Dentiere Divertenti...o Quasi! 4g3z6

Carmela Vegliante

DENTIERE DIVERTENTI....QUASI!

Cavinato Editore International

© Copyright 2015 Cavinato Editore International ISBN: 978-88-6982-145-5 I edizione 2015 Tutti i diritti letterari e artistici sono riservati. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi

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Progetto grafico, copertina e impaginazione Rakesh Kumar Sharma

Indice

Presentazione

FESTA DI COMPLEANNO!

PRANZO HORROR

SPESE AL SUPERMARKET

GITA IN CAMPAGNA

ATEMPI

LA NOSTRA CASA

PAURA PER LA BURBERA

SEI CUPIDE IN ERBA

AMORE AMORE AMORE

UN NUOVO ARRIVO

L’IMPAGLIATA

ATTIMI DI RICORDO

DICHIARAZIONE

FIORI D'ARANCIO

EPILOGO

Note dell'autrice

Ringraziamenti

Presentazione

Carmela Vegliante - autodidatta, prestata alla scrittura per ione - riesce ogni volta a sorprendere con il suo brio, il senso dell'ironia, con piccoli cammei descrittivi e personaggi tratteggiati con pochi segni, attraverso gestualità e comportamenti talvolta esagerati. Personaggi che non hanno nomi e cognomi ma soprannomi nei quali è già racchiusa parte della loro storia. Ognuno di loro vive il suo momento di gloria da “protagonista” e nei quindici capitoli viene scandagliato in profondità, pur mantenendo il tono piacevolmente leggero e discorsivo… L'estrema spontaneità con cui l'autrice si approccia alla scrittura è il suo tratto distintivo: immediatezza e semplicità le consentono di arrivare a tutti i lettori e strappare loro un sorriso. “Dentiere divertenti… o quasi” è un piccolo gioiello proposto sotto forma di diario dalla protagonista che in prima persona utilizzando rigorosamente i tempi del ato -, racconta le sue avventure vissute in una casa di riposo con la sua comitiva formata da sei nemiche/amiche, una più svitata dell'altra: la Guercia, la Zoppa, l'Impagliata, la Burbera, la Pungola e lei, l'Anormale. “Perché l'Anormale? - si risponde con ironia - Beh, a voi sembra normale una che s'accompagna a delle persone così?” Ogni difetto - marcato e posto in rilievo con dissacrante ed esplicita ironia - crea zone d'ombra in un chiaroscuro di vizi e virtù su cui si staglia il profilo psicologico dell'amica di turno. L'autrice in punta di penna - con affilata arguzia -, rimarca queste descrizioni rendendole a tratti grottesche. Dileggia, sbeffeggia, ricorre a metafore e allegorie dissacranti, senza che però venga mai meno quella nota di fondo di affetto che aleggia in tutto il libro e culmina nei momenti drammatici, negli addii… La narrazione scandita in brevi capitoli, si apre con l'arrivo di un diario di cui la protagonista entra in possesso grazie ad una raccolta punti presso un supermercato, cui segue una messinscena che vede le arzille nonnine nelle vesti di astute taccheggiatrici, decise a far bella figura e procurarsi il regalo griffato per l'Impagliata a costo… zero, già pronte ad autoassolversi in quanto il negoziante “è assicurato”. Il racconto attraversa la quotidianità rendendola straordinariamente simpatica e mai banale, per poi culminare nel momento denso di pathos della stessa festeggiata che confida all'Anormale il suo terribile segreto. Il senso di colpa, l'estrema solitudine mascherata da una maniacale cura di sé, vedono in questo personaggio, l'Impagliata, lo stereotipo dell'anziano ospite di una qualsiasi casa di riposo: benestante, colto, privo di parenti,

