DE LACY EVANS
COME PROLUNGARE LA VITA
Ricerche intorno alle cause della vecchiaia
e della morte naturale
Dimostrazione della alimentazione
e degli agenti meglio adatti
al maggiore prolungamento della vita umana
sulla Terra
Fratelli Bocca Editori - Prima edizione digitale 2015 a cura di David De Angelis
INDICE
PREFAZIONE
CAPITOLO I - Le cause della vecchiaia e della morte naturale
CAPITOLO II - La sorgente degli accumuli che producono la vecchiaia a la morte naturale
CAPITOLO III - L’alimentazione più adatta, nella composizione e nella quantità, per una lunga vita
CAPITOLO IV - Esempi di longevità nell’uomo e nel regno animale e vegetale
CAPITOLO V - Modo di prevenire le malattie
CAPITOLO VI - Agenti meglio adatti a prolungare l’esistenza
CAPITOLO VII - Conclusione
APPENDICE del traduttore
APPENDICE
PREFAZIONE
Quest’opera è dedicata a Sir ISACCO HOLDEN come segno di ammirazione per l’interessamento che egli ha messo per tanti anni in riguardo alla “Alimentazione e Longevità”, e per riconoscenza di tanti sforzi da lui fatti per popolarizzare con precetti ed esempi molte delle idee contenute in questo libro.
“Se la mia abilità fosse eguale ai
miei desideri, non vi sarebbe né
dolore ne povertà nell’universo”.
ADDISON.
In ogni essere che faccia parte della Natura animata, dal più insignificante insetto al più illuminato, nobilitato ed altamente sviluppato essere umano, noi notiamo un amore profondamente radicato, per un possesso a preferenza di tutti gli altri, e questo è il possesso della vita. Che cosa non darebbe un uomo per conservare la sua vita? Che cosa non darebbe per prolungarla? Il valore della ricchezza, dei titoli, degli onori, del potere e degli intenti mondani sono nulla, in paragone del valore che ogni uomo sano, per quanto umile e miserabile, dà alla conservazione della sua vita. La vita umana, considerata fisicamente, è una operazione di chimica animale; e, per quanto ciò possa essere considerato come un principio astratto, le manifestazioni ed i fenomeni della vita dipendono dai poteri uniti della Natura che agisce sulla materia in uno stato mutabile, e sono
incorporati in pochi, grandi ed elementari processi di fisica e di chimica. Le leggi della vita e della morte, guardate sotto questo punto di vista, formano la base di una scienza stabile, la Macrobiosi, ovvero l’arte di prolungare la vita. Vi è però una distinzione da fare tra quest’arte e la scienza della medicina, ma l’una è ausiliaria dell’altra. Esiste uno stato del nostro corpo che noi chiamiamo salute; un maggiore o minore allontanamento da questo stato noi chiamiamo malattia. L’oggetto della medicina è quello di guidare queste variazioni verso un dato centro di equilibrio corporeo; ma l’oggetto della macrobiosi è quello di conservare il corpo in salute, e quindi prolungare la vita, basandosi sulla dietetica ed altre regole quali principi generali. Nella presente opera l’autore ha tentato di andare oltre, ricercando le cause che concorrono a produrre i cambiamenti che si osservano a misura che l’età si avanza, e inoltre indicando un mezzo per arrestarli. “Chi scrive, parla o medita senza avere dei fatti che dirigano la sua mente, è come un marinaio sul vasto oceano che non abbia como o timone per la sua nave”. Se egli concepisce un’idea, un fantasma della sua propria immaginazione, e cerca di farne una realtà, accettando solamente quei fatti o fenomeni che vanno d’accordo colla sua concezione prematura, ignorando quelli che sono in opposizione con questa ombra o idea, ma che possono nondimeno essere dimostrabilmente veri, egli crea una teoria che può essere scorretta, ed essendo così, essa è dannata prima o poi alla distruzione. E quantunque possano occorrere poche ore per costruire questa teoria, possono are dei secoli prima che essa sia finalmente distrutta. Il fondatore di un’ipotesi erronea crea un mostro che serve solamente a combattere ed a soffocare la verità.
La lotta può durare solamente per un certo tempo, perché la verità deve necessariamente prevalere alla fine. “Il vero filosofo cerca sempre di spiegare ed illustrare la Natura per mezzo dei fatti, dei fenomeni, cioè per mezzo degli esperimenti, la consultazione e l’interpretazione dei quali forma il suo compito, e per mezzo dei quali egli fa sì che l’oggetto della sua investigazione parli in modo da riuscirgli intelligibile; ma è colla accurata osservazione e coll’accomodare tutti quei fatti in quanto sono in connessione col suo argomento che ei raggiunge la conoscenza intima della natura di questo. Perché non dobbiamo mai dimenticare che ogni fenomeno ha la sua ragione, che ogni effetto ha la sua causa” - BACON.
“La storia della scienza ci dà l’assicurazione consolante che si riuscirà, seguendo la via dell’esperimento e della osservazione, a svelare i misteri della vita organica, e ad ottenere risposte definite e precise alla domanda: Quali sono le cause che concorrono a produrre i fenomeni vitali?”- LIEBIG.
“Non si allarmi l’uomo per la moltitudine degli oggetti che si presentano alla sua attenzione; perché è questo al contrario che dovrebbe piuttosto destare la speranza... Se ci fosse qualcuno tra di noi che, interrogato sulle cose della Natura, fosse sempre pronto a rispondere coi fatti, la scoperta delle cause ed il fondamento di tutte le scienze sarebbe l’opera di pochi anni” - BACON.
Lo scopo dell’autore è quello di rendere noto il risultato delle investigazioni intorno allo cause di ciò che si chiama “decadimento naturale”, non teoricamente o coll’accettare solamente quei fatti che si accordano con una idea preconcetta, ma col raccogliere tutti i fatti opportuni al riguardo, e trarre chiare e stringenti deduzioni da essi. L’opera non è scritta allo scopo di accordare una individuale grandezza all’uomo, né di fare disconoscere un Essere Supremo. La conoscenza sempre maggiore dei fenomeni della Natura e delle leggi dalle quali essi sono regolati, ci fa consci e ci insegna a riconoscere la perfezione, la grandezza e l’impenetrabile scienza di un Creatore onnisciente, le cui opere ed azioni diventano ogni giorno più manifeste nelle illimitate manifestazioni; la cui sublimità e grandezza la mente umana non è capace di concepire. L’immaginazione più fervida - la mente più esaltata - contemplerà le immagini e le forme, che, comparate colla realtà, non appaiono altro che bolle dai colori vividi e cangianti che svaniscono, lasciando l’osservatore forzatamente conscio della propria debolezza ed imperfezione, ma non illuminato dalla inscrutabile scienza di un Essere infinitamente più alto.
Quest’opera ha avuto origine da una memoria sulla “Calcificazione, causa della vecchiaia” letta dall’Autore davanti alla Società Medica e Fisica dell’ospedale di San Tommaso il 26 ottobre 1876. L’autore dapprima concepì l’idea del possibile prolungamento dell’esistenza da una pubblicazione intitolata “Longevità Patriarcale” di Parallax, nella quale fu prima indicata la calcificazione come
causa della vecchiaia, e da cui son tolte parecchie citazioni; molti esempi di longevità son presi dagli “Archivi della Longevità” di Easton e Bailey e dall’ “Arte di prolungare la vita” di Hufeland edita dal fu Erasmo Wilson. È stata per lungo tempo opinione degli uomini di scienza che, con una alimentazione conveniente e regolare, si può godere in buona salute sino ad una verde vecchiaia la benedizione della vita. Lo scopo di quest’opera è di mostrare che si può per un certo tempo frenare le cause che sono visibili negli effetti a misura che l’età si avanza, e così prolungare la vita: e ancora con altri mezzi, fondati su semplici fatti, si può far ciò per un lungo periodo. Sir Beniamino Ward Richardson recentemente diceva: “Presumendo che degli esseri umani siano nati di buona e sana costituzione, essi sono bene avviati, a meno che non siano vittime di agenti distruttivi accidentali, a vivere cinque volte la loro maturità, cioè cinque volte 21 anni, il termine naturale della vita anatomica, 105 anni; termine che pochi raggiungono, ma che pure è conseguibile, come mostra l’esperienza, e tanto conseguibile come portato di una legge naturale, che la maggioranza degli uomini e delle donne lo raggiungerebbero se essi vivessero convenientemente” [1]
Il dottor Kearney, in un articolo sul soggetto di quest’opera nel Transatlantic Monthly, affermava non esservi ragione perché la vita umana non dovesse protrarsi almeno a 200 anni; e molti altri scrittori sono di opinione simile. La chimica odierna - e non parliamo di quella avvenire - indica distintamente più di questo. Artemus Ward diede un sano consiglio quando scrisse: “Non profetate mai a meno che non sappiate” La chimica non ha bisogno di un profeta. Essa è una scienza sperimentale e vera, fondata sui fatti e non sulla immaginazione. Quando consideriamo che la differenza tra un vecchio e un giovane è dovuta alla graduale accumulazione di certi composti chimici semplici e definiti, i quali producono un’alterazione nell’apparenza, nella struttura e nella funzione, non vi è ragione per la quale non dovremmo noi avere eventualmente - e forse tra poco - sotto il nostro controllo questi cangiamenti, ed in tale estensione, che il solo caso fosse il nemico. E poi la chimica dell’avvenire può, anzi riuscirà a preparare un’alimentazione artificiale che conterrà i soli elementi necessari alla nutrizione, senza di quelli che sono dannosi alla longevità e che son causa tanto delle alterazioni caratteristiche dell’età quanto della morte immatura. La scienza non è contraria all’ammettere l’approssimarsi d’un periodo in cui - almeno per alcuni - si riconquisti la perduta Arcadia, ed in cui, come scriveva Walter Scott, “i savi diventeranno monarchi della terra, e la morte stessa si ritirerà davanti al
loro disprezzo”.
[1] Secondo una nota legge fisiologica, ogni animale vive naturalmente cinque volte il periodo di tempo che impiega per raggiungere il perfetto saldamente di tutte le sue ossa. Tale periodo per l’uomo è di circa 25 anni, quindi la sua vita naturale sarebbe di 125 anni, o poco meno. Tale deduzione scientifica è d’accordo con quello che dice la Bibbia: a Et dies hominis erunt centum et viginti annorum
CAPITOLO I - Le cause della vecchiaia e della morte naturale
Malgrado tutte le nostre scoperte fisiologiche, anatomiche e filosofiche, ci sono ancora al presente molte questioni non risolute; tra le altre vi è quella dell’azione del cervello, del pensiero, del movimento, della vita, e del possibile prolungamento dell’esistenza. “La Natura ci parla in un linguaggio particolare, nel linguaggio dei fenomeni. Essa risponde sempre alle domande che le si fanno; e tali domande sono gli esperimenti”. Nella vecchiaia il corpo differisce materialmente dalla gioventù, nell’attività, nella sensibilità, nella funzione e nella composizione. Il corpo attivo, pieghevole, sensibile ed elastico della gioventù, man mano cede il posto all’induramento, alla rigidità ed alla decrepitezza che termina nella morte naturale. In Natura vi sono distinte ragioni per ogni cambiamento: per lo sviluppo, per il crescere, per la decomposizione e per la morte. Se colla nostra mente libera dalla teoria, e senza i pregiudizi delle ipotesi noi domandiamo alla Natura la causa di questi cambiamenti, essa certamente ci risponderà. Domandiamole la causa di queste differenze tra la giovinezza e la vecchiaia, perché le varie funzioni del corpo gradatamente cessano; perché noi diventiamo vecchi e poi moriamo. Il fatto più caratteristico della vecchiaia è che un deposito fibroso, connettivale e terroso ha preso posto nell’organismo; e il deposito terroso è composto principalmente di fosfato e carbonato di calce, di magnesia e tracce di altri alcalini terrosi [1] Tra i fisiologi ed i filosofi medici generalmente prevale l’idea che la calcificazione (ossia l’accumulo graduale dei sali terrosi nell’organismo) che caratterizza “la morte naturale” è il risultato della vecchiaia; ma l’osservazione mostra che tale spiegazione è non soddisfacente. Perché in primo luogo, se lo invecchiare (che è in realtà il numero degli anni che una persona ha vissuto) è la causa della calcificazione che l’accompagna, allora, se “cause simili producono effetti simili”, tutti gli nomini della stessa età si dovrebbero trovare nello stesso stato di calcificazione; ma l’osservazione prova senza ombra di dubbio che le cose procedono diversamente. Come è frequente vedere individui intorno ai cinquant’anni vecchi e decrepiti come altri di settanta od ottanta! Noi ricercheremo prima le differenze trovate dalla osservazione tra la giovinezza e la vecchiaia, nei molti tessuti e negli organi del corpo.
OSSA. - La quantità media dei costituenti delle ossa nella prima età, secondo un’analisi di Berzelio, è
Così vediamo che il 66,7 per cento, ossia circa i due terzi, sono fatti da composti inorganici o terrosi. La porzione organica o gelatinosa (se è fresca) contiene circa il dieci per cento di acqua. La sostanza ossea compatta contiene più materia salina di quella spongiosa, e proporzionalmente una quantità maggiore di fosfato di calce rispetto al carbonato in paragone della spongiosa [2] Se pigliamo le ossa di un fanciullo, di un giovine nel fiore della sua vita, e di un vecchio, e sottoponiamo un dato peso di ciascuno di essi ad una semplice analisi (potendo facilmente ottenere i costituenti salini di essi assoggettandoli ad un forte calore, con libero accesso dell’aria, col quale mozzo la materia animale od organica viene interamente ad essere consumata, restando solamente la parte salina) e se pesiamo accuratamente il residuo dei sali terrosi, che cosa troviamo? Troviamo che le ossa del fanciullo contengono una certa quantità di composti terrosi (secondo l’età); che le ossa del giovane ne contengono una proporzione maggiore, e che quelle del vecchio ne contengono una quantità ancora maggiore. Se pigliamo anche uno stato intermedio tra la fanciullezza e la virilità da una parte, e dall’altra uno stato intermedio tra la virilità e la vecchiaia, otteniamo lo stesso risultato, il quale chiaramente dimostra che per qualche causa, la quantità dei composti terrosi nelle ossa aumenta gradatamente dalla nascita alla vecchiaia [3] “Secondo lo Schreger ed altri vi è un considerevole aumento nei costituenti salini delle ossa con l’avanzare degli anni. Il dottor Rees stabilisce che esso è specialmente accentuato nelle ossa lunghe ed in quelle della testa che, nel feto, non contengono l’eccesso di sostanze terrose che si trova in quelle dell’adulto… Così nel fanciullo, in cui la materia animale predomina, non è infrequente trovare, in seguito ad un’offesa subita dalle ossa, che esse si pieghino o si rompano solamente in parte, per la quantità grande della sostanza animale flessibile che contengono. Ed al contrario nei vecchi, nei quali le ossa contengono una grande quantità di materia terrosa, essendo la organica nello stesso tempo deficiente per quantità, e qualità, le ossa sono più fragili, la loro elasticità è perduta e quindi le fratture avvengono più facilmente” - GRAY.
Dalla vita embrionale alla nascita si va svolgendo un graduale processo di ossificazione, ed anche alla nascita le epifisi di molte ossa cilindriche, tutte le ossa del carpo [4] le cinque più piccole del tarso [5] la rotula, le ossa sesamoidi [6] e gli ultimi pezzi del coccige non sono ancora ossificati. Continuando ancora questo processo di ossificazione dopo la nascita, le epifisi si uniscono al corpo
dell’osso, i centri di ossificazione delle vertebre e del cranio gradatamente si uniscono per formare le ossa rispettive, e non è che intorno al trentesimo anno che si raggiunge l’intero sviluppo delle ossa e dello scheletro. Dal principio della vita noi seguiamo questo graduale processo di ossificazione, le cartilagini intervertebrali si raccorciano e diventano dure, inelastiche, producendo una diminuzione della statura nella vecchiaia ed una inclinazione in avanti; in alcuni casi le suture del cranio si chiudono man mano, e le ossa che una volta erano separate, diventano unite; per la caduta dei denti si osservano cambiamenti nella forma della mascella inferiore; i segmenti dell’osso ioide si fondono insieme, formando nella vecchiaia un osso solo; le cartilagini della laringe si ossificano, e anche i legamenti delle giunture diventano così duri, che la loro primitiva pieghevolezza cede il posto ai limitati, impacciati e tardi movimenti della vecchiaia. Così troviamo che le ossa in questo periodo della vita contengono una proporzione maggiore di sostanze terrose che nella gioventù.
MUSCOLI. - A misura che l’età si avanza, i muscoli diminuiscono in grossezza, le fibre diventano rigide e meno contrattili, facendosi più pallide ed anche giallastre di colore, e non sono influenzate dagli stimoli nella stessa estensione che nella gioventù. I tendini e le parti adiacenti al tessuto muscolare, e le aponevrosi [7] diventano dure ed anche ossee. Vi è anche una diminuzione nel liquido delle guaine tendinee. Se esaminiamo un dato peso di tessuto muscolare preso da un vecchio, e un peso identico preso da un giovane, troviamo che il primo contiene più materia terrosa del secondo. Ogni tessuto od organo del corpo darà lo stesso risultato, cioè che si trova nell’organismo più sostanza salina nella vecchiaia che nell’adolescenza, e che questa sostanza si è accumulata man mano a cominciare dal primo stadio dell’esistenza.
CERVELLO. - Considereremo ora brevemente le alterazioni del cervello e dei centri nervosi nella vecchiaia.
Il cervello - l’organo che presiede ad ogni pensiero e ad ogni azione del nostro corpo materiale, che costituisce una delle grandi masse centrali del sistema nervoso, o che è in costante comunicazione telegrafica con ogni fibra e parte del
corpo per mezzo del midollo spinale e dei nervi, i quali ultimi sono così meravigliosamente distribuiti colle loro minute ramificazioni che non vi è un punto sulla intera superficie del corpo, sia pure grande quanto la testa di uno spillo, che noi possiamo ferire, senza che il cervello non pigli subito conoscenza del fatto; il cervello differisce da molti altri organi e tessuti del corpo nel contenuto di fosforo sotto forma inossidata; e di questo argomento tratteremo in seguito. Il cervello cresce, ossia aumenta in grossezza, sino a circa quarant’anni, quando esso raggiunge il massimo peso. Dopo questo periodo vi è una graduale e lenta diminuzione del peso di circa un’oncia per ogni dieci anni. Secondo Cazanvieilh, il diametro longitudinale del cervello d’un vecchio paragonato con quello di un giovane è di sei pollici ed una linea (misura se) nel primo, e sei pollici e quattro linee nel secondo; mentre che il diametro trasverso è quattro pollici e dieci linee nel vecchio, e cinque pollici nel giovane. Alle stesse conclusioni vengono le seguenti misurazioni comparate delle diverse parti del cervello nei tre periodi della vita, pubertà, giovinezza e vecchiaia [8]
LE CAUSE DELLA VECCHIAIA E DELLA MORTE
Così si vede che ad eccezione del cervelletto (o cervello animale) ogni parte dell’encefalo diminuisce in grandezza nella vecchiaia. Inoltre le circonvoluzioni cerebrali diventano sempre meno distinte e prominenti.
MEMBRANE DEL CERVELLO. - La dura madre [9] si trova spesso rilasciata o corrugata, specialmente negli individui molto vecchi, quando vi si trova poco liquido sotto; spesso si trova ispessita ed indurita, e dei depositi calcarei sulla superficie dell’aracnoide sono molto frequenti. Questi generalmente sono descritti come risultato di infiammazioni croniche, ma quando in vita non vi sono stati sintomi di alcuna malattia infiammatoria, si possono considerare come concomitanze della vecchiaia, ossia di quel processo graduale di calcificazione che accompagna o è causa di tale stato dell’organismo. L’ispessimento e l’opacità dell’aracnoide [10] spesso si trovano nei vecchi, ed il liquido secretato è qualche volta torbido ed albuminoso; qualche volta si trova che la membrana ha una anormale secchezza, e talvolta accade di trovarvi, quantunque raramente, dei depositi ossei; ma più spesso si trova una certa scabrezza, dovuta ai depositi salini, che dà la sensazione di sabbia fine sotto le dita. Il plesso coroideo [11] è qualche volta varicoso, e le membrane che tappezzano i ventricoli si trovano ispessite ed opache. Veniamo ora al cambiamento più importante di tutti, che dà pienamente ragione delle molte differenze esistenti nel cervello tra la gioventù e la vecchiaia, cioè i cambiamenti nei vasi sanguigni che lo nutriscono. Le arterie nella vecchiaia si ispessiscono e diminuiscono di calibro per depositi fibrosi, connettivali e salini. Ciò si rileva molto più facilmente nei vasi più larghi; ma tutti, anche i più piccoli ramoscelli, soggiacciono allo stesso graduale cambiamento. E così la provvista di sangue al cervello diventa sempre minore, di qui la diminuzione in grandezza dell’organo dalla gioventù alla vecchiaia; di qui la graduale diminuzione delle funzioni di esso; e la mente vigorosa della media età a poco a poco cede il posto alla perdita della memoria, alla confusione delle idee; di qui la incapacità di seguire a lungo un pensiero, l’oblio del ato e la trascuranza dell’avvenire, la noncuranza delle impressioni del momento, il rammollimento cerebrale e quella imbecillità tanto caratteristica dell’età estrema. “Le arterie che più frequentemente si trovano calcificate nel cervello sono le carotidi interne e la basilare; ma il circolo di Willis [12] ed i vasi che si partono da esso, come pure le ramificazioni arteriose che appaiono tra le circonvoluzioni e vengono alla
superficie di esse, spesso partecipano più o meno a questo stato morboso. La degenerazione cartilaginosa è ancora più estesa, e pare che preceda i depositi calcarei. Le formazioni cartilaginee e calcaree nelle pareti delle arterie cerebrali producono la irregolarità nella distribuzione del sangue e fanno sì che il rifornimento di esso a qualche parte del cervello sia interrotto od incompleto, preparano le dilatazioni aneurismatiche [13] le rotture, e quindi le produzioni dell’apoplessia e della paralisi” - COPLAND.
“La calcificazione si scopre (ad occhio nudo) solamente nelle arterie; ma la si verifica in esse molto frequentemente ed in una grande estensione, specialmente nell’età, avanzata” - IBID.
“Dopo i cinquant’anni le pareti dei vasi sanguigni sono molto soggette alla degenerazione. L’aorta [14] specialmente si dilata, l’elasticità delle sue pareti diminuisce, e la sua superficie interna è resa scabra da larghe, irregolari placche biancastre rilevate, di sostanza patologica, che giacciono immediatamente sotto lo strato superficiale del rivestimento interno, e che sono composte di un miscuglio di sostanza salina e grassa... Nelle arterie più piccole la calcificazione procede molto più uniformemente, ed esse diventano alla fine più o meno completamente cambiate in tubi lisci, calcarei. I capillari sono egualmente soggetti, come le arterie, alla degenerazione” - Vademecum del medico di HOOPER.
“Le arterie cerebrali dei vecchi spesso presentano dei rilievi fatti da lamine cartilaginee od ossee”.
“La calcificazione delle arterie è stata attribuita da molti autori all’azione di leggiere infiammazioni croniche. Gli esperimenti di M. Rayer e di M. Cruveilhier pare che abbiano confermato tale opinione, almeno come un avvenimento occasionale, specialmente nei tessuti fibrosi e cartilaginei, artificialmente eccitati, nei quali generalmente si accumulano depositi ossiformi. Ma in un certo numero di casi, specialmente in quelli nei quali il deposito
ha luogo nei tessuti cellulari, nessuna azione infiammatoria può essere dimostrata precedentemente a questo cambiamento. Inoltre l’azione vascolare aumentata si verifica frequentemente, senza che sia seguita da depositi ossiformi. Perciò tale lesione non può essere messa del tutto in dipendenza di tale causa, quantunque spesso risulti esserne un effetto in certi tessuti. Sarebbe corretto considerarla affatto come conseguenza dei disordini dei processi naturali della nutrizione e della secrezione... Ma da quale causa si deve far dipendere questo disordine della funzione nutritiva, specialmente quando esso si verifica in parti che non hanno mostrato alcun segno del processo infiammatorio, come nel tessuto cellulare che unisce il rivestimento interno delle arterie? L’importanza di queste ricerche si può rilevare dal grandissimo numero di persone in età avanzata che sono affette in qualche organo o tessuto da questa azione, e dalla parte importante che essa compie nella produzione di un numero di malattie dalla più spaventevole descrizione”. - Dizionario medico di COPLAND, articolo “Arterie”.
I signori Rostan, Recamier ed altri sono d’accordo nel considerare che il rammollimento del cervello non è qualche volta dipendente ad alcun processo infiammatorio, specialmente nelle persone attempate. Abbiamo citate le dette autorità per mostrare che la calcificazione e l’indurimento delle arterie del cervello non è stata trascurata, ma che è un fatto già conosciuto da molti anni; e anche per mostrare che questo graduale processo di indurimento non è dovuto ad alcuna azione infiammatoria. E dimostreremo che questa sostanza salina vien depositata dal sangue, e che aumenta anno per anno coll’invecchiare, restringendo così il calibro dei vasi più grandi parzialmente, ed in qualche caso totalmente, occludendo i capillari, diminuendo gradatamente la quantità del sangue al cervello, producendone la diminuzione in grandezza nella vecchiaia, e dando completamente ragione della perdita graduale delle capacità mentali dianzi enumerate [15] Col crescere degli anni le energie del sistema ganglionare decadono; la digestione, la circolazione e le funzioni secretive diminuiscono; i gangli scemano in grandezza, diventano più sodi e di colore più oscuro. Nella vecchiaia i nervi divengono più tenaci e duri, diminuisce la sostanza midollare, ed i loro vasi sanguigni si restringono nel calibro. La sensibilità dell’intero sistema cerebro-spinale decresce, donde la diminuzione dei poteri intellettuali e la diminuita attività e forza negli organi della locomozione nell’età avanzata. Un altro fatto importante e sorprendente è che il cervello di un vecchio contiene minore quantità di fosforo che quello di un uomo più giovane.
ARTERIE. - Come per le arterie del cervello, lo stesso processo di graduale calcificazione si estende ad ogni vaso, la cui ramificazione arborescente nutriste, senza eccezione, ogni parte dell’organismo [16] Bichat e Baillee pensano che la maggior parte delle persone di sopra ai sessanta anni hanno qualche parte del sistema arterioso affetto da tali depositi.
VENE. - Nella vecchiaia i vasa vasorum [17] decrescono e diventano indistinti, le arterie si restringono di calibro e perciò portano minore quantità di sangue che nella giovinezza; la pressione aumenta nelle vene che si dilatano, assottigliandosi le loro pareti, ed esse diventano tortuose ed anche varicose.
CUORE. - Nel cuore “le arterie coronarie [18] sono spesso calcificate tanto nei loro tronchi quanto nelle loro suddivisioni”. In molti casi tale calcificazione non è visibile; ma esaminando lo stesso peso di tessuto muscolare preso dal cuore di due individui in uno stadio diverso della vita, troviamo lo stesso eccesso di materia terrosa nel vecchio, come l’abbiamo trovato negli altri organi già esaminati; i capillari a poco a poco diminuiscono di calibro, le fibre muscolari del viscere sono malamente nutrite, e diventano più pallide, le cavità si dilatano e le pareti si assottigliano, diventando in taluni casi più o meno indurite, ed in altri casi cadendo in preda alla degenerazione grassa. Anche le valvole [19] soggiacciono alla trasformazione cartilaginea ed ossea. La provvista di sangue all’organo diminuisce gradatamente, e la sua debole contrazione spinge il sangue lungo i vasi già induriti e calcificati agli organi che hanno soggiaciuto allo stesso grado di calcificazione, e sono perciò incapaci di compiere bene le loro necessarie funzioni. “In sull’età dei quaranta anni, e più ancora quando si avvicinano i cinquanta, la circolazione sanguigna diventa sempre più languida, specialmente nelle vene; di qui la frequenza della congestione venosa, e le ostruzioni viscerali, con diverse malattie che ne dipendono, specialmente gli emorroidi, i disturbi biliosi, le febbri gastriche e biliose, le infiammazioni, le affezioni del cuore, l’apoplessia e la paralisi, i disturbi dello stomaco e del fegato, l’ematemesi, le affezioni delle giunture, come la gotta ed il reumatismo; le malattie degli organi urinarli ed i disordini uterini, l’ipocondria e le affezioni mentali” - COOPER.
POLMONI. - I polmoni a poco a poco perdono la loro elasticità ed aumentano in densità; gli alveoli ed i bronchi si dilatano, donde l’enfisema [20] e le bronchiti croniche che tanto spesso si vedono nei vecchi.
Veniamo ora agli organi della secrezione e della digestione.
GLANDOLE SALIVARI. - Cominciando dalle glandole salivari, troviamo che esse sono indurite e calcificate; la loro massa in molti casi diminuisce coll’età. La saliva è secretata o in così piccola quantità che il cibo è solamente in parte umettato nella bocca, ed è ingoiato con difficoltà, oppure è secretato in grande quantità, scorrendo e gocciolando continuamente dalla bocca in quei molto attempati, essendone alterata la composizione, contenendo più acqua del normale.
STOMACO. - Nello stomaco il succo gastrico (che serve a sciogliere i vani generi di cibi, riducendo le parti albuminose o fibrose di esso in uno stato tale da poter essere assorbite nell’organismo) è secretato sotto forma diluita, ed è deficiente in pepsina, così il primo processo della digestione è compiuto impropriamente. Inoltre le pareti muscolari dello stomaco gradatamente perdono la loro solita contrattilità, i movimenti peristaltici diventano deboli, ed il chimo, ossia il prodotto della digestione gastrica, è trasmesso debolmente attraverso l’orifizio pilorico al tubo intestinale, invece di are con più forza come nel fiore della vita.
FEGATO. - Il fegato, oltre all’effettuare importanti cambiamenti in certi costituenti del sangue durante la circolazione di questo nella glandola, è anche l’organo secretore da cui ci formata la bile. La bile è separata dal sangue dalla cellula epatica, ed è scaricata in piccoli condotti che si uniscono e terminano in un comune dotto coledoco. Nella vecchiaia i vasi sanguigni minuti diventano duri e diminuiscono di calibro; le cellule epatiche si induriscono e quindi la loro
secrezione diviene leggermente alterata; ma tale alterazione differisce nel grado secondo la importanza della congestione venosa, che tanto spesso si trova nell’età avanzata, e che è causata dall’indurimento dell’organo, che non gli permette quel grado di dilatazione che esiste in uno stato più giovane della vita. “Le malattie del fegato molto raramente occorrono sino a dopo la pubertà”. Ma sul finir della vita quanto pochi sono quelli liberi da qualche disturbo congestivo o strutturale dell’organo! Nella fanciullezza e nella gioventù l’organo possiede sufficiente elasticità per permettere che i qualunque aumentato afflusso di sangue; ma nella vecchiaia il tessuto indurito non si può dilatare, le vene dell’addome e degli arti inferiori ne risentono la pressione e diventano varicose. Nella vecchiaia le materie grasse non sono completamente emulsionate né assorbite dai vasi chiliferi [21] ciò può esser dovuto ad un’alterazione nel liquido secretato dal pancreas [22]
INTESTINI. - Negli intestini i piccoli vasi che irrigano i follicoli e le varie glandole si induriscono, od anche si occludono nella vecchiaia; le pareti degli intestini diventano opache, e perdono la loro contrattilità; i villi [23] che contengono i vasi chiliferi soggiacciono alla stessa graduale alterazione, e questi ultimi avendo pareti che anno per anno divengono meno pervie, il nutrimento è sempre meno assorbito dall’organismo. Da queste alterazioni negli organi digerenti rileviamo primariamente che il cibo è impropriamente digerito; in secondo luogo che il chilo, o la parte nutriente di esso, è solamente in parte assorbito dai chiliferi, e in ultimo che questi difetti di funzione sono causati da un graduale processo di induramento e calcificazione.
TESTICOLI. - Nella vecchiaia i testicoli si atrofizzano e quasi scompaiono; il liquido spermatico è alterato nella composizione e a poco a poco è perduto, mentre che per un graduale indurimento e calcificazione dei vasi del tessuto erettile non più essendone possibile la dilatazione, anche la funzione di quest’ultimo è perduta. A misura che l’età si avanza, la glandola prostatica tende ad ingrandirsi; ed i “suoi condotti spesso contengono piccole concrezioni rotonde, della grandezza circa di un grano di miglio, composte di carbonato di calce e sostanza animale”. Le glandole di Cowper [24] pare che diminuiscano nella vecchiaia.
UTERO. - “Per i graduali effetti della sola età, indipendentemente dalle gravidanze, l’utero decresce, e diventa più pallido nel colore e più duro nella tessitura; la sua formazione triangolare va perduta; il corpo ed il collo diventano meno distinguibili l’uno dall’altro; gli orifici diventano meno appariscenti”QUAIN.
OVAIE. - Lo stesso induramento avviene nelle ovaie, nelle quali però il Dr. Martin Barry ha dimostrato che esiste un gran numero di ovuli microscopici. I follicoli di Graaf [25] si avvicinano alla superficie dell’ovaia e scoppiano, e l’uovo e il liquido contenuto nel follicolo ano nella tromba di Falloppio, periodicamente, dai quindici anni circa ai quarantacinque o cinquanta, dopo il quale periodo della vita, a causa dello stato d’indurimento e di calcificazione dell’ovaia, i follicoli non possono più avvicinarsi alla superficie dell’organo; essi esistono, ma sono imprigionati, lo sviluppo ne è arrestato, si atrofizzano e dispaiono; e così è perduto il potere riproduttivo. Gli organi urinari sono modificati dalla stessa consolidazione. Nei tubuli uriniferi [26] e nella pelvi renale spesso si trovano dei calcoli. La vescica diventa più soda, più spessa e meno elastica nella vecchiaia. In questa età i tessuti adiposo e cellulare sono cambiati. La materia grassa diminuisce in quantità, diventa più fluida, e di colore più oscuro. Il tessuto cellulare diventa a poco a poco più denso, più fragile, meno elastico, assumendo qualche volta un carattere fibroso. Le membrane sierose diventano più dense, e spesso vi si trovano dei depositi calcarei; la loro superficie anche diviene più asciutta che nella gioventù. I tessuti fibrosi diventano più tenaci, più tigliosi e più rigidi e spesso si ossificano. Nella vecchiaia la sostanza fibrosa e connettivale aumenta; l’albumina diminuisce. Molte secrezioni diventano acri ed irritanti, ed il liquido mucoso generalmente aumenta. A causa del languore della circolazione e del diminuito potere nervoso, la produzione del calore animale è anch’essa diminuita, quantunque l’esalazione e l’evaporazione dai polmoni e dalla pelle, che entrambe abbassano la temperatura del corpo, non si compiano in così alto grado nella vecchiaia, come nella giovinezza. Se ricerchiamo le cause dei cambiamenti senili negli organi dei sensi, noi troviamo che la vista si indebolisce a poco a poco, l’udito, il gusto e l’odorato sono gradatamente alterati dagli stessi processi di induramento e calcificazione.
OCCHIO. - Nella vecchiaia si ha diminuzione della secrezione del liquido acquoso nella camera anteriore [27] dell’occhio, la cornea diventa meno prominente, la pupilla più dilatata per la diminuita sensibilità nervosa; di qui la vista a distanza, e la visione indistinta e confusa degli oggetti vicini negli uomini attempati.
“L’età estrema è una forte causa predisponente all’amaurosi” [28] MIDDLEMORE.
“L’amaurosi è più frequente nel periodo medio della vita e dopo” - LAURENCE.
“Lo stato della retina [29] esaminato dopo la morte, negli occhi amaurotici, va d’accordo con queste vedute... è stata trovata ispessita, opaca, macchiata, di colore di cuoio, tigliosa, ed in qualche caso anche calcificata”- COOPER.
“Un caso (di amaurosi) molto analogo alla ambliopia [30] senile si crede che dipenda dalla diminuzione del pigmento nero, la quale secrezione in alcuni individui più presto ed in modo più considerevole, in altri più tardi ed in grado minore, diminuisce colle altre secrezioni di natura differente” - BEER, Lehre von den Augenker.
“Nella forma, nel colore, nel grado della trasparenza e nella densità la lente cristallina presenta notevoli differenze nei differenti periodi della vita. Nell’adulto la superficie anteriore di essa diviene meno convessa della posteriore, e la sostanza ne diventa più densa (che nella fanciullezza), meno colorata o trasparente. Nella vecchiaia essa è appiattita in entrambe le superficie, assume un colorito gialliccio o una tinta d’ambra, e tende a perdere la sua trasparenza a misura che gradatamente aumenta in densità ed in peso specifico” -
QUAIN.
“La vecchiaia può essere riguardata come una delle cause predisponenti alla cateratta, poiché la malattia è molto frequente nell’età avanzata” - COOPER.
“Se la comune cateratta senile non fosse causata dalla morte della lente, se tale spiegazione della sua opacità fosse da rigettare, ci mancherebbe assolutamente come spiegare il suo frequente avverarsi nelle persone attempate. Evidentemente essa non è prodotta da infiammazione, perché essa prende prima posto nel centro della lente, come si vede; essa si verifica nelle persone vecchie e deboli, e non è accompagnata da dolori, né da alcun effetto morboso nelle altre parti dell’occhio, che possa essere correttamente riferito alla infiammazione” - MIDDLEMORE, Malattie degli occhi.
“Su questo punto io direi che è evidente la disorganizzazione e l’alterazione nel tessuto o in un nuovo deposito nella lente, piuttosto che la vera morte di essa” COOPER.
“Spesso si sospetta che la cateratta sia prodotta da difettosa nutrizione del cristallino; qualche imperfezione nervosa è da ammettere che possa pigliarci parte” - MACKENZIE.
“La cateratta dei vecchi generalmente attacca entrambi gli occhi, in un periodo di pochi mesi; ma nell’età media spesso la troviamo in un occhio solo, restando l’altro illeso per molti anni” - MACKENZIE.
Nell’età media la cateratta può dipendere da qualche processo infiammatorio, ed affetta un occhio solo. Ma la vera cateratta senile non è causata dalla morte della
lente, non è dovuta ad alcun processo infiammatorio: ma vi è nel cristallino un nuovo deposito che l’accompagna e che forma parte di quel graduale induramento e calcificazione che si trova nella vecchiaia; perciò entrambi gli occhi sono lesi e quasi nello stesso tempo. Nella vecchiaia la cornea si altera nella forma, diventa indurita ed anche opaca: la sclerotica soggiace alla stessa modificazione; ed in taluni casi si trova anche ossificata. Per mostrare che l’ossificazione qualche volta esiste, ed è possibile, citiamo pochi casi estremi.
