A TEMPO DI MUSICA
di Daniela Perelli
Edizione 2015 Copertina: le Muse grafica
Copyright© 2015 Daniela Perelli “Scrivere d’amore”
Questo racconto è solo ed esclusivamente frutto della fantasia dell'autrice. Ogni luogo o riferimento a cose o persone, vive o defunte, è puramente casuale. È vietata la riproduzione sia parziale che totale dell'opera in qualsiasi forma.
Sinossi: Zachary è un uomo d'affari tutto d'un pezzo: brillante avvocato, di buona famiglia, con un'educazione impeccabile e, come se non bastasse, molto...molto affascinante, con quel pizzico di arroganza che non guasta. Olivia è una giovane ballerina: dolce, bella, simpatica, travolgente, dai modi discutibili e molto...molto spontanea. E se un giorno, per caso o per destino, si incontrassero? Una serie di eventi li porterà ad imbattersi, uno nell'altra, più e più volte...
Alla mia famiglia, senza la quale nulla sarebbe possibile. Alle amiche lettrici e autrici, grazie del vostro sostegno.
Ascolta...l a senti? La musica! Io la sento dappertutto: nel vento, nell'aria, nella luce... è intorno a noi, non bisogna fare altro che aprire l'anima, non bisogna fare altro che ascoltare!
Freddy Highmore, tratto dal film LA MUSICA NEL CUORE
Capitolo 1
ZACHARY
Se non fosse stato per l’educazione rigida dei miei genitori oggi non sarei l’uomo che sono: un grande avvocato di successo, con uno stile di vita esemplare, con amicizie di un certo livello, partecipazioni a eventi mondani di tutto rispetto, forte, sicuro di me e conteso nell’azienda per cui lavoro e di cui presto sarò socio. Nulla da dire, vero? Almeno sino ad oggi, per colpa della mia sveglia che ha deciso di giocarmi un brutto scherzo e di non suonare, come sempre ha fatto in tutti questi anni: alle 5:45 in punto. Mi sveglio e mi catapulto giù dal letto. Sembro ubriaco, non sono abituato ad essere in ritardo, ma soprattutto a non poter andare a correre come sempre faccio sin da quando sono ragazzino. Per poco non comincio ad imprecare, ma scaraventare la sveglia a terra e distruggerla per non essere più utile, è sufficiente a sfogare la mia ira. So che per alcuni di voi potrà sembrare strano o, addirittura, da pazzi andare nel panico solo per una sveglia che non suona e cambiare così qualche piccola abitudine! Il fatto è che per me è vita, è il mio modo di essere e ne vado fiero. Siccome oramai il danno è fatto, mi precipito come fossi un banale zoticone nel bagno per lavarmi e vestirmi. Non ho intenzione di saltare la colazione nel solito bar del centro commerciale che si trova a pochi minuti dal mio ufficio. Almeno questo! Prendo la mia ventiquattrore, le chiavi della mia adorata macchina, mi fiondo giù dalle scale, vado nel parcheggio, salgo e metto in moto. Sono comunque in ritardo di dieci minuti, ma alla mia colazione non rinuncio di certo. In men che non si dica parcheggio nel garage del centro commerciale, salgo a tutta velocità, entro nel bar e ordino il solito cappuccino con una montagna di schiuma e una fetta di torta di mele. Mi siedo al tavolino, ma niente da fare! Non appena taglio con la forchetta la prima fetta di torta e la avvicino alla bocca, un rumore assordante deconcentra me e fa bloccare istantaneamente tutte le persone che camminano avanti e indietro per il centro. Dalla vetrata del bar ho un’ottima visuale e noto anche come le persone si guardino perplesse, domandandosi cosa stia succedendo e da dove arrivi questa musica da disco bar di basso livello. Dalle scale mobili, che ho proprio di fronte, vedo venir giù immobili e in fila, a
dir poco perfetta, quattro ragazze truccate nella stessa maniera e con indosso dei jeans strappati e un top cortissimo. Quando arrivano in fondo, come fossero soldatini, marciano in simbiosi e vengono raggiunte da altre, vestite come loro. Ne arrivano da ogni direzione. Ma che diavolo succede? Incuriosito, esco dal bar e osservo in disparte, come molti altri, questa bizzarra situazione. Le ragazze formano delle linee rette e rimangono immobili, quasi come fossero bambole. Ad un certo punto la musica cambia e si fa ancora più potente. Dal piano superiore vedo dei ragazzi, anch’essi con jeans strappati e che portano delle camicie senza maniche aperte sul davanti, mettendo in mostra i loro addominali. Che zoticoni! Cominciano a ballare uno strano ballo, non ricordo il nome, so soltanto che non è minimamente paragonabile alle serate di gala a cui partecipo e in cui si danza musiche divine. Questo è uno scempio! Si muovono a tempo perfetto, fanno qualche capovolta e poi saltano dalla parte opposta della balaustra facendo sobbalzare e spaventare tutti, ma vi si aggrappano come scimmie. Devo ammettere che sono stupito, però. Saltano nuovamente, ritornando dall’altra parte, incitati anche da tutte le persone che tirano un sospiro di sollievo e molti fanno anche il segno della croce e poi, come hanno fatto le ragazze prima di loro, cominciano a marciare. Scendono con le scale mobili e si posizionano di fianco a loro. Di nuovo cambio musica, ma questa volta più piacevole, noto un ragazzo, non vestito come gli altri, indossa un completo doppio petto con tanto di cravatta e si muove come gli altri nonostante il suo abbigliamento da sala. Strano davvero! Poi, dalla parte opposta, si apre l’ascensore che si trova di fianco alle scale mobili e di lì esce una visione... Capelli rossi e deliziose lentiggini sul viso, occhi color caramello, vestito nero aderente e molto scollato. Si porta in avanti con fare sexy, per andare incontro allo stronzetto col doppio petto e cominciano, così, a muoversi all’unisono su un improvviso cambio musica. La gente in delirio comincia a battere le mani a tempo e, improvvisamente, anche gli altri immobili soldatini cominciano a ballare ad un ritmo forsennato. Noto una signora proprio di fianco a me completamente in estasi, mi avvicino e le chiedo se sa cosa significhi tutto ciò. Lei mi guarda, come se avessi chiesto chissà quale eresia e sorridente mi risponde: «Non mi dica che non ha mai sentito parlare del Flash Mob...».
Capitolo 2
OLIVIA
Non mi piace definirmi una “senza tetto”. Una “senza fissa dimora” mi sembra più carino. Sono due anni, oramai, che mi sposto di città in città per realizzare il mio grande sogno, ma è davvero molto difficile. Dopo il diploma non ho voluto iscrivermi all’università e diciamo che la cosa non è stata vista di buon occhio dai miei genitori. Mio padre lavora da molti anni per un’impresa di pulizie, mia madre come cameriera ai piani in un hotel. Avrebbero tanto voluto che la loro unica figlia diventasse, che ne so: dottore, architetto, giornalista, avvocato...Hanno sempre sostenuto la mia ione per la danza, ma non hanno mai capito davvero tutti i miei sacrifici per un qualcosa che, a loro avviso, non mi avrebbe mai dato nulla di certo. Finito il liceo cominciai a lavorare a più non posso dove capitava per pagarmi le lezioni, gli stage e i vari provini a cui ho partecipato, spostandomi di città in città. Il mondo della danza è davvero duro e spietato e dopo l’ennesima volta in cui mi sono sentita dire le solite cose del tipo: “molto brava, ma non abbastanza magra”, “brava ma troppo magra”, oppure “brava ma troppo alta”, “molto brava ma troppo bassa” e, ancora peggio, “lascia perdere, non fa per te”, ho detto, BASTA! Sono davvero stufa di queste scuse che sono luoghi comuni e non spiegano il vero motivo di un rifiuto. Nonostante ciò, però, non demordo! Da quando mi sono trasferita a Londra, oltre a trovarmi un lavoro ben retribuito anche se con degli orari allucinanti, mi sono imbattuta in un gruppo di ragazzi che, come me, sono apionati di danza, ma non avendo avuto fortuna hanno deciso di esprimere la loro arte in modo molto particolare. Ed eccomi qui, al mio debutto e, come se non bastasse, per darmi un caloroso benvenuto, ho avuto l’onore di essere la ballerina di punta insieme al grandioso e bellissimo Matt, l’ideatore di tutto. Sento la musica che comincia a tutta forza e mi chiedo se mai riuscirò anche solo
a muovermi, quando le porte di questo ascensore si saranno aperte. L’adrenalina che scorre nelle vene mi sta uccidendo. Cerco di mantenere il controllo sul mio corpo come se mi trovassi su un palcoscenico. Cosa facevo, sempre, poco prima di cominciare il mio saggio di danza e i provini? Chiudevo gli occhi, inspiravo a pieni polmoni ed espiravo molto, molto lentamente. Poi ricominciavo e continuavo lo stesso rituale per almeno tre volte. Ecco, ci siamo, Matt ha appena fatto la sua comparsa. Non posso vederlo perché sono chiusa qui dentro, ma sento il cambio musica e capisco che tocca a lui. Ancora qualche battuta e posiziono il dito sul pulsante “stop”, pregando ogni genere di santo che l’ascensore parta nuovamente e arrivi giù, per lo meno, nel lasso di tempo di quelle dieci battute che mi permetteranno di poter giocare, a mio piacere, l’inizio del mio pezzo. È il momento! Schiaccio e, grazie al cielo, questo inquietante ascensore cilindrico comincia a scendere. Arriva al piano, si apre con una lentezza agonizzante e, come per magia, non vedo e non sento più nulla intorno a me se non l’immagine divina di Matt che si avvicina e la musica che mi avvolge, facendomi dimenticare tutto. Non importa il modo in cui sono costretta a esprimere la mia ione per la danza, mi importa solo di aver avuto una possibilità. La possibilità di esprimere me stessa e quello che sono. Non esiste fortuna più grande al mondo. Mi avvicino a tempo di musica a Matt, ci guardiamo e cominciamo a danzare come se non ci fosse un domani e così tutti gli altri, come se fosse l’ultima volta che lo facciamo. È proprio questo il principale motivo che mi ha legato a loro così tanto, sin da subito. La folla è in delirio: mani che battono a tempo, voci incoraggianti, è tutto così perfetto! Almeno, così avrebbe dovuto essere. Forse a qualcuno abbiamo dato parecchio fastidio e posso anche capirlo, ma addirittura chiamare rinforzi...mi sembra troppo. Quasi non faccio in tempo a rendermi conto di quello che sta succedendo che tutti scappano via in direzioni diverse. Matt mi prende per un braccio incitandomi a correre più veloce che posso, ma un poliziotto ancor più veloce lo afferra e lo trascina via mentre mi urla di scappare a gambe levate. Sono così sottosopra e spaventata che inizio a correre senza avere una meta precisa. Per un momento, ma solo per un momento, nella mia testolina balena
l’idea di fermarmi e parlare con i poliziotti per spiegar loro che non stavamo facendo nulla di male se non rallegrare un lunedì mattina noioso e monotono, ma la paura continua a darmi la forza di correre e non fermarmi. Non so come, ma mi trovo nei parcheggi sotterranei del centro commerciale e decido di nascondermi per un po’ dietro una macchina gigantesca, almeno per un po’. Mi rannicchio tremante e, quando tutto sembra andare per il meglio, vedo le lucine laterali del macchinone accendersi e quel “click” che sta ad indicare che la sicura è stata disattivata. Questo può voler dire solo una cosa: il proprietario sta per salirci sopra e, di conseguenza, si accorgerà di me. Panico totale! Stringo gli occhi più che posso fino a farmi male, mi rannicchio ancor di più e in un attimo sento una presenza che incombe su di me. Apro gli occhi pian piano, tanto oramai peggio di così non può andare e, quando incrocio quello sguardo, il mio cuore perde un battito.
Capitolo 3
ZACHARY
Flash mob. Ma che diavolo di spettacolo a dir poco grezzo! Certo, in quello che fanno, anche se non riesco a definirlo danzare, sono bravi. Però, a essere sincero, li vedrei bene lavorare al circo. Ad un certo punto, come se qualcuno avesse schioccato le dita risvegliandomi dai miei pensieri, sento la musica bloccarsi di colpo e vedo dei poliziotti che si avvicinano con fare minaccioso. I “ballerini” cominciano a correre da una parte all’altra cercando di non farsi prendere. A quanto pare, e non mi stupisco di certo, l’hanno fatta grossa. Ma che razza di comportamento è questo? Che genitori hanno avuto e cosa hanno insegnato loro per arrivare a disturbare in questo modo invadente la quiete pubblica? Mi stupisco anche delle persone che li hanno incitati a continuare. Come avvocato, posso dire, che questi ragazzi potrebbero are davvero guai grossi per la loro bravata. Ci sono le sale da ballo, santo cielo! Anche la bellissima visione uscita dall’ascensore scappa trascinata da quello...non saprei neppure come definirlo...che però, con mia grande gioia, viene acciuffato da uno dei poliziotti. Lei, invece, continua a scappare. Minimamente interessato e dispiaciuto dalla sorte di questi teppisti, mi allontano e raggiungo la macchina. Sono in ritardo pazzesco e la cosa mi fa imbestialire, ma ho una buona scusa dopo lo scempio a cui ho assistito. Arrivo al garage sotterraneo, tiro fuori dalla tasca le chiavi della macchina e apro la sicura delle portiere ancor prima di arrivarci davanti. Lo so, lo so, sono maniacale! Ma almeno guadagnerò qualche secondo e per me non è cosa da poco. Faccio il giro dalla parte eggeri per posare la mia ventiquattrore e quel che vedo mi paralizza. La ballerina sexy è rannicchiata contro la mia macchina, ha gli occhi serrati, ma pian piano li riapre. Sono senza fiato davanti a questo viso lentigginoso che sembra stato dipinto, ma non lo do a vedere. Non posso essere di certo attratto da questo genere di donna così poco raffinata! Decido per
primo di mettere fine a questo imbarazzante silenzio. «Bene, bene. Guarda un po’ chi si vede: la ballerina pel di carota che si nasconde come una comune criminale. Ma non si vergogna neanche un po’?». Lei mi guarda sconvolta, non mi conosce e non sa che questo è l’unico modo che conosco di essere gentile. Si solleva da terra pian piano e viene verso di me con aria minacciosa. «Bene, bene, guarda un po’ chi si vede: una specie di pinguino impomatato che si crede un Re. Piacere di conoscerla sua maestà». Mi fa un sorrisetto e accenna un lieve inchino. Che razza di stronzetta impertinente! «Ha perso la parola, sua maestà?». Ora siamo faccia a faccia e continua con il suo modo di fare. Sta tirando troppo la corda. Avrei una gran voglia di prenderla a schiaffi ma questo viso dolce, che fa così tanto contrasto con il suo modo di fare, sarebbe solo da baciare. Ma cosa diavolo mi salta per la testa? La allontano, spostandola, per aprire la portiera della macchina e posare sul sedile la ventiquattrore. Poi, continuando a mantenere una calma apparente, nonostante il sangue che mi ribolle nelle vene, mi rivolgo nuovamente a lei. «Ha un nome pel di carota?», le chiedo. «Mi chiamo Olivia, Olivia Newton». Comincio a ridere di gusto. «E adesso cos’hai da ridere tanto?». Che maleducata! Mi dà del tu e neppure mi conosce! «Rido, perché oltre ad avere l’aspetto di un cartone animato ha lo stesso nome della moglie di braccio di ferro». «Sempre meglio che sembrare uno dei pinguini di Mary Poppins. Dici a me, ma anche tu sembri un personaggio dei cartoni animati, cosa credi!». Scrollo un po’ il capo esasperato da tanta maleducazione. «Non mi sembra di averle detto di darmi del tu». «Mi scusi sua maestà. Posso anche chiedere gentilmente qual è il suo nome? Anzi no, provo a indovinare: uno come lei non può altro che chiamarsi Marc, o Leonard, o Paul o qualsiasi altro nome del genere noioso e banale da morire».
«In verità mi chiamo Zachary, Zachary Collins, stupita?». Abbassa un po’ lo sguardo, la sto mettendo in difficoltà e ne sono compiaciuto. Con chi crede di avere a che fare? «Allora, è stato un piacere signorina Newton e tanti complimenti per la sua notevole attività. Ora vado a lavorare, un lavoro vero e di tutto rispetto». Mi pento un po’ di averle detto così. So davvero essere un gran bastardo. Ma non lo do a vedere, tanto chi la rivedrà più? «Bene, buon per lei. A non rivederci allora». «Per un po’ cercherò di stare lontano dai centri commerciali. Ah, dimenticavo, stia all’occhio quando se ne va, la polizia potrebbe acciuffarla e dio solo sa che guai potrebbe are. Mi creda, sono un avvocato e so quel che dico». Stranamente, sento di nuovo quel senso di colpa ma lo ignoro, salgo in macchina e mi allontano da quel viso.
Capitolo 4
OLIVIA
Sono completamente paralizzata. Guardo la macchina che si allontana da me ancora incredula che a guidarla sia l’essere più spregevole e insopportabile che abbia mai incontrato. Sia chiaro, deve ancora nascere qualcuno a cui io non riesca a tenere testa, ma con lui non so...Credo che il fatto che sia terribilmente bello giochi a mio sfavore. Però è anche vero che un bel corpo con un’anima orribile…Insomma, basta pensarci! Cerco di rinsavire il più velocemente possibile e di allontanarmi dal centro commerciale, sperando di are inosservata anche se ho ancora indosso l’abito dello spettacolo. Raggiungo il bagno del piano terra dove ho nascosto alla bell' e meglio il mio zainetto con il cambio, tiro fuori il cellulare, non stupendomi di averlo trovato ancora lì visto che è uno dei primi orribili modelli e provo a chiamare Savannah, una delle ragazze del nostro gruppo con la quale si è creato sin da subito un legame speciale. Spero che sia riuscita a scappare. Risponde al primo squillo. «Olivia dove sei?». «Sto bene, sono nel bagno del piano terra. E tu?». «Sono qui in magazzino. Siamo riusciti a scappare quasi tutti. Hanno preso Matt, Ariel, Lucas e Donovan. Ma non preoccuparti, vedrai che se la cavano con una bella lavata di testa». Spero abbia ragione, non riesco a togliermi dalla mente le parole di quell’impertinente avvocato, sul fatto che avremmo potuto are grossi guai. «Mi sento in colpa per Matt. Se non fosse venuto in mio soccorso non lo avrebbero preso e ci sarei io ora al suo posto». «Lo sai che si butterebbe nel fuoco per te. Non preoccuparti, vedrai che si sistema tutto. Stava andando alla grande e la gente era in delirio. Mi chiedo chi sia stato lo stronzo che ha chiamato la polizia».
«Pensavo la stessa cosa. Credo che per un bel po’ non ci saranno spettacoli». «Mhmm, non conosci Matt, non sarà questo a fermarlo e a fermare tutti noi». Ammiro davvero la loro tenacia e questo è il motivo in più che mi fa tanto sentire sin da subito legata a loro. Riesco a uscire dal centro commerciale ando per i parcheggi, così da non rischiare di incontrare qualche altro rinforzo. In men che non si dica raggiungo il magazzino, un posto abbandonato in periferia che usiamo per fare le prove e dove io o la notte. Avendo trovato lavoro da poco più di una settimana non posso ancora cercare un appartamento da affittare. I risparmi che ho mi servono per comprare da mangiare e tutte quelle necessità per affrontare ogni giorno dignitosamente. I miei genitori non sanno tutto. Ho raccontato loro molte bugie, ma a fin di bene. Li ho già delusi una volta con la decisione di non frequentare l’università e non mi va di deluderli ulteriormente e poi non è giusto che finanzino i miei sogni. Devo cavarmela da sola e il fatto di avere un carattere molto forte gioca a mio favore, anche se, a essere sincera, ogni tanto ho dei momenti di sconforto e mi sento molto sola. Conoscere questi nuovi amici mi ha aiutata, ma non è sufficiente a colmare il vuoto che ho nel cuore. Non appena entro in magazzino Savannah mi salta al collo. «Sono felice di vederti. Sai, ero così preoccupata! La prima volta con noi e ti ritrovi ad avere a che fare con la giustizia. Avevo un gran paura che decidessi di lasciar perdere il nostro progetto». Le sorrido rassicurante. «Ma come? Pensavo che un po’ oramai mi conoscessi. Non sono il tipo che molla di fronte alle prime difficoltà». «Questo lo so, però sai…». Non mi offendo di certo, in fondo è da poco che sono con loro ed è del tutto normale che abbiano ancora qualche dubbio. Anche gli altri si avvicinano per salutarmi. Siamo così tanti, in cinquanta per l’esattezza, e ricordo i nomi di ognuno di loro dal momento esatto in cui si presentarono il primo giorno che arrivai. La memoria mi ha sempre aiutata, soprattutto nell’imparare velocemente i i di danza. Qui non è come essere a lezione con l’insegnante che, molto pazientemente, spiega e rispiega le cose una quantità infinita di volte. Qui Matt è categorico. Non fa vedere i i più di due volte e se in quelle due volte ancora non hai memorizzato nulla sei fuori dal giro. Molti dei ragazzi e ragazze, che
fanno parte del nostro gruppo, non si esibiscono sempre, dipende dalle coreografie e dal posto in cui si decide di esibirsi (e in questo Matt è più democratico, lasciando a tutti la decisione), li chiamiamo solo quando dobbiamo fare numero, come nel caso di oggi. Invece, venti di noi, sono un numero fisso e si prova tutti i giorni. Sentiamo la porta del magazzino aprirsi e vediamo entrare Matt, Ariel, Lucas e Donovan. Andiamo loro incontro sollevati nel vederli. «Mi spiace Matt, è solo colpa mia se ti hanno arrestato», gli dico e subito mi rivolgo anche agli altri per sapere come stanno ma, sorridenti come sempre, ci rassicurano. Matt si avvicina e mi sfiora l’angolo tra la guancia e le labbra con un bacio. So di piacergli e me lo dimostra in continuazione e anche lui mi piace, è davvero bellissimo e simpatico, ma non so…non sento quella scintilla ed è strano visto che abbiamo tutto in comune. Mi irrigidisco un po’, ma lo lascio fare, compiaciuta da tante attenzioni. «Non preoccuparti piccola, non è successo niente. Diciamo che scoprire di avere un amico poliziotto che ha ballato qualche volta con noi due anni fa ci ha tolto dai guai». Savannah interviene subito incuriosita. «Ma parli di Dylan, per caso? Non sapevo fosse diventato poliziotto». Nel frattempo, Donovan si avvicina a lei cingendole la vita con un braccio. Stanno insieme da pochissimo tempo ma sono molto affiatati. «Proprio lui. Diciamo che non dovremmo più avere problemi in futuro. Sei ancora dei nostri, vero? Non ti sei spaventata?», mi chiede, guardandomi negli occhi così intensamente. «Sono sincera, quando li ho visti arrivare ho avuto paura, ma non vi lascerei mai per questo. Non esiste!». «Bene, per tutto il tempo ho avuto paura che decidessi di andartene». Si avvicina e mi bacia di nuovo. Vorrei davvero, con tutto il cuore, provare dei sentimenti per lui, ma non posso mentire a me stessa. Purtroppo, i miei pensieri sono ben più lontani…sono dove non avrei mai immaginato potessero essere…
Capitolo 5
ZACHARY
Salgo sulla macchina e mi allontano il più velocemente possibile, perché non posso più guardare quel viso senza provare il forte impulso di baciarlo. Per dio! Ma cosa mi succede? Non mi mancano di certo le donne e poi: che donne! Colte, di gran classe, delle vere signore dell’alta società, invece lei, è così rozza. Una bellezza rara, questo sì! Perché dei capelli di quel rosso dorato, quegli occhi quasi dello stesso colore dei capelli, poi, quelle deliziose lentiggini che, guardandola così da vicino, ho notato essere presenti non solo sul viso, ma anche sul resto del suo meraviglioso corpo, per quel che il suo sciatto e volgare vestito mi ha permesso di vedere. Arrivo al mio parcheggio sgommando come un pazzo, inchiodo e spengo il motore, ma non scendo subito. Mi guardo nello specchietto e nel vedere la mia faccia riflessa vengo colto da un’irrefrenabile voglia di prendermi a schiaffi da solo. Mi o le mani tra i capelli con forza, quasi come a voler levare prepotentemente i miei torbidi pensieri e sistemo appena il cavallo dei pantaloni, sperando che l’imminente eccitazione, che mi coglie del tutto impreparato, i velocemente. Ma niente. Se continuo a pensare a lei rimarrò frustrato per tutto il giorno con una dolorosissima erezione. Stasera chiamerò Serena e cercherò di sfogare diligentemente i miei bollenti spiriti. Me ne frego e scendo dalla macchina dirigendomi finalmente in azienda, tenendo ben salda davanti alla patta dei pantaloni la mia ventiquattrore, saluto il portiere con un cenno del capo e mi avvio con ampie falcate all’ascensore che mi condurrà come un missile nel mio ufficio extra lusso al trentesimo piano. Non appena la mia segretaria Margie mi vede arrivare si fionda da me con un pacco di fascicoli che, come sempre, avrà amabilmente controllato. Mi corre dietro e quando finalmente sono seduto sulla poltrona alla mia scrivania, lascia cadere il grosso blocco e mi guarda confusa. «Grazie Margie, puoi andare». Non si muove.
«Ho detto: grazie». Finalmente si risveglia da questo breve letargo. «Mi scusi tanto avvocato Collins, il fatto è che… non è mai arrivato in ritardo in ufficio e qui tutti ci siamo molto preoccupati». La osservo un po’ scocciato e poi il mio sguardo cade subito sui miei sottoposti al di là della vetrata del mio ufficio, che ci osservano con la coda dell’occhio mentre parliamo. «Puoi dire allo staff che la mia maledettissima sveglia ha deciso di non suonare stamane e, come se non bastasse, la mia colazione è stata rovinata da una specie di spettacolo che a chiamarlo scempio quasi è voler fare un complimento. Ora, se ho appagato la sua curiosità la lascio libera di andare a raccontare ciò anche agli altri curiosi dall’altra parte». Le faccio cenno di andarsene con un gesto della mano, mi ha proprio stufato anche lei stamane! «Ma… ma… ma certo signor Collins. Se ha bisogno mi chiami». Come se non lo sapessi che devo chiamarla! Si leva di torno camminando lateralmente come un granchio per non darmi le spalle, visto che, a quanto pare, si sente mortificata per la sua curiosità nei miei confronti, va a sbattere contro lo stipite della porta e per poco non cade a terra. Sbuffo esasperato e come se non bastasse il mio capo, quasi socio della Sitters inc Avvocati, fa il cenno di sorreggerla mentre entra dalla porta e mi viene incontro con un sorriso smagliante. Brutto segno questo… «Zachary, sei arrivato in ritardo, incredibile. Allora anche tu sei umano!». «Ti stai divertendo molto in questo momento a sfottermi, vero?». «E dai, la cosa è alquanto bizzarra commessa da te». «Sappi solo che la mia giornata è cominciata nel peggiore dei modi». E di questo devo assolutamente convincermi.
Capitolo 6
OLIVIA
Gli orari da Pizza Hut sono massacranti! Poi, se ci mettiamo le prove tra una pausa di lavoro, i continui cambi turno e il fatto che ancora non ho un posto in cui vivere, un po’ di sconforto anche per una come me è del tutto normale. Matt e Savannah si sono offerti entrambi di ospitarmi ma ho rifiutato gentilmente perché sono una persona a cui non piace molto farsi dare una mano da nessuno, specialmente dagli amici. Non voglio approfittare e non voglio neppure sedermi sugli allori. Stasera per fortuna non faremo le prove. Matt lavora in una ditta di elettronica e questa settimana fa il turno di notte. Abbiamo provato la nuova coreografia solo due volte questa settimana, riuscendo per miracolo a far combaciare gli orari di ognuno di noi. Abbiamo in mente una cosa grossa e riguarda l’aeroporto di Heathrow. Ognuno di noi sta studiando per bene la piantina, perché ovviamente non potremo di certo fare direttamente lì una prova generale e qui scatta nella mia testolina un po’ di malinconia per tutti gli spettacoli ati, in cui tutto era più che regolare. Avevi un camerino, la possibilità di guardarti ad uno specchio e ammirare i tuoi costumi di scena, provare e riprovare i i più complicati fino alla nausea e fino a che non sarebbero stati perfetti. Ricordi, ricordi e ancora ricordi. Per fortuna ho poco tempo per pensare... Siamo davvero organizzati. Il magazzino è enorme e su più livelli e, con un po’ di abilità e tanta fantasia, siamo riusciti a ricreare alcuni rilievi che ricordano alla perfezione l’aeroporto e sui quali dobbiamo esibirci. Avendo poco tempo però, come dicevo, questo incredibile spettacolo che coinvolgerà in maniera assoluta i nostri futuri spettatori, aspetterà almeno un mesetto perché possa essere realizzato. Comunque, meglio tardi che mai! Finito il mio turno continuo di dieci ore da Pizza Hut, prendo la metropolitana: appena tre fermate e sarò arrivata. Di notte, sono sincera, il magazzino fa paura. Comincio a sentire i rumori più strani e l’ansia che qualcuno possa entrare mi paralizza. So di essere chiusa dentro a chiave e a parte me e Matt nessuno ha le
chiavi per entrare. Matt è stato così gentile da farmene una copia quando ha capito che in nessun modo sarebbe riuscito a convincermi ad accettare la sua ospitalità. Così, per sicurezza, solo lui possiede una copia delle chiavi e chiunque del gruppo voglia entrare per fare prove extra, deve are da lui per farsele dare. Ci conosciamo più o meno tutti e sembrano bravi ragazzi e ragazze, ma Matt è sempre così diffidente e non ha neanche tutti i torti. Scendo dalla metropolitana e, sfiga vuole, comincia a piovere a dirotto. Oltretutto, questo è stato un inverno rigido e anche se adesso siamo in primavera inoltrata fa ancora piuttosto freddo. Savannah mi ha prestato una stufetta da tenere vicino per scaldarmi, perché ovviamente in magazzino non c’è il riscaldamento. Tutto sommato le coperte sono più che sufficienti per scaldarmi, come anche il mio pigiama in pile e le mie pantofole a forma di mucca. Poi, l’arrivo della stagione più calda è imminente; devo solo avere ancora un po’ di pazienza e con il primo stipendio anche solo un monolocale in periferia lo troverò. Dall’uscita della stazione prendo un’incredibile rincorsa e per questa mia grande agilità devo ringraziare la mia adorata danza. In men che non si dica arrivo di fronte all’entrata del magazzino con la pancia che mi brontola dalla fame e immaginando di addentare la cena che ho preso da Pizza Hut. Frugo nella borsa alla ricerca delle chiavi, ma non le trovo. C’è da dire che ho anche la vista appannata dalla pioggia che cade a secchiate e le mani che mi tremano per il freddo, ma nulla da fare! Le chiavi non ci sono. Cerco di mantenere la calma, mi sposto in un angolo un po’ più riparato e guardo con più attenzione ma LE CHIAVI NON CI SONO, CAZZO! Come un pulcino spennacchiato, mi appoggio al muro e comincio a scivolare fino a trovarmi rannicchiata, appoggio la testa sulle ginocchia che stringo fortissimo e comincio a piangere. Ecco lo sconforto di cui già ho parlato e che di nuovo è tornato.
Capitolo 7
ZACHARY
Ormai lo conosco troppo bene! E quando dico che il mio capo, quasi socio, Dominique Bennet, entra nel mio ufficio sorridente, delle gran rotture mi cadranno addosso come macigni. «Amico mio, mi spiace che il tuo lunedì sia cominciato così male. Ma che diavolo ti è successo? Oltretutto sembri sconvolto. Hai un aspetto orribile. Una delle tue simpatiche amichette ti ha spolpato per bene stanotte?». Lo guardo in cagnesco. «Tu piuttosto; come mai questo sorriso da ruffiano? Che guaio devo sbrogliare questa volta?». Capisce subito che non ho voglia di perdere tempo a parlare della mia avventura mattutina e arriva subito al sodo. «Come sei sempre sospettoso! Ad ogni modo, non è colpa di nessuno se nel tuo campo sei il migliore». Per “nel mio campo” si intende che sono avvocato penalista e sono riuscito a tirar fuori di prigione pezzi grossi che dirigono aziende internazionali, ma non sempre si comportano in maniera corretta. In poche e semplici parole: dei gran delinquenti! «Spara, senza giri di parole». «Molto presto verrà da noi un cliente importante per esporci il suo problema. Si chiama Everet Garret è un pezzo grosso dell’alta finanza e non bada a spese. Vuole essere seguito dal migliore, anche perché le sue probabilità di evitare la galera sono molto basse. Ma noi sappiamo quanto tu sia bravo a togliere grane a questi tipi, quindi…». «Quale reato avrebbe commesso?». «È stato accusato di omicidio. A quanto pare avrebbe ammazzato l’amante di sua moglie. Ha cominciato ad avere qualche sospetto e così l’ha fatta pedinare da un investigatore privato. Quando ne ha avuto conferma, ha aspettato davanti a casa il suo amante e lo ha freddato senza neppure avere qualche ripensamento. Almeno, questo è quello che un testimone, vicino di casa dell'uomo, e che era
dalla finestra, ha raccontato, ma la storia non combacia con quanto detto da Garret». «Ma certo che non combacia. Perché l'amante e non la moglie? In questi casi il mal capitato fa fuori entrambi». «Non so, lui dice che lo ha aspettato solo per parlare e dargliene di santa ragione, ma a quanto pare l'altro stronzo oltre a farsi le mogli degli altri non è neppure un cittadino per bene. Hanno cominciato una colluttazione in cui Garret sembrò avere la meglio, ma poi l'amante ha tirato fuori dalla valigetta, caduta a terra, una pistola. Garret è stato veloce e ha cercato di toglierla dalle sue mani, ma è partito un colpo. Non so perché ma gli credo, anche se non è tutto molto chiaro ancora». «Vedremo». Non sono di molte parole, specialmente quando si tratta di casi come questi in cui mi chiudo in me stesso e cerco di essere completamente concentrato. Nessun problema comunque, che sia innocente o colpevole poco importa, quello che mi interessa è vincere la causa e togliere dai guai quest'uomo. Dopo aver studiato per ore i fascicoli della causa guardo l’ora e mi rendo conto che sono già le otto di sera. Ho anche saltato il pranzo. Voglio essere già preparato per quando incontrerò Garret e metterlo, così, sotto pressione per farmi dire la pura e semplice verità e dovrà essere sincero, altrimenti non potrò difenderlo come si deve. Margie si avvicina stravolta alla mia scrivania e senza neanche farla parlare le faccio cenno di andarsene. Certo che sono proprio preso dal lavoro per non rendermi conto che la mia segretaria avrebbe dovuto essere a casa sua già da due ore. Decido che anche per me è arrivato il momento di andarmene. Poso i fascicoli e li riordino in maniera accurata. Prendo il cellulare e compongo il numero di Serena, guardo lo schermo imibile ma non riesco a premere l'invio di chiamata. Qualcosa mi blocca e so fin troppo bene di cosa, o meglio, di chi si tratta: la rossa pel di carota. Cristo santo, non riesco a togliermela dalla testa. Non riesco a pensare ad altro che a toccare quella pelle vellutata e chiedermi se tutte quelle deliziose lentiggini la rendano ancora più gradevole al tatto. Devo essere impazzito, non vi è altra spiegazione! Non digito il numero di Serena, non mi va proprio di are la notte con lei e comincio a preoccuparmi sul serio. Metto via il cellulare, prendo la mia ventiquattrore, la chiudo e mi allontano dall’ufficio salutando appena il signore delle pulizie. «Buona serata Pablo».
«A lei avvocato Collins. Sempre in gamba, è?». «Ci provo». Sorrido appena a quest’uomo che trovo stranamente simpatico e me ne vado. Sono davvero stremato stasera, andrò subito a casa, una cena veloce e stramazzerò sul divano addormentandomi con un bel libro in mano. Come se la giornata non fosse già stata abbastanza assurda ci mancava solo la pioggia e poi, non appena svolto l'angolo in prossimità di Oxford Street, mi trovo davanti un bel cartello con scritto «strada chiusa per lavori dalle ore 20 del giorno 15 aprile, alle 8 del giorno 16 aprile». Nonostante io non sia assolutamente superstizioso inizio comunque a chiedermi perché oggi la mia giornata sia cominciata in un modo del tutto inaspettato, finendo ancora peggio, cosa che non mi è mai capitata prima. Sono sempre stato metodico e ordinario. Dovrò tornare indietro e allungare il percorso ando dalla periferia, che strazio! Mi addentro in queste stradine a dir poco squallide e strette e pazientemente cerco di raggiungere il bel quartiere non molto distante da Hyde Park, dove abito. Quando tutto sembra stia andando finalmente per il meglio, la mia attenzione viene catturata da una scena proprio davanti ad un angusto capannone. Rallento, perché mi sembra di capire subito chi sia la protagonista e l'unica cosa a cui penso è che due volte in un’unica giornata non posso proprio sopportarlo. Mi fermo e guardo, completamente innervosito da quel che vedo.
Capitolo 8
OLIVIA
Del tutto inutile stare qui a piangere raggomitolata come un pulcino. Ma che diavolo sto facendo? Da quando in qua mi faccio prendere da questo totale sconforto? Mi sollevo da terra infreddolita e consapevole di non poter far altro se non chiamare Matt, per dirgli che ho perso le chiavi. Prenderò di nuovo la metropolitana e poi il bus per andare da lui in fabbrica a prenderle, visto che fa il turno di notte. Decido però di mandargli un sms prima di are da lui, non voglio disturbarlo e poi non credo che risponderà se sta lavorando. -Ciao Matt, scusa se ti disturbo, non arrabbiarti, non so come sia successo, ma non trovo le chiavi del magazzino. o da te per prenderle se fosse possibileMi abbraccio forte da sola per il freddo e aspetto paziente una sua risposta. ano dieci minuti e il telefono squilla. «Piccola, sto arrivando, aspettami». «Ma non sei al lavoro?». «Sì, ma il mio collega mi sostituirà per un po'. Con la macchina a quest'ora farò presto. Cristo Olivia, non potevi andare a casa di Savannah? Ho visto che piove, ti starai congelando lì fuori». «Non credo sia a casa e poi non volevo darle noia. Davvero Matt, o io a prendere le chiavi». «Non se ne parla, stai lì, arrivo». Questo triste quartiere senza la luce del sole è ancora più triste. Non lo avevo ancora visto sotto questo aspetto: un forte acquazzone, il sole tramontato e le persone che lo abitano con fare non molto rassicurante, ma nonostante ciò mi sento a mio agio. In fondo è questo il mondo a cui appartengo adesso e forse è la
mia strada e quel che mi merito davvero. Matt arriva in pochissimo tempo anche se mi è sembrata un'eternità. Si ferma davanti a me e scende dalla macchina porgendomi le chiavi. «Mi dispiace tanto di averle perse». «Non preoccuparti, ne faremo un'altra copia. Poi non c'era scritto nulla sopra quindi nessuno può sapere di chi siano. Sta tranquilla, sei sempre al sicuro qui dentro anche se ancora non riesco a capire il perché di tanta cocciutaggine. Si trattava solo di ospitarti fin quando non avessi trovato un appartamento in cui vivere. Perché sei così testarda?». Lo guardo e non posso non pensare al fatto che questo ragazzo così meraviglioso sia uscito dal lavoro per me, per portarmi delle stupide chiavi che io ho pensato bene di perdere ed ora è completamente zuppo a causa della pioggia che almeno, finalmente, ha deciso di darci un po' di tregua. Bella riconoscenza. «Va bene così Matt, davvero e poi...non so davvero come potrò mai ringraziarti per la tua amicizia». E dopo questa affermazione capisco di avergli dato il colpo finale. «Amici dici? Come puoi essere così cieca da non capire quello che c'è tra noi? Siamo uguali io e te Olivia, in tutto e per tutto. Siamo perfetti insieme. La ione che ci unisce per la musica e per la danza non è davvero cosa da poco». Come vorrei che bastasse questo. Saremmo davvero perfetti insieme. Continua a guardarmi intensamente e capisco subito cosa ha intenzione di fare. Mi bacerà e io non lo fermerò, solo così potrò davvero essere sicura al cento per cento di non provare nulla per lui. Mi prende il viso tra le mani dolcemente e appoggia le sue labbra sulle mie. È un bacio umido e molto tenero, troppo tenero. Socchiudo appena gli occhi, mentre Matt li tiene chiusi, perché ho come la sensazione di essere osservata. Come ho fatto a non accorgermi della macchina ferma poco distante da noi e del tipo che dà dentro ci osserva? Ma non un tipo qualunque, è sua maestà Zachary, quello stronzo del centro commerciale.
Capitolo 9
ZACHARY
Ma di cosa mi stupisco? Dio li fa e poi li accoppia. Ed è vero! Non riesco a capire perché vedere quello stronzetto insignificante baciare pel di carota mi dia così sui nervi. Mi comporto come un pazzo geloso psicopatico, ma quando mai? Anche il periodo in cui ho frequentato Serena un po' più seriamente, prima di decidere di rimanere amici e farsi qualche serata ogni tanto visto che entrambi siamo allergici agli impegni a lungo termine, non ho provato nulla che mi fe pensare di essere geloso. Sia chiaro, non sono un guardone! Ma proprio non posso fare a meno di pensare al modo patetico in cui la sta baciando. Fosse tra le mie braccia...Basta, non è possibile, ma che diavolo mi succede? Quando finalmente il ragazzetto si stacca da lei, vedo che le porge qualcosa, forse un mazzo di chiavi, si allontana un po' sconsolato e la cosa mi rende davvero felice, sale in macchina e se ne va. Il bellissimo angelo rosso rimane ancora ferma per un attimo e lo guarda mentre si allontana. Lo stronzetto era talmente preso che non si era neppure accorto di un altro uomo, qui fermo, a godersi lo spettacolo di quella che forse è la sua ragazza. Se fossi stato io al suo posto...nulla mi sarebbe sfuggito. Ad un certo punto lei guarda proprio nella mia direzione: siamo occhi negli occhi. Sento il mio stomaco aggrovigliarsi, ho la salivazione azzerata e come un automa, senza neppure accorgermene, apro la portiera della macchina e scendo. Lei è sempre lì e non distoglie lo sguardo da me. Se dovessi seguire l'istinto correrei da lei, spingerei e bloccherei contro il muro gelido, che subito diventerebbe fuoco, quel suo corpo così meraviglioso e bagnato dalla pioggia, stringerei con forza i suoi lunghi capelli zuppi anch'essi, la bacerei come davvero merita di essere baciata e la farei mia, proprio qui, senza badare alle conseguenze. Questo è quel che farei, se la mia maledetta razionalità non prevalesse così tanto sul mio istinto...