drammaticamente solo. Il più divertente dei capitoli - “Pranzo horror” - in cui la Burbera descrive con dovizia di particolari la macellazione del coniglio arrosto, si conclude con riflessioni sull'omosessualità, tema che “spunta” a sorpresa partendo da un pretesto, così come la disabilità in riferimento alla Zoppa di una delle amiche viene così “normalizzata”: “Delusa, demotivata, depressa, evasiva e molto riservata. Parla talmente poco che sembra muta. Divorziata da anni… sfido io, col brutto carattere che si ritrova è normale che suo marito l'abbia scaricata di corsa […], è detta la Zoppa perché ha una gamba rigida come uno stoccafisso, ma che non le impedisce affatto di deambulare, velocissima come un treno super rapido…”. E la protagonista, per non smentirsi, le suggerisce di essere “meno pesante e di sorridere un po’ di più alla vita.” Ed ancora in “Sei Cupide in erba” ecco le terribili nonnine complottare per far riappacificare l'inserviente Timidina ed il suo moroso. Di sé, in realtà, l'Anormale racconta poco, proiettata nelle vite e nelle vicende delle sue amiche. Ama sferruzzare e confezionare calze e maglioncini per i bimbi dell'orfanotrofio, lei stessa è stata educata in uno di questi luoghi e non ha mai visto il volto dei suoi genitori. Non è sposata né ha figli. In “Dichiarazione” e “Fiori d'arancio” sbocciano le pagine più introspettive, quelle in cui stenta ad emergere la frizzante verve che ha permeato l'intera narrazione… Il discorso diviene “serio”, a tratti romantico. Il aggio repentino all'epilogo, svela il timore dell'autrice di rovinare quel momento idilliaco e perfetto con vissuti e ricordi “imperfetti”, dai quali potrebbe trapelare quella fragilità nascosta dietro la “maschera” di un umorismo a tratti debordante, in cui riecheggiano grasse risate. A questa comicità cui è sotteso un retro gusto meditativo e agrodolce, si oppone un epilogo che a sorpresa blocca in un fermo immagine le tante storie, trasformando quanto letto in un lungo, imprevedibile flash back. Un finale che potrebbe trovare nella 45a sinfonia di Franz Joseph Haydn “Gli addii”, la sua colonna sonora. Uno per uno i personaggi della narrazione abbandonano la casa, “spengono la candela del proprio leggio” ed attendono in un'altra dimensione che l'Anormale li raggiunga, ammiccando da una foto scattata nel suo giorno più felice con le loro “Dentiere divertenti”.

Dalila Bellacicco Redattrice di GioiaNet e “La voce del paese”

Oggi al supermercato, con i punti della spesa, mi hanno regalato te, un Diario Segreto. Che sensazione strana nel riceverti, per un attimo sono stata lì ferma di fronte alla cassiera a fantasticare un po’. Pensavo che una vecchietta come me è un po’ fuori tempo per simili cose e poi io da ragazzina non avevo mai avuto un diario su cui scrivere dei mie primi amori o confidenze varie, ne avevo solo sentito parlare e sinceramente mi sembrava una cosa sciocca dover scrivere di me su un quaderno. Ma ora, con te caro Diario fra le mani, che ho involontariamente portato vicino al cuore, le fantasie prendono un'altra strada e trasformano te in qualcosa di prezioso: qualcuno a cui confidare le mie emozioni, i miei sogni, le mie avventure belle e brutte che questa manciata di anni ancora da vivere mi riserva. Come un messaggio messo in una bottiglia e lanciato in mare, così ti immagino caro mio Diario, un ultimo ricordo per chi amo e che lascerò qui sulla Terra dopo di me. Così per incanto con i tuoi fogli colorati ti sei trasformato in un “amico” a cui subito ho dato un nome e che da oggi in poi chiamerò Dario, anzi “ Caro Dario” il mio amico segreto.

FESTA DI COMPLEANNO!