“Scarpa disseccò un occhio che era quasi interamente trasformato in sostanza petrosa. Esso era stato preso dal corpo di una vecchia, e non era più grande della metà di uno sano. La cornea pareva offuscata, e, dietro ad essa, l’iride di una forma singolare, concavo e senza pupilla nel centro. Il resto del globo oculare, dalla periferia della cornea indietro, era più duro del solito a toccare”. I particolari della dissezione di questo caso si leggono con interesse nel trattato di SCARPA, Delle malattie dell’occhio. Haller s’incontrò in un caso simile (v. Osservazioni patologiche - Opere minori - osservazione 15). Fabrizio Hildanus, Lanciai, Morgagni, Morand Zinn e Pellier fanno distinta menzione di calcoli nell’interno dell’occhio. La calcificazione della capsula della lente, di quella dell’urna vitrea, e di quella che fu supposta essere la membrana jaloidea sono menzionate da Wardropp” - COOPER, Dizionario chirurgico.
Wardropp riporta anche l’esempio della ossificazione della cornea. In questo caso l’intero Occhio era alterato nella forma, e la cornea era opaca; in essa fu trovato fra le due lamine un pezzo di osso pesante due grani [31] di forma ovale, duro ed a superficie liscia; l’ossificazione della membrana coroidea e della retina fu anche trovata. Secondo la stessa testimonianza, Walter aveva nel suo museo un pezzo di cornea, preso da un uomo di sessant’anni, contenente una massa ossea lunga tre linee, larga due, e pesante due grani.
Molti degli esempi riferiti sono indubbiamente il risultato o del caso o di qualche processo infiammatorio; non dobbiamo perciò considerarli come una formazione naturale; ma nella vecchiaia si può mostrare con sufficiente evidenza che l’intera struttura dell’occhio è alterata, che le parti solide sono indurite ed anche
ossificate; le parti che nel primo periodo della vita erano trasparenti, diventano opache; a causa dei cambiamenti senili nei vasi sanguigni, gli umori (che sono secretati) sono alquanto alterati nella quantità, nel colore e nella trasparenza; ed inoltre la retina perde la sua sensibilità a causa dei cambiamenti nel cervello e nei nervi, che già abbiamo considerati. Questi cambiamenti nell’occhio, dovuti in primo luogo ad un graduale processo di solidificazione ed indurimento e poi alla diminuzione della sensibilità nervosa, spiegano completamente la cateratta, l’amaurosi ed altre malattie degli occhi che prevalgono dopo il periodo medio della vita, e che sono ancora più frequenti nella vecchiaia. D’altra parte, allo stesso modo che taluni sono dotati del genio in una forma o in un’altra, può qualcuno aver la fortuna di possedere organi della vista che abbiano il tono e la sensibilità nervosa più alta e ad un grado maggiore di quelli della maggioranza del genere umano, e che possano vivere sino a tarda età “con occhio non oscuro”. Ma anche in questi casi la vista non è così chiara, precisa o perfetta come era nei primi periodi della vita. Essa ha soggiaciuto alle stesse alterazioni trovate negli altri individui; queste possono essere leggiere, ma non è che differenza di grado.
ORECCHIO. - L’orecchio va soggetto allo stesso processo graduale di indurimento. Le cartilagini dell’orecchio esterno si induriscono, o anche si ossificano, le glandole ceruminose, che secretano il cerume, soggiacciono alle stesse alterazioni che abbiamo osservato nelle altre glandole; la secrezione diminuisce e si altera nella qualità. La membrana del timpano si ispessisce ed indurisce; i ligamenti che uniscono gli ossicini (martello, incudine e staffa) [32] diventano rigidi, la loro pieghevolezza diminuisce; e così le vibrazioni che sono già imperfette, a causa dell’induramento della membrana del timpano, sono malamente trasmesse dagli ossicini attraverso la cavità del timpano, per mezzo dell’orecchio interno (di cui la struttura ed i liquidi sono andati soggetti allo stesso processo di consolidazione) [33] al nervo acustico, la sensibilità del quale decresce in seguito ai cambiamenti simili del cervello. Da tali cause dipende la diminuzione e la confusione nell’udito dei vecchi.
LINGUA, GUSTO. - La lingua, oltre all’essere l’organo del senso speciale del gusto, possiede al massimo grado quello del tatto; questi poteri sensitivi sono confinati alla membrana che la ricopre, la cui superficie superiore è tutta munita
di numerose papille sensitive. Nella vecchiaia, per una perdita graduale della suscettibilità nervosa, ed anche per l’induramento dei vasellini sanguigni che irrigano queste papille, la loro sensibilità è diminuita. L’intera membrana che copre la lingua è indurita ed ispessita, la sua superficie diventa secca e rugosa, ed il senso del gusto è scemato.
ODORATO. - Nel naso, come nell’orecchio, le cartilagini che ne determinano la forma diventano dure ed anche si ossificano in legger grado; il potere contrattile ed espansivo delle narici durante la respirazione, che si osserva così spesso nei fanciulli, non è utilizzato. Internamente la membrana Schneideriana o pituitaria [34] diventa dura e spessa, i vasi sanguigni che la nutriscono si indurano e diminuiscono di calibro, e la secrezione dei follicoli mucosi o scema, producendo quella secchezza del naso tanto spesso osservata nei vecchi, o diventa acquosa, aumentando in quantità, e facendo sorgere i sintomi anche caratteristici dell’età. Inoltre le fibre del nervo olfattorio, il nervo specifico del senso dell’odorato, perdono a gradi a gradi la loro solita sensibilità, e quindi questo senso decade coll’età; il suo speciale potere di proteggere i polmoni dalla inalazione dei gas nocivi, e di aiutare l’organo del gusto a discernere la qualità. dei cibi, resta inefficace.
TATTO. - Veniamo ora al senso del tatto, e poiché la sua sede principale è la pelle, esamineremo nello stesso tempo i cambiamenti senili in questa, la quale è anche importante come organo di escrezione ed assorbimento. “La pelle consta di due [35] strati, derma ed epidermide. Sulla superficie del derma sono le papille sensitive, ed in esso, o stratificate al disotto, sono le glandole sudorifere, i follicoli dei peli, e le glandole sebacee”. Il derma è fatto alla sua volta da due strati, il corion e lo strato papillare. Quest’ultimo contiene le espansioni dei nervi sensitivi, e consta di tante piccole prominenze, molto sensibili e vascolarizzate, che si sollevano perpendicolarmente dalla sua superficie, formando l’elemento essenziale dell’organo del tatto. La lunghezza media di queste papille è circa la centesima parte di un pollice; ma esse sono di una grandezza maggiore e più sviluppate sulla superficie palmare delle mani e plantare dei piedi. Ogni papilla contiene una o più fibre nervose, e nelle parti dove il senso del tatto è più sviluppato, pare che queste fibre siano connesse a piccoli corpi ovali detti corpuscoli tattili, che Wagner descrive somiglianti a piccoli coni di abete, e li
considera come un apparecchio ausiliario al senso del tatto. Ed è ancora una questione insoluta se questi corpi sviluppino elettricità, e se, agendo come gangli indipendenti e separati, portino le impressioni al cervello. Ma è fuor di luogo entrare qui in questi argomenti; noi dobbiamo accontentarci di ricercare i cambiamenti senili nella pelle e negli organi del tatto. In primo luogo nella vecchiaia la sensibilità dei nervi è diminuita; e poi i capillari che nutriscono ogni papilla si sono gradatamente ristretti, od anche obliterati: per queste due cause il senso del tatto non è così perfetto nella tarda età come nella giovinezza. Inoltre, come nelle altre glandole, la secrezione del sudore e del sevo cutaneo è diminuita; la pelle diventa secca, raggrinzita e simile al cuoio; ha un aspetto screpolato o solcato, specialmente appariscente dove ha luogo la flessione delle giunture, o dove il consumarsi della parte molle sotto la pelle produce le grinze: ed ecco la causa delle rughe. Nella vecchiaia la pelle contiene maggior quantità di sali terrosi che nella giovinezza.
DENTI. - L’uomo ha due dentizioni: la prima, o temporanea, ha luogo nella fanciullezza, ma i primi denti si sviluppano durante la vita fetale dalla membrana mucosa che copre l’orlo delle arcate mascellari, per mezzo di papille, una per ogni dente, che restano rinchiuse a causa di una convergenza e riunione dei margini del primitivo canale dentario. Queste papille, o polpa dentaria, sono fornite di vasi sanguigni e di nervi: esse si ingrandiscono a poco a poco ed assumono la forma dei futuri denti, quando comincia un graduale processo di ossificazione, ossia la formazione della dentina. Un tenue guscio osseo appare sulla polpa, si allarga e finalmente ne ricopre tutta la sostanza. Nello stesso tempo la superficie esterna della corona si copre di smalto che è fatto da una sostanza che si trova sulla polpa a contatto della superficie, non per secrezione, ma per un processo analogo alla ossificazione, ossia per un deposito di materia terrosa; ed abbiamo ragione di credere che la bella disposizione di questa materia terrosa, come si vede nei minimi tubi ondeggianti e ramificantisi che giacciono paralleli tra loro nella dentina e che misurano circa 1/4.500 di pollice in diametro, e i piccolissimi canalicoli esagonali dello smalto che misurano circa 1/5.500 di pollice in diametro, sia dovuta all’essere questi sali depositati da minuti tuboli preesistenti. Continuando lo stesso processo, si forma la radice, si allunga, ed il dente rompe la gengiva nel sesto o settimo mese dopo la nascita, completandosi la dentizione temporanea sul cominciare del terzo anno. I primi denti cominciano a cadere al settimo o all’ottavo anno di età, e sono rimpiazzati dai permanenti, i quali pure si sono sviluppati prima della nascita (ad eccezione
degli ultimi molari), ma che durante la fanciullezza sono allogati in cellule peduncolate nell’osso. L’eruzione dei denti permanenti comincia intorno ai sette od otto anni, e, ad eccezione dei denti del giudizio, è completa a tredici o quattordici anni, comparendo l’ultimo tra i diciassette ed i venticinque. Durante questo tempo la mascella aumenta in spessezza e lunghezza. Nell’interno della parte ossea di ogni dente esiste una cavità che va verso la radice, e che perciò comunica colla superficie esterna. Essa contiene una delicata membrana vascolare, detta la polpa del dente, e che è provvista di vasi sanguigni e di nervi; e quantunque i vasi non mandino rami nella sostanza dura dei denti, i tuboli della dentina si imbevono del liquido nutriente, e lo portano ad essa. A causa di ciò i denti sono spesso macchiati di giallo nella itterizia; e nei giovani animali alimentati con robbia la dentina è spesso tinta del colore di essa, ma negli animali più vecchi questo coloramento non ha luogo nelle medesime circostanze. Col crescere degli anni i vasi che nutriscono la polpa dentaria si induriscono e si restringono di calibro; le materie terrose aumentano nella cavità del dente, la quale perciò diminuisce in grandezza, restando quasi obliterata nei denti dei vecchi. Il sangue necessario al dente viene gradatamente a mancare, a poco a poco esso perde il nutrimento; la sua corona diventa logora dall’uso quasi costante della masticazione; non è rimpiazzato col crescere dalla radice; il dente deperisce e cade.
CAPELLI. - I capelli son fatti di una sostanza corticale, cornea o fibrosa esternamente, che li riveste, e di una interna midollare; quest’ultima è formata da una serie di cellule, riempite di pigmento; il bulbo o radice è inserito nella pelle allo sbocco di un follicolo pilifero, nel cui fondo è una piccola prominenza vascolare, una papilla, per mezzo della quale vien fornito il materiale per la produzione e l’accrescimento costante del capello, secretando un blastema che va in cellule nucleate, le quali, riunite in un sol piano, formano le fibre che compongono la parte fibrosa del capello. Molte di queste cellule contengono pigmento, che è quello che gli dà il colore caratteristico. Così il capello cresce, è nutrito e colorato per mezzo del sangue, mediante la funzione ed i poteri della secrezione di una singola papilla. Tutto ciò che tende a diminuire o a distruggere il rifornimento di sangue alla papilla priva il capello della facoltà di crescere, di nutrirsi e di colorarsi. Pensando, studiando profondamente, ovvero nello stato di oppressione mentale, vi è un afflusso aumentato di sangue al cervello, a detrimento di quello che rifornisce la superficie; i capelli perdono, almeno temporaneamente, una parte del loro nutrimento, donde le premature canizie e
calvizie. Ancora nello spavento, a causa della intensa contrazione dei vasi sanguigni prodotta dall’azione dei nervi simpatici, il rifornimento sanguigno è tolto alle papille che nutriscono il capello; e perciò molte persone son diventate grigie o anche parzialmente canute in una sola notte [36] Ma vi è un altro importante cambiamento a considerare, cioè il processo di induramento e di calcificazione che gradatamente fa diminuire o anche cessare il rifornimento di sangue a queste papille, per la qual causa il capello a poco a poco perde i suoi poteri di crescere, di nutrirsi e di colorarsi. Così nella vecchiaia il capello non è più nutrito, perde il colore, diventa grigio o bianco per mancanza di pigmento; talune papille sono anche totalmente private della loro provvista di sangue, e quindi il bulbo si raggrinzisce, si accorcia, e il capello cade.
Nelle pagine precedenti abbiamo rilevate le differenze che esistono tra la giovinezza e la vecchiaia. In quella i vari organi e tessuti sono elastici, cedevoli e pieghevoli; i sensi sono acuti, la mente attiva. In questa tali qualità sono sostituite dalla durezza, dalla rigidità, dalla calcificazione; i sensi mancano di squisitezza, la mente manca di memoria e di capacità. Abbiamo visto inoltre che questi cambiamenti sono dovuti in primo luogo ad un accumulo graduale di sostanze fibrose e connettivali, e poi al graduale deposito di composti terrosi, specialmente fosfato e carbonato di calce. Queste cause agendo in comune diminuiscono il calibro dei vasi arteriosi più grandi, e a gradi a gradi parzialmente, e qualche volta totalmente, obliterano i capillari. A causa di questi depositi, ogni organo e tessuto dell’organismo è alterato nella densità e nelle funzioni; lo stato di scorrevolezza, di elasticità, di pieghevolezza e di attività del corpo cede il posto ad uno stato di inattività, di rigidezza, di induramento e di decrepitezza. L’intero organismo è “soffocato”, cala la tela, la commedia della vita è finita, terminando nella così detta “morte naturale”. L’opinione generale ò che questo accumulo di materia fibrosa, connettivale e calcarea, sia il risultato della vecchiaia, il risultato del tempo, gli effetti remoti della decadenza di quel misterioso principio animale, la vita. Ma in altro capitolo noi mostreremo elle questo gran principio vitale, che è concentrato nell’asse cerebro-spinale, gradatamente va scemando, perché il cervello ed i nervi gradatamente perdono il loro rifornimento di sangue, il loro potere di selezione ed imbibizione, e sono privati del loro nutrimento ordinario, a causa del graduale processo di indurimento e calcificazione. Un’altra idea prevalente è che l’embrione, nel suo primo periodo dell’esistenza, è dotato di una certa facoltà distributiva di vitalità, di vita, il cui potere perfeziona gli organi ed i tessuti del corpo, ma che
gradatamente declina, esaurendosi sino alla morte, e che maggiore è l’uso al quale è adibito, più presto viene a mancare l’esistenza. Più luminosa è la fiamma, più presto sarà spenta! Contro tale idea sono molte obiezioni che ce la farebbero scartare. Quante volte in molte malattie il raggio della vita, quasi estinto, è tornato a risplendere di nuova luce, e forse più splendido di prima! E, se ricerchiamo la sorgente, possono i genitori, la cui provvista di vitalità è decrescente, darne più di quella che essi posseggono alla loro prole, pur tenendone una porzione per loro stessi? La vitalità emana dai genitori, ma non vi è dubbio che invece di provare una diminuzione, essa aumenta in un certe periodo della vita, quando raggiunge il suo massimo grado, dopo il quale le manifestazioni e le funzioni della vita gradatamente declinano. Di questa declinazione la Natura dà una ragione, e dice all’uomo che è in suo potere di frenarne ed arrestarne le cause. Ogni organo e tessuto del corpo, in un certo periodo della vita, possiede per virtù propria il potere di riprodurre qualche parte distrutta nella sua struttura o composizione, in circostanze favorevoli; ma dopo questo periodo, i vasi sanguigni che nutriscono senza eccezione ogni parte del corpo diventano così duri e calcificati, che il loro potere nutritivo scema; la distruzione della parte diventa perciò più grande, anziché essere riparata. Con un metodo semplice di ricerca abbiamo chiesta la causa delle differenze tra la giovinezza e la vecchiaia - perché le varie funzioni del corpo cessano; perché noi diventiamo vecchi e perché moriamo.
La Natura ci ha risposto.
L’indurimento e la calcificazione sono le cause della “vecchiaia” e della “morte naturale” . E in seguito a questo dato di fatto, porremo l’importante quesito: Possiamo noi prolungare la vita?
[1] Si chiamano sostanze alcaline in chimica quei corpi capaci di ripristinare il colore azzurro della tintura di tornasole, arrossata da quegli altri composti detti acidi, di arrossare la tintura di curcuma, ecc. Gli alcalini si dividono in veri, come la soda, la potassa e la litina, ed in terrosi, come la calce, la magnesia, la barite; vi è poi l’alcali volatile che è l’ammoniaca (N. d. T.).
[2] Il tessuto osseo è più fitto o più rado: nel primo caso si dice compatto, nel secondo spongioso (N. d. T.). [3] Secondo gli studi del Sappey, pare che nell’estrema vecchiaia le sostanze inorganiche vengano a diminuire. Egli però la dice una diminuzione relativa, perché in questa età le ossa si rarefanno, mentre il tessuto vascolare, che fa parte della sostanza organica, resta inalterato, e quindi le proporzioni vengono a cambiarsi. Nolaton dice che le proporzioni tra la sostanza terrosa ed organica sono eguali in tutte le età. L’opinione dell’autore è quella di Bichat, il quale a questo proposito dice quello che vedremo dimostrato nel corso di questo libro, cioè che coll’accumulare di sostanze estranee alla vita nei nostri organi, pare che la Natura li prepari insensibilmente alla morte (N. d. T.). [4] Quelle che formano la palma della mano (N. d. T.), [5] Il tarso forma la pianta del piede (N. d. T.), [6] Ossa non congiunte allo scheletro (N. d. T.) [7] Membrane di tessuto fibroso applicate alla periferia dei muscoli che corono in parte od in tutto (N. d. T.) [8] Il pollice inglese è uguale a m. 0,0254 ed è la dodicesima parte del piode (N. d. T.). [9] Membrana esterna del cervello (N. d. T.) [10] Membrana media del cervello (N. d. T.) [11] Insieme di vene che scaricano in parte il sangue dal cervello (N. d. T.) [12] È fatto da diverse arterie che si uniscono formando un poligono (N. d. T.) [13] Sfiancamento o rottura di qualcuna delle pareti arteriose (N. d. T.), [14] L’arteria principale che nasce direttamente dal cuore (N. d. T.) [15] L’arteriosclerosi, malattia delle arterie alla quale allude l’autore, è considerata come uno stato dell’involuzione senile. Le alterazioni delle arterie sono rappresentate dalle piastre ateromatose, che sono degli ispessimenti
gelatinosi, fibrosi o addirittura calcarei, che si trovano nella parete intima del vaso. Predispongono a questo stato morboso l’alcoolismo, la sifilide, l’avvelenamento cronico da piombo, l’artrite, ecc. (N. d. T.). [16] Il dottor C. I. B. Williams, parlando della degenerazione calcarea, osserva: “Questo processo deve perciò essere considerato come quasi interamente di natura chimica, o come consistente nella concrezione e nell’accumulo di sali calcarei, fosfato e carbonato di calce, noi frammenti della materia animale”.. [17] Piccole arterie e vene che nutriscono le pareti dei grossi vasi (N. d. T.) [18] Sono quelle che nutriscono il cuore (N. d. T.) [19] Che alternativamente aprono e chiudono il aggio al sangue dall’una all’altra cavità del cuore, e da questo alle arterie (N. d. T.) [20] Stato morboso rappresentato specialmente dalla perdita d’elasticità degli alveoli polmonari (N. d. T.) [21] Vasi che portano il chilo, o prodotto della digestione intestinale, nel sangue (N. d. T.); [22] Glandola che secreta il succo pancreatico, il quale concorre alla digestione intestinale (N. d. T.). [23] Piccole prominenze nella parete interna dell’intestino, che a milioni assorbono, quali infime barbe delle radici, i succhi nutritizi che ano poi nel sangue (N. d. T.) [24] Glandole che secretano quel liquido viscido che precede l’eiaculazione (N. d. T.) [25] Nei quali è contenuto l’ovolo (N. d. T.) [26] Piccoli tubi che si trovano in gran numero nei rognoni, per mezzo dei quali è secretata e trasportata l’urina nel bacinetto o pelvi renale (N. d. T.) [27] Lo spazio compreso tra la cornea e l’iride (N. d. T.) [28] Cecità (N. d. T.)
[29] Membrana nervosa la quale sente le impressioni luminose (N. d. T.), [30] Ippocrate indicava con questa parola l’offuscamento della vista a cui i vecchi vanno soggetti [31] Il grano è uguale a grammi 0,065 (N. d. T.), [32] Questi tre ossicini, che pigliano il nome dalla forma che hanno, son posti dietro la membrana del timpano, e compiono una parte importante nella funziono dell’udito (N. d. T.) [33] Il liquido nelle cavità interne è diminuito, od anche assorbito, nella vecchiaia [34] Membrana che riveste la superficie interna del naso (N. d. T.) [35] Alcuni autori ne distinguono tre: epidermide, reticolo mucose e derma (N. d. T.) [36] La regina Maria Antonietta nella notte precedente al giorno del suo supplizio diventò canuta. Nel terremoto d’Ischia si sen verificati casi simili. L’unica ipotesi ammessa dallo Strümpell per spiegare questi casi è che si sia sviluppato del gas nell’interno dei capelli. E’ probabile che tali fatti siano dipendenti da azione nervosa (N. d. T.).
CAPITOLO II - La sorgente degli accumuli che producono la vecchiaia a la morte naturale
Ricercheremo ora la sorgente di questi depositi che gradatamente si accumulano dal primo periodo dell’esistenza alla vecchiaia. Primieramente ricercheremo la sorgente dello sostanze fibrose e connettivali ; poi quella dei depositi terrosi. L’ossigeno è il corpo elementare più abbondante; esso forma gli otto noni dell’acqua, quasi un quarto dell’aria, e circa una metà dei principali costituenti della superficie della terra. Nell’aria esso esiste, mescolato principalmente coll’azoto, nelle proporzioni seguenti: ossigeno 22, azoto 78 su 100 parti. Allo stato libero l’azoto è relativamente inattivo, ma l’ossigeno, quantunque costituisca in proporzione una piccola parte dell’atmosfera, è l’elemento attivo. L’ossigeno si combina con tutti gli elementi conosciuti, ad eccezione del finora, formando degli ossidi. Per ciò che riguarda la chimica nella economia animale, l’ossigeno ha forse l’azione più importante, sia direttamente, sia come agente chimico nell’azione e nella reazione. Durante la respirazione polmonare, gli animali inalano l’ossigeno dell’aria, ed espirano l’acido carbonico. Un uomo di media grandezza consuma un po’ più di 40.000 pollici cubici di ossigeno al giorno, colla respirazione. Nella vita ogni essere appartenente alla natura animata è in uno stato continuo di cambiamento, distrutto dall’ossigeno, rinnovato dal cibo [1] Le arterie, possiamo dire, distribuiscono da per tutto l’ossigeno, causa del consumo, mentre che le vene assorbono azoto, carbonio, ecc., prodotti di questa consumo, dando luogo all’unione dell’ossigeno col carbonio ed alla espirazione del gas acido carbonico. L’espirazione dell’acido carbonico è quindi dovuta all’ossidazione, ossia al consumo, della sostanza dei corpo, la quale ossidazione, insieme a quella dei costituenti dei cibi, è la supposta sorgente dei calore animale. Gli esperimenti di Regnault, di Reiset, di Magnus provano che i polmoni non sono la sede di formazione dell’acido carbonico, ma che questo è espulso dal sangue nei polmoni, pigliandosi l’ossigeno al suo posto, vale a dire che una corrente di ossigeno è trasmessa attraverso l’organismo per mezzo del sangue arterioso, che nel suo aggio produce il consumo, ossia l’ossidazione, nei capillari, e così fa sorgere l’acido carbonico nel sangue venoso. L’aria atmosferica in contatto dei polmoni soggiace ad un cambiamento, il suo azoto ritorna libero insieme all’acido carbonico espulso dal sangue, mentre una parte dell’ossigeno, pigliando il posto
dell’acido carbonico, è trasportato nel sangue arterioso (che così si cambia in colore rosso vivo da rosso porpora oscuro com’è il sangue venoso, in seguito alla perdita dell’acido carbonico dei corpuscoli sanguigni, ed all’assorbimento di ossigeno da parte loro) per prendere parte in molte funzioni vitali, ed in numerosi cambiamenti nella vita animale, che sono così intimamente connessi colle nuove proprietà’ acquistate dal sangue arterioso. Vi sono due sostanze nel sangue: l’albumina e la fibrina: eccone gli elementi componenti:
Da questa analisi vediamo che la fibrina contiene 1,5 per cento di più di ossigeno che l’albumina. Se facciamo una soluzione chiara e filtrata di albumina, o di bianco d’uovo, e la mettiamo in un vaso, in modo da impedire il contatto dell’aria, e facciamo are l’ossigeno attraverso di essa continuamente da quattro a sette giorni, si trova fluttuante sulla superficie una pellicola biancastra, insolubile nell’acqua fredda. Questa sostanza è analoga nell’apparenza e nella proprietà alla fibrina del sangue. Sicché si può giustamente concludere che la fibrina è, per usare un termine generale, un ossido di albumina. I vasi chiliferi assorbono la parte nutriente dei prodotti della digestione, le cui sostanze azotate si trovano o in uno stato albuminoso, o in uno stato di estrema divisione [2] o, per alcune cause, la fibrina gradatamente aumenta nel contenuto del sistema assorbente durante il suo aggio dai chiliferi al dotto toracico, donde poi a nel sangue.
“Si suppone che la proporzione di fibrina aumenti a misura che la linfa si avvicina al dotto toracico; così dai linfatici lombari di un cavallo a digiuno, Gmelin ottenne 0,25 per cento di coagulo secco, mentre che dai linfatici del dotto toracico dello stesso animale ne ottenne 0,42 per cento” - QUAIN.
“È stato trovato che il chilo preso dai vasi chiliferi prima che abbiano raggiunto le glandole, generalmente si coagula meno saldamente che quando è proceduto più avanti” - IBID.
Nella Fisiologia umana di Carpenter sono date le seguenti relative proporzioni di fibrina nelle differenti parti del sistema assorbente: Nei chiliferi afferenti o periferici (dagli intestini alle glandole mesenteriche), fibrina poca o niente. Nei chiliferi centrali o afferenti (dalle glandole mesenteriche al dotto toracico), fibrina in inedia quantità. Nel dotto toracico, fibrina in massima quantità. Sicché per alcune cause la fibrina aumenta nel sistema assorbente, e siccome noi abbiamo dimostrato che l’ossigeno converte l’albumina (che esiste nei chiliferi) in fibrina, possiamo giustamente dedurre che l’ossigeno è la causa di questo aumento. L’identico processo di ossidazione si svolge nel sangue che contiene
circa il sette per cento di albumina; questo è gradatamente ossidato nei polmoni e nei vasi, ed è convertito in fibrina. Se noi sospendiamo parzialmente la funzione respiratoria, e quindi il processo di ossidazione nei polmoni, la quantità di fibrina decresce nel sangue, o, più correttamente parlando, non è formata nella stessa quantità. M. Dupuy trovò che “quando i nervi pneumogastrici vengono tagliati nella regione cervicale, nel cavallo, la quantità di fibrina nel sangue diminuisce progressivamente, sino ad un grado notevole”. Le sostanze albuminose sono quasi continuamente assorbito dai chiliferi e versate nel sangue, e così ha luogo il rifornimento, per essere a poco a poco convertito in fibrina, che è tenuta in soluzione nel sangue finché esiste una certa quantità di calore, e finché le è dato movimento e circolazione. Questo movimento decresce nella circolazione attraverso i capillari. Quantunque molta fibrina filtri attraverso le pareti di questi, o si depositi per nutrire gli organi ed i tessuti e riparare alle loro perdite, pure molto di essa si accumula, diminuendo il calibro dei vasi, ed indurando gli organi ed i tessuti. Questo accumulo è piccolo, contenendo di solito il sangue solamente il tre per cento di fibrina, ma è graduale e costante. Nella vecchiaia oltre alla fibrina si accumula una grande quantità di gelatina. La gelatina non si trova mai nei vegetali, né esiste nel sangue, ma si trova nella economia animale, nella quale perciò deve essere formata [3] La sua composizione è: carbonio 50, idrogeno 7, azoto 18, ossigeno 25. Essa quindi contiene 1,5 per cento di ossigeno di più della fibrina. Come la fibrina è un ossido dell’albumina, così la gelatina è un ossido della fibrina, e la grande quantità di essa che si trova nella vecchiaia è dovuta all’azione dell’ossigeno dell’atmosfera sulla fibrina depositata dal sangue. Se spingiamo più oltre il processo di ossidazione, troviamo che parte di queste sostanze fibrose e gelatinose sono decomposte come consumo dei tessuti, e sono risolute in composti di ammoniaca ed urea ed eliminate dall’organismo [4] ma nello stesso tempo il graduale processo di accumulazione va oltre; è una lotta tra l’accumulazione e la rimozione di queste sostanze. La prima è la vincitrice e guadagna la supremazia; quindi l’accumulazione è più grande della eliminazione. Così l’accumulo fibroso o gelatinoso che si trova nella vecchiaia è causato dall’azione di quell’elemento irrequieto, attivo, corrodente e distruggente, l’ossigeno atmosferico. I sali terrosi, che già abbiamo dimostrato che crescono coll’età, si è trovato coll’esperimento che esistono in differenti proporzioni in diversi individui della stessa età, che ci mena alla conclusione che tale deposito sorge da vario causo, o, so dalla stessa causa, che questo sia variabile nella intensità. Sulla superficie interna di una ordinaria cuccuma da caffè, dopo che sia stata regolarmente usata per parecchi mesi, ha luogo una considerevole incrostazione; e quantunque si creda generalmente che questa
incrostazione abbia origine dalla deposizione di sostanze terrose dall’acqua, dipendente dalla bollitura [5] e dall’essere resi insolubili i sali di calce prima solubili, l’esperimento dimostra che il grosso strato di questa incrostazione ha origine dalla materia previamente solubile, che si precipita, essendo eliminata l’acqua, che la teneva in soluzione, sotto forma di vapore; ed essendo l’acqua che resta nel vaso più che satura, l’eccesso si deposita. Noi abbiamo quivi una condizione precisamente simile a quella che esiste nei corpo umano vivente, riguardo al processo di traspirazione. Questa non è né più e né meno che l’evaporazione e l’eliminazione dei liquidi e dei gas dall’organismo. La base dei liquidi animali è l’acqua, ed essi contengono in soluzione certi composti di calce; quando per la traspirazione la base acquosa è eliminata (precisamente come nella cuccuma da caffè), una parte di questi composti calcari si deposita, e deve depositarsi. E quantunque molta della materia depositata sia portata via cogli escrementi, molta ancora ne sia lasciata indietro nei diversi organi e tessuti del corpo, la quale, aumentando a poco a poco, forma l’accumulo che porta l’individuo allo stadio della vecchiaia e della decrepitezza che termina nella morte naturale. “Nei polmoni i tubi aerei, dopo ripetute divisioni e suddivisioni, terminano in piccole cellette vescicolari sulle pareti delle quali è distribuito un minuto reticolato capillare di vasi sanguigni. Le membrane che costituiscono queste cellette, e attraverso le quali l’aria agisce sul sangue, si crede che si estendano in una superficie almeno trenta volte maggiore di quella del corpo. I polmoni perciò costituiscono una vasta superficie escrementizia, dalla quale sfugge continuamente nell’aria una nuvola mista di gas acido carbonico ed acqua” HOOPER, Vademecum del Medico.
La quantità di acqua esalata dai polmoni, secondo la media stimata da diversi autori, oscilla tra le sette once ed il mezzo litro ed undici once nelle ventiquattro ore. Così i polmoni eliminano il gas acido carbonico, acqua ed altre sostanze volatili. I sali terrosi non sono volatili, e non sono quindi eliminati dai polmoni. La pelle elimina principalmente acqua ed acido carbonico, ed anche azoto, lattato od acetato di ammoniaca ed una piccola quantità di sali alcalini e terrosi. “Si calcola che circa tre libbre di acqua sono giornalmente esalate dalla superficie della pelle sotto forma di perspirazione insensibile”. Tuttavia questa quantità aumenta durante la stagiono calda e con l’esercizio. Il compito dell’urina è quello di rimuovere una parte delle materie solide o liquido che sono entrate nell’organismo come alimenti, ed anche di eliminare i materiali che risultano dal consumo e dalla disorganizzazione dei tessuti. Essa è secretata per
mezzo dei rognoni dal sangue arterioso, e contiene su mille parti, in media, novecento cinquanta d’acqua, essendo composte le rimanenti cinquanta di costituenti organici: urea, acido urico, liuto, ippurico e lattico; sali di ammoniaca o materie estrattive; e costituenti inorganici: acido carbonico, solforico, idroclorico e fosforico, combinati con soda, potassio, magnesia e calce. Se rinnoviamo l’acqua e raccogliamo mille parti di materie solide, si trova che esse contengono in media sedici parti, cioè l’1,6 per cento, di sali terrosi. L’analisi di Lehman dà 1,5 per cento. Le sostanze solide scaricate nelle urine nelle ventiquattro ore sono in media meno di un’oncia e mezza; e pigliando questa quantità come media, si ha che circa ventun grani di sali terrosi sono eliminati giornalmente dai rognoni; ma una porzione dei fosfati dell’urina è secretata nel muco della vescica. La quantità di sali terrosi nelle feci emesse nelle ventiquattro ore è generalmente circa un quarto di quella cacciata colle urine, ovvero poco più di cinque grani [6] dei quali una piccola parte proviene forse dalla saliva e da altre secrezioni della digestione, ed il resto dalle sostanze introdotto nell’organismo come alimenti, e da cui proviene la quantità principale. A causa delle condizioni molto differenti nella quantità e qualità dei cibi, dell’acqua dura o dolce, e per essere la escrezione dalla pelle e dai rognoni aumentata dall’attività e dal lavoro faticoso, e diminuita nelle condizioni opposte, variando così per la quantità dei costituenti solidi il peso specifico dell’urina, che varia anche alquanto da un’ora all’altra, è impossibile stabilire una media esatta della quantità dei sali terrosi introdotti nell’organismo, e la quantità che se ne caccia, seconda i diversi autori, o anche di ottenerla con osservazione casuale. Perciò noi determinammo di esperimentare su di noi stessi, pesando accuratamente la quantità di solidi, e misurando la quantità di liquidi consumati, e calcolando per quanto minutamente fosse possibile la quantità di materia terrosa da essi contenuta, secondo analisi bene autenticate ed anche nostre fatte all’uopo, ed analizzando inoltre e pesando i composti terrosi emessi coi diversi escrementi. Per evitare errori, questi esperimenti furono continuati per parecchie settimane e sempre diedero gli stessi risultati: cioè che la quantità dei sali terrosi introdotti nell’organismo era maggiore di quella eliminata [7] Questa differenza oscilla giornalmente, riducendosi qualche volta appena a tracce nelle ventiquattro ore. Ma se moltiplichiamo anche le tracce per i giorni e per gli anni, noi troviamo una considerevole quantità di sali terrosi non eliminati. Abbiamo già dimostrato che essi esistono in grande quantità nel corpo nella vecchiaia, più che nella media età, ed in questa più che nella fanciullezza. Essi sono adunque ritenuti e depositati nell’organismo, e, aumentando a poco a poco, essi fanno sorgere i cambiamenti osservati nell’età avanzata. Rimovendo l’acqua dal sangue, e riducendo in ceneri i suoi costituenti solidi, si ottiene da 1,25 a 1,50 per cento di
ceneri. Queste son composte di cloridrato di soda e di potassa, carbonati e fosfati di soda, solfato di potassa, fosfato di calce e magnesia, carbonato di calce e magnesia, e perossido di ferro. Secondo l’analisi di L. Cann, per la quale egli guadagnò il premio dell’Accademia Reale di Medicina di Parigi, i composti di calce, magnesia e ferro costituiscono il 2,1 per mille nel sangue umano liquido. Sicché nel sangue vi è una certa parte di materia calcarea. Poiché il sangue è fatto dal chilo (che è formato dal chimo per l’azione della bile e del succo pancreatico), dovremmo aspettare di trovare nel chilo la stessa materia calcarea; e così è infatti, perché si trovano nell’analisi gli stessi sali terrosi nel chilo come nel sangue. Poiché il chilo è fatto dal chimo (che è il prodotto dell’azione dello stomaco e delle sue secrezioni sui cibi), dovremmo trovare in questo le stesse materie calcaree, ed anche in questo caso il fatto è così. Ma il chimo è il prodotto della digestione, e ci è quindi da trovare le stesse materie calcaree nel contenuto dello stomaco, come di fatto avviene. Il contenuto dello stomaco consta di cibi e di bevande prese per nutrire e sostenere l’organismo, ed in quei cibi ed in quelle bevande dovremmo trovare le stesse materie calcaree. Le analisi chimiche ci dànno la risposta certa che il cibo e la bevanda presa per sostenere l’organismo contengono, oltre gli elementi della nutrizione, i sali terrosi che sono causa della calcificazione, dell’ostruzione, della vecchiaia, e della morte naturale. Abbiamo ora indicato che questi composti terrosi che si trovano nell’organismo, e che aumentano coll’avanzare degli anni, provengono dal sangue, dal quale sono depositati gradatamente, mediante il processo della traspirazione. Al sangue provengono dal chilo, al chilo provengono dal chimo, al chimo dal contenuto dello stomaco, ed a questo dai cibi. Sicché noi mangiamo per vivere, e mangiamo per morire [8] E giacché abbiamo riferito questo accumulo di sali terrosi ai nostri cibi o ai principii dell’alimentazione, naturalmente domandiamo se i differenti generi di cibi e di bevande, che pigliamo a nostra scelta, contengono tutti la stessa proporzione di materia calcificante e producente la vecchiaia. L’analisi chimica risponde negativamente! Alcune delle sostanze più generalmente usate come alimenti contengono una relativamente grande proporzione di composti terrosi, talune ne contengono una quantità moderata, e talune altre una piccolissima quantità. “Qualunque sia il genere dei cibi che mangiamo, o delle bevande che beviamo, i sali terrosi contenutivi hanno tutti la stessa origine, la terra”. Se mangiamo cibi vegetali, le piante derivano i loro sali terrosi dalla terra nella quale crescono; se mangiamo cibi animali, essi sali hanno la stessa origine, attraverso il mezzo dell’animale che mangiamo e che piglia il suo nutrimento dai vegetali. I pesci nel mare, gli uccelli nell’aria, gli animali sulla terra, tutti ritraggono originariamente dalla terra i sali terrosi contenuti in essi, per mezzo dei cibi dei quali vivono. Nessun organo, né tutti gli organi presi
insieme, dell’uomo e di qualunque altro essere, può generare alcun elemento; quindi tutto ciò che vi è di terroso nell’uomo, deriva dalla terra. Da ciò consegue che se noi possiamo regolare la nostra dieta in modo, nei cibi e nelle bevande, che la quantità di materia terrosa introdotta nell’organismo sia sufficiente solamente per l’accrescimento e la nutrizione delle ossa, senza le quali il corpo sarebbe privo delle sue leve meccaniche, gli organi ed i tessuti dell’uomo non dovrebbero né potrebbero indurirsi né calcificarsi; le arterie non diventerebbero rigide né diminuirebbero di calibro, i capillari non si oblitererebbero, il cervello non diminuirebbe in grandezza per l’età, la vista non verrebbe a mancare, l’udito, il gusto e l’odorato non perderebbero la loro squisitezza, i capelli non si farebbero grigi, la pelle non diventerebbe secca e rugosa, il corpo riterrebbe la sua pieghevolezza, la sua elasticità e la sua attività, ed il cervello le sue capacità mentali. Se noi possiamo regolare la nostra alimentazione in modo che questi composti terrosi entrino nell’organismo in quantità minore, e quindi lasciar are un periodo più lungo prima che si accumulino, noi possiamo anche parzialmente raggiungere questo scopo, noi possiamo prolungare la vita. Abbiamo dimostrato che la vecchiaia e la morte naturale sono dovute a due cause: prima all’azione dell’ossigeno atmosferico, che consuma i nostri corpi e produce gli accumuli fibrosi e gelatinosi; poi alla deposizione della materia terrosa (calcificazione). Se dunque noi possiamo con mezzi artificiali arrestare parzialmente l’azione dell’ossigeno atmosferico che mai non posa, e nello stesso tempo prevenire l’accumulo di questi composti terrosi, od anche rimuoverli dall’organismo, quello stato del corpo detto vecchiaia sarebbe differito, e la vita sarebbe prolungata di un lungo periodo.