Capitolo 10
OLIVIA
Nonostante siano ate due settimane ho ancora ben impressa in me quella sera. Ho come la sensazione che perdere le chiavi sia stato un segno. Come potevo incontrare quell'uomo due volte nello stesso giorno? Non so nulla di lui se non il suo nome e che fa l'avvocato. Forse il destino non c'entra nulla ed è stato un semplice e puro caso. Eppure, dio mio, come mi guardava! Ero completamente persa e non riuscivo a muovermi. Se lui si fosse avvicinato sarei caduta tra le sue braccia completamente e il solo pensiero fa sì che io odi, con tutto il cuore, me stessa. Non lui! Non un essere così spregevole e pieno di sé. Ho Matt, santo cielo! Un ragazzo così perfetto, dolce, meraviglioso e che adora danzare, proprio come me. Poi quel Zachary...quanti anni avrà? È molto più grande di me, questo è sicuro! Siamo qui in magazzino, tutti e cinquanta, un bel numero! Stiamo preparando un'esibizione da urlo che faremo all'aeroporto di Heathrow. Ho due ore prima di rientrare al lavoro per il doppio turno e cerco di impegnarmi al massimo, come tutti, ma Matt sembra davvero di cattivo umore e questo crea un po' di disagio nel gruppo. «Matt», intervengo, «forse non sarebbe il caso di provare solo metà di noi e l'altro gruppo farlo venire domani? Siamo in troppi e facciamo solo una gran confusione». «Vuoi sapere meglio di me come gestire le prove?». «Non volevo dire questo, era solo un consiglio. Smettila di comportarti così, altrimenti farai a meno di me oggi». Diciamo che non sono una persona che si fa trattare in questo modo e quando c'è da attaccare attacco. Savannah e gli altri ci guardano in silenzio preoccupati per chissà quale
catastrofe imminente. Donovan, il braccio destro di Matt, se così si può chiamare, interviene. «Siamo tutti un po' nervosi ed è normale. Siamo indietro con le prove e dobbiamo mettere il massimo impegno se vogliamo rispettare i tempi che ci siamo prefissati». I tempi...Perché Matt non concepisce sgarri! Se lo spettacolo si dovesse fare l'ultima domenica del mese, per esempio, si farebbe quel giorno e niente potrebbe cambiare. Io ammiro la sua precisione e devozione, ma non siamo alla scala di Milano o a Broadway! Siamo come dei clandestini, ecco come ci definirei e non credo che, visto anche che ognuno di noi ha un proprio lavoro che nulla ha a che fare con tutto ciò, se avessimo rimandato di una settimana o due ci sarebbero stati problemi, insomma! «Hai ragione Olivia, scusami. E scusate anche voi, ma tengo molto a questo spettacolo e voglio che sia perfetto». Mi addolcisco, forse ho esagerato. «E lo sarà Matt», dice Savannah. Mi avvicino a lui. «Non importa, non ti scusare, anche io ti ho risposto da stronza». Mi guarda ma senza più replicare. Si gira verso gli altri e incita nel continuare a provare. Non so perché me la sono presa così tanto. So benissimo che è il suo modo di fare e lo ammiro per questo. Anche io sono sempre stata fiscale nei riguardi delle prove. Quando ero ragazzina non saltavo mai una lezione o uno spettacolo, ci mettevo tutta me stessa in quello che facevo. Non nego che quei giorni mi manchino da morire, ma adesso sono qui e quello che sto facendo comunque mi piace, mi fa sentire viva e, proprio per questo, lo spettacolo merita il mio stesso impegno e il mio stesso rispetto, come sempre ho fatto negli anni ati con le altre esibizioni. Anche questa volta Matt ha deciso che sarò di nuovo la ballerina di punta, insieme a Savannah e lui con Donovan. Sono felice, perché avrò anche la possibilità di fare un assolo. Non posso però fare a meno di chiedermi se mi merito questo trattamento speciale, se è veramente per la mia bravura nel ballare
o solo perché Matt prova dei sentimenti per me. Decido di parlare con lui una volta finite le prove. «Matt, posso parlarti un momento da sola?». «Ma certo piccola, dimmi». «Scusa ancora per prima, voglio che tu sappia che tengo molto a quello che facciamo. Sono solo un po' stanca e nervosa per via del lavoro». «Ti ho detto che è tutto ok, davvero, non preoccuparti. Ti capisco benissimo». «Volevo anche chiederti una cosa». «Ti ascolto». «Perché hai scelto di nuovo me per il pezzo principale?». Gli scappa un sorriso divertito. «E me lo chiedi? Cazzo, sei una ballerina fantastica. Non potrei scegliere di meglio. Se hai paura di creare astio o gelosie nel gruppo devi stare tranquilla, non succederà. Tra di noi non esistono queste cose, non siamo un'accademia, la nostra è ione vera e chi ha un talento come il tuo o come quello di Savannah è giusto che spicchi. Tutto qui». «Sono lusingata, davvero, grazie. Comunque, non pensavo all'invidia o alla gelosia, so che sono tutti fantastici». «E allora cosa pensavi?». «Il fatto che tra di noi ci sia qualcosa che non so bene come definire, a dire il vero». Matt sospira e si a una mano tra i capelli. Sembra quasi indeciso su cosa rispondermi. «Mi piaci da morire ma non c'entra nulla, te lo giuro. Ho scelto te perché sei bravissima, tutto qui. Non nego mi faccia abbastanza incazzare il fatto di non riuscire a conquistarti, ma sappi che comunque non mi arrendo. Noi siamo fatti per stare insieme e poi se penso a quel bacio ne sono ancora più convinto».
Lo guardo negli occhi, questi occhi azzurri come il cielo e bellissimi. I lunghi capelli sino alle spalle lisci e biondi, il suo fisico perfetto e mi chiedo come sia possibile che non cada ai suoi piedi. Qui tutte sono pazze di lui, devo essere malata, non ho altra spiegazione! Oppure una spiegazione c'è: un essere che definirei tagliente, a tratti diabolico, con i capelli neri un po' mossi, nonostante il gel gli dia quella piega perfetta, ma che si tradiscono visto che due ricci ribelli, ai lati del collo, non ne vogliono sapere di rimanere disciplinati. Quell'imperfezione, nella perfezione...Quelle rughette di espressione ai lati della bocca, quando mi sorride solo per farsi beffa di me. Sto rivivendo tutto in questo preciso istante. Ho qui davanti un angelo e penso a cosa proverei se fossi tra le braccia di un diavolo...
Capitolo 11
ZACHARY
Come sempre non sbaglio mai! Ed anche in questo caso ho fatto la scelta giusta. Ho ascoltato la mia parte razionale e messo prepotentemente da parte l'istinto. Non sono corso da lei quella sera, non l'ho schiacciata contro il muro e non l'ho baciata fino a farle male. Invece, l'ho osservata ancora qualche minuto con disgusto, sono salito in macchina e me ne sono andato lasciandola lì, di fronte a quel magazzino a fare chissà cosa, senza neppure guardarmi indietro. Sono ate ben due settimane in cui ogni mattina mi sono svegliato con Serena sdraiata accanto a me che sempre si strofina come una gatta in calore. Non ne ha mai abbastanza questa donna e la cosa non mi dispiace affatto. È bellissima con i suoi capelli color cioccolato tagliati corti in maniera sexy, gli occhi da cerbiatta assassina, colta, di classe ma, soprattutto, sempre molto, molto disponibile. «Buongiorno», mi dice con fare provocatorio. «Buongiorno», le rispondo e in un attimo sono sopra di lei senza neanche darle tempo di respirare. Le blocco le braccia sopra la testa, so quanto le piace! Mi accoglie con tutta la sua travolgente femminilità e, come sempre, la porto insieme a me oltre ogni limite... «Zachary, tu mi farai morire tesoro!». Tesoro? Questa è una novità. Mi alzo velocemente sapendo che non è avvezza a certe effusioni, e neppure io d'altronde, specialmente dopo aver fatto del sesso incredibile. Questo è più che sufficiente, non serve altro. Mi accendo una sigaretta mentre mi avvicino alla finestra. «Torna a letto tesoro, è ancora presto». Mi giro verso di lei.
«Da quando in qua mi chiami tesoro?». «Perché, non ti piace?», mi chiede, mettendosi in una posa piuttosto sexy. «Diciamo che preferisco alcuni dei nomignoli che usi ogni tanto mentre ti faccio venire. Allora sì che mi piace». Si alza dal letto nuda in tutta la sua bellezza e si avvicina a me ancheggiando. Se non fosse che devo andare in ufficio la sbatterei di nuovo senza ritegno. «Sai piccolo, in queste due settimane siamo stati davvero bene insieme e mi chiedevo perché siamo stati così stupidi da lasciarci. Come vedi non possiamo essere solo amici, ti pare?». Sta giocando sporco, soprattutto perché comincia a baciarmi la schiena e a palparmi tra le gambe con quelle sue mani vogliose. La allontano subito, non ci casco. «Non fare la finta ingenua Serena, sai benissimo che anche quando facevamo coppia non era niente di serio e mi sembrava andasse bene anche a te. Stavamo bene perché entrambi eravamo d'accordo». «Però mi eri fedele, questo non puoi negarlo». Questa è bella, davvero! «E allora? Ero solo appagato visto che il sesso tra di noi è fantastico, tutto qui. Per questo ti ero fedele». «E se ti dicessi che inizio a provare dei sentimenti molto forti per te? Se ti amassi?». Questo è davvero troppo, non è possibile, non ci credo! Cerco comunque di rimanere imibile mentre appoggio la sigaretta sul posacenere e con una irrefrenabile voglia di strangolarla. «L'unica cosa certa, per quel che mi riguarda, è che io non ti amo. Quindi non sussiste il problema. Ora, sei libera di andartene se vuoi. Sono diretto, lo sai, e dico quello che penso. Non voglio farti illudere e, a dire il vero, non pensavo che potessi innamorarti, è assurdo davvero. Da non credere!» «E perché scusa la trovi una cosa tanto strana?».
Scoppio in una risata piuttosto isterica. «Tu sei innamorata di come ti scopo, tutto qui. Non sono mai stato dolce o romantico e non ti ho mai coinvolto nelle mie cose. Io non sono mai stato innamorato, ma si suppone che debbano esserci tutti gli elementi per far sì che questo accada. E noi non siamo arrivati a tanto». Scrollo il capo divertito da questa assurda situazione. «D'accordo, come non detto, fai finta che non ti abbia detto nulla e facciamo tornare le cose come prima». Ma dico, scherza? Mi avvicino e la guardo dritta negli occhi. «Assolutamente no. Non sarò famoso per la mia sensibilità, in fin dei conti sono un avvocato, ma una cosa è certa! Sono comunque una persona con dei principi e sapere che tu mi ami non mi autorizza più a portarti a letto. Non c'è più un accordo da entrambe le parti come prima, perché tu mi ami e io no e non ti amerò mai, quindi se continueremo a vederci tu soffrirai sempre più finché io ti distruggerò e non posso permetterlo». Vedere per la prima volta Serena, che pensavo non avesse un cuore, piangere, prendere i suoi vestiti e scappare via urlante, invece di darmi dispiacere mi fa sentire come se un peso non esistesse più. Spengo la sigaretta che si è praticamente consumata da sola sul posacenere, mi do una sistemata e mi vesto per cominciare una nuova giornata. Una nuova giornata con un peso tolto dal mio stomaco in subbuglio, ma con un improvviso macigno che sento sul cuore e il motivo sono due occhi color caramello e delle adorabili lentiggini.
Capitolo 12
OLIVIA
Questa sera, a quanto pare, Matt, Savannah, Donovan e altri ragazzi del gruppo, mi porteranno nel locale più cool di tutta Londra frequentato, soprattutto, dalle più conosciute crew della città. Motto di queste serate: sfida all'ultimo ballo! Poi, l’idea di indossare un semplice jeans un po’ stracciato e un comodissimo top e scarpe da ginnastica, mi fa sentire davvero bene. Mi sto adattando alla vita di Londra. Dalle scarpette con le punte alle scarpe da hip hop, non male direi! Per me è sempre stato importante cimentarmi in diverse discipline di danza. La danza classica è stata la base di tutto, mi ha formata e mi ha disciplinata! Tutto quello che è arrivato è stato un arricchimento che mi ha permesso di essere completa come ballerina. Per essere una professionista (e badate bene: essere professionista non vuol dire solo ed esclusivamente far parte di un’importante compagnia di ballo) è fondamentale la versatilità e non fermarsi davanti a nessuna difficoltà, con continuo impegno e tanta costanza. Ed io spero di continuare così, nonostante tutti gli ostacoli che ancora affronterò. Non appena entriamo rimango incantata dalle luci, la musica e l’atmosfera calda e coinvolgente che trasmette questo locale dagli spazi che sembrano infiniti. È tutto: WOW!! Non mi viene altra parola per descriverlo. Mi aggiro tra la folla con i miei amici, Matt mi tiene per mano ed io mi lascio trasportare da lui, ammirata dalla sua sicurezza e da come sa muoversi qui dentro. Tutti lo conoscono e lo salutano come fosse un dio e, in effetti, in quello che fa lo è. Anche lui vestito in modo molto sportivo, come tutti noi, poi porta i capelli raccolti in una coda bassa. È davvero bellissimo. Il dj, dall’alto della sua postazione, annuncia le esibizioni. Due gruppi alla volta si esibiranno e combatteranno a colpi di free-style e così andrà avanti sino alla fine della serata che proclamerà il vincitore. Questa sera non parteciperemo,
siamo troppo impegnati nella preparazione del nostro flash mob e non abbiamo pensato a nulla se non goderci la serata, bevendo qualcosa e guardando gli altri esibirsi. Balleremo solo per divertirci e la cosa sembra stare bene a tutti. Un semplice e banale sabato sera tra amici. Io, Matt, Savannah e Donovan ci sediamo a un tavolo con le nostre birre mentre gli altri si buttano in pista per godersi meglio lo spettacolo. «Grazie mille per questa serata. È un posto fantastico e mi sto divertendo molto». «E questo è niente Olivia, aspetta che gli animi si scaldino davvero. Questa gente sì che balla!», mi dice Savannah. «E dai, anche noi non siamo male!». Donovan ha un po’ di manie di protagonismo e non è molto incline nel fare e sentire complimenti nei confronti di altri. Infatti, cominciamo a ridere tutti e tre. «Che stronzi che siete». Si rivolge a noi, con aria di finta offesa. «Non abbiamo ancora festeggiato l’arrivo di Olivia nel gruppo. Facciamo un brindisi come si deve». Incita Matt. «A Olivia!!!». Dicono tutti in coro. «Grazie ragazzi, sono felice di essere una di voi». «Ed io sono felice di sentirti sempre così vicina a me», mi dice Matt piano, sfiorandomi subito l’orecchio con le labbra. Per un attimo sento un brivido e ne sono quasi felice, se non che la mia completa attenzione viene rivolta a pochi metri da me. Di nuovo quelle labbra, quei capelli in finto ordine e quegli occhi verde bosco. Non è possibile, ma cosa diavolo ci fa qui? Ad un certo punto la musica assordante è come se smettesse e tutto si fa ovattato.
Capitolo 13
ZACHARY
Per portarmi ad imprecare come uno scaricatore bisogna proprio mettersi d’impegno. Stavo preparando l’incontro con quel figlio di puttana accusato della morte dell’amante di sua moglie e guarda, invece, come mi tocca are la serata, o meglio, la nottata adesso. Sono in questo squallido e puzzolente locale, con questa musica allucinante, frequentato da balordi mal vestiti e tutto perché uno stronzo di cliente, che mi hanno appioppato a tradimento, è un bulletto che si diverte a spacciare erba. Lo devo recuperare, perché se domani non si presenta di nuovo all’udienza in tribunale finisce dentro e io faccio una misera figura. Tiro fuori di galera gente allucinante e poi non vinco una causa da banale studentello universitario? Non esiste proprio! E così mi ritrovo in questo postaccio a fare il benefattore, perché di questo si tratta. Mi sposto tra la folla senza provare il minimo imbarazzo per come mi guardano. Porto un vestito sartoriale e questi guarda come vanno in giro. Molti di loro hanno il cavallo dei pantaloni così basso da mettere in mostra le mutande. Che orrore. La musica è assordante e se poi ci mettiamo questi gruppi che non saprei proprio come definire, che invece di ballare sembra stiano combattendo una battaglia, mi verrebbe voglia di urlare dalla frustrazione. Adocchio lo stronzetto, mi avvicino, lo prendo per un orecchio e comincio a trascinarlo via da questo casino. «Ahi, avvocato, ma che diavolo! Mi lasci o le spacco la faccia». A quelle parole mi assale una furia cieca, lo sollevo per il bavero e lo faccio sedere su un tavolino con la forza. «Stammi bene a sentire nullità che non sei altro. Prova ancora una volta a minacciarmi e ti giuro che prendo la tua testa e te la stritolo fino a farti scoppiare il cervello, sempre che tu ne abbia uno». Il ragazzo mi guarda sconvolto, ma fa un cenno di assenso con quella sua faccia di cazzo.
«Dimmi che hai capito». «Ho capito». «Molto bene. Ora ti chiamo un taxi visto che sei strafatto e te ne vai dritto a casa a dormire e a ripulirti. Domani alle nove in punto ti farai trovare in tribunale, altrimenti ti vengo a cercare di nuovo e non sarò così gentile la prossima volta». So di aver violato l’etica professionale, ma quando si ha a che fare con ragazzi del genere se sei morbido non riesci di certo a tirarli fuori dai guai, e qui mi riallaccio al fatto che, alla fine, questa è una vera e propria opera di beneficenza. E poi, domani non si ricorderà neppure come si chiama, quindi nessun guaio per me. La mia segretaria Margie lo sveglierà con una telefonata alle otto in punto, è già stata avvisata. Do una banconota a un buttafuori che sembra un uomo di Neanderthal per portarlo fuori di qui e metterlo sul taxi, mi rifiuto di fare anche questo. Decido comunque di uscire subito di qui, ma quando mi dimeno tra la folla di gente in delirio per questo raccapricciante spettacolo e finalmente mi ritrovo in un punto un po’ più tranquillo, la mia attenzione è calamitata in un’unica direzione. Lei è seduta a un tavolo e quello stronzetto del suo ragazzo le sta parlando all’orecchio, ma sembra persa nei suoi pensieri, mentre guarda me. Poi, tutto succede in un attimo…Cominciano a volare bottiglie al centro della pista, gente che urla e pugni forti da un viso a un altro. È il delirio! Mi giro di nuovo verso quell’angelo rosso e lentigginoso, il suo ragazzo si alza e la spinge via mentre lui si butta tra la folla. Ma lei non ha il tempo di scappare: viene spintonata e cade a terra. Non penso un secondo in più; corro verso Olivia, noncurante di chi mi viene addosso, sono una belva e niente mi spaventa, voglio solo raggiungerla, è spaventata a morte e credo si sia fatta male. La raggiungo in pochissimo tempo, che però sembra un’eternità, la prendo in braccio e lei, senza pensarci due volte, mi cinge il collo con le braccia nascondendo il viso nell’incavo e la porto via di qui.
Capitolo 14
OLIVIA
Succede tutto un attimo, non ho neppure il tempo di rendermene conto. Non so cosa abbia scatenato l’inferno, vedo solo Matt che si alza di colpo e mi spinge via incitandomi ad allontanarmi subito. Anche Savannah viene allontanata da Donovan, lei riesce a scappare velocemente, io le sono dietro, ma uno spintone mi fa cadere a terra. Cerco di attutire la caduta ma subito sento un forte dolore ai polsi. Provo a rialzarmi ma non riesco, perché la folla si sta facendo sempre più numerosa e aggressiva. Ad un certo punto due braccia forti e dure come la pietra mi sollevano da terra senza alcuna esitazione. Capisco subito di chi si tratta ma non oppongo alcuna resistenza. A dire il vero, credo di non essermi mai sentita più al sicuro di così in tutta la mia vita. Gli cingo il collo con le braccia e affondo la testa nel suo incavo. In un attimo siamo fuori, ci appartiamo in un angolo un po’ nascosto e al sicuro. Non appena mi rendo conto di stringerlo così forte da bloccargli quasi il respiro mi irrigidisco ancora di più, sollevo la testa e ci guardiamo intensamente. Rimaniamo qualche secondo così, finché la magia di questi attimi finisce prepotente e l’uomo più bello e maledettamente arrogante che abbia mai visto in vita mia mi mette giù delicatamente. «Ti sei fatta male? Senti dolore da qualche parte?». Oh, sì, sento un dolore fortissimo proprio al petto, penso. Mi tocco i polsi che sento piuttosto doloranti. «No, mi fanno solo un po’ male i polsi, nulla di che». «Ti porto in ospedale, andiamo». Si sposta in avanti e mi fa cenno di seguirlo, ma io rimango immobile. «Ora sei tu il maleducato, non dovevamo darci del lei?». «Credo che dopo questa esperienza un po’ più di confidenza ci spetti di diritto, non trovi?».
Gli sorrido appena. Sentiamo un grande tonfo improvviso che ci distrae. Due buttafuori stanno mandando via a calci quelli che, probabilmente, hanno innescato tutto questo casino. Ho il cellulare dentro la borsa del guardaroba e non posso chiamare Savannah. Sono anche preoccupata per Matt e gli altri. «Devo tornare dentro per vedere se i miei amici stanno bene». Non faccio in tempo ad allontanarmi che sua maestà Zachary mi afferra per un braccio. «Non ci pensare neppure». Mi fa girare verso di lui e molto delicatamente prende i miei polsi tra le sue mani enormi. È molto più alto di me, mi sento così piccola vicino a lui. Me li guarda in maniera scrupolosa. «Credo non sia nulla, ma è meglio che ti veda un dottore». «Non c’è bisogno, davvero». Sfilo via subito le mie mani dalle sue. Tutto ciò è davvero troppo per me, non riesco a gestire le mie emozioni con lui così vicino. «Piccola!!!». Mi giro di scatto e vedo arrivare Matt, Savannah e Donovan. Noto subito l’aria minacciosa di Matt mentre si avvicina. «State bene ragazzi?». «Noi sì, ma tu piuttosto? Per fortuna la rissa è stata sedata velocemente», mi risponde Matt, continuando a tenere lo sguardo fisso sul mio arrogante salvatore. Dopo qualche secondo di silenzio incerto presento Zachary agli altri. «Lui è Zachary ragazzi, mi ha aiutata ad uscire dal locale». Savannah lo guarda con gli occhi sbarrati: so cosa sta pensando e cioè che è incredibilmente bello, di quella bellezza che pochi comuni mortali hanno la fortuna di possedere. Gli tende la mano e lui la stringe con decisione, come anche Donovan. Matt, invece, lo fa con diffidenza per niente grato del fatto che sia stato un altro ad aiutarmi. Noto subito che ha un labbro gonfio e un piccolo taglio sul sopracciglio. «Grazie per aver aiutato la mia ragazza». Deve essere impazzito; la “mia ragazza?”. A quanto pare vuole marcare il territorio. Zachary mi guarda e poi riversa nuovamente l’attenzione su di lui.
«La tua ragazza, è?», domanda in maniera strafottente. Oh, mio dio, dimmi che è uno scherzo. Ora ne avrà anche per lui, con il suo modo di fare allucinante, proprio come ha fatto con me la prima volta che mi ha conosciuta. «Sì, la mia ragazza, perché scusa la cosa ti fa tanto ridere?», chiede Matt visibilmente irritato, avvicinandosi ancora di più a lui con aria minacciosa. Zachary scuote appena il capo, e si gratta un sopracciglio con un gesto del pollice. «Diciamo che spingerla via per farla correre fuori e abbandonarla a se stessa per buttarti nella rissa, non fa di te un buon fidanzato, ti pare?». Guardo subito Matt che serra i pugni e vedo la vena del suo collo pulsare. «E tu, brutto stronzo, chi cazzo ti credi di essere per parlarmi così?». «Sono solo lo stronzo che ha tirato fuori dai guai la tua donna, almeno un grazie potresti sforzarti di dirlo». Matt non ha neppure il tempo di saltargli al collo che Donovan lo blocca e anche Savannah si mette in mezzo. Lo allontanano subito mentre impreca e scalcia come un pazzo, ma per fortuna anche un altro ragazzo, che ha assistito alla scena, aiuta Donovan a tenerlo e allontanarlo. Mi giro di nuovo verso Zachary. «Grazie di avermi aiutata, però potevi evitare, almeno in questa situazione, di essere così arrogante». «L’unico arrogante che vedo adesso proprio qui è il tuo fidanzato che invece di proteggere te voleva dimostrare le sue doti da picchiatore come un comune adolescente». Si avvicina sempre più ed io non posso fare a meno di sollevare la testa per riuscire a guardarlo in viso. Mi sento ipnotizzata.
«Se tu fossi mia non ti troveresti una seconda volta in una situazione così pericolosa e questo perché saresti con me adesso, nel mio letto, piegata in due a piangere dal piacere e non dal dolore. Tienilo bene a mente». Non ho il tempo di replicare, si allontana da me come se niente fosse.
Capitolo 15
ZACHARY
La sua ragazza… puah! Quel cretino non sa neppure cosa voglia dire avere una donna! Invece di proteggerla e portarla subito via da quello schifo di posto si butta nella mischia per fare a botte. Poi si avvicina a me con fare strafottente e si incazza se lo tratto per quel che è: un idiota senza cervello. Mi chiedo come sia possibile che quella creatura meravigliosa possa davvero stare con uno come lui e andarsene in giro vestita come fosse spazzatura. Una ballerina…certo, non posso negare che mi piacerebbe scoprire qualcosa in più su di lei. Dove abita, che lavoro fa quando non perde tempo con quelle discutibili compagnie e molte, molte, altre cose. Ancora ci penso e non mi vergogno di dire che sono ato diverse volte davanti a quel magazzino per riuscire a rivederla, ma non l’ho più incontrata. Ma che diavolo ci fa lì dentro? Ho ancora pochi minuti per pensare a lei e chiedermi il perché di tanto tormento. Tra poco incontrerò il signor Garret, il mio nuovo cliente che è stato accusato di omicidio. Metto via i fascicoli del bulletto per il quale provo un po' di pietà, visto che è anche grazie a lui se quella sera sono andato in quel locale e l'ho incontrata, evitando anche che rimanesse seriamente ferita. Solo il pensiero mi dà alla testa. Sento bussare alla porta: è Margie. «Avvocato Collins, c’è qui il signor Garret».
«Lo faccia accomodare». Mi alzo per andare incontro al mio cliente. «Signor Garret, molto piacere, si accomodi prego. Gradisce un caffè o dell’acqua?». «Sto bene così, grazie». «Può andare Margie». La mia segretaria si allontana subito. «Spero riuscirà a tirarmi fuori da questo casino». Garret è certamente un uomo di bell’aspetto, ma non mi sembra molto scaltro. «Prima di tutto deve raccontarmi esattamente come sono andate le cose e le conviene essere sincero. A me non interessa se lei è un assassino a sangue freddo o no, quel che mi interessa davvero è vincere la causa, quindi se è stato lei ad ammazzare quell’uomo me lo dica tranquillamente: non la giudicherò. Se non saprò la verità, nel bene o nel male, non potrò aiutarla». «È stato un terribile incidente, lo giuro. Ero andato lì solo per vedere in faccia l’uomo che si scopava mia moglie, gli avrei dato un bel cazzotto e me ne sarei andato. Avrei lasciato quella sgualdrina e avrei cercato di continuare la mia vita mandando avanti la mia attività». «Avete figli?». «No, grazie a dio». Una grana in meno, penso. «Mi dica esattamente cosa è successo nel momento in cui vi siete trovati faccia a faccia». «Stavamo parlando, poi io l’ho offeso e lui per reazione mi ha tirato un pugno. Abbiamo iniziato una colluttazione e in un momento di distrazione, visto che un uomo ha cominciato ad urlare dalla finestra di smetterla altrimenti avrebbe chiamato la polizia, quel maledetto ha preso la valigetta da terra ed estratto la pistola. Me l’ha puntata contro ma si è inceppata. Gli sono saltato al collo ma nel
momento in cui ho cercato di sfilargliela dalle mani è partito un colpo e il resto lo può immaginare, vista la situazione in cui mi trovo». «Il vicino che vi ha urlato contro dalla finestra dice che era lei ad avere la pistola e che lo ha ammazzato a sangue freddo. Che motivo avrebbe di mentire? E poi non c’era nessuno per strada?». «Erano le dieci di sera e non c’era nessuno. Per quanto riguarda il vicino credo siano amici e avessero interessi lavorativi in comune. Non so altro». Prendo qualche appunto per preparare la difesa. «La prossima settimana ci sarà la prima udienza in tribunale. Mi raccomando, ad ogni domanda dell’accusa risponda a testa alta guardando negli occhi l’avvocato che cercherà di distruggerla. Lei è innocente, motivo in più per togliersi di dosso questa situazione». «Grazie avvocato». «Di niente, è il mio lavoro. La mia segretaria la chiamerà in questi giorni per informarla del giorno in cui ci sarà l’udienza. Per ora è tutto, a presto». Ci stringiamo la mano e il mio cliente si allontana. Un’altra lunga giornata è ata e non appena ho finito di risolvere tutte le incombenze, tra cui una perfetta difesa per Garret, i miei pensieri si spostano in direzioni ben più piacevoli. Sono giorni che non sento più Serena e sono giorni che non esco con nessuna donna, devo essermi ammalato, ma di una malattia rara per me e questi sono i sintomi: il mio stomaco ha un sussulto al solo pensiero, il cuore comincia a battere più forte, un sorriso ebete mi compare sul viso e mi sembra che tutto intorno a me sia più bello e luminoso facendomi provare quel pizzico di umanità che non pensavo di avere, ma a quanto pare c’è, anche se ben nascosta. Pablo, il signore delle pulizie si avvicina, risvegliandomi dai miei pensieri. «Avvocato Collins, ha terminato?». «Sì Pablo, andrò a casa finalmente, ma penso che mi fermerò prima a mangiare qualcosa fuori».
«Le consiglio di fermarsi da Pizza Hut, è un fast food poco distante da qui. Ci porto la mia famiglia ogni sabato e la loro pizza è squisita». Mi scappa un sorriso divertito. «La ringrazio del consiglio, ma io non mangio pizza nei fast food». «Be’, è un vero peccato, non sa cosa si perde e poi…si potrebbero fare incontri interessanti e piacevoli». Mi strizza l’occhio e mi chiedo cosa volesse dire. Non mi soffermo più di tanto, però. Lo saluto, mi allontano e decido che per una sera farò uno strappo alla regola.
Capitolo 16
OLIVIA
Oggi doppio turno e la cosa non mi dispiace affatto. Più soldi riuscirò a racimolare prima potrò permettermi di prendere un appartamentino in affitto. Mi dispiace un po’ aver saltato alcune ore di prove, ma in questo momento è più importante il lavoro. Con Matt, dopo quella sera al locale, qualcosa è cambiato. Forse le parole di Zachary nei suoi confronti lo hanno toccato anche se fa finta di nulla e mai mi ha chiesto di lui e neppure del fatto che mi abbia, diciamo, protetta. Cosa che lui non ha fatto. Voglio bene a Matt e in certi momenti mi sembra di provare qualcosa per lui, ci siamo avvicinati molto, ma continuo a sentire alti e bassi nei suoi confronti. Questo perché penso in continuazione a Zachary, quel prepotente, che mi ha parlata in quel modo un po’ volgare, diretto e sincero, quella sera. Avrei dovuto prenderlo a calci nelle palle, ma sentirlo dirmi quelle cose mi è piaciuto porca zozza! “Se tu fossi mia non ti troveresti una seconda volta in una situazione così pericolosa e questo perché saresti con me adesso, nel mio letto, piegata in due a piangere dal piacere e non dal dolore. Tienilo bene a mente”. Ho ben impressa questa frase e non riesco a togliermela dalla testa. Ho ancora un’ora prima della fine del turno in cui pulisco, sistemo, sorrido anche ai clienti a cui avrei voglia, invece, di dare un bel pugno sul naso, scambio quattro chiacchiere con i miei simpatici colleghi tra uno scontrino e un altro e quando finalmente sono a pochi minuti dalla fine del turno, una voce tremendamente profonda e sensuale, con la solita punta di arroganza, mi fa alzare la testa di scatto, mentre prima, invece, ero completamente immersa nel contare un resto che accuratamente cercavo di sistemare nel registratore di cassa. «Se qui sono tutti lenti e assorti nei loro pensieri come te non mi stupisco di certo se il lavoro rallenta e la gente va a cenare da un’altra parte. Certo...», continua guardandosi intorno, «se ci mettiamo anche la mancata raffinatezza, mi chiedo come faccia a rimanere ancora aperto. C’è anche molta gente, non capisco».
Non posso credere che sia qui davanti a me. Cerco di non far notare più di tanto il mio stupore, e il mio cuore che sta per spuntare dal petto, visto come batte, anche perché sembra essere ritornato lo stronzo egocentrico che era, proprio come la prima volta che l’ho incontrato. «Sua maestà, che onore averla qui, in mezzo a noi poveri sudditi. A cosa devo la sua presenza?». Per un attimo mi guarda serio, come se non lo stessi prendendo in giro. «Ti fanno ancora male i polsi?». E qui per poco non ho un mancamento. «Non più, grazie di avermelo chiesto». Purtroppo, però la magia finisce subito e torna ad essere quello di sempre. «Dunque, cosa mi consigli di mangiare?». «Pizza con salame piccante, patatine e crocchette di pollo. Non è che siamo in un ristorante a cinque stelle!». Sbuffo un po’ scocciata. «No, lo vedo», afferma, guardandosi di nuovo un po’ intorno con aria quasi disgustata. Alzo gli occhi al cielo esasperata. «Prenderò ciò che mi hai consigliato». «Perfetto». «A che ora finisci di lavorare?». «Adesso». «Ti aspetto, mangia con me». Senza neanche pensarci gli rispondo «Ok». Devo essere impazzita. «Mi siedo a quel tavolo laggiù». «Il tempo di cambiarmi, e preparare il vassoio».
«Va bene, ma sbrigati, odio mangiare cibo freddo». Dio quanto è insopportabile! Paga e si va a sedere. La mia collega Betty mi guarda con gli occhi sbarrati e con la bocca mima un “OH MIO DIO CHE FIGOOOO”. Le faccio spallucce e mi allontano.
Capitolo 17
ZACHARY
Sono seduto in un fast food, con indosso un completo di alta sartoria, a mangiare pizza, patatine e a bere coca cola. Non c'è molto altro da dire... Per adattarmi un po' all'ambiente tolgo per lo meno la giacca e arrotolo le maniche della camicia, mentre tre femmine, se così si possono chiamare, sedute a un tavolino poco distante dal mio, mi stanno mangiando con gli occhi. Sorrido loro, così avranno di che parlare per i prossimi giorni. Ridacchiano tutte entusiaste della mia attenzione. Adesso che ci penso attentamente: Pablo, il signore delle pulizie, mi ha consigliato di venire qui a mangiare e il caso vuole che la mia bellissima pel di carota lavori proprio qui. Strana coincidenza davvero. Eccola che si avvicina, in tutta la sua bellezza. Certo che, se mettesse in mostra quel corpo meraviglioso con un bel vestito chiunque cadrebbe ai suoi piedi. Ma cosa dico...C'è da rimanerci secchi comunque, anche adesso con un semplice leggings nero, delle ballerine e una maglia con su scritto «barcollo ma non mollo». Non posso che ridere di gusto; ma dove diavolo l'avrà presa? Si siede di fronte a me e quando vedo posare il vassoio sul tavolino e la quantità di cibo che potrebbe saziare un reggimento, non posso rimanere imibile. «Che hai tanto da ridere principino?». «Ma come, non ero sua maestà?». «Anche, tu cosa preferisci?». «Ci penso un po' e poi ti dico». Le strizzo l'occhio. Mi guarda con circospezione.
«A parte la tua ridicola maglietta, sulla quale sorvolerei, cosa mi dici della quantità di cibo spropositata che hai sul vassoio? Sei così magra!». Tiro fuori le posate di plastica dal sacchettino trasparente e taglio la prima fetta, ormai gelata, di pizza. «Sono una ballerina e brucio molte calorie, cosa credi?». Prende una delle due fette di pizza con le mani, la piega e la addenta con voracità. E come pensavo sin dall'inizio: tanta bellezza sprecata senza un minimo di galateo. Devo ammettere, però, che è adorabile. «Siamo tornati nel medioevo? Sono un optional per te le posate, Olivia?», le domando, mentre taglio la mia seconda fetta di pizza. «Perché invece non provi a rilassarti un po' e a mangiare anche tu la pizza, le patatine e le crocchette con le mani? Non sai cosa ti perdi, prova a rilassarti un pochino, sei troppo rigido». Posa la pizza sul vassoio, si pulisce le mani e gli angoli della bocca con il tovagliolo e mi toglie di mano le posate. Allucinante davvero! «Adesso, sua maestà o principino, come preferisci, prendi quella succulenta fetta di pizza e portatela alla bocca, solo così sentirai quanto è buona. Poi, fai lo stesso con le patatine: intingile nella maionese con le mani, assaporale e poi, sempre con la bocca, togli i piccoli eccessi dalla punta delle dita. Solo così ti godrai questa cena così semplice, ma allo stesso tempo meravigliosa». Sono incantato e spaventato ed eccitato ed emozionato e incazzato, tutto in una volta. Ma faccio come mi dice. Prendo la fetta con le mani e lei mi guarda, la porto alla bocca e lei mi guarda, la addento e lei mi guarda... Credo che questo sia solo un assaggio del paradiso...
Capitolo 18
OLIVIA
Non posso crederci, sta davvero mangiando con le mani! «Adesso sì che sei un vero zoticone. Come ci si sente?». «Non cantare vittoria troppo presto bambola, sto solamente cercando di adattarmi al posto. Volevo vedere cosa si prova ad abbassarsi a certi livelli». «E dimmi Zachary, cosa si prova?». «Non credo faccia per me». Non nego di sentire una punta di delusione a questa risposta, ma non voglio se ne accorga. «Ho fatto ciò che mi hai detto, ma tu dovrai ricambiare». «Sentiamo». «Sabato sera a cena con me in un ristorante molto elegante e con indosso un bel vestito, sempre che tu indossa vestiti». «Ho un vestito, cosa credi?» «Molto bene allora». Se così si può chiamare un vestitino comprato in un banchetto a Camden Town, in cotone a fiorellini bianchi e neri. «Quanti anni hai?», gli domando curiosa. «Ho 34 anni e tu?». «Vado per i 23».
«Non sei inglese, vero?». «No, vengo dal Canada». «E come mai sei approdata qui?». Mi sento in imbarazzo nel parlare dei miei insuccessi e cerco qualche scusa credibile. «Così, mi piace visitare posti nuovi». Non mi sembra soddisfatto della risposta, ma non insiste. «Ora dovrei andare, sono molto stanca. Grazie della compagnia Zachary». «Ti accompagno a casa, è tardi». Ora sì che inizio ad avere un forte attacco di panico. Non mi va proprio di dirgli dove vivo per il momento, così invento una scusa. «Non ce n'è bisogno, davvero. Vengono a prendermi». Mi pento subito di avergli risposto così. «Vuoi dire che quell'incompetente, fannullone del tuo ragazzo viene a prenderti?». Una bugia dopo l'altra! «Come ti permetti di parlare di lui in questi termini? Non lo conosci neppure e comunque sì, tra poco finisce il turno al lavoro e a a prendermi». «Mi permetto eccome. Se vuoi ti rinfresco la memoria pel di carota. Mi sembra di averti già detto che se fossi stato io al suo posto non avresti avuto il tempo di cacciarti nei guai». Si alza e si allontana, di nuovo, come se niente fosse, come se non avessimo appena mangiato assieme e parlato quasi in maniera civile. Non so davvero più che pensare.
Capitolo 19
ZACHARY
Mi sento davvero frustrato, cazzo! Mi sono lasciato andare per un po' e non avrei dovuto. Mangiare con le mani, arrotolare le maniche della camicia, devo essermi bruciato il cervello, ma non succederà più. Ha accettato di venire a cena con me, ma poi me ne sono andato così, senza farmi lasciare il suo numero di telefono. Non ci sarà mai questo appuntamento ed io non la vedrò mai con un bel vestito indosso, fine della storia! Dio come mi sento male, però. Sono ancora qui, fermo dentro la macchina parcheggiata dall'altra parte della strada e non riesco a mettere in moto e andarmene. Mi sposto un po' per non farmi notare, voglio vedere il cretino che viene a prenderla e che quasi certamente se la porterà a casa per scoparsela. Che strazio. Aspetto con pazienza e, ad un certo punto, noto Olivia uscire dal fast food, guardarsi intorno indisturbata e cominciare a camminare a o spedito. Mi ha preso per il culo, il ragazzetto non è andato a prenderla. La seguo con la macchina ma vedo che scende subito le scale della metropolitana. Dove abiterà? Decido di tentare la fortuna e andare a quel magazzino in periferia, dove la vidi quella sera. Non le ho chiesto come mai fosse lì. Mi fermo con la macchina vicino a quel capannone, ma non troppo per non farmi notare e aspetto. La vedo arrivare di fronte all'entrata, prende quelle che penso siano chiavi dalla borsa, apre, tira su la serranda ed entra, chiudendosela alle spalle. Ma che diavolo ci fa lì dentro? È più forte di me, devo sapere. Scendo dalla macchina, mi avvicino, esito camminando avanti e indietro qualche minuto, ma poi busso. La sento avvicinarsi. «Matt sei tu?». Cazzo come lo odio questo Matt. «No, non sono Matt. Apri!». «Zachary, ma che ci fai qui? Vattene!». «Non me ne vado finché non mi dici cosa ci fai tu qui». «Ti prego, lasciami in pace». La sento appoggiarsi contro questa maledettissima serranda che ci divide. «Non posso».
«Perché non puoi? Cosa vuoi da me?». Appoggio a mia volta la fronte nella stessa posizione come credo sia la sua. «Lo sai cosa voglio da te, apri questa cazzo di saracinesca o giuro su dio che la butto giù a spallate». Sento il click della serratura e la serranda che sale piano piano e ad accogliermi, come sempre, due occhi caramello e deliziose lentiggini, avvolta da un improbabile pigiama che mi sconvolge meno del fatto che dorma qui. Non è possibile, non ci credo, lei vive qui dio santissimo!
Capitolo 20
OLIVIA
«Tu sei il mio incubo peggiore, davvero! Sei peggio di Nightmare!». Cerco di sdrammatizzare la situazione per fargli capire che è meno peggio di quel che sembra. «Oooh, lo sarò davvero se non mi dirai tutta la verità». Sono davvero esasperata, ma gli faccio cenno di entrare. «È solamente una sistemazione temporanea, tutto qui. Sono qui a Londra da poco tempo e non è da molto che ho trovato questo lavoro. Appena avrò racimolato un po' di soldi affitterò un piccolo appartamento. Mi guarda con un'espressione del viso indecifrabile. «E il tuo ragazzo, cosa dice di questa sistemazione?» Decido di essere sincera.
«Matt non è proprio il mio ragazzo». Sembra quasi sollevato dalla mia affermazione. «Non mi stupisco da come vi ho visti baciarvi quella sera qui fuori». Lo ignoro palesemente. «È un buon amico, tutto qui». «Un buon amico che a quanto pare ti diverti a baciare e che non vede l'ora di entrare nelle tue mutandine, sempre che non l'abbia già fatto». Questa volta, invece, non posso proprio ignorarlo, santo cielo che faccia da schiaffi! Gli punto un dito contro il petto e comincio a dirgli tutto quello che penso di lui. «Ascoltami bene damerino dei miei stivali. Come ti permetti di parlarmi così? Avere un bel conto in banca, indossare bei vestiti e far parte dell'alta società non ti dà il diritto di trattare gli altri come fossero spazzatura. Se vado o no a letto con il mio amico non è affar tuo, intesi? E se voglio dormire e mangiare e vivere qui, la cosa non ti deve riguardare». Sono così tesa che quasi non mi rendo conto di essere in perfetta linea retta sulle punte, senza neppure indossare le scarpette di danza. Anche Zachary se ne accorge, ma non sembra sorpreso. Non ho il tempo di rendermi conto di nulla, perché tutto intorno a me sparisce...Mi prende il viso tra le mani con possesso e stringe, ma non sento male. Continuo a rimanere ferma sulle punte. Mi sostengo con le mani, ando dagli avambracci a stringere forte le sue di mani, quasi come a volerlo allontanare, ma non lo faccio. Stringo solo fortissimo. Avvicina le sue labbra alle mie e mi bacia. Mi bacia con possesso, con tutta la sua intensa mascolinità, mi bacia come se ne sentisse il bisogno, come se volesse capire qualcosa. Mi bacia come se fosse l'ultima volta. Anche io, a mia volta, prendo il suo viso tra le mani, perché non ne ho abbastanza, non ne avrò mai abbastanza di lui. Siamo persi nei nostri respiri, nei nostri gemiti che si fanno sempre più forti, erotici, quasi volgari, ed è bellissimo e... unico. Ma purtroppo, come in tutte le favole, la magia scompare e, come Cenerentola allo scoccare della mezzanotte, l'emozione del momento finisce, lasciando solo un gran vuoto, perché lui si stacca all'improvviso, mi guarda terrorizzato come se
avesse commesso chissà quale atrocità e si allontana da me. Chiudo gli occhi e rimango qui, immobile, ancora sulle mie punte, ma pian piano scendo e mi rendo conto che sono di nuovo con i piedi ben saldi a terra, perché la realtà è questa e la storia non finirà con un «vissero felici e contenti».