Caro Dario,

domani è il compleanno dell'Impagliata che ha organizzato per l'occasione una super festa. Torta prenotata in pasticceria, bibite, rustici, pasticcini e tante altre prelibatezze. Cena con tanto di menù a scelta, tutto dal ristorante più caro e più “in” della città. In grande stile, neanche si trattasse della festa della regina VATTELAPESCA! Che spaccona!!! Noi, povere diavole, siamo in crisi. Cosa le regaliamo? Non è un problema da niente, altroché! Pagata la retta per la casa non ci resta che pochissimo denaro, a stento basta per le nostre necessità. Lady Impagliata, invece, problemi non ne ha, la riccona può permettersi grandi cose. Dovete, infatti, sapere che l'Impagliata è una donnina saputella e fanatica, nel senso che essendo un'insegnante in pensione, è la più dotta di tutte. Non perde mai occasione per riprenderci e per farci la morale, per spiegarci minuziosamente il perché o il per come delle cose. Ci fa sentire praticamente delle CIUCCE!!!

“Tu capisci, vero?”. Questa è la frase che è solita pronunciare.

Certo che capiamo, ancora ce la facciamo a recepire, non siamo ancora del tutto rincitrullite!

E’ vedova, non ha figli né tantomeno parenti più diretti…o forse li ha fatti fuori proprio tutti!!!

Delicata, magrolina, elegante e piena di stile, veste con grande cura e molto buon

gusto. Mai un capello fuori posto. Indossa sempre piccoli e graziosi gioielli. E’ bellina anche se ha già 78 anni. E’ “l'Impagliata” perché si muove con tutto il busto intero. Mi spiego. Se si deve voltare, non gira mai solo la testa, ma lo fa con tutto il suo corpicino. Quando cammina o si sposta, sembra un bambolotto a cui è stata data la corda. Di lei si può sicuramente dire che è una donna tutta d'un pezzo.

Ma noi per nessuna ragione al mondo vogliamo fare la figura delle pezzenti, ne va del nostro orgoglio. Sul corso principale c’è un bellissimo negozio di ottica. Vendono anche occhiali da sole, ovviamente griffatissimi, di marche pregiate e ricercate. Ecco il regalo bellissimo e costosissimo da fare alla “reale - amica”. Siamo entrate nel negozio dove tutto è luce e specchi. Il proprietario ci ha mostrato tutti i modelli più belli e più cari. C'era solo l'imbarazzo della scelta. Dopo un bel po’ di tempo, durante il quale abbiamo stordito il pover'uomo con le nostre chiacchiere, senza più indugi o tentennamenti, abbiamo optato per un paio di occhiali con una montatura sobria e giovanile, di colore marrò e con le stecche dorate al prezzo esorbitante di 400 €. Preparato un bel pacchetto regalo, il negoziante è apparso visibilmente contento per la vendita effettuata, ma anche sollevato perché finalmente ci toglievamo dai piedi. Al momento di pagare, però, alla Zoppa è venuto un attacco d'asma. Mentre lei annaspava disperatamente in cerca d'aria, noi tutte molto spaventate, ci siamo sentite male a ripetizione. Il pover'uomo trovandosi in seria difficoltà è subito corso a chiedere aiuto in strada. In un baleno il negozio si è riempito di gente, qualcuno con un cellulare ha chiamato un'ambulanza. Siamo state caricate, una ad una su, e portate al pronto soccorso. Dopo varie visite e controlli stavamo tutte molto meglio. La Zoppa ha ripreso a respirare con regolarità e visto che tutto era a posto, ci hanno riaccompagnate a casa; paura ata, meno male! Ad attenderci, molto agitato, abbiamo trovato il proprietario del negozio.

“Che carino, è venuto a chiedere nostre notizie”. Macché!!! In quel trambusto, non certo voluto e nè previsto da noi, povere e innocenti donnine, qualche lestofante aveva rubato il pacchetto regalo che conteneva i costosissimi occhiali. Ladro!!!

Vedendoci costernate, rattristate e in preda ai sensi di colpa, il derubato ci ha tranquillizzato rivelandoci di essere assicurato contro i furti. Meno male! Lo abbiamo salutato con un arrivederci e la promessa che saremmo ritornate al più presto, non appena ci fossimo riprese del tutto, a prendere un altro paio di occhiali per fare il nostro regalo.