“Molte delle idee fondamentali o principali del tempo presente appaiono, a chi non conosce che cosa la scienza ha già conquistato, così stravaganti come le idee degli alchimisti” - LIEBIG.
In tutto il regno animale si mostra una struttura bella, meravigliosa, stupefacente, per quanto squisita; ma l’uomo solo è stato dotato della conoscenza, della scienza, dello intelletto, come suo dono esclusivo.
Parlando dei patriarchi, Giuseppe afferma: “Il loro cibo era più adatto al prolungamento della vita: ed inoltre Iddio concesse loro una più lunga vita a causa della loro virtù e per il buon uso che essi ne facevano nelle scoperte astronomiche e geometriche” . Molti autori attestano che gli anni al tempo dei patriarchi erano più corti che al presente, non essendone più della quarta parte. Se ciò fosse vero, Matusalemme sarebbe vissuto solamente 243 anni, Terah 51 ed Abramo 44. Enoch avrebbe avuto solamente sedici anni quando generò Matusalemme, Arfaxade ne avrebbe avuti otto e nove mesi quando generò Salah, questi ne avrebbe avuti sette quando generò Eber, ed Adamo sarebbe stato più che bisnonno a trentatré anni. Non vi è prova alcuna per dimostrare che gli anni erano allora più corti che al presente. Egli è probabile, e del tutto possibile (ammesso che la loro alimentazione aveva per scopo la longevità), che i patriarchi vissero l’età che per ciascuno ci è stata tramandata [9] Chi dunque può negare che con tutta la nostra scienza e le nostre scoperte, che aumentano giornalmente, l’uomo non possa scoprire di nuovo il segreto della lunga vita, perduta da tanto tempo; segreto che probabilmente può essere riassunto nelle seguenti poche parole: Se un essere umano sussiste con alimenti che contengono una grande proporzione di calce, una grande quantità ne entrerà nella composizione del chimo, del chilo e del sangue; e poiché dal sangue ha luogo il deposito di calce, maggior quantità di calce il sangue contiene, maggiore ne sarà il deposito nell’organismo, maggiore sarà il grado di calcificazione, e più presto si produrrà quella rigidezza ed inattività che rendono l’uomo vecchio, e lo portano ad una morte prematura. D’altra parte se il cibo e le bevande, prese per nutrire e sostenere il corpo, sono scelte tra quelle che contengono la minor quantità di calce, minore quantità ne entrerà nella composizione del chimo, del chilo e del sangue, minore quantità ne sarà depositata, e quindi minore sarà il grado di calcificazione, minore la rigidità e la inattività, e più lunga sarà la vita dell’uomo.
[1] È meraviglioso come Ovidio abbia intuita questa verità fin dai tempi nei quali la chimica fisiologica ora ancora da nascere. Egli dice nelle Metamorfosi: Requieque sine ulla corpora vertuntur: Nec quod fuimusve, sumusve, craserimus” (E i corpi si trasformano senza mai posare; e ciò che noi fummo o siamo non saremo domani) (N. d. T.). [2] E’ stato provato da Magendie, Liebig ed altri che la gelatina non possiede valore nutritivo. Nella digestione della fibrina, come nella sua decomposizione,
“la putrefazione di una piccola parte produce la dissoluzione del rimanente”. Una certa parto della fibrina durante la digestione è scomposta, il rimanente cede parte del suo ossigeno nella decomposizione o diventa vera albumina, coagulabile col calore, [3] Nell’uovo abbiamo un esempio di questa trasformazione: vi è l’albumina o poca fibrina confinata nelle membrane; ma non vi è gelatina. Nel pulcino, durante l’incubazione (un processo che può essere compiuto artificialmente mediante il calore, l’umidità e l’aria atmosferica), si trova che la quantità di fibrina è aumentata, e la gelatina vi si trova in quantità relativamente grande, mentre che nell’uovo la prima era in quantità minima e l’altra non vi era affatto. Donde provengono esse? Niente è entrato nell’uovo tranne l’umidità o l’aria contenente ossigeno. L’azione dell’ossigeno sull’albumina ne è stata la causa. [4] “Se dieci equivalenti di ossigeno si aggiungono alla albumina, si dà la formola contenente gli elementi delle membrane e dell’acido colico” - LIEBIG. Inoltre quando l’acido urico è formato dalla gelatina, gli elementi dell’acido colico (un acido importante della bile) restano, e noi siamo d’opinione che, in tempo non molto lontano, sarà dimostrata la formazione di molti dei costituenti complessi dell’urina e della bile dalle sostanze originantisi dall’albumina, mediante una certa quantità di calore o colla semplice aggiunzione di acqua od ossigeno; [5] L’idea generale è che l’acqua dura è prodotta dalla presenza del carbonato di calce tenuto in soluzione da un eccesso di gas acido carbonico, o che colla bollitura questo è eliminato, o che il carbonato che non è più solubile si precipita. Nondimeno questo è un orrore. I carbonati non sono la causa dell’acqua dura, ma ne è invece causa il solfato di calco o gesso solubile. Così lavando con sapone nell’acqua dura, ha luogo una scomposizione chimica: l’acido solforico del solfato di calce si unisco alla soda del sapone, formando solfato di soda che resta in soluzione, mentre la calce si unisco al grasso formando oleato o stearato di calcio, un composto insolubile che galleggia sulla superficie dell’acqua [6] Anche questa varia considerevolmente, o ordinariamente è molto maggiore, [7] Gli esperimenti di Boussingault sul cavallo confermano ciò negli animali. [8] “Coi cibi noi introduciamo continuamente differenti sostanze che producono
variazioni nella nutrizione delle parti. Queste variazioni accumulano la loro influenza in quei cambiamenti chiamati età, e raggiungono il massimo nel cambiamento finale chiamato morte”. - G. H. LEWES, Fisiologia della vita comune. [9] La straordinaria longevità dei patriarchi può essere attribuita: 1° alla loro alimentazione, che consisteva prima in frutta, e poi in una grande quantità di carni di animali giovani e teneri, come vitello, capretto ed agnello. La carne degli animali giovani contiene un eccesso di acido fosforico, che impedisce l’accumulo della calce nell’organismo; da questa sola causa dipenderebbe una grande longevità; 2° al tempo dei patriarchi vi era un minore per conto di ossigeno nell’aria. Essi si consumavano meno di quello che facciamo noi ora, e quindi avevano bisogno di minor quantità di cibo. Gli Europei e gli Americani presentemente mangiano da tre a cinque pasti al giorno; i patriarchi non facevano così. Essi facevano un solo e buon pasto, le carni degli animali giovani ne erano il costituente principale, e spesso occorreva più di un giorno per prepararlo; 3° la superficie del suolo conteneva più potassa e meno calce che ora, per conseguenza le erbe, o gli animali che si nutrivano di esse, contenevano meno di quest’ultima, ed erano cibi più adatti alla longevità. Il ricordo dell’età dei patriarchi coincide esattamente con ciò che la scienza è capace di constatare. Da Adamo e Matusalemme, pei quali è stato assodato che abbiano vissuto più di novecento anni, la longevità gradatamente decresce sempre più di pochi anni, con considerevole regolarità sino a Giuseppe che visse poco più di cento anni. Anche l’età nella quale i figli erano generati decresce colla stessa regolarità: i primi patriarchi erano quasi di cento anni quando generavano i figli, gli ultimi li generavano di trenta anni, od anche meno. Lo sviluppo era più lento in principio, ma a misura che le primitive condizioni di vita si alteravano, si raggiungeva la maturità in minor tempo, e la durata della vita decresceva nelle stesse proporzioni (L’Eden primitivo - dello stesso Autore). I sofisti, per non chiamarli diversamente, i quali discutono o negano le tradizioni Mosaiche dei primi patriarchi, ci ricordano un ricco mercante di carbone che conoscemmo anni fa. Noi disegnavamo il Lepido-dendron sigillaria ed altre piante carbonifere per spiegargli l’origine del carbone. Egli faceva queste osservazioni: Io ho comprato più carbone di chiunque conosca: e dico che il carbone è carbone e fu sempre carbone. Quelli che negano la longevità dei patriarchi si trovano nella stessa esilarante posizione. Essi sanno ciò che è, e non hanno la conoscenza, né si son dato il fastidio di accertare ciò che fu. I patriarchi dell’antichità, secondo Giuseppe, sapevano che il grande anno finiva solamente dopo il decorso di 600 anni. M. Corsini dell’ Osservatorio di Parigi dice: “questo periodo (il gran ciclo
di 600 anni) è uno dei più notevoli che siano stati scoperti; perché se pigliamo il mese lunare di 29 giorni, 12 ore, 44 minuti, 3 secondi, troviamo che 219,146 1/2 giorni fanno 7,421 mesi lunari, e che questo numero di giorni dà 600 anni solari di 365 giorni, 5 ore, 51 minuti, 36 secondi. Se questo era io uso prima del diluvio, pare molto probabile, bisogna confessarlo, che i patriarchi conoscevano già, con un notevole grado di precisione, il movimento delle stelle, perché questo mese lunare coincide quasi nei minuti secondi con quello che è stato determinato dai moderni astronomi” – FLAMMARION.
CAPITOLO III - L’alimentazione più adatta, nella composizione e nella quantità, per una lunga vita
Prima di entrare direttamente nell’argomento della alimentazione e della sua composizione, vogliamo accennare a poche note sulla struttura ed organizzazione dell’uomo relative al suo adattamento per un’esistenza prolungata. Se guardiamo il genere Homo, sia nel suo tutto sia nelle sue divisioni per colore, per clima, per abitudini, noi troviamo una grande somiglianza tanto nel senso anatomico quanto nel senso fisiologico. La struttura, l’organizzazione e le funzioni sono in tutti quelle che sono in uno. Il corpo dell’uomo è perfetto, il suo Creatore “vide che esso era buono”; lo stesso Creatore diede la scienza all’uomo, ed è dovere di questo usare tale scienza allo scopo di acquistare la conoscenza che lo renda capace di conservare perfetto il suo corpo. “Il corpo umano, come macchina, è perfetto.... esso apparentemente tende a sussistere per sempre” - Dottor MUNRO.
“Se potessimo immaginare un fisiologo che per la prima volta vedesse una struttura organizzata, quale il corpo umano, in uno stato di perfezione, per quanto accuratamente la esaminasse, e per quanto intimamente ne potesse conoscere la struttura, egli non potrebbe dire, se non lo sapesse per esperienza, di avervi trovata alcuna ragione perché la morte debba avvenire: egli non potrebbe in verità concepire il pensiero della morte” - Dottor REDFORD.
“Una macchina come il corpo umano, se non avariata accidentalmente, o danneggiata da qualche causa esterna, sembrerebbe fatta per la eternità” - Dottor GREGGORY.
“Se un essere organizzato vivente venga esaminato nell’epoca della sua più grande perfezione... vi si scorge una reciprocanza di causa ed effetto, che quasi promette la immortalità” - Sir T. C. MORGAN;. Poco dubbio vi può essere che
in qualche giorno di là da venire il valore e la durata della vita sarà esteso molto al di là di ciò che è al presente molto al di là, forse, di quanto ora si possa immaginare” - Dizionario Medico del dottor PHOMSON.
“Se la riparazione fosse sempre identica al consumo, non vi sarebbe variazione del più piccolo grado, e la vita verrebbe a cessare solamente per caso, mai per vecchiaia” - La Fisiologia della vita comune di G. H. LEWES.
Il corpo è in uno stato di continuo cambiamento - di consumo e di rinnovazione. L’ossigeno consuma e distrugge i diversi tessuti; noi pigliamo il cibo per sopperire alle perdite; ma con questo cibo introduciamo nell’organismo gli elementi della distruzione - i sali terrosi. Come abbiamo già assodato, ogni organo e tessuto, in un certo periodo della vita, ha il potere riproduttivo e quello di riparare alcuni guasti, ma dopo questo periodo i vasi sanguigni diventano così duri e ristretti nel calibro, che il potere di irrigare e nutrire i vari tessuti va declinando. Se si potesse liberare questi canali dalla ostruzione, il cervello agirebbe perché agirebbe il cuore; ed il cuore agirebbe perché agirebbe il cervello, come un moto perpetuo; le funzioni manterrebbero la loro regolarità; il rinnovamento sarebbe eguale al consumo ed alle perdite; vi sarebbe un’armonia ed una reciprocanza tra cause ed effetti; e l’uomo avrebbe un’esistenza, se ciò potesse effettuarsi, che quasi prometterebbe l’immortalità. Noi non abbiamo ragione di porre un limite ai giorni dell’uomo; la scienza non ne può provare uno; la religione non ne assegna uno. La ben nota citazione: “I giorni dell’uomo sono sessanta e dieci non è un editto di Dio, ma semplicemente un lamento che la durata della vita fosse ridotta di tanto per la debolezza e l’ignoranza del popolo. Se le superstizioni, i pregiudizi e le tirannie non avessero tenuta l’umanità nell’oscurantismo; se le teorie e le ipotesi non avessero voluto spiegare i fenomeni prima che ne fossero conosciute le cause, le nostre conoscenze sarebbero di un genere più razionale, più puro e più completo, una branca della scienza non muoverebbe guerra costantemente ad un’altra, le investigazioni e le scoperte dell’oggi non avrebbero bisogno della contradizione del domani; tutto sarebbe armonia e progresso. Fatti, intraprese e scoperte che per un certo tempo sono stati negletti, disprezzati o messi in ridicolo, risorgono ad uno ad uno per rimproverare l’ignoranza e beneficare l’umanità. Tali sono generalmente i risultati delle investigazioni che in nessun campo noi siamo
giustificati ad arrestare.
“È opera del tutto vana il tentare di fermare la investigazione.... Se, confidando in essa, un chimico potesse formare un corpo umano, col mettere insieme le materie adatte, egli lo farebbe. E perché no? Non vi è un comando che glielo proibisca; le sue ricerche sono limitate solamente dalla sua propria capacità” Prof. TYNDAL.
“Noi siamo giustificati a portare le nostre investigazioni, se sono a beneficio dell’uomo, nella mente, nel corpo e nel suo stato, al più lontano limite, nella ferma credenza, e nel vero convincimento che lo sforzo per estendere il dominio dell’uomo sulla natura è la più salutare e la più nobile di tutte le ambizioni” BACON.
Quando osserviamo la maggior parte del genere umano sotto il punto di vista della sua alimentazione, la conoscenza delle sue abitudini e delle sue disposizioni ci addita le molte difficoltà da sormontare per disporre qualche cambiamento nelle abitudini di cui esso si compiace, già predisposte ed acquistate; invero le difficoltà sono così grandi, da indurci alla seguente citazione: “La comune definizione dell’uomo è falsa; egli non è un animale ragionevole. Il meglio che si possa dire di lui è che egli è un animale capace di ragionare” - WARBURTON.
Ciò è vero in molti casi; è verissimo in riguardo alla sua alimentazione. E poi, come osserva Catone, “è un compito duro e difficile intraprendere a disputare collo stomaco degli uomini, il quale non ha orecchie”. Alcuni uomini, forse, non hanno cure; altri ano l’esistenza che è una continua scena di dolori; ma quanti di essi pensano che non vi è altro piacere nella vita se non nel mangiare, nel bere e nel dormire Molti ad una certa età dimenticano gli altri godimenti della vita, e non conoscono altri piaceri che questi. Questo essere meraviglioso della creazione, che deve avere il dominio su tutte le cose, muore, è vero, ha vissuto, ma in molti casi egli non ha fatto bene a sé stesso, non ha beneficato
quelli intorno a lui, o quelli che vengono dopo di lui. Pure egli ha vissuto, ed aspetta ad essere rimunerato con un posto nel cielo. Per che cosa? Certamente vi è uno scopo migliore nell’esistenza dell’uomo che il solo mangiare, bere e dormire, assimilando la vita a quella dei più bassi animali. L’uomo ha un destino più alto ed uno scopo più nobile; egli dovrebbe mirare a dare la felicità a sé stesso ed a quelli che lo circondano. Egli è il signore della creazione; si sforzi a diventarne l’ordinatore ed il benefattore. Molti uomini sono guidati e governati dalla loro alimentazione, “il loro ventre è il loro Dio” molte azioni ne subiscono l’influenza, siano esse la riunione di parenti ed amici per piacere o per dolore, per matrimonio, per funerale o per affari commerciali, siano riunioni in tuguri, in circoli od in società; associazioni colla bandiera della Carità spiegata su di loro, siano esse ecclesiastiche, costituzionali o di beneficenza; riunioni per scopi sociali, agricoli, scientifici, giudiziari o politici; congressi per la pace o per la guerra, per la distruzione o per la preservazione degli uomini; tutte queste diverse assemblee si raccolgono in una sola maniera sociale ed amichevole. Il banchetto è diventato una istituzione, ed anche i Ministri hanno il loro. Quante malattie possono dipendere dal mangiare troppo! Quante poche possono dipendere dalla moderazione o dal mangiar poco! Quando à l’uomo la ragione, lui che è capace di ragionare? Quando rimuoverà egli la caligine dai suoi occhi che li ha offuscati per tante generazioni? Quando egli farà ciò, vedrà che lo scopo della sua alimentazione è quello di tenere l’equilibrio tra il consumo ed il rinnovamento, di dare l’equilibrio all’organismo Queste parole dell’autore fanno ricordare della massima: Il savio mangia per vivere, il ghiottone vive per mangiare (N. d. T.).
Ecco ora l’analisi dei principali alimenti:
La buccia esterna dell’avena, a differenza del grano, è povera in sostanza azotata, cosicché l’avena inondata è migliore di quella intera, come cibo. Essa è notevole per la grande quantità di grasso che contiene:
Ultima analisi del Frumento, della Segala e dell’Avena disseccate a 230 Fahrenheit:
Le lenticchie, come gli altri semi delle leguminose, contengono molta caseina. Esse sono un cibo favorito nell’Oriente. Gli Indù aggiungono le lenticchie al loro riso amidaceo, ed ottengono così il nutrimento che questo solo non contiene...Le lenticchie sono molto nutrienti. Quello che si vende sotto il nome di Revalenta Arabica è farina di lenticchie denudate della loro buccia esterna che è indigeribile. La minestra rossa, per la quale Esaù vendette la sua primogenitura, pare che sia stata fatta di lenticchie.
Radici e tuberi
Le cipolle, secondo Pereira, sono composte di: olio volatile acre, zucchero incristallizzabile, gomma, albumina vegetale, fibra legnosa, acido acetico e fosforico, fosfati e carbonati di calce e acqua. Secondo Vaquelin e Fourcroy esse sono fatte da: un olio bianco, acre, volatile ed odoroso; solfo combinato coll’olio, che le rende fetide; una grande quantità di zucchero in-cristallizzabile; una grande quantità di mucillaggine, come la gomma arabica; una materia coagulabile col calore ed analoga al glutine; acido fosforico, in parte libero, in parte combinato con calce; acido acetico, citrato di calce e una materia fibrosa molto tenera. L’aglio, il porro e lo scalogno hanno una composizione simile.
Altri vegetali
Gli asparagi contengono: asparagina, gomma, zucchero in-cristallizzabile, albumina vegetale, resina, fibre legnose, acetato, malato, fosfato e muriato di potassa, di calce e di ferro.
Cocomero. La buccia fresca contiene materie solide simili a quelle dei frutti sbucciati, ma contenente molta materia fungosa, 15,0 e acqua 85 in 100 parti.
Il succo dell’uva, quando essa è matura, contiene: materie estrattive, zucchero granuloso ed incristallizzabile, gomma, materia glutinosa, poco acido malico ed acido citrico, acido tannico, bitartrato di potassa. Secondo un’altra analisi, esso contiene: materie aromatiche, zucchero, gomma, materia glutinosa, acido malico e malato di calce, bitartrato di potassa, super-tartrato di calce. Quando l’uva non è matura, il succo contiene: cera, clorofilla, tannino, materie glutinose depositate dal succo, materie estrattive, zucchero in-cristallizzabile, acido gallico, acido tartarico libero (circa l’1,12 per cento), acido malico libero (circa 2,19 per cento), bitartrato di potassa, malato, fosfato, solfato e muriato di calce. Gli aranci contengono: acido citrico, acido malico, mucillaggine, albumina, zucchero, citrato di calce ed acqua, nel loro succo. Quello di limone contiene: acido citrico, acido malico, gomma, estratto amaro ed acqua. Quello di ribes rosso contiene: acido citrico, acido malico, zucchero, gelatina vegetale, gomma e sostanze estrattive. Il ribes nero contiene sostanze analoghe a quelle del rosso, coll’aggiunta di uno speciale principio volatile, ed una materia colorante in violetto.
Le more contengono: materia colorante, pectina, bitartrato di potassa, zucchero, fibra legnosa, acqua. L’ananasso contiene: un aroma speciale, zucchero, gomma, acido malico, acido citrico, acqua. Il lampone contiene: olio volatile, acido citrico, acido malie, zucchero cristallizzabile e fermentabile, materia colorante rossa, mucillaggine, fibra legnosa, pectina, ceneri contenenti carbonato, fosfato e muriato di potassa, carbonato e fosfato di calce e magnesia, silice ed ossido di ferro. Le fragole contengono: un aroma volatile speciale, zucchero, mucillaggine, pectina, acido citrico e malico a parti eguali, fibre legnose, pericarpio ed acqua. Nell’ analisi delle albicocche, delle susine, delle pesche e delle ciliegie il Pereira ha omessa la pectina che è contenuta in molte frutta. Egli nota: “La pectina o gelatina vegetale è quivi omessa, ma essa è pure contenuta nel ribes (rosso, bianco e nero), nella mela (nelle dolci come nelle acide), nella pera, nella mela cotogna, nelle fragole, nel mirtillo, nelle more, negli aranci, nei pomodori, nei limoni, nel tamarindo e anche nei carciofi di Gerusalemme, nelle cipolle, nelle carote, nelle rape, nel sedano, nella bietola, ecc.…
Alimenti animali
La seguente analisi di de-Bibra dà un’idea approssimativa delle proporzioni dei sali alcalini e terrosi nei muscoli.
Le ceneri in toto di questi due campioni erano 4,90 e 6,77 rispettivamente, la materia terrosa perciò ammontava a più della metà. Le carni di molti pesci contengono da 1,2 a 1,4 per cento di sali, media minore di quella di molti cibi animali. La parte carnosa delle ostriche contiene 12,16 per cento di fibrina, albumina, gelatina, osmazoma e mucillaggine, e 87,4 di acqua. La parte acquosa estratta da esse contiene: osmazoma, albumina, cloruro di sodio, solfato di calce, solfato di magnesia, cloruro di magnesia od acqua. Colla incenerazione le materie organiche dell’ostrica danno 1,84 di una cenere bianca, contenente fosfato di calce, e gli stessi sali che contiene la parte acquosa. Dall’analisi fatta dei cibi vediamo che le frutta, distinte dai legumi, contengono la minore quantità di materie terrose: molte di esse hanno una grande quantità di acqua, ma quest’acqua in sé stessa della qualità più pura - acqua distillata dalla Natura, ed ha in soluzione albumina vegetale. Notiamo ancora che esse sono in una grande estensione libere dalle albumine ossidate – le sostanze gelatinose e fibrinose e molte di esse contengono acidi - citrico, tartarico, malico ecc. - che, entrati nell’organismo, agiscono direttamente sul sangue, aumentandone la solubilità. Reso meno spesso il sangue, si compie più facilmente il processo della circolazione, ed esso scorre più facilmente nei capillari (che diminuiscono di calibro a misura che l’età avanza) di quello che farebbe se fosse più denso. Inoltre questi acidi abbassano la temperatura del corpo, e quindi diminuiscono il processo di consumo, la combustione, ossia l’ossidazione, che aumenta in ragione della temperatura indicata dal termometro. Questi acidi sono principalmente composti di carbonio, idrogeno ed ossigeno; essi differiscono dagli acidi minerali per essere come bruciati nell’organismo, e non sono quindi rintracciabili nelle secrezioni ed escrezioni. Alcune frutta contengono acido tannico, che agisce in modo benefico sull’organismo, tannizzando ossia indurendo i tessuti albuminosi e gelatinosi, rendendoli più simili al cuoio, e meno suscettibili all’azione corrodente dell’ossigeno atmosferico, e quindi meno soggetti al consumo ed alla decadenza. Molte frutta contengono, combinati coi sopramenzionati acidi, degli alcali, generalmente potassa, che in seguito alla combustione degli acidi (citrico, tartarico, ecc.) sono lasciati in soluzione nel sangue. Gli alcali aumentano la solubilità dell’albumina e della fibrina, e quindi tendono a prevenire gli impropri accumuli fibrinosi dentro o intorno ai vasi sanguigni più piccoli. Le frutta contengono pochissimo azoto in paragone dei cibi così detti azotati o molto nutrienti. Molti fisiologi e chimici fisiologi hanno calcolato la quantità di azoto che essi credono necessaria a sostenere la vita. Questa quantità fu loro indicata dagli esperimenti, i quali consistevano nel
trovare la quantità emessa dell’organismo. E’ un fatto semplice che maggiore è la quantità di azoto introdotta, maggiore è anche la quantità eliminata; ma spesso si osserva in chi si nutrisce eccessivamente, che gli organi, il cui compito è quello di eliminare i prodotti azotati, sono incapaci ad emetterne un grande eccesso, e spesso si elimina dalla pelle l’azoto libero [1] quindi questo processo di ricerca non può dare un risultato esatto. Un calcolo più esatto della quantità di azoto necessaria a sostenere la vita può esser fatto solamente con esperimenti diretti -cioè vivere per un certo tempo con una sola specie di cibi, poi con un’altra, e calcolare la quantità di azoto introdotta nell’organismo, e la quantità eliminata, e, durante il tempo in cui si compiono gli esperimenti, pesare il corpo allo scopo di accertare se vi è aumento o diminuzione di peso [2] In questo modo si può ottenere la quantità approssimativa necessaria per mantenere il corpo in equilibrio. Con esperimento su di noi stessi, su di amici, e sopra indigeni delle regioni tropicali, compresa l’Africa occidentale, noi abbiamo trovato che una relativamente piccola quantità di azoto è necessaria per sostenere la vita in buona salute; ed infatti le frutta, prese in genere, contengono azoto sufficiente per sostenere la vita dell’uomo [3] Molti autori hanno assodato che cinque o sei once di gomma [4] (che contiene carbonio idrogeno, ossigeno e poco o niente azoto) nelle ventiquattro ore, sono bastevoli per mantenere la vita. Adonson asserisce che i Mori nomadi hanno a stento qualche altro cibo oltre la gomma del Senegal, ed Hasselquist dice che una carovana di Abissini di mille persone visse per due mesi di sola gomma arabica. Humboldt riferisce che gli indigeni della costa di Caraccas preferiscono lo zucchero ai cibi animali; e noi stessi abbiamo osservato sulla costa occidentale dell’Africa molte tribù che si alimentano di cibi che contengono relativamente poco azoto. Le piante assorbono molto del loro azoto dall’aria. Se ad un vegetale si fornisce dell’ammoniaca (un composto di azoto e idrogeno), quelle parti di esso che, senza ammoniaca, sarebbero composte di amido (che non contiene azoto), diventano glutine, una sostanza che contiene gli stessi elementi dell’albumina (carbonio, idrogeno, ossigeno ed azoto). È stato affermato che le frutta non possono sostenere la vita, perché non contengono abbastanza azoto; questo argomento è fondato su di una teoria che si può dimostrare essere scorretta, ed è un fatto accertato che la sola frutta può sostenere la vita in buona salute. Gli esperimenti di Macaire e Marcet provano che il sangue contiene più azoto del chilo [5] Poiché il sangue è formato dal chilo, l’eccesso di azoto che in esso si trova deve avere un’altra sorgente che non sia quella degli intestini, la quale altra sorgente può essere solamente il polmone o la pelle, entrambi esposti all’atmosfera. Sir Humphry Davy afferma che nei suoi esperimenti l’assorbimento di azoto ebbe luogo nell’estensione di 2,246 grani nelle ventiquattro ore. Quando l’azoto viene in contatto coll’idrogeno allo
stato nascente in uno spazio chiuso, i due corpi si uniscono e formano l’ammoniaca. L’idrogeno si sviluppa negli intestini e nei capillari, perciò esso si sviluppa dovunque ci è consumo dei tessuti attraverso l’organismo. È possibile che o l’ammoniaca venga in contatto delle sostanze amilacee prive di azoto, o che queste sostanze, contenenti carbonio, idrogeno ed ossigeno, si uniscano direttamente coll’azoto libero, risultandone la combinazione in albumina o proteina. Ora le frutta possono sostenere la vita, e tutte contengono carbonio, idrogeno ed ossigeno, e molte anche una piccola quantità di azoto. Ché se le frutta non contengono una sufficiente quantità di azoto, non può l’uomo, che respira ed è in contatto con un’atmosfera quattro quinti della quale sono di azoto, assorbirlo direttamente da questa, per mezzo dei suoi polmoni, la cui superficie si suppone esser più che venti volte più estesa di quella di tutto il corpo? Per accurate osservazioni sull’alimentazione degli indigeni delle regioni tropicali, e per appositi esperimenti fatti in Inghilterra, noi possiamo stabilire che così avviene effettivamente. Ciò si osserva spesso negli erbivori: il loro cibo naturale contiene poco azoto, e pure nelle loro carni se ne trova presso a poco In stessa quantità che nei carnivori. Inoltre i carnivori vivono di cibi ricchi di azoto, e pure gli uni sono ben nutriti come gli altri. Parlando degli antichi, Esiodo, il poeta greco, dice: “I campi incolti offrivano loro le frutta, e provvedevano ai loro generosi per quanto non invidiati pasti” Porfino, un filosofo della scuola di Platone del terzo secolo, un uomo di molto ingegno e dottrina, dice: “Gli antichi Greci vivevano interamente delle frutta della terra”, Lucrezio sullo stesso argomento dice: “Le dolci frutta erano il loro principale alimento, ed i rosei pomi che adornano i boschi. Le fibre che formavano le loro membra erano salde e forti; la loro vita era piena di salute, e lunga ne era l’età… gli anni che avano li trovavano sempre nel fiore della loro giovinezza; essi facevano logorare i vanni al Tempo edace. Né il freddo, né il caldo, né i gravi morbi recavano loro le tristi nuove dell’imminente Fato: non ancora la Natura si infiacchiva, non ancora cominciava a restringere la loro più vasta mole”. Dovunque noi troviamo vita animale attraverso la Natura, troviamo che le sue manifestazioni nello sviluppo, nella crescenza e nella nutrizione dipendono dalla presenza dell’albumina. Il primo stato visibile di un essere organizzato è l’albumina; esso ò fatto di albumina; i suoi tessuti più duri sono formati dall’ossidazione dell’albumina; il suo nutrimento è l’albumina, che può sempre essere rintracciata (ad eccezione di quella poca che si può formare nell’organismo, per l’unione delle sostanze amilacee coll’azoto) ed era in origine albumina vegetale, sia che il cibo sia vegetale, nel qual caso questa sostanza viene dal mondo vegetale, sia che il cibo sia animale, nel qual caso essa pure viene dal mondo vegetale attraverso l’animale. “La continuazione della vita è indissolubilmente connessa alla
presenza dell’albumina nel sangue, nel liquido nutriente; solamente quelle sostanze che contengono albumina, o una materia capace di essere convertita in albumina, sono nello stretto senso principii nutritivi dei cibi” - LIEBIG.
È una delle leggi della Natura, ed una legge molto semplice, che noi siamo fatti di ciò che era originariamente albumina vegetale; e ad eccezione dei sali alcalini e terrosi, ogni tessuto ed organo del nostro corpo si è sviluppato ed è nutrito dall’albumina. Era una delle leggi dell’Eden che l’uomo dovesse mangiare l’albumina nella sua forma più pura, come si trova nelle frutta. C’era quindi una ragione semplice, una filosofia meravigliosa nel primo comando dato all’uomo. L’uomo può vivere interamente di frutta in uno stato di salute migliore di quello che la maggior parte del genere umano ora gode [6] Le frutta sane e mature non sono mai causa di malattia, e gli acidi vegetali, come abbiamo prima dimostrato, abbassano la temperatura del corpo, diminuiscono il processo di combustione, ossia l’ossidazione, e quindi diminuiscono il consumo dell’organismo; occorre meno sonno, l’attività è aumentata, la stanchezza e la sete sono appena sentite; il corpo è sempre ben nutrito, e poiché una quantità relativamente piccola di sali terrosi è introdotta nell’organismo, la causa della vecchiaia è in certo grado rimossa, l’effetto ne è ritardato, e la vita si prolunga ad un periodo molto al di là dei “sessanta e dieci anni” [7]
La carne, presa in genere, contiene, dopo le frutta, la minor quantità di sali terrosi. Questa quantità dipende, prima, da quella che si contiene nei cibi dell’animale; e poi dalla durata del tempo che l’animale ha mangiato tali cibi, cioè dall’età sua. Gli animali più giovani di qualunque genere contengono una minore quantità di sali terrosi di quelli più vecchi; così il vitello, secondo l’analisi data generalmente, contiene circa un quarto solo dei sali terrosi che si trovano in un egual peso di carne di un animale adulto, ed inoltre esso contiene dal 12 al 15 per cento di acido fosforico in più di quello che sia necessario per la formazione dei sali. Da ciò vediamo che più giovane è l’animale, minore è la quantità della materia calcificante che esso contiene; si dovrebbero perciò scegliere per l’alimentazione o gli animali in crescenza o quelli appena arrivati alla maturità, a preferenza dei vecchi. Fra le carni animali comprendiamo anche i pesci. Quelli che hanno pinne e scaglie contengono in media un per cento in meno di sali (circa 0,7) rispetto alla carne dei mammiferi, e sono perciò, sino ad
un certo punto, meglio adatti all’alimentazione per la longevità, che là carne da macello. I pesci anche contengono fosforo; questo abbonda specialmente in molti molluschi con guscio, i quali però contengono più sostanze terrose che i pesci a pinne ed a scaglie. La carne del pollame e della selvaggina (se giovane) contiene meno sali terrosi del bue o del montone. La carne animale senza grasso sostiene la vita; la gelatina, quantunque contenga quasi tanto azoto quanto la fibra muscolare, non la sostiene: la ragione è che la digestione è incapace di convertirla in albumina. Cani nutriti di sola gelatina morirono subito, mentre han vissuto molti mesi di pura materia albuminosa. “Gli Indiani d’America presso le sorgenti del Missouri, i quali non hanno pregiudizi in fatto di alimentazione, si dice che durante i mesi d’inverno vivono interamente di carne di bufalo disseccata, composta solo della parte muscolare, eliminandone il grasso…Nel tempo che si alimentano di questo loro pemmican secco, i viaggiatori che conoscono intimamente la loro vita e le loro abitudini, raccontano che non toccano neanche la più piccola parte di qualsiasi vegetale, né che pigliano qualche altra specie di cibo. Questo fatto adunque tende a dimostrare che il tessuto albuminoso è per se stesso capace di sostenere la vita” - Dottor THOMPSON. Altri generi di cibi animali sono il latte, la ricotta, la crema; essi contengono circa il 0,7 per cento di sali, ma quest’ultima contiene una grande quantità di acido lattico che ha una grande tendenza a prevenire l’accumulo della materia terrosa nell’organismo. Il formaggio contiene sali circa nella stessa proporzione del latte privato dell’acqua. Pare dalla sua analisi che abbia una grande quantità di sali (circa il 5 per cento), ma essi sono in ragione delle sue grandi proprietà nutrienti. Il burro è composto di grasso, e contiene circa il 2 per cento di sali.. Esso non è un grasso formato o alterato nell’economia animale: esso può essere prodotto artificialmente dall’erba, e quindi può essere chiamato il grasso della terra”. Le uova contengono 1,5 per cento di sali (0,5 per cento meno della carne di bue e di montone). Consideriamo ora i tuberi e le radici. - La patata contiene il 9 per cento di sali, 1,4 di materia albuminosa, e 15,5 di amido; essa ha dello zucchero, una piccola quantità di grasso, ed una piccola parte di acido citrico libero. La cipolla è molto nutritiva, essa contiene piccole quantità di fosfato di calce, ma un eccesso di acido fosforico, mucillaggine e sostanza analoga al glutine. Molte altre radici contengono una grande quantità di acqua, e, in proporzione delle loro proprietà nutrienti, una grande quantità di fibre e di materia terrosa. Molti altri vegetali hanno quasi le stesse proprietà nutrienti delle patate, cioè la stessa media di sali terrosi [8] ma contengono più acqua e meno amido. I cocomeri sono un’eccezione e somigliano alle frutta. Veniamo ora ai cereali, nei quali comprendiamo i semi delle leguminose. La quantità di materia terrosa da essi contenuta dipende da quella che contiene il suolo, o le sostanze
usate come concime. I cereali costituiscono la base dell’alimentazione dell’uomo; essi ordinariamente contengono una grande quantità di materia minerale, ed in generale sono i meno adatti come cibo dell’uomo, in riguardo alla longevità. Il così detto “sostegno della vita dell’uomo” è in gran parte la causa della sua morte prematura. L’organismo fa le sue provviste di sostanze terrose tanto dai cibi animali quanto dai vegetali. Il frumento, le patate, il latte, la carne ed il sangue degli animali ce ne forniscono più che i bisogni dell’organismo richiedono - Dottor PEREIRA.