Capitolo 21
ZACHARY
Oggi mi sento più sottosopra del solito. Quest'ultimo mese è stato a dir poco allucinante. Il mio lavoro è troppo importante per me e non posso permettermi di avere distrazioni. Sono così vicino nel diventare socio in questa grande azienda e non posso avere pensieri che mi aggrovigliano lo stomaco, mi fanno stare spesso e volentieri tra le nuvole, non permettendomi di concentrarmi, nonostante, però, mi piaccia provare tutto ciò. L'ho baciata quella sera, lei mi ha ricambiato con ardore e poi sono andato via... Devo concentrarmi perché esattamente tra un'ora ci sarà la prima udienza in tribunale per il caso Garret e non posso permettermi nessun errore. Devo rimanere calmo, anche perché l'avvocato dell'accusa è Mildred Durango, una grandissima sgualdrina, fin troppo brava nel suo lavoro. È la prima volta che mi trovo ad avere a che fare con lei e, per intenderci, se io nel mio lavoro sono un maledettissimo squalo che non guarda in faccia nessuno, lei è come una mantide religiosa che osserva, lusinga e poi ti uccide a tradimento. Credo di aver reso l'idea. Sono nel mio ufficio a preparare gli ultimi fascicoli da portare in aula, mentre Dominique cammina avanti e indietro agitato. «Rilassati, mi stai facendo venire mal di testa». «Sono solo preoccupato. So quanto tu sia bravo nel tuo lavoro, per di più sappiamo che Garret è innocente, ma quel testimone che dichiara il falso proprio non ci voleva. E come se non bastasse chi abbiamo come avvocato d'accusa? La Durango!». «Non ti preoccupare, troverò il modo giusto di mettere sotto torchio il testimone dell'accusa per far sì che dica la verità».
«Garret dice che oltre ad essere vicini di casa sono anche amici». «Ho fatto qualche ricerca e, a quanto pare, questo testimone deve un piacere alla famiglia dell'uomo che Garret, accidentalmente, ha ammazzato. Non mi sbilancio più di tanto, ma sono molto vicino a scoprire qualcosa in più». «Ok, fai tutto quello che devi, dobbiamo vincere questa causa». «La vinceremo. È ora che vada, vieni anche tu?». «Ma certo, non voglio perdermi nulla. Distruggi la Durango». Sempre che non sia lei a ridurci in cenere tutti quanti con quello sguardo da strega fattucchiera non appena entriamo in aula, penso. E infatti, non appena metto piede in tribunale eccola che avanza con il suo tailleur elegantissimo, scarpe con un tacco così a punta che dovrebbero essere vietate per legge in quanto arma letale, i suoi sempre perfetti capelli biondi ossigenati dritti come spaghetti e lunghi sino alle spalle. Diciamo che lei, come Serena e altre eleganti donzelle che non sto qui a nominare, mi hanno fatto sempre girare la testa. Nel senso che mi è sempre piaciuto portarmele a letto e niente più. Poi questa Mildred, nonostante sul lavoro la prenderei a calci volentieri, fuori di qui un pensiero...Ma cosa dico! Mi facevano girare la testa, ora non più e quanto vorrei che non fosse così. Quanto vorrei che il fato quella mattina non mi avesse giocato un brutto scherzo. Vorrei tornare indietro nel tempo per cambiare le cose. Non andrei al solito bar del centro commerciale per fare colazione evitando, così, di arrivare in ritardo al lavoro ma, soprattutto, per non incontrare lei. Solo il pensiero mi distoglie da tutto ciò che per me è troppo importante; il mio lavoro e la mia carriera. Se pensassi a Olivia mi verrebbe voglia di mollare tutto, correre da lei, e rivivere di nuovo qualche piccolo momento in cui non mi ha fatto sentire più me stesso, quello che sono sempre stato. Quel Zachary così diverso, anche se in brevissimi momenti, non era poi tanto male. «Zachary, stai bene? Cos'è quel sorriso ebete sulla faccia? Sembri assente, concentrati», mi rimprovera Dominique, e questo è più che sufficiente per farmi indossare di nuovo la maschera che porto ogni giorno (e a volte ho paura che si tratti davvero di questo) e che mi fa essere il numero uno nel mio lavoro. Non ho
altra scelta, se non togliermi Olivia dalla testa e così dovrà essere per forza. Mildred Durango si avvicina con il suo sguardo da mantide o da vedova allegra, che dir si voglia, mi tende la mano ed io la stringo con decisione guardandola fissa senza mai abbassare lo sguardo. Non mi freghi, brutta stronza. Penso tra me e me. «Avvocato Collins, che piacere incontrarla di nuovo». «Avvocato Durango, lo stesso per me». «Staremo a vedere», mi dice convinta di se stessa e talmente tirata che potrebbe spezzarsi. Strano, pensato proprio da me. Concentrati, non vagare con i pensieri... Il giudice entra in aula e tutti ci sistemiamo alle nostre postazioni. Guardo il mio cliente e gli faccio cenno di stare calmo. Osservo la giuria per capire più o meno chi ho davanti. Ognuno di loro con un'età diversa, più uomini che donne, molto bene! Questo gioca a nostro favore, visto che molti di loro si metteranno nei panni del povero tradito. Sembrano piccoli aspetti di poco conto, ma invece sono molto importanti. Nulla va lasciato al caso. Dalla parte dell'accusa, di fianco a Mildred, gli anziani genitori dell'uomo morto. Mi fanno un po' pena, in fondo hanno perso un figlio, nonostante sia stato uno sfascia famiglie, ma loro non c'entrano nulla. Mi giro anche verso il pubblico: studenti universitari che assistono all'udienza, curiosi e....no cazzo! Serena! Ma che diavolo ci fa qui? Le avevo detto che non volevo più vederla. Nel periodo in cui ci siamo frequentati veniva spesso ad assistere alle mie arringhe. Diceva che la eccitava da morire! Adesso però... La guardo in cagnesco e mi giro dall'altra parte senza neppure salutarla. Che strazio! Il mio cliente viene chiamato al banco degli imputati, fa il suo giuramento e, come immaginavo, la Durango lo stracciona, ma con eleganza. Tanta di quella eleganza che le mie obiezioni, rivolte al giudice, vengono sempre respinte. Siamo solamente al primo giorno di udienza e questa megera parte già in quarta, allucinante!
«Ci illumini signor Garret, quando ha visto le foto di sua moglie piegata ai voleri di un altro uomo è vero che le sue testuali parole sono state -ammazzerò quel grandissimo figlio di puttana-?». Ed ora sì che comincio a preoccuparmi sul serio. «Se vuole uccidere qualcuno dovrebbe avere almeno l'accortezza di non farsi sentire dai suoi colleghi sul posto di lavoro». E come volevasi dimostrare la mantide è partita all'attacco e il mio cliente è stecchito. «Obiezione vostro onore! Questa è un'illazione». «Respinta! Vada avanti avvocato». Mi giro verso Dominique che sembra quasi stia per avere un infarto. «Risponda signor Garret», lo incita il giudice. Mi guarda e io gli accenno un lieve sì con la testa. «In quei momenti sono cose che si possono dire. Ero arrabbiato e ferito, ma mai avrei fatto una cosa del genere, è stato un terribile incidente. Mi sono solo difeso». «Si limiti a rispondere alle domande che le pongo». Lo riprende la Durango. Lo vedo davvero provato e questo mi dà ancor di più la conferma che sia davvero innocente. Direi che anche questa giornata non poteva iniziare peggio di così. Alla prossima udienza sarò io a interrogare il mio cliente e il super testimone dovrà vedersela con me. Forse non hanno capito con chi hanno a che fare. Se vogliono la guerra, la avranno. Il mio unico pensiero sarà vincere questa causa e niente potrà più distrarmi, non posso proprio permettermelo. Stavo rischiando davvero di mandare tutto a puttane per due occhioni dolcissimi e meravigliose lentiggini. Quanto mi mancate però...
Capitolo 22
OLIVIA
«Eeeee 5... 6...7... 8... e ancora... 5... 6...7... 8! Jordan, più su quel bacino, stai facendo un movimento troppo blando deve essere più deciso! Ariel, anche tu, tira più su quella gamba!». Manca solo un mese per il prossimo flash mob e siamo piuttosto indietro con le prove: ci esibiremo all'aeroporto di Heathrow. Questa è davvero una cosa grossa e Matt, giustamente, cerca di incitarci a migliorare il più possibile. Nel suo genere è davvero uno dei migliori, balla break e free-style dall'età di cinque anni, proprio la stessa età che avevo io quando ho cominciato danza classica. Devo ammettere che dopo 15 anni sulle punte e, occasionalmente, qualche lezione di hip hop e modern jazz, non è stato facile abituarmi a certi particolari movimenti e isolamenti del corpo, ma credo di essere migliorata un po'. Certo, io ho la tecnica; nei salti e nelle piroette sono piuttosto forte a differenza degli altri ragazzi. Ognuno di noi ha una propria qualità e il bello di far parte di un gruppo come questo è proprio il fatto che ognuno di noi può avere, in egual misura, la possibilità di far vedere quello di cui è capace, cosa che in un vero e proprio corpo di ballo, o in una scuola, non sempre è possibile fare. Non nego che non mi manchi molto indossare le mie amatissime punte rosa. Da quando sono andata via dal Canada non le ho più indossate. Ho paura a farlo...Ho paura che se le metterò comincerò a piangere e non riuscirò più a smettere. Non solo per la danza in sé, ma per molto altro ancora: i miei genitori, che sento così raramente e che ormai non mi chiedono neppure che cosa stia facendo della mia vita, le mie amiche e compagne della scuola di ballo, i profumi della mia terra con le sue distese infinite e i suoi monti, insomma: l'odore di casa. «Olivia, cosa succede? Sei distratta!». La voce forte di Matt mi risveglia subito. «Scusami». Si avvicina e mi accarezza una guancia. «Non importa, ti senti bene?» «Sì benissimo, davvero».
«Ok, allora possiamo continuare». Mi dà un bacio a fior di labbra, come quasi sempre fa. Mi rendo conto che sto sbagliando molto in questa situazione. Non sono chiara con lui, però, c'è anche da dire, neppure lui è chiaro con me. Da una parte sono sicura che chiedermi una volta per tutte cosa provo per lui gli faccia paura, preferendo rimanere, così, nell'incertezza, piuttosto che ricevere un vero e proprio rifiuto da parte mia. Capisco che sia molto giovane, in fondo siamo coetanei, ma un po' di sicurezza da parte sua non guasterebbe. Su certi aspetti è ancora così infantile e la cosa non mi piace molto. Però, da una parte, lo assecondo, perché mi rendo conto che abbiamo tutto in comune e poi, a essere sincera e nonostante sia consapevole di sbagliare, sto cercando in tutti i modi di dimenticarmi di lui...Quell'uomo, perché tale è, che mi ha fatto perdere completamente la testa, ma che, ho capito benissimo, non potrò mai avere. Continuo con le prove, insieme agli altri. Forse Matt, la danza e la mia impegnatissima vita a Londra, me lo faranno dimenticare.
Capitolo 23
ZACHARY
Sto sbagliando, lo so, ma non mi importa. Devo dimenticarmi di lei! Non è per me, siamo su due pianeti differenti. È troppo giovane, conduce una vita che non rispecchia per niente i miei canoni e non potrebbe far parte della mia: non si sentirebbe a proprio agio. Io non posso cambiare per lei e lei non può cambiare per me! Chiuso ancor prima di cominciare. In questo preciso momento sto prendendo Serena forte e non me ne pento assolutamente. Avevo deciso di non rivederla più dopo la sua confessione d'amore, ma cosa mi importa fondamentalmente di farla soffrire una volta che, per davvero, mi sarò stancato di lei? Assolutamente nulla! Almeno avrà un bel ricordo: l'essere stata sbattuta per bene da me! So benissimo di comportarmi in maniera discutibile, ma sono chiaro sin dall'inizio. E quando Serena si è
presentata in tribunale quel giorno ho accettato di rivederla, ma le ho ricordato che tra noi non sarebbe cambiato nulla e lei mi ha detto, nuovamente: «va bene così». Perfetto direi! Se non che, adesso, ricomincia. «Piccolo, ti sento un po' distante», mi dice ammiccando. «Ricominci? Ti ho detto di non chiamarmi con questi nomignoli a meno che non stiamo scopando». Prima mi piaceva il suo modo di fare da sgualdrina con me, ma adesso comincia a darmi un po' sui nervi. «D'accordo, come sei categorico». «Lo sai benissimo come sono, eppure continui a sbagliare». Sbuffa scocciata, ancora gliene viene a lei! «Zachary». «Ecco, così molto meglio». «Volevo solo dirti che ti sento diverso. Hai sempre quel tuo modo di fare arrogante che mi fa impazzire, ma sembra forzato, non so». «Ma che dici? Sono sempre io». «Sarà, ma non mi convinci. Mi è capitato di osservarti in alcuni momenti in cui sei distratto e accenni spesso un lieve sorriso. Non ti ho mai visto così». «Sono solo appagato per il mio lavoro. Tra non molto diventerò socio e ne sono felice. Per me è un traguardo importante. Ho faticato molto per arrivare dove sono senza l'aiuto di nessuno. Sono orgoglioso, tutto qui. Ma poi, da quando in qua ti sei trasformata da commercialista a psicologa? Sei esasperante, cazzo!». «E va bene, come non detto». Alza le mani in segno di resa finalmente, che palle! Non voglio che mi legga dentro, nessuno deve farlo. È solamente una cosa mia
quello che provo dentro di me, una cosa che devo e voglio custodire gelosamente. Nessuno e dico NESSUNO potrà mai provare a tirare fuori questo sentimento, che purtroppo sta per trasformarsi in dolore e tutto perché io non sono impulsivo, ma completamente razionale. Così è sempre stato e continuerà ad essere. Mia bellissima, dolcissima e pazzerella ballerina dai capelli rossi, mi manchi e non sai quanto vorrei essere l'uomo per te...
Capitolo 24
OLIVIA
Mi sento un po' meglio. Ho preso il mio primo vero stipendio da Pizza Hut e tra non molto comincerò a cercare un piccolo appartamento in cui vivere. Abbiamo finito le prove generali per il flash mob e tutto è andando per il meglio. Mancano solo due giorni... Le entrate, le uscite, il mio particolare assolo sulle mezze punte, su di un pezzo che di classico ha ben poco. Una vera novità per me e che mi emoziona molto. Ballerò con un tutù nero, molto dark e così anche Savannah. Saremo sopra una pedana dell'aeroporto che solitamente utilizzano per esporre le pubblicità, mentre gli altri balleranno tutti insieme in un'identica coreografia proprio al centro imbarchi. Sarà il delirio, anche perché coinvolgeremo il mal capitato pubblico. Non posso fare a meno di sorridere! «Sei ancora più bella quando sorridi Olivia, sei pronta per andare?». «Sì, sono pronta». Mi tende la mano e io la afferro. È la sera del mio compleanno; 23 anni. Matt mi ha invitata a cena fuori in un ristorante molto carino nel centro di Londra. Certo, ha impiegato una settimana a convincermi, soprattutto perché l'idea che possa spendere molto non mi piace, come non mi piace che tra noi ci sia ancora questa situazione poco chiara, nonostante sembri quasi rassegnato del fatto che, forse, non ci sarà mai molto più di una bellissima amicizia. Magari, però, una cena romantica potrebbe anche farmi capire qualcosa, chissà! Ho indossato il mio vestito buono e mi viene da sorridere nell'indicarlo così, ma è vero, semplicemente perché è l'unico che ho. Un tacco comodo e poi ho raccolto i capelli in una semplice coda di cavallo. Un trucco leggero e via. Matt è piuttosto buffo, ma è talmente bello che starebbe bene con tutto. Anche lui, per i suoi canoni e il massimo della sua eleganza, un jeans più sobrio del solito, una camicia con sopra un gilet e, ovviamente, scarpe da ginnastica.
Nell'insieme, però, è di un'originale eleganza. Quando arriviamo il cameriere ci fa accomodare al nostro tavolo, ma non mi fa sentire proprio a mio agio! Lo immaginavo, comunque. Matt non ci fa caso. A lui non importa niente di quello che gli altri pensano e solitamente neanche a me, però non sarebbe male godersi una cena senza essere squadrata da capo a piedi solo perché indosso un semplice vestito da mercato. «Non so se hai notato», mi dice Matt, «tutti gli sguardi degli uomini che hai attirato piccola. Andare in giro con te è davvero un attentato alla mia autostima». «Ma smettila! Sicuramente si staranno chiedendo come si fa ad andare ad una cena vestite come se si stesse andando in spiaggia, invece che in un ristorantino delizioso e intimo come questo». «Non credo proprio, ma adoro la tua modestia e il fatto che tu non sia davvero consapevole di quanto sei bella». Mi faccio un po' seria mentre lo guardo. «Matt, io...». «Non importa, non dire nulla. So benissimo che non è scattata quella scintilla. Godiamoci questa bella cena come semplici amici, anche se ammetto che non sarà facile per me». Gli sorrido. «Sei dolcissimo, davvero». «Dimentichi anche molto, molto paziente. Poi dopo averti baciata…». Mi strizza l'occhio, ma cambia subito argomento. Ordiniamo un primo e un secondo a base di pesce e non nego di avere difficoltà nel destreggiarmi con le posate per sezionare, togliere spine e tirar fuori molluschi dai loro gusci. Purtroppo, qui non si può mangiare con le mani e solo a questo pensiero ho una piccola fitta proprio al centro del mio cuore, guardo Matt e mi sento davvero in colpa. Perché vorrei avere di nuovo LUI di fronte a me e quando penso che peggio di così non può andare, un'altra incredibile coincidenza si prende gioco di me. Al tavolo, dall'altra parte della sala, si è appena seduto Zachary in compagnia di una donna. Una donna bellissima e di classe, completamente diversa da me. Le sorride e il mio cuore sanguina...
«Guarda, guarda, hai visto chi c'è a quel tavolo?». E anche Matt lo ha notato. «No», rispondo facendo finta di non capire. «Quello sbruffone tirato a lucido che ti ha aiutata ad uscire dal locale quella sera. Come se tu avessi avuto bisogno di lui». Matt ride scrollando il capo, ma in realtà, se non fosse stato per lui, mi sarei fatta male sul serio. Sicuro di sé com' è Matt, ha pensato che mandandomi via in tempo non mi sarei trovata in mezzo alla rissa ma, a quanto pare, ha calcolato male i tempi e, così, non è stato lui il mio salvatore. Evito comunque di dirglielo. Non si è accorto di nulla e pensa sia caduta perché inciampata. Ho preferito raccontargli una bugia per non farlo sentire in colpa. Non lo merita. Non sa che Zachary mi ha presa in braccio e mi ha stretta forte, facendomi sentire al sicuro. Non capirebbe, anche perché, effettivamente, lo conosco appena. «Sì, ora ricordo», rispondo non curante. Ho bisogno di allontanarmi qualche minuto, mi alzo dalla sedia con la scusa del bagno.
Capitolo 25
ZACHARY
L'Artisan è un ristorante dove si mangia molto bene. Certo, non è proprio di gran classe, ma almeno andrò sul sicuro e non avrò più fame di prima dopo aver cenato, viste le giuste e piacevoli porzioni di cibo. Mi vesto in maniera più casual, ma sempre con classe. Camicia bianca, un jeans comodo ma dal taglio elegante e scarpe...be', quelle sempre sul classico per non sbagliare. Lascio i capelli un po' in disordine: non ho molta voglia, a essere sincero, di badare troppo al mio aspetto stasera, come non ho molta voglia della compagnia di Serena durante la cena. Ma oramai il danno è fatto: l'ho invitata solo ieri e non mi piace l'idea di tirarle un mastodontico pacco, soprattutto perché rischierei di non avere un piacevole dopocena.
o a prenderla a casa, o meglio reggia, visto lo sfarzoso giardino con vista Tamigi e non appena accosto è già lì pronta ad aspettarmi bellissima come sempre, fasciata in un abito lungo fino alle ginocchia così aderente che mi chiedo come faccia a respirare. I capelli corti pettinati all'indietro. Non c'è altro da dire se non che resusciterebbe anche i morti, ma non fa alcun effetto su di ME. Non più come prima e la cosa mi fa incazzare davvero, perché i miei pensieri si spostano in un'altra direzione e non va bene, non va assolutamente bene! Pensa al tuo lavoro Zachary, alla tua imminente carriera come socio, lei sarebbe solo una distrazione e hai già avuto modo di appurare la cosa. È come se sentissi di avere una piccola presenza sulla spalla destra che mi dice queste cose nell'orecchio e sulla spalla sinistra un'altra, invece, cerca di sviarmi del tutto. Rischio la follia a questo punto. Serena sale in macchina e ci avviamo al ristorante. Entriamo all'Artisan e il cameriere ci fa accomodare al nostro tavolo. «Prego signor Collins, vi ho riservato uno dei tavoli migliori». «Grazie», gli accenno appena, senza neppure guardarlo in viso. Fino a poco tempo fa mi piaceva essere adulato da tutti mentre invece, adesso, ho il voltastomaco. Non posso farci nulla, è così. Faccio accomodare Serena e mi siedo di fronte a lei. Le sfodero un bel sorriso di circostanza ma, non appena il mio fondo schiena tocca la sedia, il mio finto sorriso scompare. Non è possibile, lei è anche qui! Ma cos'è uno scherzo? Il cosmo ha deciso di andarmi contro del tutto? Ma che diavolo dico: non esistono queste cazzate! Solo coincidenze... Mi ha visto, perché quel cretino che è con lei (che dio lo fulmini), mi ha indicato e ha fatto sì che pel di carota si girasse verso di me. La vedo alzarsi e dirigersi in direzione bagno. Guardo con la coda dell'occhio quello sfigato per vedere se la segue con lo sguardo, ma non lo fa, visto che gli squilla il cellulare ed è intento a rispondere, così approfitto della situazione. Mi sento come Tarzan che non riesce a resistere al richiamo della foresta o come un serpente che non riesce a non farsi tentare dal suono di un flauto, perché ne è ipnotizzato. E dopo tutte queste simpatiche riflessioni che corrono veloci nella mia mente (mi chiedo da quando in qua sono diventato così spiritoso), mi rivolgo a Serena in maniera banale,
semplice e credibile: «Vado alla toilette, torno subito». Mi alzo e ringrazio il cielo che i bagni siano ben nascosti in fondo a un corridoio, così nessuno noterà che sto per entrare in quello delle donne. Apro la porta e la richiudo alle mie spalle bloccandola con una graziosa sedia presente in questo grazioso bagno. Visto che il destino vuole farmela incontrare a tutti i costi ovunque, anche in questo momento sarà clemente con me e farà in modo che nessuno provi ad entrare, perché in caso contrario scoppierà un cataclisma! Sento tirare lo sciacquone, la porta a soffietto del bagno si apre e per poco Olivia non ha un infarto! «Che diavolo ci fai nel bagno delle donne? Tu sei tutto pazzo, esci subito di qui!». Mi dà le spalle e si avvicina al lavandino per lavarsi le mani e rinfrescarsi il viso. Si a una salvietta e mi guarda dallo specchio senza girarsi. «Tu sei pazzo!». Sospiro, abbasso per qualche istante lo sguardo per poi riposarlo su di lei. «Sì, lo so, sono pazzo di te». «Oooh, davvero bella questa. Tu sei pazzo solo di te stesso. È il tuo ego a parlare per te in ogni situazione». Le sorrido appena, mi piace il suo modo di sfidarmi, non posso negarlo. Mi tiene testa. «Quel ridicolo vestito che indossi doveva essere il mio ridicolo vestito e non il suo...». «E invece, come vedi, l'ho indossato per Matt, visto che la cena con te a quanto pare è saltata». Ora inizia a farmi incazzare sul serio. «Non fa per te».
Finalmente si gira e si avvicina a testa alta. Dio mio, è bellissima e io desidero solo farla mia proprio qui e sentirla urlare di piacere. «Cosa non fa per me? Il mio dolcissimo Matt o il vestito? Perché ti avverto, in entrambi i casi sbagli». Questo è davvero troppo! Lo fa apposta per ingelosirmi, è chiaro! «Lo sai a cosa mi riferisco». Ho le mascelle serrate. «E invece tu sì? Tu che ti avvicini, mi vuoi e poi scappi in continuazione come un codardo? Matt è sicuro, lui vuole me». «E tu vuoi davvero stare con lui?». Non mi risponde e cerca di allontanarsi, ma io la blocco all'istante. La vedo triste in viso e provata. «Te lo chiedo per piacere: lasciami andare, le persone che sono con noi ci stanno aspettando al tavolo». «Io... io... adesso io ti bacerò Olivia e tu non potrai fermarmi». Mi guarda con gli occhi lucidi ed io vorrei morire, proprio in questo momento, tra le sue braccia. «Se tu mi bacerai questa volta ti colpirò in viso, non farlo». La lascio andare di nuovo, ma questa volta è lei a chiedermelo. Credo che non sia possibile soffrire più di così e l'artefice del mio dolore sono soltanto io, non lei! Sono io che mi allontano e poi mi avvicino e poi mi allontano di nuovo. Per quanto potrò andare avanti così? NON LO SO! Ma, in questo preciso istante, mi sento improvvisamente sollevato, o forse è solo un'illusione, perché è stata la mia bellissima ballerina dai capelli rossi e con adorabili lentiggini ad allontanarsi da me e non io da lei questa volta.
Capitolo 26
OLIVIA
Non so come sarà possibile continuare la mia cena con Matt come se niente fosse dopo quello che è accaduto in bagno con Zachary e vederlo, poi, a quel tavolo in compagnia di una donna mi fa troppo male. Chi sarà? «Secondo me è una Escort». Matt interrompe prepotentemente i miei pensieri. «Come dici scusa?», rispondo, facendo finta di non capire. «Quella donna in compagnia del damerino, ha l'aspetto di una Escort». «Non credo Matt, figuriamoci, non mi sembra il tipo d'uomo che va a prostitute». Bevo un sorso d'acqua visibilmente nervosa e infastidita dal commento di Matt. «E se anche fosse? Perché ti dà così fastidio quello che ti ho appena detto?». «Ma che dici, non mi dà fastidio, è assurdo!». «Se è tanto assurdo perché continui a guardare nella loro direzione?». «Ma così, sono solo curiosa». «Non mentirmi Olivia, ho capito che ti piace quello. Non prendermi in giro e non negarmi almeno la possibilità di essere geloso». Lo guardo e per la prima volta in vita mia non so davvero cosa dire. Questa serata non poteva iniziare e finire peggio di così. Matt paga il conto, ci alziamo dal tavolo e ci allontaniamo. Sento gli occhi di Zachary sempre su di me nonostante non lo stia guardando. Matt mi lascia al magazzino e mi saluta con un bacio sulla guancia un po' forzato e posso anche capirlo. Mi ritrovo, così, di nuovo sola con il mio pigiama a girarmi e rigirarmi sul mio
scomodo materasso, senza avere alcuna voglia di dormire. Troppi pensieri... L'unico modo per sentirmi un po' meglio è aprire quella valigetta e tirare fuori qualcosa di veramente prezioso per me e che da molto, troppo tempo, i miei occhi non vedono, ma il mio cuore conserva sempre in sé. Mi alzo, la sfilo da sotto la brandina che sorregge questo vecchio materasso, la apro e il mio viso si illumina di nuovo. Mi tolgo il pigiama, indosso il body, la calzamaglia, mi acconcio i capelli in un approssimativo chignon e le indosso… Indosso le mie bellissime punte rosa, un po' sgualcite, ma che tanto mi ricordano quei giorni insieme alle mie compagne di corso. Le prove, i saggi, l'emozione del palco e i miei genitori sempre presenti. Accendo la musica e comincio a danzare, facendomi avvolgere dalle emozioni, sentendomi, così, un po' meno sola.
Capitolo 27
ZACHARY
Sono davvero fuori di me. È tutto dannatamente e fottutamente sbagliato! Dovevo esserci io a quel tavolo lì con lei, dovrebbe esserci lei qui con me nel mio letto a urlare il mio nome mentre la faccio venire, dovrebbe essere lei a tirarmi forte i capelli mentre mi dice di non smettere mai, dovrebbe esserci lei a dormire con me e la terrei stretta tutta la notte. So che sarebbe bellissimo! Dovrei portarla via da quel posto in cui vive adesso. Il solo pensiero di saperla lì mi uccide, cristo! Sono un bastardo, un fottutissimo bastardo, me ne rendo conto e non posso fare nulla per cambiare le cose. La farei soffrire e non si sentirebbe se stessa con me, nel mio ambiente e io non mi adatterei mai al suo modo di vivere, perché è inconcepibile per me. «Non posso fare a meno di chiedermi a cosa stessi pensando mentre facevamo l'amore Zachary». Mi sento già uno schifo e mi chiedo anche come ho fatto a prenderla così, per tutta la notte, come un animale. O forse lo so, vedevo il suo viso e immaginavo ci fosse lei sotto di me, sono ridotto male, davvero male. Con uno scatto felino mi sollevo dal letto e tiro su Serena per le spalle stringendo forte: sento i miei occhi iniettati di sangue. «Fare l'amore dici? Mi fai davvero ridere, sai? A quanto pare non sono stato abbastanza chiaro con te: non stavamo facendo l'amore e non sai neppure cosa significhi farlo». Mollo la presa mentre continua a guardarmi sconvolta. «Purtroppo neanche io so cosa significhi e se continuerò così, mai lo saprò». Mi alzo dal letto e mi accendo una sigaretta; credo che mi fumerò tutto il pacchetto stamane. Serena mi raggiunge.
«Lo so come sei Zachary, ma non ti ho mai visto così strano! Il sesso tra di noi è sempre stato fantastico, ma non so...stanotte mi hai trattata diversamente. Eri così coinvolto emotivamente, ti ho sentito anche con il cuore». Sorrido e tiro un'altra boccata di fumo. «Vuoi sapere la verità Serena?». «Certo, voglio che tu ammetta che inizi a provare qualcosa per me. È evidente, non puoi negarlo. Ti comporti in modo strano perché sei spaventato nel sentirti innamorato, posso capirlo! Per te è tutto nuovo». Mi giro e la fulmino con lo sguardo. «Io non ti amo!». «E allora perché stanotte mi hai fatta sentire così speciale?». «Non stavo facendo l'amore con te, in realtà. Ti guardavo e vedevo un'altra. Una ragazza bellissima e dolcissima dai capelli rossi. Immaginavo ci fosse lei al tuo posto, con tutto me stesso. Ero talmente coinvolto dal pensiero di lei che ho quasi creduto che fosse con me, a godere insieme a me, veramente. Questo è quanto». Mi giro di nuovo verso la finestra. «Ma di cosa parli? Chi è questa ragazza? Aspetta un momento...Hai detto con i capelli rossi? Mi ricordo di una ragazza così che continuavi a osservare con la coda dell'occhio al ristorante. Era insieme a un altro. Che stupida che sono! Pensavo che la guardassi perché vestita in quella rozza maniera. Ma che ti succede? Come fai a essere preso da una nullità del genere?». «Questo non è affar tuo e, a quanto pare, ti sei nuovamente illusa di qualcosa che non potrà mai esserci tra noi. Mi spiace per te». Mi batte i pugni sul petto molto forte. «Stammi a sentire brutto stronzo! Se credi di potermi paragonare a quella feccia ti sbagli di grosso. Preferire una come lei a me? Devi essere impazzito! Cadrai molto in basso ed io aspetterò con impazienza quel momento, stanne certo!». Serena se ne va di nuovo, lasciandomi qui, assorto nei miei pensieri a
domandarmi, per la prima volta in maniera davvero conscia, se veramente tutte le scelte e le decisioni che ho preso fino ad ora nella mia vita, siano giuste davvero. Spengo la sigaretta nel posacenere, mi siedo sul letto e prendo il cellulare per vedere se ci sono chiamate. Avevo inserito la modalità silenziosa e solo ora mi accorgo di avere sul display quattro chiamate di mia madre. Strano, che diavolo sarà successo? La chiamo immediatamente. «Mamma, scusami, vedo solo ora le chiamate». Sento una breve pausa dall'altra parte del telefono. «Zac». Lei mi chiama sempre così. «Devi venire subito qui da noi, è successa una cosa». Mi sembra impossibile, non lui! Preparo immediatamente la valigia, chiamo Dominique per dirgli che dovrò stare via qualche giorno. Domani partirò per la Scozia.
Capitolo 28
OLIVIA
Ci diamo tutti appuntamento dal parcheggio dell'aeroporto di Heathrow. Ognuno di noi sarà vestito come un comune cittadino che è in partenza e aspetta il proprio volo. Chi con la valigetta da lavoro in giacca e cravatta, chi con un finto marsupio a mo' di mamma, chi seduto mentre legge un libro o un giornale, insomma: per mischiarci tra folla di persone, senza destare nessun sospetto e animarci improvvisamente come perfetti soldatini. Io e Savannah saremo le uniche a toglierci questi vestiti da collegiali di dosso, avendo già sotto il nostro meraviglioso tutù nero molto dark. Jordan, l'addetto alla consolle, sarà ben nascosto e farà partire la musica. Tutto è stato studiato nei minimi dettagli. Questa volta, a differenza del flash mob del centro commerciale, è davvero
inaspettato per le persone che avremo intorno. Nessun sospetto. Ci sparpagliamo mentre entriamo all'aeroporto e ognuno va alle proprie postazioni. Io e Savannah ci avviciniamo alla pedana posta all'angolo del checkin, ringraziando il cielo che non vi siano sopra, al momento, dei cartelloni pubblicitari, altrimenti avremmo dovuto spostarli. Da qui abbiamo un'ottima visuale. «Olivia?». «Dimmi Savannah». «Volevo solo dirti che ti voglio bene e sono felice di condividere questa cosa con te, davvero». Le sorrido emozionata e la abbraccio con affetto. «Anche io ti voglio bene, è soprattutto grazie a te se mi sento meno sola qui». «Capisco quello che provi. Per quanto mi sforzi di apprezzare appieno tutto ciò, la mia danza mi manca moltissimo. Mi manca il teatro e il calore che emana. Mi manca il sipario di broccato rosso e le luci della ribalta». «Moltissimo anche a me. Non sei sola». «Direi di no». «Pronta?». «Prontissima, andremo alla grande». Strizzo l'occhio alla mia nuova più cara amica. Siamo tutti pronti e la musica comincia con una melodia molto lenta. Due alla volta i ragazzi e le ragazze del gruppo cominciano a muoversi, facendo finta di guardarsi intorno come se non sapessero dove si trovano. Chi posa la valigetta a terra, chi il giornale sulle sedie della sala d'aspetto, chi sgancia il marsupio da mamma. Persone normalissime che, all'improvviso, cominciano a fare cose strane. La danza è soprattutto recitazione e loro sono bravissimi.
Quando tutti si ritrovano al centro, posizionati in linee perfette e con addosso gli occhi dell'inconsapevole pubblico esterrefatto, la musica cambia e Matt e Donovan appaiono in tutto il loro splendore a tempo di free style. Sono a dir poco sensazionali! E non posso fare a meno di notare lo sguardo di Savannah mentre osserva Donovan con gli occhi a cuore. La gente è subito in delirio, non mi aspettavo un pubblico così caloroso in aeroporto dove, di solito, tutti sono incredibilmente di fretta. Ci siamo, è il nostro momento: saliamo sulla pedana, ci togliamo i completi da collegiali e i finti occhiali da vista, con fare sexy. Urla, fischi e incitazioni, tutte per noi. Ma quando ci troviamo con il nostro bellissimo tutù nero e cominciamo a ballare un pezzo classico su di una musica, ora fattasi hip hop, gli applausi e i BRAVEE della gente ci fanno sentire ancora più sicure nel continuare. Mi sento bene, è come se volassi. La danza è la mia vita e nulla potrà cambiare ciò. Scendiamo dalla pedana per raggiungere gli altri e unirci a loro in una incredibile coreografia di gruppo. Oggi siamo tutti e cinquanta e l'effetto è meravigliosamente devastante. Non appena finiamo il nostro spettacolo, ognuno nella propria posizione, ci uniamo pian piano in una fila perfetta e ci prendiamo la mano per fare un bell'inchino a questo pubblico meraviglioso, al quale abbiamo regalato un momento di spensieratezza. Anche io mi sento spensierata, ma poi la mia attenzione si riversa in un'unica direzione. Zachary è qui e mi guarda. Tiene la maniglia del trolley nella mano destra. Nessun dettaglio su di lui può sfuggirmi. Rimaniamo così, ancora un po', finché non si allontana. In questo preciso istante vengo colta dall'irrefrenabile impulso di correre da lui, anche solo per sapere dove sta andando e lo faccio. Abbandono tutti per un attimo, non preoccupandomi minimamente di dare alcuna spiegazione, ci penserò dopo. Comincio a correre forte con la paura di non riuscire a raggiungerlo, viste le ampie falcate con cui cerca di raggiungere l'imbarco, come per scappare da me il più velocemente possibile. Manca così poco perché mostri il biglietto e una volta che sarà entrato in quel tunnel non potrò più raggiungerlo e, molto probabilmente, non saprò mai più nulla di lui. «Zachary!!!». Lo chiamo a voce alta, quasi urlando, devo essere impazzita. Lui si ferma di colpo ma continua a darmi le spalle. Ancora un o e lo
perderò definitivamente, me lo sento. Rallento, sino a trovarmi dietro di lui. «Zachary». Questa volta il suono della mia voce è un lieve sibilo. «Dove stai andando?». Lascia la maniglia del trolley e finalmente si gira verso di me. «Perché dovrebbe interessarti?». Non so cosa rispondere, mi limito a guardarlo negli occhi. «Starò qualche giorno in Scozia dalla mia famiglia...Sei bellissima e quando balli...so solamente che rimarrei ore o addirittura giorni a guardarti». Gli sorrido. «Dici davvero?». «Dico davvero». «Ora te ne andrai di nuovo, ma sento che non ti rivedrò più. Abbiamo giocato troppo con le coincidenze». «Tu dici Olivia? Io non so più cosa pensare, invece». «Neanche io, a dire il vero». Si stropiccia gli occhi con un gesto dell'indice e il pollice e poi mi guarda di nuovo. «Dammi un motivo, mia bellissima pel di carota, per il quale noi non dovremmo stare insieme. Io ne ho molti da elencare, ma voglio sentirne, almeno uno, da te». Mi faccio seria e quasi non posso credere a quello che sto per dire. «Io posso solo elencarti i molti motivi, invece, per cui noi dovremmo stare insieme». Continuiamo a fissarci ma, ad un certo punto, la hostess incita Zachary a muoversi, altrimenti perderà il volo. Così, senza neppure pensarci, mi avvicino, prendo il suo bellissimo e rude viso tra le mani e lo bacio a fior di labbra. Mai
bacio più casto, mi è sembrato più ionale e pieno di...amore? Non so... Prende il suo trolley, si gira e lo trascina via con sé.
Capitolo 29
ZACHARY
Mi ha baciato e io non ho capito più nulla. Un bacio dolcissimo e semplice, ma che ha creato in me un groviglio allo stomaco difficile da gestire. Mi sento così vuoto... Salgo sul mio volo senza più guardarmi indietro, ma il pensiero di lei, così bella mentre danza, non mi abbandona per tutto il viaggio. Non appena scenderò da questo aereo non avrò più tempo di pensare a Olivia e da una parte ne sono felice. Quando ho ricevuto la telefonata di mia madre, in cui mi diceva che mio padre ha avuto un infarto, non ho potuto far altro che prendere il primo volo per la Scozia. Ora è in ospedale e sembra fuori pericolo, ma lo spavento è stato davvero molto. Soprattutto per mia madre e mia sorella minore Julie, che erano lì con lui in quel preciso istante e lo hanno visto accasciarsi a terra, così, come se nulla fosse. Per qualche giorno starò con loro e, per fortuna, l'udienza in tribunale è stata spostata alla prossima settimana, altrimenti avrei dovuto, per forza, farmi sostituire. Sono un insensibile bastardo con chiunque, ma per la mia famiglia ci sarò sempre, costi quel che costi. Non posso fare a meno di chiedermi perché tutto mi stia capitando adesso, proprio quando sto per diventare socio dell'azienda per cui lavoro. L'incontro con Olivia, l'infarto di mio padre... Mi sento come se tutto mi girasse intorno e non potessi far nulla per fermare questo vortice. Non sono abituato a non avere il pieno controllo di me. Scendo dall'aereo, ritiro il mio bagaglio e, non appena metto piede fuori dall'imbarco, la mia sorellina tutto pepe mi salta al collo come una scimmietta.
«Ciao piccola, che bello vederti». La stringo forte. «Ciao fratellone». Julie ha 17 anni ed è una grande apionata di recitazione. I miei genitori hanno sempre accontentato questa sua ione, permettendole di poter studiare teatro, con la promessa, però, che avrebbe terminato i suoi studi per poter così iscriversi all'università. «Come vanno le prove? Ho saputo che avrai una parte importante da interpretare». «Più che importante, sarò Giulietta, nella commedia di Shakespeare». Le bacio la fronte. Sono davvero orgoglioso di lei. «Come sta papà?», le chiedo, mentre ci avviciniamo alla macchina che ci sta aspettando fuori. «Meglio, ma è ancora molto debole. Che spavento Zac». Si rabbuia subito. Le cingo le spalle con un braccio per rassicurarla. «Lo so, ma non preoccuparti, ci sono io adesso». Saluto il fidato autista di mio padre e saliamo in macchina in direzione ospedale. Non appena arriviamo andiamo di corsa nella stanza in cui si trova mio padre. Quando entro mia madre mi viene incontro abbracciandomi e piangendo. Non li vedo da molti mesi e mi rendo conto che, oltre lo spavento, c'è anche l'emozione di incontrarmi. «Zac, ti trovo sempre benissimo». «Ciao mamma». Le bacio una guancia e mi avvicino subito a mio padre per vedere come sta. «Papà, come ti senti? Ci hai fatto prendere un bello spavento». Mio padre guarda mia madre con aria di rimprovero. «Charlotte, per dio, perché diavolo hai fatto venire qui Zachary per nulla. Lo sai
che è molto impegnato nel lavoro». «Ma Bill, come potevo non dirgli nulla! Ragiona, no!». «Non preoccuparti papà, pensa solo a stare meglio. Se non mi aveste detto nulla mi sarei infuriato sul serio e poi non ho udienze fino alla prossima settimana». Sbuffa esasperato. «Sarà, ma posso solo immaginare la mole di lavoro che grava su di te, specialmente ora che stai per diventare socio». «Ho tutto sotto controllo». Ringrazio il cielo di essere sempre piuttosto convincente in quello che dico, anche se io per primo non ne sono completamente sicuro. «Cosa dicono i dottori?», chiedo, rivolgendomi a tutti loro. «Hanno detto che deve mangiare meno e smettere immediatamente di fumare, cosa vuoi che dicano? Quello che da molti anni non faccio che ripetere io, ma senza essere ascoltata. A proposito, tu fumi ancora Zac?». Quando mia madre parte per la tangente è davvero difficile fermarla. «Per la miseria Charlotte! Il ragazzo è appena arrivato, vuoi lasciarlo respirare?». Il loro rapporto è sempre stato così, botta e risposta quasi da diventare ridicoli alle volte. Ma si amano molto e sono più simili di quel che può sembrare. «Vieni con me Julie, andiamo a prendere un caffè, così padre e figlio potranno un po' parlare tra uomini e sappiamo quanto a loro piace». Non posso non sorridere. Escono dalla stanza e rimaniamo soli. «Allora figliolo, parlando di cose interessanti, hai trovato finalmente una bella ragazza che riesca un po' a metterti in riga?». Questa è una vera e propria congiura contro di me, penso. «Sai come sono papà, credo che nessuna donna mai potrà rubarmi il cuore».
Mento, ma, come sempre, sono convincente.