Il giorno della festa tanto atteso è arrivato. L'Impagliata nel ricevere il nostro dono e nel vederne il contenuto, dopo aver scartato il pacchetto, è rimasta con la bocca aperta come un pesce fuor d'acqua. Le stavano davvero bene quegli occhiali con la montatura sobria e giovanile, di colore marrò con le stecche dorate. Ecco fatto! Il regalo per quella fanatica era stato recuperato! Non è stato molto onesto da parte nostra, però era necessario far crepare la riccona, no? Non è bello invitare ad una sorta di gran galà delle amiche poverette, se lei ci voleva mortificare, noi l'abbiamo fregata. Sapendo che il negoziante non ci avrebbe rimesso perché era assicurato, contando sul fatto che nessuno avrebbe sospettato di cinque povere malaticce, a parte le due ore ate al pronto soccorso, tutto era andato secondo il piano prestabilito. Evviva! Che soddisfazione! La banda delle dispettose si congratula con se stessa per l'astuzia, il coraggio, l'interpretazione e l'audacia. Si biasima anche, ma solo un po’!

PRANZO HORROR

Caro Dario,

oggi, mentre eravamo a pranzo, si chiacchierava del più e del meno. Il menù della giornata prevedeva pasta e ceci, pollo arrosto e insalata. Buonissimo!!! Io, che sono una buona forchetta, gradisco molto volentieri qualsiasi cosa ci viene servita. La Burbera invece, il nome la dice lunga, borbotta sempre: “E’ crudo, è troppo cotto, è bruciacchiato, è insipido, è salato, è immangiabile…”. Sempre così tutti i giorni (a colazione, a pranzo e a cena)… è un lamento continuo. Una piaga per chi le sta accanto! Riuscirebbe a far deprimere persino Mary Poppins. Una vera TORTURA!!! Intanto, però, s'ingozza copiosamente. Rare volte l'ho vista ridere e se lo fa cerca di nascondersi dallo sguardo degli altri. Vuol mantenere quell'aria da dura depressiva sempre e comunque. L'argomento di conversazione è stato “COME SI UCCIDONO I CONIGLI” per la serie “HORROR”. Contrariamente al solito, chi si è infervorata nel parlare e ha spiegato minuziosamente e con ampi dettagli la cosa, è stata proprio la Zoppa. La mia amica, mantenendo un invidiabile sangue freddo, ha spiegato: “Si prende il coniglio, lo si sgozza con un coltello appuntito, lo si tiene a testa in giù, sino a quando tutto il sangue sia fuoriuscito, poi si fa un buchetto sotto pelle, si soffia dentro sino a farlo gonfiare come un palloncino e quando la pelliccia si stacca dal corpo, si scuoia”. Mamma mia…!?! Argomento divertente… povero coniglietto! Con enorme sgomento ho notato che mentre ci descriveva questa macabra esecuzione, la Zoppa aveva gli occhi che le brillavano degni di Psyco! In quel momento mi è sembrata un serial killer di coniglietti, pazzesco. “Va beh, cara mia, finalmente hai spiccicato sillaba, ma quelle poche volte che parli fai impressione… accidenti a te!!!”

La Zoppa è una donna di statura media, da sempre bionda ma perennemente con la ricrescita nera attorno al capo, come se avesse l'aureola. Delusa, demotivata, depressa, evasiva e molto riservata. Parla talmente poco che sembra muta. Divorziata da anni… sfido io, col brutto carattere che si ritrova è normale che

suo marito l'abbia scaricata di corsa! Ha un figlio di circa due metri, un gran bel pezzo di Marcantonio, contadino e celibe tanto che si vocifera sia gay. La Zoppa non parla mai di questo, perché se ne vergogna… Ma perché poi? L'omosessualità non è una malattia, non è una diversità, è il pregiudizio che la rende tale. Quindi la mia amica non dovrebbe farsi problemi, in quanto suo figlio è un ragazzo come tutti gli altri. Questa cosa la rattrista tanto, ancor di più di quella gamba che non le funziona più… infatti è detta la Zoppa perché ha una gamba rigida come uno stoccafisso, ma che non le impedisce affatto di deambulare, velocissima come un treno super rapido. Amica mia… io vorrei consigliarti di essere meno pesante e di sorridere un po’ di più alla vita e vedrai che la vita sorriderà un po’ di più anche a te!