Nel ventesimo secondo e ventesimo terzo capitolo del terzo libro di Erodoto (“Thalia”) che descrive una visita di alcuni ambasciatori persiani agli Etiopi di lunga vita (Macrobii) [9] il re di questi “domandò che cosa mangiava il re di Persia, e quale fosse l’età più avanzata a cui si sapeva che i Persiani arrivassero. Gli ambasciatori risposero che il Re mangiava pane, e descrissero la natura del frumento di cui era fatto; e soggiunsero che la durata più lunga della vita umana tra i Persiani era di ottanta anni. Allora il Re disse di non essere sorpreso che i Persiani morissero così presto, se mangiavano la polvere (la farina colla quale si fa il pane), e di esser sicuro che essi non avrebbero raggiunto neanche gli ottant’anni, se non fosse stato per il rinfresco di quella bevanda (intendendo il vino), cosa nella quale i Persiani soravano gli Etiopi. Gli Ittiofagi poi alla loro volta domandarono al Re dei Macrobii la durata della vita e l’alimentazione del suo popolo, ed ebbero in risposta che molti di loro raggiungevano i centoventi anni, mentre alcuni andavano anche oltre a questa età, e che essi mangiavano carne bollita, e che non avevano per bevanda altro che latte”.
“Nonostante che il pane sia denominato il sostegno della vita, non pare che da solo possa essere capace di sostenere per lungo tempo l’esistenza umana. Boussingault venne a questa conclusione osservando la piccola quantità di azoto che contiene: ed i rapporti degli ispettori delle prigioni in riguardo all’alimentazione a pane ed acqua, favoriscono questa opinione” - Dottor PEREIRA.
Magendie alimentò un cane esclusivamente di pane di grano fine: esso mori in
quaranta giorni; mentre un altro alimentato di pane bruno (fatto di farina con crusca) visse senza disturbo ed in buona salute. La parte nutriente del frumento è specialmente il glutine. La crusca è ricca di glutine, e quindi non dovrebbe esser tolta [10] Il pane bruno però contiene più fosfato di calce del bianco. I semi delle leguminose (piselli, fave, ecc.) si suppone che siano meno nutrienti dei cereali, quantunque contengano più azoto. Liebig attribuisce ciò alla deficienza di sali terrosi, il che però non può essere la ragione, poiché Broconnot assegna ai piselli grani 9,26 per oncia di fosfati terrosi. Questa è quasi una quantità doppia di quella che si trova nel frumento, e più che venti volte quella che si trova in un peso eguale di carne di bue. L’acido fosforico e gli alcali hanno entrambi notevoli proprietà, e rappresentano una parte importante nella crescenza e nella nutrizione delle piante e degli animali. Ciò non può esser detto dei sali terrosi. Essi sviluppano le ossa degli animali, ma quando lo sviluppo è finito, essi si accumulano, e sono causa dell’indurimento, della vecchiaia ed anche della morte naturale. Noi dovremmo quindi, dopo che siamo giunti alla maturità, evitare per quanto è possibile i sali terrosi nei nostri cibi. Molti esperimenti interessanti e ben condotti di chimici agrari dànno per risultato i seguenti fatti:
1° I legumi ed i cereali cresciuti in terreno contenente un piccolo per cento di sali terrosi, ne contengono una quantità minore di quelli cresciuti in terreni ricchi in sali terrosi;
2° Maggiore è la quantità dei sali terrosi contenuta nei cibi di cui si nutriste un animale, più grande è la quantità che se ne trova nelle secrezioni ed escrezioni, e quella che se ne trova nelle carni dell’animale stesso;
3° Minore è la quantità dei sali terrosi contenuta nei cibi, minore è quella che se ne trova nelle escrezioni e secrezioni, e che se ne trova nelle carni.
Il risultato di questi esperimenti appoggia i nostri principii. Da questi fatti emerge chiaramente che coltivando i cereali ed i legumi o direttamente pel consumo dell’uomo, o indirettamente per foraggio degli animali di cui l’uomo si
nutre, la calce o i suoi composti, non dovrebbero essere usati come concime. Gli alcalini veri non si accumulano nell’organismo; non vi è quindi contro indicazione nel loro uso. Noi vediamo dunque che i differenti generi di cibi, in riguardo alla longevità, sono nell’ordine seguente: frutta, pesce, cibi animali (carne, uova, ecc.), legumi, cereali. L’età dell’uomo, in rapporto alla sua alimentazione, segue lo stesso ordine. È scritto che l’uomo nelle prime epoche visse per un tempo che a noi pare incredibile; ma nelle generazioni presenti la durata media della vita è così breve, che un uomo ad ottanta o novanta anni è addirittura un moderno patriarca. L’alimento primo, e che fu ordinato all’uomo, fu la frutta; egli poi mangiò cibi animali, che gli furono permessi in seguito; dopo ciò egli apprese delle conoscenze d’agricoltura, e coltivò legumi e cereali e non contento di ciò, in questi ultimi tempi ha imparato ad aggiungere artificialmente a questi la calce, per accorciare una esistenza già breve. In natura si osserva spesso un fenomeno curioso, per quanto semplice, l’alzarsi ed il cadere, perpetuo ed alterno. Lo si vede nel sole, nella gravità, nella fluttuazione, nella marea; ed anche nel sorgere e nel cadere degli imperi. L’uomo ha degenerato; questa degenerazione è dovuta solamente alla sua alimentazione. Egli è caduto; ma noi speriamo che egli si sia alzato al punto più alto nell’arte di accorciare i suoi giorni, e che nella presente generazione egli comincerà gradatamente a ricadere verso la sua dieta originale, che gli venne ordinata. Fin dalla creazione i giorni dell’esistenza umana sono andati a poco a poco decrescendo, è stata una graduale caduta; ma tanto la scienza quanto la religione ci dicono che egli deve rialzarsi di nuovo, che la sua vita sulla terra deve essere prolungata. Ciò si può ottenere con una modificazione graduale nella sua alimentazione. Immaginiamoci un accanito fumatore privato tutto d’un tratto del tabacco. Che cosa risentirebbe egli? Immaginiamoci un uomo che si bea di tutto il lusso e di tutti i godimenti della vita moderna, privato di essi repentinamente. Che cosa ne risentirebbe? Entrambi per un certo tempo sarebbero infelici e miserabili. Non è nostro intendimento di dettare un metodo che avrebbe un risultato simile. Il nostro scopo è quello di cercare di migliorare e beneficare l’umanità, indicando un metodo di modificare gradatamente l’alimentazione, e di allungare i giorni ed aumentare la felicità dell’uomo. “La Natura è frugale, ed i suoi bisogni sono pochi” . L’uomo nello stato selvaggio è generalmente di buona salute, nello stato di civiltà è generalmente di poca salute: e, come dice il dottor Thompson: “non vi è dubbio che un’alimentazione semplice è più adatta a migliorare la salute, che il cibo stimolante e non naturale” . Non è necessario che l’uomo ritorni allo stato selvaggio perché possa godere la salute, né si deve inferire dall’essere l’uomo allo stato selvaggio sano, che l’uomo civilizzato debba essere malato; specialmente quando egli conviene nel fatto che
l’alimentazione è la causa principale delle sue sofferenze, e che l’antidoto sta in gran parte nelle sue mani; che più egli si avvicina alla sua alimentazione originaria, più sano sarà. Noi non possiamo aspettarci che una nazione corra e si affretti alla perfezione tutta in una volta. Solamente con sforzi lenti e penosi essa si adopera alla propria redenzione dalle tenebre e dalla ignoranza” - Lord ROSEBERY.
Sarebbe un compito difficile, ed un grave peso per l’organismo, se un uomo che vive della ordinaria dieta mista, dovesse cambiarla repentinamente. Egli deve far ciò gradatamente, ed in ragione diretta che egli lo farà, diminuirà la tendenza alle malattie, ed aumenterà la prospettiva della lunga vita. Se guardiamo ai generi ordinari dell’alimentazione, notiamo in gran parte il seguente principio: più sostanze azotate (nutrimento diretto) un cibo contiene, più sali terrosi si trovano in esso; e minore è il potere nutritivo, minore è la quantità di sali terrosi nei cibi. E’ un fatto ben noto che quanto più sostanze azotate un cibo contiene, tanto minore è la quantità di esso necessaria per nutrire il corpo; ed inversamente, minore è la quantità di queste sostanze, maggiore è la quantità occorrente a sostenere la vita. Se pigliamo il formaggio ed il riso come esempio, troviamo che il primo contiene molto più azoto ed anche più sali terrosi dell’altro. Ma una piccola quantità di formaggio sostiene la vita, mentre che per vivere di riso un uomo deve mangiarne una grande quantità; cosicché mentre un uomo mangia una piccola quantità di formaggio ricco in azoto ed in sali terrosi, un altro, che vive di riso, deve mangiarne una quantità proporzionatamente molto maggiore; ed infine entrambi consumano circa la stessa quantità di sostanze azotate e di sali terrosi. Ma vi sono da osservare ancora altre cose. Per esempio, un uomo si nutre di solo pane, un altro di sola carne di montone. Per ottenere lo stesso nutrimento in entrambi i casi, il mangiatore di pane dovrebbe mangiarne più del doppio di quello che mangia l’altro, ed inoltre egli introdurrebbe nel suo organismo due volte e mezza di più di sali terrosi del consumatore di carne. Le lenti formano un’altra eccezione; ed in proporzione al loro potere nutritivo, esse contengono solamente un terzo dei sali terrosi in paragone del pane. Prima di scegliere una alimentazione, o dare delle regole intorno ad essa, sono necessarie poche parole sulla quantità. Un’autorità in materia dice che “un uomo adulto, di peso medio e di media altezza, ha bisogno di una ventesima parte del suo peso in cibi nelle ventiquattro ore; cioè da sette a sette libbre e mezzo di cibo tra solidi e liquidi, e propriamente da una ad una e mezza di solidi, ed il resto di acqua” . Un’altra autorità dice che otto libbre di cibo occorrono giornalmente, due delle quali
devono essere solide e le altre sei liquide. Ora a questi risultati si è arrivati per via indiretta, determinando il consumo; e noi abbiamo già prima indicato che questo modo di ricercare non può dare un risultato corretto, perché quanto maggiore è la quantità di cibo e di bevanda che un uomo ingerisce, tanto più grande sarà la quantità di solidi, liquidi e gas escreti ed eliminati dal corpo. Soltanto gli esperimenti diretti ci daranno un risultato esatto, e noi abbiamo delle prove positive per dimostrare che poco più della metà della quantità di solidi detta di sopra è necessaria per tenere il corpo in equilibrio, per sostenere la vita. “Può essere asserito con verità che la più gran parte del genere umano mangia più di quanto è necessario; e per essere noi rimpinziti ed alimentati eccessivamente fin dalla infanzia, siamo privi di quella naturale sensazione che ci dovrebbe dire quando ne abbiamo abbastanza” - HUFFELAND.
Un bell’esempio di ciò si vede nel ben noto caso di Luigi Cornaro, il quale “sino al quarantesimo anno di età aveva menata una vita dissipata ed era ridotto ad un punto che i medici gli assicurarono di non poter più vivere più di due mesi ancora, che tutte le medicine sarebbero state inutili, e che l’unica cosa che gli si potesse raccomandare era una dieta parca. Avendo seguito questo consiglio egli trovò, dopo alcuni giorni, di stare molto meglio; e alla fine di pochi anni la sua salute era non solamente del tutto ristabilita, ma egli era diventato più sano che mai fosse stato per lo innanzi. Per sessanta anni interi egli non prese più di dodici once di cibi solidi, tutto compreso, e tredici di bevande, al giorno… All’età di ottanta anni gli amici lo sforzarono ad aggiungere qualche cosa ai suoi cibi… egli acconsentì alla domanda, e portò la quantità dei suoi cibi solidi a quattordici once e quella delle bevande a sedici. - Avevo appena adottato questo sistema di vita da dieci giorni, egli dice, che cominciai, da allegro e vivace come ero prima, a diventare inquieto e triste, di peso a me stesso ed agli altri… Ma per grazia di Dio e del mio primo regime io mi rimisi; ed ora nel mio ottantesimo terzo anno io godo uno stato felice di corpo e di mente. Io posso arrampicarmi sulle colline scoscese... e non conosco quell’umore bisbetico e stizzoso che spesso affligge la vecchiaia. - In questo stato felice egli raggiunse il suo centesimo anno” - HUFFELAND.
La ghiottoneria è veramente una colpa, non legalmente punibile, ma che da sé stessa punisce il ghiottone; essa è causa di una speciale debolezza prodotta dalla
perdita del potere nervoso di digerire l’eccesso dei cibi, ed il sofferente, per quanto mangi ingordamente, diviene sempre più magro, sempre più debole, e coi suoi sforzi per nutrire il suo corpo languente egli si avvicina sempre più ad una morte prematura. L’obesità è qualche volta prodotta dall’alimentazione eccessiva, ma non è sempre così, perché si vedono molte persone corpulente che mangiano pochissimo. La mancanza di un adatto esercizio ne è la causa più comune. Molte malattie hanno per sola causa l’alimentazione eccessiva [11] Rimossa la causa, l’effetto non può mancare. Uno stato di equilibrio corporeo, da noi designato col nome di salute, è il risultato della conformità alle leggi della Natura; se ci allontaniamo da queste in più od in meno, per eccesso o per difetto, e l’allontanamento è considerevole, si ha la malattia. Quantunque perfettamente consapevoli degli effetti della alimentazione deficiente, in seguito a ricerche, siamo indotti a concludere che molti casi di morte per fame sono spesso dovuti alla qualità più che alla quantità dei cibi. Il dottor Aitken riporta l’alimentazione di un agricoltore durante il vecchio “truck system”, che era spesso la causa dell’irrompere dello scorbuto. “La sua alimentazione giornaliera consisteva in un penny (dieci centesimi) di pane con thè, ma senza latte, al mattino; niente pranzo; ed un penny di pane con thè, ma senza latte, la sera. Dopo tre mesi di questa alimentazione, la malattia si manifestava”. E poteva essere diversamente ? Il solo pane non è un alimento adatto per l’uomo. Se a quello si fosse aggiunto una piccola quantità del cibo originario dell’uomo e del più adatto, la frutta, l’esperienza ci dice che egli non sarebbe stato colto dalla malattia. Il pane bianco e la gelatina sono ritenuti generalmente come molto nutritivi. Ora da molti esperimenti si rileva che un animale nutrito di pane e gelatina dopo un certo tempo muore di fame, per mancanza di un adatto cibo nutriente. Se l’uomo conoscesse la qualità dei cibi, e potesse discernere perché dovrebbe mangiare questo e lasciare quello, egli potrebbe vivere molto di più di quello che vive al presente, e sarebbe inoltre meno soggetto alle malattie. Per tale ragione noi siamo d’avviso essere necessario che ad ogni giovinetto s’insegnassero a scuola e gli si fero conoscere le nozioni elementari del suo corpo e dei cibi dai quali esso è nutrito, persuasi che il suo benessere dipende più da queste conoscenze che dallo studio delle lingue morte e delle scienze teoretiche. Ma poiché noi, più che a giovanetti, ci rivolgiamo ad uomini di età matura, non stimiamo necessario parlare a lungo su tale argomento. Poche parole però possono non essere fuori di luogo. Parliamo di quel periodo della vita che, cominciato colla nascita, si estende sino alla maturità, periodo durante il quale ha luogo lo sviluppo dei differenti organi e tessuti, ed in cui la loro funzione diviene più perfetta; in cui anche le manifestazioni mentali, intellettuali, morali ed emozionali si sviluppano ed acquistano forza. Nell’infanzia le funzioni sono
specialmente vegetative, ed i movimenti in gran parte automatici; durante questo periodo tutti gli organi, e specialmente il sistema osseo, nervoso e locomotore, sono in stato di sviluppo. Il cibo dell’infante è il latte. Nell’infanzia occorre un nutrimento per l’accrescimento dei tessuti molli, e l’albumina risponde a questo scopo, e per i tessuti duri (cartilagini ed ossa), e la caseina ed i sali contenuti nel latte forniscono il necessario. La parte nutriente del latte è principalmente la sua caseina: ora se alla formola della caseina aggiungiamo dieci equivalenti di ossigeno, otteniamo una formula che contiene esattamente gli stessi elementi dell’albumina del sangue e della condrina, che è la sostanza che forma le cartilagini ed il sostrato delle ossa.
LIEBIG dà le seguenti formule:
L’ossigeno il bambino lo piglia dall’atmosfera mercé la respirazione, e se ad esso aggiungiamo i sali alcalini e terrosi contenuti nel latte, noi troviamo che il sangue, il liquido cioè che nutriste e fa sviluppare ogni organo e tessuto, contiene albumina, e poi gli elementi della condrina ed i sali che servono allo sviluppo delle cartilagini e delle ossa. Così la Natura sopperisce col latte a tutti i bisogni dell’età infantile, e per questa ragione il latte è un cibo meglio adatto per l’infanzia che per l’età adulta. È un fatto ben conosciuto che i bambini allevati con latte umano sono più sani e più robusti di quelli nutriti di latte di vacca: e la ragione ne è ovvia. Nel latte umano i sali si trovano in proporzione col potere nutriente di esso, cioè una parte di sali su diciassette e mezzo di sostanze azotate, mentre che in quello della vacca una parte di sali sta su sei parti e un terzo delle stesse sostanze azotate. Sicché, in cifra rotonda, la parte nutriente del latte di vacca contiene quasi tre volte la quantità di sali in paragone del latte umano. La proporzione tra i sali alcalini e terrosi è presso a poco la stessa in entrambi, di modo che un’oncia di caseina presa dal latte di vacca contiene quasi tre volte la quantità di sali terrosi che si trova in un peso eguale di caseina di latte umano. L’uomo raggiunge la maturità quattro o cinque volte più tardi della vacca; questa adunque cresce più rapidamente, e le sue ossa si consolidano in un periodo di tempo più breve che nell’uomo, i cui organi si sviluppano e crescono più gradatamente, e le cui ossa si dovrebbero consolidare in un tempo maggiore, onde la natura gli dà un cibo che contiene meno materie terrose. Se noi non seguiamo le leggi di natura, otterremo dei cattivi risultati, ed una metà dei bambini scrofolosi che sono alimentati di pane ed altri cibi farinacei (molti dei quali ricchi in composti terrosi) oltre che del loro latte, sono per la loro età in anni e mesi più vecchi dei bambini sani e robusti della stessa età. La rachitide e osteomalacia [12] sono per se stesse malattie non necessariamente prodotte da una deficienza di sali terrosi nei cibi, ma son prodotte anche dalla mancanza nell’organismo del potere di assimilarli o di scioglierli per mezzo degli acidi. Noi possiamo impedire l’accrescimento degli animali inferiori somministrando loro un eccesso di materie terrose; noi possiamo accelerare la loro ossificazione, renderli vecchi per tutta la vita ed accorciare i loro giorni nello stesso modo. Negli esseri umani non abbiamo che a guardare i cretini che si trovano nelle vallate delle Alpi, dei Pirenei e di altre regioni. Quantunque il cretinismo dipenda da due cause distinte [13] la prima e più importante è l’eccesso di materia terrosa, calce o magnesia, introdotta nell’organismo sciolta nell’acqua usata per bevanda. Per i bambini nati da genitori sofferenti di questa malattia, essa è ereditaria; ma i bambini sani trasportati in località dove esiste il
cretinismo vanno soggetti ben presto ed egualmente alla malattia come quelli nati ivi. Ora questi esseri sono nella loro infanzia ossificati prematuramente; lo sviluppo delle ossa è arrestato, e l’altezza raramente a i quattro piedi e mezzo. Le ossa del cranio, che nello stato normale dovrebbero espandersi per permettere al cervello di crescere e svilupparsi, fin dalla tenera età diventano spesse, dure, e si ossificano a tale punto che l’espansione è impossibile; il cervello perciò non può svilupparsi, a poco a poco la sua provvista di sangue viene ad essere diminuita; a cominciare dal basso, esso resta incassato ed imprigionato dal suo proprio mezzo protettivo; la parte che presiede all’intelligenza non può svilupparsi, e l’essere è retto dalla parte animale del cervello; egli diventa vorace e lascivo, ed in molti casi scende per intelligenza ad un livello inferiore a molti bruti. L’età dei cretini è corta; pochi di essi raggiungono trenta anni, e, come nota Clayton, “quantunque essi muoiano presto, essi presentano precocemente le apparenze della vecchiaia”. Questo stato miserabile dell’esistenza è dovuto, in gran parte, alla ossificazione prematura. È chiaro adunque che i bambini dovrebbero essere alimentati con latte umano; che i fanciulli, durante la loro crescenza, non dovrebbero essere nutriti quasi interamente di cibi ricchi di sali terrosi, con alimentazione di cereali e di farinacei, che dovrebbe darsi loro del tempo per l’espansione e lo sviluppo delle ossa. Essi dovrebbero perciò mangiare una dieta mista: frutta e cibi animali più che farinacei; e poi per dar forma alle membra, dovrebbero incoraggiarsi gli esercizi ed i giuochi atletici. E poiché la mente influenza il carattere, le simpatie ed il benfare d’un uomo, e lo mette, colla sua attività ed il suo sviluppo, alla testa di tutta la creazione animata, l’educazione - la fonte delle manifestazioni intellettuali, dei sani principii delle azioni e della condotta, l’origine dell’eleganza, della perfezione e dell’amore alla vita - l’educazione dovrebbe essere condotta in modo da diventare attraente e da essere apprezzata da chi ne apprende la conoscenza; in modo che scomponendo l’istruzione per ricomporla sotto forme utili ed attraenti, egli possa gettare le fondamenta del sapere colla conoscenza e l’esperienza del buono, e su di questo costruire il castello della scienza; ma non a spese della salute del corpo. “La conoscenza e la scienza, lungi dall’essere la stessa cosa, spesso non hanno connessione fra loro. La conoscenza sta nella mente piena dei pensieri di altri uomini, la scienza sta in quella che attende ai propri. La conoscenza è una rozza massa improduttiva, è il vero materiale col quale fabbrica la scienza; e sino a che esso non è appianato, adattato e messo al posto conveniente, non fa che ingombrare quella mente che pare che arricchisca. La conoscenza è superba perché ha molto imparato, la scienza è umile perché non sa di più” - COWPER.
Ritornando sull’argomento della quantità di cibo necessaria per sostenere la vita, noi affermiamo che molti uomini mangiano più di quello che è richiesto per questo scopo, più di quanto veramente buono per loro. L’uomo non deve chiedere quattro o cinque pasti al giorno; egli sarebbe molto più sano facendo due o al massimo tre pasti nelle ventiquattro ore [14] Le frutta sono nutrienti per loro stesse; ma anche quando non contenessero una quantità d’azoto sufficiente a soddisfare un appetito teoretico, abbiamo dimostrato che vi si trovano tutti gli altri elementi, e che l’uomo può assorbire l’azoto mancante dall’atmosfera che lo circonda, risultandone la combinazione in albumina o in proteina. Per tale ragione, insieme al fatto che esse contengono poca materia terrosa, le frutta sono la migliore alimentazione dell’uomo, se egli veramente desidera una lunga vita. Ma considerando le difficoltà che s’incontrano per un subitaneo cambiamento di alimentazione, e la necessità di conformarsi alle regole ed agli usi della società, regole che non vogliamo conculcare (ed anche lo volessimo, la società resterebbe forse vincitrice in questa lotta), siamo indotti a presentare poche regole semplici e precise, fondate sui fatti osservati, che non sono troppo esigenti né tiranniche, che non sono in opposizione colle incombenze e cogli uffici dell’uomo, e che possono essere prontamente messe in esecuzione da ognuno della comunità a suo beneficio individuale, per la salute e la lunga vita. Sapendo noi che vi sono molti che non potrebbero essere indotti a portare alcun cambiamento negli articoli della loro alimentazione, mentre ci sono altri che potrebbero essere influenzati in questo senso, diamo poche regole per entrambe queste classi di persone. A coloro che non sono propensi a cambiare il genere di alimentazione, diciamo:
1° Mangiate moderatamente, ricordandovi sempre che mangiate per vivere, per mantenere in equilibrio l’organismo;
2° Non prendete più di tre pasti al giorno;
3° Evitate di mangiare grande quantità di pane, di paste e di altri cibi farinacei.
A coloro che son disposti ad introdurre cambiamenti nella loro dieta ripetiamo le stesse regole, ma con questa differenza:
Mangiate frutta possibilmente ad ogni pasto, e cominciatelo con esse: se l’appetito non è moderatamente soddisfatto, finitelo coi soliti articoli alimentari.
Un’alimentazione a base di frutta libera in gran parte dalle malattie.
[1] “Egli è provato dai fatti che la quantità di azoto eliminata non è in proporziono del lavoro fatto, ma lo è della quantità di esso contenuta nei cibi, anche quando non vi è esercizio muscolare” - LETHEBY; [2] Il peso del corpo non è necessariamente un criterio del valore del cibo, perché il peso può non alterarsi, mentre nell’organismo può aumentare l’acqua e diminuire in pari tempo l’albumina ed il grasso. [3] La quantità di azoto eliminata è spesso più grande di quella introdotta nell’organismo come cibo e come bevanda. [4] La gomma impura e lo zucchero grezzo contengono piccole quantità di azoto [5] Ciò può essere solo parzialmente dimostrato nei chiliferi; dopo che il chilo ha attraversato le glandole mesenteriche e ha ricevuta la linfa dalla milza, il grasso è diminuito, e la fibrina è aumentata nel loro contenuto. [6] In un certo rincontro, vivendo io per cinque giorni di soli aranci, la temperatura mi si abbassò, e sentii una certa vivacità nell’organismo; però altri sentirono freddo. La sensazione del calore animale è quindi solamente relativa. Trovai ancora di non avere bisogno di più di tre o quattro ore di sonno nelle ventiquattro. [7] L’alimentazione di Adamo noi giardino era scevra dalle “materie producenti
la vecchiaia”. Chimicamente essa era in modo meraviglioso adatta non solamente alla straordinaria longevità, ma “a mangiare e vivere per sempre” Eden originario. [8] La quantità di sali terrosi che essi contengono dipende interamente dal suolo nel quale crescono. Se pigliamo un grammo di semi di crescione, lo riduciamo in cenere e pesiamo la quantità di sali che contiene, e se pigliamo un altro grammo degli stessi semi e li mettiamo in una flanella (che è stata a bagno per alcune settimane nell’acqua distillata, per liberarla dai sali solubili) in un vaso, e riempiamo questo di acqua distillata che giunga allo stesso livello della flanella, i semi si svilupperanno e diventeranno piante quasi così perfette come quelle cresciute nel suolo; se poi dissecchiamo ed inceneriamo queste piante, si trova che esse contengono esattamente la stessa quantità di sali che esiste nei semi da cui nacquero. I sali prima contenuti nei semi sono stati distribuiti, mediante il processo della crescenza, nella sostanza delle piante, [9] “Macrobii, un popolo dell’Etiopia, celebre per la loro giustizia e l’innocenza dei loro costumi. Essi ordinariamente vivevano 120 anni, o da tale longevità essi hanno avuto il lor nome (lunga vita) per distinguerli più specialmente dagli altri popoli dell’Etiopia. Dopo un così lungo periodo di vita speso in azioni virtuose, liberi dalle lusinghe del vizio, come dalle malattie, essi cadevano nella tomba come nel sonno, senza pena né terrore”.- LEMPRIERE, [10] Però la crusca non è attaccata dai succhi gastrici, quindi non è digerita e a quasi intatta nelle feci: è questa la ragione per la quale non è stato adottato il pane cosiddetto integrale, fatto cioè di farina non burattata (N. d. T.). [11] Il tipo di queste malattie è la gotta e lo altre malattie artritiche o da alterato ricambio materiale (N. d. T.). [12] Malattia caratterizzata del rammollimento delle ossa in seguito a perdita dei sali terrosi (N. d. T.) [13] L’altra causa consiste in un’azione elettro-magnetica, dovuta alla speciale formazione geologica di alcune località nelle quali prevale il cretinismo, e che influisce sulla escrezione delle sostanze terrose dell’organismo. Ed infatti sono ricordati molti casi di questa malattia in luoghi dove le persone affette non usavano acque dure né ricche di calce, dove le acque erano dolci, ed i sofferenti mangiavano cibi simili o identici alle persone sane, ma che non risiedevano nella
stessa località. Tanto gli uni che gli altri, adunque, introducevano nel loro organismo la stessa quantità di sali calcarci, ma gli uni, i sani, li emettevano quasi interamente, gli altri li ritenevano, [14] L’autore si riferisce all’abitudine in inglese di fare parecchi pasti nella giornata (N. d. T.).
CAPITOLO IV - Esempi di longevità nell’uomo e nel regno animale e vegetale
ando in rassegna circa duecento casi riferiti di persone che vissero più di un secolo, troviamo in generale alcune particolarità riguardanti l’alimentazione o le abitudini che ci danno ragione della loro longevità. Troviamo di quelli che vissero in tutto il lusso che la vita può offrire, ed altri che vissero nella più abbietta miseria, mendicando il pane; alcuni erano modelli di armonia fisica, altri erano sconciamente fatti; alcuni bevvero grande quantità di acqua, altri poca; alcuni si astennero del tutto dalle bevande alcooliche, altri furono bevoni; alcuni fumarono tabacco, altri no; alcuni vissero di soli vegetali, altri in gran parte di cibi animali; alcuni menarono vita attiva, altri sedentaria; alcuni lavorarono col cervello, altri colle braccia; alcuni mangiarono un solo pasto al giorno, altri quattro o cinque; alcuni pochi mangiarono gran quantità di cibo, altri poca. Troviamo infatti una grande disparità tanto nelle abitudini, quanto nella alimentazione; ma in quei casi nei quali abbiamo potuto ottenere notizie attendibili riguardanti quest’ultima, abbiamo trovato una grande causa che ci dà ragione della maggior parte dei casi di longevità: la moderazione nella quantità dei cibi. Per dimostrare ciò, troviamo pochi casi da Easton, Hufeland, Bailey ed altri autori. Alcuni possono essere esagerati, e sono da accettare cum grano salis; noi li diamo per dimostrare un principio. Giuditta Bannister, di Cowes, isola di Wight, morì nel 1754 all’età di 108 anni. “Essa visse di biscotti e mela, con latte ed acqua, gli ultimi 60 anni della sua vita”. Anna Maynard, di Finchley, morì nel 1756 all’età di 112 anni. “Essa visse con moderazione, e fece molto esercizio”. Giovanni Michaelstone (nipote di Tommaso Parr) morì nel 1763 all’età di 127 anni. “Mercé la estrema temperanza, egli raggiunse una così tarda età”. Owen Carollan, di Duleck, contea di Meath, morì nel 1764 all’età di 127 anni. “Colla temperanza ed il duro lavoro giunse ad una età così avanzata”. Giovanna Anderson, di Newington, Middlesex, morì nel 1764 all’età di 102 anni. “La sua vita fu regolare e moderata”. Elisabetta Maherson visse nella contea di Caithenes, e morì nel 1765 all’età di 117 anni. “La sua alimentazione consisteva in burro e verdura; essa conservò tutti i sensi sino a tre mesi prima della sua morte”. Dobson, di Hatfield, fittavolo, morì nel 1766 all’età di 139 anni. “Con molto esercizio ed un vivere temperato egli conservò l’inestimabile bene della salute”. sco Confit, di Burythorpe, presso Malton, nella contea di York,
morì nel 1767 all’età di 150 anni. “Egli fu molto temperante nel modo di vivere, e fece molto esercizio, il che, insieme all’abitudine di mangiare uova fresche, gli rese possibile il raggiungere un’età così straordinaria”. Caterina Noon, detta Noonny, visse presso alla città di Tuam, in Irlanda, e morì pure nel 1767 all’età di 136 anni. “Fu molto temperante nei suoi pasti”. Suo marito morì all’età di 128 anni. Filippo Loutier, abitante a Shoreditch, Londra, barbiere se, morì di 105 anni. “Egli non bevve che acqua, e mangiò solamente una volta al giorno”. Donald Mac Gregor, un fittavolo nell’isola di Skye, morì di 117 anni, “Egli fu temperante nei suoi pasti, e fece molto esercizio”. La signora Boyece, di Guildford, Surrey, morì nel 1771 all’età di 107 anni. “Colla temperanza essa acquistò una costante buona salute”. Paolo Barral, di Nizza, un prete, morì nel 1771 all’età di 106 anni. “Egli si mantenne in buona salute vivendo di vegetali”. La signora Kaithe, di Newnham, contea di Gloucester, morì nel 1772 all’età di 133 anni. “Essa visse con moderazione; e conservò i sensi sino a quattordici giorni prima della morte”. La signora Clum visse presso a Lichfield, contea di Strafford, e morì nel 1773 di 138 anni. “Col frequente esercizio e la temperanza della vita essa raggiunse una così grande longevità... essa restò nella stessa casa 103 anni”. Maria Rogers, di Penzance, Cornovaglia, mori nel 1799 all’età di 118 anni. “Visse gli ultimi 60 anni di vegetali”. Fluellyn Price, di Glamorgan, morì nello stesso anno di 101 anni. “Era di molto spirito, ed attendeva alle sue faccende con molta attività ed in buona salute, beneficio dovuto al suo modo sobrio di vivere. Il thè era la sua colazione, carne molto cotta il suo pranzo, ed invece di cena egli si ristorava fumando una pipa di tabacco”. Giuseppe Ekins, di Coombe, Berks, agricoltore, morì nel 1780 all’età di 103 anni. “Non soffrì mai una malattia della durata d’una settimana, e negli ultimi quarant’anni della sua vita si alimentò solamente di pane, latte e vegetali”. Enrico Grosvenor, di Inch, contea di Wexford, gentiluomo d’origine se, sorvegliante della costa di Blackvater, morì nel 1780 all’età di 115 anni. “Egli fu molto frugale nella sua alimentazione, e fece molto esercizio: era un piacevole e gradito compagno a cento anni, quando sposò l’ultima moglie”. Valerio Coleby, di Preston, presso Hull, morì nel 1782 di 116 anni. “La sua alimentazione nei suoi ultimi anni fu di latte e biscotti”. Eduardo Drinker, di Filadelfia, mori nel 1782 all’età di 103 anni. “Egli visse di cibi molto sostanziosi, beveva il thè nel pomeriggio, ma non cenava”. Alessandro Makintosh, di Marsiglia, morì di 112 anni. “Negli ultimi dieci anni egli visse interamente di vegetali, e godette buona salute sino a due giorni prima della sua morte”. Giacomo Le Measurer, di St. Jean Pied de Porte, nella Navarra, morì nel 1784 di 118 anni. “Il suo cibo solito per alcuni anni fu di vegetali”. Luigi Morgan, di Lewringtdod, contea di Radnor, morì di 100 anni. “La sua morte fu causata da una caduta…egli visse principalmente di cibi
vegetali”. Il signor Smith, di Dolver, contea di Montgomery, fittavolo, morì nel 1785 di 103 anni. “Non fu mai visto bere altro che siero di burro”. Il cardinale de Sulis, arcivescovo di Siviglia, mori nello stesso anno all’età di 125 anni. Egli diceva di sé stesso: “Menai una vita sobria e studiosa, ma non oziosa, né sedentaria. La mia alimentazione fu parca, quantunque delicata; le mie bevande spiritose furono i migliori vini di Xeres e della Mancha, non sorando mai il mezzo litro per ogni pasto, tranne che nella stagione fredda, quando me ne concedevo un terzo di più”. Margherita Mac Corthy, di Cork, mori nel 1789 di 103 anni. “Essa visse sobriamente, e fu molto regolata nei suoi pasti”. Anna Bannerman morì nello stesso anno ad Aberdeen, di 105 anni. “Essa visse negli ultimi tempi della sua vita di vegetali e di poche bevande” . Giovanni Ursulak, tessitore di seta di Limburg, Prussia, morì nel 1812 di 116 anni. “Egli fu di abitudini sobrie e temperanti”. Giovanni Wilson, di Worlingworth, Sussex, morì nel 1772 di 116 anni. “Negli ultimi quarant’anni della sua vita la sua cena era quasi invariabilmente fatta di rape arrostite, al quale vegetale, cosi preparato, egli soleva attribuire speciali virtù sanitarie”. Bernardo le Borier de Fontanelle, di Rouen, morì nel 1757 all’età di 100 anni. Fu un uomo di grande ingegno, era Decano dell’Accademia di Francia, e socio della Società Reale di Londra e della Reale Accademia di Berlino. “Sino al di là dei novant’anni pare che egli non abbia provato alcuna delle malattie che spesso affliggono la vecchiaia. Dopo quell’età, egli andò soggetto ad un attacco periodico di febbre nella primavera, onde egli era solito di dire: Se posso tirare avanti sino a che vengono le fragole, starò poi bene. Egli attribuiva la sua longevità ad una buona cura di fragole che faceva tutte le stagioni”. Petratsch Zarton morì nel 1724 all’età di 185 anni. Egli nacque nel 1539 a Kopock, villaggio tre miglia lontano da Temeswaer, in Ungheria, dove visse 180 anni. “Essendo un membro della Chiesa Greca, il vecchio era uno stretto osservatore dei numerosi digiuni stabiliti da quel rito, e fu sempre molto sobrio nella sua alimentazione, e non più che una volta al giorno beveva un buon bicchiere di acquavite, quando mangiava la focaccia lievitata, che insieme al latte formava il suo solo alimento”. Galeno, medico di Pergamo, morì circa 270 anni a. C. di 140 anni. Egli stesso dice che mangiò e bevve sempre parcamente, non tenendo conto dell’appetito, e quantunque di costituzione delicata, egli attribuiva la sua longevità alla sua temperanza. Enrico Hastings Esq., secondo figlio del conte di Huntigdon, morì nel 1650 di 100 anni. Egli fu di un carattere originale, molto amante degli esercizi del corpo e “non mancò mai di mangiare ostriche tanto al pranzo che alla cena”. Maria Mallet, di Thénezay, in Francia, morì nel 1845 di 115 anni. “Ella fu sempre molto sobria nelle sue abitudini”. Guglielmo Mead (forse avo del celebre dottor Mead) morì a Ware, Herts, nel 1652 di 148 anni, “Egli si distinse per la sua grande temperanza
e le regolari abitudini di vita”. Maria Meigan, di Donaghmore, nell’Irlanda, morì nel 1813 di 129 anni. “Durante gli ultimi 30 anni di sua vita essa visse apparentemente nella più grande miseria, appena concedendosi i mezzi necessari per tenere insieme l’anima al corpo”. Nondimeno essa aveva messe da parte 1600 sterline. R. Bowman, di Irthdington, presso Carlisle, mori nel 1823 di 118 anni. Bailey dice di lui: “Egli non usò mai thè, né caffè; i suoi alimenti principali furono pane, patate, hasty pudding (una specie di pappa), brodo, e qualche volta un po’ di carne. Quasi mai egli saggiò birra o sostanze spiritose: la sua bevanda abituale fu l’acqua o il latte misto ad acqua. È giusto però dire che questa estrema sobrietà probabilmente dipese tanto dal desiderio di accumulare danaro quanto dall’amore alla temperanza”. La signora Barnett, vedova, della città di Edgeworth nell’Irlanda, morì nel 1809 di 116 anni. “Nella sua alimentazione ebbe l’abitudine di essere sempre molto temperante”. Brigida Devine, di Alcali Street, Manchester, morì nel 1845 di 147 anni. Suo marito era un tessitore, e morì circa venti anni prima di lei. Essi erano poverissimi, e dopo la morte di suo marito essa fu mantenuta specialmente coi fondi parrocchiali.