Capitolo 30
OLIVIA
È andato via di nuovo come se nulla fosse e io continuo a pensarci. Non solo ho fatto una ridicola figura con i miei amici che mi hanno vista correre incontro a un uomo come fossi impazzita. Ho provato a spiegare, ma non credo che molti di loro abbiano compreso. Per non parlare di Matt, che da quel giorno è cambiato sul serio nei miei confronti. Non nego di esserci rimasta male, anche perché era stato lui a dirmi che, nonostante non fosse facile, si sarebbe rassegnato alla nostra pura e semplice amicizia. A quanto pare, invece, era solo per dire. Mi avvicino a lui dopo diversi giorni senza quasi rivolgerci la parola, se non per metterci d'accordo per le nostre prove settimanali. «Non abbiamo ancora parlato del flash mob all'aeroporto. È stato a dir poco incredibile!». «Sì, incredibile davvero!», mi risponde, palesemente scocciato. «Matt, per favore, non fare così!». «Così come Olivia?». Mi guarda in maniera davvero ostile. «Perché sei così arrabbiato con me? Non posso farci nulla se non riesco a ricambiare i tuoi sentimenti. Sei un amico molto caro e dio solo sa quanto vorrei amarti e stare con te. Vorrei provare quello che tu provi per me, ma i sentimenti non si comandano!». «Ti ho già detto che ho accettato la cosa, mi erà questa fottutissima cotta per te. Quello che invece non posso accettare è che tu, che credevo essere una bellissima e semplice ragazza, umile e di sani principi, si sta rivelando totalmente diversa».
Sono davvero spiazzata da quello che mi ha appena detto. «Ma di cosa parli? Sono sempre io: Olivia. E ti voglio bene, con tutto il mio cuore. Ci sarò sempre per te. Mi hai accolta nel momento in cui io ne avevo più bisogno». Avvicino una mano al suo viso, ma lui la spinge via bruscamente. «Come puoi esserti innamorata di un uomo che ti guarda come fossi spazzatura?». E allora capisco di cosa parla, ma, a dire il vero, non pensavo la cosa potesse farlo infuriare fino a questo punto. «Io non lo amo, lo conosco appena». «E allora, se non lo ami, spiegami perché i tuoi occhi brillano di una luce tutta nuova, solo nel parlarne». Abbasso lo sguardo per poi riversarlo nuovamente su Matt. «Non sono una che mente e non ti racconterò alcuna bugia. So che potrà sembrare strano ma provo qualcosa per lui e non posso soffocare questi miei sentimenti, solo perché appartiene a un mondo diverso dal mio». Matt mi guarda deciso. «Sappi che, quando distruggerà il tuo cuore in piccoli pezzettini, io non sarò lì a raccoglierli». Ma lui non sa che il mio cuore è già in frantumi…
Capitolo 31
ZACHARY
Mio padre sta un po' meglio, ma dovrà rimanere in ospedale ancora qualche giorno ed io mi sento più tranquillo. Sono tornato a Londra: non potevo
permettermi altri giorni di assenza sul lavoro. Ho pensato molto a Olivia, a quanto poco la conosco ma, nonostante tutto, ai sentimenti che provo per lei...Sì, avete capito bene! SENTIMENTI... Questi maledetti bastardi ti si insinuano dentro come vermi in un cadavere e divorano ogni parte di te senza alcun ritegno. So che il paragone potrà sembrare alquanto macabro, ma è il meglio che posso fare! Da quando ho incontrato la mia bellissima pel di carota dico un sacco di parolacce, sono diventato per certi versi spiritoso, sorrido spesso, cosa che prima non facevo mai, ogni tanto mangio hamburger e patatine, salto qualche corsa mattutina al parco e, la cosa peggiore, cosa che quasi non avevo rivelato neppure a me stesso, tengo sotto il cuscino una sua fotografia. Ebbene sì! Vi starete chiedendo dove e quando diavolo l'ho presa! Ma non sono ancora pronto a svelarlo, perché mi sento davvero ridicolo al solo pensiero. Sento sempre quelle due vocine su entrambe le spalle: quella di destra che mi incita a rimanere lontano da lei e quella di sinistra invece...Credo che per oggi ascolterò quella di sinistra e andrò a prendere quel che mi spetta di diritto!
Capitolo 32
OLIVIA
«Grazie Savannah, sto bene davvero. Va pure adesso, Donovan ti starà aspettando». «Sei sicura? Non vuoi che rimanga a dormire qui con te?». «No, davvero. Mi sento meglio, grazie di avermi ascoltata. Avevo proprio bisogno di parlare con qualcuno». «Quando vuoi Olivia, ci sarò sempre per te». «Idem», le rispondo.
«Prima che mi dimentichi: dai un'occhiata qui.». Fruga nella sua capiente borsa ed estrae un volantino. Lo prendo e leggo attentamente di cosa si tratta. «Il giorno 7 giugno 2010 si terranno i provini per il Musical Cats al The Queen's Theatre». La guardo negli occhi. «Non capisco…». «Oh, no, hai capito benissimo...Ora vado, ci sentiamo domani». «A domani». Rimango immobile con il volantino tra le mani.
Capitolo 33
ZACHARY
Ho studiato i fascicoli del caso Garret per tutto il giorno e sono assolutamente preparato. Lunedì andrò a parlare con il testimone dell'accusa e lo metterò alle strette. Sarà un piccolo avvertimento, niente di più. Gli farò capire che sarà meglio per lui dire tutta la verità in tribunale se non vuole che i suoi torbidi segreti vengano a galla. Basterà questo ad essere convincente. «Avvocato Collins, ancora in ufficio a quest'ora? Di sabato per di più!». Pablo, il simpatico e garbato signore delle pulizie, si avvicina a me. «Il mio lavoro non ha giorni e orari». «Io invece credo che se ogni tanto ci si distrae per concedersi una pausa, poi si riesca a lavorare ancora meglio». Mi incuriosisce davvero quest'uomo. «Quanti figli ha?», gli domando. «Ben quattro figli. Diana di 10 anni, Giorgia di 5, Lucas di 2 e Lidia di 4 mesi». Sono sconvolto!
«Non mi guardi così! Non è poi tanto male, sa?». «Be', è un bell'impegno». «Il migliore impegno, direi! Lei non ha mai pensato di mettere su famiglia, avvocato?». «Io? Con il mio lavoro? Sono troppo assorbito da quello che faccio. Non avrei proprio tempo di pensare a una famiglia». Scrollo il capo divertito, ma allo stesso tempo nervoso. «Peccato, sarebbe un papà bravissimo». «E cosa glielo fa pensare?». «Solo il suo viso sognante». Mi saluta e torna al lavoro. Ancora una volta ascolto un suo consiglio, oltre che l'irritante vocina alla mia sinistra: farò nuovamente un piacevole strappo alla regola, distraendomi un po' dalla mia vita precisa e ordinaria, anche se sono consapevole di quel che comporterà.
Capitolo 34
OLIVIA
Metto via il volantino e sorrido divertita: Savannah deve essere impazzita! Non parteciperò mai e poi mai ad un provino per Cats, non esiste proprio. Se penso a quanti ne ho fatti in ato, credo di aver perso il conto oramai. Mai una volta che ne fosse andato bene uno. Mi sono sempre chiesta: ma se davvero sono così brava come molti mi hanno sempre detto, perché non basta il mio sudore e il mio impegno per realizzare i miei sogni? Guardo la mia immagine riflessa in questo enorme specchio che Matt e Donovan hanno montato qui, per
far sì che almeno io e Savannah, da brave ballerine classiche, potessimo esercitarci un po' di più nello stile che tanto amiamo, per non dimenticare. Perché oramai di questo si tratta: non dimenticare... Indosso il mio vecchio body nero e le mie amate punte, metto una musica dolce e sensuale, che tanto ricorda un tango e comincio a muovermi a tempo. Continuo, poi, con i miei esercizi, tenendomi a questa improbabile sbarra che sta appesa agli specchi per miracolo, come una vera e propria ballerina classica. Sento un po' di dolore agli alluci, ma è del tutto normale indossando le punte così saltuariamente. Provo e riprovo diverse volte le piroette alternate ai fouetté e cado, molto, troppo spesso. Accidenti! Motivo in più per stare alla larga da quel maledettissimo provino. Continuo a ballare e a provare con insistenza fino a sentirmi stremata e poi sento bussare forte sulla saracinesca. Spengo subito la musica chiedendomi chi possa essere. Mi avvicino. «Matt, sei tu?». «No, non sono quel cazzo di Matt, apri!». Per poco il mio cuore non cede. «Zachary…». «Olivia, apri per favore, ho bisogno di vederti». Questa è una situazione già vista e ricordo bene come sia finita: mi ha lasciata un vuoto profondo. «No, perché già so che te ne andrai di nuovo, quindi ti risparmio la fatica di esibirti nel tuo teatrino. Puoi andare via subito». Lo sento sospirare forte. «Non me ne andrò, invece, neppure se sarai tu a cercare di mandarmi via. E questa volta dico sul serio!». Non controllo più la mia mente perché desidero con tutto il cuore vederlo. Sto ferma immobile per molti minuti che sembrano infiniti. Lui è sempre lì, dall'altra
parte. «Starò qui fuori tutta la notte se sarà necessario, prima o poi dovrai uscire di lì». Mi faccio coraggio e apro. Quando me lo trovo davanti mi viene una gran voglia di gridare forte, perché un uomo così bello, intenso e arrogante non può davvero essere entrato nella mia vita. Ma perché tutto sta andando in direzioni così diverse da come pensavo? Noi siamo davvero artefici del nostro destino? Non ho più risposte... Viene avanti, si gira e chiude la saracinesca alle sue spalle. Ora la sua attenzione è tutta su di me. Mi guarda con una tale intensità e un totale desiderio da farmi sentire spiazzata. E per una come me, abituata a non provare il minimo imbarazzo in nessuna situazione, è davvero destabilizzante. Ma MI PIACE! Mi piace da impazzire e mi fa sentire viva e bellissima. «Balla per me», sussurra appena, avvicinando le labbra alle mie e cingendomi la vita con le mani. E io lo voglio, davvero! Desidero ballare per lui. Gli accarezzo il viso e mi allontano per accendere la musica. Il tango bellissimo e sensuale ricomincia ed io, insieme a lui, riprendo la mia danza, esattamente da dove l'ho lasciata. Zachary si avvicina e si appoggia allo specchio, facendo scivolare la schiena per sedersi a terra e mi guarda. Non toglie mai i suoi bellissimi occhi verde bosco da me ed io mi sento di nuovo più sicura. Danzo per lui senza pensare a nulla, senza pensare a quello che il futuro ci riserverà, sempre che potrà esserci un futuro per noi. Ma in questo momento non mi importa, voglio solo vivere questa magia, non pensando a quando finirà.
Capitolo 35
ZACHARY
Sono qui seduto, in questo lugubre e grande magazzino, illuminato da una fioca luce e qualche candela. La mia bellissima ballerina sta danzando per me. Dio mio! Tutto questo sarà il mio inferno o il mio paradiso? Da come mi sento adesso, opterei per la seconda ipotesi. Ho deciso di provare a lasciarmi andare, forse Pablo ha ragione: qualche piacevole distrazione, ogni tanto, potrebbe farmi sentire meglio, anche per quanto riguarda il mio lavoro. Il fatto è che Olivia non è una semplice distrazione, ma qualcosa di più, ed io non sono pronto a tutto ciò. Adesso, però, non voglio tormentarmi più con tutti questi pensieri: la sto guardando danzare e il mondo intorno a me si è fermato. Nessuna causa in tribunale, nessuna serata importante con i colleghi dello studio avvocati, nessuna di quelle donne che ora vedo come riprovevoli e insignificanti, ma solo la mia bellissima pel di carota. Quando la musica finisce rimane immobile al centro con lo sguardo rivolto verso il basso. La sento tesa ed anche io lo sono. Sarà mia per tutta la notte e nessuno potrà fermarmi. Mi alzo da terra e la raggiungo. La sollevo per la vita e la mia dolce ballerina non ci pensa due volte ad avvinghiare le sue bellissime gambe da amazzone intorno al mio bacino. Cominciamo a baciarci con forza. Siamo così maledettamente eccitati che se non ci daremo una calmata, rischieremo di farci male sul serio. Non ho mai desiderato nulla, così tanto, in vita mia. «Da questo momento Olivia sarai mia. Ti prenderò e ti venererò come mai nessun altro. Ti marchierò così che tu non possa mai dimenticare, sono stato chiaro?». Le sorrido a fior di labbra, prima di cominciare a succhiargliele e a baciargliele con brama e lei ricambia con tutta se stessa. «Dimmi che hai capito bene, piccola». Mi sorride a sua volta e da come mi prende il viso tra le sue mani per baciarmi ancora e ancora, non ho bisogno di
altro. Sono come una belva assetata di sangue e quando finalmente nessun indumento più ci divide e, molto delicatamente, sfilo via le sue scarpette, posso davvero ammirarla come si deve, in tutta la sua bellezza. Le sue meravigliose lentiggini...è proprio come immaginavo. La sua pelle al tatto è ancora più morbida e vellutata ed io continuo a toccarla e a baciarla ovunque. Voglio leccare e succhiare ogni centimetro di lei, sono assetato, come un vampiro che blandisce la sua preda, per rifocillarsi di tutto il suo nettare. Quando affondo in lei, così, all'improvviso, sbarra gli occhi accogliendomi in tutto il suo calore. Si muove insieme a me in una danza lenta e sensuale, mi viene incontro con il suo bacino e questo mi fa capire quanto desidera quello che le sto facendo. Vuole essere scopata ed io voglio scoparla, voglio sentirla urlare. «Zachary...». L'unico suono che esce e che voglio che esca dalla sua bocca, «continua ti prego». Ed io non me lo faccio dire due volte. «Sappi, mia piccola ballerina», le dico tra un respiro affannato e un altro, «che questo è solo l'inizio. Come ti ho già detto: con me sarai al sicuro, piegata in due dal piacere e non dal dolore». Le sue unghie piantate nella schiena e le nostre urla liberatorie ne sono la conferma.
Capitolo 36
OLIVIA
Con quali parole potrei descrivere quello che stiamo facendo? Non è solo sesso, non è solo fare l'amore, non è solo godere, è molto, molto di più...
È essere completamente perso, uno nell'altra. È sentirsi come creta, quando viene modellata. È sentirsi come l'acciaio, mentre viene scaldato e, inevitabilmente, si fonde. È come una pietra grezza che viene lavorata, trasformandosi in un gioiello prezioso. Ed io non posso fare a meno di sentirmi come un qualcosa di prezioso tra le sue braccia forti, mentre il suo corpo caldo si muove insieme al mio. «Zachary...continua ti prego...». La mia è come una disperata richiesta. Vorrei stare così per sempre e continuare a godere di questi attimi. Ora che sto toccando il cielo con un dito, come mi sentirò, dopo? Lo so come mi sentirò, purtroppo: starò ancora peggio di prima. Il piacere cresce dentro di me sempre di più. Quasi non riesco a sopportarlo e così, quando esplodo completamente, afferro la sua schiena con le mani, sino a sentire le mie unghie piantate nella sua carne. Ci guardiamo, poi, per qualche secondo, immobili e completamente appagati dal sesso. Una goccia di sudore cade dalla fronte di Zachary, proprio sul mio viso, vicino all'angolo della bocca e lui mi bacia proprio lì con dolcezza e, subito dopo, si sposta al centro della mia bocca con infinito trasporto. Mi sta scoppiando il cuore, lo sento battere così forte contro il petto di Zachary che potrebbe quasi sfondare la sua cassa toracica. Mi viene da sorridere solo al pensiero. «Cosa ti diverte tanto, mia bellissima pel di carota?». «Sai che il modo in cui mi chiami, detto da te, risulta piuttosto sexy?». «Non avevo dubbi», risponde sorridendo, con il suo solito modo di fare, che inizio a trovare, forse, divertente. «Non hai risposto alla mia domanda, però». «Pensavo solo che il mio cuore batte troppo forte contro di te e non vorrei che uscisse e sfondasse la tua cassa toracica». Si siede, non può farne a meno, visto che comincia a ridere di gusto. «Tu, mia bella ballerina, da quale fumetto sei uscita?». Mi metto seduta coprendomi con il lenzuolo. «Sono stata mandata dal pianeta Triex per una missione: sconvolgere un po' la
tua vita troppo rigida». Gli faccio l'occhietto. «Oh, se è per questo, la tua missione è stata compiuta. Da quando ti ho incontrata ho cominciato a mangiare panini, a bere coca cola, a non guardare ogni momento l'orologio per controllare di essere sempre puntuale in qualsiasi situazione e, anche sul lavoro, sento di essere spesso distratto». Ora, però, si fa un po' più serio e così anche io. «Se ti può consolare, anche io mi sento abbastanza sottosopra». Mi guarda, si solleva dal letto e si rimette i boxer. Prende i pantaloni da terra e guarda dentro le tasche. «Cazzo». «Cosa cerchi?», gli domando. «Ho lasciato a casa le sigarette». «Meglio così, non dovresti fumare». «Ma certo mammina». Mi sorride e, come spesso fa, mi strizza l'occhio. È un gesto così banale, ma fatto da lui mi fa perdere completamente i sensi. Si siede vicino a me sul bordo del letto e, vista la sua espressione poco rassicurante su quello che, suppongo, sta per dirmi, mi rannicchio ancora di più. «Ascolta Olivia, io sono molto impegnato nel mio lavoro, soprattutto in questo periodo e devo essere molto concentrato. Tu mi piaci molto e anche se ancora mi riesce difficile accettare il fatto di essere coinvolto da te, non riesco a farne a meno. Penso che anche per te sarà la stessa cosa. Siamo molto diversi e io non posso prometterti nulla se non momenti piacevoli da are insieme». Non mi è piaciuto molto quello che mi ha appena detto, nonostante mi renda perfettamente conto che non potevo di certo aspettarmi molto di più, da uno come lui. «Capisco perfettamente, tu vuoi soltanto vedermi ogni tanto per scopare, giusto?». «No, non hai ben inteso quello che voglio dirti. Certo che voglio are ogni momento libero in un letto con te, sarei un pazzo altrimenti». Mi scappa un sorriso. «Voglio poterti frequentare, andare a cena e, perché no, farti conoscere
un po' il mio mondo, se ti va». «Mi va di conoscere il tuo mondo, ma quello che mi chiedo è: a te va di conoscere il mio?». Si alza di nuovo dal letto dandomi le spalle per qualche secondo e poi si gira di nuovo verso di me. «Quale mondo Olivia?». E quando mi chiama per nome la conversazione imminente non preannuncia nulla di buono. «Un mondo in cui vivi in un magazzino, balli senza nessuna regola in centri commerciali o aeroporti e frequenti locali di dubbio gusto in cui poi ti cacci nei guai? Per non parlare dei tuoi amici e di quel Matt». «Praticamente mi stai dicendo che io dovrei provare a conoscere il tuo mondo e la tua quotidianità, ma tu non farai altrettanto con me?», domando, visibilmente irritata. Ma poi, di cosa mi stupisco. È pur sempre un burbero e insopportabile stronzo, che però bacia come un dio e mi fa sentire gelatina...e con cui ho appena fatto l'amore, accidenti! «Detta così piccola, non suona come una cosa terribilmente giusta». «Perché non lo è giusta, irritante presuntuoso che non sei altro!». Mi ritrovo in piedi sul letto senza neppure accorgermene. Mi sorride e si avvicina con uno scatto felino, ma io cerco di scappare per non farmi prendere. Ha una bella faccia tosta. Salto giù dal letto ma, essendo notevolmente più piccola di lui, mi cattura subito sollevandomi da dietro per la vita, mi butta sul letto cominciando a farmi un solletico disarmante e di nuovo, come in una meravigliosa favola, mi bacia. «Andiamo per gradi bambina: io cercherò di essere presente, come meglio posso, in qualche tua ridicola situazione, con quei tuoi amichetti strambi che saltano come grilli e che ancora hanno la bocca sporca di latte e tu, mia bellissima ballerina pel di carota piena di lentiggini, farai lo stesso con me durante alcuni dei miei barbosi impegni. Per il resto...solo molto, molto piacere...», mi dice, mentre pian piano scivola giù, apre le mie gambe e affonda il suo viso tra il mio calore...
Capitolo 37
ZACHARY
Proprio come immaginavo: è stato bellissimo svegliarmi con Olivia tra le braccia, baciarla e parlare con lei del più e del meno. Le ho parlato un po' del mio lavoro, della salute precaria di mio padre che mi ha portato in Scozia per qualche giorno e se ripenso a come mi ha abbracciato forte, mi commuovo. Poi, non appena mi sono reso conto di essermi lasciato andare completamente dentro di lei, mi ha rassicurato sul fatto che prende la pillola. Come ho potuto non pensarci? Mi ha stregato e fatto qualche incantesimo, non vi è altra spiegazione per la mia totale irresponsabilità improvvisa! Oppure, semplicemente, non me ne importava nulla in quel momento. Ho cercato di sapere più cose possibili sul suo conto, ma ho notato che è restia a parlarne. Mi ha solo detto che ha studiato danza per diversi anni, ma il vero motivo che l'ha spinta a condurre questa vita un po' nomade, non mi è ancora molto chiaro. Non ha accennato nulla neanche dei suoi genitori ed io non ho insistito. Sarei rimasto lì con lei, dentro di lei, per tutto il giorno, ma non ho potuto, perché anche di domenica il mio lavoro chiama. Infatti, sono tristemente seduto alla scrivania di casa mia, con una montagna di fascicoli sottomano, accorgendomi che la causa del signor Garret è ben più complicata di quello che pensavo. Avrò una settimana da incubo, ma ho promesso alla mia pel di carota e a me stesso che l'avrei chiamata uno di questi giorni, per portarla a cena. Se penso anche a come è brava, se vuole, a rigirarmi come un calzino... Sono davvero io quello che ha detto sì alla sua assurda richiesta? E per assurda richiesta intendo dire che avrei ato momenti con lei nel suo strambo mondo senza regole. Vedremo... Per ora, però, la cosa di fondamentale importanza è che vada via subito da quel magazzino abbandonato, non voglio che stia lì e, se sarò costretto, la porterò via con la forza. Mi ha promesso che da domani avrebbe cominciato a cercare un
appartamento, spero lo trovi velocemente altrimenti ci penserò io, ovviamente! Prima di andare in tribunale per la seconda causa, erò a casa del testimone per fare due chiacchiere con lui. Non dovrei, ne sono perfettamente consapevole, ma un buon avvocato, un avvocato che davvero vuol fare bene il suo lavoro e difendere nel migliore dei modi il proprio cliente, deve per forza aggirare un po' il sistema. Ma questo perché è tutto sbagliato! La legge dovrebbe essere uguale per tutti ma, purtroppo, non sempre è così. Come già ho detto, molto spesso mi sono trovato a tirare fuori di galera personaggi non molto raccomandabili e colpevoli del reato commesso e mi rendo conto non sia giusto. Ma quando decido di occuparmi di un cliente ho il dovere preciso di tirarlo fuori dai guai, ne ho piena responsabilità e non posso permettermi di giudicare il fatto commesso, perché, se così fosse, non dovrei di principio farmi carico del caso. Se voglio diventare un avvocato ancora migliore di quel che sono, questo è quanto: prendere o lasciare, ed io non lascio.
Capitolo 38
OLIVIA
Sento ancora il suo odore su di me, ed è una sensazione impagabile. Ho bisogno di parlare di quello che provo, perché mi fa tanta paura. Non mi piace farmi vedere fragile e spaventata e tendo a tenere tutto dentro, proprio come ho fatto questa mattina presto con Zachary. Abbiamo fatto l'amore più e più volte, sino ad addormentarci stremati. Quando ci siamo svegliati lui è rimasto ancora un po' qui con me, non è scappato via e la cosa mi spiazza, nonostante mi renda felice e appagata. Non è facile da capire il mio Zachary, per niente. Quante volte avrei voluto prenderlo a sberle per la sua faccia tosta, ma poi penso che sia fatto così, è il suo modo di essere, come io ho il mio modo di essere, e forse è per questo che mi sento così perdutamente attratta da lui. Non ha paura di dire ciò che pensa e in questo senso anche io sono così, solo che abbiamo due modi differenti di vedere e affrontare la vita.
Chiamo Savannah, per chiederle se ha voglia di are la giornata con me. «Ciao Olivia, ti stavo pensando. Oggi Donovan è impegnato, cosa ne dici di pranzare assieme e andare a Camden Town a vedere qualche negozio?». «Siamo telepatiche, a quanto pare. Dico che è un'ottima idea. Ho anche voglia di fare compere». «Dici davvero? Oh, allora tra ieri sera e oggi deve essere successo qualcosa...». Mi prende un po' in giro, perché sa benissimo che non sono una spendacciona. «Sì, in effetti... ti racconto tutto quando ci vediamo». «Ok, anche se un vago sospetto ce l'ho. Ci vediamo tra un'ora da te». «Perfetto, a dopo». Quando arriva prendiamo la metropolitana, scendiamo a Soho e ci addentriamo nel quartiere di China Town per abbuffarci di involtini primavera e sushi. «Non lavori oggi, Olly?». «Comincio alle cinque e faccio chiusura. A proposito, se ti interessa posso parlare con il mio capo, assumono altro personale». «Dici davvero? Non molto tempo fa girai tutti i Pizza Hut di Londra lasciando curriculum, ma nulla da fare». «Due ragazzi che lavorano da me vanno via. Davvero, non mi costa nulla mettere una buona parola per te». «Grazie, mi farebbe proprio comodo arrotondare un po'. Quelle poche ore che faccio come insegnante di danza non mi permettono di guadagnare un granché». «Posso immaginare». «Allora amica, cosa è successo ieri sera, dopo che me ne sono andata, da farti venire un'irrefrenabile voglia di fare shopping?». «Zachary è venuto da me».
«Mhmm, capisco e...». «E... abbiamo fatto sesso». «Bingo! Lo sapevo! L'ho visto solo due volte e per poco, ma la tensione sessuale tra di voi era...WOW! Certo che quando lo saprà Matt...». «Non deve saperlo Savannah, anche perché non c'è nulla di serio». «Ti ha detto, per lo meno, che intenzioni ha?». «Vuole stare con me, are del tempo insieme e farmi conoscere un po' il suo mondo. Non è facile avere a che fare con lui, mi confonde parecchio». «Be', mi è bastato sentirlo rivolgersi a Matt in quel modo, anche se...». «Anche se cosa?». Savannah sospira fortemente. «Anche se non aveva tutti i torti». «Ho pensato la stessa cosa, comunque hanno sbagliato entrambi. Zachary non avrebbe dovuto rivolgersi a lui in quel modo e Matt non avrebbe dovuto reagire alla sua provocazione». «Ascolta Olivia, io non sono nessuno per giudicare e poi praticamente non conosco Zachary. Però se ti va di frequentarlo fallo, vada come vada. Non toglierti questa opportunità. Se ti piace è giusto così, non devi fasciarti le testa ancora prima di rompertela». «E infatti gli ho detto sì, ma gli ho fatto promettere che erà anche lui del tempo con me nel mio mondo». Savannah si fa subito seria. «Ne vedremo delle belle, allora». E credo abbia proprio ragione. Dopo esserci abbuffate di ogni ben di dio, paghiamo il conto, ci alziamo e prendiamo la metropolitana direzione Camden Town.
Ogni volta che metto piede in questo quartiere mi sento per davvero a mio agio. Qui non ci sono regole, ognuno viene vestito come più gli aggrada. Per non parlare dei banchetti e dei negozi che lo popolano. Credo che, per cominciare questa nuova avventura con Zachary, lo porterò qui. Scommetto che, anche se vive a Londra, non c'è mai stato. Non vedo l'ora di vedere la sua faccia disgustata. Verrà, non potrà dirmi di no. Mentre giriamo per i vari negozi penso a cosa potrei indossare per andare a cena con lui. Dove mi porterà? Spero in un posto non troppo chic, anche se, comunque, glielo devo dopo la cena da Pizza Hut, così saremo pari. Sembra quasi un accordo quello tra di noi: Io frequenterò il tuo mondo se tu frequenterai il mio! E, in un certo senso, un accordo un po' lo è, ma sembra divertente, almeno, lo spero.
Capitolo 39
ZACHARY
Sono un po' nervoso e la cosa non mi piace. Parcheggio la macchina di fronte alla casa del signor Northon, il testimone, scendo e, a o deciso, mi avvicino alla porta. È ancora molto presto, il sole è da poco sorto, ma non me ne importa nulla. Busso. «Ma chi diavolo è a quest'ora?». Sento dire dall'altra parte. «Signor Northon apra, sono l'avvocato Collins». «Cosa vuole da me? Se ne vada!». «Meglio per lei di no». Sento togliere il chiavistello dalla porta che magicamente si apre. Non avevo alcun dubbio. «Cosa vuole da me a quest'ora? Guardi che la faccio radiare dall'albo, sta commettendo un reato». Senza neanche ascoltarlo lo scanso ed entro. «Mi stia a sentire: se non vuole che le faccia domande personali sui suoi discutibili vizietti sessuali le conviene dire la verità. E cioè che il mio cliente è innocente». Lo vedo sbiancare, l'ho in pugno. «Non so di cosa stia parlando», mi risponde distrattamente. «E invece lo sa benissimo. Non vorrà per caso che si venga a sapere in tribunale quanto le piaccia intrattenersi con persone del suo stesso sesso. Certo, ognuno è libero di sfogare i propri appetiti sessuali come meglio crede, ma quando si ha
una moglie, tutto cambia e diventa sbagliato». «La prego no, non lo faccia!». «E allora, dica la verità. Ne va della vita di un uomo innocente! Se finirà in galera lo avrà per sempre sulla coscienza, è questo che vuole?». Si siede sul divano, appoggiando i gomiti sulle ginocchia e tenendo la testa tra le mani. «Non posso. Il mio futuro lavorativo dipende da loro e se non li aiuterò verrò licenziato». «Così preferisce mentire e rovinare la vita di un uomo innocente?». «Sì», mi dice, sollevando il capo e guardandomi negli occhi come se nulla lo scalfisse. Sono sconvolto, perché ho sempre pensato di essere un insensibile che non guarda in faccia niente e nessuno, ma questo supera di gran lunga ogni fattezza umana. Io non farei mai una cosa del genere. Lo lascio qui, assorto nei suoi sporchi pensieri e me ne vado. Lo farò nero in tribunale! Alle dieci in punto sono in aula e, per fortuna, Dominique non sarà presente a questa udienza. Mildred Durango entra sculettando, come la sporca sgualdrina che è, con il suo impeccabile tailleur e viene dritta verso di me. Si guarda un po' intorno come per vedere se nessuno stia ascoltando. Siamo faccia a faccia. «Ho una proposta interessante da farle, per quanto riguarda la causa, avvocato», mi dice, ammiccando come una vacca in calore. «Sentiamo». «Non qui, giovedì sera a cena». Non dovevo accettare, ma lo faccio e che dio mi maledica per questo.
Capitolo 40
OLIVIA
Sono ati tre giorni e ancora Zachary non si è fatto sentire. Certo, potrei chiamarlo, in fondo ho anch'io il suo numero. Ha detto che mi avrebbe chiamata, ma non ha precisato quando. Se ragiono razionalmente non posso non rendermi conto che tutto è sbagliato. Questi pensieri negativi verso di lui non dovrebbero esserci, non è da me e invece... So che sto per sbagliare, non dovrei prendere il cellulare e digitare il suo numero, ma ormai...troppo tardi! Risponde al secondo squillo. «Ehi, mia bellissima ballerina». «Ciao, scusa, spero di non disturbarti». «Niente affatto. Avevo detto che ti avrei chiamata io, mi dispiace». «Be', sì, in effetti». Mi rendo conto che rispondendo così o per la fidanzata gelosa. «Ho lavorato molto, ma mi farò perdonare. Venerdì sera a cena?». «Lavoro fino alle otto, ma dopo sarò libera». «Allora o a prenderti piccola. Mi manchi, non vedo l'ora di vederti». Mi lascia sempre più senza parole. «Anche io non vedo l'ora». D'altronde, cos'altro si può rispondere ad un'affermazione così? «Buonanotte mia bellissima ballerina». «Sogni d'oro Zachary».
Né un come stai o altro...Solo sentirsi per un appuntamento... Chiudo la chiamata e rimango per un breve momento assorta nei miei pensieri fino a che Matt si avvicina a me. «Era lui, vero?». Lo guardo con gli occhi spenti. «Ma certo che era lui, hai uno sguardo così triste». Avrei voglia di piangere e prendere a sberle Matt, ma non ha tutti i torti. o da una totale euforia, come la notte in cui abbiamo fatto l'amore e il ricordo di svegliarsi abbracciata a lui, alla tristezza per una sua chiamata promessa e che, invece, non è mai arrivata. «Va tutto bene Matt, possiamo continuare con le prove». Verso sera mangio qualcosa di veloce, come al solito, desiderando immensamente avere una cucina, anche piccolissima, per poter cucinare qualcosa di buono, proprio come mi ha insegnato mia madre. Mi ricordo che quando ancora ero molto piccola prendevo una sedia, la posizionavo al bancone vicino a lei, vi salivo sopra e stavo lì, anche per più di un'ora a guardarla cucinare e ad aiutarla come potevo. Mi ha insegnato molte cose, lei come mio padre. Mi mancano molto ma non ho il coraggio di chiamarli e mentire loro. Guardo il giornale degli annunci per vedere se trovo un piccolo appartamento da affittare a buon prezzo: ne segno diversi con l'evidenziatore. Sento una piccola fitta al cuore. Quando ho chiamato Zachary non mi ha neppure chiesto se avessi già iniziato a cercare un appartamento. Sapendo come tiene al fatto che io me ne vada via da qui al più presto, è davvero strano. O forse, sono io quella strana che si è illusa un po' troppo? Venerdì andrò a cena con lui e cercherò di capire un po' di più sulle sue intenzioni e sulle mie.
Capitolo 41
ZACHARY
Be', che dire, l'udienza in tribunale è stata un disastro senza neppure cominciare. Il testimone dell'accusa non si è presentato fingendo un'influenza, ma entrambi sappiamo il vero motivo: sta prendendo tempo sul da farsi dopo la mia visita mattutina. Così, l'udienza è saltata a data da destinarsi. Ed ora, sono qui a cena con l'avvocato Mildred Durango che, a quanto pare, ha deciso di sedurmi in tutti i modi possibili e farsi scopare per bene da me. «Zachary, possiamo darci del tu, visto che siamo in una situazione del tutto informale». «Meglio di no». La stronza non si aspettava una risposta del genere. «Certo che lei è proprio un bel tipo, sa?». «Così dicono», rispondo irritato. «Dunque, come le dicevo in tribunale, avrei una proposta da farle». «Sentiamo». «Potremmo fare un accordo tra di noi e nessuno verrebbe a saperlo». «Ma davvero? Sono proprio curioso». «Lei mi piace, e molto anche, e non mi va proprio di combattere questa causa che, con la fama che ha, perderò sicuramente. Quando, invece, potremmo are del tempo insieme in maniera molto più piacevole». La strega comincia a farmi piedino sotto il tavolo, fino a toccarmi il cavallo dei pantaloni. Che sgualdrina! «Credevo che anche lei fosse una delle migliori sul campo, ma a quanto pare non è così se preferisce non difendere un cliente con le unghie e con i denti, solo per farsi una sana scopata». «Oh, mi creda, io e lei faremmo scintille insieme. Ne varrebbe la pena. Non sarà una stupida causa a rovinare la mia carriera di avvocato, ce ne saranno molte altre e ben più interessanti di questa». È ancora peggio di quel che pensavo!
«Potrei parlare con il mio testimone e convincerlo a dire la versione di Garret e cioè che è stato solo un terribile incidente. I genitori di quell'uomo sono talmente anziani e ingenui che non opporrebbero resistenza e lei vincerebbe la causa velocemente». Le sposto il piede in malo modo dalla patta dei miei pantaloni. «Che incredibile stronza! A parte il fatto che il mio cliente è davvero innocente e quindi non deve convincere proprio nessuno della cosa», le dico, sporgendomi verso di lei, che è appoggiata con i gomiti sul tavolo, mettendo in mostra la sua mercanzia, «e poi, piuttosto che scoparti brutta sgualdrina, mi farei tagliare l'uccello. Ora si che ti do del tu volentieri». Mi alzo e le butto i soldi della cena sul tavolo. «Ci vediamo in tribunale», termino e me ne vado. Capitolo 42
OLIVIA
Sembro una ragazzina impacciata al primo appuntamento: assurdo davvero! Non appena me lo troverò davanti lo guarderò dritto negli occhi e gli dirò tutto quello che veramente penso su questa ridicola storia che abbiamo cominciato. Sempre che si possa chiamare storia. Ho comprato un vestitino, quel pomeriggio a Camden Town con Savannah, un vestitino nero e leggermente svasato di cotone che ho pagato una cifra ridicola. Lo indosso, metto un paio di orecchini a goccia e un bracciale intonato, lascio i capelli sciolti stupendomi di quanto siano cresciuti, visto che mi arrivano fino al sedere e, per finire, indosso le ballerine. Non posso mettere i tacchi perché, sfiga vuole, ho ancora gli alluci piuttosto doloranti a causa delle punte. Da una parte sono felice di farmi carina per un appuntamento, ma dall'altra spero che non venga vestito in maniera troppo formale, da damerino quale è. Chiudo l'armadietto dello spogliatoio a chiave, saluto le mie colleghe ed esco fuori dal locale.
Zachary è già qui, appoggiato al cofano della macchina, vestito in modo casual, ma sempre con la sua classe. Ha le braccia incrociate e mi sorride. Mi avvicino e...Vi ricordate quel discorso sul fatto che lo avrei guardato dritto negli occhi dicendogli di tutto? Be', non mi sembra il momento giusto... :-) «Ciao Zachary». «Ciao mia bellissima ballerina». «Mi sei mancato». Ops, questo non era in programma. «Vieni qui», mi dice con voce bassa e sensuale, allungando le sue mani verso di me. Ed io mi sento come una sirena attratta dal suono di una cornamusa. Mi avvicino e lui mi prende il viso tra le mani e comincia a baciarmi in maniera dolcissima, ma intensa. «Anche tu mi sei mancata e mi dispiace di non essere stato io il primo a chiamarti, ma sono stati giorni molto impegnativi. Mi perdoni?». E mi sorride come un cucciolo innocente. «Non importa, davvero». Mi prende la mano accompagnandomi al lato eggero, apre, mi fa salire e chiude la portiera. Nulla da dire sui suoi modi da gentiluomo. Sale a sua volta, mette in moto e partiamo. Stiamo in silenzio per qualche minuto, ma poi mi faccio coraggio e gli domando: «Dove andiamo?». Dalla mia espressione capisce subito che sono un po' nervosa, ma sa anche che non posso dire di no. «Ho prenotato un tavolo in un ristorante molto grazioso con vista Tamigi e ruota panoramica. Ci siamo promessi che ci saremo venuti incontro». Mi sorride sornione ed io lo guardo con circospezione. «Questo mi sembra molto più che venirsi incontro! Sei furbetto, lo sai?».
Fa spallucce ed è veramente adorabile mentre guida. «Non ti seguo bambola». Mi strizza l'occhio. «Nel senso che, se veramente dovremo venirci incontro, tu una sera verrai a ballare con me». Quando arriviamo parcheggia la macchina e si gira per guardarmi. «Noo, io non ballo. Non puoi chiedermi questo. Non mi piace e poi ho due piedi sinistri». Non insisto, ma non per questo mollerò la presa. Entriamo in un bellissimo bistrot, caldo e accogliente. «E questo lo chiami solo: molto grazioso? Sei terribile, davvero. Ancora peggio di quello che pensavo». «Mia ballerina, cosa devo fare con te? Aspetta di vedere dove ti porterò ancora e ancora. Allora sì che ti renderai conto di cosa sia davvero lo sfarzo e il lustro». «Mhmm, vedremo». Lo prendo, a mia volta, un po' in giro. Ci accomodiamo al nostro tavolo e guardo il menù lieta di vedere pietanze di cui almeno conosco il sapore. «Sono indecisa». «Qui fanno un'ottima cucina italiana. Io prenderò le lasagne, provale anche tu, sono ottime». «Aggiudicato, allora». «L'altra sera parlavi del tuo lavoro e mi hai detto che ti stai occupando di una causa importante: di cosa si tratta?», domando curiosa, mentre bevo un piccolo sorso di vino buonissimo che il cameriere ci ha appena versato. «Sto difendendo un uomo che è stato accusato di omicidio, ma è innocente». «Caspita, non deve essere facile».
«No, non lo è. Ma parlami un po' di te, sei così misteriosa». «Non c'è molto da dire». «Con la vita movimentata che hai, non direi proprio». Nel frattempo, arrivano le nostre lasagne ed io, ovviamente, mi sbrodolo come una bambina non appena mi porto la prima porzione alla bocca. «Aspetta», mi dice Zachary sorridendo, mentre prende il suo tovagliolo e mi pulisce delicatamente il mento, «ecco, ora va meglio». Sento le guance venirmi rosse. «Come ti dicevo, non c'è molto da dire. Ho girato molti posti una volta finito il liceo e partecipato a molti stage di danza, fino ad approdare qui. Poi, una sera per caso, mi sono imbattuta in Matt, che mi ha fatto conoscere gli altri e poi, il resto più o meno lo sai». Mi guarda serio. «L'unica cosa che so è che quel Matt avrei una gran voglia di prenderlo a calci nel culo e che, dopo averti vista ballare, mi chiedo come sia possibile che tu non lo faccia di professione, come un vero lavoro, è assurdo». Scrolla il capo. Me lo chiedo sempre anche io, ma purtroppo è così e non posso farci nulla.
Capitolo 43
ZACHARY
Guardo Olivia e non riesco a non pensare a quanto sia bella. Ma di quella bellezza che ti prende l'anima, di quella bellezza di cui non puoi fare a meno. Quando danza sembra una farfalla che vola libera. Il suo viso si trasforma, è davvero felice.
Non che sia una ragazza a cui manchi allegria e senso dell'umorismo in genere, perché quello, a dire il vero, è a me che è sempre mancato. Anche se, da quando la conosco, mi sento migliore di quel che sono sempre stato. Adesso, però, nei suoi bellissimi occhi color caramello leggo comunque un velo di tristezza, nonostante cerchi di nasconderlo. Ho paura, sono sincero. Ho paura che soffrirà per me, perché nonostante adori stare con lei, nonostante mi faccia impazzire anche solo sfiorarla, credo che non mi sentirò mai veramente pronto per qualcosa di più. Nonostante sia stato sincero sin dall'inizio, da come mi guarda e dal suo modo di fare, temo che lei SPERI comunque in qualcosa di più. C'è anche da dire, però, che la confondo parecchio. Non sono mai stato così dolce e romantico con nessuna, ma lei mi porta ad esserlo, anche se questo non vuol dire che io possa amarla, come lei merita di essere amata. Per peggiorare la cosa, da maledetto quale sono, ho organizzato una bellissima sorpresa per lei. Sono un po' indeciso, ma oramai siamo qui, proprio sotto la ruota panoramica e Olivia ha quell'espressione bellissima sul viso, come una bambina che vede un qualcosa per la prima volta. «Dio mio quanto è grande, non ero ancora stata qui». «Davvero?», domando stupito. «Sì, davvero». «Allora sono felice di essere stato io a portartici». La prendo per la vita e la sollevo da terra, così che possa essere alla mia altezza, vista la mia irrefrenabile voglia di baciare le sue succosissime labbra. E lo faccio, voglio divorarla fino a consumarla. «Zachary». Ecco di nuovo il suono più bello che voglio sentire uscire dalla sua bocca. «Lo so piccola...». Ci sorridiamo entrambi a fior di labbra, completamente eccitati. «Grazie per avermi portata qui». «E questo è ancora niente mia pel di carota, vieni, andiamo».