SPESE AL SUPERMARKET

Caro Dario,

ogni tanto la monotonia dei giorni che si susseguono sempre uguali è rotta da qualche “inconveniente”. La settimana scorsa abbiamo deciso tutte, tranne la Zoppa che è la solita Morticia della situazione, di andare a far spese al centro commerciale. A me servivano saponette, all'Impagliata i suoi immancabili profumi, alla Pungola i fazzoletti di carta al profumo di ciliegia, alla Guercia i cotton fioc, alla Burbera… ehm… non ricordo cosa! Siamo uscite imbellettate tutte e cinque verso le 17.30… eh si presto perché alle 19 si cena. Piovigginava, perciò ci siamo munite di ombrelli e impermeabili e con o svelto ci siamo dirette al Centro Commerciale che non è tanto distante dalla nostra casa. Quanta gente c'era nel supermercato! Per noi era bello vedere persone indaffarate, famiglie che chiacchieravano, signore che acquistavano carne in scatola o detersivi per pulire le loro case. Beate loro! Abbiamo visitato tutti i corridoi, compreso quello dei surgelati. Finito il nostro giretto con i nostri acquisti ci siamo dirette alle casse per pagare. La Burbera, pagato il suo acquisto, nell'istante in cui le veniva dato il resto, ispezionato velocemente l'importo, ha incominciato a discutere con la cassiera. In men che non si dica, alla cassa dov'era lei s’è radunata un sacco di gente. Ma cos'era successo? Aveva comprato dei guanti di plastica e, se così si può dire, si stava lamentando con la malcapitata di turno perché in quello scatolino i guanti non erano “interi” ma un dito per volta… aveva trovato l'indice, il medio, l'anulare, il mignolo e così via. Com'era possibile? E perché tutti ridevano, poi? La nostra amica era diventata livida per il nervoso e vedendo ciò, ci siamo avvicinate per sostenerla… ma anche per capire cosa stesse accadendo. Dopo una buona mezz'ora, durante la quale la Burbera ha seriamente rischiato di scoppiare come un botto, fra l'incredulità e l'ilarità collettiva, si è scoperto l'arcano. Che figuraccia! Solo a scriverlo mi vergogno come una ladra di marmellata beccata in pieno. La Burbera aveva acquistato, non un paio di guanti come lei pensava, ma un pacco di… preservativi. Beh… non sto qui a spiegare a cosa servono! Noi tutte povere donne indifese e ingenue l'abbiamo scoperto proprio quel giorno dell'esistenza di questo prodotto un po’… osé. La confezione riportava la dicitura “IL

GUANTO”, quindi converrete con me che era lecito sbagliarsi e confondersi. Imbarazzatissime e rosse con la pressione a 200 siamo scappate via dal centro commerciale a più non posso. La Burbera ha continuato a sbraitare dicendo che aveva ragione… eh sì, perché lei, brontolona, taciturna, spietata come un Tirannosaurus Rex non ammette per nessuna ragione al mondo di essere in errore. MAI!!! In due anni ha fatto fuori una schiera infinita di badanti. Poverette, arrivavano da lei serene e piene di buona volontà e dopo pochissimo, non resistendo più, scappavano via letteralmente distrutte e con i nervi tesi come i fili per stendere il bucato. E’ la più anziana del gruppetto… 82 anni ma con una caparbietà spaventosa. Anche lei vedova con tre figlie e tanti nipotini, tutti malati di esaurimento nervoso… ovvio, con una così in famiglia! Pur essendo avanti con gli anni è sana come un piranha!!!

I suoi Comandamenti sono 1°- Pensare solo a me, 2°- Servire solo me, 3°Preoccuparsi solo di me, 4°- Non esisto che io…e così all'infinito. Per la serie “LA BURBERA C'E’…”!