Ephraim Prott viveva a Shaftesbury negli Stati Uniti, morì nel 1803 di 116 anni. Il Rev. T. Dwigt assicura che questi era nato a Sudbury, nel Massachusetts, nel 1687, e che nella sua vita era stato molto temperante tanto nel mangiare quanto nelle altre abitudini. La sua bevanda solita era il sidro, mangiava cibi animali, ma in quantità minore degli altri che erano con lui. Il latte era anche un articolo solito della sua dieta. L’onorevole signora Watkins, della contea di Glamorgan, morì nel 1790 di 110 anni. “Essa si distinse per la regolarità e la temperanza della sua vita. Negli ultimi 30 anni essa visse interamente di patate”. Gionatan Hartop, del villaggio di Aldborough presso Boroughbridge, nella contea di York, morì nel 1790 di 138 anni. “Egli mangiò poco, e la sua unica bevanda fu il latte”. Rebecca Joseph, di Malpos, presso Newport, mori pure nel 1790 di 100 anni. “Ella visse una vita molto sobria. Il suo alimento principale negli ultimi due anni fu zucchero grezzo ed acqua fredda”. Anna Froste, di West Raisin, nella contea di Lincoln, mori nel 1722 di 111 anni. “Si sposò all’ultimo marito nel suo novantesimo terzo anno... Da molti anni prima essa viveva di latte e thè”. Sherwood, di Stokesley, nel Cleveland, morì nel 1794 all’età di 105 anni. “Facendo molto esercizio e menando una vita sobria, egli ebbe la sorte di godere una buona salute non comune”. La signora Thomson, vivente presso Dublino, morì nel 1796 all’età di 135 anni. “Essa fu molto attiva, mercé il suo metodo regolare di vita, insieme a molto esercizio, raggiunse una così grande età”. Un
agricoltore chiamato Stender mori nel 1792 nella duchea di Holstein, all’età di 103 anni, “Il suo alimento consistette in gran parte in focacce di avena e siero di burro”. Il barone Barovicio de Capellis mori nel 1770 a Meran nel Tirolo, all’età di 104 anni. “Il suo cibo solito erano le uova; non assaggiò mai carne bollita; qualche volta ne mangiò un poco arrosto, ma sempre in piccolissima quantità; beveva molto thè con rosolo e zucchero candito”. Carlo Macklin, un eminente scrittore drammatico ed attore del teatro Covent Garden, il veterano della scena, morì nel 1797 all’età di 107 anni. Nella prima parte della sua vita egli visse intemperantemente; in seguito stabilì di vivere con regola alla quale si attenne scrupolosamente. “Egli fu moderato nei suoi pasti, e mangiò pesci, carne, ecc., sino all’età di 70 anni; trovando allora non più di suo gusto il thè, lo sostituì col latte in cui faceva bollire un po’ di pane, dolcificandolo con zucchero grezzo... Negli ultimi 40 anni la sua principale bevanda fu il vino bianco ed acqua, addolcita... Egli osservò strettamente i dettami della natura, mangiava quando aveva fame, beveva quando aveva sete, e dormiva quando aveva sonno” Memorie della sua vita. “Morte di un medico centenario. - Il dottor Severin Wielobycki, un rifugiato polacco, il quale era nato l’8 gennaio 1793, e per molti anni era stato in Inghilterra, morì in questi giorni (riportava il giornale The People, 1893) nella sua residenza, Acacia Road, St. John’s Wood, di embolismo consecutivo ad un terzo attacco d’influenza. Figlio di un giudice polacco, Severin Wielobycki combattè quale capitano in un reggimento di volontari di cavalleria, nell’ultima lotta per la Polonia nel 1830, e prese parte a trentasei combattimenti. Alla caduta della rivoluzione egli dovette fuggire dal paese, mentre suo padre veniva per qualche tempo imprigionato per il sospetto che ne avesse favorita la fuga. Rifugiatosi in Edimburgo, egli si applicò allo studio della lingua inglese e della medicina, vivendo allo stesso tempo coll’insegnamento del se. Non erano ancora dieci anni dacché egli risiedeva in Edimburgo, e già entrava in quella Università come insegnante. Egli andò poi nella Nuova Scozia, dove praticò per qualche tempo la medicina, ed anche nel Leicester e nel Camberwell. Ritiratosi 27 anni or sono, si stabili a St. John’s Wood, e sino a due anni fa ebbe l’abitudine di eggiare dodici miglia al giorno, e di trovarsi tutte le mattine alle cinque, tanto d’inverno che d’estate, sulla cima della collina di Primrose. I vegetariani e gli avversari del tabacco e degli alcoolici ascriveranno senza dubbio la sua longevità al fatto che egli non aveva mai usato tabacco, che non aveva saggiato alcool per quarant’anni, e che per diciassette anni era stato un vegetariano. Ed egli stesso attribuiva la lunghezza della sua esistenza a tali fatti, in un discorso che tenne in occasione del ricevimento dato in suo onore per il suo centenario dalla Società per lo studio della ubriachezza, nel gennaio scorso. Egli era sordo completamente, ma ad eccezione di questo difetto,
mantenne tutte le sue facoltà sino alla fine, ed era capace di leggere i piccoli caratteri senza l’aiuto delle lenti. Egli collaborò in alcuni giornali di medicina e fu membro della Associazione Medica inglese per la Temperanza, per la cui opera egli spiegò molto interesse”. Nei casi che seguono, la moderazione e la temperanza possono essere state messe in pratica solamente in riguardo all’alimentazione, ma non in riguardo alle bevande alcooliche ed al tabacco.
Daniele Bull Mac Carthy visse nella contea di Kerry nell’Irlanda, e morì nel 1762 all’età di 111 anni. “Negli ultimi settant’anni, quando egli era in compagnia, beveva abbondantemente rhum e brandy che egli chiamava la verità nuda, e se per compiacere alle sollecitazioni che gli si facevano, beveva claretto o punch, beveva poi sempre un uguale bicchiere di rhum o di brandy”. Tommaso Whittington, di Heillingdon, Middlesex, morì nel 1804 all’età di 104 anni. “Allora non introduceva altro liquido nel suo stomaco che spirito ardente il gin di Londra, della quale bevanda sino ad una quindicina di giorni prima della sua morte bevve da mezzo a tre quarti di litro al giorno”. Giorgio Kirton, di Oxnop Hall, nella contea di York, morì ne11764 di 125 anni. Egli fu un gran cacciatore di volpi e “nessuno fu più amico della bottiglia, di quello che fu lui, sino a dieci anni prima della sua morte”. Filippo Laroque, di Frie, nella Guascogna, macellaio, mori nel 1766 all’età di 102 anni. “Si ubbriacò regolarmente due volte alla settimana sino all’età di cento anni”. “Giovanna Johnson, che sta scontando una reclusione temporanea nella prigione della città, è una protesta vivente contro la teoria che gli eccessi nel bere liquori alcoolici tendono ad abbreviare l’esistenza umana. Questa vecchia vivace ha raggiunto l’età di 83 anni, in circostanze che indicano essere l’ubriachezza l’incidente principale della storia della sua vita, da un anno all’altro. Mercoledì mattina essa fu portata al Posto di Polizia per la duecentesima volta, come essa stessa ammette senza difficoltà, per essere stata trovata nella pubblica strada, ubbriaca al segno che le guardie furono costrette a trasportarla in un’ambulanza” - Daily Telegraph. Guglielmo Thompson, di North Keyme, contea di Lincoln, visse sino a 108 anni. “Egli fumò due pipe, e bevve della birra nel giorno della sua morte”. Guglielmo Riddell, di Selkirk, nella Scozia, morì nel 1718 di 116 anni. Quest’uomo era “notevole pel suo amore all’acquavite che bevve in grandissima quantità... Egli non era un bevone abituale, ma aveva dei parossismi d’intemperanza che continuavano per parecchi giorni successivi. Negli ultimi due anni della sua vita il suo alimento principale fu un po’ di pane bagnato nello spirito e nella birra”. Pasquale Seria, di Valenza, morì all’età di 111 anni. “Fumò spesso tabacco”.
Riccardo Brown, di Peterchurch, Hereford, morì nel 1794 di 108 anni. “Coll’esempio di questo vecchio resta confutata completamente l’asserzione che il fumare tabacco è dannoso alla salute; perché egli raramente fu visto senza pipa alla bocca, e fece la sua ultima fumata poche ore prima della sua morte”. Giovanni Saunders, di Stratford, morì nel 1708 di 106 anni. “Egli volò in cielo a bere un bicchiere di birra ed a fumare la sua pipa”. Giovanni de la Somet, della Virginia, morì nel 1767 di 130 anni. “Egli fu un gran fumatore di tabacco, il che essendo utile alla sua costituzione, probabilmente può essere stimata la causa della sua ininterrotta buona salute e longevità”. Giuseppe Creole morì in Caledonia, una piccola città del Wisconsin, il 27 gennaio 1866, all’età di 142 anni. “Egli fu un inveterato fumatore”. “Margherita Robertson, la donna più vecchia della Scozia, morì a Coupar-Artgus. Essa era nata nel 1773, e suo marito, un tessitore, mori cinquant’anni fa, lasciandola di circa sessant’anni con una sorella che vive ancora. La Robertson era una accanita fumatrice; essa sino a poco tempo fa, quando divenne cieca, fu nel possesso di tutte le sue facoltà. La sua ultima malattia fu solamente della durata di una settimana” - Daily Telegraph, 17 settembre 1879.
Noi non consigliamo né il bere né il fumare come mezzo di prolungare la vita; ma pure nei casi dianzi riportati vi è un filosofico avvertimento. Tanto il bere che il fumare diminuiscono l’appetito, minor quantità di cibo si mangia [1] e quindi minor quantità di sali terrosi è introdotta nell’organismo, onde la causa della vecchiaia è arrestata nei suoi risultati, mentre si prende una quantità sufficiente di cibo per sostenere la vita, e così si raggiunge una tarda età. Gli astemi assoluti non devono dimenticare che l’alcool si forma nello stesso corpo, e, come Sir B. Richardson dice, “nessuno può essere nello stretto senso scientifico un non alcoolista, perché voglia o non voglia, egli ne fabbrica un poco nella sua propria economia”. L’alcool in eccesso è dannoso alla salute, specialmente alla capacità mentale, e la ragione di ciò la vedremo in seguito. Ma non vi è nessuna ragione certa per dimostrare che esso, usato con moderazione e giudizio, sia dannoso alla salute [2] Il tabacco offende il cervello, il cuore; la circolazione e la temperatura; quindi usato in eccesso è dannoso. Ma il tabacco è sino ad un certo punto un disinfettante, e poi esso mitiga gli stimoli della fame, e solleva dall’oppressione. Quante volte esso calma il malumore! quanti battibecchi si evitano nella vita domestica coll’uso moderato del tabacco! Tra gli altri esempi di longevità abbiamo gli antichi Bretoni, i quali, secondo Plutarco, “cominciavano solamente ad esser vecchi a 120 anni”. “Essi sono notevoli per le loro belle forme atletiche,
per la gran forza del loro corpo, e la velocità dei piedi. Erano insuperabili nella corsa, nella lotta, nell’arrampicarsi ed in tutti i generi d’esercizi del corpo. Erano longanimi al dolore, resistenti alle fatiche ed alle sofferenze di qualunque genere; erano abituati a non sentire la stanchezza, a sopportare la fame, il freddo ed ogni genere di patimento. Essi potevano correre nelle paludi a piedi nudi, e restarvi per dei giorni, senza mangiare” - HENRY.
Baodicca, regina degli antichi Bretoni, in un discorso che fa al suo esercito, sul punto di attaccare i Romani degenerati, dice: “Il gran vantaggio che abbiamo sopra di loro è che essi non possono, come noi, tollerare la fame, la sete, il caldo ed il freddo; essi devono avere pane fino, vino, e case riscaldate; per noi ogni erba ed ogni radice è cibo, ogni succo è il nostro olio, ed ogni corso d’acqua è il nostro vino”. Le loro braccia e le cosce e le gambe erano sempre nude, ed erano in gran parte dipinte in azzurro. Il loro cibo consisteva quasi esclusivamente in ghiande [3] bacche ed acqua” - GOLDSMITH.
Da quanto si è detto possiamo giustamente concludere che gli antichi Bretoni vivevano di cibi contenenti relativamente poca quantità di sali terrosi; inoltre la ghianda contiene del tannogallato di potassa che indurisce i tessuti albuminosi e gelatinosi; essi erano quindi meno esposti al consumo ed al decadimento. La loro tolleranza della fame, del freddo (probabilmente per l’indurimento della pelle) e di tutti i disagi, ed il loro amore per l’acqua, non possono essere considerati come favole. A Cordova nel Tucuman, America del Sud, viveva nel giugno 1780 una negra a nome Luisa Trusco, di 175 anni. Il Consiglio della città adoperò tutti i mezzi per verificare l’autenticità di quanto segue: “All’esame della donna appariva che essa si ricordava perfettamente di aver visto il prelato Ferdinando Trusco, suo primo padrone, morto nell’anno 1614; e che un anno prima della sua morte egli le diede, insieme ad altra proprietà, un fondo per fondare l’università del paese. Poiché non esistevano registri di battesimo di tanto tempo addietro, fu presa ogni cura per raccogliere tutte le circostanze che potevano essere addotte in conferma delle asserzioni della donna. Una di queste prove fu la deposizione di un’altra negra, chiamata Manuela, che si sapeva essere di 120 anni, la quale dichiarò che quando essa era una bambina si ricordava che Luisa Trusco era allora una donna attempata”. Tommaso Cern, secondo i registri parrocchiali della chiesa di San Leonardo, Shoreditch, morì il 28 gennaio 1588 all’età di 207 anni.
Fu assodato “essere egli nato sotto il regno di Riccardo II nell’anno 1381 e visse durante i regni di dodici fra re e regine d’Inghilterra”. La Gazzetta di Pietroburgo pubblicò nel 1812 il caso di un uomo nella diocesi di Ekaterinoslauche aveva raggiunto l’età di 200 anni. Spotswood, arcivescovo di Sant’Andrea, dice che San Mungo dormi sempre sul nudo suolo, e raggiunse l’età straordinaria di 185 anni. Mr. Evans, di Spital Street, Spitalfields, mori nel 1730 all’età di 139 anni, nel pieno possesso delle sue facoltà mentali. Egli ricordava benissimo l’esecuzione di Carlo I, avendo egli allora l’età di sette anni. Bailey, scrivendo di lui nel 1855, dice: “Che meraviglioso legame forma una tal vita tra il presente ed il ato! Vi sono senza dubbio numerose persone ancora vive adesso che possono ben ricordare questo vecchio singolare; cosicché anche i giovani della presente generazione possono conoscere degli individui che conobbero l’uomo il quale forse fu testimone d’un evento che al giorno d’oggi pare di una storia remota”. Nell’anno 1566 un nativo del Bengala, chiamato Numa de Cugna, morì nell’età di 370 anni, Egli era un uomo di una grande semplicità, ed affatto illetterato, ma di così forte memoria, da essere una specie di cronaca vivente, raccontando egli distintamente ciò che era accaduto, e che fosse a sua conoscenza, nel tempo della sua lunghissima vita, con tutte le circostanze attinenti al fatto - Storia delle Indie di MAFFEUS; e confermate da Ferdinando Costequedo, storiografo reale del Portogallo. Tommaso Parr, nativo della contea di Strop, morì nel 1535 di 152 anni. Egli prese moglie all’età di 88 anni, “sembrando non più vecchio di molti a quarant’anni”. Egli fu condotto a Londra da Tommaso allora conte di Arundel, a vedere Carlo I. “In quella circostanza egli mangiò molto, bevve abbondantemente del vino, onde il suo corpo fu sovraccaricato, i suoi polmoni si ostruirono, e le abitudini di tutto il suo organismo rimasero totalmente disordinate, per conseguenza la dissoluzione fu pronta. Se egli non avesse cambiato la sua alimentazione, egli avrebbe potuto vivere ancora molti anni” - EASTON.
Essendo stato aperto il suo corpo dall’Harvey, fu trovato in perfettissimo stato. “Il cuore era spesso fibroso e carnoso; le sue cartilagini non erano ancora ossificate, come avviene in tutti i vecchi, e la sola causa alla quale si poteva attribuire la morte era “una vera pletora prodotta dalla vita di lusso menata a Londra, più di quello a cui era abituato nel suo paese nativo, dove i suoi cibi erano semplici e grossolani”. In un poema di Giovanni Taylor sul “vecchio, vecchio, vecchissimo uomo” è riportato il seguente schizzo della sua alimentazione: “Egli era dell’opinione del vecchio Pitagora che il formaggio
verde è molto salubre colla cipolla; mangiò pane grossolano di frumento mescolato, ed ebbe per bevanda tutti i giorni latte, siero ed acqua: qualche volta ebbe l’idromele, e per somma fortuna cenò qualche volta con una tazza di birra molto spumante”. Egli prese moglie una seconda volta all’età di 121 anno, e poteva ancora fare delle corse a piedi e compiere il lavoro ordinario di un contadino a 145 anni [4] Enrico Jenkins, di Ellerton, nella contea di York, mori nel 1670 all’età di 179 anni. Egli si ricordava della battaglia di Flodden Fields nel 1513, nella quale epoca egli aveva dodici anni. I registri della Cancelleria e di altre corti provano che egli fece testimonianza e prestò giuramento 140 anni prima della sua morte. Negli Atti Filosofici del1696, Sir Tancredi Robinson asserisce che “questo Enrico Jenkins nell’ultimo secolo della sua vita fece il pescatore”. Quando aveva 90 anni gli nacque un figlio, e quando ne aveva 160 andò a Londra per avere una udienza da Carlo II, e poté attraversare a nuoto un fiume rapido dopo il suo centesimo anno. “Il suo cibo fu grossolano ed acido”. La signora Clayton, di Springhead, mori nel 1867 all’età di 107 anni. “Essa era nata nel gennaio del 1760...La sua salute fu costantemente buona. Essa generalmente si levò alle sei del mattino, ed andò a letto alle nove di sera. Spesso andò a piedi a Grovesend, distante tre miglia, senza apparente stanchezza”. “Una centenaria della contea di Hereford. - Lunedì la signora Webb, di Ledburg, vedova di Tommaso Webb, banchiere, raggiunse il suo centesimo giorno natalizio. Essa è l’unica sorella sopravvivente del fu Sir Giuseppe Thackwell, uno degli eroi di Waterloo. La signora Webb gode buona salute, ed in questa occasione tenne una riunione di parenti nella sua residenza” Dal giornale lo Standard”. “Vive ancora a Copster Green presso Ribchester un uomo a nome Guglielmo Hayhurst, che ha raggiunto il suo 104° anno. Martedì una quantità di gentiluomini diedero un pranzo in suo onore. Egli prese moglie all’età di 26 anni a Dinkley presso Whalley. È ancora molto attivo; ha l’udito buono, ma la vista deficiente. Ha più di trenta nipoti e settanta pronipoti” - Dal giornale lo Standard. “È stato scoperto un altro centenario. Pare che viva presentemente nell’isola di Skye una certa vedova Maherson, che si avvicina alla fine del 106° anno di età. Essa però non è una persona particolarmente interessante, perché quantunque goda ancora il beneficio d’una buona memoria, la sua esperienza e le sue rimembranze sono circoscritte in una sfera angusta ed umile. Essa non è stata mai fuori dell’isola, né intende una parola di altro linguaggio, tranne il Gaelico. Le condizioni sanitarie nelle quali è vissuta sono tali che sarebbero ritenute molto dannose dai moderni igienisti. La sua casa per tutta la sua lunga vita è stata una capanna fatta di zolle, della costruzione più primitiva; eppure essa si ricorda di sei governatori dell’isola, cresciuti nel lusso e circondati dall’abbondanza, i quali si sono seguiti l’uno all’altro nella tomba.
Essa era nata pochi mesi dopo che Johnson e Bosvwell fecero la loro famosa visita all’isola di Skye, ed il tempo che è ato da allora è stato una delle più notevoli epoche nella storia del mondo. Però questa isolana illetterata non può aver conosciuto se non molto imperfettamente quello che accadeva, e deve aver udito dei grandi eventi del suo tempo sotto forma di vaghi rumori ad epoca lontana. Che persona interessante essa potrebbe essere stata, se la sua lunga vita fosse ata praticando gli uomini, od in qualche centro sociale! Così com’è, essa può essere riguardata solamente come un fenomeno fisiologico, ed un argomento vivente contro il miglioramento delle abitazioni degli isolani occidentali. La capanna fatta di zolle è il tipo più basso dell’abitazione umana che esista in questo paese, ed i visitatori di essa delle nostre città si trovano imbarazzati a spiegare come è possibile ad una persona restare, anche per pochi minuti, nel fumo che si palpa, il quale si leva dal focolare costruito nel centro del pavimento, e riempie il tugurio sino ad un punto che pare debba asfissiare prima che trovi il modo di uscire dalle aperture che sono nel tetto. Pure in questo caso abbiamo la prova che non solamente è possibile vivere in una tale atmosfera, ma anche che la vita vi possa essere prolungata sino ad un’età che in pochi casi si è potuto raggiungere, anche in circostanze che sono stimate come eminentemente favorevoli alla longevità” - Dal giornale lo Standard. “Costantinopoli, per antica che sia, non ha mai racchiuso fra le sue mura, dacché fu fondata, un visitatore più notevole del capitano Circasso Hod Bey, giuntovi recentemente per presentare i suoi omaggi in persona al suo signore e comandante dinastico il Padiscià. Questo guerriero ha raggiunto un’età per la quale egli può considerare il venerando Imperatore di Germania (Guglielmo I, allora più che ottantenne) come un giovinetto. Egli nacque nel 1762 ed entrò al servizio nell’esercito turco nell’anno 1777 sotto il regno di Abdul Hamid I. Otto sultani successivamente hanno conosciuto Hod Bey come uno dei più fedeli e valorosi ufficiali dell’esercito ottomano, al quale egli ancora appartiene dopo un servizio militare attivo di 105 anni. Egli ha combattuto in sessantacinque battaglie campali, ed innumerevoli scaramucce, riportò ventitré ferite, e meritò una dopo l’altra tutte le decorazioni di guerra largite dal Gran Sultano. Quantunque già avanti nel suo 120° anno, egli è forte e sano, conserva l’uso di tutte le sue facoltà e gode un eccellente appetito. Il presente Sultano gli ha prodigata tutta la benevolenza che un sovrano può mostrare ad un suddito. Nessun onore può essere troppo grande, nessuna distinzione troppo cospicua per un leale e vecchio soldato che ha combattuto per la mezzaluna per più di un secolo” - Dal giornale il Daily Telegraph. Michele Solis, di Bogotá, San Salvador, si suppone che abbia almeno 180 anni. In un congresso di medici tenuto a Bogotá, il dottor Luigi Hernandez lesse un rapporto della visita fatta a quest’uomo, nella località, gabelliere del
paese e fittaiolo. “Ci si dice che egli si assegna quell’età (180 anni); ma i suoi vicini, che possono giudicare meglio, affermano che egli è notevolmente più vecchio di quello che dice. Egli è un meticcio, e si assicura che quando uno dei “più vecchi abitanti” era un giovinetto, quest’uomo era riconosciuto come centenario. Si dice che sia stata trovata la sua firma, fatta nel 1712, fra quelle di persone che assistettero alla costruzione del convento scano di San Sebastiano. Il dottor Hernandez trovò quest’uomo meraviglioso che lavorava nel suo giardino. La sua pelle era come la pergamena, i suoi capelli, bianchi come la neve, gli coprivano la testa a guisa di turbante. Egli attribuiva la sua lunga vita alle sue sobrie abitudini, mangiando una sola volta al giorno per mezz’ora, perché egli credeva che una quantità di cibo maggiore di quella che si può mangiare in mezz’ora non può essere digerita in ventiquattro ore. Egli si era abituato a digiunare il primo ed il quindici di ogni mese, bevendo in quei giorni quanta più acqua poteva. Egli sceglieva i cibi più nutrienti e prendeva tutto freddo” - Dal giornale medico The Lancet del 7 settembre 1878. Da altre fonti raccogliamo le seguenti notizie sulle abitudini di quest’uomo:
1° Egli mangia una sola volta al giorno, e solamente per mezz’ora;
2° Egli non mangia carne che due volte al mese, donde possiamo giustamente conchiudere che sino ad un certo punto egli è sobrio nei suoi pasti giornalieri;
3° Beve una grande quantità di acqua;
4° Digiuna due giorni interi ogni mese.
Da queste abitudini consegue che, in paragone della maggior parte del genere umano, egli mangia poco, eppure abbastanza per sostenere la vita; egli però introduce nel suo organismo una piccola quantità di composti terrosi, che impiegano quindi un periodo di tempo più lungo per accumularsi, e vi
producono i sintomi della vecchiaia molto più tardi di quando si mostrano in molti individui che vivono di una quantità ordinaria di cibo, ed i cui corpi diventano rigidi e calcificati all’età dei “sessanta e dieci”. Inoltre il bere, come fa lui, una grande quantità di acqua, tende a dissolvere ed a rimuovere, se essa non è insolitamente dura, questi composti terrosi, che non sono effetto, ma causa della vecchiaia. Non abbiamo creduto necessario di fare ulteriori indagini riguardo all’alimentazione ed alle abitudini di quest’uomo. Le nostre informazioni sono tolte da numerosi periodici, e siamo giunti alle precedenti conclusioni perché siamo convinti, in seguito a fatti accertati e ad esperimenti, che solamente mercé una adatta alimentazione l’uomo può raggiungere la età che si suppone che abbia Michele Solis. Come altro esempio di longevità non dobbiamo omettere di far menzione di Mosè Montefiore, “uno dei migliori e più degni missionari del Signore per tutto il genere umano”. Il suo centesimo genetliaco fu celebrato a Romsgate il 28 ottobre 1884. “Un uomo chiamato Enrico Leadville è morto da poco a Grand Bassa, Liberia, all’età di 129 anni. Egli era nato nel Missurì ed emigrò di là a Liberia nel 1889. Si stabilì in una parte detta Forteswille, ed era conosciuto dalla gente sotto il nome dello “zio Enrico”. Il vecchio divenne possessore di uno dei più bei siti del paese nel distretto rurale di Grand Bassa, e poco prima della sua morte ebbe il piacere di raccogliere il primo caffè dagli alberi che aveva piantato quando pel primo si era stabilito in Liberia nel 1889” - Dal giornale The People, novembre 1904 [5] Oltre alla longevità, si nota nella Natura un potere riparatore, come si vedrà dai seguenti casi: Filippo Loroque, del quale abbiamo parlato dianzi, “all’età di novantadue anni mise fuori quattro grandi denti”. Un tal Mazzarella, di Vienna, mori nel 1774 di 105 anni. “Pochi mesi prima della sua morte egli ebbe parecchi nuovi denti; ed i suoi capelli, fattisi grigi per l’età, ridivennero neri, che era il loro colore originale”. Numa di Cugna, il Bengalese tricentenario del quale abbiamo parlato avanti, “ebbe quattro nuove eruzioni di denti, ed il colore dei suoi capelli e della barba si cangiarono più volte da neri a grigi e da grigi a neri Lord Bacon dice che la Contessa di Desmond, che visse sino a 148 anni, rinnovò i suoi denti una o due volte. Maria How, di Mapleton, Darby, morì nel 1751 per una caduta da un albero di mela di 112 anni. “Due anni prima della sua morte essa mise fuori parecchi nuovi denti ed i suoi capelli cambiarono colore”. La signora Angelica Domenquiex de Sempe, di Noniliac, in Francia, morì nel 1759 di 103 anni. “Essa ebbe parecchi nuovi denti quando era prossima ai novant’anni”. Susanna Edmonds, di Winterbourne, Hants, morì nel 1780 di 104 anni. “Cinque anni prima della sua morte essa ebbe dei nuovi capelli di un bel colore bruno, che cominciavano a diventar grigi pochi mesi prima della sua morte”. Sara Williams, di Brent Tor, presso Tavistock, morì nel 1809 di 108
anni. “Quando era circa al suo centesimo anno, essa mise fuori cinque nuovi denti” . Elisabetta Spencer, vedova, morì nel 1806 di 105 anni. “Per molti anni fu priva della vista, ma intorno al centesimo anno della sua vita essa riacquistò l’uso degli occhi, che conservò sino alla fine della sua vita”.Giovanna Allon, di Kilmarnok, contea di Ayr, morì nel 1788 di 105 anni. “Quattro anni prima della sua morte, la sua vista che per lungo tempo era stata oscura, si rischiarò in gran parte, cosicché essa poté vedere molto meglio di quello che avesse visto prima”. Owen Duffy, della contea di Monaghon, nell’Irlanda, secondo il giornale Dublin Freeman del 29 luglio 1854, contava in quell’epoca 122 anni. Avendo perduto la sua seconda moglie all’età di 116 anni, sposò per la terza volta una giovane donna, dalla quale ebbe un figlio ed una figlia (?). Nel 1854 il suo ultimo figlio aveva due anni, mentre il primo ne aveva 90. La signora Giovanna Lenson, vedova, abitante al n. 12 Coldbath Square in Londra, morì nel 1816 di 116 anni. “Essa visse poco pulitamente. I suoi appartamenti non furono mai lavati, le sue finestre mai pulite, ed essa mai fece delle abluzioni di qualsiasi genere, per paura di prendere un raffreddore. All’età di 87 anni mise fuori due nuovi denti”. Margherita Malvil, di Kettle, contea di Fife, morì nel 1783 di 117 anni. “Essa rinnovò parecchi denti nel suo centesimo anno di età”. Rebecca Poney, di Poorhouse, Norton Folgate, visse sino all’età di 106 anni. “Essa mise fuori due nuovi denti all’età di 102 anni”. Giovanni Weecks, di New London, nel Connecticut, morì a 114 anni. Quando ne aveva 106 si sposò ad una ragazza di 16 anni, ed in quel tempo “caddero i suoi capelli grigi che furono sostituiti da neri; e comparvero anche parecchi nuovi denti”. Giovanni Rousey, dell’Isola di Distey, nella Scozia, morì nel 1738 di 137 anni. “Egli ebbe un figlio nel suo centesimo primo anno di età, il quale ereditò la sua salute”. Giovanni Riva, di Venezia, morì di 116 anni. “Egli ebbe l’abitudine di masticare sempre cortecce di cedro, ed ebbe un figlio dopo diventato centenario”. Margherita Krasiona, del villaggio di Korinia, in Polonia, quando aveva 94 anni sposò il suo terzo marito che aveva allora 105 anni. “Essi vissero insieme 14 anni ed ebbero due bambini ed una bambina. Ciò è certificato nei registri parrocchiali del villaggio di Ciwousin, distretto di Stensik, palatinato di Sendomir” (!!!). Tommaso Parr, quando aveva 102 anni, ebbe un figlio da Caterina Milton, della qual cosa egli fece penitenza. Il dottor Stare asserisce che il suo nonno, nativo della contea di Bedford, e che morì nel suo centesimo anno, quando ne aveva 85 ebbe una dentizione nuova completa, e che i suoi capelli da bianchi come la neve divennero a poco a poco più scuri - Atti filosofici, vol. XXIII. “Un magistrato a nome Bouborg, che visse a Rochingen, nel Palatinato, e che morì nel 1791 di 120 anni, nel 1787, molto tempo dopo che aveva perduti tutti i suoi denti, ne mise fuori otto nuovi. Dopo sei mesi essi caddero, ma furono suppliti da altri nuovi, tanto nella mascella
superiore quanto nella inferiore, i quali caddero alla loro volta, e così di seguito la natura continuò questo lavoro per degli anni, sino ad un mese prima della sua morte. Dopo che egli aveva adoperati i suoi nuovi denti per qualche tempo, masticando molto bene i cibi, essi cadevano, e dei nuovi ne nascevano negli alveoli dei primi. Tutti questi denti li acquistò e poi li perdette senza dolore: e l’intero numero di essi ammontava almeno a cinquanta” - HUFFELAND.
“Il libro Auxilia Breton fa menzione di un caso curioso. Un gendarme a nome Labe, del dipartimento di Ille e Vilaine, il quale aveva la barba ed i capelli grigi, si presentò pochi giorni fa perfettamente nero. Egli diceva di avere avuto un afflusso di sangue alla testa che gliela fece diventare gonfia e nera, il quale colore presero anche la barba, i capelli ed una parte del corpo. Per un certo tempo egli sentì un gran dolore, ma poi si sentì molto meglio; allora la pelle riprese il suo colore naturale, ma la barba ed i capelli restarono neri [6] Due camerati del gendarme, uno dei quali caporale, confermarono queste asserzioni” - Dal giornale Morning r. Un ammalato che aveva in cura l’autore di questo libro, nel 1878, abitante in First Street, Chelsea, mise fuori tre nuovi denti. “Da una iscrizione su di una pietra sepolcrale a Breslau appare che un certo Giovanni Montanus che era ivi decano, ricuperò tre volte il colore dei suoi capelli... Pare quindi incredibile od impossibile che molti occasionalmente mostrino di nuovo kle qualità ed i poteri fisici della gioventù dopo “sessanta anni e dieci”? Pochi anni fa il giornale il Times riportò di una signora più che ottantenne che ebbe una terza dentizione, e la cui fisonomia si diceva che avesse la freschezza dei trent’anni [7] I casi di sopra menzionati non sono che una piccola parte dei molti che sono stati raccolti. Non possiamo perciò considerare tali cambiamenti come impossibili; la Natura li ha compiuti parecchie volte, apparentemente per caso. Ma ciò che la Natura compie come per caso, può diventare una possibilità, se siamo capaci di scoprire le leggi ed i principii che governano tali cambiamenti, e se siamo inoltre capaci di applicarli e regolare la loro azione.
Nel regno animale troviamo numerosi casi di longevità: i primi di cui facciamo menzione si hanno nei rettili, animali a sangue freddo, con debole potere respiratorio, ed il cui consumo interno ed esterno ò quindi di molto inferiore a quelli a sangue caldo. Essi hanno una vita molto tenace, e molti di loro hanno un
potere di riprodurre e di restaurare gli organi distrutti; così la salamandra riproduce le membra e la coda in pochi mesi, ed anche che le sia distrutto un occhio se ne forma un altro in circa dieci mesi. Altri animali a sangue freddo, come il lombrico (vermi), si riproducono dopo che sono stati divisi, come la lumaca (molluschi), la cui testa ed i corni rinascono in sei mesi. “Ad Organ, in Francia, fu trovato un rospo in un pozzo che era stato coperto più di 150 anni prima. Esso era torpido, ma si ravvivò quando fu esposto all’aria libera. Molti casi bene autenticati sono riportati di rospi trovati vivi in vecchie pietre ed in vecchi alberi dove essi devono essere vissuti per dei secoli” - Sir RICCARDO PHILLIPS.
Gli Atti dell’Accademia Svedese riportano il caso di un rospo trovato nel 1733 in una cava di pietra, alla profondità di sette metri, nel mezzo di un blocco di un duro macigno estratto con molta fatica: esso era vivo, quantunque molto debole. La sua pelle era come raggrinzita e “coperta qua e là di una crosta petrosa”. “Una strana scoperta. - Una strana scoperta fu fatta nella miniera De Beers recentemente. Furono trovati due diamanti in un pezzo di legno ben conservato alla profondità di 700 piedi. Spaccando il blocco, spesso in tutto dieci pollici, fu dischiusa una cavità in cui riposava una rana arborea vivente. La gente scientifica del luogo computa l’età dell’albero a 180 anni, durante 150 dei quali il ranocchio era stato sepolto. La bestiolina saltellante però non sopravvisse a lungo alla gioia di rivedere questo mondo dopo una così lunga reclusione, ma subito spirò. Essa vive però, metaforicamente parlando, in una fiala di spirito, nel Museo di Kimberley. - Ad epoche diverse si son trovati degli oggetti curiosi nel ricercare i diamanti, ma le scoperte più interessanti in questi ultimi tempi sono gli scheletri di una razza d’uomini notevolmente alti, e poi degli istrumenti primitivi da minatore, ecc., che sono stati ricavati dalle vecchie miniere di diamanti negli Stati Liberi. Ogni cosa pare che dimostri che queste miniere fossero ampiamente sfruttate, ma i nativi del paese non sanno neanche per tradizione da qual razza di gente lo fosse” - Times, novembre 1904. “La testuggine è di vita così lunga che in Inghilterra se ne ricordano due che vissero una 120 ed un’altra 200 anni. Nella biblioteca di Lambeth Palace vi è il guscio di una testuggine portatavi nel 1623; essa vi visse sino al 1730, e vi fu uccisa per caso. Un’altra nel palazzo vescovile a Fulham vi fu portata dal vescovo. Land nel 1628 e morì nel 1753. Una a Pietroburgo visse 220 anni” - Sir R. PHILLIPS.