«Ma, andiamo dove? Non vorrai dire...ma è chiusa a quest'ora, non possiamo salirci sopra». «Non ne sarei così sicuro piccola. Conosco uno dei gestori e mi deve un favore». Vedere il suo viso così stupito e gioioso mi riempie davvero il cuore. «Ok». Sorride, portandosi una mano alla bocca. Dio mio, è stupenda! Pago il custode che si è prestato a questa cosa più che volentieri, visto l'aiuto che gli diedi in ato, per una brutta situazione da cui lo tirai fuori. Tengo ben salda la mano della mia piccola, mentre saliamo sotto gli sguardi increduli e un po' invidiosi delle poche persone in giro, vista l'ora tarda. Chiudo la porta del gabbiotto e cominciamo a salire. «Ma non andrà nei guai quell'uomo per aver permesso ciò?». «Sono un avvocato conosciuto piccola, sta tranquilla. Ti preoccupi troppo per il prossimo». «Anche tu se è per questo, altrimenti non faresti il lavoro che fai. Tu aiuti le persone». Si gira a guardare il panorama dal vetro del grande oblò del gabbiotto che ci ospita ed io, a queste parole, ho una fitta al cuore. Mi sposto per sedermi vicino a lei, la sollevo perché voglio che stia seduta sulle mie gambe, con il viso affondato nell'incavo del mio collo. Proprio come quella sera, in quel locale, mentre la portavo via di lì. «Non sono poi così buono Olivia». «Non credo, sai?», mi dice, con voce un po' impastata, continuando a tenere il viso premuto sul mio collo, «Tu sei una brava persona Zachary, il fatto è che non te ne rendi conto». Solleva il viso ed io posso guardarla negli occhi, mentre la ruota sale sempre più, molto, molto lentamente, riempiendo i nostri occhi di una vista mozzafiato, anche se mai sarà paragonabile alla bellezza di Olivia. «Per quanto tempo girerà fino a toccare nuovamente terra?», mi chiede.
«Abbastanza piccola, abbastanza». Non c'è bisogno di dire altro. La mia ballerina si solleva e sfila via il vestito, le mutandine e le scarpe, così, in modo semplice, senza ancheggiare o avere alcun comportamento provocatorio e mi piace...da impazzire e mi eccita...da morire. Io faccio lo stesso e, che dio mi fulmini, siamo davvero nudi sulla ruota panoramica di Londra nel cuore della notte, con le luci della città da contorno. «Fai l'amore con me Zachary». Sono spiazzato da questa parola: Amore. Ma faccio come mi dice. La attiro a me, in modo che si sieda avvinghiando le gambe alla mia vita. La bacio e venero, poi, i suoi bellissimi seni che sembrano fatti apposta per stare tra le mie labbra. Mi solleva il viso con le mani per affondare la sua lingua vellutata nella mia bocca ancora, ed io la succhio con avidità. Si stacca da me, mi bacia e mordicchia il collo e il mento. Potrei impazzire, impazzire sul serio. Con un gesto semplice, dolce e adorabile, afferra il mio pene e lo fa scivolare in lei in una dolce, lenta e sensuale agonia, ma invece di tirare la testa indietro, come è normale che sia durante un momento di eccitazione, come quello che stiamo vivendo noi, appoggia la fronte alla mia e non chiude gli occhi, ma mi guarda ed io guardo lei. Per tutto il tempo non facciamo altro che ammirare i nostri gemiti, i nostri gridi, il nostro godere insieme ed è una sensazione unica e che sarà per sempre indimenticabile. Capitolo 44
OLIVIA
Abbiamo fatto l'amore, perché di questo si tratta, ne sono più che sicura. Siamo accaldati e sconvolti dalla situazione e dopo un breve, ma intenso, momento ato a coccolarci, scoppiamo in una risata fragorosa. «Tu, mia piccola ballerina tentatrice, mi farai arrestare e radiare dall'albo per atti osceni in luogo pubblico».
Ci rivestiamo velocemente non appena ci rendiamo conto che la ruota comincia a scendere. «È tutto così maledettamente folle». «Puoi dirlo forte piccola mia, ma di quelle follie a cui non puoi rinunciare». Mi strizza l'occhio, e a me piace tantissimo quando lo fa. Si avvicina e mi bacia ancora con trasporto. «erei intere giornate dentro di te», mi dice, «sei talmente bella che è quasi un peccato coprirti». Sorrido. «Se è per quello anche tu». «Sai, quando ti ho vista vicino alla mia macchina, la prima volta, mi sono chiesto se queste adorabili lentiggini rendessero la tua pelle ancora più morbida al tatto». «Eh?». Sorrido ancora. «Eh sì, direi proprio di sì». Appoggia la fronte alla mia e mi dà un dolcissimo bacio. Quando scendiamo dalla ruota panoramica ringraziamo l'uomo che tanto gentilmente ci ha permesso questa piacevole pazzia, ma non posso fare a meno di arrossire al solo pensiero che...no! Non può averci visti, eravamo così in alto! È semplicemente l'imbarazzo che possa immaginare. «Vieni a dormire da me, non mi piace che tu stia ancora lì». «No Zachary, non è il caso, davvero». Mi fa tanta paura l'idea di vedere casa sua e di conoscerlo sempre più, già soffrirò abbastanza quando o se finirà. «Olivia, se non troverai un appartamento in questi giorni sarò io a cercarlo per te, sia chiaro». «Ne ho già visto qualcuno che potrebbe andare bene a Tower Hill. Avrei anche la stazione della metropolitana vicina e le fermate da lì a Oxford Street sono poche.
Sarei comoda per il lavoro. Sto trattando per l'affitto. «Va bene, ma allora sarò io a venire in quel tugurio con te. Non posso lasciarti da sola». Ha detto non posso e non, non voglio... «Non sei obbligato, davvero». «E invece sì, è un miracolo se ancora non è capitato chissà cosa». Dovrei essere al settimo cielo di are la notte insieme a lui, ma il modo in cui ha spiegato il perché non vuole lasciarmi sola, è una magra consolazione...
Capitolo 45
ZACHARY
Abbiamo fatto sesso ancora e ancora, non eravamo mai sazi, ma quando l'ho tenuta abbracciata per dormire, mi è sembrata distante e non riesco a farmene una ragione. Abbiamo ato una serata incredibile e poi, lei si è chiusa in se stessa. Non ci vediamo da diversi giorni, ma questo perché, a quanto pare, Olivia è impegnata, oltre che con il lavoro, in qualche stramba attività con quei suoi folli amici e non riesco proprio a farmene una ragione. Io, d'altro canto, sono sempre chiuso nel mio ufficio per preparare l'imminente udienza. Alzo la cornetta del telefono e chiamo la mia segretaria. «Margie, puoi di grazia portarmi quei fascicoli che ti ho chiesto più di un'ora fa?». Blatera qualcosa di incomprensibile. «Sei di pessimo umore oggi Zachary!», mi rimbecca Dominique, entrando nel mio ufficio. «Certo, con la massa di incompetenti con cui ho a che fare spesso e volentieri!». La povera Margie entra terrorizzata e mi porge i fascicoli con le mani tremanti. «Grazie!». «Prego avvocato, mi chiami...». La fermo subito. «Sì, la chiamo se ho bisogno, lo so e che cazzo!». «Ma che ti prende amico?». «Niente, sono solo un po' nervoso per la causa, tutto qui. Quella sgualdrina della Durango...». Ma subito mi fermo. Non voglio che sappia della sua proposta durante la cena perché, altrimenti, si incazzerebbe e mi manderebbe dritto a
scoparmi quella megera, avendo così la causa in pugno. Ma che si fotta! «Cosa ha fatto questa volta?». «Niente, mi dà solo il voltastomaco». «Sì, è una stronza ma me la farei volentieri». Alzo gli occhi al cielo. «Perché, tu no? Ma non farmi ridere. Lei è una di quelle che a te piacciono tanto». «Sì, come no!». Dominique si mette seduto comodo e mi osserva attentamente. «Adesso ho capito!». «Capito cosa?». Sto perdendo seriamente la pazienza. «Tu, uno dei più grandi avvocati penalisti, egocentrico e imperscrutabile stronzo ti sei...innamorato! Cazzo che colpo!», mi dice Dominique, mentre appoggia con slancio la schiena alla sedia e accavalla le gambe. «Ma di cosa parli?». «Sei un po' assente, ogni tanto sorridi e qualche volta sei gentile. A parte oggi». Si schiarisce la voce pensando sicuramente a come ho trattato Margie. «A quanto pare la tua innamorata ti sta facendo perdere il controllo». «Non c'è nessuna innamorata. Piantala». «Sarà...». «Ora ho molto da fare, se non ti dispiace». «Ma certo, ti lascio ai tuoi pensieri...». Pensieri molto piacevoli, soprattutto adesso che sono nel mio letto e guardo la foto di Olivia mentre la tengo tra le mani.
Capitolo 46
OLIVIA
Finalmente ho deciso quale appartamento affittare. È piuttosto piccolo, ma per me è davvero perfetto. La zona di Tower Hill è in periferia, ma comunque molto comoda e, soprattutto, l'appartamento è vicino alla metropolitana. Ho già pagato una piccola caparra; non appena mi trasferirò, salderò il primo mese di affitto. Donovan ha dei vecchi mobili nella casa dei suoi genitori che a loro non servono, perché superflui. Una poltrona, un mini-frigo che per me da sola andrà benissimo, e una dispensa. «Non dovevi disturbarti, grazie davvero». «Nessun disturbo Olivia, anzi, ci fai un favore. I miei genitori non sapevano davvero cosa farsene ma sono appartenuti a mia nonna ed era un dispiacere il solo pensiero di buttarli via». «Non appena avrò un po' di tempo comprerò un letto e un tavolo da cucina, per il resto c'è già tutto. Dovrò soltanto dare una pulita e una sistemata». «Ti darò una mano io». «Grazie Savannah». «Ma certo Olivia, quando sarai pronta a trasferirti io e Donovan porteremo i mobili a casa tua», mi dice Matt. «Non so davvero come ringraziarvi ragazzi, davvero». Da un paio di giorni Matt è tornato quello di sempre nei miei confronti. Molto probabilmente pensa che tra me e Zachary sia finita ancor prima di cominciare. Lui non sa quello che c'è stato, quello che abbiamo fatto. Se ci penso ho i brividi
a fior di pelle. Non lo vedo da quella mattina, da quando ci siamo svegliati abbracciati, perché aveva deciso che non mi avrebbe lasciata dormire qui da sola. Ci siamo sentiti solo ieri per telefono e lui, con la sua solita arroganza, mi ha detto che se non avessi immediatamente trovato un appartamento, mi avrebbe portata via di qui con la forza. Dio, quanto è irritante. Vuole essere sempre il padrone della situazione. Mi rendo conto, però, di essere un po' cambiata, o meglio: è stato lui a cambiarmi un pochino. Ero partita in quarta e a muso duro con lui, per tenergli sempre testa e adesso, invece, mi sento un po' più debole, complice anche il periodo di sconforto che sto ando, per quanto riguarda la danza. «Allora», mi dice Savannah mentre si avvicina a me, ma a voce bassa per non farsi sentire, «hai pensato al provino per Cats?». «Non c'è nulla a cui pensare, non lo farò». «Ma perché sei così testarda? Cosa ti costa provare?». «Mi costa un'altra delusione». «Non puoi saperlo Olivia». «Ma perché non lo fai tu, scusa?». «Perché a me non interessa. Io voglio solo insegnare e organizzare spettacoli per i miei allievi. Non ho questa ambizione, ma tu invece...». Matt e Donovan si avvicinano e noi smettiamo subito di parlarne. Non voglio che Matt pensi che voglia andarmene dal gruppo. Questa sera hanno cenato qui molti di noi, stanchi dopo le estenuanti prove per nuovi progetti a cui stiamo pensando da un po'. Alla fine della serata, invece, sono rimasti solo i miei più cari amici. Ad un certo punto sento bussare forte sulla saracinesca e tutti e quattro ci chiediamo chi possa essere. Vado di corsa a vedere e quando chiedo chi è...
Capitolo 47
ZACHARY
Sono ato dove lavora Olivia per vedere se è di turno, ma non c'è. Ho bisogno di vederla, ho bisogno di toccarla e di sapere se sta davvero bene. Decido di comprarle qualcosa da mangiare, del cibo decente che non sia pizza o patatine. Mi fermo in un piccolo ristorantino che fa anche cibo da asporto. Spero per lei che mi dirà di aver trovato un appartamento, altrimenti me la caricherò in spalla e piuttosto le affitterò una stanza in qualche albergo se non vorrà venire da me. Ma io, la voglio davvero a casa mia? Da una parte sì, per averla sempre a mia disposizione nuda, in tutta la sua bellezza, nel mio letto. Dall'altra però, sembrerebbe una convivenza e solo il pensiero mi fa star male sul serio. Non sono mai stato così indeciso di qualcosa in vita mia e la cosa mi piace sempre meno. Quando arrivo, parcheggio la macchina proprio dietro ad un'altra. Credo sia quella di Matt. Solo il pensiero mi fa venire voglia di spaccare la faccia a quello stronzetto che sbava dietro alla mia piccola ballerina. Sono geloso: fottutamente e incredibilmente geloso. Scendo dalla macchina e non appena sono di fronte alla saracinesca busso forte. Quando mi apre e me la ritrovo davanti in body, calzoncini e a piedi nudi per poco non butto tutto il cibo per terra per prenderla e scoparla immediatamente. Sembra contenta di vedermi, ma allo stesso tempo preoccupata e quando il mio sguardo si sposta al di là del suo incantevole viso e vedo la sua amica con quei due inutili fannulloni, una furia cieca mi ribolle dentro, ma devo per forza contenerla. «Zachary, non ti aspettavo. Vieni, entra». «Ho pensato di portarti qualcosa da mangiare, tieni».
Guarda il sacchetto che emana un profumo delizioso e mi ringrazia con il suo bellissimo sorriso. «Ti ricordi dei miei amici? Lei è Savannah, Donovan e....Matt». «Ma certo, come dimenticarvi», dico sorridendo in modo strafottente, ma pur sempre con un'impeccabile educazione. Stringo anche la mano a ognuno di loro. Quel Matt ha gli occhi che gli stanno uscendo fuori dalle orbite e non mi dispiacerebbe finire il lavoro e farglieli schizzare via più velocemente. Mi sta sfidando, con il suo sguardo da bulletto. «Grazie ancora Zachary, ho già mangiato, ma terrò il cibo per domani». «Come vuoi». Mi sorride, ma è in evidente imbarazzo. «Allora, hai trovato un appartamento?». «Sì». «E quando andrai via da qui?». «Una settimana al massimo». «Troppo tempo, prendi le tue cose e vieni da me, non si discute». Sbarra gli occhi. Forse non si aspettava questo mio comportamento davanti ai suoi amici, ma non me ne frega un cazzo. Matt si avvicina a lei mentre la sua amica e il ragazzo cambiano subito espressione; sono visibilmente preoccupati e hanno ragione ad esserlo. «Lei non viene da nessuna parte con te. Ma chi cazzo ti credi di essere?». «Matt, per favore...», lo rimbecca Olivia, cercando di allontanarlo da me. «Mi sembra di avertelo detto già la prima volta chi sono». «Vattene subito via di qua o giuro che ti prendo a calci nel culo». L'atmosfera si
sta facendo sempre più tesa. Quel Donovan si fa avanti ma la sua saggia ragazza lo guarda come per dirgli di non intromettersi. «Zachary ti prego, non essere irragionevole. Solo una settimana». Matt la guarda sconvolto. «Olivia, non posso crederci, gli dai spiegazioni? Ma dico, sei impazzita? Ma che cazzo ti a per la testa?». Ora vedo nero. Mi avvicino e afferro lo stronzetto per il bavero. «Rivolgiti così a lei ancora una volta e giuro che non ci sarà giorno in cui non ti pentirai di aver aperto la tua fottutissima bocca». Mollo la presa in malo modo spingendolo indietro. «Adesso basta!». Olivia è davvero sconvolta. Non volevo farla spaventare, ma quando si tratta di lei perdo completamente la testa. «Vattene Zachary». La raggiungo e le prendo il viso tra le mani. «Non me ne vado di qui senza di te». Ma lei le scosta, senza neppure guardarmi in viso. «Vattene, non voglio vederti mai più». Ed ora, invece, mi guarda fisso, mentre me lo dice. E allora capisco di aver sbagliato anche questa volta.
Capitolo 48
OLIVIA
Non posso credere a quello che è appena successo! Quando l'ho visto, con in mano il sacchetto della cena per me ho avuto un tuffo al cuore. Ho pensato a quanto è stato premuroso. Ma poi, lo vedo così aggressivo nei confronti di Matt e mi paralizzo. Matt ha sbagliato, non doveva parlargli in quel modo, però quando l'ho visto andargli incontro come una belva assassina mi sono spaventata per la sua esagerata reazione. L'ho mandato via, non posso più vederlo, mi confonde troppo. Prima mi dice che sono la sua piccola, ma che non se la sente di volere molto di più da me se non del tempo da are insieme per puro e semplice piacere. Pensavo di poter gestire una situazione del genere, ma mi sbagliavo. Mi sento più debole da quando l'ho conosciuto, mi sento indifesa e non posso permetterlo. Sono sempre stata forte e indipendente e poi arriva lui e mi forgia, a suo piacimento. Ma è questo l'amore vero? È così che mi devo sentire? Con il pensiero costante di lui, il cuore che accelera anche solo quando lo immagino mentre mi tocca, il volerlo compiacere...No, non può essere solo questo l'amore, non voglio che sia solo questo... L'amore è complicità, l'amore è condivisione, l'amore è rispetto e proprio per questo io non posso amarlo e mai lo amerò.
Capitolo 49
ZACHARY
Altre due maledettissime settimane senza di lei.
Secondo voi sono una specie di pazzo se la chiamo, qualche volta, nel cuore della notte, ma senza parlare, solo per sentire la sua voce? «Zachary, sei tu? Lo so che sei tu». Ed io sto in silenzio... Oggi, mercoledì 10 maggio ore 9.00, seconda udienza in tribunale. Dall'altra parte l'avvocato Mildred Durango e il suo sguardo omicida nei miei confronti, per non averla scopata, i genitori della -vittima- e il super testimone bugiardo come Giuda. Dalla mia parte Dominique, che credo abbia in corso un attacco di cuore e il mio cliente. La giuria sempre molto attenta e gli studentelli universitari già pronti con i loro quaderni a prendere appunti. Il testimone sale al banco degli imputati, fa il suo giuramento (che dio lo fulmini) ed io mi avvicino, pronto a distruggerlo. «Buongiorno signor Northon. Di grazia, vuole dirci cosa ha visto esattamente la notte del 25 febbraio?». Sta sudando come il porco che è. «Ero a letto quando ad un certo punto ho sentito provenire delle urla dalla strada. Mi sono alzato, ho aperto la finestra e ho visto il mio vicino litigare con un uomo sconosciuto. Quest'uomo lo stava insultando». «Li ha visti discutere e va bene ma, mi chiedo: come fa a sapere se lo stava insultando? La sua casa rimane dall'altro lato di una strada a due corsie, quindi vi è molta distanza. Come ha fatto a sentire la conversazione? E come fa ad essere sicuro che non sia stato il suo vicino, il signor Finley, a insultare il mio cliente?». «Obiezione vostro onore. L'eco che di notte può crearsi con le strade deserte può far sì che tutto riesca a sentirsi, anche a distanza!». «Respinta, anche questa è una supposizione». La stronza mi vuole fregare. «Vada avanti avvocato Collins», mi incita il giudice. «Come dicevo: come fa ad esserne così sicuro?».
«Perché conoscevo bene il signor Finley e la sua buona e beneducata famiglia. Mai ha avuto problemi con qualcuno». «Così beneducato che andava a letto con la moglie di un altro!». «Obiezione vostro onore!». «Avvocato, si attenga alla causa. Non dia giudizi personali», mi rimprovera il giudice. «Mi scuso vostro onore, riformulo la frase: può il signor Finley aver cominciato a insultare il mio cliente che, giustamente, era andato lì da lui per avere chiarimenti?». «Tutti sappiamo che era andato lì per prenderlo a pugni». Inizia ad essere nervoso: molto bene! «Se lei sapesse che un altro uomo va a letto con sua moglie non andrebbe a dargli un bel pugno sul naso?». E anche qui vengo ripreso dal giudice, sotto gli occhi increduli di Dominique. La Durango, dal canto suo, mi guarda come se già sentisse la vittoria in pugno. Prima ero fuori di me e poco concentrato per via della presenza di Olivia nella mia vita, adesso mi sento così incredibilmente disperato perché non ne sta più facendo parte. Rischio sul serio la follia.
Capitolo 50
OLIVIA
Il mio piccolo appartamentino in periferia sta prendendo forma ed è pronto per essere finalmente abitato. Sono emozionata perché, dopo diversi mesi di città in città come una nomade, avere un mio angolo di paradiso mi fa sentire al settimo
cielo. Come promesso Donovan mi ha fatto avere un po' di mobilia e Savannah mi ha dato una mano per sistemare e pulire. Non sono una persona che accetta favori dagli amici senza ricambiare, così ho fatto un regalo a Donovan: una guida con elencati tutti gli spettacoli di free style che si sarebbero tenuti a Londra per i prossimi due anni, riuscendo a precederlo nel comprarla lui stesso. Mentre il regalo per Savannah è stato farle ottenere quel posto part time da Pizza Hut, come le avevo promesso. Così potrà arrotondare senza portare via troppo tempo al suo amato lavoretto di insegnante di danza. Matt, invece, non è neppure venuto a vedere l'appartamento finito e sistemato. In un colpo solo ho perso il mio più caro amico che mi tratta con indifferenza quando siamo con gli altri e l'uomo che, purtroppo e sottolineo PURTROPPO, mi fa battere il cuore. Questa sarà l'ultima volta che entrerò in questo magazzino per dormire, lavarmi e mangiare. D'ora in poi verrò solo per le prove con gli altri del gruppo. So che dovrei essere felice di essermi tolta questo peso, ma da una parte sento un po' di nostalgia. Capisco di poter sembrare poco nella norma, ma anche qui ho piacevoli ricordi, perché ho vissuto momenti che mi hanno fatta sentire al sicuro. Esco, portandomi dietro le poche cose che mi hanno confortato: i pochi libri che aumenteranno sempre più ora che avrò una libreria, i miei pochi cambi e le mie amatissime punte. Ho la testa tra le nuvole, ma questa sensazione dura molto poco, non appena mi trovo Zachary davanti con un bellissimo bouquet di fiori. «Mi sono un po' informato sulla tua deliziosa ione e la prima cosa che ho letto su Google è stata che a ogni ballerina che si rispetti va regalato un bouquet». Lo guardo esterrefatta. «In realtà si regala dopo uno spettacolo, ma va be', grazie lo stesso del pensiero». «Non ne combino una giusta, a quanto pare». «Direi di no». Mi porge il bouquet e io lo accetto.
«Mi dispiace Olivia, non vorrei farti soffrire, il fatto è che...». «Il fatto è cosa Zachary? Ti dispiace di cosa? Di minacciare i miei amici? Di comportarti come un essere superiore a cui devo obbedire o di essere un pazzo stalker che mi chiama nel cuore della notte?», gli dico, guardandolo dritto negli occhi. «Mi dispiace di provare qualcosa per te e di non trattarti come davvero meriti, ma soprattutto di confonderti. Ma NON mi dispiace di minacciare il tuo amico che ti desidera e che ha il tuo affetto, NON mi dispiace di comportarmi come un essere superiore solo per proteggerti e NON mi dispiace di essere un pazzo che ti chiama nel cuore della notte». Sono sempre più confusa da lui. «Perché mi stai facendo questo Zachary? Perché non mi lasci in pace e ti cerchi una donna che vada bene per te?». «Semplicemente perché, sei solo e soltanto tu, quella perfetta per me».
Capitolo 51
ZACHARY
Le sto facendo una dichiarazione in piena regola? Così sembrerebbe... Sto mandando completamente in pappa il cervello di questa ragazza, la sto facendo innamorare di me, sempre che già non lo sia. La desidero così tanto e in queste ultime settimane sono venuto tante di quelle volte da solo nel mio letto, pensando a lei, come fossi un comune adolescente. Nessuna donna, non ho più cercato nessuna e la cosa mi deve far riflettere... «Dove stai andando?», le domando. «Al mio appartamento. Da stasera abiterò lì». «Ti accompagno». «No Zachary. Non voglio. Mi sento diversa quando ti sono vicina, mi sento debole ed io non sono una donna debole». Non mi importa, non voglio ascoltare e mi avvicino ancora di più a lei. Le accarezzo il labbro con il pollice e senza darle il tempo di respingermi la bacio... Adesso sono nella sua piccola casa. La posseggo, la venero, la marchio con tutto me stesso. Ha gli occhi gonfi di lacrime ma nonostante ciò la vedo e la sento godere, mentre con le sue mani, che non pensavo essere così forti, mi stringe con forza il sedere spingendomi dentro di lei ancora e ancora. La sento diversa, perché mi sta scopando arrabbiata. Arrabbiata del fatto di non esser riuscita a dirmi di no. Avrebbe voluto ma...non ha potuto... La mia bellissima pel di carota sente di appartenermi e sente che, in qualche modo, io appartengo a lei. Mi sta ferendo con le sue unghie, che pianta molto violentemente nella mia carne. Non posso negare di sentire dolore, ma non la fermo, ne ha bisogno. Vuole farmi male, è il suo modo di sfogarsi e di dirmi che
mi odia con tutto il cuore per essere entrato nella sua vita, che mi odia con tutto il cuore perché le ho detto che non avrei potuto mai amarla. Io non sono quel tipo di uomo che ama qualcuno, se non la propria famiglia o il proprio lavoro. Anche io vorrei farle male, ma un male fisico in risposta al dolore che sta infliggendo a me. Voglio gridarle di non fare la vittima con me, mentre la scopo. Voglio gridarle che anche lei mi confonde e mi distrae. Voglio gridarle che se non continuerò ad essere il numero uno nel mio lavoro, come sempre sono stato, sarà semplicemente colpa sua... Ma non posso farlo, perché lei non ha colpa di nulla! Quando entrambi veniamo con un grido disperato, sento un bruciore fortissimo e qualcosa colare sulla mia coscia destra. Guardo e vedo sangue. Mi sollevo, uscendo da lei in modo brusco, sino a farle male. Sono sconvolto e anche Olivia lo sembra. Ci guardiamo per un tempo difficile da quantificare. «Zachary, io, non mi ero resa conto di averti fatto male». Mi alzo dal letto. «Non importa». Vado nel suo piccolo bagno del suo piccolo appartamento e prendo una salvietta per tamponare la ferita. Si copre con il lenzuolo e mi viene vicina. «Mi dispiace Zachary, davvero». Una lacrima scivola sul suo viso. «Non so cosa mi è preso». «Invece sì che lo sai. Stai soffrendo e la causa del tuo dolore sono io». Le sorrido. Apre lo sportello laterale allo specchio, non curante di quel che le ho appena detto, estrae una garza e la imbeve di disinfettante. Tampona la ferita molto dolcemente. La guardo attraverso lo specchio e sento un tuffo al cuore. Mi sta medicando con cura ed io mi lascio curare da lei. Non appena finisce, la bacio come a volerla rassicurare, la prendo in braccio come fosse una sposina e la riporto a letto solo per tenerla stretta per un tempo imprecisato, sino ad addormentarci, apparentemente, un po' più tranquilli.
Capitolo 52
OLIVIA
Ma perché deve essere tutto così dannatamente complicato? Mi sveglio e lo vedo qui, immobile, con il gomito appoggiato al cuscino e sostiene la testa con la mano. «Ricominciamo», mi dice, come se niente fosse. «Come scusa?» «Ho detto: ricominciamo». «Tu sei davvero fuori di testa! Stanotte più che fare sesso abbiamo combattuto una battaglia e ora mi dici, come niente fosse, ricominciamo! Avrei davvero una gran voglia di tirarti un pugno sul tuo delizioso e perfetto naso!». Ride. «Tutto ciò che vuoi pur di vederti felice piccola, adesso sì che riconosco la mia bellissima ballerina». «E tutto quello che è successo di brutto tra di noi? Dimentichiamo, così, come se niente fosse?». «Non dico questo, ma forse abbiamo affrontato la cosa in maniera sbagliata. Hai visto che disastro quando non stiamo insieme. Se ci pensi attentamente finisce male solo quando stiamo lontani per troppo tempo. Tutto si complica perché sentiamo la mancanza uno dell'altra. Tu hai i tuoi impegni e io i miei. Forse dovremmo cercare di coinvolgerci di più nelle nostre cose personali». Sono davvero sconvolta! «Tu dici?». «Sì, io dico», mi risponde, mentre si sposta su di me aprendomi le gambe pronto
a insinuarsi. «Zachary...». «L'unico suono che deve uscire dalla tua bellissima bocca piccola mia». Inarco la schiena pronta ad accoglierlo. Mi faccio coraggio cercando di gestire ancora per un po' il piacere che mi sta donando, per dirgli quel che penso davvero. «Mi dici che non sei pronto e forse non sarai mai pronto ad amare e poi...ti comporti come chi già ama...». La sua espressione è cambiata ma si limita a guardarmi cercando di non far trasparire nulla. Non mi risponde, ma affonda il viso nell'incavo del mio collo che sento subito umido al suo contatto. Che sia una piccola lacrima scivolata? Per ora non mi è dato saperlo, ma forse col tempo lo scoprirò. Forse un giorno non sarà più tanto confuso. Io ho smesso di esserlo già da un bel pezzo...
Capitolo 53
ZACHARY
Olivia mi ha spiazzato con la sua affermazione: «Mi dici che non sei pronto e forse non sarai mai pronto ad amare e poi...ti comporti come chi già ama...». Non le rispondo, non posso. Cosa potrei dirle? Sì, è vero? No, non è vero? Neanche io so veramente quel che provo. Ho sempre avuto certezze e sono sempre stato sicuro di me in ogni situazione e deciso. Adesso, invece, mi sento come un ragazzino alla prima cotta che non sa come si deve comportare, che un giorno è innamorato perso, mentre il giorno dopo odia, un insieme di emozioni altalenanti e discordanti tra loro. Abbiamo fatto l'amore, mi piace anche chiamarlo così, perché la parola sesso in sé non vuol dire nulla. È come uno sfogo liberatorio, una necessità di cui non si può fare a meno. L'amore invece è... ione? Eccitazione allo stato puro? Il non poter fare a meno di quella persona e desiderarla ogni giorno, ogni ora, ogni minuto e ogni secondo della tua vita vicina a te? Sì, credo proprio che sia un
tutt'uno di queste meravigliose sensazioni. Ho ancora il viso affondato nell'incavo del suo collo, ho pianto in silenzio e spero non si sia accorta di nulla. Voglio viverla appieno, sono assuefatto dalla mia piccola pel di carota, sono come un drogato che non può fare a meno della sua dose quotidiana. Capitolo 54
OLIVIA
Abbiamo fatto colazione insieme e ci siamo comportati come una comune coppia. Sembravamo due piccioncini. Poi, non sapevo fosse anche bravo a cucinare! Io sono un po' fuori allenamento, ma adesso che ho una cucina tutta mia è arrivato il momento di darmi da fare. Non posso certo andare avanti con cibo spazzatura. Sono una ballerina che vive di pizzette, dolci e cioccolato, assurdo davvero. Mi ha preparato delle buonissime frittelle e un latte e caffè con una deliziosa schiumetta sopra. «Tu sai cucinare?», gli avevo chiesto. «Io so fare molte cose piccola, mi chiedo ancora come mai ti stupisci tanto». Mi aveva strizzato l'occhio e io, come sempre, mi sono sentita gelatina. Sorrido al ricordo... Mi ha fatto promettere di are da lui in ufficio una di queste mattine per pranzare assieme ed io, oggi, approfitto del mio giorno libero. Il grosso edificio in cui lavora si trova in Baker Marylebone Road, proprio di fianco al Madame Tussaud's. Non ho ancora visitato questo museo da che sono qui a Londra, ma Savannah mi ha fatto promettere che ci saremo andate insieme. Sono rimasta di sasso quando mi ha confessato di esserci stata un numero imprecisato di volte e di non essersi ancora stancata. In poche parole: è il cicerone del museo delle cere! Entro e vado diretta verso l'ascensore, salendo per un numero assurdo piani.
Quando arrivo, mi avvicino alla signora al banco ricezioni, mi presento e lei mi accompagna direttamente nel suo ufficio. Ho tutti gli occhi puntati addosso e, pensando alla comoda maglietta che ho indossato con la bizzarra scritta, non mi stupisco del perché. Si staranno chiedendo: chi è questa ragazzetta con un berrettino da baseball in testa e vestita come una spensierata vacanziera, che sta per entrare nell'ufficio dell'avvocato Zachary Collins? Una povera cliente da proteggere, non possono pensare di certo altro.
Capitolo 55
ZACHARY
Dominique entra nel mio ufficio furioso. «Zacahary, non sono molto soddisfatto di come stai gestendo il caso Garret. Non so cosa ti stia succedendo, ma non è il tuo solito modo di lavorare alle cause». Non posso dargli torto sul fatto che stia lavorando diversamente, ma non accetto la sua critica. «Questo non cambia nulla, vincerò comunque. Ti basti sapere questo». Fa un cenno di assenso poco convinto con il capo. Lo vedo con la coda dell'occhio mentre sistemo montagne e montagne di fascicoli. «Ricordati che venerdì sera c'è la cena di beneficenza al Club Rosemberge». Me ne ero completamente dimenticato, cazzo! Chiederò a Olivia di accompagnarmi, sperando che mi dica di sì. «Ma certo, alle venti e trenta in punto». «Porterai Serena? Quell'esemplare di femmina resusciterebbe anche le mummie!».
Lo guardo malissimo. «No, non porterò Serena». «Ah no? Non vi frequentate più? Perché in tal caso mi farò avanti io, se non ti dispiace, ovviamente». Poso i fascicoli in malo modo; sono visibilmente irritato. «Per quel che mi riguarda puoi farci quello che vuoi con Serena». Dominique continua a osservarmi serio, ma per sua fortuna non dice nulla. Non ho più voglia di ascoltare i suoi sproloqui. Margie bussa alla porta. «Avvocato, c'è qui una signorina che dice di avere un appuntamento con lei». Mi scappa un sorriso nel vedere la mia fidata segretaria un po' sconvolta dalla presenza di Olivia. «Falla accomodare». E quando entra capisco benissimo Margie. Anche Dominique sembra sconvolto quando si gira e vede entrare la mia bellissima pel di carota con un cappellino sportivo, i capelli trattenuti dallo stesso in una coda di cavallo lunga e perfetta, i soliti pantacollant e una delle sue assurde magliette, questa volta con su scritto -Non posso piacere a tutti, mica tutti hanno buon gusto-. Non ho parole, davvero! «Ti faccio così ridere avvocato?», mi domanda Olivia, con fare provocatorio. Credo che Dominique stia per avere un collasso e in fondo lo capisco. Come diavolo si fa a resistere a tanta bellezza? La risposta è molto semplice: NON si può! «Dove diavolo trovi queste ridicole magliette?». «Ti ci porterò prima di quanto immagini e anche tu non potrai resistere alla tentazione di averne una, vedrai». Mi strizza l'occhio, proprio come io faccio sempre con lei. Si avvicina e mi dà un dolcissimo bacio. Dominique si schiarisce la voce, come per informarci che è presente. Quasi me ne ero dimenticato, perché non appena i miei occhi incrociano quelli di Olivia tutto sparisce.
«Piacere, Dominique Bennet», le porge la mano e intanto se la sta mangiando con gli occhi. Calmati Zac, penso. «Olivia Newton, molto piacere». «Newton, Newton...Lei è per caso la figlia del più grande imprenditore edile Tom Newton?». Eccolo che ricomincia... «Suo padre è un portento dell'industria e sua madre una donna di gran classe!». La mia bellissima sorride. «No, io sono figlia di Susan la cameriera ai piani e Marc, il lava scale. È un'altra famiglia Newton». Il modo in cui lo dice, senza provare il minimo imbarazzo, ma con un moto di orgoglio, invece, mi fa venire un'irrefrenabile voglia di stringerla forte e tenerla lontana da tutti e da tutto per proteggerla. Proteggerla dal mio mondo, accidenti! «Capisco...». Lo stronzo sembra quasi disgustato ed io mi faccio schifo perché mi rivedo in lui. Anche io l'avevo guardata come spazzatura la prima volta che la vidi. «Olivia, puoi aspettarmi fuori solo qualche minuto? Finisco di mettere via alcuni fascicoli e sono da te». «Ma certo». Mi sorride, saluta Dominique ed esce dalla porta. Lo stronzo continua a guardarmi mentre faccio finta di ignorarlo, finendo di sistemare le ultime cose. «Bene, bene. Devo ammettere che sono un po' sconvolto. Certo è bellissima, come darti torto. Ha quell'aria così dolce da farti venire voglia di scoprire se dentro di lei, invece, c'è una femme fatale assetata di sesso. E bravo Zachary». Sospiro e conto fino a dieci, altrimenti potrei essere licenziato oggi stesso. «Dominique, ascoltami bene, fammi la cortesia di non parlare più di lei in questi toni, sono stato chiaro?», gli dico molto tranquillamente quando, in realtà, vorrei
spezzargli l'osso del collo.
Capitolo 56
OLIVIA
«Eccomi piccola, possiamo andare». «Non ti servono né giacca, né cravatta. Toglitele e lasciale qui, nel tuo ufficio». Mi guarda con un'espressione soave. «Come dici scusa, piccola rossa impertinente?». «Ho detto di lasciarle qui, perché non ti serviranno per fare un picnic sul prato». Indico il cesto di vimini e la coperta a quadri ripiegata sulla sedia vicino alla scrivania della sua segretaria. «Sorpresa!». Sembra spiazzato. «Non mi dirai che hai preparato con le tue dolci mani qualcosa di sano». «Be', ho fatto i tramezzini, una torta di verdure, il dolce invece l'ho comprato già fatto». Sorride. «Mi piace l'idea del picnic». «Davvero?», domando stupefatta, «pensavo che mi avresti risposto che le persone per bene mangiano sedute a un tavolo composte e non stravaccate su un prato come gli zoticoni!». «Mi stai sfottendo Olivia?». Sorride, in quel suo modo adorabile. «Un po' sì». «Per tua informazione anche i nobili Conti, una volta, portavano in calesse le dame a fare piacevoli picnic. Quindi, posso farlo anche io». Cerca di essere serio, ma è evidente che sta esasperando ancor di più la
caricatura di se stesso. «Molto bene, allora!». Non saprei cos'altro dire. «Perfetto, facciamo due i, c'è un bel parco proprio qui vicino». La sua segretaria continua a guardarci con la coda dell'occhio, anche se fa finta di niente. «Margie», la chiama, con fare autoritario, «oggi non ho appuntamenti, vero?». «No avvocato». «Benissimo, allora farò un salto verso sera». «Va bene». Questa povera donna sembra davvero sconvolta e così anche le altre persone al piano che ci osservano fino a che spariamo dalla loro vista, una volta che le porte dell'ascensore si sono chiuse. Non appena usciamo dall'edificio il telefono di Zachary comincia a suonare. «Scusa Olivia, devo rispondere». «Ma certo». Si allontana di poco, ma sono curiosa come una scimmia e cerco di ascoltare la conversazione. Non me ne vergogno neanche un po'. «Ciao piccola». Ciao piccola? Ma con chi parla? «Scusami ero in ufficio e non ho visto la chiamata. Come stai? Davvero? Sono molto orgoglioso di te...Sì, salutameli...come? L'ho chiamato proprio due giorni fa e mi ha detto che sta bene…Sì, ci sentiamo presto...Anche io...». Poso a terra il cesto del picnic e lo guardo. «Eccomi Olivia, dallo a me, lo porto io. Che succede? Perché mi guardi così?».
Non posso farne a meno, devo sapere. «Chiami tutte piccola o è solo un trattamento speciale che riservi alle donne che ti porti a letto?». Comincia a ridere di gusto! «Sei ancora più bella quando fai la gelosa, lo sai?». «Non è divertente Zachary». «Stavo parlando con mia sorella». Ecco, in questo momento vorrei che gli alieni invadessero improvvisamente la terra e mi rapissero, così, per lo meno, eviterei questo momento di imbarazzo colossale. «Sorella?». «Sì Olivia. Scusa, non ti ho parlato di lei, mi dispiace. Ero così preoccupato per la salute di mio padre che non ho approfondito altro». «Ok, scusami tu. Andiamo ora». Mi giro e comincio a camminare, ma Zachary mi afferra per un braccio impedendomi di continuare per farmi, così, girare verso di lui. «Guardami piccola». Lo guardo. «Non preoccuparti, siamo pari in fondo». Faccio spallucce. «Cosa vuoi dire?». «Neanche io ho approfondito la mia vita con te». «Non importa, ci conosceremo col tempo». «Lo spero Zachary, con tutto il cuore». Capitolo 57
ZACHARY
Dio mio, vederla rossa di gelosia mi ha riempito di orgoglio. Mi spiace solo si sia creata di nuovo un po' di tensione tra noi e così cerco di sdrammatizzare la situazione. In fondo, non è successo nulla di che. Più ci frequenteremo e più cominceremo a conoscerci e lei, la mia piccola pel di carota, mi ha detto che lo spera con tutto il cuore. Sembra quasi un moto di rassegnazione, però. La prendo per mano e camminiamo fino al Queens Park cercando, poi, un punto tranquillo dove mangiare. Ci mettiamo sotto un albero secolare. La brezza che ci accarezza il viso è davvero piacevole. «Hai fame piccola?». «Molta, e tu?». «Molta». Mi ritrovo di nuovo a mangiare con le mani stupito di come la cosa sia piacevole e mi renda spensierato. Guardo Olivia mangiare di gusto e scostarsi i capelli quando una ciocca ribelle le va sulle labbra impedendole di masticare. Li ha sciolti, ed è bellissima ed è... mia? Non so darmi una risposta, ancora... «Cosa vuoi fare dopo bambina? Sei libera o devi andare al lavoro?» «No, sono libera». Finiamo di mangiare, le prendo una mano e la avvicino a me. Appoggio la schiena all'albero e la stringo forte tra le mie braccia. Lei si rannicchia e sospira, un sospiro come a voler dire: non potrei sentirmi meglio di così. «Ti va di venire con me in un posto?». «Cosa hai in mente?».
«Adoro Camden Town, ti va di andarci?» «Tu sei pazza! Va bene mangiare pizza con le mani, va bene stare sui prati, va bene avere la camicia sgualcita, ma questo è troppo. Quel posto è ridicolo!». Solleva il suo meraviglioso viso. «Non è assolutamente ridicolo! È... particolare e pieno di persone interessanti. C'è da sentirsi se stessi, davvero! Ma poi: ci sei mai stato?». «Una volta ed è stato più che sufficiente bambina». «Sai, le mi ridicole magliette, che tanto ti fanno sorridere, le compro proprio lì». Sospiro perché ho capito benissimo dove vuole andare a parare. «E va bene, andiamo». «Grazie». Mi stringe il collo e mi bacia. «Io, te e questo ingombrante cesto da picnic». «Oh, cavolo». «Lascia, lo portiamo un attimo nel mio ufficio». Ci incamminiamo ma mi blocco di colpo. «Che succede Zachary?». «Visto che ricordi sin troppo bene il nostro patto...Venerdì sarà il tuo turno. Verrai con me ad una serata di beneficenza e vedrai un po' il mondo a cui appartengo». Si rabbuia subito, è visibilmente agitata. «Ok, verrò con te». Mi avvicino e la bacio. «Ne sono felice, davvero. Ti comprerò un bellissimo vestito per la serata. Sarà una sorpresa, ti fidi?». «Non è necessario Zachary, davvero. Troverò qualcosa da sola».
«Non se ne parla, lo faccio con piacere». «Va bene». Non mi sembra convinta ma non posso fare altrimenti. Ad una serata di un certo tipo non può venire vestita a caso. Su questo non transigo.
