do la scatola di cioccolatini che ho comprato per lei". Invece sul pianerottolo c'era un ragazzo che teneva tra le braccia una grossa scatola.. - La signora Adelina Bianchi? – le chiese gentilmente. - Sono io – rispose Adelina stupita. - Ecco qui – le disse il giovanotto porgendole un foglio e una penna – deve solo firmarmi la ricevuta di consegna. - Ma… io non ho ordinato niente. Deve esserci uno sbaglio – obiettò Adelina stupita. - Eppure l'indirizzo è chiaro: signora Adelina Bianchi, vicolo Sant'Andrea numero due, terzo piano, appartamento A – ribatté il ragazzo. - Sono proprio io. Ma non capisco. Che roba è, chi la manda? Se c'è qualcosa da pagare io… - Senta, io sono solo un fattorino e non lo so. Però dentro la busta attaccata alla

scatola dove è scritto l'indirizzo, ci sarà un biglietto. E non mi deve un soldo quindi vuol dire che è tutto pagato. Perciò per piacere, deve solo firmarmi la ricevuta. Adelina sempre più stupita firmò il foglio che il giovanotto le metteva sotto il naso, poi, dopo averlo ringraziato, quasi a fatica portò dentro casa lo scatolone, prese la busta che vi era fissata, estrasse il biglietto che conteneva e lo lesse sbalordita: "Tanti auguri, cara Adelina. Spero che tu sia contenta per le belle novità che ti riguardano, ma siccome anche in Riviera a volte piove e fa freddo… ecco quello che mi hai chiesto.Un abbraccio. Babbo Natale" c'era scritto in un grafia svolazzante e un po' arcaica. Adelina era così frastornata che dovette sedersi un attimo. Stava forse sognando? Le girava persino la testa e non sapeva più cosa pensare… Appena si fu ripresa, si decise ad aprire lo scatolone: all'interno c'erano diversi pacchetti confezionati in una bella carta regalo tutto uno scintillio di ori e di argenti. Sfasciò il primo: conteneva tre paia di calze di lana, così morbide e soffici che non ne aveva mai visto di uguali. Nel secondo pacchetto ecco delle pantofole imbottite di pelliccia e nel terzo un paio di scarpe invernali: erano quelle che aveva visto al mattino nella vetrina dell'elegante negozio del centro! Quelle che costavano un pazzia e che mai avrebbe sperato di poter possedere! E, come le calze e le pantofole, erano esattamente della sua misura... Il quarto pacco conteneva un panettone. Non era un dolce dozzinale e da poco prezzo come quello che aveva acquistato al supermercato e poi regalato alla zingarella, ma era un panettone finissimo di pasticceria… emanava un profumo che riusciva a superare anche l'involucro dorato, talmente inteso e goloso che faceva venire l'acquolina in bocca. Sempre più stupita Adelina aprì l'ultimo pacco, che era anche il più voluminoso: conteneva una meravigliosa coperta imbottita di vero piumino d'oca, soffice e leggera come una nuvola. Adelina se ne stette qualche istante a fissare imbambolata quelle meraviglie, poi si diede un pizzicotto per accertarsi di non stare sognando: ma no, era ben sveglia ed era tutto vero! Allora si riscosse, si rimise cappotto e berretto e uscì precipitosamente da casa.

Erano le diciannove ed era ormai buio pesto. Adelina non si perse d'animo e cominciò a camminare in fretta in fretta verso il centro città. Arrivò nei pressi del centro commerciale quasi senza fiato, giusto in tempo per intravedere il piccolo, malandato Babbo Natale con cui aveva parlato al mattino, uscire dalla porta dell'ingresso e avviarsi lungo la strada. - Aspetti, aspetti un momento! – gridò Adelina al suo indirizzo. L'uomo si voltò verso di lei, le fece un bel sorriso e un gesto di saluto con la mano, poi girò l'angolo di una stradetta laterale. Adelina corse da quella parte, ma, girato l'angolo a sua volta, si fermò interdetta: la viuzza era deserta e dell'uomo nemmeno l'ombra. Però, dopo un istante, le parve di sentire in lontananza lo schioccare di una frusta e un dolce rumore di camli mentre una scia luminosa, in alto, nel cielo scuro, fendeva il buio della notte…

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