Il coccodrillo e l’alligatore che, secondo l’asserzione di molti viaggiatori, aumentano in lunghezza per tutto il tempo che vivono, pare, da quanto si sa sinora, che vivano moltissimo. - I serpenti vivono fino ad un’età quasi incredibile, e molti credono che essi non muoiano mai per causa naturale. “Quando il serpente è vecchio, premendosi tra due rocce, si spoglia della pelle vecchia e così ritorna giovane” - Dizionario di CALMET.
“Le serpi, le rane, le lucertole, ecc., gettano via la pelle ogni anno, e pare che questo modo di ringiovanirsi contribuisca molto a sostenere la durata della loro vita” - HUFFELAND.
Molti rettili perdono la loro pelle, specialmente i serpenti. Nel cambiare la pelle una gran quantità di materia glutinosa e terrosa, che coll’accumularsi ha fatto sorgere le note caratteristiche della vecchiaia, è buttata via; l’animale se ne libera e diventa nuovamente giovane, in tutta l’espressione della parola. Vi può essere quindi un profondo insegnamento filosofico nel comando biblico: “Siate quindi savi come i serpenti, ed innocenti come le colombe”. I granchi ed i gamberi vanno incontro ad un ringiovanimento perdendo annualmente il loro guscio; onde per circa quattro giorni restano nudi e senza difesa. Il loro corpo aumenta in grandezza solamente quando si trova in questo stato senza involucro; questo, che contiene una grande copia di materia terrosa, impedisce una ulteriore espansione sino a che non è buttato via, quando l’animale può ancora espandersi in grandezza. Tra i pesci si conoscono molti esempi di straordinaria longevità, notevole specialmente in quelli a crescenza lenta. “Il carpione non cresce che due o tre pollici all’anno e raggiunge una tarda età; alcuni di essi nel lago di Fontainebleau erano vecchi di due ed anche di trecento anni Le balene vivono molti secoli” - Million of Facts.
“Sappiamo dalla Storia Romana antica che nei vivai imperiali vi erano parecchie murene che avevano raggiunto il loro sessantesimo anno; e che erano diventate alla fine così mansuete e familiari coll’uomo, che Crassus orator unam ex illis defleverit” - HUFFELAND.
“Il luccio, un animale crudele ed eccessivamente vorace, ed anche il carpione, secondo testimoni attendibili, prolungano la loro vita sino a 150 anni; il salmone invece cresce rapidamente e rapidamente muore. D’altra parte il pesce persico, la cui crescenza è più lenta, conserva la sua vita più a lungo” - HUFFELAND.
“Gesner dice che la longevità del luccio è incredibile; egli riporta l’esempio di uno che fu preso in Hailborn nel 1497, colle seguenti parole impresse in un anello: Io sono il primo pesce posto in questo lago da Federico Secondo, il 5 ottobre 1230, il che gli dava l’età di 267 anni” - I sei giorni della Creazione di RHIND.
“Alcune specie di pesci e certi serpenti si dice che vivono sino a che qualche caso sfortunato mette fine al termine indefinito della loro vita” - SOUTEY-(La quale credenza dimostra niente altro che la grande longevità di questi animali. N. d. T.). Negli uccelli avviene un rinnovamento nel processo della muta, durante la quale le penne vecchie cadono, e con loro cadono anche le sostanze fibrose, gelatinose e terrose; e le penne nuove che vengono, rimuovono, crescendo, una certa copia di queste sostanze solide dell’organismo. Molti casi di longevità si conoscono tra gli uccelli, specialmente tra quelli che vivono di frutta, di pesci o di altri cibi animali. Si assicura che molte specie di pappagalli vivono nel loro stato naturale sino ad un’età “che varia dai cinque ai settecento anni”.
“C’ è l’esempio di uno che visse sessant’ anni in prigionia, e chi sa quanti anni aveva quando fu preso? Il cigno vive duecento anni”; ed alcuni naturalisti dicono anche trecento. “Qualche tempo fa un cigno maschio che aveva viste andare e venire molte generazioni, ed aveva assistito a tutti i mutamenti per lo spazio di 200 anni, mori a Rosemount. Esso fu portato a Dunn quando il fu Giovanni Erskine era nella sua infanzia e si disse allora che aveva 100 anni. Circa due anni fa fu comprato da Davide Duncan di Rosemount, ed in questo periodo la femmina a cui fu accoppiato fece quattro pulcini. Il signor Mollison Bridget (nel cui Museo ora si vede l’uccello) crede che esso sarebbe vissuto molto più a lungo, se non fosse stato per un tumore cresciutogli sulla trachea, e che alla dissezione fu trovato essere composto di grasso. Questo era lo stesso uccello che
era cresciuto nei primi anni del poi ottuagenario Giovanni Erskine nella contea e nei dintorni sotto il nome di “vecchio cigno di Dunn” - Gazzetta Medica. Nel 1872 “il fittavolo Pope di Beaminster, Dorset, aveva un’oca vecchia di 86 anni, che era stata nella fattoria con quattro fittavoli successivamente”. I corvi, le cornacchie, i falchi, i gabbiani, i pellicani, gli aironi, le gru ed altri uccelli di specie affini si crede che vivano di là dei cento anni. Secondo l’Eleveur molti uccelli, come l’aquila, il cigno ed il corvo, vivono più di un secolo. Il pappagallo, l’airone, l’oca ed il pellicano, si sa che son vissuti più di sessanta anni, il pavone 25 anni, il piccione 20, il fanello 25, il cardellino 15, la allodola 13, il merlo 12, il canarino 24, il fagiano 15, il gallo 10, il pettirosso 12 ed il luì solamente 3. Gli animali inferiori che vivono in generale una vita regolare e temperante, raggiungono generalmente il termine dell’esistenza loro assegnato dalla Natura. Il cavallo vive 25 anni, il bue 15 o 20, il cane 10 o 12, il coniglio 8, il porcellino d’India 6 o 7. Questi numeri sono in proporzione del tempo che l’animale impiega per raggiungere la sua completa grandezza. L’uomo solo però è fra tutti gli animali l’unico che raramente raggiunge questa media. Egli dovrebbe vivere cento anni, secondo la legge fisiologica, perché cinque volte venti fan cento [8] ma invece raramente egli vive quattro volte il periodo della sua crescenza, mentre il gatto lo vive sei volte ed il coniglio anche otto. La ragione è ovvia l’uomo non è solamente l’animale più irregolare e più intemperante, ma è anche il più laborioso ed il più sopraccarico di duro lavoro fra tutti. Tacito dice che l’aquila vive fino a 500 anni e vi sono esempi che essa è vissuta in prigionia più di 100 anni, ed una ne morì a Vienna tenuta da 104 anni. “Un signore di Londra ricevette pochi anni fa dal Capo di Buona Speranza un falcone che era stato acchiappato con un collare d’oro al collo sul quale era scritto in inglese: Sua Maestà Re Giacomo d’Inghilterra, anno 1610. Esso dunque era stato in libertà 182 anni dal tempo che era scappato. Che età aveva quando scappò? Era della specie più grossa di questi uccelli, e possedeva ancora non poca forza e vivacità; ma fu osservato che i suoi occhi erano quasi ciechi ed oscuri, e che le penne del collo erano divenute bianche” - HUFFELAND. Tra i mammiferi, l’elefante forse raggiunge l’età più lunga. “Esso cresce per trenta o quaranta anni e ne vive da due a trecento, alcuno dice anche quattrocento”. Un elefante chiamato Annibale morì nel 1859 in un circo ambulante in America. “Esso era estremamente vecchio. Abbiamo udito stabilirne la sua età variamente dai cinquecento ai mille anni” Miscellanea di REVNOLD.
Dopo che Alessandro il Grande ebbe vinto Poro re delle Indie, prese un grande
elefante che aveva combattuto valorosamente in battaglia per il Re, e lo chiamò Ajace; lo dedicò al Sole e lo lasciò libero colla seguente iscrizione: “Alessandro, il figlio di Giove, ha dedicato Ajace al Sole”. Questo elefante fu trovato 350 anni dopo colla iscrizione. Parlando della longevità dell’elefante, Thomson dice: “Dotato di gentil potere, esso potente, ma non distruttore, vede quivi le età che si succedono rinnovare la mutevole Terra, e il sorgere ed il cadere degli imperi; esso che non degna della sua attenzione ciò che l’infaticabile uomo va macchinando” . L’elefante vive di vegetali, e nel suo stato naturale esso è molto ghiotto dei giovani e teneri germogli, e delle foglie degli alberi, la sua alimentazione quindi è adatta alla longevità. Inoltre le sue zanne pesano da 120 a 200 libbre, e certe parti di esse ne contengono 24 di gelatina e 64 di carbonato di calce; sicché le zanne liberano l’organismo dell’elefante da 80 a 128 libbre di calce; e poi queste sono cambiate, trovandosene nei boschi dell’Africa e di Ceylan; però è ancora incerto quante volte ed in quanto tempo questo cambiamento avvenga. Il cinghiale vive principalmente di radici, e si dice che allo stato naturale viva sino a 300 anni. Un leone visse 70 anni nella Torre di Londra; si può quindi giustamente conchiudere che allo stato naturale esso viva oltre ai cento. Il cammello generalmente raggiunge l’età di 50 anni e qualche volta di 100. “Esso mangia poco e beve ancora meno. Ha bisogno di poco cibo e grossolano, e può stare dieci o quindici giorni senz’acqua”. Il cavallo allo stato selvaggio vive di là dai 50 anni, ma allo stato di schiavitù raramente ne raggiunge la metà. É un fatto ben conosciuto che quando un cavallo lavora poco, e a una gran parte della sua vita, specialmente da giovane, alla pastura, esso si avvicina ai 40 anni; ma quando un cavallo è affaticato troppo, e quindi è aumentato il processo di traspirazione, ed inoltre è nutrito di fave, avena ed altri cibi “ossificanti”, la sua vita è molto più breve; pochi in fatti raggiungono i 20 anni, ed anche “Eclipse”, un cavallo da corsa che per celerità si dice non sia stato mai superato, con tutte le cure che gli si prodigavano, morì di 25 anni. Questo servo fedele dell’uomo diventa vecchio prematuramente per l’alimentazione di cui si nutrisce, ed infatti il suo cibo contiene tanta materia terrosa che le concrezioni di fosfato di calce, di magnesia ed ammonio, dette ippoliti, sono di facile rincontro nel suo intestino cieco; la deposizione dei sali terrosi nell’organismo è poi anche accelerata dal lavoro faticoso che aumenta il processo di traspirazione. Dai pochi casi riportati di sopra dell’età dei rettili, degli uccelli ed altri animali, che abbiamo scelti come esempi, si vede chiaramente che quelli che raggiungono la maggior longevità sono quelli che posseggono una o più delle seguenti particolarità o qualità:
1° Quelli che sono soltanto leggermente sottoposti all’azione dell’ossigeno atmosferico;
2° Quelli che posseggono un potere riparatore, o che possono eliminare dall’organismo la materia fibrosa, gelatinosa e terrosa: e quanto più questa rinnovazione è perfetta, maggiore è la durata della vita;
3° Quelli che vivono di cibi contenenti poca quantità di composti terrosi;
4° Quelli che mangiano poco o raramente.
Nel regno vegetale vi sono numerosi esempi di longevità.
“Un tiglio nei Grigioni misura 51 piedi di circonferenza e conta circa 600 anni”. “Un albero della specie detta sangue di drago in Teneriffa misurava 48 piedi in circonferenza e aveva 1000 anni d’età”. Un baobab africano fu stimato per i suoi strati circolari di 5700 anni da Adanson ed Humboldt. Adanson trovò alcuni di questi alberi solamente di sei piedi di diametro, con nomi incisi degli uomini che li avevano visitati nel secolo decimoquinto e decimosesto, e le incisioni erano estese di poco [9] Vi è un cipresso nel Messico di 120 piedi di circonferenza, che De Canolle considera più vecchio del baobab di Adanson. Il nasso raggiunge una tarda età; quelli dell’Abazia di Fountain hanno circa 1200 anni, uno a Crowhurst ne ha 1500, uno a Fortingol più di 2000 ed uno a Braburn la cui età è fissata tra i 2500 ed i 3000 anni. “Un castagno nella contea di Glowcester conta 900 anni ed uno a Sanurre 600” [10] “L’albero di terebinto (El-Elah della Bibbia) vive da 1500 a 2000 anni, ma la negligenza degli abitanti li ha fatti diventare rari nella Siria”. Un castagno fu piantato a Tomworth nell’800: nel 1135 vi era in quella località un terreno che pigliava il nome di esso e si chiamava il “Gran Castagno” e nel 1759 esso portò delle castagne che produssero delle piante: fu misurato avere 92 piedi di circonferenza. “Due aranci a Roma, piantati da San Domenico
e da San Tommaso d’Aquino, hanno dai 500 ai 600 anni d’età. “A Woolstrope fu assodato esistere nel 1820 l’albero di melo, dal quale Newton vide cadere una mela nel 1665” [11] Son menzionate delle edere che son vissute 300 anni; ed olmi, larici ed altri alberi è assodato che vivono lo stesso tempo od anche più. La quercia è lenta nel crescere, e raggiunge una tarda età. De Canolle asserisce che vi sono querce in Francia di 1500 anni. La quercia di Wallace presso Puisley ne ha più di 700.
“Alcuni olivi presso Gerusalemme hanno 800 anni”.
Tanto nel regno animale quanto nel vegetale, con poche eccezioni, a voler entrare nelle quali si andrebbe troppo a lungo nella presente opera, si osserva una causa simile che produce la morte naturale ed analoga anche a quella che abbiamo indicata per l’uomo. Anche la salda e venerabile quercia che ci ispira riverenza e timore quando consideriamo che essa stessa forse un tempo coprì della sua ombra i nostri selvaggi antenati ed i Druidi, anche la quercia muore perché le parti centrali e più vecchie del legno acquistano a poco a poco tale compattezza, durezza e mancanza di porosità, che esso diventa incapace di imbibirsi o di ricevere ulteriore nutrimento; un processo analogo all’“indurimento” ed alla “calcificazione” negli uomini e negli animali.
[1] L’alcool combinandosi coll’ossigeno che si trova nel sangue, diviene acido carbonico ed acqua, riducendo così l’ossidazione, ossia il consumo, dell’organismo [2] Noi abbiamo esperimentato su vasta scala intorno all’alcool, e possiamo parlarne, sino ad un certo punto, con autorità. Non vi ha alcun dubbio che l’abitudine dell’uso eccessivo di esso è presto presa, specialmente da chi, avendo una circolazione debole, prova un senso di benessere o di salute in seguito allo eccitamento dell’alcool. Chi è in tali condizioni corre all’alcool come l’anitra corre all’acqua. Ma in breve tempo esso diventa una causa di malattia nervosa per la semplice ragione che l’alcool in eccesso è un solvente del fosforo che si trova sotto forma ossidabile nel cervello o nei nervi. - Abbiamo sentito fare la domanda dai difensori della temperanza: quale à la bevanda naturale dell’uomo?
La risposta generale è: l’acqua. Però la domanda deve essere modificata così: È naturale per l’uomo il bere? Noi diciamo assolutamente no. Adamo non beveva nell’Eden, per la semplice ragione che la sua alimentazione di dolci frutta conteneva nello stesso tempo cibo e bevanda. La frutta contiene dall’80 al 95 per cento dell’acqua distillata dalla Natura. I primi abitanti dell’Eden non avevano sete di liquidi - essi non bevevano. - Vedi l’Eden originario, dello stesso autore. [3] Pare che nella remota antichità non solamente i Bretoni si siano nutriti di ghiande, ma forse anche gli antichi popoli italici, onde Virgilio inneggiando a Cerere, simbolo dell’agricoltura, ripete in dono da essa il mutamento della Cheonia ghianda nella pingue spiga “… alma Ceres, vestro si munere tellus Cheoniam pingui glandem mutavit arista” (N. d. T.), [4] Ecco i consigli igienici che dava ii vecchio Parr: “Conservate la testa fresca colla temperanza e i piedi caldi coll’esercizio; alzatevi presto ed andate presto a letto: e se tendete alla pinguedine, tenete gli occhi aperti e la bocca chiusa” (N. d. T.). [5] Ecco i dati che ci fornisce una statistica di recente pubblicata sulle persone che hanno oltreato i 100 anni. In Francia su 39 milioni d’abitanti i centenari son 243. La Germania non ne ha che 78 su 55 milioni di anime; mentre la Spagna su 18 milioni di abitanti no conta 401. L’Inghilterra ne ha 146, la Scozia 46, la Danimarca 2, il Belgio 6, la Svezia 18, la Norvegia 23. La Svizzera non ha centenari, e su quelli dell’Italia non ci si dà notizia. Le regioni balcaniche ne abbondano. In Romania se ne contano 1084, in Bulgaria 2283, in Serbia 578. In quest’ultimo paese si trovavano nel 1890 diciotto persone dell’età da 120 a 135 anni, e tre da 135 a 140 anni. Il massimo della longevità l’avrebbe raggiunto un Russo dell’età di 160 anni, il quale è seguito da vicino da un negro africano abitante di Buenos-Aires il quale avrebbe 150 anni. Viene dopo di questi una donna siberiana di 140 anni. Da queste cifre risulta che i paesi più poveri hanno maggior numero di centenari. Questo fatto è in perfetto accordo colla teoria del nostro autore, cioè che la temperanza è il primo fattore della longevità. Nei paesi poveri infatti essa è, più che una virtù, una condizione forzata. Dai fatti raccolti da un giornale inglese risulta pure un’altra prova per la detta teoria. Malgrado il comune pregiudizio che la vita sia più breve nei paesi caldi, è dimostrato da questa statistica che non è vero che i paesi freddi siano più favorevoli alla longevità, e che se vi è una differenza tra nord e sud, questa è favorevole ai climi meridionali. La media esistenza di due popoli che climaticamente sono situati agli antipodi, gli Arabi e. gli Esquimesi, è uguale. Gli Indù che a nove anni sono
puberi, generalmente raggiungono età avanzatissima. Le contrade meridionali di Europa danno una media di vitalità assai superiore a quella dei paesi di latitudine settentrionale più elevata. Ora ognuno sa come i popoli meridionali siano sobri e come i settentrionali siano voraci per il consumo, massimo in questi, minimo in quelli, al quale è sottoposto l’organismo nelle diverse condizioni di temperatura. Delle altre conclusioni che si traggono da queste statistiche le più importanti sono: l° L’eccesso del lavoro, il surmenage della vita degli individui presi sia isolatamente che collettivamente, accorcia l’esistenza. L’Inghilterra conta 146 centenari su 27 milioni d’abitanti, mentre la Spagna ne ha 401 con soli 18 milioni; ma quanta differenza non vi è tra il modo di vivere del sempre affaccendato “busy” Inglese, e quello dell’indolente Spagnuolo! 2° La vita di campagna è più favorevole che quella di città al prolungamento dell’esistenza, e ciò tanto perché il logorio intellettuale vi è minore, quanto perché in generale le condizioni di vita sono più igieniche. E il nostro autore soggiungerebbe anche perciò il consumo della frutta vi è maggiore (N. d. T.). [6] Nella mia opera sull’Igiene della pelle ho riportato parecchi esempi di persone molto vecchie nelle quali il colore naturale dei capelli ritornò, dopo che per anni erano stati grigi. Tale fu il caso di Giovanni Wecks che visse sino all’età di 114 anni. Giovanni Sinclair riferisce un caso simile in un vecchio della Scozia che visse 110 anni, ed in Susanna Edmonds, che nel 95° anno riebbe i capelli neri, ma divenne nuovamente grigia prima della sua morte all’età di 105 anni ERASMO WILSON. [7] Io ho conosciuto un contadino che in età di oltre i 40 anni, avendo perduti dei denti in seguito ad una caduta da un albero, li rimise (N. d. T.). [8] In una nota del cap. I abbiamo indicata la legge secondo la quale l’uomo dovrebbe vivere naturalmente 125 anni (N. d. T.), [9] Il baobab prese il suo nome botanico da Adanson - Adansonix gigantea (N. d. T.). [10] E’ celebre il castagno dell’Etna, sotto al quale si riparò una delle regine, Giovanna di Napoli, con tutto il suo numeroso seguito (N. d. T.). [11] Newton vedendo cadere quella mela in una bella sera d’estate, si domandò: perché non cadono la luna e le stelle? Postosi il problema, Newton non era uomo da lasciarlo insoluto; ed egli trovò che la luna e le stelle non cadono per
l’attrazione universale tra i corpi celesti, della quale egli dimostrò l’esistenza e la legge. A quali scoperte possono dar luogo la caduta d’una mela, o l’oscillare d’una lampada sotto gli occhi di Newton o di Galileo! (N. d. T.).
CAPITOLO V - Modo di prevenire le malattie
Poiché la maggior parte del genere umano muore di morte non naturale, per malattia o per infortunio, di cui la gran parte è l’effetto dell’ignoranza o della trascuratezza, sentiamo il dovere di richiamare l’attenzione su di alcuni portati della civiltà che su così vasta scala tendono a causare malattie, che si potrebbero evitare, e la morte prematura. La scienza sanitaria è ora così popolare, che noi possiamo cominciare questo capitolo con poche note sui metodi migliori intorno all’igiene domestica. Nella maggior parte delle case vecchie il sistema di fognatura è così malamente deficiente in ciò che riguarda i principii scientifici, che c’è da meravigliarsi che, come popolo, noi restiamo ancora così sani come siamo. E’ quindi della più assoluta necessità indicare la grandissima importanza di questo problema sociale riguardante la salute della generalità. Poiché l’argomento è di competenza dei tecnici, noi ci dobbiamo accontentare di dare poche regole generali:
1° I tubi da fogna che ano attraverso una casa dovrebbero sempre essere circondati da mura spesse; ma secondo i sistemi migliori essi sono messi per quanto più è possibile fuori del fabbricato. Tutti poi dovrebbero essere verniciati e non porosi;
2° I tubi nei quali si incanalano le immondizie e le acque di rifiuto dovrebbero essere ventilati dall’aria esterna prima che si immettano nella fogna principale;
3° I tubi che portano acqua e gas non dovrebbero essere a contatto con quelli pei materiali da rifiuto; essi dovrebbero stare per quanto è possibile alla superficie, perché richiedono una frequente attenzione;
4° I cessi non dovrebbero mai esser costruiti nel centro della casa, e dovrebbero sempre esser provvisti d’una finestra che si apre all’aria esterna. Essi non dovrebbero ricevere l’acqua dalla stessa cisterna che si usa per bere;
5° Le cisterne dovrebbero essere ripulite spesso;
6° Non è savio prendere una casa a pigione senza prima consultare un’autorità competente sulle condizioni sanitarie.
Ventilazione. - Le correnti d’aria devono essere evitate, giacché esse spesso sono causa di raffreddori, d’infiammazione dei polmoni, e di numerose malattie. L’idea comune che l’insalubrità dell’aria confinata è dovuta a deficienza d’ossigeno è erronea. Un lieve difetto di ossigeno, se è controbilanciato da un analogo aumento nella quantità dell’azoto, non è dannoso all’uomo. Ma i gas (e specialmente l’acido carbonico) che si producono nelle camere chiuse e nei laboratori, sono la causa immediata, per la loro velenosa influenza sul sangue, di quella sub ossidazione che a poco a poco mena a molte malattie consuntive. L’inalazione dell’acido carbonico, anche in quantità relativamente piccola, fa ingrandire i corpuscoli bianchi del sangue, diventando così meno atti alla circolazione. Indipendentemente poi da questa azione, lo scambio tra l’ossigeno atmosferico e l’acido carbonico formatosi nell’organismo scema, e dei prodotti morbosi definiti vengono a formarsi nel sangue. In seguito a ciò sorge una condizione malsana in quella parte dell’organismo più esposta all’atmosfera, cioè nel polmone, i cui tessuti soggiacciono ad una semi-decomposizione, terreno favorevole ai bacilli, che nella consunzione primaria sono un effetto e non una causa della malattia [1] Questi bacilli inoltre, sotto certe condizioni, hanno il potere di produrre la stessa azione in persone capaci degli stessi cambiamenti; per esempio, se uno di salute delicata o predisposta alla consunzione inala il fiato o il pulviscolo degli sputi disseccati di uno sofferente di questa malattia, i bacilli si possono introdurre nei polmoni, e così causare la malattia, quantunque nella prima persona essi non si trovino primitivamente. L’aria corrotta produce molte più malattie che l’acqua impura. L’aria delle stanze nelle quali gli esseri umani vivono o dormono, dovrebbe essere in continuo
movimento, non però tale da produrre una corrente. Giacche l’aria calda ascende, ci dovrebbero essere nelle camere parecchie aperture presso al soffitto per fare uscire l’aria impura, ed un egual numero di aperture dovrebbe essere presso al pavimento per introdurre l’aria pura. Pochi fori, praticati nella parte inferiore delle finestre e nella parte inferiore delle porte, risponderanno allo scopo. Un tubo foggiato a guisa di pompa ed inserito nei buchi inferiori della divisione superiore della finestra aiuterà a diffondere l’aria fresca così introdotta. Nessuno dovrebbe dormire in una stanza che è stata abitata durante il giorno, a meno che le finestre non siano tenute aperte, permettendo così lo scambio dell’aria. Nelle case grandi la scala è spesso il mezzo per cui si accumula l’aria viziata nelle stanze superiori: occorre perciò che un adatto ventilatore sia posto nel tetto sul pianerottolo più alto. La temperatura media di una casa dovrebbe essere sempre tenuta a circa 12-15 gradi, ed il miglior mezzo per procurarsi il calore artificiale è quello di un sistema di tubi ad acqua calda.
Gas. - L’illuminazione a gas, per quanto utile nelle strade, è altrettanto dannosa nelle camere private, essendo i prodotti della combustione di esso dei vapori più dannosi di quelli prodotti dalla combustione delle candele o delle lampade. Le sale da concerto, i teatri ed altri pubblici ritrovi, ed anche le camere delle case private, spesso diventano eccessivamente calde per l’uso del gas. Uscendo poi da essi all’aria aperta si corre il pericolo che il repentino cambiamento possa produrre dei raffreddori, che in qualche caso possono essere il principio di malattie polmonari. L’uso della luce elettrica è più conveniente: le lampade elettriche coi più recenti miglioramenti non producono né calore, né gas deleteri; ed è un bene il loro rapido sostituirsi agli altri metodi d’illuminazione nelle case private. Il gas poi non dovrebbe essere in alcun modo bruciato nelle camere da letto durante la notte.
Pulizia. - Quantunque molte persone abbiano raggiunto una tarda età, pur non avendo cura della pulizia personale, è certo nondimeno che una pelle pulita, indumenti puliti ed abitazioni pulite tendono a conservare e preservare la salute più che tutte le scienze più progredite unite insieme. La pelle è un organo la cui importanza non può essere abbastanza stimata. Vi sono circa 2800 pori o sbocchi delle glandole del sudore per ogni pollice quadrato e la lunghezza totale di questi piccoli tubi raggiungerebbe le 28 miglia. È superfluo far rilevare il male che
deriva dalla occlusione di queste aperture. Il bagno ben fatto non ha per scopo solamente la pulizia, ma è anche eminentemente rinforzante. Per chi è in buona salute un bagno freddo ogni mattino sarà un’efficace salvaguardia contro i raffreddori, ed è un’abitudine corroborante. Dopo il bagno la pelle dovrebbe essere ben fregata, sino ad arrossire, con una tovaglia ruvida. Per quelli che hanno salute delicata è preferibile un bagno tiepido, ma la fregagione, come si è detto dianzi, non dovrebbe essere dimenticata in questo caso. Un bagno caldo con sapone dovrebbe poi esser fatto una volta alla settimana od anche più spesso. I bagni di mare sono benefici per molte persone, ma non convengono a tutte le costituzioni. Non si deve bagnarsi mai a stomaco pieno, o quando si è esausti dalla fatica. La maggior parte di quelli che fanno i bagni rimangono nell’acqua troppo a lungo. Quindici minuti dovrebbero essere la durata massima.
Esercizio. - Non vi è alcun preservativo della salute migliore dell’esercizio regolare. Di tutti gli esercizi quello del eggiare è il migliore. Un’allegra eggiata di tre o quattro miglia non dovrebbe mai essere omessa da chi desidera di godere una salute sana, a meno che i mezzi finanziari non permettano un esercizio a cavallo. In mancanza di questo, il atempo di moda, il ciclismo, se non spinto di là dai limiti del ragionevole, è benefico ed esilarante. Gli esercizi all’aria aperta variano, naturalmente, a seconda dell’età, della forza, delle abitudini, ecc.; ma per le donne, ed anche per quelli del sesso forte che hanno oltreata l’età media, il lawn tennis (la palla corda) è un esercizio attraente e salutare. Gli esercizi eccessivi e defatiganti producono in ultimo, senza dubbio, danni seri all’organismo. Avviso a chi è troppo amante degli esercizi violenti, perché si moderi e cerchi di variare. Gli esercizi militari e la ginnastica sono utili poi fanciulli nelle scuole. Uno degli scopi principali dell’esercizio è quello di rendere la circolazione eguale per tutto, prevenendo così le congestioni, specialmente quelle del fegato, che sono la caratteristica prevalente della presente generazione. La circolazione del sangue attraverso le arterie ed i capillari è il mezzo pel quale l’organismo è nutrito e sostenuto, e gli organi della digestione sono rinforzati. Così l’esercizio sufficiente non solamente migliorerà la salute ed allieterà lo spirito, ma renderà anche non necessari i tonici, i derivativi e simili rimedi.
Cambiamento di aria. - Per gli infermi un cambiamento d’aria da una stanza
all’altra è meglio che niente. Non è necessario far rilevare i benefici di poche settimane ate in campagna o in riva al mare, a convenienti intervalli, specialmente per chi lavora di cervello, e per le donne delicate [2]
Sonno. - Non si attribuirà mai troppa importanza all’assoluta necessità di dormire sufficientemente, e che al sonno bisogna abbandonarsi nelle ore adatte. Le condizioni elettriche ed atmosferiche sono del tutto differenti nelle diverse ore della giornata, e per quanto sia lungo il sonno fatto nel giorno, non sarà mai così benefico come il buon riposo della notte. Sette od otto ore di sonno sono necessarie per l’equilibrio della circolazione, per il riposo ed il ristoro delle membra, e per l’adatto nutrimento del cervello. La cena ad ora tarda è dannosa; ma alcuni son resi dall’abitudine tali da non poter dormire a stomaco vuoto. Essi dovrebbero però pigliare un pasto leggiero circa due ore prima di ritirarsi a dormire. Il lusso degli oggetti letterecci dovrebbe essere lasciato da parte. I materassi di crini o di lana sono infinitamente più salutari dei letti di piuma, e quanto più leggera è la copertura tanto è meglio.
Vesti. - Nessuna cosa è più necessaria per uno stato di vita comodo ed omogeneo, quanto il tenere il corpo ad una temperatura per quanto è possibile costante. Un grado di freddo che produce brivido non può essere sopportato senza danno della salute. Lo scopo delle vesti è quello di impedire la perdita del calore corporeo prodotta dalla irradiazione. La lana, essendo il peggior conduttore del calorico, è una materia per veste migliore della seta e del cotone, e quanto più sciolta e libera è l’acconciatura, più caldo danno i vestiti, perché uno strato di aria calda resta interposta tra essi ed il corpo. Gli abiti stretti, le allacciature serrate, sono dannosi, tanto perché arrestano la circolazione, e producono le deformità, quanto perché tendono a limitare i movimenti delle membra ed a rendere difficili le funzioni degli organi interni [3] . Le flanelle che si portano nell’inverno non si devono togliere troppo presto. Il cotone però è un buon sostituto della lana durante l’eccessivo calore. L’azione dell’ossigeno sopra alcuni dei costituenti del sangue e dei tessuti del corpo è una delle sorgenti del calore animale. La pelle coll’aumento della traspirazione e l’evaporazione del sudore elimina l’eccesso del calore, sicché le parti interne del corpo sono tenute, nello stato sano, ad una temperatura uniforme di circa 38°. La funzione della pelle è della più alta importanza per la salute. Una diminuzione della
traspirazione insensibile è la caratteristica di molte malattie, e si trova in concomitanza di molte febbri. Se un uomo è esposto ad una temperatura fredda, la pelle diventa quasi insensibile, i vasellini che forniscono il materiale perla perspirazione si contraggono, e questa cessa. “D’altra parte sotto una temperatura molto calda il sudore aumenta, e l’evaporazione di esso produce freddo: così si mantiene l’equilibrio della temperatura. È necessario adunque che nell’inverno siamo coperti di vesti calde per allontanare l’influenza nociva dell’aria esterna, e nell’estate dobbiamo coprirei di vesti che, invece di assorbire calore, lo respingano o permettano la libera ventilazione e l’evaporazione alla pelle. Nel clima d’Inghilterra molti portano quasi la stessa quantità di vestiti tanto nell’inverno come nell’estate. Per questa ragione, quando l’estate è ivi molto calda, si sente più che nei tropici dove s’indossano leggiere vesti di cotone. In quel clima però tanto variabile non si può del tutto essere guidato dalle stagioni, e alle volte in un’estate fredda un soprabito fa più comodo che in un inverno caldo, essendosi dato il caso che la temperatura del dicembre fu trovata più alta di quella dell’agosto dello stesso anno. Devesi dunque fare molta attenzione ai cambiamenti di temperatura, e modificare il vestiario secondo quelli.
Allevamento dei bambini. - È stupefacente il constatare quanta ignoranza vi sia su questo riguardo tra le madri, specialmente quelle giovani. È dovere di una madre di far are la propria esperienza alla sua figlia, anche durante lo stato nubile di questa, acciocché possa interamente conoscere come deve allevare la propria prole. È della massima importanza, ed anche stretto dovere della nazione, non solamente di incoraggiare gli studi su questo argomento, ma di rendere obbligatorio che le semplici leggi ed i doveri riguardanti l’allevamento dell’umanità crescente siano insegnati alle ragazze più grandi in tutte le nostre scuole. Abbiamo giù dimostrato in un capitolo precedente che il latte umano è il più adatto alla vita del bambino, e ne abbiamo dette le ragioni chimiche e fisiologiche. Il miglior cibo dopo di esso per i bambini è il latte d’asina. La maggior parte delle madri usano il latte di vacca diluito con circa un terzo del suo volume di acqua. È meglio aggiungervi un poco di zucchero. La bottiglia ed il tubo del poppatoio dovrebbero essere puliti giornalmente o anche più spesso; e se una parte del residuo si trova inacidito, la bottiglia deve essere accuratamente lavata con acqua calda a cui si sia aggiunto un po’ di soda. Nessun altro cibo oltre del latte, diluito come si è detto sopra, è necessario, ed un bambino può prenderne da un litro ad uno e mezzo al giorno. L’abitudine
prevalsa di aggiungere l’acqua di calce al latte dei bambini non è necessaria, e spesso essa mena alla ossificazione prematura, impedendo così l’accrescimento. Il latte di vacca contiene abbastanza calce per la formazione delle ossa e dei denti. Noi parliamo ora dei fanciulli sani, ma se uno di essi soffre di rachitide, che dipende dall’azione solvente di certi acidi che si formano nel suo sangue, e non da deficienza di fosfati nei cibi, la calce dovrebbe essere data come fosfato, o meglio ancora come ipofosfito. Se un bambino è allevato in parte col seno materno ed in parte artificialmente, la mescolanza del latte umano e di quello di vacca non è dannoso: il pregiudizio popolare delle nutrici su questo punto è erroneo. Molti cibi, quali i biscotti, il pane bollito, ecc., non sono adatti all’alimentazione di bambini al disotto dei sette mesi. Dopo questa età è utile qualche cibo farinaceo, di cui ci sono numerose buone preparazioni. Dopo i dodici mesi si può aggiungere un po’ di brodo, del sugo di carne, delle uova. Verso il terzo anno può esser dato anche un po’ di carne, e ad otto o nove anni il bambino può pigliar parte all’alimentazione ordinaria della famiglia. Prima di questa età, il latte dovrebbe essere una delle sostanze principali dell’alimentazione. Riguardo al matrimonio abbiamo solamente da dire che quasi tutte le persone che hanno raggiunta una notevole longevità erano maritate. Il matrimonio, come dice Huffeland, “tende a moderare le eccessive speranze e le speculazioni entusiaste, così come le cure eccessive. Ogni cosa, per la partecipazione di un altro essere, per l’intima connessione della nostra esistenza con quella d’un’altra, è resa più dolce e più sopportabile”. Indipendentemente dall’educazione fisica dei bambini, non deve esser negletta quella mentale, ma un bambino non dovrebbe cominciare ad imparare troppo presto. Costantemente assistiamo ai cattivi effetti dell’applicazione mentale troppo precoce ed eccessiva, che produce membra imperfettamente formate, spalle arrotondate, debolezza muscolare e petto stretto, per la obbligatoria ed innaturale posizione di star seduti, nella quale i bambini son tenuti, qualche volta per ore, alla scuola [4] All’età della pubertà grandi cure devono essere spese per entrambi i sessi, ed una grave responsabilità pesa sui genitori. Le ragazze devono essere educate alla modestia, alla pulizia ed alla salubrità. I giovinetti devono essere ammoniti riguardo alle cattive conseguenze di qualche cosa non naturale, da cui sorgono molti mali, acciocché essi moralmente, mentalmente e fisicamente possano porre le fondamenta di una vita lunga e sana. Se noi avessimo dei genitori realmente prudenti e preveggenti, nei tempi presenti potremmo sperare giovani quali son descritti dall’antico poeta Bürger nei seguenti versi:
“Chi fra le molli braccia del Piacere non perdé la salute né le grazie giovanili, vive da eroe; ed a buon diritto può esclamare: in me ebbi un uomo. Egli prospera come la canna gentile, la cui cima ondeggia graziosamente sul prato; e nel muoversi tanta è la grazia che lo adorna, sembra un Apollo per vigore e per beltà. Così maestoso da sembrare un dio, sarà la sola sua dimora la terra? Egli incede o si arresta con dignità, e di nulla ei teme, perché egli comanda. Quali stelle cadute da una fonte cristallina, i suoi occhi brillano dello splendore delle perle; suffuse del roseo color della salute, le sue guance vincono in bellezza l’aurora. Un corteo delle più vaghe donne fiorirà per lui, né invano. Oh felice colei le cui labbra egli bacerà! Oh felice colei a cui egli prodigherà le sue carezze!”.