Capitolo 58
OLIVIA
Ho detto sì, in fondo quel che è giusto è giusto. Ma il vestito proprio... Vederlo qui per Camden Town non ha prezzo, però. Mentre all'inizio trovavo davvero fastidioso il suo comportamento, adesso mi fa sorridere. D'altronde chi sono io per giudicare la sua vita? «Quando hai deciso che saresti diventato avvocato?», gli chiedo curiosa, mentre eggiamo teneramente abbracciati. «Alle superiori. Diritto era la materia che preferivo in assoluto e poi sono cresciuto a suon di film e libri gialli. Tante storie incredibili con protagonisti avvocati tutto fare. Volevo essere anche io come loro, certo la realtà è molto diversa dalla fantasia. Non è facile essere avvocato. Molto spesso ti trovi a dover difendere criminali e qui ci ricolleghiamo al fatto che non sono una così brava persona come pensi tu, piccola. Potrei rifiutare di occuparmi di certa feccia, ma non lo faccio. Vincere una causa in cui il tuo cliente è colpevole...be', purtroppo è in questi casi che si può affermare di essere diventati veramente bravi in questo lavoro». «Quando hai deciso di intraprendere questa professione hai messo, giustamente, in conto questa eventualità. È il tuo lavoro e poi...credo che ognuno abbia il diritto di essere difeso. Vedila così: non sei discriminante!». Si ferma e mi guarda. «Questa è un'interessante prospettiva». Mi solleva per la vita e mi bacia con trasporto, non curante della gente che cammina cercando di schivarci. Non appena il nostro bacio finisce rimaniamo ancora un po' così: fronte contro fronte, inalando il respiro l’uno dell'altra.
«Cosa mi stai facendo mia bellissima ballerina con gli occhi color caramello?». Non ho bisogno di pensarci: so già la risposta. «Proprio quello che tu stai facendo a me...». Ci sorridiamo e mi mette giù. Sono davvero piccola vicino a lui. «Adesso, sua maestà, ti porterò nel negozietto dove acquisto queste fantastiche magliette». «Ne comprerò una per la mia sorellina». «Come si chiama?». «Julie e ha 17 anni. Andreste molto d'accordo. Anche lei è un'artista un po' pazzerella. Vuole diventare un'attrice famosa». «Allora non sei tu la pecora nera della famiglia!». Comincio a ridere e lui mi segue. «No, direi di no. I miei genitori l'hanno sempre assecondata perché è una studentessa modello, ma le hanno fatto promettere che avrebbe frequentato comunque l'università». «I tuoi genitori devono essere piuttosto severi». «Severi non direi, ma rigidi nelle regole, come è giusto che sia, ti pare?». «Be', le regole aiutano a crescere». «E tu piccola? Quando hai deciso di voler essere una ballerina?». Mi rabbuio un po'. Parlare di me è sempre molto difficile. «All'età di cinque anni, il primo giorno di danza. In quel momento, avevo deciso...».
Capitolo 59
ZACHARY
Olivia mi stupisce sempre più. Mi ha portato in questo posto piuttosto discutibile, frequentato da ogni genere di specie umana e non. Mi ha fatto venir voglia di comprare una di quelle ridicole magliette per mia sorella, con tanto di stampa creata al momento e con su scritto -Sono una giovane Audrey Hepburne già so che mia sorella ne andrà matta. Non ha potuto non chiedermi come faccio a trasformarmi così tanto quando parlo della mia famiglia. Dall'essere dolce e tenero, al tornare il burbero di sempre. In realtà anche quando penso a lei mi sento diverso e lei lo sa, ma lo tiene per sé senza farlo notare troppo, se non con qualche atteggiamento, che caratterizza ancor di più il suo adorabile modo di fare. Le ho chiesto poi della danza, quando ha capito di voler diventare una ballerina e sono rimasto esterrefatto dalla risposta: «All'età di cinque anni, il primo giorno di danza. In quel momento avevo deciso...». Sono senza parole. Avevo capito quanto fosse speciale già la prima volta che la vidi, rannicchiata contro la portiera della mia macchina e, in men che non si dica, sfidarmi in quel modo. Ero già perso, anche se non me ne rendevo conto...
Capitolo 60
OLIVIA
Giornata infernale! Dieci ore di seguito da Pizza Hut e adesso le prove in magazzino. Da quando non vivo più qui mi fa un effetto strano tornarci. Molte cose sono cambiate in pochi mesi e una su tutte è il mio rapporto con Matt. Savannah,
pochi giorni fa, mi ha detto che lui e Donovan hanno parlato di me. Matt gli ha confidato di amarmi; altro che semplice cotta. Savannah si è anche un po' arrabbiata con Donovan perché, a quanto pare, gli avrebbe consigliato di non rinunciare a me e di combattere con le unghie e con i denti e che, secondo lui, la storia con Zachary era una pura e semplice attrazione alla sua vita sfarzosa. Mi ha ferita questa considerazione bassa di me. Pensavo mi conoscessero un po' e non credevo che provare dei sentimenti per un uomo diverso da me e più grande, potesse subito destare sospetti. Se il destino ha voluto così e se il mio cuore batte per lui, anche solo pensandolo, di cosa devo sentirmi in colpa? Come posso decidere chi amare? Non è possibile, il cuore non si comanda e nei sentimenti la ragione non può avere la meglio sull'istinto. Non funziona così. Ma davvero, poi, la mia vita sarebbe giusta con Matt vicino? Il fatto di avere molte cose in comune è sufficiente? NO! Il fatto di avere dei sentimenti in comune è quello che conta davvero. «Non te la prendere Olivia, lo sai che Matt e Donovan sono molto amici. Non pensa davvero queste cose di te, lo ha detto solo per far sentire meglio il suo più caro amico», mi aveva detto Savannah. «E tu, cosa pensi veramente di questa storia?», le avevo chiesto. «Se ricordi bene ti ho detto di seguire il tuo cuore, anche se sarai destinata a soffrire. Ma almeno non avrai rimpianti». «Tu pensi che finirà, allora?». Aveva sospirato, ma non seppe cosa rispondere... Ed ora, come dicevo, siamo qui, ma la tensione è palpabile. Sono stremata, soprattutto perché Matt ci va giù pesante con me, non mi dà tregua e, a quanto pare, sbaglio in tutto quello che faccio. Durante una piccola pausa lo avvicino per parlargli. Andiamo fuori; non voglio che gli altri assorbano la nostra tensione, visto l'avvicinarsi di un altro spettacolo. «Che cosa c'è ancora Olivia? Che diavolo vuoi da me?».
«Voglio solamente che tutto torni come prima tra di noi». «Ti vedi ancora con quello?». «Sì, ma questo cosa c'entra?». «Cazzo Olivia, possibile che tu sia così stupida da non renderti conto di come ti stia usando? Per non parlare di quella sera in cui mi si è avventato contro come un pazzo. Vuoi davvero uno così vicino?». Non mi dà il tempo di parlare, mi prende il viso tra le mani e mi bacia con forza. Lo spingo via. «No Matt, ti prego, smettila!». «a la notte con me e giuro che lo dimenticherai. Noi siamo fatti per stare insieme e voglio che te ne renda conto». «Ma io non provo i tuoi stessi sentimenti. Avevi detto di aver accettato la cosa e ora ritratti, perché?» «Perché non posso vederti con quello, non ce la faccio». «Io non so più cosa dire se non che ti voglio bene, come un amico e mi dispiace di non poterti dare di più». Torna dentro lasciandomi così, nel mio dolore. Lo sto perdendo per sempre, è l'amico più caro che ho e mi ama. Torno dentro anch'io, ma velocemente! Prendo la mia borsa e me ne vado. Ho bisogno di andare a casa e starmene un po' nel mio guscio.
Capitolo 61
ZACHARY
Sono seduto nel mio ufficio quando Dominique entra e mi sbatte sulla scrivania il quotidiano. «Cazzo Zachary, ma che combini? Vuoi far perdere credibilità al nostro studio?». Guardo scocciato e leggo il titolo in prima pagina. - L'avvocato Zachary Collins detto lo squalo e la ballerina di basso bordo«Ma che cazzo è questa roba?». «Leggi tutto». -L'avvocato Zachary Collins si intrattiene in piacevoli incontri con una sconosciuta ballerina di striptease... «Ma sono tutte cazzate!». Sono fuori di me dalla rabbia e penso subito alla mia piccola, sperando non abbia l'abitudine di leggere quotidiani. «Tutte stronzate, qualcuno vuole incastrarmi per farmi perdere credibilità». E ho un vago sospetto c'entri il caso Garret... «A me non interessa. Vedi solo di rimediare a questa cosa». «Non vi è nulla su cui rimediare. Stasera porterò Olivia con me alla serata di beneficenza e quando mi vedranno con lei le voci si placheranno. È una ragazza fantastica e non fa la spogliarellista, cazzo. Ma poi, anche se fosse, non deve importare a nessuno». «Ma ti rendi conto di quello che dici? Tu non puoi fare tutti i porci comodi che vuoi, hai un nome». «Finché mi scopavo quelle sgualdrine nessuno mi diceva niente solo perché erano altolocate». «Non vorrai paragonare una donna come Serena, con la sua carriera e la sua vita impeccabile, con quella insignificante ragazzetta, vero?» Adesso sono davvero stufo. «Dominique, esci di qui, sto perdendo seriamente la pazienza».
«Se stasera porterai con te quella ragazza non contare sulla mia amicizia. Devi ringraziare solamente il fatto di essere uno dei migliori nel tuo lavoro, altrimenti sarebbe stata sufficiente questa bravata per spedirti via a calci in culo». Continuo a fare il mio lavoro ignorandolo, consapevole però che, un'altra parola sbagliata su Olivia e non avrei risposto più delle mie azioni. Il momento tanto temuto è arrivato, purtroppo. Mi sono distratto e rischio di mettere a repentaglio la mia carriera, ma non posso farci nulla, non posso tornare indietro, perché la mia vita non potrebbe più continuare senza di lei.
Capitolo 62
OLIVIA
Sono ben dieci minuti che sto qui davanti, immobile. La tentazione di entrare è così forte che non riesco a controllarla. Ma non posso, tanto so già che sarà un altro buco nell'acqua. Vedo gente entrare e uscire con la speranza negli occhi e li capisco perfettamente, mi sento così vicina a tutti loro. Potrei solamente dare un'occhiata, semplicemente chiedere un'informazione come hanno fatto gli altri, tutto qui. Mi faccio coraggio e varco la soglia del The Queen's Theatre, dove il 7 giugno si terranno i provini per Cats. Mi avvicino alla biglietteria dove noto subito i volantini che formano un ventaglio, appoggiati al banco in maniera ordinata, contenenti tutte le informazioni per i provini. Ne prendo uno, nonostante tenga gelosamente custodito l'altro a casa, e lo guardo di nuovo falsamente non curante. Potevo anche non entrare, in fondo, quale informazione dovrei chiedere? Qui c'è già scritto tutto quello che mi serve in maniera scrupolosa. Il 7 giugno ci sarà una prima scrematura, per valutare le potenzialità generali dei ballerini. Poi, nelle
settimane successive, ci saranno le selezioni vere e proprie fino alle fine, in cui ne rimarranno solo quattro: due uomini e due donne. Direi che le possibilità non sono solo scarse, ma assolutamente nulle. Noto un ragazzo dall'aspetto molto curato e le sopracciglia ad ali di gabbiamo che mi guarda, si avvicina sempre più e comincia a parlarmi. «Ciao, hai la stessa espvessione di chi ha una voglia ivvefvenabile di fave questo dannatissimo pvonino, ma se la sta facendo sotto dalla pauva. Io sono Pasha, piaceve». E poi sarei io quella uscita da un fumetto a detta di Zachary! Se ci mettiamo pure la sua adovabile erre moscia credo che non possa far altro che adorare questo ragazzo! «Piacere, Olivia. Vedo che anche tu non hai resistito alla tentazione di entrare per dare un'occhiata». «Be', sai, savei davvevo tentato di pavtecipave, ma sono così dannatamente bvavo che non vovvei umiliave nessuno». Scoppio a ridere di gusto. «Davvevo sai?». «Ma certo, ti credo». «Lo faccio pev il mio vagazzo. Ci tiene così tanto. Ah, se lo vedessi, quanto sarebbe bello, un vevo maschio, ti innamovevvesti di lui!». «Oh, non ne dubito». «Avvicinati un attimo, voglio divti una cosa nell'ovecchio». «Ma certo», gli rispondo, trattenendo a stento le lacrime dal ridere. «Ho pvovato ad entvave di nascosto pev vedeve il palco, ma non sono viuscito a seduvve l'uomo della sicuvezza...cvedo sia dell'altva sponda, puoi pvovavci tu? Non ti divà di no, sei una dea!».
«Ok, vieni con me». Come faccio a dirgli di no? Impossibile! Per fortuna non è stato così difficile. Alle volte basta sfoderare un bel sorriso e chiedere con gentilezza per ottenere le cose, non serve altro! Ci sediamo sulle comode poltroncine al centro del teatro e rimaniamo così, per un po', a guardare il palco. Mi giro verso il mio nuovo amico Pasha e vedo i suoi occhi brillare, proprio come i miei. «Savebbe bellissimo esseve lassù». «Sì, molto bello, davvero», gli rispondo, girandomi di nuovo verso il palco. «Facciamolo!». «Cosa?». «Saliamo sul palco, solo pev qualche minuto, nessuno se ne accovgevà». Sono combattuta, perché la solita paura si impossessa di me. E se poi quando scenderò da lì e tornerò con i piedi per terra soffrirò ancora di più? Non ho tempo di pensare ulteriormente, è Pasha a decidere per me. Afferra la mia mano con decisione e mi trascina con sé, ed io mi lascio trasportare. Quando ci siamo sopra mi metto al centro e apro le braccia, proprio come in quelle commoventi scene dei film in cui la protagonista si bea della pioggia o della neve che cade dal cielo. Io, invece, mi beo di tutta l'energia, di tutta la magia e ne respiro tutta l'essenza, riempiendo il mio corpo. Pasha mi guarda e fa lo stesso. Quando scendiamo ci scambiamo il numero di telefono promettendoci di sentirci presto. Il primo di noi che prenderà una decisione riguardo il provino, chiamerà l'altro. Ora sì che mi sento davvero ancor meno sola...
Capitolo 63
ZACHARY
Dopo la discussione con Dominique sono uscito per comprare un bellissimo vestito a Olivia per la serata. Ho fatto di testa mia, lo so, non avrei dovuto. Sarebbe stato carino chiamarla e portarla almeno a scegliere quello che più le piaceva, ma oggi non è proprio giornata di convenevoli. Ho scelto un classico nero, con lo scollo a cuore e le spalle scoperte. Un piccolo cinturino per delineare la sua vita perfetta e una scarpa nera con tacco non esageratamente alto. Non essendo abituata potrebbe avere difficoltà a camminarci. Le ho anche preso una borsina da abbinare. Sono fiero di me. o davanti ad una gioielleria e vengo attratto da una collana molto fine, con un piccolo punto luce. Vorrei prenderne una più vistosa ma già so che non le piacerebbe e si sentirebbe in imbarazzo, quindi opto per questa, sicuro dell'effetto che farà su di lei, la mia ragazza semplice e senza fronzoli. Sarà una serata molto particolare per Olivia e ci saranno momenti in cui sentirà il bisogno di scappare, per lo meno avrà in dosso un vestito semplice come lei in cui potrà sentirsi a suo agio. E poi, ci sarò io a sostenerla. Finiti i miei acquisti la chiamo. «Zachary». «Ciao bambina, dove sei?». La sento sospirare. «Sto vivendo in un sogno». «Come scusa?». «Niente, non farci caso. Sto andando al lavoro». «Ho comprato qualcosa per te da indossare stasera. Ti porto i pacchi lì, hai dove tenerli?». «Sì, ho il mio armadietto». «Bene, arrivo, aspettami piccola».
«Ok». Non la sento molto convinta, ma è del tutto normale. In fondo non voleva che le comprassi nulla. Accosto in doppia fila giusto il temo di lasciarle i pacchi. È già lì che mi aspetta. La vedo tesa. «Ciao piccola». «Ciao». «Tieni. Stasera manderò un taxi a prenderti alle otto, perché sarò impegnato in ufficio fino a tardi, purtroppo. Ma ti aspetto lì e andremo insieme. Mi raccomando: chiudi a chiave l'armadietto». «Va bene», mi risponde sospettosa. «eremo una bellissima serata, te lo prometto. Ma il dopo...», le dico avvicinandomi al suo orecchio, «sarà ancora meglio...». La bacio e lei, come sempre, mi accoglie come chi non ne ha mai abbastanza.
Capitolo 64
OLIVIA
Stasera ho finito un po' prima. Savannah ha cominciato a lavorare qui da pochi giorni e si è offerta di coprire le mie ultime due ore di lavoro, così da poter arrivare a casa entro le sei di sera e prepararmi con calma per la serata. Se ripenso alla mia piacevole e strana mattinata a teatro e al bizzarro ma adorabile Pasha, mi viene da sorridere. Ho raccontato a Savannah di questo incontro e mi ha fatto promettere di far conoscere Pasha al gruppo al più presto. Piacerebbe a tutti, ne sono più che sicura. Non ho parlato molto della serata che mi aspetta invece, perché sono
completamente nel panico. So già che sarà un disastro, ma non posso tirarmi indietro. Zachary ci tiene davvero molto e non voglio deluderlo, anche perché mi è venuto davvero incontro ultimamente e non sarebbe giusto non andarci. Appena entro in casa mi fiondo nella doccia e lavo accuratamente i capelli. Credo che li tirerò su in una coda alta. Semplice, ma pur sempre elegante. Vado in camera e apro i pacchi per vedere cosa contengono e per poco non mi prende un colpo. Il vestito è bellissimo, non c'è che dire, potrebbe anche avvicinarsi ai miei gusti vista la sua linea semplice, anche le scarpe non sono esagerate. Sulla pochette sorvolerei, perché non serve a nulla e per di più la trovo scomoda. So già che non potrei appoggiarla da nessuna parte, perché la dimenticherei ovunque. Tiro fuori, poi, una piccola confezione e qui il mio cuore ha un attimo di cedimento. Apro la scatolina di velluto e guardo la bellissima collanina al suo interno. Ha proprio pensato a tutto. Si abbina perfettamente ai miei orecchini che sono come due puntine luminose e un tutt'uno con le mie orecchie, visto che non li tolgo quasi mai. Sono un regalo dei miei genitori e ci tengo molto. Indosso l'abito, le scarpe e la collana, prendo la pochette e mi guardo allo specchio, ma quel che vedo NON mi piace, non sono io e mi sento morire dentro. Mi siedo per riflettere sul da farsi, perché non posso e non voglio indossare queste cose. Andrò con lui, perché non posso fare a meno di LUI, perché, purtroppo, credo di essermi innamorata follemente, ma non indosserò queste cose. Porterò solo la collanina e lui capirà...
Capitolo 65
ZACHARY
Guardo l'orologio e, come sempre, sono in orario perfetto. Finisco di sistemare le
ultime cose e tiro fuori il mio smoking per la serata. So già che quando la mia pel di carota entrerà da questa porta dovrò trattenermi nello strapparle il vestito di dosso e scoparla come a lei piace tanto, sentirla pronunciare il mio nome mentre mi prega di continuare, proprio qui, sulla mia scrivania. Sono già eccitato, cazzo. Finisco di sistemarmi e apro la porta del mio ufficio. Ci sono solo io visto che gli altri sono andati via un po' prima per prepararsi alla serata. Ci tengo molto a questa cena al club, perché è per una buona causa. I soldi verranno devoluti all'università di Oxford, la mia adorata università che mi ha permesso di diventare ciò che sono e diverranno borse di studio per tutti quei ragazzi in gamba che, purtroppo, non possono sostenere i costi di un'università così dispendiosa. Sento il rumore dell'ascensore che si è fermato al piano e vado incontro a Olivia emozionato di vederla in tutta la sua bellezza, ma quando le porte si aprono sono inorridito da quel che vedo. Sono così incazzato che avrei un gran voglia di scoparla fino a farle male e poi mandarla via come una sgualdrina. Sono veramente fuori di me. «Ciao Zachary». Si avvicina e io rimango immobile. «Ciao? Mi dice ciao!». Scrollo il capo e mi giro dall'altra parte. Non posso guardarla, ho la nausea. «Zachary, non fare così, sono qui e voglio stare al tuo fianco stasera, con tutto il cuore. Ma non potevo indossare quelle cose, non mi sentivo a mio agio. Cerca di capirmi». Cercare di capirla...Cristo santo, vorrei prenderla a sberle! Mi stropiccio il viso tra le mani e mi giro di nuovo verso di lei. «Una cosa Olivia, ti avevo chiesto soltanto una cosa...Questa non è una serata come le altre, non puoi venire vestita con uno straccio del genere, come se fossi una contadinella che gira per il paese in bici la domenica. Avresti potuto fare uno sforzo, cazzo!» Sono fuori di me. È molto più testarda di quel che pensavo.
«Quando abbiamo deciso di conoscere il mondo l’uno dell'altra non si era parlato di decidere cosa indossare o meno, io non l'ho mai fatto con te. Se non mi accetterai così, stasera non verrò con te Zachary». Mi avvento su di lei veloce come un vampiro e le prendo il viso tra le mani. «Oh no, verrai, ma sta sicura che ti pentirai di non aver indossato le belle cose che con cura ti ho comprato oggi, solo per farti sentire come una principessa stasera. Se avrai un crollo o ti troverai in difficoltà, non potrai contare su di me». Sono così arrabbiato, ma anche così dannatamente coinvolto da questa ragazza che mi ha strappato il cuore. Perché di questo si tratta, sto soffrendo come un pazzo!
Capitolo 66
OLIVIA
Saliamo in macchina e non mi parla, arriviamo a questo maledettissimo club e non mi parla. Si limita a tenermi per mano, perché lo sento che vuole starmi vicino e proteggermi, ma è troppo arrabbiato. Ho sbagliato e me ne sto rendendo conto. Forse, inconsciamente, quella del vestito è stata una scusa. Fondamentalmente non volevo compiacerlo, per questo non ho indossato le belle cose che mi ha comprato. Il mio lato ribelle sta tornando in me in maniera prepotente e il motivo è stato la scossa elettrica che ho sentito in quel teatro. Ha tirato fuori tutta l'adrenalina che è in me, risvegliando quel lato che, ultimamente, ho tenuto nascosto. Mi sento osservata non appena metto piede nella grande sala. Questa volta, però, non è come ha detto Matt quella sera al ristorante. Questa volta stanno pensando
davvero a come diavolo mi sono conciata. Zachary, come sempre, è sicuro di sé. Stringe mani, sfodera il suo bel sorriso e le bellissime donne vestite come delle regine se lo stanno mangiando con gli occhi. Poi, guardano me, con comione. Forse pensano che sia... quella di turno? Un piacevole e diverso atempo? Un uomo come lui può avere davvero ciò che vuole, ma ha scelto di are il suo tempo con me... Sono sempre più confusa. Ad un certo punto due signore distinte, ma con l'aria da gattemorte, si avvicinano a noi. Sento Zachary irrigidirsi, perché mi stringe ancora più forte la mano. Mi chiedo chi siano, anche se so già che quando lo scoprirò non sarà una cosa piacevole. «Avvocato Collins, che piacere vederla». «Non credo di poter dire lo stesso avvocato Durango». Anche lei è un avvocato. La donna con lei ha lo sguardo ancora più tagliente, ma è di una bellezza incredibile. «Ciao Zachary, è da un po' che non ci vediamo». Si avvicina e senza curarsi minimamente di me gli dà un bacio sulla guancia. Vorrei vedere queste due donne morte: è normale? «Ciao Serena, cosa ci fai qui?». «La mia nuova amica Mildred mi ha invitata, sciocchino. Non pensare subito male!». Sciocchino? Pensare male? Ma di cosa parla? «Non ci presenti la tua sorellina?». Sono sconvolta, sconvolta davvero! «Lei è Olivia e non è mia sorella, ma un'amica». Un'amica...Di male in peggio...
«Oh, scusaci tanto», dice la bionda ossigenata, guardando l'altra che sembra la sorella gemella di Victoria Beckham; solo più alta. «Non avevi una sorella, scusa?». Zachary è completamente imibile. È così arrabbiato...Mi aveva detto che se mi fossi trovata in difficoltà non mi avrebbe sostenuta e così sta facendo, se non peggio. «Sì, ma è in Scozia e quindi, non può essere lei, ti pare?». Decido di intervenire, visto che si parla di me e non sono un fantasma. «Mi chiamo Olivia Newton». Ma non porgo nessuna mano, sia chiaro! «Piacere», dicono in coro come due galline. «Carino il vestito», dice questa Serena con aria disgustata. Basta, non ce la faccio più. «Zachary, vado un attimo al bagno». «Va bene, ti aspetto a quel tavolo», mi dice indicandolo. Mi sento morire, davvero. Dopo pochi secondi, vedo quella Serena entrare con in mano un giornale; me lo porge. «Sei tu allora quella sgualdrina che si scopa il mio uomo!». «Ma di cosa parli? Che diavolo vuoi da me?». Guardo il giornale che mi porge e mi sento crollare. La spogliarellista e l'avvocato... «Cosa credevi? Sei solo un'eccitante novità, niente di più. Ma non appena si renderà conto che rovinerai tutti i suoi progetti ti lascerà». Sento la voce di questa donna orribile come fosse un eco. Non rispondo.
Butto il giornale a terra, esco subito dal bagno, faccio qualche o in direzione di Zachary che è seduto al tavolo. Lo guardo e lui intercetta subito il mio sguardo. Sto piangendo a dirotto, mentre rimaniamo qualche secondo così. Poi, con la bocca, gli mimo in maniera marcata un NON POSSO. Lui capisce subito e si alza, ma scappo via...
Capitolo 67
ZACHARY
Quando dico una cosa è quella! Le ho detto che non l'avrei sostenuta in un momento di difficoltà, come è normale che sia per lei trovarsi in mezzo ad un mondo che non le appartiene e che mai le apparterrà...Sono stato uno stupido a crederlo possibile. Come se non bastasse chi mi ritrovo stasera? Quelle due grandissime sgualdrine che, e nessuno me lo toglie dalla testa, si sono coalizzate. Assurdo, davvero. Quando le ho viste avvicinarsi a noi avrei voluto prendere Olivia tra le braccia e portarla via di qua, ma non l'ho fatto, sono davvero furioso con lei. Si è allontanata con la scusa del bagno ed io l'ho lasciata andare. Ho tagliato corto con le due stronzette e sono andato al mio tavolo. Dominique è seduto di fronte a me, ma io l'ho salutato appena. Non mi piace quella faccia di cazzo che ha fatto nel momento in cui ha visto Olivia. La mia piccola sarebbe bellissima anche avvolta di stracci, ma stasera, a questa serata, avrebbe dovuto assecondarmi. Ad un certo punto la vedo immobile, che mi guarda con le lacrime agli occhi. Mi sento morire dentro. Ci guardiamo finché non scappa via da me, da quello che sono, dalla mia vita, così diversa dalla sua, ma io corro da lei... Esco fuori e scendo la scalinata facendo gli scalini a due a due. La vedo attraversare la strada di corsa e per poco una macchina non la mette sotto. «Olivia!!», le urlo, «fermati per favore». Ma lei continua a correre avendo un netto vantaggio. Non mi arrendo e corro ancora più veloce. Entra in un vicolo, sperando di
depistarmi, ma la vedo, io la vedo sempre, non può sfuggirmi. Raggiungo il vicolo e svolto. La strada è chiusa ed io la osservo lì, ferma, che piange sommessamente. «Olivia». «Vattene via Zachary, ti prego, ti scongiuro, vattene via». Ma non la ascolto e mi avvicino. Non mi va di parlare e fare grandi discorsi, voglio solo sentirla mia, tutto qui. Perché lei è MIA, è solo MIA! Mi avvicino e la stringo forte contro il muro. In questo momento non ragiono. Sono come un animale che segue il suo istinto primordiale. «Baciami Olivia». «NO!». «Ho detto, baciami!». Sto quasi urlando. «Perché? Perché dovrei baciarti, dimmelo!». «Perché io...perché io...ti amo...». Ed è vero, la amo. Non risponde, si limita a guardarmi e smette improvvisamente di piangere. Siamo qui, in un vicolo, ma non mi importa. Nulla può impedirmi di sollevarle il vestito mentre ci guardiamo negli occhi e di scostarle le mutandine per cominciare a toccarla e farla bagnare solo per me. Nulla può impedirmi di inginocchiarmi, sollevarla da terra, poggiarle le gambe sulle mie spalle e cominciare a leccarla e succhiarla. Nulla può impedirmi di farla godere fino a farla urlare fortissimo, così che tutti possano sentirla, sentire che è mia e che solo io posso farle ciò. Nulla può impedirmi di metterla giù, sollevarmi da terra, girarla di schiena con la guancia schiacciata contro il muro e aprirmi la patta dei pantaloni per cominciare a scoparla da dietro. Nulla! Neppure lei, la mia piccola, che amo come un pazzo e che mi accoglie incitandomi a continuare e a prenderla sempre più forte. È bellissimo venire insieme a lei. Siamo fottutamente perfetti insieme. Non vorrei mai uscire dal suo calore, ma purtroppo non possiamo rimanere così
per sempre. Si gira verso di me e ci guardiamo ancora. È visibilmente sconvolta da quello che abbiamo appena fatto ed anche io lo sono. «Hai capito Olivia? Io ti amo», le dico appoggiando la fronte alla sua. Ma lei mi sposta e guardandomi dritto negli occhi mi risponde: «Ma io non ti amo Zachary». Si toglie la collanina che le ho regalato e che non mi ero accorto avesse indossato, perché troppo furioso, me la porge, si allontana e se ne va. Rimango qui inerme, non posso crederci: abbiamo appena fatto l'amore contro un muro come bestie e lei...non mi ama. La mia bellissima ballerina con adorabili lentiggini e occhi color caramello, non mi ama. Appoggio la schiena al muro e scivolo giù. Comincio a piangere...
Capitolo 68
OLIVIA
Sono ate diverse settimane da quella sera in cui abbiamo fatto l'amore come selvaggi contro uno squallido e sporco muro, la stessa sera in cui gli ho mentito, dicendogli di non amarlo. L'ho fatto per lui, per il suo lavoro, per il meraviglioso futuro che lo aspetta e per la vita a cui appartiene. Non voglio essere io la sua rovina, non voglio metterlo in imbarazzo in ogni situazione importante per lui. Quell'articolo fasullo sul giornale in cui si parlava di noi lo avrebbe rovinato sul serio. Non è giusto. Mi rimangono i ricordi di un periodo così breve, ma incredibilmente intenso. La prima volta che lo vidi, mentre ero rannicchiata contro la sua macchina. Quando incrociai il suo sguardo furioso nel vedermi baciare Matt, la cena da Pizza Hut e vederlo mangiare con le mani. Era così a disagio! Quando ho danzato, solo per lui e abbiamo fatto l'amore per la prima volta. Il picnic sul prato e la eggiata per Camden Town e molti altri brevi ma intensi momenti. Ma più di tutti, la ruota panoramica...Lì ho capito di amarlo sul serio. Mi manca, è uno strazio non poterlo vedere, non poter sorridere alla sua buffa caricatura di se stesso. Mi mancano anche quei momenti in cui lo avrei steso volentieri con un bel pugno sul naso per quanto è arrogante e pieno di sé. Forse sono questi i momenti che più mi mancano, anche se può sembrare strano, perché lui non ha timore di farsi vedere per come è realmente ed è proprio questo, il non mettere mai una maschera, che mi ha fatta innamorare. L'essere in tutto e per tutto se stesso. Accendo la musica nel mio piccolo salottino, diventato il mio rifugio, e comincio a muovermi a tempo, ballando per lui, immaginando che sia qui con me e mi stia guardando...
Capitolo 69
ZACHARY
Mi sento uno schifo totale e ringrazio il cielo di avere il mio lavoro che mi tiene molto impegnato, non permettendomi di pensare in continuazione a Olivia. Sono quasi sollevato dal fatto che non sia mai stata a casa mia, di non averla mai presa nel mio letto, o in qualsiasi altro angolo della mia casa, altrimenti sarei stato costretto a dare fuoco a tutto. Mi rimangono i ricordi: la prima volta che la vidi rannicchiata e appoggiata alla mia macchina, quando avo davanti a quel dannato magazzino sperando di vederla, la prima cena in cui mi portò ad essere uno zoticone, quando ha danzato per me e poi abbiamo fatto l'amore, il nostro picnic e la eggiata a Camden Town, ma, più di tutto, la ruota panoramica…Lì avevo capito di amarla, anche se lo negavo a me stesso. Pochissimo tempo, ma tutto talmente intenso che quasi non so spiegarlo. È entrata nella mia vita come un ciclone, ha spazzato via tutte le mie sicurezze e il mio rigore, per poi lasciarmi lì da solo, dicendomi che non mi amava. Dovrei odiarla per questo, ma non posso! Non posso perché la colpa di tutto ciò non è solo sua o forse non è per niente sua, ma solo mia. Non ho saputo gestire il nostro rapporto, perché non ne ho mai avuto uno così. Con Serena, nonostante avessimo un rapporto più esclusivo rispetto che con le altre, non era nulla se non una gran perdita di tempo. Cosa mi hanno lasciato tutte queste avventure? Niente, il vuoto totale. Hanno soltanto incentivato il mio comportamento sbagliato, facendomi credere che esiste solo il lavoro e la carriera e che l'amore è un sentimento per i deboli. Tutto sbagliato. L'amore ti dà la vita e ti aiuta a essere una persona migliore. Purtroppo, non posso far altro che indossare la maschera per ritornare ad essere quello che sono sempre stato, sperando di calarmi di nuovo così bene nella parte da dimenticare questi due mesi magici.
Capitolo 70
OLIVIA
«Ragazzi, vi presento Pasha e il suo ragazzo Preston». «Piaceve di conoscevvi». Per poco Donovan, Savannah e gli altri non scoppiano in una risata più che fragorosa. La sua r moscia è davvero devastante. Per fortuna riescono a contenersi. Pasha ha portato un pizzico di aria fresca nella mia vita; è un ragazzo speciale e anche il suo fidanzato non è da meno. Non so perché, ma dopo aver rotto definitivamente con Zachary ho sentito l'impulso di chiamarlo e raccontargli tutto come fossimo amici da sempre. «E tu hai mollato lì quello stallone?», mi aveva detto, facendomi ridere a crepapelle. «Hai fatto bene pevò a spupattavtelo pev bene un'ultima volta». È riuscito a strapparmi un sorriso in un momento davvero buio per me. Ho deciso di presentarlo al gruppo proprio in questa serata speciale e un po' diversa dal solito. Siamo a North Greenwich e, come ogni 2 giugno di ogni anno, si tiene una gara a cui partecipano le migliori e più conosciute crew di Londra. Questa sera parteciperemo con un pezzo molto aggressivo che ho imparato con fatica. Soprattutto per l'astio tra me e Matt. Sa benissimo che ho lasciato Zachary, ma non mi ha chiesto nulla ed io non ho voglia di parlarne. Anche Savannah mi è stata molto vicina, ma non ho voluto tormentarla più di tanto con i miei drammi. La vedo così serena con Donovan; sono perfetti insieme e molto innamorati. Poi, è anche più serena grazie al suo lavoro da Pizza Hut che le permette di vivere più serenamente il suo, purtroppo, ancora sottopagato lavoro da insegnante. Molto presto andranno a vivere insieme ed io sono così felice per loro.
Ho deciso di far conoscere Pasha e Preston al gruppo anche per vedere se possa piacere loro, l'idea di farne parte. Donovan si avvicina. «Come ti senti Olivia?». «Nervosa, non credo di essere pronta per una cosa del genere». «Andrai alla grande invece. Sai una cosa? Ne ho parlato anche con Savannah qualche giorno fa». «Che cosa?». «Devo ricredermi su voi amanti del balletto classico, perché quando vi cimentate in un genere diverso e imparate...imparate sul serio!». «Grazie, ne sono felice, davvero». «Un'ultima cosa». Si avvicina ancora per non farsi sentire. «Parla con Matt, non è tutto perso ancora». «Ne dubito Donovan, lui vuole da me quel che non posso dargli». «Lui adesso ha bisogno della sua amica, fidati di me». «Vedremo. Grazie». «Di nulla». Pasha si avvicina agitando in aria le braccia con entusiasmo. «Questo è il pavadiso Olly. Oltve a vedeve gente che balla da dio è pieno di maschi icvedibili. Pavlo piano altvimenti se Pveston mi sente sono dolovi». «Sei incredibile!». «Ah, lo so». Si allontana tra la folla. Ci prepariamo, tra non molto toccherà a noi. Non siamo una vera crew, perché
facciamo sempre e solo flash mob, ma a un ragazzo della crew di Old Street è arrivata voce che siamo piuttosto in gamba e ci ha invitati. Combatteremo a colpi di ballo proprio contro di loro. La musica che abbiamo scelto è un pezzo tratto dal video BAILANDO di Enrique Iglesias e soprattutto questo il motivo per cui ho avuto un po' di difficoltà a immedesimarmi in questo genere un po' troppo latino per i miei gusti. Comincia l'altra crew e l'effetto è bellissimo. Anche loro sono in molti e ballano tenendo un tempo perfetto. Ogni movimento non è fatto a caso, è in simbiosi con ogni minimo cambiamento della musica. Adesso tocca a noi ed io sento il cuore che mi scoppia. La danza ha la capacità di farmi sentire libera ed ogni volta che comincio a danzare non penso più a niente; è come una medicina che ha la capacità di darmi sollievo anche nei momenti di sconforto, come sto vivendo in questo periodo. Zachary mi manca. È come se una parte del mio cuore sia stata spezzata per essere donata a lui credo, anzi no, ne sono sicura. Danzo come mai avrei pensato di fare, danzo non pensando a tutti i giorni che verranno, danzo come se stessi per esalare l'ultimo respiro, aggrappandomi alla speranza di vivere ancora, danzo per lui anche se non può vedermi.
Capitolo 71
ZACHARY
Come se rubare una sua fotografia dal magazzino quella sera non bastasse a far di me un pazzoide psicopatico, decido anche di seguirla in ogni, seppur limitato, momento libero durante la giornata. Limitato, perché questa settimana mi aspetta un'altra udienza in tribunale e credo proprio che comincerò a far nera quella grandissima stronza, sgualdrina, testa di cazzo e chi più ne ha più ne metta, della Durango. La farò strisciare ancora di più come la serpe che è. «Zachary il prossimo mese dovremo occuparci di tutti i documenti per il tuo
cambio di ruolo. Sai, ho pensato seriamente che ti stessi giocando tutto, sei stato così assente con la mente nelle settimane ate e posso anche capirlo visto il bocconcino che ti sbattevi. Ma ora, a quanto pare, hai appagato i tuoi istinti con altre piacevoli e più adatte compagnie, visto che mi sembri tornato lo squalo di prima», dice Dominique. La mia maschera ha ottenuto l'effetto voluto. In realtà sto soffrendo come una bestia che viene squartata viva, ma sono felice di nasconderlo. Mi ha lasciato e forse è meglio così, mi erà e tutto tornerà come deve essere. Decido comunque di non rispondere a questa sua affermazione e are oltre. «Perfetto». Taglio corto, così finalmente se ne andrà ed io potrò tornare al mio dolore. Non mi accorgo di come il tempo sia ato velocemente, anche perché le giornate si sono allungate moltissimo ed è ancora chiaro fuori. «Avvocato, se non ha più bisogno di me andrei». «Ma certo, vada pure Margie». Il piano si svuota velocemente; ognuno va a casa propria. Se non sbaglio tra mezz'ora Olivia uscirà dal lavoro ed io la seguirò, ma un'ultima volta. Mi beerò della sua bellezza e cercherò di tenerla ben impressa in me, per lo meno questo e poi la sua fotografia un po' rovinata... Sento bussare alla porta e mi risveglio all'improvviso come da un coma. «Avvocato, buonasera». Prendo la mia valigetta e mi alzo per uscire dal mio ufficio. «Buonasera Pablo». «Si sente bene? La vedo un po' giù di tono». «Ho solo avuto un brutto periodo». «Ah sì? Perché fino a poco tempo fa mi sembrava così sereno».
«erà». Non so cos'altro dire e mi allontano. «Sa una cosa avvocato?». Mi fermo girandomi verso di lui per ascoltarlo. «Cosa?». «Quando l'amore ci fa soffrire vuol dire che è vero amore. Dopo la pioggia torna sempre il sereno...». Mi avvicino di nuovo a lui. «E se non fosse solo e semplice pioggia? E se invece si trattasse di un uragano che distrugge tutto quello che tocca?», gli domando. «Allora in quel caso sarà necessario rimboccarsi le maniche e ricominciare tutto dal principio e il risultato sarà ancora più bello, sarà tutto nuovo». «Grazie Pablo». Sono sconvolto dalla sua risposta. «Di nulla avvocato, di nulla». Gli sorrido e lo saluto prima di andarmene via. Salgo in macchina e guido fino a Pizza Hut. Accosto poco distante per non farmi notare e la vedo uscire. Una macchina la sta aspettando proprio lì davanti e lei vi sale sopra. Mi sembra di vedere due ragazzi; uno al posto di guida e l'altro vicino. Saranno degli amici che fanno parte di quel gruppo strampalato? Non so, ma non posso fare a meno di seguirli per vedere dove vanno. Mi ritrovo a North Greenwich per seguire Olivia da psicopatico quale sono. Se Dominique mi vedesse si rimangerebbe tutto quello che mi ha detto e addio diventare socio. Ma poi, voglio davvero diventare socio? Per il momento l'unica cosa che mi interessa è vedere dove va e, soprattutto, che diavolo ci fa qui Olivia. Cerco di tenermi lontano per non farmi notare, li vedo svoltare in una stradina a destra e gli vado dietro. Ad un certo punto si fermano e parcheggiano la
macchina vicino al marciapiede. Aspetto che scendano per vedere meglio chi sono questi tizi e dove la stanno portando, soprattutto. Rischio di impazzire, di impazzire sul serio! Al buio non li vedo benissimo. Parcheggio a una certa distanza da loro, scendo dalla macchina e li seguo. Svoltano a un angolo ed io continuo a stargli alle calcagna. Quando finalmente si fermano, rimango un po' nascosto vicino a un cassonetto dell'immondizia. Sono proprio caduto in basso! Vedo un numero spropositato di giovani di tutte le età. Sembra quasi di essere nel film I guerrieri della notte e loro sono le gang. Non mi piace questa storia, non mi piace per niente. Quando vedo i due ragazzi, che hanno portato Olivia, baciarsi tiro un sospiro di sollievo. Se non fosse che mi sembrano due teppisti, proprio come quelli che di solito tiro fuori o faccio andare in galera, sarebbero gli unici amici maschi che potrei tollerare vicino a lei. Visti i loro gusti non dovrei preoccuparmi. Sono tutti divisi in gruppo e la mia piccola (e ripeto: la mia piccola!) è vicino ai suoi soliti amici circensi, incluso quel Matt che però non la degna neppure di uno sguardo. Bene, forse ha capito lo stronzetto! Parte una musica assordante e due dei gruppi si mettono uno di fronte all'altro. Hanno molto spazio e il fiume Tamigi gli fa da contorno. È un posto molto isolato, perfetto per questi ridicoli teatrini. Inizia il primo gruppo e devo dire che mi sconvolge vederli muoversi così, a tempo di musica. Non sbagliano un colpo. Poi, ad un certo punto si fermano con aria minacciosa verso gli altri che, a loro volta, li guardano con sufficienza e cominciano a ballare. Sono davvero molto simili a delle gang, ma combattono a colpi di ballo. Quando finiscono, cominciano gli applausi per uno e per l'altro gruppo. Ha vinto il primo che ha cominciato, visto che il tifo è più forte nei loro confronti. Forse comincio a capirci qualcosa. È il turno della gang di Olivia. Sono nervoso come un bambino all'idea di vederla danzare di nuovo e, infatti, non appena comincia a muoversi tirando fuori una grinta disarmante, rimango incantato. Fino ad ora l'ho vista ballare con movimenti dolci e sensuali da farti venire i brividi ed ora questo...Sono senza parole! È bravissima, è perfetta, è una ballerina dal talento eccezionale e vederla accontentarsi di questo mi fa male al cuore.