GITA IN CAMPAGNA

Caro Dario,

la nostra vita di “persone particolari” ci riserva spessissimo strane sorprese. Alcuni giorni fa la Guercia e il Puledro ci hanno invitate a trascorrere un pomeriggio nella loro casa di campagna. Con grande entusiasmo ci siamo preparate per questa specie di gita. Abbiamo indossato i nostri abiti più vecchi e delle scarpe comode… ovviamente solo l'Impagliata si è distinta per la sua solita eleganza. In quell'occasione con un completino di lana color nocciola, un paio di mocassini di camoscio color biscotto e una mantella sulle spalle merlata ai bordi. Era proprio ridicola, la scema! Arrivati nel luogo prestabilito, per prima cosa ci siamo meravigliate molto nel vedere che quella che per loro era una casa, in realtà era un magazzino maleodorante. Pieno zeppo di arnesi di ogni tipo, di cianfrusaglie ricoperte di polvere, ragnatele formatesi ovunque e letteralmente invaso da grossi toponi che al nostro entrare si sono polverizzati per incanto. Non vi dico la faccia disgustata dell'Impagliata. Lei, così chic, che si ritrovava in un posto del genere! Un incubo! Intanto che la Guercia, felice come una Pasqua, dava ordini e faceva trottare avanti e indietro quel povero Puledro di suo marito, noi ci siamo sedute sotto un grosso albero a chiacchierare, mangiando biscottini e bevendo il té che avevamo portato in un termos. Il pomeriggio, a dire il vero, era trascorso molto piacevolmente. L'aria era mite e nel cielo si vedevano gli uccelli migratori, stormi infiniti, forme fantasiose in quel limpido orizzonte crepuscolare. Con l'animo predisposto a trascorrere un po’ di tempo serenamente, gli argomenti di conversazione si sono succeduti in continuazione. La Pungola ha sparato a zero sulla nuora. La Guercia, sfoderando quel suo strano sorrisetto ambiguo stampato sulla bocca per far notare la dentiera nuova, ha tessuto lodi su se stessa e sui suoi figli. La Burbera si è lamentata, come al solito, dei suoi dolori sparsi per il corpo e dell'aria che ha perennemente nella pancia. Inutile che lo dicesse visto che si è ripetutamente sentito. L'Impagliata, ripresasi dallo shock, ha descritto tutto il suo guardaroba, gioielli e profumi, facendoci la lista dettagliata di tutte le firme. La Zoppa, con poche parole essenziali, ci ha descritto la casa e i terreni che adesso cura suo figlio, il Marcantonio. Io, invece, non ho parlato molto, mi diverto di più a starle ad ascoltare. D'improvviso la

nostra serenità è stata interrotta, la terra ha incominciato a tremare.

“Oh mio Dio…un terremoto!!!”. L'albero sotto il quale eravamo appollaiate si è scompigliato e ha tremato come un bambino spaventato dall'uomo nero. Pietrificati dallo stupore più che dalla paura siamo rimasti lì ad aspettare che tutto finisse. Dove potevamo scappare, dato che all'aperto c'eravamo già?! Ad un tratto la Guercia ha lanciato un urlo disumano. La casupola sporca e maleodorante, si è sgretolata sotto i nostri occhi, come fosse stata costruita con la sabbia. Il suo rifugio di cui si vantava tanto non c'era più. Poverina! Solo pochi attimi e poi tutto s’è calmato. ato lo stupore, la paura e lo sbigottimento, abbiamo immediatamente cercato di riprendere il controllo della situazione, pensando ai nostri cari e alle altre persone che vivevano con noi nella nostra casa. Rientrate dopo un po’, abbiamo trovato tutti gli ospiti in giardino e il personale impegnato a tranquillizzare e a portare soccorso, specialmente ai cardiopatici, somministrando loro medicinali. Tutte le luci erano accese e c'era una gran confusione, giustificata naturalmente! La Zoppa, tanto per rallegrarci, ha cominciato a elencare tutti i terremoti di cui aveva memoria, dei morti che avevano causato, soffermandosi sui particolari agghiaccianti che ricordava ed erano davvero tanti! Il risultato è stato che altre persone hanno avuto bisogno di farmaci e calmanti a tutto gas! Dico io, cara Zoppa… Dio ci ha creati a sua immagine e somiglianza, no? Possibile che quando ha fatto te si sia distratto e gli sia riuscita così male?!? Per fortuna non era successo niente a nessuno, a parte qualche attacco di panico… stavamo tutti bene. Ogni tanto il mio pensiero andava alla povera Guercia e al povero Puledro.