[1] I bacilli della tubercolosi sono sempre la causa della malattia (N. d. T.). [2] Il sistema di cura per chi ha una tendenza alla tisi, propugnato dal dottor I. Hartnett, per mezzo del quale l’aria è interamente impregnata di sostanze antisettiche, è il più razionale poi trattamento della consunzione polmonare. L’apparecchio in uso è mosso dall’elettricità. L’aria è completamente filtrata, disseccata e sovraccaricata al massimo grado di essenza di pino delle Alpi, di eucalipto della Tasmania e di altri preparati. Il risultato è che si produce un’atmosfera che somiglia a quella della montagna o della foresta di pini, nella sua purità e fragranza. L’effetto sui polmoni ne è che i bacilli della tisi sono uccisi, ed i loro prodotti, le tossine o veleni che producono i sintomi della sofferenza, sono distrutti. Il sistema della ginnastica respiratoria propugnata dallo stesso autore nella sua opera Inalazione antisettica, cura della tisi, è senza dubbio razionale al massimo grado. Le pareti del torace si espandono completamente, ed avviene che la superficie esposta all’azione dell’aria antisettica e secca è, più grande, e la ventilazione dei polmoni è più libera che nella respirazione ordinaria. Entrambi questi sistemi combinati insieme producono l’espulsione dall’organismo dei parassiti viventi che senza dubbio sono causa della malattia. Il sistema di usare un apparecchio nella camera da letto degli infermi, ed anche d’individui sani, per mezzo del quale l’aria è tenuta in uno stato di pura antisepsi durante la notte, è indubitatamente un gran preventivo contro la tisi ed altre malattie infettive. [3] Il busto troppo stretto è d’impedimento alla respirazione ed alla circolazione, disturba notevolmente le funzioni degli organi addominali, come lo stomaco, gli
intestini, il fegato, sul quale può lasciare una impronta indelebile a guisa d’un solco, i rognoni, che possono essere spostati dalla loro sede naturale, con tutti i mali che ne derivano; agisce sfavorevolmente sugli organi della generazione; ed infine deforma il corpo. Prassitele non avrebbe presa una di queste donne a modello della sua Venere! (N. d. T.) [4] Non si raccomanda mai abbastanza ai maestri, specialmente elementari, di alternare frequentemente l’esercizio della scrittura con quelli ginnastici, e questi dovrebbero essere quasi sempre fatti all’aria aperta (N. d. T.).
CAPITOLO VI - Agenti meglio adatti a prolungare l’esistenza
Colla parola agenti meglio adatti a prolungare l’esistenza intendiamo quelle sostanze o composti che, colla loro azione nell’organismo o su di esso, tendono a frenare le cause della “vecchiaia” e della “morte naturale” e a prevenire od anche a rimuovere gli accumuli che abbiamo già dimostrato essere non l’effetto, ma la causa dei cambiamenti che si osservano a misura che l’età si avanza, sia impedendo l’eccessiva azione dell’ossigeno atmosferico, sia rimuovendo i composti terrosi che si sono accumulati ad un grado superiore a quello richiesto per sopperire ai bisogni dell’organismo; ovvero quelle sostanze che riuniscono le due azioni. Per cominciare coi solventi, cioè con quegli agenti che tendono ad impedire l’accumulo delle sostanze terrose nell’ organismo, parliamo per prima dell’acqua. Quando l’acqua è decomposta dall’elettricità, l’idrogeno, che si raccoglie al polo negativo, è di volume doppio dell’ossigeno che si raccoglie al polo positivo; l’acqua quindi è composta in massa di un volume di ossigeno e due d’idrogeno: però essendo l’ossigeno sedici volte più pesante dell’idrogeno, otto parti, in peso, di ossigeno, unite con una parte di idrogeno, formano l’acqua che giustamente possiamo chiamare un ossido di idrogeno. L’acqua esiste in natura in tre torme: allo stato solido, come nel ghiaccio; allo stato liquido che è l’acqua propriamente detta; e allo stato gassoso, che è il vapore acqueo. La maggior parte dell’acqua che esiste in natura va soggetta ad un lento ma costante processo di distillazione, condensazione e ridistillazione; esso comincia dall’evaporazione delle acque della terra in forma di vapore, per diventare nuvole, queste si condensano di nuovo e cadono come pioggia, neve o grandine. L’acqua piovana è la forma più pura dell’acqua che si trova in natura, però anche durante la sua caduta alla superficie della terra, essa prende delle impurità dall’aria, e, non appena tocca la terra, essa scioglie alcune sostanze colle quali viene in contatto, e diventa ancora più impura. Molti sali sono più o meno solubili nell’acqua, la quale è il solvente più generale delle sostanze chimiche In natura; così l’acqua piovana scioglie e si combina con parte dei costituenti solubili degli strati attraverso i quali s’infiltra e diventa acqua di sorgente o di fiume, ed infine a nel mare, per prendere nuovamente parte in questo processo di distillazione. La materia solida in soluzione nell’acqua è depositata quando questa si evapora; per ottenere acqua pura è perciò necessario distillarla, cioè bollirla e raccogliere l’acqua prodotta dalla condensazione del vapore. È
così grande il potere solvente dell’acqua distillata, che quando essa è distillata nel vetro o in vasi di terra, essa scioglie piccole quantità delle sostanze del vaso nel quale vien condensata; e se le storte son disposte in modo da potere eseguire la distillazione e la ridistillazione da un vaso all’altro, e se inoltre questo processo è ripetuto spesso, si troverà un sedimento al fondo di ogni vaso. Questo sedimento formava parte del vaso in cui il processo fu eseguito, fu sciolto dall’acqua nella sua condensazione, e fu depositato quando l’acqua si evaporò; e più spesso si ripete la distillazione, maggiore è il deposito. Questo fatto indusse molti dei filosofi greci a riferire ogni cosa all’acqua, perché essi pensavano che le materie solide si originavano anche dall’acqua distillata. Infatti ogni materia solida fu un tempo in soluzione acquosa. La bollitura dell’acqua di fonte o di fiume fa precipitare parte delle sostanze solide che essa contiene, specialmente quei sali che sono tenuti in soluzione da un eccesso di acido carbonico (se si trovano presenti i carbonati). Molte acque potabili contengono calce in maggiore o minore quantità [1] sotto una forma od un’altra, generalmente come carbonato o solfato; e quelle acque che contengono calce in una certa quantità dovrebbero essere messe da parte come acqua da bere. I sali alcalini contenuti in molte acque non si accumulano nell’organismo; essi non sono quindi dannosi, anzi molti di essi sono benefici. Sono riferiti molti casi di longevità che possono essere direttamente attribuiti al bere grande quantità d’acqua.
I Seres, chiamati appunto Macrobii, e gli antichi Cinesi vivono sino ad età straordinaria, e Luciano attribuisce la loro longevità al loro “bere acqua in gran copia”. L’idea sorta secoli fa che l’acqua della rugiada [2] raccolta sui monti ed usata come bevanda, prolungasse la vita, è giusta; essa è un’acqua distillata dalla Natura, e sia o non carica di elettricità, essa è molto rinforzante (?). L’acqua distillata, usata come bevanda, è assorbita direttamente nel sangue, di cui aumenta il potere solvente sino al punto da mantenere sciolti in esso i sali già esistenti, prevenire la loro nociva deposizione nei vari organi e tessuti, e favorirne la eliminazione per mezzo delle diverse secrezioni. Se l’acqua distillata è presa in gran copia, o se essa è il solo liquido introdotto nell’organismo sia come bevanda, sia come mezzo per gli ordinari infusi di the, caffè, ecc., essa aiuterà in tempo a rimuovere quei composti terrosi che si sono accumulati nell’organismo, e i cui effetti di solito divengono più manifesti quando si raggiunge l’età dei quaranta o cinquant’anni. L’uso giornaliero dell’acqua distillata facilita la rimozione dei composti deleteri dal corpo per mezzo delle secrezioni, e quindi tende a prolungare l’esistenza. L’uso dell’ acqua distillata
deve essere specialmente raccomandato dopo l’età dei trentacinque o quarant’anni; essa preverrà da sii sola molte malattie a cui il genere umano è specialmente soggetto dopo quest’età: e se essa fosse usata generalmente, la renella, la pietra in vescica, ed altre malattie dovute a formazione di calcolo nelle diverse parti dell’organismo, sarebbero molto meno comuni. I vasi e le storte usate per la distillazione dell’acqua da bere dovrebbero essere fatti di ferro, e non di vetro o di terra. L’acido lattico è prodotto dalla fermentazione naturale od artificiale del latte, o di altra materia animale, contenente lattosio o zucchero di latte. Allo stato puro esso è un liquido sciropposo, trasparente ed inodore, solubile nell’acqua, nell’alcool e nell’etere. Distillato si decompone, a meno che non si escluda l’aria atmosferica, nel quale caso può essere distillato senza che subisca cambiamenti. Il latte tiene in soluzione il formaggio, ossia la caseina, la cui solubilità dipende dalla presenza dei fosfati alcalini e degli alcali liberi e non dai sali terrosi. La neutralizzazione dell’alcali per mezzo di un acido fa separare il formaggio. Una fermentazione può essere provocata naturalmente od artificialmente nello zucchero di latte che si trova nel latte, i cui elementi vengono in contatto coll’acido lattico che neutralizza l’alcali e fa separare la caseina. La caseina, o latte cagliato, contiene quasi tutti i fosfati di calce e le materie terrose, e solamente parte dei fosfati alcalini del latte; il liquido che resta, o siero, contiene i rimanenti fosfati alcalini, i lattati e l’acido lattico. Il latte di burro è il latte privato del suo burro, la parte grassa, ed il cui zucchero è stato più o meno convertito in acido lattico: un tempo esso era molto usato come articolo di consumo, ed ha molte buone qualità che lo raccomandano come cibo degli infermi, e come un alimento per un uso più generale. Il koumis (latte di cavalla fermentato) è un buon sostituito, e nello stesso tempo più gustoso. L’acido lattico forma una serie definita di sali cogli alcalini e le basi terrose, ed ha una grande tendenza a prevenire gli indebiti accumuli delle materie terrose nell’organismo. Vi sono anche molti esempi di straordinaria longevità che possono essere attribuiti solamente all’acido lattico contenuto nel siero o nel latte di burro, usato come alimento abituale, e parecchi di questi esempi abbiamo riportati nei capitoli precedenti. Tra gli altri solventi abbiamo gli acidi minerali, l’acido solforico, nitrico, idro-clorico, e fosforico. Ad eccezione di questi due ultimi, gli acidi minerali, in gran parte, sono estranei all’organismo, ed il loro uso continuato è dannoso. Tratteremo dell’azione dell’acido fosforico quando parleremo del fosforo. Tra le sostanze che mitigano l’eccessiva azione dell’ossigeno atmosferico, ossia il consumo dell’organismo, facciamo menzione per primo del tannino, che ha il potere di tannizzare, indurire e rendere i tessuti albuminosi e gelatinosi del corpo più simili al cuoio, e meno soggetti al decadimento [3] L’unica obiezione che si può fare contro l’acido tannico e
gallico è che il loro uso continuato produce la dispepsia. La loro combinazione con un alcali rimuove sino ad un certo punto questa obiezione, ed essi esistono in natura combinati colla potassa nelle noci, nelle ghiande, ecc., dell’azione delle quali abbiamo già fatto menzione parlando della longevità e della alimentazione degli antichi Bretoni. Il solfato di alluminio e potassio ha un’azione astringente simile, preso in piccola dose. Il lievito di birra fresco ha una grande affinità per l’ossigeno, e certamente esso dovrebbe impedire l’indebita ossidazione ed il consumo dei tessuti. In questi ultimi anni esso è stato usato come rimedio, con buoni risultati, in molte malattie che sono caratterizzate da eccessiva ossidazione. Gli alcali veri, potassa e soda, hanno la proprietà di aumentare la solubilità dell’albumina e della fibrina. L’uso continuato della soda è deprimente. Il miglior preparato alcalino per il nostro scopo è il liquore di potassa, nella piccola dose di cinque a dieci gocce, abbondantemente diluito nell’acqua. Esso agisce anche come anti-acido e contrario alla formazione di calcoli; ma il suo uso continuato rende i liquidi organici e l’urina tanto alcalini che possono verificarsi depositi di fosfati terrosi per questa alcalinità. Ma questi depositi, che si notano specialmente nell’urina dipendono esclusivamente dall’alimentazione, vale a dire dalla quantità di fosfati terrosi introdotti nell’organismo come cibi, e sono in gran parte prevenibili coll’uso degli acidi vegetali, come citrati e tartrati, e si possono evitare del tutto coll’acido fosforico ed i fosfati. L’acido fosforico non va soggetto ad alcuna alterazione ando attraverso l’organismo, ed è quindi rintracciabile nelle secrezioni ed escrezioni. Gli acidi vegetali non si riscontrano né in queste né in quelle; essi sono, per modo di dire, bruciati nell’organismo e decomposti in acido carbonico ed acqua. Questa azione chimica abbassa la temperatura del corpo ed accresce la fluidità del sangue, e tale è la ragione per la quale gli acidi vegetali agiscono così favorevolmente in molte forme di febbri, e non perché neutralizzano l’ammoniaca, che si trova in eccesso nel sangue in molte malattie febbrili, e la cui neutralizzazione, quando pure avvenga, potrebbe durare solamente un breve periodo di tempo. Gli acidi vegetali, o soli, o combinati cogli alcali come esistono nelle frutta, o preparati artificialmente, tendono a prolungare la vita, come abbiamo stabilito innanzi, prima diminuendo la temperatura del corpo e quindi il consumo dell’organismo; in secondo luogo, perché in seguito alla combustione degli acidi restando liberi gli alcali, è aumentata la solubilità dell’albumina e della fibrina esistenti tanto nel sangue che nei tessuti, e quindi è diminuita la loro tendenza a depositarsi, a formare accumuli fibrinosi e gelatinosi nell’organismo [4] Tra gli agenti che combinano le due azioni, il solo che possiamo raccomandare è il fosforo, perché è una sostanza non estranea all’organismo. Quando il fosforo è allo stato libero, a causa della sua grande affinità coll’ossigeno, si unisce con esso
nell’organismo, e quindi diminuisce il consumo, la decomposizione e l’ossidazione del corpo, e forma degli acidi che impediscono l’accumulo delle sostanze terrose e facilita la loro eliminazione dall’economia animale. Il fosforo, per la sua grande affinità coll’ossigeno, non si trova libero in natura, tranne che nei tessuti meglio organizzati di animali e di poche piante; a parte ciò, esso esiste solamente in istato di combinazione sempre coll’ossigeno e con una base alcalina o terrosa, generalmente come fosfato di calce, che si trova in gran quantità nelle montagne della Spagna ed in altre parti del mondo. Il fosfato di calce è il principale costituente dell’epatite, della fosforite, dei coproliti, ecc. ed esiste in molti tessuti nel regno animale e vegetale; unito poi ad altri composti terrosi, rappresenta una parte importante nel produrre la loro morte col suo accumularsi. Nel regno animale esso è introdotto nell’organismo cogli articoli alimentari derivati generalmente dai vegetali, e nel regno vegetale entra per imbibizione o assorbimento dalla terra. Il fosforo fu scoperto per caso da Brandt di Amburgo nel 1669; ma Scheele lo ottenne dalle ossa e ne esaminò le proprietà nel 1769. Esso si prepara generalmente dalle ceneri delle ossa polverizzate, ovvero dal fosfato di calce, aggiungendovi circa due terzi del suo peso di acido solforico e circa sedici parti di acqua. In questo modo la cenere d’ossa è decomposta, l’acido solforico si unisce con una parte di calce, formando solfato di calce che è insolubile e precipita, mentre la maggior parte del fosforo è lasciata in combinazione coll’ossigeno, coll’idrogeno e colla calce rimanente, formando super-fosfato di calce che resta in soluzione. Questa soluzione è poi evaporata sino a consistenza di sciroppo e mescolata a carbone di legna; si pone poi in storte di terra i cui colli, per impedire l’entrata dell’ossigeno atmosferico, sono posti sott’acqua. Allora si scalda al rosso, e quando si è liberato l’ossido di carbonio, il fosforo distilla e cade a gocce giallastre in fondo all’acqua. Il fosforo così preparato è generalmente purificato colla ridistillazione e colla pressione sott’acqua attraverso il cuoio; ma il fosforo così purificato generalmente contiene tante impurità da non poter servire ad uso medicinale. L’impurità più importante è l’arsenico, ma spesso si trovano nel così detto fosforo commerciale il bismuto, il rame ed il cobalto. Per l’uso interno quindi occorre una ulteriore purificazione. Quando il fosforo è stato ato attraverso il cuoio, facendolo bollire nel liquore di potassa, perderà ben presto l’arsenico, che formerà un liquore arsenicale. Allora il fosforo deve essere mescolato con carbone vegetale, ridistillato e lasciato cadere nell’acqua di calce. Dipoi si deve lavare, o bene agitare, nel liquore d’ammoniaca forte. Qualche piccola impurità, che può ancora presentare dopo questo trattamento, sarà presto rimossa aggiungendovi un miscuglio a parti eguali di carbone vegetale e carbonato di ferro, farne una pasta e ridistillarlo, ed allora si ottengono delle masse irregolari di fosforo puro.
Il fosforo si ossida rapidamente, ed una leggiera fregagione, e qualche volta il calore della mano ne producono l’accensione. Esso si unisce coll’ossigeno in due proporzioni. Coll’ossigeno e coll’idrogeno si unisce in cinque proporzioni. “Quando il fosforo è tenuto per un certo tempo presso al suo punto di ebollizione, non essendo in contatto dell’aria, esso va soggetto ad una vera coagulazione, e nello stesso tempo si cambiano le sue proprietà in modo meraviglioso”- LIEBIG.
Se il fosforo comune è esposto ad una temperatura tra i 240 e 250 gradi cent per alcune ore, fuori del contatto dell’aria, o in un’atmosfera come d’idrogeno o d’acido carbonico, che non agiscono chimicamente su di esso, diventa una sostanza solida rossa, oscura ed opaca, esattamente uguale in peso al fosforo comune che si è usato, ma grandemente differente da esso nella proprietà. Si ha quello che chiamato fosforo amorfo. Il fosforo ordinario è facilmente fusibile, molto infiammabile in contatto dell’aria, luminoso nell’oscurità, prontamente ossidabile, e si trasforma lentamente in un acido deliquescente, tenuto all’aria; mentre il fosforo amorfo o rosso non è infiammabile, e non si accende sino a che non si assoggetta a tanto calore da ridurlo allo stato ordinario; non è luminoso, e non si altera nell’aria umida. Il bisolfuro di carbonio scioglie il fosforo comune in tutte le proporzioni, mentre che il fosforo rosso è insolubile in esso. Il fosforo comune ha un’azione spiccata sull’organismo animale, ed in eccesso, è molto velenoso; la stessa quantità di fosforo amorfo è inerte, e non ha alcuna azione sul corpo. Ad un leggiero calore rosso il fosforo amorfo ritorna alla forma ordinaria. “Ed ora quale è la causa di queste trasformazioni nelle proprietà di questo elemento? Quale è la parte misteriosa rappresentata quivi dal calore? Noi possiamo spiegare la differenza nelle proprietà di due corpi composti degli stessi componenti, per la diversa aggregazione dei loro atomi; e questa interpretazione in molti casi è indubbiamente corretta. Ma quale è la spiegazione per il fosforo, che noi dobbiamo considerare come un corpo elementare? O è forse esso un composto? Questi notevoli fenomeni sono ancora inesplicati; eppure essi ci dischiudono un mondo di nuove idee” - LIEBIG.
Il fosforo nell’aria caccia dei fumi bianchi, luminosi nell’oscurità; questi fumi sono dovuti alla combustione, ossia alla ossidazione; ma il fosforo è anche luminoso nel vuoto, e quanto più è completo il vuoto, maggiore è la luminosità.
In questo caso l’ossigeno non vi piglia parte - il fosforo è luminoso per virtù propria; la sua luminosità quindi non è necessariamente dovuta all’ossidazione. Se l’albumina o il bianco d’uovo son portati per un certo tempo al loro punto di ebollizione, si coagulano; una qualche cosa (forse la vitalità?) impercettibile, e non necessariamente chimica, è andata via - è stata eliminata dal calore, ed il carattere e le proprietà dell’albumina sono cangiate. Questo qualche cosa, o alcunché di simile può esserle restituito o dalla digestione animale, o artificialmente con mezzi chimici; ed allora ritornano le primitive proprietà, ed essa diventa di nuovo la vera albumina liquida e coagulabile col calore. Quando il fosforo è tenuto per qualche ora al suo punto di ebullizione “va soggetto ad una vera a coagulazione”; una qualche cosa [5] impercettibile ed imponderabile è andata via. Il peso è esattamente lo stesso; ma il calore continuo ha eliminata qualche cosa, e le proprietà del fosforo sono cambiate. Una temperatura più alta ridà questa cosa, ed il fosforo assume di nuovo i suoi caratteri primitivi. Ma siccome il fosforo nella sua combustione produce elettricità, possiamo giustamente arguire che questa qualche cosa, che è eliminata, sia l’elettricità. E poi, giacché il fosforo è luminoso nel vuoto, affatto indipendentemente dall’ossidazione, non sarebbe né teoretico né speculativo il dire che non è necessario di considerare il fosforo come corpo elementare, ma che è realmente un composto di cui la luce nella forma astratta e l’elettricità siano costituenti importanti. La luce in questo caso è luce per sé - non si origina dal calore - il movimento della radiazione degli atomi; né sorge da combustione o da alcuna combinazione di gas. Il fosforo è luminoso anche quando è sottratto a qualunque azione chimica. E’ stato dimostrato in questo secolo che la luce è un originatore di movimento; ciò è stato provato col piccolo istrumento inventato da Crooke, che ruota sotto l’influenza dei raggi solari, e quanto più intensa è la luce, maggiore è la rapidità del moto. Questo istrumento è costruito per tale dimostrazione, e prova l’azione della luce sulla materia morta; quale dunque può essere l’influenza della luce sulla materia vivente! Il fosforo esiste negli organi o tessuti meglio sviluppati dell’uomo e degli animali. “Il cervello ed altri centri nervosi contengono una sostanza detta protagone, di cui il fosforo forma un costituente essenziale. Essa cristallizza in aghi microscopici, e si decompone facilissimamente. Fra i prodotti della decomposizione del protagone sono la glicerina, l’acido fosforico, e parecchi acidi grassi, ed una base ammoniacale detta neurina” - ROSCOE.
Ora certe proporzioni di fosforo esistono nel cervello in forma libera, cioè non
ossidato; però in questi ultimi anni abbiamo visto che è stato asserito che il protagone del cervello e del sistema nervoso contiene il suo fosforo allo stato di ipofosfito. Di questo errore possiamo facilmente darci ragione col fatto che il protagone facilmente si decompone, e che il fosforo, combinandosi coll’ossigeno, vien trovato come ipofosfito, o anche come fosfato o come acido fosforico se il cervello non è in stato fresco. Né è possibile una divergenza d’opinioni sa questo fatto, giacché un semplicissimo esperimento decide la questione. Se pigliamo un cervello fresco (d’uomo o d’animale) e lo immergiamo nell’alcool assoluto, nell’etere solforico, o nell’olio d’ulivo, otteniamo una soluzione luminosa di fosforo; un fosfato non è luminoso, né lo è un ipofosfito; il fosforo libero è luminoso. Il cervello adunque contiene fosforo libero, ossia non ossidato. Naturalmente noi domandiamo a quale scopo il fosforo esiste in questa forma, e nella maggior quantità, nei tessuti della più alta organizzazione, come per esempio il cervello, che, per un fatto fisiologico assodato, presiede ad ogni pensiero ed azione del nostro corpo materiale. La prima causa del pensiero non è organica, essa ha una origine più alta, la cui natura non ancora conosciamo; e come Hufeland, mi medico filosofo, diceva un secolo fa, “la prima causa del pensiero è spirituale; ma il lavorio del pensare in sé stesso, così come si compie in questa macchina mortale, è organico”. Ora il cervello contiene delle cellule, alcune più grandi delle altre, e variamente conformate. Esso contiene anche fibre, alcune delle quali sono tubolari ed hanno una membrana di rivestimento, ed altre non l’hanno, e son chiamate rispettivamente fibre tubulari e gelatinose. Alcune di queste fibre sono unite alle cellule ed emanano da esse, e tale è senza dubbio il caso di alcune delle cellule più grandi o caudate, che hanno dei processi a guisa di coda, di cui alcune sono in continuazione con una ordinaria fibra nervosa. Ma non sempre avviene così, né è necessario che vi sia continuità diretta: quello che è necessario è il contatto, e molte, se non tutte le fibre del cervello sono in contatto colle cellule. Nel cervello, nel midollo spinale e nei nervi si vede un apparecchio telegrafico molto perfetto, disegnato dalla Natura, e che si distribuisce, per mezzo dei nervi e delle loro suddivisioni, in ramificazioni arborescenti, ad ogni parte del corpo. e che possiamo paragonare ad un impianto di fili telegrafici. Nell’atto del pensare, durante il lavorio mentale, nella collera, nel rimorso, durante lo studio profondo, i fosfati aumentano di molto nelle secrezioni; e giacché il cervello è il centro dei pensieri e delle idee, possiamo giustamente conchiudere che questo aumento di fosfati è dovuto alla ossidazione o perdita di fosforo dal cervello e che il primo effetto del pensare è quello di produrre l’ossidazione del fosforo, durante il lavorio della mente. Ora è un fatto chimico-fisiologico che il cervello contiene fosforo. È un fatto chimico che nell’ossidazione o nell’atto di bruciare del
fosforo nell’atmosfera ha luogo una scarica elettrica. È un fatto dimostrabile quello che una corrente elettrica ando lungo il corso di uno o più nervi del corpo di un animale, ne risultano dei movimenti spasmodici, delle contrazioni muscolari. È chiaro adunque che il fosforo rappresenta nell’economia animale una parte più importante di quella che finora è stata creduta; e che il pensiero, la mente, e molte azioni nervose colle quali questa non ha connessione, la volontà e la sensibilità comune, sono intimamente connesse colla presenza del fosforo nell’asse cerebro-spinale. Come esempio di ciò possiamo domandare: Che cosa è il movimento causato dalla volontà? Uno stende la mano per raggiungere un dato oggetto: del fosforo si è ossidato nel cervello entro le cellule che comunicano o sono solamente in contatto colle fibre nervose, e la corrente elettrica [6] prodotta dall’ossidazione del fosforo nel cervello a a queste fibre (proprio nello stesso modo che nei fili telegrafici) e va al braccio o alla mano, ne risulta una contrazione muscolare nell’arto - e l’azione che si voleva è compiuta. Ogni pensiero, ogni sensazione è accompagnata da un cambiamento nella composizione della sostanza del cervello” - LIEBIG.
“Secondo calcoli accurati, tre ore di studio profondo logorano il corpo più che un giorno intero di faticoso esercizio fisico. Senza fosforo non vi è pensiero, dice un dotto tedesco; ed il consumo di questo elemento essenziale del cervello aumenta in proporzione della quantità di lavoro che a quest’organo si fa compiere. L’uso ed il consumo del cervello si determina facilmente per mezzo di un esame accurato dei sali contenuti nelle secrezioni liquide” Giornale di Chimica di Boston. L’importanza del cervello è ancora dimostrata dal fatto che quantunque esso pesi in media solamente una quarantesima parte del peso di tutto il corpo, un quinto del sangue va a nutrire quest’organo. Ora il cervello prende le sue provviste di fosforo, come generalmente si crede, dai fosfati terrosi od alcalini introdotti nell’organismo coll’alimentazione? Esiste nel corpo qualche atto organico che ha il potere di deossidare i fosfati ed estrarre il fosforo libero? La temperatura media dell’uomo è 37 gradi centigradi, e l’unico mezzo che abbiamo al presente di preparare artificialmente il fosforo dai fosfati è quello di distaccarne l’ossigeno per mezzo del carbone di legno al calore rosso, temperatura che non si può trovare in nessun organismo vivente, né vi è nel corpo qualche azione elettrica di tanta forza da raggiungere questo risultato. “La luce scompone l’umidità nelle piante, nei suoi costituenti idrogeno ed ossigeno, e disimpegna l’ossigeno dall’acido carbonico, facendo depositare il carbonio insieme all’idrogeno, formando la gomma, le resine e gli olii. La consolidazione
ed il vigore della pianta dipende dalla luce. La ritenzione dell’ossigeno per mancanza di luce rende le piante bianche... La luce solare è l’agente per mezzo del quale il gas acido carbonico è decomposto. La vita di ogni essere creato è tanto più perfetta quanto più esso gode dell’influenza della luce. Lasciate una pianta od un animale privi di luce, e nonostante ogni nutrimento, ogni cura ed ogni coltivazione, essi perderanno prima il loro colore, poi la forza, ed in ultimo decadranno interamente. Anche l’uomo che a la sua vita nelle tenebre diventa pallido, rilasciato e pesante, e a lungo andare perde ogni energia vitale, come è provato dai molti tristi esempi di persone chiuse in oscure prigioni”. Nelle tenebre non vi è espansione di vita organizzata se non a spese della putrefazione e della decomposizione, risultandone solamente la produzione di vegetali dei generi meno perfetti; a parte questi, nessuna forma di vita di un ordine più elevato vi si genera, nessun essere che senta, nessuno che respiri. “La luce fosforescente che si vede nell’oceano è prodotta da quantità innumerevoli di insetti fosforescenti (noctiluca miliaris), ed è qualche volta così intensa da far sembrare le onde come globi arroventati”. Owen descrive dei molluschi flessibili e cilindrici, nel mare presso Bengala, lunghi un piede e spessi due pollici, che agitati, diventano vividamente luminosi”. Grosse specie di lucciole sono molto comuni nel Messico e nell’America del Sud, e specie simili si trovano in Africa; “esse splendono d’una luce fosforescente così forte, che una persona può leggere colla luce di tre di esse”. Alcuni di questi insetti hanno tre piastre luminose, una per ciascun lato della testa, ed una nella parte inferiore del corpo. La luce continua per qualche tempo dopo che l’insetto è morto. La luce del verme lucente è troppo ben conosciuta per essere necessaria la descrizione. La luce è emessa solamente quando esso è in movimento, e viene dagli ultimi due anelli dell’addome. I suoi avanzi sono fosforescenti.
“La fosforescenza è stata notata specialmente nei funghi. Una specie di agarico, nell’Australia occidentale, si dice che dà una luce d’una intensità sufficiente per poter leggere con essa. Il legno in putrefazione è spesso fosforescente a causa dei miceli dei funghi che contiene, e nel Brasile certi funghi danno una luce simile a quella delle lucciole”. La chiocciola, i millepiedi ed altri animali inferiori sono distintamente luminosi nelle tenebre, come pure lo sgombro, l’aringa e molti altri pesci. Von Humboldt, parlando delle meduse trovate nell’acqua del mare, dice: “Essi osservarono che, dopo che era diventato oscuro, nessuna delle tre specie di meduse che avevano raccolte, emettevano luce se non erano leggermente scosse. Quando una di esse molto irritabile era posta in un piatto di
stagno il quale venisse percosso da un corpo metallico, le vibrazioni dello stagno erano sufficienti per far risplendere l’animale. Qualche volta, galvanizzando le meduse, la fosforescenza appare nel momento in cui il circuito si chiude, quantunque l’eccitatore non sia in contatto del soggetto. Le dita, dopo che le hanno toccate, restano luminose per due o tre minuti. Fregando un legno con una medusa, esso diventa luminoso, e dopo che la fosforescenza è cessata può essere riaccesa ando sopra di esso la mano asciutta”. E più oltre dice: “Al loro ritorno i viaggiatori furono colpiti dal numero prodigioso d’insetti fosforescenti che illuminavano le erbe ed il fogliame. Questi insetti (elater noctilucus) sono alle volte usati come lampade, posti in zucche perforate; ed una giovane donna a Trinidad riferì loro che durante una lunga traversata, essa era sempre ricorsa a questa luce, quando dava latte al suo bambino di notte, non permettendo altra luce a bordo il capitano, per paura dei pirati”. L’autore stesso ha visto l’erba e gli arboscelli delle foreste in Africa illuminati splendidamente e luccicanti di insetti luminosi; e le onde dell’oceano brillanti come di vivido fuoco, per la luce emessa da certe specie di meduse, e dove è riuscito a procurarsene degli esemplari, si trovò che la luce era fosforescente; in molti casi le dita restavano luminose dopo averle toccate; e da molte di esse si poté ottenere una soluzione luminosa di fosforo in forma ossidabile. Ed ora è egli possibile che tutti questi esseri luminosi della natura animata, tanto vegetali che animali, ottengano il loro fosforo dai fosfati? Giacché è nostro desiderio di evitare la teoria e la speculazione sino a che abbiamo prove sufficienti per dire positivamente sì o no, lasceremo l’argomento della sorgente del fosforo che si trova nel cervello e negli altri organi dell’uomo, facendo le seguenti domande:
1°Estrae l’uomo il fosforo esistente nel suo organismo dai fosfati contenuti nella sua alimentazione, per mezzo d’una decomposizione chimica la cui natura non è facile a spiegare?
2° L’ottiene egli in parte dai fosfati, ed in parte da altra sorgente?
3° L’ottiene egli solamente da altra sorgente?
Qualunque possa essere la sorgente del fosforo cerebrale, è chiaro che esso deve prima trovarsi nel sangue, e da questo deve essere portato nel cervello, che noi possiamo quindi considerare come una glandola, una delle cui funzioni sia quella della secrezione od assorbimento del fosforo del sangue, di raccoglierlo e fissarlo nella sua propria sostanza, perché pigli parte in alcuna delle più importanti funzioni e manifestazioni dei fenomeni vitali, tanto percettibili che impercettibili, che formano parte incidentale od essenziale di quello stato ancora incomprensibile ed indefinibile che chiamiamo Vita: di cui possiamo completamente conoscere gli elementi o i materiali coi quali è fatta, ma il cui disegno ci resta oscuro, il disegno è noto al solo Architetto. Esperimenti diretti e molte memorie sulla patologia chimica del cervello mostrano che quantunque i fosfati col loro deposito graduale spesso aumentino nel cervello, la quantità di fosforo ossidabile decresce nella vecchiaia. Abbiamo fatto le osservazioni che precedono sul fosforo per mostrare la grande importanza di questa sostanza nell’economia animale, per dimostrare brevemente le interessanti ed istruttive proprietà e la manifesta influenza che esso ha su molti dei fenomeni osservati e comprensibili della vita organica, nella speranza che molti di questi fenomeni possano non a lungo rimanere dei problemi da sciogliere per la posterità: ed inoltre le abbiamo fatte per assodare quanto avevamo affermato nel nostro primo capitolo, cioè che questo gran principio vitale, che si accentra nell’asse cerebrospinale, va man mano scemando, perché il cervello ed i nervi perdono gradatamente il loro rifornimento di sangue, i loro poteri di selezione ed imbibizione, e sono privati del loro ordinario nutrimento per effetto di quel graduale processo di indurimento e calcificazione”. Noi non asseriamo che il fosforo è per se stesso un principio vitale, ma che esso rappresenta una parte importante nei fenomeni della vita organica; e poiché il cervello deve necessariamente prendere il suo rifornimento di fosforo dal sangue che circola nei vasi, i quali, come abbiamo già dimostrato, gradatamente s’induriscono, si calcificano e scemano nel calibro, a misura che l’età si avanza, così il cervello ed i nervi devono gradatamente perdere i loro poteri di selezione ed imbibizione, e restar privi del loro ordinario nutrimento, e così la quantità di fosforo ossidabile nel cervello decresce nella vecchiaia. Da ciò la graduale decadenza delle funzioni cerebrali e nervose, e di quelle che direttamente od indirettamente dipendono da questi organi delicati e squisitamente formati.