Capitolo 72
OLIVIA
Oggi è il 7 giugno e sono qui davanti al teatro con Pasha, Preston, Donovan e Savannah. Forse ci raggiungerà anche Matt, visto che le cose tra noi sembrano andare un po' meglio. Sono rigida come un baccalà e mi fanno male le mani da come stringo forte la mia bottiglia d'acqua. «Calmati Olivia, altvimenti mi favai venive un attacco di cuove». Non c'è di certo bisogno che vi dica chi è a parlare... «Ma tu come fai ad essere così tranquillo?». «E che motivo ho di agitavmi, sono un ballevino eccezionale». «Staremo a vedere, ancora non ti ho visto esibirti». «Lo sai che non sono il tipo da flash mob, non insisteve pev favove, vagazzacia che non sei altvo». «Uffa, come sei». «Sono come sono». Anche Savannah mi dice di stare calma. «Sia tu che Pasha andrete benissimo, ne sono sicura». «Non c'è bisogno che tu lo dica Savannah, è già sicuvo che iamo». Alziamo entrambe gli occhi al cielo esasperate. «Dai, coraggio, entriamo», ci incita Donovan.
«Eccomi ragazzi!». È arrivato anche Matt. «Ciao Olivia, in bocca al lupo». Sembra più sereno e la cosa mi rende davvero felice. «Crepi». «In bocca al lupo anche a te Pasha». «Cvepi belloccio». Matt sorride, con Pasha è davvero inevitabile. Saremo almeno trecento ballerini, sparpagliati un po' dappertutto. Il primo provino consiste in una scrematura generale. Balleremo in gruppi di cinquanta persone e da questi cinquanta ne rimarranno soltanto dieci. Sarà molto difficile e la paura di un'altra delusione è reale, ma voglio provarci comunque, almeno un'ultima volta. La giuria è composta da cinque tra ballerini e coreografi e poi il guru: l'unico e il solo Larrio Ekson, il coreografo, maestro e ballerino migliore al mondo. Sto per sentirmi male sul serio e improvvisamente ho come la sensazione di non essere sufficientemente preparata. Io sono nel secondo gruppo, Pasha nel primo. Comincio a scaldarmi, ma quando i primi cinquanta iniziano a ballare sulla più bella colonna sonora di Cats e lo guardo, non posso credere ai miei occhi. Pasha è davvero il ballerino migliore che abbia mai visto in vita mia. Perfetto, incredibile, da lasciare senza fiato. Vedo come lo guarda Preston: con un amore assoluto e posso capirlo, è da togliere il respiro. Quando il primo gruppo finisce lo abbraccio. «Tu sei il numero uno». «Gvazie bambolina. Andvai alla gvande anche tu». Si avvicina, poi, ai nostri amici che, come me, si complimentano sinceramente con lui. Ora è il turno del mio gruppo. Salgo sul palco e mi sento tremare. Ci sono i miei più cari amici qui con me e questo dovrebbe bastarmi a rendermi felice, ma
purtroppo non è così. Vorrei ci fossero i miei genitori e vorrei ci fosse Zachary, mi manca da morire e non posso farci niente purtroppo. Comincia la stessa musica anche per noi, subito dopo che Larrio Ekson ci ha fatto vedere una sola volta la coreografia. Chiudo gli occhi per sentire la melodia entrarmi dentro e comincio a danzare. Danzo come non ho mai fatto prima, lo sento. Ripenso a Zachary e a quando ho ballato per lui, ballo come se lo fi per lui e allora...volo... Quando tutti i gruppi hanno completato la coreografia ci fanno aspettare circa un'ora, seduti in galleria, per il verdetto. Un'ora lunghissima. La giuria esce dalle quinte e il grandissimo Ekson con il microfono in mano, legge i nomi di chi è ato. Pasha è il primo ad essere chiamato e noi lo stringiamo forte in un abbraccio di gruppo. Raggiunge, poi, la giuria sul palco. Un'altra serie di nomi e il mio non arriva mai. Savannah mi stringe la mano forte per infondermi coraggio e Matt chiude gli occhi tenendomi una mano sulla spalla come fosse in preghiera. Manca un solo nome, ho contato bene e le mie speranze, oramai, sembrano morte con me. Fino a quando... «Olivia Newton». Alzo la testa incredula e sconvolta. Piango, mentre salgo sul palco.
Capitolo 73
ZACHARY
La mia famiglia mi ha fatto una bellissima sorpresa. Ovviamente mio padre non era d'accordo visto che sono molto impegnato con il mio lavoro, ma con due femmine in casa, non ha nessun potere. eranno qualche giorno qui da me. La casa è grande e c'è spazio per tutti e poi mi piace l'idea di dedicare del tempo a mia sorella. Mio padre si è ripreso perfettamente, specialmente ora che ha smesso di fumare, come anch'io del resto. Quando frequentavo Olivia avevo capito quanto poco apprezzasse e poi non avevo neppure il vizio, era soltanto un modo di fare, un terribile modo di fare. È grazie a lei se ho smesso, come è grazie a lei se mi sento una persona migliore, nonostante indossi spesso la mia maschera da fottuto stronzo sul lavoro. «Che bella casa Zachary, essenziale direi», mi dice mio padre guardandosi intorno. «Fin troppo essenziale», risponde mia madre, «si vede che manca quel tocco femminile». «Viene una signora a pulire una volta a settimana, non manca assolutamente il tocco femminile». Strizzo l'occhio a mia madre che sospira esasperata. Mio padre e mia sorella cominciano a ridere. «Come sei diventato spiritoso fratellone, cosa ti è successo?». «Nulla bambina, forse lo sono sempre stato e non ve ne siete mai accorti». «Sarà, se lo dici tu!». Fa gli occhi storti.
«Aspetta Julie, ho un regalo per te». «Fa vedere subito, sono curiosa». Comincia a saltellare per la sala. Vado in camera e torno con il sacchetto. Me lo sfila dalle mani, lo apre e tira fuori la bizzarra maglietta che Olivia mi ha consigliato di comprarle. «È bellissima Zachary, dove l'hai presa? C'è scritto Sono una giovane Audrey Hepburn. Grazie». Mi dà un bacio sulla guancia. «Consiglio di un'amica che è un'artista un po' pazzerella, proprio come te». «Davvero? Recita anche lei?». «No, lei danza, è una bravissima ballerina». «Devo conoscerla assolutamente, allora». «Non so se sarà possibile Julie, non la vedo da un po'». «Oh, che peccato». Sì, un vero peccato... «Ballerina è?». Ammicca mio padre. Faccio spallucce, ma cambio argomento. «Ho la mattinata libera, vi porto un po' in giro e poi mangiamo qualcosa fuori». «Mi sembra un'idea bellissima Zac». «Perfetto allora». Vedere mia madre e mia sorella più serene dopo l'infarto di mio padre, tranquillizza molto anche me. Oramai si è ripreso perfettamente. Giriamo più di un'ora per negozi, è davvero una mattinata piacevole. «Dove mangiamo figliolo?», mi domanda mio padre.
«Cosa ne dite di mangiare pizza, patatine e hamburger in un fast food?». Si bloccano tutti e tre visibilmente sconvolti. «Ma ti ha dato di volta il cervello Zac?», domanda mia madre. «Questa nuova versione di te mi piace molto fratellone!». «Zachary, ti senti bene?», domanda mio padre. «Ok, come non detto, scusate». Sollevo le braccia con aria di resa. Si guardano tutti e tre confusi ma poi, con mia grande sorpresa, annuiscono entusiasti. «In fondo è come se fossimo in vacanza, che male c'è!». «Sono d'accordo Charlotte. Che pizza e patatine siano». Ovviamente non andremo dove lavora Olivia, non vorrei incontrarla e soffrire ancora di più di quanto io non stia già soffrendo. Ad un certo punto iamo di fronte al The Queen's Theatre e vediamo una gran confusione. Mia sorella si avvicina al tabellone posto all'entrata per leggere. «Oggi si tengono i provini per Cats!». «E cosa sarebbe?». «Ma come? Sei sempre il solito e incorreggibile secchione che legge e guarda solo cose barbose, anche se mi sembri un po' più simpatico del solito». «Grazie», le rispondo. «Prego. Comunque, è uno dei musical più belli e importanti nella storia del teatro. Incredibile e indimenticabile». «Sembra una bella cosa». «E lo è fratellone».
Quando stiamo per allontanarci sento una voce. La voce più bella che esista e... l'unico suono che voglio che esca da quella bocca... «Olivia». Mi avvicino. «Cosa ci fai qui?», mi domanda sconvolta. Ci guardiamo per secondi che sembrano infiniti, fino a quando l'entusiasmo di mia sorella ci travolge. «Tu sei la ballerina per caso? Proprio stamane si parlava di te. Grazie per la bellissima maglietta che hai consigliato a mio fratello. L'ho indossata subito». «Ti sta benissimo». «Grazie». «Io sono Julie, comunque». «Olivia, molto piacere». Anche i miei genitori si avvicinano per conoscere la misteriosa ballerina di cui si parlava stamane. «Hai fatto il provino per Cats?», le domanda Julie. «Be', sì...». È davvero in imbarazzo, anche perché non smetto un attimo di mangiarla con gli occhi. «Come è andato?», le chiedo. «Bene, sono ata per ora, ma è solo il primo». «Li erai tutti, ne sono sicuro». Fa finta di nulla. «Ora devo andare, mi aspettano». Vedo il suo gruppetto di amici avvicinarsi e c'è anche quel Matt. Ci guardiamo appena, anche se avrei una gran voglia di fargli davvero male.
«Ciao Zachary». «Ciao Olivia». Saluta poi Julie, i miei genitori e si allontana. Io rimango ancora un po' fermo a guardarla, nella speranza che si giri almeno una volta. E lo fa, cristo, lo fa! Mi guarda e, come se nulla fosse, mi manda un bacio con la mano. Vorrei morire proprio in questo istante...
Capitolo 74
OLIVIA
Smetterò mai di amarlo? Non so ancora darmi una risposta, perché il mio cuore sanguina sempre per lui. Sono così felice di aver ato il provino, ma sono anche così triste di non poter condividere la mia gioia con lui. Questa sera andrò con gli altri in un disco bar per ballare, o meglio, dimenarmi con i miei amici. Pasha e Preston vengono a prendermi sotto casa e quando mi vedono fischiano a più non posso. «Olly, se fossi etevo io potvei davvevo amavti». Anche Preston sembra d'accordo ed io non posso fare a meno di ridere. Questa sera ho deciso di indossare una minigonna nera con corpetto e un tacco un po' più alto del solito. Ho bisogno di qualche cambiamento, nella mia vita. «Hai più visto quel pezzo di mavcantonio di Zachavy? Cvisto Santo, quando io e Pveston lo abbiamo visto pavlave con te fuovi dal teatvo abbiamo vischiato di aveve un ovgasmo! Vevo tesovo?» «Vero», risponde Preston, ormai rassegnato dal discutibile senso dell'umorismo di Pasha. «No e non credo lo vedrò più». «È un vevo peccato tesovo, davvevo un vevo peccato». Annuisco guardando fuori dal finestrino. Quando arriviamo al disco bar vediamo subito gli altri che ci aspettano. Noto anche una ragazza del nostro numeroso gruppo flash mob molto carina e molto, molto, vicina a Matt. Che ci sia qualcosa tra di loro? Lo spero vivamente, ma dal
modo in cui ammiccano direi proprio di sì. E poi, non è mai uscita con noi prima, la vedevamo solo ed esclusivamente alle prove e durante i nostri spettacoli. Entriamo ed è tutto bellissimo. Un locale alla mano frequentato da bella gente che viene solo qui per dimenarsi: nessuna coreografia. Ne sono felice, anche perché ultimamente, oltre il lavoro, sono molto presa nel prepararmi per il secondo provino che si terrà la prossima settimana. Quando, però, si pensa di cominciare a sentirsi un po' meglio, è proprio lì che si ricade, invece, in un vortice. Smetto di ballare improvvisamente e mi allontano un po' dalla pista. I miei amici sono talmente presi dalla serata che neppure se ne accorgono. Devo spostarmi un po', sono attratta come una calamita da quel che vedo. C'è molta confusione, ma tra la folla mi sembra di scorgere un'immagine. Forse ho le allucinazioni? È davvero lui? No, non può essere... Jeans un po' scoloriti, una t-shirt nera molto aderente a girocollo, i capelli in disordine che gli ricadono sulla fronte. Continuo a camminare tra la gente e anche lui mi viene incontro. Dio mio, è un sogno? Non so cos'altro pensare. Siamo uno di fronte all'altra. «Zachary, cosa ci fai qui? Come facevi a sapere dov'ero?». Parlo a voce molto alta: la folla e il rumore assordante della musica non mi hanno mai dato fastidio, ma in questo momento vorrei che tutto si fermasse. Mi prende la mano e mi porta con sé. Ci appartiamo in un angolo tranquillo. «Come ti sei vestito?» «Perché, non ti piaccio così?». Mi sorride. «Certo che mi piaci, ma...non sei tu...». «Almeno per una sera Olivia, voglio non essere io». Sono così spiazzata dalle sue parole e da come mi guarda... «Non tornerò con te Zachary, non possiamo stare insieme. Non sono adatta a te. La tua vita e il tuo lavoro sono troppo importanti».
«Tu sei importante e voglio che mi dica perché quella sera sei andata via così dal Club». «Quella donna, Serena, è venuta in bagno e mi ha mostrato un quotidiano. Eravamo in prima pagina...Ho letto quelle bugie e ho capito che ti avrei rovinato». Sposta lo sguardo in un'altra direzione irritato, per poi riversarlo nuovamente su di me. «Sono solo pettegolezzi, non devi preoccuparti, me ne occuperò io». «No, non insistere!». «Sì che insisto! Era una menzogna quando mi hai detto di non amarmi! Eri solo spaventata!». «No, non ti amo Zachary, NON TI AMO». Dio mio quanto è difficile! Avvicina la bocca al mio orecchio. «Ti ho scopata in un vicolo e tu ti sei fatta scopare. Non ci credo che non mi ami, hai solo paura. Non ci sarà un'altra volta Olivia, questa sarà l'ultima. Se non darai una possibilità a noi, non potrai più tornare indietro, perché questa volta sarò io a non volerti». Lo guardo e vorrei urlare forte. «Allora, balla con me qualche minuto, tienimi tra le tue braccia e poi...vattene via per sempre. Ci rimarrà un altro bellissimo ricordo, perché tra di noi non può esserci altro se non il pensiero dei pochi, ma intensi, momenti in cui siamo stati insieme e ci siamo amati come è stato possibile…». E alla parola Amati trattiene un pesante sospiro...e anche io... Lo prendo per mano e lo conduco in pista con me. Una musica dolce sembra quasi aver aspettato il nostro arrivo per fare da colonna sonora alla fine di tutto quello che c'è stato. Ci muoviamo appena, a tempo di musica, ci baciamo intensamente per l'ultima volta inalando i nostri respiri affannati. Mi tiene ancora per un po' tra le sue
braccia, tira fuori dalla tasca la collanina che mi ha comprato, me la rimette al collo e poi mi allontana in maniera secca, decisa e, senza neppure guardarmi negli occhi, si allontana da me per sempre... Io comincio a piangere stringendo forte la collanina, ma questa volta i miei amici mi vedono. Vengono vicino a me e mi abbracciano forte.
Capitolo 75
ZACHARY
Sono disperato, ma allo stesso tempo incazzato a morte. Con Olivia è finita sul serio. Io non tornerò più indietro, non mi umilierò più. Tutto è finito solo per uno stupido giornale? Non è possibile, non ci credo. Maledetta, maledettissima Serena, dovrà vedersela con me... Non riesco a pensare, non riesco a ragionare! Tra due ore ci sarà l'udienza in tribunale per la causa Garret e sia io che la Durango interrogheremo quella adultera della moglie. La farei andare in giro con una A sul petto, come nel film La lettera scarlatta, quella stronza. Quando arrivo davanti all'entrata del tribunale e vedo la stampa non posso fare a meno di imprecare. Non ci voleva proprio. Non appena intravedo il mio cliente mi catapulto verso di lui per cercare di evitare che risponda in maniera sbagliata ai giornalisti. Intanto arriva la Durango con i genitori di Finley e, coperta con un foulard e degli occhiali da sole che le fasciano quasi completamente il piccolo viso, la moglie di Garret. I due si guardano per una frazione di secondo che sembra interminabile. «Signor Garret, come ci si sente ad essere stato accusato di omicidio?», chiede un giornalista. Ma che razza di domanda è? E questo lavorerebbe per la stampa? Sono sconvolto da tanta incompetenza. Mi metto davanti al mio cliente per rispondere a questo essere senza senso. «Come vuole che ci si senta? Può immaginare cosa voglia dire essere accusato di omicidio, quando invece ha cercato solo di difendersi?». Ovviamente non risponde e continua imperterrito con una raffica di domande. Anche la Durango e i suoi clienti vengono accerchiati dai giornalisti.
Riusciamo a entrare in tribunale e, grazie alla sicurezza, a percorrere l'atrio fino ad entrare in aula. Nessun addetto stampa potrà assistere alla causa, per fortuna il giudice che si occupa del caso è molto rigoroso in questo. Siamo pronti, ognuno alle proprie postazioni. Entra il giudice. La prima a salire al banco degli imputati è la moglie di Garret. Osservo il mio cliente e lo vedo visibilmente provato nel guardarla. Leggo ancora amore, purtroppo, nei suoi occhi. La Durango comincia a interrogarla non appena il giudice dà il via all'udienza. Cammina verso la donna come un felino pronto a cacciare e sbranare la sua preda. «Signora Garret, vuol dirci gentilmente, quali erano i suoi rapporti con il povero signor Finley? Come vi siete conosciuti?». Il mio cliente abbassa lo sguardo; questo è davvero troppo per lui. Sentire uscire dalla bocca di sua moglie parole riguardanti un altro uomo forse è ancor peggio che vedere delle immagini. «Ci siamo conosciuti per puro caso a un caffè letterario. Abbiamo cominciato a parlare e da lì è nato tutto». «Lei e suo marito, il signor Garret, avevate già dei problemi?». «Sì, molti a dire il vero. Era molto geloso e possessivo. Mi controllava in tutto quello che facevo, mi picchiava qualche volta, portandomi, così, in uno stato di disperazione. Con Marc Finley è stato amore a prima vista». Inaspettatamente il mio cliente si alza di colpo. «Sono solo menzogne! Tutto andava bene tra di noi e non ti ho mai sfiorata con un dito! Perché mi fai questo? Perché?». «Signor Garret la smetta subito, altrimenti sarò costretto a farla uscire dall'aula!», lo rimprovera il giudice. Cerco di farlo calmare, ma lo capisco, cristo che lo capisco.
«Garret mi ascolti: niente più colpi di testa. Lo so che non sarà facile, ma si fidi di me, d'accordo?». Gli stringo una spalla con la mano. «D'accordo», mi risponde. La Durango mi guarda come chi sente di avere già la situazione in pugno. Continua, poi, a interrogare la donna. «Quindi, signora Garret, suo marito la terrorizzava tanto da portarla a comportarsi in modo sconveniente e sentirsi, così, felice e protetta tra le braccia di un uomo, che invece l'avrebbe amata, sbaglio?». «No, non sbaglia». Che incredibile stronza! «Come fa ad essere sicura che Finley provasse sentimenti reali nei suoi confronti? In fondo era una donna sposata». «Eravamo innamorati, ero come in paradiso quando stavo con lui. Mi faceva sentire speciale». La sgualdrina comincia anche a piangere! «Quanto tempo è durato il vostro amore?». Il vostro amore...puah!! «Un anno». «E quando suo marito ha scoperto tutto, cosa le disse?». La donnaccia ora lo guarda fisso negli occhi con una cattiveria disarmante e lui la guarda a sua volta, ma con un'espressione rassegnata e indifesa. «Ha detto che avrebbe ucciso Marc e poi me. Stessa affermazione sul posto di lavoro; alcuni suoi dipendenti possono dimostrarlo». Provo una pena infinita per quest'uomo che in un soffio ha perso tutto: la sua casa, l'azienda e, purtroppo, il rispetto per se stesso. Devo aiutarlo in tutti i modi
possibili per farlo scagionare e far sì che possa ricostruire a poco a poco la sua vita. «Non ho altre domande vostro onore». Si allontana ancheggiando. Bene, adesso tocca a me. «Signora Garret, è vero che suo marito, perché siete ancora sposati mi risulta» e qui lancio un'occhiata alla Durango, «aveva fatto un fondo fiduciario a suo nome per tutelarla ulteriormente vita natural durante, nel caso gli fosse capitato qualcosa?». La vedo perplessa. «Sì, ma questo cosa c'entra, mi scusi?». «Se permette, le domande le faccio io». «È vero che le è sempre stato vicino in un periodo buio in cui lei perse i suoi genitori, mettendo da parte il suo lavoro, in cui aveva un ruolo fondamentale essendo il capo, rischiando di perdere clienti e credibilità?». «Sì, è vero, ma...». «È vero che le è stato vicino quando andò in crisi per il fatto di non riuscire a dargli dei figli?». Finalmente abbassa la testa, la stronza. «Sì». Mi avvicino ancora di più a lei. «È vero che le disse che se non ne fossero mai arrivati avreste pensato all'adozione, cosa di cui lui non era convinto, ma avrebbe fatto lo stesso pur di vederla felice?». «Sì, è vero...». Mi rivolgo al giudice e alla giuria. «Un uomo che maltratta la moglie rispecchia davvero la descrizione fatta da questa donna? Io mi porrei qualche domanda. È tutto per il momento vostro
onore, non ho altre domande». Mi avvicino al mio cliente che mi guarda di nuovo con quella luce di speranza negli occhi. Sono un insensibile bastardo nel mio lavoro, perché il proprio cliente merita la miglior difesa possibile, che sia innocente o colpevole, ma soprattutto se è innocente.
Capitolo 76
OLIVIA
Seconda giornata a teatro. Oggi sarà tutto più complicato! Nella scheda di presentazione, consegnata il giorno del primo provino, alla domanda riguardante canto e recitazione, avevo storto un po' il naso. Mai studiato entrambe seriamente, ma solo per approfondire le mie conoscenze, un po' come ho fatto in questo periodo con l'hip hop. Per quanto riguarda il recitare nessun problema, me la potrei cavare. Il canto, invece, mi preoccupa un bel po'. Non so dove ho trovato la forza per buttarmi di nuovo in questa esperienza, ma l'ho fatto e ne sono felice. Accada quel che accada. Anche Pasha sembra un po' nervoso. Oramai lo conosco abbastanza da accorgermene. «Tutto ok Pasha? Tra poco tocca a noi». Guardo Savannah che mi ha accompagnata ed è seduta di fianco a me. Le scappa un sorrisetto divertito nel guardare la faccia terrorizzata di Pasha, mentre ascolta gli altri cantare e recitare in maniera divina. Si gira quasi scocciato: è davvero adorabile. «Ma cevto, tutto benissimo. Non sono minimamente pveoccupato bvicconcelle che non siete altvo!». Ora sì che ridiamo di gusto. In realtà se la sto facendo sotto dalla paura! Continuo a domandarmi chi me lo ha fatto fare a ricadere nel tunnel dei provini per poi essere schiacciata come una sardina! Quando è il mio turno, lo stomaco mi ribolle come la pozione di una strega in un pentolone. Salgo sul palco e non appena attaccano con la base di Memory, chiudo gli occhi e, inevitabilmente, penso a Zachary. Comincio a cantare come se non avessi mai fatto altro nella mia discutibile vita. È lui la mia forza? È lui il mio coraggio? A quanto pare tutto quello che mi accade di positivo è portato dal pensiero di lui...
Solo lui, sempre e soltanto lui. Il provino è andato bene e sia io che Pasha lo abbiamo ato. «Hai visto bellezza? Siamo una coppia vincente io e te». «Sei il mio porta fortuna Pasha». Preferisco vederla in questo modo. Devo dimenticarlo. «E tu il mio, Olly». Gli strizzo l'occhio. Usciamo dal teatro decisi a farci un hamburger. Sono così felice per come è andata che comincio a correre e a saltare come una pazza attirando l'attenzione di tutti, ma poi...succede tutto in un attimo... Sento la voce di Savannah che mi urla: «Attenta Olivia...nooooooo!!» E poi un grande tonfo, un dolore acuto e il buio...
Capitolo 77
ZACHARY
Una serata a casa in tutta tranquillità. Prendo il pacchetto di sigarette dal comodino e ne estraggo una. Pensavo di aver smesso e invece...Era Olivia, la mia dolcissima e buffa ballerina, a farmi dimenticare il desiderio di fumare. I miei genitori e mia sorella partiranno domattina e la cosa mi dispiace. Mi ero abituato in queste ultime due settimane a vedere Julie davanti allo specchio che si cimenta in Giulietta e i miei che discutono come due adolescenti, per poi fare di nuovo pace. «Hai intenzione di fumarla sì o no Zachary». Mio padre entra nella stanza. «Sono molto tentato, in realtà». Mi sollevo dal letto per sedermi sul bordo. Lui mi viene accanto. «Sai figliolo, per quanto non mi piaccia ammetterlo tua madre ha proprio ragione. Non dovresti fumare». Guardo la sigaretta e la rimetto nel pacchetto. «Sei così diverso Zachary ultimamente, lo abbiamo notato tutti. Sembri quasi rassegnato e non autoritario come un tempo. Cosa ti succede? Hai problemi con il lavoro?». Sospiro, ma decido di essere sincero. Ho bisogno di sfogarmi con qualcuno e chi meglio di mio padre? «Sono soltanto molto innamorato». Ho i gomiti appoggiati sulle ginocchia e mi stropiccio il viso con le mani. «La ballerina che abbiamo incontrato davanti a quel teatro?». Non mi stupisco se ne sia accorto. Mi conosce meglio di chiunque altro.
«Sì. Ma non ho gestito bene la situazione». «Be', non pensavo fosse il tuo tipo una ragazza come lei». «Infatti non lo è, ed è proprio per questo che la amo». «Caspita figliolo, credo che questo sia un evento da festeggiare e segnare su di un calendario». «Non dirlo a me!». Sorridiamo entrambi. «Non so cosa sia capitato con lei e non starò certo qui ad impicciarmi delle tue cose più del dovuto, ma lascia che ti dica una cosa: tu sei un Collins e come tale devi riprenderti ciò che ti spetta di diritto!». È o non è mio padre? Sono o non sono suo figlio? L'arroganza ci appartiene, di diritto. Ad un certo punto il mio cellulare squilla. «Scusa papà, devo rispondere». «Ma certo, ti lascio. Buonanotte ragazzo». «Buonanotte». Apro il display e leggo numero sconosciuto. «Avvocato Collins, con chi parlo?». Sento una voce un po' incerta dall'altra parte. «Zachary...». «Sì, sono io. Con chi parlo?». «Sono Savannah, l'amica di Olivia, c'è stato un terribile incidente e... siamo al St Thomas' Hospital». Non le do tempo di finire. Butto il telefono a terra e corro da lei.
Capitolo 78
OLIVIA
Per fortuna sono finita in Paradiso, almeno, così sembra. Sapete che è proprio come lo immaginavo? Sì, proprio come nel film Al di là dei sogni con Robin Williams: un quadro meraviglioso pieno di colori. Cammino senza avere una meta precisa, mi faccio semplicemente trasportare dalle emozioni. Non ho neanche paura...Allora è proprio vero quel che si dice in quei buffi programmi televisivi in cui si parla della vita dopo la morte! Ora, che lo sto, diciamo, vivendo (che battuta fuori luogo contro me stessa), posso confermare che è tutto vero. Sono attratta dai fiori che vedo spuntare su quella collina, che profuma di erba fresca e di rugiada. Cammino per andare incontro a questi profumi, sentendo un piacevole tepore sulla pelle. Ad un certo punto una voce mi chiama. «Ciao Olivia, è bello rivederti. Sei sempre più bella amore». Appare, così, all'improvviso di fronte a me. Mi stropiccio forte gli occhi per capire di chi si tratta. «Oh Gesù, Giuseppe e Maria! Ma che diavolo? Nonna, ma sei proprio tu?». Sorride. «Sei sempre la mia piccola e dolce bambina. Però, se posso fare un appunto, un'esclamazione che includa il diavolo e Gesù assieme, non è proprio gradita qui, sai? Se Dio ti sente sono guai! Quindi, se proprio non puoi farne a meno e posso anche comprenderne il motivo, almeno fallo sottovoce, ok?». Mi sorride divertita. Non ha perso il suo senso dell'umorismo neppure da morta!
«Ma, per caso sto sognando? Ora mi sento più confusa di quando sono arrivata qui». «Ti ricordi cosa ti è successo Olivia?». «Ricordo solo la voce di Savannah e poi un colpo fortissimo, accompagnato da un dolore acuto». «Sei stata investita piccola mia e la macchina non si è neppure fermata». «Oh…Allora sono morta sul serio nonna?». Si avvicina e poggia le mani sulle mie spalle. «No, non è ancora arrivato il tuo momento. Ti stanno chiamando, senti?». «Sì. Vorrei svegliarmi, ma mi dispiace lasciarti qui da sola». «Ma io non sono sola piccola mia. Adesso va». «Ti voglio bene nonna». «Anche io tesoro e vedrai, andrà tutto bene». Ci abbracciamo forte e poi mi sento come catapultata via da qui.
Capitolo 79
ZACHARY
Hanno investito Olivia, hanno investito Olivia! Continuo a ripetermi queste parole da incubo nella testa. Guido la macchina come un pazzo e, non appena arrivo all'ospedale, la lascio dove capita: non me ne importa nulla. Corro per i corridoi e cerco la sua stanza. Non appena la trovo vedo i suoi amici lì fuori. Savannah mi viene incontro mentre gli altri mi guardano con una certa indifferenza. «Come sta?». «Non sappiamo ancora niente, è in prognosi riservata». Sbatto i pugni contro il muro facendomi un male cane, ma non me ne importa un cazzo! «Come è successo?», chiedo alla sua amica, mentre appoggio la fronte al muro. «Stava attraversando la strada, era felice di come fosse andato il provino e una macchina è spuntata dal nulla». Savannah comincia a piangere. «Grazie di avermi chiamato», le dico. «Lei ha bisogno di saperti vicino, lo so». Un medico esce dalla sua stanza e noi tutti lo bracchiamo. Sono il primo a parlare. «Come sta dottore?». «Purtroppo, non si è ancora svegliata, ma i parametri sono buoni e siamo
speranzosi. Ha una brutta ferita alla testa, una gamba fratturata e diversi ematomi. Non dovrebbe avere lesioni permanenti e tornerà quasi sicuramente a camminare, ma ci vorrà tempo perché si riprenda completamente. Auguriamoci, per il momento, che si svegli». «Noooo!», urla Savannah. «Non è possibile...si sveglierà...lei danza, è forte e si rimetterà presto!». Piange disperata, così anche Matt e il suo nuovo amico. «Possiamo vederla?», domanda Matt. «Sì, ma uno alla volta». «Vai pure per primo», mi dice, stranamente, Matt. «Grazie», gli rispondo. In questo momento c'è bisogno di serenità anche se tra di noi non corre buon sangue. Non me lo faccio ripetere due volte ed entro nella stanza. Vederla così indifesa con quei maledetti tubi attaccati ovunque mi uccide. Prendo una sedia e mi accoccolo vicino a lei. «Olivia, svegliati ti prego». Le prendo una mano baciandogliela delicatamente. Starò qui in ospedale con lei finché non si sveglierà...
Capitolo 80
OLIVIA
Non voglio staccarmi da lei ma non ho altra scelta, se non assecondare la voce che mi richiama alla vita. Cerco di aprire gli occhi ma non ci riesco e comincio ad agitarmi. «Olivia, sono il dottor Becker, stai tranquilla non agitarti».
«Piccola, sono qui, calmati, non avere paura, ti stai svegliando. Come ti senti?». Apro gli occhi, ma ci metto un po' a mettere a fuoco. «Mi fa male la testa e sento dolore dappertutto». Sono sdraiata e respiro a fatica, vorrei spostarmi ma non ci riesco. «Bentornata Olivia. Ci hai fatto prendere un bello spavento. È del tutto normale che tu senta dolore ovunque». Ora è tutto più chiaro. Vedo un dottore che mi parla in maniera calma e controllata, mentre una mano calda mi accarezza la fronte, ed è davvero piacevole. Giro quel poco che riesco la testa per vedere da parte di chi arriva questo gesto premuroso e quando mi perdo in quegli occhi color bosco, i capelli scompigliati e la barba di qualche giorno, non posso fare a meno di dire quello che sto per dire. «Cosa ne hanno fatto di te gli alieni? Ti hanno rapito e trasformato nello zoticone che sembri adesso?». Sorride di gusto e mi bacia la fronte. «Bentornata, mia piccola ballerina impertinente».
Capitolo 81
ZACHARY
Si è appena svegliata da un breve coma durato quattro giorni e riesce a fare una battuta. Ma la sua serenità dura ben poco, perché sente dolore ovunque e fa fatica a muoversi. Poteva andare molto peggio di così, ma non posso evitare di sentirmi furioso e con una gran voglia di scoprire chi è il codardo figlio di puttana che l'ha investita e neppure si è fermato. Questa d'ora in poi sarà la mia priorità. Quando Olivia comincia a fare domande al medico inizio a sentire dolore al cuore, un dolore acuto.
«Quando potrò ballare di nuovo, dottore? Sa, ho un altro provino il mese prossimo». Mi siedo sul letto di fianco a lei e le poso un leggero bacio sulla fronte, vicino alla benda che le copre la ferita. «Olivia, ascoltami bene, ti sei appena svegliata da un breve coma a causa del colpo preso alla testa e hai subito una lieve frattura alla gamba destra. Sei stata fortunata, poteva andare molto peggio. Hai diversi ematomi, questo sì, ma di lieve importanza. Niente che non si possa curare con pomate e antidolorifici. Non devi avere fretta. Terrai la stecca alla gamba per alcune settimane e farai un po' di fisioterapia una volta tolta. Tornerai a camminare come se nulla fosse successo». «Sì, ma la danza? Cosa mi dice a riguardo? Come le dicevo: ho un altro provino». La mia piccola sorride al medico speranzosa. «Mi dispiace Olivia, ma non potrai ballare per molto tempo. Mi dispiace davvero molto cara». Il dottore esce dalla stanza. Rimaniamo solo noi due. Sono sempre seduto qui sul letto accanto a lei e ho sempre la bocca posata sulla sua nuca. «Zachary». «Sì piccola?». «Mi dispiace». «E di cosa?». Non capisco. «Di non aver indossato le belle cose che mi hai comprato con cura e amore per la serata a cui tanto tenevi. Ho sbagliato, puoi perdonarmi?». Scrollo il capo. «Non importa piccola, non pensarci più, ok?». «Ok». «Bene». Le sorrido.
«Per favore, puoi aiutarmi a sdraiarmi? Mi sento molto stanca». «Ma certo, aspetta». Le sistemo il cuscino dietro la schiena e la spingo un po' più giù». «Un'altra cosa». «Tutto quello che vuoi». «Puoi sdraiarti di fianco a me e tenermi stretta tra le tue braccia?». «Non desidero altro». Mi sdraio su un fianco e le faccio are delicatamente il braccio sotto la nuca. Ci troviamo così, viso contro viso. La bacio delicatamente, ma con trasporto. Lei accoglie il mio bacio, ma poi piange e piange...ed io la tengo stretta a me per un numero indecifrato di ore...
Capitolo 82
OLIVIA
Sono qui da una settimana e non ne posso più. Mi sento fasciata come un salame e avrei una gran voglia di sgranchirmi le gambe. I miei amici vengono a trovarmi ogni giorno, facendomi sentire sempre meno sola. Ho insistito sia con Zachary che con Savannah perché non chiamassero i miei genitori, fallendo miseramente. Quando me li sono visti davanti per poco non sono svenuta. Tralasciando la scenetta dei due agenti della polizia che sempre più confusi cercano di capire qualcosa sulle dinamiche dell'incidente. A quanto dice Savannah, questa macchina sportiva aveva i vetri oscurati ed era partita sgommando come se, chi la stava guidando, avesse voluto investirmi di proposito. Almeno: così le era parso! Assurdo, davvero. «Olivia, quante volte ti abbiamo detto di non fare colpi di testa? Mai una volta che ci avessi dato retta e adesso guarda cosa ti è successo!». Quasi non mi hanno né salutata e né abbracciata, cominciando a inveire subito contro di me. A quanto pare i miei genitori sono ancora molto arrabbiati per il mio allontanamento da casa. Cerco comunque di ignorarli. Zachary sembra alquanto sconvolto. «Savannah, è stato solo un incidente, chi diavolo vorrebbe investirmi di proposito? È assurdo!». «No Olivia, ti dico che ho sentito accendersi il motore all'improvviso». «Non è riuscita a vedere la targa signorina?», domanda l'agente.
«No, purtroppo. Posso solo dirle che si trattava di una macchina sportiva rossa. Non sono riuscita a vedere neppure chi la guidasse a causa dei vetri oscurati». «In che guaio ti sei cacciata Olivia, perché qualcuno voglia farti del male?», mi domanda mia madre scrollando il capo e facendomi sentire una vera nullità. Ma perché il rapporto tra di noi si è guastato in questo modo? Siamo sempre stati così legati. «In realtà», interviene Zachary, «non credo conosciate molto bene vostra figlia». Lo guardo allibita, eccolo che ricomincia con il suo modo di fare. Ma poi, da questo momento stiamo insieme? Dopo le ultime vicissitudini credo che la sua sia più comione nei miei confronti. Avremo modo, spero, di parlarne. «Mi scusi», domanda mio padre, «ma lei chi è?». «Le basti solo sapere che sono colui che si prenderà cura di sua figlia». Ecco, come non detto... Guardo i miei amici, i miei genitori e gli agenti parlarsi uno sopra l'altro senza capire nulla di quello che si stanno dicendo. Sono come una spettatrice durante uno spettacolo di cabaret, perché di questo si tratta. Zachary si siede vicino e mi parla nell'orecchio. «Non appena i medici daranno l'ok verrai a casa con me, almeno finché non starai meglio». Lo guardo sconvolta. «No». «Oh, sì, invece». «Se ti ricordi mi avevi detto che non saresti più tornato indietro». «Se ti ricordi, mi sembra di averti già fatto capire che faccio come mi pare e piace, sempre». Mi sorride tranquillo come se fosse del tutto normale quello che mi ha appena detto.
Capitolo 83
ZACHARY
Sono aperte le indagini per scoprire chi ha investito la mia piccola, ma soprattutto se è stato fatto di proposito. Mi sembra impossibile, ma nel mio lavoro ne ho viste così tante che non ci sarebbe da stupirsi. Ho parlato personalmente con gli agenti che si occupano del caso, ma ancora non si è scoperto nulla. Non è semplice senza il numero di targa, soprattutto perché di macchine come quelle in giro per la città di Londra ce ne sono davvero molte. Domattina andrò a prendere Olivia in ospedale e la porterò a casa con me. I suoi genitori sono rimasti qualche giorno e devo dire che trovo davvero assurdo il loro comportamento nei suoi confronti. Lo trovo assurdo adesso, che ho un po' cambiato il mio modo di vedere alcune cose, ma prima? Forse avrei stretto loro la mano, congratulandomi dei loro rimproveri nei suoi confronti e dispiacendomi della sfortuna che hanno avuto a mettere al mondo una figlia così. Mi faccio schifo al solo pensiero. Margie bussa alla porta. «Avvocato, mi scusi, c'è qui una donna che chiede di lei». «La faccia entrare». Non ho un buon presentimento, ma di qualunque cosa spiacevole si tratti voglio risolverla subito e farla finita una volta per tutte. «Prego signorina, l'avvocato la riceve». Quando vedo entrare quella sgualdrina di Serena per poco non mi viene voglia di strangolarla. Che diavolo vorrà adesso? Si chiude la porta alle spalle, si avvicina al muro a vetro e abbassa le mantovane. Credo di aver capito che intenzioni ha. «Non ti scoperò Serena, quindi puoi tornare da dove sei venuta». Cammina verso di me ancheggiando.
«Vuoi scommettere che ti sbagli piccolo? Te lo succhierò talmente forte che mi implorerai di continuare». Comincio a ridere come un sadico. «Sei una troia, lo sei sempre stata». «Ma se non ricordo male ti è sempre piaciuto». «Si siede sulla mia scrivania e apre le gambe per farmi vedere che non porta le mutandine. Non posso non chiedermi come ho fatto a scoparmi questa donna più e più volte. «Toccami Zachary». «Levati di qui, mi fai schifo». Mi alzo per allontanarmi subito da lei, mentre si gira seguendomi con lo sguardo e il suo lurido corpo. Il solo averla qui mi fa sentire in colpa nei confronti di Olivia, nonostante non stia facendo nulla e non desideri fare nulla. Io voglio solo la mia piccola. «Da quando in qua sei diventato un rammollito? Ah, sì, che stupida, da quando ti scopi quella troietta rossa. Vedo che non ti è bastato quell'articolo sul giornale per farti rinsavire e preoccupare seriamente del tuo lavoro». Ed ora ho la conferma che è stata lei a giocarmi questo brutto scherzo. «Se la cosa ti ha divertito, sono felice per te. Ma ti avverto», mi avvicino con aria minacciosa stringendole forte il collo con la mano destra, «prova ancora una volta ad avvicinarti a lei e ti rovino sul serio, hai capito sgualdrina da quattro soldi?». Mi sorride come fosse una strega maligna. «Mi fai pena, vederti così per un essere insignificante...Quando la tua carriera crollerà io sarò in prima fila ad assistere allo spettacolo». Si mette un dito tra le pieghe del suo putrido sesso e se lo porta alla bocca succhiando forte. «Non sai cosa ti perdi brutto stronzo», mi dice, mentre scende dalla mia scrivania, «ma sì, tornatene pure dalla tua bambola di pezza...». A queste ultime parole ho un sussulto (bambola di pezza), ma non lo do a vedere. Forse un mio intervento nelle indagini aiuterà gli agenti a capire chi potrebbe avere investito Olivia.
A volte le persone si rovinano con le loro stesse mani riempiendosi la bocca del loro orgoglio, non rendendosi conto di essere la rovina futura o imminente di loro stessi…
Capitolo 84
OLIVIA
Matt entra nella stanza. «Ciao Olivia, come ti senti oggi? «Con te non posso mentire, lo capiresti subito». Gli sorrido. «No, infatti». «Fisicamente mi sento un po' meglio, moralmente non tanto. Sembra che non sia destino. Non devo danzare, punto». «Ma cosa dici?». Prende una sedia e si posiziona di fianco a me. «Quando sarai in forma sarai la benvenuta, lo sai! Ti aspetteremo, nessuno spettacolo senza la nostra ballerina di punta». «No Matt, dovete continuare». Mi sorride. «Sono qui anche per scusarmi. Credo di averti amata davvero Olivia. Non appena avevo posato gli occhi su di te ero sicuro che saresti stata mia. Però poi, oltre a non esserlo mai stata, ti vedo sbavare dietro a quello...non lo credevo possibile. Ora però, che l'ho visto qui con te in ospedale, il modo in cui ti sta vicino, forse non è poi tanto male, ho detto forse...». Gli sorrido a mia volta. «In realtà non abbiamo chiarito per bene cosa siamo l'uno per l'altra». «Basta guardarvi per capirlo». Abbasso un po' gli occhi imbarazzata.
Sento bussare improvvisamente alla porta: è Zachary.
Capitolo 85
ZACHARY
Esco di casa molto presto per are al Metropolitan Police Service per parlare con gli agenti dei miei sospetti. Una macchina sportiva rossa...e ripensando alla gaffe di Serena ieri sera, non posso far altro che chiedermi se quel -bambola di pezza- come ha indicato Olivia, non si riferisse alle sue condizioni. Se così fosse: come fa a saperlo se questa notizia del pirata della strada, che investe giovane ragazza, non è neppure finita sul giornale? Sono quasi certo che sia stata lei ma, nonostante non me ne importi nulla di Serena, il solo pensiero che la mia piccola ballerina possa aver rischiato la vita per una mia ex gelosa, mi fa sentire come se fossi stato io a investirla, facendole anche perdere la possibilità di continuare i provini che tanto la rendevano radiosa. Se sarà stata Serena dovranno legarmi con una camicia di forza e tenermi rinchiuso per il resto dei miei giorni, perché altrimenti la ammazzerò con le mie mani. Non appena arrivo mi fanno accomodare subito ascoltandomi con interesse: in fondo sono un avvocato! «Che rapporti aveva con questa donna?», mi chiede l'agente. «Ci frequentavamo, ma niente di importante». «E Olivia sa di lei?». «Suppongo sappia che è una mia ex, ma non ne abbiamo mai parlato. Anche perché era del tutto ininfluente nel nostro rapporto». «Capisco. Andremo a controllare la sua macchina e se l'avrà fatta sparire la ritroveremo, ne stia certo». Quando arrivo in ospedale mi fermo poco prima di varcare la soglia della stanza di Olivia. Sento il suo amico Matt che le parla e, ovviamente, ascolto.