La Guercia è così da me soprannominata, perché ha un occhio che guarda ad est e uno a ovest. Una donna piccola, rotondetta, con dentro una spaventosa furbizia. Organizza, decide, raggira, plagia ma con infinita semplicità e sottomissione. Una casalinga che è riuscita a far trottare il maritino come un “puledro” (da qui il suo nome) che deve arrivare al traguardo, costi quel che costi. Un'ottima madre, solida, protettiva ma arraffona. Ha “sposato” i suoi due figli sistemandoli alla grande. Il maschio con una donna piena di soldi, non badando affatto al piccolo particolare che quest'ultima ha 19 anni più del figlio e per di più è sterile. Ma tutto ciò per lei è trascurabile, senza importanza, quello che ha trovato molto attraente nella nuora, è stato il cospicuo conto in banca. La femmina, smorfiosa e

calcolatrice, in combutta con la genitrice, ha accalappiato un famoso e molto benestante medico. Un bell'uomo ma scostante e superbo con la mania della possessività e dell'egocentrismo. Antipatico!!! Ma alla mammina e alla pargoletta poco importa, tanto le più furbe sono loro e lo hanno fregato ugualmente. Infatti la Guercia così “arraffa soldi” è riuscita a comprarsi una dentiera nuova. Bianchissima con tutti i denti in porcellana. E’ sempre lì con la faccia da ebete e con il sorriso stampato sulla bocca per farselo notare. In effetti è talmente candido che sbrilluccica in modo accecante. La mia amica ha compiuto 73 anni da pochi giorni… almeno questa è l'età dichiarata… poi chissà!?!

A detta della Pungola si nasconde l'età e in realtà dovrebbe avere 78 anni… e se lo dice lei… sì, perché la Pungola non sbaglia mai! Lei è chiamata da me in questo modo, appunto perché s'impiccia di tutto. Forse sarebbe stato più appropriato chiamarla l'Impicciona, ma per me che sono di origini napoletane, viene più facile chiamarla così. Tanto in italiano il significato è sempre lo stesso, quindi… Il suo carattere estroverso e socievole la porta ad attaccare bottone con tutti e tutte. Se poi ci mettiamo anche la sua folle curiosità, si può comprendere perché chiede, s'informa, indaga addirittura pedinando “l'oggetto” delle sue brame, con lo scopo di scoprire i segreti più reconditi per poi sbandierarli a destra e a manca, aggiungendovi un po’ di suo ovviamente. Anche lei vedova e con tre bellissime nipotine avute dal suo unico figlio. E’ un po’ troppo grassottella, mangiona, diabetica e stitica. Però, lo giuro, è simpaticissima, divertente e molto vitale nonostante i suoi 70 anni.