La ragione per la quale il fosforo, che, come dice Magendie, “parrebbe che avesse a produrre quasi delle risurrezioni”, è stato tenuto in così poco conto, è
interamente dovuta alla mancanza di preparati convenienti. Presentemente esso è usato sotto forma di pillole, combinato col balsamo del Tolù, cera gialla, e simili veicoli; esso è anche usato sciolto nell’etere solforico, nel cloroformio, nell’alcool rettificato, ecc., ed anche dato internamente in soluzione negli olii di mandorle, d’ulivo e di fegato di merluzzo. Se si aggiunge l’acqua alla soluzione eterea od alcoolica, il fosforo precipita. In forma di pillole esso è insolubile nell’acqua, è anche insolubile nel sangue, e quindi poco o niente fosforo in queste preparazioni è realmente assorbito e assimilato dall’organismo. Di più, a causa dell’ossidabilità del fosforo in forma solida, esso può produrre infiammazione ed anche ulcerazione dello stomaco e degli intestini; possiamo quindi dire senza esitazione che ogni preparato di fosforo in cui si trovano delle particelle solide o che son prodotte dall’aggiunzione dell’acqua è, per lo meno, insicura ed incerta nella sua azione, e può esserne pericoloso l’uso. Anche in soluzione nell’olio abbiamo visto in un’occasione produrre una irritazione tale da risultarne una malattia simile in apparenza all’erisipela [7] È giusto dunque ed è corretto stabilire che i preparati di fosforo generalmente usati non sono soddisfacenti nei loro risultati. Lo sciroppo denso, la mucillaggine e parecchi composti simili hanno la proprietà di ritenere il fosforo libero, non in sospensione, ma in soluzione acquosa, se è trasmesso loro in un veicolo adatto o in un solvente volatile. Per esempio se sciogliamo nell’etere solforico tanto fosforo quanto l’etere ne può sciogliere, ed aggiungiamo da trenta a sessanta goccio di questa soluzione ad un mezzo litro di sciroppo denso, li agitiamo insieme, lasciamo evaporare l’etere, e decantiamo la maggior parte del sciroppo, lasciandone una piccola parte nel fondo del vaso, la quale ritiene le particelle solide del fosforo che possono essere precipitate, la parte decantata del sciroppo è perfettamente chiara e trasparente, e si troverà che contiene in soluzione acquosa una quantità di fosforo tale che, somministrata la soluzione anche alla dose di una o due dramme, può aumentare la quantità di fosfati che si trovano nelle secrezioni liquide. Usando la glicerina invece dello sciroppo, si può ottenere una preparazione più forte di quella detta ora. Ecco dunque che abbiamo due preparati di fosforo in soluzione acquosa, e quantunque essi non ne contengano che piccole proporzioni, queste sono in una forma tale che non possono precipitare, e che possono essere prontamente assorbite dall’organismo. Le piccole dosi sono sufficienti, purché siano assimilate interamente, mentre che di molti preparati di cui si dà una trentaseiesima od anche una ventesima parte di granello per dose, solamente una frazione di essa serve all’uso richiesto, ed il rimanente spesso è eliminato immutato dall’organismo. Nei tempi moderni del vapore e del telegrafo, il fosforo spesso è un costituente insufficiente del cervello e dei nervi. Esso è spesso consumato nel turbinio degli affari, negli ansiosi
momenti tra la perdita ed il successo, nel dolore e nella tristezza, nell’aspra lotta sostenuta per la famiglia o per privazioni d’altro genere, nell’applicazione mentale e negli esercizi della scuola, a qualunque ramo della scienza uno si dedichi; ed anche nelle eccessive libazioni inebrianti, per chi prova godimento dalle proprietà stimolanti ed inconsciamente solventi dell’alcool (che usato in eccesso scioglie ed elimina il fosforo del cervello), donde il tremore ed altri sintomi dipendenti da mancanza di potere nervoso. Per dimostrare l’azione del fosforo sull’organismo, dopo il suo assorbimento nel sangue, possiamo dividerla in due parti. Una è portata dalla circolazione nel cervello, che lo assimila e lo fissa nella sostanza sua propria; e serve così a pigliar parte, ed anche ad aumentare molti dei fenomeni mentali e nervosi della vita organica. L’altra parte è portata dal sangue in ogni tessuto ed organo del corpo. Durante il suo aggio esso fissa l’ossigeno e si combina con quello che si trova nel sangue, diventa ipofosfato e poi acido fosforico. Il fosforo adunque si combina coll’ossigeno del sangue, ed in questo modo impedisce l’eccessiva ossidazione ossia il consumo dell’organismo; e poi, quando, colla sua unione coll’ossigeno, diventa acido fosforico, si combina colle basi alcaline e terrose che si trovano nel sangue, formando sali neutri; ed inoltre, aumentando la quantità dell’acido fosforico, una parte dei composti terrosi insolubili (che sono stati gradatamente depositati) diventano super-fosfati, i quali sono solubili e circolano di nuovo nel sangue, e di essi una parte è rimossa dall’organismo colle secrezioni liquide, impedendo così, l’accumulo dei composti terrosi, e rimovendo anche quelli che sono stati già depositati. Il fosforo adunque, per la sua grande affinità con l’ossigeno, impedisce gli accumuli nocivi delle sostanze fibrose e gelatinose, e diventando acido fosforico elimina la materia terrosa che si è gradatamente accumulata, il che noi abbiamo chiamato calcificazione, che è la causa principale della vecchiaia e della morte naturale; esso adunque, nel pieno senso della parola, prolunga la vita per un lungo periodo. Gli ipofosfiti hanno una simile azione, essi fissano l’ossigeno del sangue e diventano fosfati, impedendo così il consumo non necessario dell’organismo. Questa è l’unica ragione per la quale gli ipofosfiti agiscono così beneficamente nella tisi [8] Però solamente gli ipofosfiti alcalini servono a questo scopo. L’acido fosforico non possiede che una sola azione, quella cioè di prevenire gli indebiti accumuli, e di rimuovere i composti terrosi dall’organismo, azione che abbiamo di già considerata. Perciò fra gli agenti meglio adatti a prolungare la vita per un lungo periodo noi annoveriamo principalmente l’acqua distillata, usata giornalmente per bevanda, il fosforo inossidato, nello sciroppo, nella glicerina, ecc., alla dose di una o due dramme, secondo la forza della soluzione; gli ipofosfiti alcalini, e l’acido fosforico diluito (corrispondente al dieci per cento del peso dell’acido anidro) in
dose da dieci a venti gocce, ben diluite nell’acqua. Questo preparato può esser preso due o tre volte al giorno (secondo il grado di calcificazione) come un alimento e non come una medicina. Si potrebbe naturalmente domandare: se la vita fosse prolungata dai mezzi alimentari, e dagli agenti dianzi menzionati, quale sarebbe lo stato del corpo che accompagnerebbe tale esistenza? A ciò rispondiamo che, essendo la causa in gran parte sospesa, l’effetto non potrebbe seguire così prontamente e prematuramente, come avverrebbe se essa continuasse ad agire. E quindi i molti organi e tessuti non potrebbero così presto indurirsi e calcificarsi. Le numerose caratteristiche della vecchiaia non potrebbero esistere nella stessa estensione, ed uno stato di giovinezza mentale e corporale sarebbe conservato per un lungo periodo di tempo.
[1] L’acqua dì Londra contiene da 15 a 18 grani di calce per gallone (circa quattro litri). Il suo uso come bevanda tende ad accorciare la vita ad un grado maggiore di quello che si possa generalmente immaginare [2] La rugiada è fatta dalla condensazione del vapore acquoso per mezzo di un corpo che ha radiato il suo movimento atomico di calore al disotto della temperatura della atmosfera circostante. Il suo potere solvente era noto ai frati Crociferi che usavano la rugiada del mattino come bevanda [3] Quando consideriamo che da lungo tempo i nativi di quasi tutti i paesi son ricorsi all’uso di infusi vegetali come il thè, il caffè o la cioccolata, dobbiamo convenire che ciò dipende da qualche bisogno fisiologico. Nell’America Centrale e Meridionale tanto gli Indiani che i Creoli si danno al consumo della cioccolata. Gli Indiani del Nord America hanno il loro Apollachion ed altre specie di thè, e nelle Indie occidentali e negli Stati Uniti gli Europei bevono il caffè. Lo stesso avviene nella Francia, nel Belgio, nella Turchia, nella Germania, nella Svezia ed in Italia. L’Inghilterra e la Russia usano il thè, come pure la Cina ed altri paesi asiatici. I seguaci di Maometto bevono il caffè, ed anche nell’Africa centrale troviamo il caffè abissino. Dovunque si vada, si trova qualche bevanda indigena, e, ciò che è più notevole, tutte sono quasi identiche nella composizione chimica. Esse contengono un olio volatile da cui deriva il loro aroma, un composto azotato, come la teina, la caffeina o la teobromina, od anche un acido astringente, di cui un buon esempio è l’acido tannico del thè. Coll’aggiunta di ossigeno ed acqua i costituenti azotati dànno la taurina, un costituente della bile. La teina è molto simile alla creatinina, che si trova nel
sistema muscolare degli animali a sangue caldo; cosicché queste bevande presentano una notevole somiglianza al brodo nel loro potere vivificante. Gli esperimenti di Lehmann nei 1854 mostrarono che quando l’infuso di tre quarti d’oncia di caffè è dato giornalmente per quattordici giorni, “la quantità di urea e di acido fosforico emessa dai rognoni era minoro di un terzo di quando si mangiava lo stesso cibo, ma senza caffè”. La sua opinione era che esso ritardasse il consumo dei tessuti del corpo, e così è senza dubbio, perché abbiamo in esso un principio azotato che aiuta la nutrizione, e nello stesso tempo ne abbiamo uno astringente, che, combinandosi chimicamente coi tessuti gelatinosi del corpo, li indurisce ed impedisce il loro consumo e decadimento. Vi è dunque una ragione fisiologica perché 100 milioni d’uomini bevono caffè, 55 milioni il cacao, da 10 a 20 milioni infusi di simile natura e più di 500 milioni il thè. In alcuna di queste bevande si è trovato per esperienza che la quantità della materia astringente è qualche volta troppa per l’assimilazione. Così quelli che bevono forti decozioni di thè, ed in gran copia, soffrono di una speciale dispepsia dovuta al tannino che agisco sulle pareti dello stomaco e ne ritarda le secrezioni. Ciò ha reso necessario l’uso di una sostanza che si combina col tannino e ne impedisce l’azione dannosa. Il latte è stato trovato uno dei migliori liquidi per questo scopo, e quantunque il principio chimico non sia stato mai chiaramente spiegato, pure esso è molto semplice. Il tannino del the si combina cogli albuminoidi costituenti del latte, e forma una sostanza temporaneamente insolubile, parte della quale è in seguito digerita ed assimilata dal corpo, senza che ne nasca alcuna azione nociva. I Cinesi fanno stare al fuoco il thè solamente per pochi minuti, quindi solamente una porzione di tannino viene estratta, ed esso può esser preso senza latte. Il sistema russo di prendere il succo di limone nel the è anche buono, perché la presenza dell’acido citrico impedisce l’azione astringente sulle pareti e sulle glandole dello stomaco. La maggior parte di queste infusioni ritarda il processo della digestione. (La ragione del grande uso delle bevande menzionate non sta tanto nella loro azione tannizzante invocata dall’autore, quanto in quella eccitante, della quale l’uomo va avidamente in cerca. Tutti i mali che l’umanità ha a deplorare per l’abuso dell’alcool hanno la loro prima origine in questo bisogno di eccitamento) (N. d. T.). [4] Pochi anni fa apparve un articolo nei Daily Telegraph intitolato: “Il modo di vivere per sempre”. Era il riassunto di un trattato intitolato: Macrobiosi ed Eubanosi: due metodi scientifici per il prolungamento e l’abbellimento della vita umana, del dottor GUGLIELMO SCHMOELE, professore di patologia in Germania. Ecco alcuni brani dell’articolo del giornale. “La trasmutazione dei metalli, la quadratura del circolo, ed il moto perpetuo rimangono ancora misteri
insoluti, probabilmente perché il dottor Schmoele non ha ancora volta la sua attenzione ad essi; però l’Elisir della Vita ci è rivelato dalle sue pazienti e laboriose ricerche negli arcani della Natura. “Era riserbato al dottor Schmoele di rallegrare il mondo colla scoperta che il sugo di limone è l’elisir della vita... e che a seconda dell’età di questo o di quello si debba mangiare un dato numero di limoni ogni mattina ed ogni sera. Egli fiduciosamente spera di presentare nell’età futura, molto remota, alla posterità un’illustrazione della sua teoria nella sua stessa persona, cioè. che chi mangerà solamente limoni non morrà mai. Il conte Weldeck morì in Parigi all’età di 120 anni, e ad ogni luna nuova e luna piena aveva l’abitudine di divorare delle radici inzuppate. nel sugo di limone in gran quantità. - Non erano le radici, dice Schmoele, ma il sugo di limone che prolungò la vita per tanti anni. Fra i cinquanta ed i sessanta anni la dose per le signore è stabilita a tre limoni al giorno, e per gli uomini a quattro. Un limone di più al giorno è ordinato per ciascun sesso e per ogni anno di più. Così una persona sarebbe ben presto affaccendata a mangiar limoni tutto il giorno, e farebbe a sé stessa la domanda: vale la pena di vivere? Il sugo di limone agirebbe come solvente per la calce contenuta nei cibi vegetali, allo stesso modo che si può sciogliere una perla o altra sostanza simile in esso. Questa azione potrebbe solamente verificarsi prima che la sostanza sia ingoiata, perché l’acido si risolverebbe dopo nell’organismo in acido carbonico ed acqua, non attaccherebbe la calce e la lascerebbe depositare, e non agirebbe come solvente della sostanza calcarea nell’organismo. -II principio attivo del limone è l’acido citrico che non rimuove la calce dall’organismo, ma la sua decomposizione abbassa la temperatura del corpo, diminuisce il consumo organico, e tende così indirettamente a prolungare la vita, ma non nei limiti immaginati dal dottor Schmoele. Il fosforo, l’acido fosforico e parecchie altre sostanze sono più efficaci e scientificamente più corrette nel principio. Temiamo che l’imbibizione di una grande quantità di succo di limone non sarà quella che annunzierà l’avvicinarsi del tempo in cui, come Sir Walter Scott dice: I savi diventeranno i monarchi della terra, e la morte stessa si ritirerà davanti al loro disprezzo”. [5] Un esempio simile si vede nel diamante, perché quando il diamante è fortemente riscaldato in un mezzo incapace di agire chimicamente sopra di esso, si gonfia e si converte in una massa nera rassomigliante al coke, ed inoltre quando esso è bruciato nell’ossigeno, non si forma altro che acido carbonico, ciò dimostrando che esso non consta che di solo carbonio. Il diamante non è solo puro carbonio, perché una qualche cosa imponderabile ne è scacciata dal calore, ed il carbonio puro resta esattamente lo stesso nel peso, ma non è più diamante. Noi abbiamo quindi scoperti i mezzi per eliminare questo qualche cosa del
diamante, ma non siamo stati ancora capaci a rimpiazzarvela, ossia riunire il carbonio a questo quid imponderabile. Quando ciò sarà scoperto, potremo fare i diamanti artificialmente, e se qualcuno si proporrà questo scopo, non vediamo nessuna impossibilità per tale successo. Lo scopritore sarebbe forse colpito da stupore, e potrebbe anche essere piacevolmente sorpreso dalla semplicità della scoperta [6] Nello studio di un eminente filosofo chiamato De Luc fu tenuta per anni in regolare oscillazione una palla sospesa, per mezzo di successivi accumuli di elettricità proveniente da una pila a secco, mentre che il movimento della palla ne produceva la scarica. Un fatto analogo si ha per la pulsazione del cuore. Il fosforo deve necessariamente essere ossidato a poco a poco nell’asse cerebrospinale, anche nel sonno; l’elettricità deve svilupparsi, e quando ha raggiunto una certa tensione, deve scaricarsi lungo i nervi che animano il cuore, e così produrre la sua pulsazione, e la circolazione del sangue che ne deriva. Ad una simile conclusione giunse Sir Giovanni Herschel ed anche il dottor Arnott, ma nessuno di loro dimostrò una sorgente del potere elettrico occorrente [7] Ciò può essere dovuto alle particelle di olio che tengono il fosforo in soluzione, e che, incapaci di ulteriore suddivisione, si arrestano nei capillari che nutriscono la pelle. [8] Secondo due recenti teorie sulla tisi, indipendentemente da quella dei bacilli, è asserito che essa è dovuta a mancanza di fosforo ossidabile nell’organismo; e poi che essa è causata da inanizione minerale. Ora entrambi questi fatti sono caratteristici della malattia. L’ossigeno atmosferico ossida eccessivamente il fosforo nella tubercolosi; vi è quindi una mancanza di fosforo ossidabile nel corpo. L’eccessiva ossidazione dà luogo ad un eccesso di acido fosforico, che elimina i sali alcalini e terrosi dell’organismo, e si ha quindi la cosiddetta nutrizione difettosa minerale. Ma nessuno di questi due fatti è causa, essi non sono che risultato, effetto di una causa distinta e dimostrabile, come pure la formazione del tubercolo - Vedi “Tubercolosi e nuove ricerche delle sue cause” dello stesso autore.
CAPITOLO VII - Conclusione
La scienza insegna, ed anche il più superficiale osservatore, che, per un intento o per un principio, tenta di comprendere la verità ed i fenomeni della natura universale, ammette senza esitazione che ogni fenomeno ha la sua ragione, ogni effetto la sua causa. È questo un fatto assodato ed indiscutibile; ma come spesso le leggi della vita e della morte son condannate al disprezzo degli ignoranti, e sono altresì rimosse dal loro legittimo posto, che esse per necessità devono occupare, formando volumi nella libreria dell’accademia della Natura! Per ragione di metodo noi classifichiamo ed accomodiamo in molti capitoli, i quali non servono se non ad evitare il caos delle osservazioni, delle descrizioni e delle deduzioni; le confusioni che così si evitano, si vedono chiaramente, ma un ramo della scienza dipende da un altro, ciascuno forma una parte, e tutti uniti formano il tutto, perché la Natura è una. Il riconoscerne uno ed ignorarne un altro in parte o interamente - ogni parte del quale dipende dal tutto - è rompere un ordine che deve rimanere intatto. Il dire che ogni cosa muore semplicemente perché ha vissuto - che l’età dell’uomo è fissata, senza addurre ragione o causa - è non solamente presunzione, ma certamente anche mancanza di concezione, una incredulità in ciò che è e che perciò deve essere, ed un assalto alle leggi fisse ed immutabili dei fenomeni naturali. Quando riflettiamo e meditiamo sul progresso dell’uomo civilizzato, notiamo un miglioramento meraviglioso in quello che lo circonda, per il suo benessere e la sua comodità; vediamo uno spirito di ricerca tra gli uomini, un silenzioso avanzare del pensiero, un sicuro progresso, spinto innanzi da una legge eterna - legge di Natura - l’esperienza. Possiamo paragonare questa legge ad un circolo, di cui non conosciamo né il principio né la fine. Questo circolo si allarga, si espande, dove è il suo limite? L’opposizione, il rimprovero, le minaccia e la violenza possono essere solamente un freno temporaneo; essi non possono restringere, abbattere od arrestare il progresso della inchiesta, la perspicacia delle ricerche, i risultati dell’esperienza. Ma fra i tanti ed estesi oggetti di ricerca non è forse quello che riguarda la conservazione della vita il più importante per tutta l’umanità? Che cosa è l’uomo senza la salute, anche se allietato dalle ricchezze? Togliete queste ed il lusso che le accompagna, e dategli solamente la salute: raggiunta questa, il primo desiderio sarà il ritorno alla ricchezza. Ma sia colla salute, sia colle ricchezze, resta sempre una parola che abbiamo in odio a profferire, un pensiero che ci fa paura a
meditare, una cosa che ci dà affanno, pena e dolore. Quella parola, quel pensiero è la Morte. Anche quando la vita appare un pesante fardello, come tenacemente gli uomini si attaccano ad esso! Come lo spirito rifugge da una lotta colla Morte! Con quanto amore esso si tiene abbracciato alla vita. Il gran desiderio dell’uomo è la salute ed una lunga vita sulla terra; non vi sono che poche eccezioni, effetti di impressioni incidentali. “L’uomo si attacca al mondo come alla sua propria casa, e ben volentieri vivrebbe ivi per sempre. E possiamo noi vedere la terra di recente smossa per tante tombe, udire le campane sonanti quasi continuamente a mortorio, che annunziano la dipartita di un’altra anima dal suo involucro corporeo, incontrare i nostri compagni vestiti delle vesti del dolore, udire una dopo l’altra la morte di coloro che conoscevamo, che forse eravamo abituati a rispettare, forse anche ad amare, senza arrestarci e considerare se mai non si possa cercare e felicemente trovare la vera causa o almeno trovare i mezzi di frenare la prematura dissoluzione che tanto dolorosamente suscita le più profonde e più riposte simpatie della nostra anima? Il prolungamento della vita del popolo deve diventare una parte essenziale della politica familiare, municipale e nazionale. Per quanto sia giusto e glorioso il correre dei rischi e sacrificare la vita pei pubblico bene, si è sempre sentito che la lunghezza dell’esistenza è la misura, e che la salute del popolo è il fondamento della sua felicità. La morte intempestiva è un gran male. Che cosa vi è di più doloroso della morte prematura di una moglie, di un figlio, di un padre? Che cosa rende frustranee tante speranze, tronca tante fauste intraprese, come la morte non naturale? I poeti, fedeli interpreti delle nostre aspirazioni, hanno sempre cantato che in tempi più felici pel mondo questa sorgente di lacrime sarà essiccata”. Nei tempi presenti in cui siamo tanto abituati alle meraviglie, che la nostra meraviglia non più ne resta eccitata; in cui mandiamo i nostri pensieri intorno al mondo colla velocità del lampo; in cui udiamo una voce a tante miglia di distanza per mezzo del telefono; udiamo il tintinnio d’un orologio, ed anche il ronzio d’una mosca, per mezzo del microfono; in cui trascriviamo le vibrazioni del suono con precisione matematica; in cui congeliamo l’acqua per mezzo di crogiuoli riscaldati al calore bianco; in cui fondiamo il rame per statue senza aiuto del calore; in cui è possibile illuminare città senza gas, con lampade prive di fiamma e di fuoco; in cui alcuni dei più preziosi minerali sono prodotti dai loro elementi; in cui noi crediamo che domani anche il diamante può essere artificialmente prodotto; con tutte queste meraviglie venute alla luce recentemente a beneficio del genere umano, deve l’uomo stesso restare escluso dal progresso sociale che si manifesta giornalmente? Saranno le imprese della scienza di nessun profitto per beneficare la sua degenerata esistenza? Non tenderà a questo scopo la nostra sempre crescente conoscenza della natura, e la
padronanza che abbiamo dei suoi elementi? A questo riguardo Liebig dice: “Non è forse la scienza la pietra filosofale che promette di rivelarci le leggi della vita, e che dovrà finalmente procurarci i mezzi di curare le malattie e di prolungare la vita?” [1]
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Il campo delle ricerche diventa più ricco e più vasto in seguito ad ogni nuova scoperta, che è spesso altrettanto preziosa, se non più utile dell’oro, ed è effettivamente un cambiamento a beneficio e per la comodità dell’uomo. Ma pure egli è stato per sé stesso poco beneficato dalla scienza, la quale però dovrà necessariamente in ultimo insegnare un mezzo di curare le malattie e di prolungare la vita. È egli giusto alla presente epoca della così detta scienza
irridere gli alchimisti dell’epoca antica, i quali diligentemente lavorarono e cercarono una “terra vergine”, una sostanza misteriosa che cambiasse i metalli inferiori in oro, e che fosse un mezzo di curare le malattie, e di ridare la gioventù al corpo esausto dall’età, e di prolungare indefinitamente la vita? Una tale irrisione sarebbe affatto ingiusta. Perché l’attuale scienza chimica deve la sua posizione, la sua esistenza, e forse la sua origine, alle indefesse osservazioni e ricerche degli alchimisti, i quali si erano ingolfati in esse nelle loro laboriose ricerche della “pietra filosofale”. Tutto quello che essi cercarono esiste, e potrà in ultimo esser trovato dalla scienza senza limiti della chimica. È l’ossigeno che, combinandosi colle sostanze combustibili, durante la combustione, produce il consumo di quei combustibili. È l’ossigeno che, combinandosi in simile modo colla sostanza del corpo umano, specialmente durante la respirazione, produce il consumo dell’organismo e la necessità del cibo. È l’ossigeno che corrode e distrugge la solida fabbrica dei palazzi, dei castelli, delle abitazioni e delle chiese, ed eventualmente li riduce in polvere. I ponti in ferro, i monumenti in marmo, le massicce costruzioni, di qualsiasi architettura e materiale, devono soccombere a questo agente che tutto distrugge. Il proverbio latino suona: “Tempus edax rerum”, Il Tempo consumatore d’ogni cosa. Ma il Tempo non avrebbe alcuna potenza senza l’ossigeno, quale è realmente l’ edax rerum. Il Tempo è pure incolpato dei cambiamenti che hanno luogo nel corpo umano dalla gioventù alla vecchiaia, ma è l’ossigeno che, consumando i tessuti dell’uomo, rende necessario il suo rifornimento dai cibi, i quali contengono sostanze terrose ed ostruttive sostanze che accumulandosi nei numerosi organi e tessuti del corpo, ne aumentano la densità e la rigidezza, ed indurendoli sempre più, producono le varie caratteristiche, tanto nell’apparenza che nella tessitura, della vecchiaia, e coll’intirizzire delle giunture producono quella impotenza e quella inattività, che, unita all’indurimento ed alla calcificazione dei numerosi organi, fanno che la macchina umana si muova sempre più lentamente, e finalmente si arresti e muoia di “morte naturale”. Così si vede che l’ossigeno, quantunque necessario per sostenere la vita, è la causa principale, rendendo necessario il cibo, di quei cambiamenti che sono tanti i dalla culla alla tomba. Esiste adunque il paradosso che, mentre noi respiriamo l’alito della vita, inaliamo anche l’“edax rerum” che non richiede altro che Tempo per portarci alla nostra distruzione. Possiamo dunque dire che l’ossigeno è solamente la causa primaria, perché rende necessario il. cibo; e che la materia terrosa ed ostruttiva contenuta nel cibo è la causa immediata ed attiva, poiché essa gradatamente fa sorgere la rigidità, la calcificazione e la morte. Come un tubo tenuto libero dalle sostanze imbarazzanti ed ostruenti, ed alimentato da gas puro, continua a dar fiamma, indipendentemente dal tempo, “così il corpo umano alimentato con cibi liberi da
materie terrose ed ostruttive, riterrà la fiamma della vita” - Longevità patriarcale. I benefici effetti delle frutta come sostanza alimentare, tanto nello stato sano come nelle malattie, non saranno mai troppo apprezzati. Nello stato sano la mela, la pera, l’uva, le fragole, l’uva spina, i pomidoro [9] , i fichi, i datteri, i meloni e tanti altri offrono tanto campo alla scelta che l’appetito più capriccioso non. può mai disgustarsene. La quantità di frutta nel Regno Unito non è grande, ma notevoli quantità ne sono importate tanto fresche che in conserva, da tutte le parti del mondo, ed il loro consumo va rapidamente diventando popolare fra tutte le classi; e c’è da sperare che i nostri concittadini diventeranno sempre più sensibili ai benefici che possono ritrarre da un uso più generale e frequente delle frutta come cibo giornaliero. “Certamente vale tanto la pena di cercare ciò che è meglio per alimentare un Inglese quanto di cercare ciò che egli dovrà imparare o credere. Eppure la maggior parte di noi alimentiamo la macchina a vapore umana con ceneri, nella nostra estrema trascuratezza ed ignoranza del consumo della forza vitale che ne risulta. Quale è il sostegno della vita? Noi ci siamo nutriti abbastanza del frutto dell’Albero della Scienza del bene e del male. Potrebbe darsi che, se solamente ci adattassimo a vivere da uomini ragionevoli, noi diventassimo come gli dei, liberi della macchia della corruzione impartitaci dalla materia morta ed inerte, e che gareggiassimo in un tempo colla nota longevità dei Patriarchi” - Times settimanale. “Quando il dolore e l’angoscia spremono il ciglio sia per leggere indisposizioni temporanee, sia nelle lunghe malattie febbrili, che cosa è più rinfrescante e benefico del succo del dolce arancio? Ed in verità, in molte parti del mondo, specialmente nelle regioni tropicali, il succo dell’arancio, preso in grande quantità, è stato trovato essere uno specifico per molte specie di febbri; esso infatti è il rimedio della Natura, ed un rimedio insorabile. Il detto “l’arancio, l’uva e la fragola curano”, è chimicamente corretto [10] I cibi cereali e farinacei formano la base dell’alimentazione dei cosiddetti vegetariani, i quali non sono guidati da alcun diretto principio, tranne che da quello di credere che non è giusto mangiare cibi animali. Per tal ragione i vegetariani non godono migliore salute degli altri, e non vivono più a lungo. Le nostre osservazioni perciò riguardano le frutta come una cosa a parte tra i vegetali. Abbiamo mostrato un mezzo per arrestare parzialmente la incessante azione dell’ossigeno atmosferico; minor quantità di cibo, quindi, sarebbe necessaria per sostenere la vita. Abbiamo anche additato un mezzo di sopperire una sostanza che a poco a poco diventa deficiente a misura che l’età si avanza, la quale deficienza è solamente dovuta alla causa immediata ed efficiente della vecchiaia, l’accumulo della materia terrosa dell’organismo, che può essere prevenuto ed anche rimosso se è già avvenuto. Tutte queste azioni sono riunite in una sostanza unica, il fosforo libero. La materia terrosa può anche
essere eliminata dall’acido ipofosforoso, dall’acido fosforico, e dall’uso quotidiano dell’acqua distillata come bevanda. Con questi mezzi si può quindi prolungare la vita, nel pieno senso della parola, per un lungo periodo di tempo. Di tutti i rami della scienza, forse il più importante per l’umanità è la medicina, e siccome l’un ramo dipende dall’altro, così la medicina dipende dalla chimica fisiologica, e deve pazientemente aspettare il progresso di questa, per il proprio progresso. La medicina, per quanto lungi dall’essere completa, è una raccolta dei lavori di tutte le età, ed ha per suo scopo speciale il bene del genere umano. Nelle nostre numerose ricerche per una definizione della cura della malattia, non ne troviamo alcuna così semplice, chiara e forse cosi corretta come quella data diciassette secoli fa da Galeno, un medico di Pergamo, il quale dice consistere la cura nel rifornire ciò che manca, per mezzo delle somministrazioni, e nel rimuovere ciò che è in eccesso, per mezzo d’un rimedio che tende ad eliminarlo. Questa è una perfetta definizione dei mezzi per allontanare la malattia e per ridare la salute; e quando la chimica fisiologica sarà sufficientemente progredita da dirci con certezza quali sono gli elementi deficienti e quali quelli in eccesso, e quando noi saremo inoltre capaci di rifornire quelli o rimuovere questi, allora la medicina sarà perfetta, allora essa prenderà il suo posto come prima e più indispensabile scienza, la più importante di tutte per l’umanità. In quanto riguarda lo stato corporeo della vecchiaia e la possibilità di ritardare tale stato dell’organismo, la definizione di Galeno si impone irresistibilmente. Perché noi troviamo che nella vecchiaia le materie terrose ed altre materie solide sono in eccesso, e che il fosforo è in certo grado deficiente. Il rimedio è di eliminare ciò che è in eccesso e ridare ciò che è deficiente. In un discorso profferito davanti alla Società Medica di Londra, Sir B. W. Richardson disse: “Io credo di non aver molto torto nel fare la confessione in generale che, all’infuori di tutta la nostra raccolta di dettagli, adunati da tempo immemorabile, non abbiamo ancora stabilito una grande legge fondamentale ed unica rispetto alle malattie”. Questa mancanza in primo luogo dipende in gran parte dall’accettazione generale della ipotesi come spiegazione dei fenomeni. Ciò che è “scoperto” oggi, è probabile che sia contraddetto domani, “perché la verità è che in medicina l’esperimento, di regola, è convertito in ipotesi, e non è ritenuto solamente come un fatto”. Questa è la gran causa del relativamente lento progresso della medicina, e sempre quando l’ipotesi è erronea, occorre maggior pazienza ed un tempo più lungo per provar ciò, di quel che fu necessario per stabilirla. In secondo luogo questa mancanza deriva dal tardo sviluppo della chimica fisiologica. Nondimeno non discreditiamo la medicina per queste ragioni, sforziamoci piuttosto di farla andare avanti. Perché, come tanto giustamente osserva Sir Tommaso Watson, “la professione della medicina, avendo per suo scopo il comun bene del genere
umano, non sa delle inimicizie nazionali, delle contese politiche, delle divisioni settarie. La malattia ed il dolore sono le sole condizioni che occorrono per avere il suo ministero, ed essa non si dà pensiero di alcun sospetto riguardante la giustizia o l’onore della causa del suo cliente, ma dispensa i suoi speciali benefici senza limiti o scrupoli, agli uomini di ogni paese, di ogni partito, di ogni ramo e religione, ed anche a chi non ha affatto religione”. Considerando esclusivamente l’argomento che abbiamo dinanzi, non apriranno un mondo di nuove idee, riguardo alle cause fondamentali di molte malattie, l’azione dell’ossigeno atmosferico sull’organismo - specialmente quando è eccessivo - e il graduale accumulo di materie terrose ed altre solide nel corpo? E concludendo possiamo dire che quantunque il desiderio di una lunga vita esista come un amore naturale, prepotente e profondamente radicato, vi sono nondimeno, attraverso le continue prove e i continui dolori, molte eccezioni: ed infatti l’argomento del nostro studio non è accetto a tutti. Le nostre osservazioni sono quindi limitate a coloro che credono che “in questo mondo vi è, o potrebbe esservi, più splendore di sole che pioggia, più gioia che dolore, più amore che odio, più sorrisi che lagrime. Il buon cuore, i teneri sentimenti ed il gaio umore portano dovunque il sorriso, l’amore e lo splendore del sole”. Nelle pagine della Natura sono scritte distintamente e a caratteri leggibili, per coloro che vi si dedicheranno solamente con pazienza, le leggi della vita e le leggi della morte; ed in caratteri chiari, che non ammettono errore, è scritta la ragione, la causa della morte finale di ogni essere animato. Vi sono abbondanti materiali per le investigazioni e le ricerche; la causa della vecchiaia nell’uomo è dimostrata, ed un mezzo per arrestarla è stato quivi chiaramente spiegato; e non sarebbe contraria ai dettami della nostra natura la speranza che la scienza possa essere indotta ad una ricerca per una perfezione più generale, la quale ricerca possa essere il mezzo di raggiungerla effettivamente, “mostrando in modo concludente e chiaro che la morte è semplicemente uno stupido errore, e non una necessità della nostra vita” - LONGFELLOW.
[1] E il nostro Monti, davanti alla meraviglia di uno dei primi areostatici che si innalzava con Robert, esclamava inneggiando alla scienza: [2] Filosofia sicura [3] Qual forza mai, qual limite - Il tuo poter misura?
[4] Rapisti al ciel le folgori - Che debellate innante [5] Con tronche ale ti caddero - E ti lambir le piante… [6] Or che ti resta? frangere - Alla ria Morte il telo, [7] E accanto a Giove assiderti - Fra gli Immortali in cielo! [8] (N. d. T.). [9] Pochi anni fa uno scrittore affermò che i pomodori erano una causa del cancro. Il suo argomento era basato sull’idea che il cancro era più frequente coll’aumentare del consumo dei pomodoro. Quale ex-chirurgo presso un Ospedale per il cancro, mi si permetta di dire con forza che tanto l’asserzione quanto l’argomento sono del tutto falsi. Il pomodoro è uno dei migliori alimenti preventivi contro il canoro. Giacche il tumore cresce a spese dell’azoto, esso si sviluppa più malignamente usando cibi molto azotati. L’alimentazione dovrebbe contenere il meno possibile di azoto. Le frutta, il sago, ecc., sono le migliori. Quando si dà la carne dovrebbe essere bollita e gettato via il brodo, perché esso contiene gli elementi irritanti della carne che favoriscono lo sviluppo del cancro. I bevitori di the che consumano gran quantità di tannino, da una parte, e gli abitanti di certe regioni, per es., quelli dell’Africa occidentale, per ragioni dietetiche, raramente soffrono questa malattia. La chimica della formazione del cancro indica, corno agenti medicamentosi, i sali d’alluminio [10] il decotto di limone è stato trovato utile contro le febbri malariche (N. d. T.).
APPENDICE del traduttore
Credo di far cosa grata al lettore riportando qui il ritratto fisico e morale che dà l’Huffeland dell’uomo destinato a vivere lungamente. “Egli ha una statura ben proporzionata, e non troppo alta; è di dimensioni medie e di membra alquanto grosse. La sua carnagione non è troppo florida; ed in ogni caso l’eccessivo rossore in gioventù raramente è segno di longevità. I suoi capelli tendono più al chiaro che al nero; la sua pelle è forte, ma non ruvida. La sua testa non è troppo grande; egli ha grosse vene alle estremità, e le spalle sono piuttosto rotonde che piatte. Il suo collo non è troppo lungo; l’addome non è sporgente: le sue mani sono larghe, ma senza troppo profonde fenditure. Il suo piede è piuttosto grosso anziché lungo, e le gambe sono ferme e rotonde. Egli ha poi un petto ampio ed arcuato, una voce forte, e può rattenere per lungo tempo il respiro senza difficoltà. In generale egli presenta una completa armonia in tutte le parti. I suoi sensi sono buoni ma non troppo delicati; il suo polso è lento e regolare. Il suo stomaco è eccellente, l’appetito è buono, e la digestione è facile. Egli dà importanza alle gioie della tavola, le quali inducono la serenità nella sua mente, ed il suo spirito partecipa ai piaceri che esse impartiscono. Egli non mangia solamente per man giare, ma ogni pasto è per lui un’ora di festa giornaliera, una specie di diletto che ha il vantaggio sugli altri di farlo più ricco e non più povero. Egli mangia lentamente, e non ha troppa sete. La sete eccessiva è sempre segno di un rapido consumo. In generale egli è sereno, loquace, attivo, suscettibile alla gioia, all’amore, alla speranza, ma insensibile all’odio, all’ira, all’avarizia. La sua collera non diventa mai troppo violenta né distruttiva, e se le dà sfogo, egli prova un utile accaloramento, quasi una lieve febbre artificiale, senza stravaso di bile. Egli è amante delle occupazioni, specialmente della meditazione calma e della piacevole contemplazione. Egli è ottimista amico della natura e della felicità domestica. Non ha sete di onori né di ricchezze, e bandisce ogni pensiero della dimane”.
APPENDICE
A causa della generale opposizione a che siano date come parte di un argomento scientifico citazioni bibliche, mettiamo in appendice i seguenti brani canonici ed apocrifi, non allo scopo di provare, ma per mostrare la loro coincidenza con ciò che abbiamo dimostrato esser possibile nel campo scientifico: “Iddio creò l’uomo perché fosse immortale, e lo fece che fosse un’immagine della sua stessa eternità. E il Signore Iddio comandò all’uomo dicendogli: Delle frutta di ogni albero del giardino tu puoi liberamente mangiare; ma dell’albero della scienza del bene e del male tu non mangerai le frutta, perché nel giorno in cui tu ne mangerai, tu sicuramente morrai. E la donna disse al serpente: Noi possiamo mangiare le frutta degli alberi del giardino; ma dell’albero che è nel mezzo del giardino Dio ha detto: Voi non mangerete dei suoi frutti, né li toccherete, se no morrete. E ad Adamo Egli disse: Perciò tu hai dato ascolto alla voce della donna, ed hai mangiato il frutto dell’albero del quale ti proibii di mangiare, è maledetta la terra per cagione tua; in dolore tu mangerai di essa per tutti i giorni della tua vita. Perché Iddio non fece la morte: né ha piacere della distruzione del vivente. E le generazioni del mondo erano sane, e non vi era il veleno della distruzione in loro, né il regno della morte sulla terra. Ma gli uomini empii, colle loro opere e colle loro parole, la chiamarono a loro. E (i nostri padri) ricevettero le leggi della vita, che essi non tennero. Se dunque Tu distruggerai quello che con tanto lavoro fu formato, è cosa facile che sia ordinato dal Tuo comando che la cosa che fu fatta possa essere conservata. II velo disteso su tutte le nazioni sarà distrutto, e la morte sarà assorbita dalla vittoria. Gli stolti muoiono per mancanza di scienza. Ed essi trasformeranno le loro spade in vomeri e i loro speroni in falcetti. Ed essi pianteranno vigneti, e mangeranno le frutta di essi. Non vi sarà più da allora in poi un bambino né un vecchio che non abbia finiti i suoi giorni: perché il bambino morrà a cento anni di età. E non vi sarà più morte, né affanno, né grida, né vi sarà più alcuna pena. L’ultimo nemico che sarà distrutto è la morte”.
Ciò che è vero, è vero assolutamente, materialmente e spiritualmente. Non si può dunque pretendere che questo linguaggio della Scrittura abbia solamente un significato spirituale. Qualunque possa essere l’obbiezione (se pure ve n’è) a
queste citazioni, noi possiamo osservare che molti sono stati , indotti all’ateismo ed al materialismo, contro la propria volontà, contrariamente al desiderio ardente della loro intima natura, dai dettami della scienza; essi sono trascinati per forza, sono tirati da una catena composta di anelli, ciascuno dei quali è una teoria del giorno: queste teorie si possono paragonare ai metalli. Di questi anelli alcuni pochi sono d’oro, veri, duraturi ed eterni; gli altri non son fatti che di metalli inferiori, ossidabili e distruttibili. Quelle teorie che sono erronee, son condannate a deperire, a decadere, ad essere distrutte dall’avanzare delle ricerche; quegli anelli devono ritornare quali erano, ossidi della terra, calpestati, sconosciuti, dimenticati ed eventualmente coperti dal manto dell’oblio.