«Credo di averti amata davvero Olivia. Non appena avevo posato gli occhi su di te ero sicuro che saresti stata mia. Però, poi, oltre a non esserlo mai stata, ti vedo sbavare dietro a quello...non lo credevo possibile. Ora però, che l'ho visto con te in ospedale, il modo in cui ti sta vicino, forse non è poi tanto male, ho detto forse...». Spiritoso lo stronzetto, ma almeno ha capito. «In realtà non abbiamo chiarito per bene cosa siamo l'uno per l'altra». Oh, piccola...lo chiariremo e molte, moltissime volte... «Basta guardarvi per capirlo». Ho ascoltato abbastanza. Decido di bussare. «Zachary!». «Allora vado Olivia, ci sentiamo presto. Sono felice che ti dimettano. Per qualsiasi cosa chiamami». «Va bene, grazie Matt». Ci salutiamo appena con un cenno del capo, ma è già un bel o avanti. «Ciao piccola». «Ciao». Mi sorride ed io mi avvicino posizionando le mani ai lati del cuscino e la bacio. «Sei pronta a venire via con me? Sono il tuo principe azzurro e sono venuto a prenderti con il mio cavallo bianco». Le strizzo l'occhio. So quanto le piace. «L'infermiera ha messo via le mie cose e mi ha aiutata a vestirmi. Trovi la mia borsa proprio in quell'armadietto». La prendo subito e me la metto in spalla. «Vieni, stringi forte il mio collo tra le braccia». La sollevo. «Ma, cosa fai, non mi metti sulla sedia a rotelle?». «Tu non saprai mai cosa si prova a stare su quella sedia. Ti porterò in braccio ovunque se sarà necessario, finché non riuscirai ad usare le stampelle. Intesi?».
«Intesi», mi risponde con gli occhi sbarrati. La porto via e, non appena entriamo in casa mia, mi sento emozionato, perché è la prima volta che la vede. Prima di metterla giù mi faccio scivolare la sua borsa dalla spalla e le faccio fare un giro turistico, ma non mi sembra molto entusiasta. «Non ti piace piccola?». «Non molto a dire il vero». «Certo che sei strana». «Sei tu quello strano. Sembra una di quelle finte case che riproducono nei mobilifici per mettere in mostra la mobilia». «Certo che non hai proprio peli sulla lingua». «Mi sono perfezionata, ho un buon maestro». La adagio delicatamente sul divano e sento già l'atmosfera scaldarsi tutto in torno a noi.
Capitolo 86
OLIVIA
Il cuore mi batte sempre più forte. Lo desidero così tanto ma non posso fare l'amore con lui. Ho una gamba steccata, una benda sulla fronte e il mio corpo pieno di ripugnanti lividi. Mi vergogno, non voglio che mi veda così. Comincia ad accarezzarmi ed io mi tradisco con il mio respiro che si fa sempre più eccitato. «Zachary, no...». «Smetterò di toccarti solo se il motivo è che senti dolore, altrimenti nulla potrà impedirmelo». Vorrei mentirgli ma quello che le sue mani esperte mi fanno, non me lo permettono. «Non è quello Zachary». Con il pollice massaggia, da sopra la maglia, i miei capezzoli che si fanno subito duri al tatto. Mi fa sdraiare e si mette a cavalcioni, ma senza appoggiarsi per non farmi male. «Toccami Olivia», mi dice, mentre accompagna la mia mano sul cavallo dei suoi pantaloni. Gli apro la cerniera, gli scosto i boxer e comincio a toccarlo. Lo desidero da morire e vederlo così lussurioso per un semplice gesto della mia mano, fa sì che io non capisca più nulla. Avvicina il suo busto al mio, ma sempre senza appoggiarsi e mi bacia. «Lascia che mi prenda cura di te piccola», mi dice a fior di labbra, «lascia che ti ami, come meriti di essere amata». Continuo a toccarlo finché lui mi scosta la
mano e mi porta, molto dolcemente, le braccia indietro per sfilarmi la maglietta. Ora i miei lividi saranno evidenti anche per lui. Mi irrigidisco imbarazzata. Il suo sguardo vaga dappertutto. «Mi dispiace», me lo dice guardandomi intensamente come mai prima d'ora. Gli accarezzo il viso. «Non è colpa tua. Non preoccuparti, erà». Gli sorrido. Si solleva dal divano per togliersi tutti i vestiti di dosso. È nudo e bellissimo di fronte a me e mi sento morire perché purtroppo, con questa gamba steccata, non potrò dargli tutta me stessa. Ma a lui sembra non importare. «Non posso fare l'amore con te Zachary». «Ci sono molti modi per fare l'amore ed io te ne farò scoprire diversi stanotte...». Mi prende in braccio e mi porta nel suo letto.
Capitolo 87
ZACHARY
Quando ho visto quei lividi avrei voluto urlare molto forte. Mi sento in colpa come se fossi stato io a procurarglieli e, in un certo senso, è così. Sto pregando con tutte le mie forze che non sia stata lei. Non potrei sopportare di essere stato io la causa della pazzia di quella lurida sgualdrina. Non voglio neppure pensare a quando Olivia lo verrà a sapere: mi lascerà di nuovo, ne sono sicuro. Ora, con le prime luci del mattino, guardo il suo bellissimo viso e il suo corpo lentigginoso, cercando di non badare a quel violaceo che le ricopre molte zone della pelle morbida e succosa come una pesca appena raccolta. Come se sentisse che la guardo apre i suoi occhioni. «Buongiorno», mi dice sfoggiando il suo meraviglioso sorriso. «Buongiorno piccola». Si fa un po' seria. «Mi sei mancato». «Anche tu». «E adesso, cosa facciamo?». «Stiamo insieme, nulla di più semplice». «Come puoi amarmi?», mi domanda. «E tu come puoi amare me?». «Io, però non ti ho mai detto di amarti. Anzi, esattamente il contrario».
«Sì, ricordo. La prima volta me lo hai detto subito dopo la miglior scopata della tua vita». Le sorrido. «Sei sempre il solito». «In questo caso sì, sarò sempre il solito». Mi a le dita tra i capelli ed io socchiudo gli occhi beandomi di questo sublime gesto. «Adesso me lo dici?». «Dirti cosa Zachary?». «Che mi ami». «Ti amo, anche se non capisco come sia possibile in così pochi mesi». «Io invece lo capisco piccola e credo tu abbia bisogno di una rinfrescata di memoria».
Capitolo 88
OLIVIA
Sto cominciando a camminare con le stampelle e mi sento piuttosto in forze. Sono uscita anche da sola qualche volta per una eggiata. Zachary è molto impegnato con il lavoro, ma non appena ha tempo corre subito da me. Mi fa sentire davvero molto speciale, anche se non riesco a non sentirmi un peso per lui. La scorsa notte mi sono svegliata e non l'ho visto vicino a me. La porta della camera era leggermente aperta e lasciava entrare un piccolo spiraglio di luce proveniente dal suo ufficio.
Mi sono alzata e l'ho visto seduto alla scrivania mentre scriveva al computer. Mi sono avvicinata e, non appena mi ha vista, ha chiuso immediatamente lo schermo, come se non volesse farmi vedere di cosa si trattasse. «Olivia, mi spiace averti svegliata, torna a letto piccola». «Lavori a quest'ora?», gli avevo domandato avvicinandomi in maniera goffa, nonostante mi ero già abituata un po' di più alle stampelle. «Non ho orari purtroppo, lo sai. Vieni qui». Lo avevo raggiunto e mi ero seduta sulle sue gambe. «Zachary, posso tornare a casa mia. Sto meglio, davvero». «Non se ne parla neanche». «Ma vedo quanto sei indaffarato. Non puoi avermi sempre intorno». «Olivia, ho detto di no. Mi piace saperti qui quando torno dall'ufficio». «Ma non sarò sola, me la caverò benissimo, per dì più la prossima settimana comincerò la fisioterapia. Se avrò bisogno potrò sempre contare sui miei amici. Tu hai il tuo lavoro che ti impegna molto, sono un peso per te in questo momento, lo vedo anche se cerchi di nasconderlo». «I tuoi amici...Matt, ad esempio? Ti faresti aiutare da lui se ne avessi bisogno?». «Non c'entra nulla Matt adesso. Lo vedi, sei stanco e nervoso, così litighiamo». «Io ti starò vicino, non lui, sia chiaro!». «Non è l'unico amico che ho. C'è Savannah, Donovan e Pasha. Perché adesso tiri fuori la storia di Matt?». Cercavo di alzarmi ma lui mi tratteneva sulle sue gambe. «Anche tu hai un ato Zachary, ma non mi sembra di averlo mai usato come pretesto per litigare». «Solo non sopporto l'idea che tu possa essere stata con lui, mentre tra di noi stava per nascere qualcosa».
Gli avevo preso il viso tra le mani perché in quel momento volevo la sua completa attenzione. «Non puoi parlarmi così. Io non sono mai stata a letto con Matt, mentre non credo di poter dire la stessa cosa di te e quelle donne terribili che purtroppo ho conosciuto in quel maledetto club. E se non ricordo male una della due, Serena mi pare, era a cena con te in quel ristorantino molto intimo. Non vorrai farmi credere che dopo non ci sia stato nulla tra di voi». Non mi rispose ed io capii. «Non è un gioco di ruoli Zachary. Puoi credermi o no, ma quella sera non sono stata con lui. Siamo andati a cena perché ci teneva molto a festeggiare il mio compleanno ed io dovevo chiarire con lui...Il mio cuore ti apparteneva già e solo dio sa quanto avrei voluto prenderti per mano e portarti via con me, fare l'amore con te mentre tu, probabilmente, quella sera, lo hai fatto con un'altra e magari proprio nel tuo letto, dove adesso ci sono io. Vuoi che mi arrabbi per questo? Non posso, perché è il tuo ato e se il mio cuore ha deciso di amarti non posso pensare a tutto ciò e impazzire dalla gelosia. Quello che davvero importa è il futuro che ci aspetta, conta solo questo!». «Era il tuo compleanno...». Non riuscì a dire altro...Ero seduta sulle sue gambe ma mi sollevò senza il minimo sforzo. Mi portò in camera e mi adagiò sul letto come fossi un petalo di rosa che si poggia delicato. Mi aveva guardata dall'alto della sua bellezza facendomi sentire così indifesa, ma protetta allo stesso tempo. Con lui è e sarà sempre così: un insieme di emozioni contrastanti. «Sono un avvocato, egoista, narciso, scorbutico, pieno di me, che un giorno per puro caso ha incrociato la strada di una ragazza bellissima, dolce e travolgente. Me ne sono innamorato e il mio mondo, che credevo perfetto, è stato spazzato via in un soffio». Si sdraiò di fianco a me e mi fece rotolare sopra di lui. «E tu chi sei piccola?». Gli sorrisi. «Sono una ballerina spiantata, che per vivere vende pizza e patatine, un po' strana ma simpatica, che un giorno, grazie al destino, ha incontrato un uomo bellissimo e che non ha paura di dire tutto ciò che pensa. Me ne sono innamorata e il mio mondo non perfetto è stato spazzato via...». Ridemmo entrambi, perché siamo due poli opposti che, inevitabilmente, non possono fare a meno l'uno dell'altra.
Capitolo 89
ZACHARY
Mi comporto come un adolescente geloso. Ma cosa diavolo mi è venuto in mente di tirare in ballo il suo amico Matt? Quella sera al ristorante non potrò mai dimenticarla...Quante volte mi sono chiesto se, dopo il nostro incontro in bagno, fosse riuscita a are oltre e sarsela tutta la notte con lui. Come ho fatto io, in fondo. Con la differenza che mentre Serena era sotto di me che urlava, immaginavo ci fosse lei. Anche Olivia pensava a me mentre si scopava un altro? No! E questo perché lei non è mai andata a letto con quel Matt, mentre io, invece, ci davo dentro con Serena. Sensi di colpa a non finire mi si sono insinuati dentro, portandomi a comportarmi nel modo sbagliato invece di farmi un esame di coscienza. Quello che mi ha detto Olivia è pura e semplice verità: «Vuoi che mi arrabbi per il tuo ato? Non posso, perché è il tuo ato e se il mio cuore ha deciso di amarti non posso pensare a tutto ciò e impazzire di gelosia. Quello che davvero importa è il futuro che ci aspetta, conta solo questo!». La mia piccola ha ragione e vorrei darmi pace. Ma quando sembra che le cose stiano andando per il verso giusto, mi ritrovo ad indagare su Serena e sul fatto che potrebbe essere stata lei a investire Olivia. Non posso dirle ancora nulla di questa storia e così, non appena la vidi dalla porta a quell'ora tarda, inventai la scusa del lavoro. Mentre invece, stavo facendo qualche ricerca per riuscire a scoprire qualcosa il più velocemente possibile, nella speranza di darmi un po' di pace e poter vivere il nostro amore come davvero merita di essere vissuto.
Capitolo 90
OLIVIA
Mi manca tutto. Mi manca il mio lavoro da Pizza Hut, perché è la mia indipendenza, mi mancano le prove con il gruppo, mi mancano i miei genitori che non ho più sentito dopo la loro visita in ospedale, mi manca la mia danza. Purtroppo, non posso fare a meno di piangere. Tra due settimane ci sarà il terzo e decisivo provino ed io, questa volta, avevo una bella sensazione: lo avrei ato. Invece, per colpa di un maledettissimo pirata della strada, il mio sogno si è infranto di nuovo. Ancora non si sa nulla della persona che mi ha investita. Credo che Zachary se ne stia occupando in prima persona, anche se non mi dice nulla. Non tocchiamo molto l'argomento, lo vedo piuttosto insofferente. Se penso al sogno che ho fatto durante il mio breve coma, perché di sogno si tratta, giusto? Mia nonna, mi manca tantissimo e poterla rivedere, anche se per poco, mi ha resa felice. Non ho parlato con nessuno del mio coma e di quello che ho provato. Sono tornata solo una volta in ospedale per controllare la ferita, ma sto guarendo bene e, per fortuna, non ho più dolore alla testa. Quando sento la porta di casa aprirsi cerco di ricompormi come meglio posso. Non voglio che Zachary si accorga che ho pianto. Ma, dalla sua espressione non appena entra, capisco che ho fallito miseramente. Posa la valigetta e le chiavi sul tavolino e mi viene subito incontro. Si accuccia di fronte a me posandomi delicatamente una mano sulla gamba. «Perché piangi? Stai male piccola?». Gli faccio cenno di no con la testa ma ricomincio, non riesco più a fermarmi. Si toglie la giacca velocemente e si accoccola proprio dietro di me stringendomi forte. «Non piangere, ci sono io qui con te, stai tranquilla». Rimaniamo così ancora un po' fino a che non comincio a calmarmi. «Parlami piccola». «Ho paura».
«Di cosa hai paura?». «Ho paura che non realizzerò mai i miei sogni ed io...ho una voglia incredibile di realizzarli». «Olivia non ho mai conosciuto una persona forte e determinata come te. Ce la farai piccola mia, lo so. Questa è stata solo una delle tante occasioni. Ma tu tornerai a danzare, otterrai tutto ciò che vuoi. I momenti bui ci aiutano, ci fanno diventare migliori di quel che siamo e più consapevoli». «Non lo so Zachary». «Sì, invece, non devi mollare. Piccola guardami». Mi gira delicatamente verso di lui. «Tu diventerai una grandissima ballerina, mettitelo bene in testa, la migliore». «Io non sono brava come te Zachary». «Ma di cosa parli?». «Tu sei così intelligente e sicuro di te. Sei bravissimo nel tuo lavoro, hai studiato molto e fatto sacrifici per diventare ciò che sei ed io ti ammiro molto. Non posso ancora credere che tu perda tempo con me». «Ehi, ehi, aspetta un attimo, ma di cosa parli? Tu non sei una perdita di tempo. Non sono mai stato più felice di così, da quando sei entrata a far parte della mia vita. Ho faticato per arrivare dove sono, è vero e sono orgoglioso di questo, ma mi rendo anche conto di quanto vuota sia stata la mia vita senza di te. Solo lavoro, solo frequentare barbose serate, avere amicizie noiose, non è vita questa. Ma tu, mia dolcissima ballerina piena di adorabili lentiggini hai portato colore nella mia vita grigia. Realizzerai i tuoi sogni amore mio e io ti starò vicino per sostenerti sempre». Mi bacia dolcemente proprio dove le mie lacrime si sono posate. «Io sono quasi morta Zachary». «Smettila, non voglio sentirti parlare così».
«Ho sognato mentre ero in coma». Mi scosta una ciocca di capelli e la blocca dietro l'orecchio. Si rasserena di nuovo. «Ho parlato con mia nonna». Mi sorride. «Davvero? E cosa ti ha detto?». «Mi ha detto che sarebbe andato tutto bene e che non era arrivato il mio momento ancora. Mi ha detto che una voce mi chiamava. Eri tu Zachary? Eri tu che mi chiamavi?». «Sempre piccola, ho ripetuto il tuo nome ogni momento». Gli accarezzo il viso. «E poi, cosa ti ha detto tua nonna?». Sorrido divertita. «Mi ha rimproverata per aver pronunciato il nome del diavolo in paradiso». Comincia a ridere di gusto ed io lo seguo. «Donna saggia tua nonna. Mi sarebbe piaciuta». «E tu a lei». Torniamo di nuovo seri e, come un ragazzino dispettoso, si avvicina per baciarmi, ma poi si ritrae, per un numero irragionevole di volte. «Zachary, per favore...». «Sì piccola, l'unico suono che deve uscire dalla tua bocca». «Non ho più tanto dolore alla gamba, sai?». Lo sto provocando. «Bene allora», mi dice tra un bacio e un altro, «so essere anche delicato se voglio...». I nostri respiri si fanno sempre più forti. Zachary si scosta e mi fa sdraiare sul
divano. «Stai per approfittare di una povera malata, non ti vergogni neanche un po'?», gli domando, per prenderlo un po' in giro. «Quando avrò finito di farti tutto quello che mi a per la testa, ti alzerai senza neppure dover usare più le stampelle. Sarò il tuo miracolo piccola». Sorrido divertita. «Stai diventando sempre più spiritoso». «Soltanto perché ho una buona maestra». Mi fa l'occhietto ed io potrei avere un orgasmo anche solo per questo. «Adesso bambina», mi dice mentre mi sfila di dosso il vestito, «ti farò urlare...». Quando affonda il suo viso tra le mie cosce afferro i suoi capelli così forte che quasi ho paura di fargli male, ma Zachary non protesta e vedo quanto piacere dia anche a lui quello che mi sta facendo. Mi irrigidisco così tanto quando mi fa venire che sento un po' di dolore ovunque, ma non mi trattengo, mi lascio andare completamente. Torna su pian piano, sfiorandomi di piccoli baci sino ad arrivare al collo e poi alla bocca. «Lo senti quanto è buono il tuo sapore piccola? Potrei vivere solo saziandomi di te». Lo bacio con una ione incontenibile e sposto leggermente la gamba sinistra per accompagnarlo con più facilità dentro di me. «Piccola sei sicura? Non vorrei che la tua gamba...». Gli poso un dito sulle labbra. «Ssssh, voglio fare l'amore con te adesso». Mi bacia ancora e, non appena si sente sicuro di non farmi alcun male, si insinua dentro di me. Mi riempie con tutta la sua forza e il suo calore ed io lo accolgo. Accolgo tutto il suo amore. Capitolo 91
ZACHARY
Mi sono svegliato molto presto, mentre ancora Olivia sta dormendo. Ho bisogno di andare a correre per schiarirmi un po' le idee e poi andrò in tribunale. Per fortuna un problema in meno a cui pensare visto che l'udienza per il caso Garret sta andando piuttosto bene. Ma oggi dovrò essere ancora più agguerrito e, purtroppo, dovrò usare la carta a mio favore, anche se sarò costretto a rovinare definitivamente il signor Northon. Certo, lui sta testimoniando il falso facendo rischiare la galera al mio cliente ma, nonostante ciò, non mi piace sputtanare le persone in questo modo. Penso a sua moglie e a quando verrà a sapere che il suo devoto marito, nel tempo libero, si intrattiene in nuove esperienze. Non posso fare altrimenti però! Sono venuto a correre, perché per me è come una terapia. Sto pensando ad una strada alternativa già da un po', ma non c'è. Sono così vicino nel convincere la giuria sull'innocenza del mio cliente e questo sarebbe il colpo finale che mi porterebbe alla vittoria. Così mi toglierei anche dalle palle quella stronza della Durango. Torno a casa per farmi una doccia cercando di fare meno rumore possibile. Olivia dorme tranquilla ed io mi fermo un attimo a guardarla incantato. Le scosto i capelli dal viso per osservarla ancora meglio. Se penso a come sono stato stupido...Avrei dovuto baciarla già la prima volta in cui la vidi, invece di prenderla in giro in quel modo. Certo, lei mi ha tenuto testa e devo ammettere che la nostra scenetta è stata piuttosto divertente. Non sono mai stato innamorato, perché il mio cuore doveva tenersi libero per il suo arrivo. Amare qualcuno è una sensazione che se avessero provato a spiegarmi non avrei mai compreso. Bisogna viverla appieno per capire quanto sia fondamentale. È cibo per l'anima. Venire qui in ufficio con questi meravigliosi pensieri per la testa mi farà affrontare questa giornata nel modo migliore. Non appena arrivo al piano e le porte dell'ascensore si aprono mi sento come Fred Astaire in Ballando sotto la pioggia. Sorrido a tutti, che mi guardano sconvolti ovviamente, sembra che la
musica nella mia testa mi accompagni e avrei voglia di parlare con ognuno di loro per sapere delle loro vite. Prima non me ne sono mai interessato. «Buongiorno avvocato, si sente bene?», mi domanda Margie preoccupata. «Mai stato meglio Margie». Le sorrido e per poco non ha un attacco di cuore. «È arrivato un pacco per lei con scritto sopra Della massima importanza». «Guardo subito di cosa si tratta. Se ho bisogno la chiamo». Le strizzo l'occhio prendendola un po' in giro e per poco non rischio di farla svenire sul serio. Mi siedo alla scrivania e apro il pacco. Di cosa diavolo si tratta? Al suo interno trovo un cd con sopra un biglietto. «All'attenzione dell'avvocato Collins. Questo potrebbe aiutarla a chiarire la situazione». La situazione? Cos'è uno scherzo? Lo inserisco nel mio portatile e capisco di cosa si tratta sin da subito. La strada dove abitava Finley... Qualcuno ha ripreso con in telefonino tutta la scena perché l'immagine è piuttosto tremolante. Si vede Garret che si avvicina all'uomo e comincia un'accesa discussione. Finley maneggia con la sua valigetta e quella che sta per tirare fuori sembra...Una pistola, cazzo! Garret cerca di disarmarlo e ad un certo punto... parte un colpo! Ora abbiamo anche le prove. Non poteva cominciare meglio di così questa giornata! Ero molto vicino a vincere la causa ma, in questo modo, oggi sarà l'ultima udienza. Purtroppo, non so se saprò mai chi è l'uomo che mi ha dato una così grande mano, mi piacerebbe tanto ringraziarlo. Chiamo Dominique per fargli vedere il filmato amatoriale e per poco non gli viene un colpo. Non dovrò massacrare di domande imbarazzanti il signor Northon, ci penserà poi la giustizia a processarlo per falsa testimonianza. Mi dirigo in tribunale e chiedo un incontro straordinario con il giudice, avendo ricevuto prove schiaccianti e, ovviamente, anche la Durango dovrà essere presente. Mi viene concesso. Busso alla porta ed entro. La stronza è già dentro che aspetta visibilmente irritata. «Avvocato Collins, non sono dell'umore migliore, quindi le conviene non farmi perdere tempo».
«Giudice, dopo che avrà guardato questo filmato, capirà che avevo ragione sin dall'inizio. Il mio cliente è innocente, è stata una fatalità. Ha solo cercato di difendersi». Il giudice guarda con attenzione, non si perde neppure un aggio. Fa addirittura partire il filmato dall'inizio più e più volte. o successivo: la giuria. Così che anche loro si convincano. Non vi è più alcuna ombra di dubbio: Garret viene assolto, la Durango per poco non stramazza a terra e il mio cliente, visibilmente commosso, non sa più come ringraziarmi. «Avvocato, le devo la vita, davvero». «Probabilmente avremmo vinto comunque la causa, ma con questo valido aiuto dato dalla misteriosa persona, ne abbiamo avuto la certezza». Mi stringe la mano con forza e così anche a Dominique. «Le auguro di rimettere presto insieme i pezzi della sua vita signor Garret». «Lo farò, ne stia certo». Un grosso problema in meno a cui pensare finché non arriverà un'altra grossa causa e fino a quando non verrò a sapere chi ha investito la mia piccola. Tremo solo al pensiero... «Cosa dici, andiamo a festeggiare Zachary?», mi domanda Dominique. «Non posso, vado da Olivia». «Be', non hai tutti i torti, anche se ancora non posso fare a meno di stupirmi». «Io, invece, mi stupisco soltanto di come ho fatto a vivere senza di lei per tutto questo tempo». o dall'ufficio per mettere via i fascicoli e chiudere definitivamente con la causa di Garret. «Buonasera avvocato».
«Buonasera Pablo». «Ho saputo della causa. Congratulazioni». «Grazie, ma questa volta è stato soprattutto un colpo di fortuna». «Be', la fortuna bisogna anche saperla avvicinare a noi. Già essere positivi è una buona cosa». «Posso farle una domanda?». «A me? Ma certo, sono onorato». «Come faceva a sapere?». «Sapere che cosa?». «Che la avrei rincontrata proprio in quel fast food». Mi sorride. «Non è più bello, alle volte, immaginare che avere la piena coscienza delle cose?». Gli sorrido a mia volta. «Mi sembra giusto», gli rispondo. Prendo la mia ventiquattrore, la mia giacca e me ne vado. «A presto Pablo». «A presto avvocato».
Capitolo 92
OLIVIA
Non posso credere di aver trovato sotto il cuscino una mia fotografia. Ma quando l'avrà presa? E come poi! Mi fa sorridere la cosa, non credevo fosse il tipo da frivolezze di questo genere. Non finirà mai di stupirmi, il mio Zachary. Gli farò una bella sorpresa... Mi sdraio a letto con un completino di tutto rispetto, la collanina che mi ha regalato al collo e la mia foto appoggiata sulla pancia. Voglio vedere la sua faccia quando entrerà. Sento che apre la porta, la chiude alle sue spalle, posa le chiavi e la valigetta sul tavolino all'ingresso. Ci siamo, sta arrivando. Non appena entra in camera, non faccio neppure in tempo a rendermi conto della sua espressione che già si toglie i vestiti di dosso. «Ehi», gli dico, «mi darai mai la soddisfazione di poterti spogliare?» Mi sorride e intanto si avvicina. «No piccola, ci vorrebbe troppo tempo, perdendo così minuti preziosi nello stare nudi». «Sei incredibile lo sai? L'ultima parola deve essere sempre la tua!». «Vedo che cominci a capire». Appena vede la foto mi guarda con circospezione. «Ha da dire qualcosa in sua discolpa avvocato?». «Mi professo innocente. Soffro di un grave disturbo di cleptomania e devo avere tutto ciò che appartiene alla mia bellissima ballerina dai capelli rossi». Mi toglie
la foto e in men che non si dica è sopra di me. «Sei assolto». «Bene, così potrò continuare a prendere tutto ciò che mi spetta». Mi bacia e intanto preme il suo sesso caldo contro di me povera inerme, con una gamba ancora fuori uso. «Quando e come l'hai presa questa foto?». «Vuoi saperlo davvero piccola?». Continua a premere e a baciarmi. Rischio di perdere i sensi. «Sì», accenno. «La prima volta che sono venuto da te, in quel magazzino». Sorride, sfiorandomi le labbra. «Continua». «C'era un libro posato a terra, proprio vicino alla saracinesca. Ho visto spuntare questa foto dall'ultima pagina. L'ho presa pensando che non te ne saresti accorta visto che il libro era piuttosto logoro. Non ho potuto farne a meno. Se non ti avessi più rivista, perlomeno, ti avrei ricordata per sempre. Tutto è successo in un attimo...sono scappato via mentre avevi ancora gli occhi chiusi dopo il nostro bacio ed eri in perfetta linea retta sulle punte». Sorride al ricordo. Ci guardiamo e per pochi secondi mi sembra di non respirare più. «Io ti amo Zachary e credo proprio che ti amerò per sempre». «Non avresti avuto altra scelta, comunque, bambina». Ora sì che comincio a adorare, sul serio, il suo modo di fare superbo e posso confermare con certezza che stiamo facendo l'amore.
Capitolo 93
ZACHARY
La telefonata tanto temuta fa vibrare e lampeggiare il mio telefono. Lo guardo con la paura di rispondere. Mi trema la mano, sul serio. Ma il non sapere è ancora più devastante di una verità scomoda. «Avvocato Collins», dico. «Buongiorno avvocato, sono il sergente Mc Namara. Abbiamo trovato la macchina che ha investito la signorina Newton e possiamo confermare i suoi sospetti: appartiene a Serena Field. Stiamo andando a casa sua per arrestarla». «Molto bene, verrò anch'io». Esco dal mio ufficio e prendo la macchina. Solo il pensiero di mettere di nuovo piede in casa di quella donna, una donna che ho frequentato e che ha cercato di ammazzare Olivia, cristo santo, mi fa andare fuori di testa! Parcheggio di fronte al cancello e mi precipito a casa sua. Devo calmarmi, calmarmi sul serio. Potrei davvero strangolarla in questo momento. Arrivano anche gli agenti. Li saluto e suoniamo alla porta. Quando apre e ci vede lì leggo terrore puro nei suoi occhi. «Signorina Serena Field?». «Sì, sono io». Continuo a guardarla con gli occhi iniettati di sangue. «La dichiaro in arresto per il tentato omicidio della signorina Olivia Newton. Ha il diritto di rimanere in silenzio, ogni sua parola verrà usata contro di lei. Se non ha un avvocato gliene verrà assegnato uno d'ufficio». «Deve esserci un errore...io...».
«Sta zitta Serena!». Le dico con enfasi. «Zachary ti prego perdonami, io ti amo! Lo so che anche tu mi ami. L'ho fatto per noi, volevo toglierla di mezzo per poter tornare di nuovo assieme». Sta delirando mentre la portano via ed io mi allontano come se niente fosse… Quando torno a casa vedo Olivia che fa gli esercizi di fisioterapia. L'ha cominciata da poco meno di una settimana in ospedale, ma anche a casa cerca di continuarli da sola. Ammiro la sua forza di volontà e il suo coraggio, perché posso solo immaginare il dolore, sia fisico che morale, provato in questi momenti. Ama la danza con tutta se stessa e questa non è altro che un'ulteriore conferma. So che non sarà facile ma devo parlarle. Non appena mi vede si ferma subito. «Zachary, tutto bene? Ti vedo preoccupato». «Ho bisogno di parlarti di una cosa importante piccola, siediti un momento». «D'accordo, ti ascolto». Mi siedo accanto a lei. «Prima che tu venga a saperlo per vie traverse. Hanno scoperto chi ti ha investita amore mio. Io avevo già un sospetto, ma non ne ero sicuro». Le prendo le mani tra le mie. «Be', mi sembra una bella notizia. Ci ho pensato tanto in questo ultimo periodo e credevo non si sarebbe mai saputo. Dimmi, chi è stato?». «È stata Serena, quella donna che era insieme a quell'avvocato la sera al club e che ti ha mostrato quel quotidiano». «Ma, allora era davvero innamorata di te. Quanto siete stati insieme? Non ne abbiamo mai parlato». «Per un po' piccola, ma non era una cosa seria».
«Perché sei così triste allora? Andrà in galera, non sei felice?». «Non posso essere felice. Se ti ha fatto questo è solo per colpa mia». «Non dire così Zachary, non è colpa tua». «Non avrei mai dovuto frequentare una donna come lei in ato. Sono stato uno stupido». «Zachary tutti commettiamo degli errori, l'importante è rendersene conto. Tu non hai colpa se quella donna è pazza. Il suo non era amore, era ossessione. Ossessione per ciò che non poteva avere e cioè la tua anima e il tuo cuore», mi dice poggiando una mano sul mio petto, «perché appartengono già a me». Mi sorride e mi bacia facendomi dimenticare tutte le mie pene…
Capitolo 94
OLIVIA
Oggi è un giorno un po' triste. Avrei dovuto partecipare al terzo provino per Cats. Ci saranno altre occasioni, altri provini per altri spettacoli, ma Cats...Mi ricordo ancora quando i miei genitori mi regalarono la videocassetta del musical americano: la guardavo e riguardavo tante di quelle volte da perdere il conto. Zachary è uscito per fare una commissione ma non so, ho come l'impressione che stia tramando qualcosa, avendo percepito il mio stato d'animo. Per fortuna ho tenuto la stecca alla gamba solo un mese e la fisioterapia sta funzionando, ma per danzare ci vorrà ancora parecchio tempo. Sento suonare alla porta e vado ad aprire chiedendomi chi possa essere. Guardo dallo spioncino e per poco non mi prende un colpo nel vedere tutte quelle facce deformate, ma conosciute. Apro trovandomi davanti Savannah, Donovan, Matt, Pasha, Preston e... i miei
genitori. A lato, con un luminoso sorriso di chi è fiero di se stesso, il mio Zachary. «Ma, cosa ci fate qui?». «Be' gioia. Il tuo vagazzo da ved cavped ci ha detto che avevi bisogno di un po' di compagnia, ed eccoci. Pevò ti avvevto: pvepava una cena leggeva, sono puv sempve il ballevino numevo uno in fondo». Pasha è sempre Pasha d'altronde. Li faccio accomodare, sono così felice che siano tutti qui. Mi avvicino a Zachary e lo bacio. «Grazie». «Di niente piccola». «Caspita», dice Savannah guardandosi intorno, «il tuo appartamento è molto grazioso Olly, ma questo...non mi stupisco che tu rimanga qui». «Diciamo che non ha avuto possibilità di scegliere», risponde Zachary. «Be'», mi dice Pasha all'orecchio, «bello e autovitavio, vagazza fovtunata». Alzo gli occhi al cielo. Matt sembra un po' in imbarazzo e decido di avvicinarmi per parlargli. «Mi è mancato da morire il mio migliore amico». «E a me è mancata da morire la mia migliore amica». Ci abbracciamo senza bisogno di aggiungere altro. Anche i miei genitori si avvicinano ed io mi sento così sottosopra. Mi sono mancati da morire e vorrei tanto che questa tensione tra noi sparisse come per magia. «Mi dispiace di avervi fatti preoccupare, ma soprattutto di avervi delusi». Li abbraccio entrambi e loro ricambiano. «A noi dispiace, invece, di non averti capita». iamo una bellissima serata. Cenare con le persone per me più care al mondo è una sensazione difficile da descrivere. Per la prima volta, dopo tanto tempo, un
po' perché ho vissuto in un magazzino per diverso tempo, un po' perché Zachary non voleva che mi stancassi stando troppo in piedi, ho contribuito nel preparare una cena deliziosa, con mia madre, proprio come quando ero piccola. Porto gli ultimi piatti in cucina e Zachary si avvicina a me. «Sei felice?». «Sì, ho tutto ciò di cui ho bisogno». «Veramente piccola», mi dice mentre mi bacia un orecchio in modo assolutamente osceno, ma che mi piace da impazzire, «non hai avuto ancora tutto ciò di cui hai bisogno...».
Capitolo 95
ZACHARY
«Sei agitata Olivia?». «Un po' sì a dire il vero». «Non ne hai motivo». «Be', are qualche giorno in Scozia con la tua famiglia non è cosa da poco. E se non dovessi piacergli? Sì, insomma, l'unica volta che mi hanno vista ero appena uscita da teatro, dopo il provino, in condizioni a dir poco pietose». «Eri adorabile amore mio e mi mancavi da morire». Mi guarda negli occhi. «Anche tu». Mi stringe forte la mano e guarda di nuovo fuori dal finestrino: ci sono solo nuvole sotto di noi.
«Ti sentirai a tuo agio con loro. Mio padre è un po' rigido, d'altronde anche io non sono mai stato da meno». Le strizzo l'occhio. «Sì, ho un vago ricordo». «Ti adoreranno piccola, mia sorella è già pazza di te. Io sono pazzo di te». Le prendo e le giro il viso con possesso e la bacio. Non ho mai dato molta importanza ai baci, mi sono sempre sembrati superflui in molte situazioni. Per me erano solo l'anticipazione di una notte di sesso e follie, niente di più, mentre invece, adesso, rappresentano un insieme di sensazioni. Desiderio, rispetto, dolcezza, complicità, serenità, magia, amore allo stato puro! Io devo baciarla in qualsiasi posto, in qualsiasi situazione ci troviamo. Voglio che senta sempre quanto la amo, perché dirglielo in continuazione non è abbastanza, lei deve anche sentirlo. Scendiamo dall'aereo, ritiriamo il nostro bagaglio e ci incamminiamo in direzione famiglia Collins. I miei genitori e mia sorella sono qui e appena Julie mi vede ci viene incontro ma, questa volta, abbraccia prima Olivia. «Sono felice di rivederti Olivia». La mia ballerina ricambia senza provare il minimo imbarazzo. Sapevo sin dall'inizio che si sarebbero piaciute, in fondo hanno molte cose in comune. Anche i miei genitori ci vengono incontro. Mio padre ha sempre quell'aspetto autoritario e, in fondo, autoritario lo è. Ma ha un cuore tenero e so benissimo quanto sia felice per me. Mia madre è sempre talmente perfetta che a volte riesce a stupire anche me. «Zachary, è bello rivederti figliolo». Mi stringe la mano. «Olivia, felici di averti qui e di sapere che stai bene». La mia piccola si avvicina e dà a entrambi un bacio sulla guancia. Non sarebbe lei se non fe così. Mi viene da sorridere: mia madre rimane imibile con gli occhi sbarrati, mio
padre, invece, si scioglie come un cubetto di ghiaccio al sole. Portarla qui con me in Scozia è davvero un o importante. Voglio stare con lei, voglio poterla vivere appieno, voglio che il suo bizzarro mondo si fonda in maniera perfetta ed entri in simbiosi con il mio. Siamo come i due lati di una stessa medaglia, diversi, ma uniti per sempre, ed è solo un buffo esempio di quello che sento per lei, di quello che c'è tra noi. eremo una settimana qui in Scozia, non penserò al mio lavoro per sette giorni consecutivi. Nessuna telefonata, niente di niente, solo io, la mia famiglia ma, soprattutto, la mia pel di carota.
Capitolo 96
OLIVIA
Questa non è una semplice casa... A dire il vero non saprei neanche come descriverla, perché neppure nelle mie più lontane fantasie, nei miei sogni o nei libri da favola che tanto mi piacciono, viene descritta una cosa del genere. Abitano un po' in campagna e tutto il contesto intorno fa da cornice. Anche il mio amatissimo Canada ha posti così meravigliosi e forse è anche per questo che mi sento come a casa. Con i miei genitori il rapporto è tornato quello di sempre. Ho raccontato loro tutta la verità prima che ripartissero e ci siamo abbracciati forte. Sono più tranquilli, sapendo che ho comunque un lavoro su cui poter contare anche se dispiaciuti della mia persa occasione di entrare a far parte di un'importante compagnia di ballo. Mi mancano moltissimo. «Piccola». Zachary si ferma e mi osserva preoccupato.
«Hai gli occhi lucidi». Stiamo eggiando tenendoci per mano nella tenuta della sua famiglia. «Scusami, un po' di ricordi». Non c'è bisogno che dica altro, lui mi comprende subito, come se potesse leggermi dentro. Mi stringe forte e mi bacia. «Ti prometto che con me sarai sempre felice amore mio e ti starò sempre vicino perché tutti i tuoi sogni si realizzino». «Ma i miei sogni si sono già realizzati». Gli sorrido. Lo bacio con forza e lui ricambia con ancora più intensità. «Hai mai fatto l'amore in una stalla? E bada bene a come rispondi». Sempre il solito. «Ma se non vuoi mai sapere la verità ogni qual volta mi domandi dei miei rapporti intimi del ato con altri, allora perché me lo chiedi?». Si avvicina al mio orecchio ed io capisco che sta per dirmi qualcosa di veramente intenso. «Voglio solo sentirti dire più e più volte che non hai mai provato con nessuno quello che provi con me mentre faccio l'amore con te, fino a farti perdere i sensi. Voglio solo sentirti dire che io sono stato il primo con cui hai fatto l'amore. Voglio solo sentirti dire che io sarò l'unico con cui lo farai più e più volte per tutta la vita». Si fa serio. «Dimmelo piccola, dimmi tutto questo, non mi stancherò mai di sentirlo». Avvicino il viso al suo, sfiorandogli il naso con il mio, in un gesto dolce. «Sai cosa ti dico Zachary? Che ti amo così tanto da contare anche i secondi quando non siamo insieme. Che il mio stomaco è sempre teso anche solo al pensiero di sentire le tue mani su di me. Che non c'è giorno in cui non penso a quel momento speciale sulla ruota panoramica, in cui ebbi davvero la certezza di amarti. Che quando facciamo l'amore mi strapperei la pelle di dosso, perché non riesco a contenere tutte le sensazioni che mi fai provare. Che tu sei l'unico e il
solo...». Silenzio tra di noi solo per brevi secondi. «Non ho bisogno di altro, è ancor meglio di ciò che pensavo». Mi prende la mano e mi porta con sé per una nuova prima volta...
EPILOGO
ZACHARY
Sono un grande avvocato di successo che ha deciso di non diventare socio dell'azienda per cui ha sempre lavorato sodo. Sono un grande avvocato di successo che ha deciso di aprire un suo piccolo studio, per continuare a fare il lavoro che ama, ma senza togliere tempo alle persone che sono la sua vita. Sono un grande avvocato di successo che guarda i suoi genitori e la sua sorellina parlare e scherzare con la donna che adora, come se la conoscessero da sempre. Sono un grande avvocato di successo che ha capito i veri valori e questo perché un giorno, di un anno fa, ha incontrato, per caso, una bellissima ballerina piena di lentiggini, dai capelli rossi e gli occhi color caramello, grazie alla sua sveglia che non ha suonato quella mattina. Tutto questo fa di me un grande UOMO di successo...
OLIVIA
La musica nel cuore non è solamente il titolo di uno dei miei film preferiti: è una sensazione, è una vibrazione, che mi mantiene viva. Quando arrivò quella telefonata, dopo quasi un anno, non potevo crederci davvero. Si sono ricordati di me, sono rimasti colpiti dal mio modo di ballare. Sono tornata, proprio lì, in quel meraviglioso teatro. I miei amici a sostenermi mi guardavano dalle poltroncine. Ed ora eccomi qui... Non appena mi sono guardata allo specchio e ho visto il mio costume di scena e l'incredibile trucco che mi ha trasformata, non ho potuto fare a meno di chiedermi ancor di più; ma sono davvero io? Sono davvero io quella che adesso
sta danzando sulla musica di Melody, scandendo a squarciagola le sue dolci parole? Sì, sono proprio io... L'emozione del debutto è qualcosa che ti scalfisce dentro per sempre, qualcosa che rimarrà impressa in te e che mai potrai dimenticare. Ballo per me, per il mio pubblico, ma soprattutto per il mio Zachary che è proprio qui, in prima fila e che non vedo bene, ma c'è e applaude, applaude forte più di chiunque altro...posso sentirlo...posso sentire il suo orgoglio. Noi, così diversi, siamo un tutt'uno perfetto...
Vivi ogni giorno a Tempo di Musica...
Daniela Perelli