ATEMPI

Caro Dario,

oggi è una giornata grigia e piovosa. Dalla finestra della mia camera osservo l'acqua che picchia sui vetri quasi a creare una nenia che dolcemente riempie il silenzio della mia stanza. Siamo rimaste in camera e per ammazzare il tempo ognuna di noi s’è dedicata al suo hobby preferito. La Burbera sì è addormentata sulla poltroncina mentre mangiava dei taralli al seme di finocchio che le ha regalato la Zoppa. A me piace sferruzzare. Creo cappellini, sciarpe, maglioncini e persino scarpette per i bambini di un orfanotrofio di un paese vicino. Tutto quello che confeziono con la lana ai ferri è destinato a quei piccoli trovatelli sfortunati. Mi piace pensare che quelle cosine, possano essere utili per riscaldarli. Io non ho ha mai avuto un bambino mio da poter amare e coccolare e, a volte, m'illudo di essere la loro nonnina affettuosa che li riempie di regali. Penso che Dio, in questo modo, abbia voluto darmi un'opportunità: farmi capire che la mia esistenza non è del tutto inutile. E’ importante sapere, quando si è soli come me, che c’è qualcuno che fa un piccolo gesto d'amore per te. Anch'io sono orfana e come quei piccoli a cui mando i miei regali ho vissuto in un istituto per tanti anni. Non ho conosciuto la carezza di una mamma e di un papà. Ho sempre immaginato quale potesse essere il volto dei miei genitori e quale la motivazione che li ha indotti a doversi separare da me. Purtroppo non ho mai avuto risposte a tutte queste mie domande ma nonostante tutto, in cuor mio ho sempre provato un sentimento d'amore per chi mi ha messo al mondo, perché nonostante tutto mi ha donato la vita e sono certa che mi hanno sempre portata nel cuore e nella mente. Proprio per questo capisco l'immensa solitudine di questi piccoli cuccioli e il loro grande bisogno d'amore. Presa da questi sentimenti m'impegno tanto in questo mio lavoro e alla fine sono sempre soddisfatta delle creazioni che riesco a sfornare, anche perché sono abbastanza brava. Modestamente! Noi che viviamo in questa casa potremmo sembrare persone tristi e abbandonate, ma non è proprio così! C’è chi soffre molto più di noi: giovani distrutti dalla droga, mamme che piangono i loro figli, bimbi violati nella loro innocenza, malati disperati che s'avviano alla fine e continuando all'infinito. Ma c’è anche la solitudine che miete un'infinità di vittime e specialmente tra noi vecchietti c’è

tanto dolore a causa di ciò. Però, almeno qui c’è qualcuno che ci accudisce, impedendoci così di subire l'umiliazione di sentirci un peso per i nostri cari.

Noi tutte, se non s'era ancora capito, viviamo insieme in una bella casa di riposo chiamata “NONNI SERENI”. La nostra vita qui non è affatto triste e da quando siamo approdate in questa piccola isola felice, le nostre paure, insicurezze e i dolori quotidiani si sono dileguati… o quasi! Le nostre esistenze si sono intrecciate e adesso ci vogliamo “quasi” bene. Siamo sei sorelline e come tutte le sorelle, ce ne combiniamo di tutti i colori.

LA NOSTRA CASA

Caro Dario,

questa casa, prima d'arrivare, c'era stata descritta come fosse il Paradiso Terrestre. Beh, non è proprio così ma non possiamo lamentarci! Abbiamo una sala da pranzo molto simile ad un'aula di scuola materna con i tavoli piccini e le sedie in proporzione, tanto che la Burbera non c'entra grassa com’è! Le posatine sono di plastica e così anche i piatti e i bicchieri. Dicono che è per via dell'igiene ma io ho il sospetto che, giudicandoci dementi senili, temono che potremmo farci male o rompere qualcosa con utensili di altro materiale. La cucina è identica a qualsiasi altra con una grande dispensa, un tavolo rettangolare, un lavandino ma con una cucinona a sei fornelli con sopra grandi pentoloni in cui cuoce, perennemente, brodo vegetale. Per la Pungola va anche bene, tanto è stitica…ma per gli altri!?! I due bagni sono entrambi per portatori di handicap, ok! Bene!!!! Ma per noi questo è un grave problema quando facciamo pipì dato che il water è molto alto! Per poterci sedere sopra avremmo bisogno di uno sgabello, ma non c’è! Per cui se ti scappa devi arrangiarti facendola un po’ dentro e un po’ fuori, oppure attrezzandoti con un bel pappagallo. Alla fine di un lungo corridoio è situata la Cappella… davvero molto piccola ma comunque molto accogliente. In quell'ambiente silenzioso ci si raccoglie in preghiera sentendosi più vicini al bellissimo Crocifisso da cui Gesù sembra sorriderci. Il guaio è che ogni volta che sento il bisogno di parlare con lui, immancabilmente mi viene dietro la Pungola che evidentemente sente il bisogno di parlare con me e quindi addio raccoglimento. Le preghiere le rimando ad un'altra volta. Pungola permettendo. Le nostre camerette (quelle per femminucce) sono situate al piano di sopra e ognuna è composta da due lettini, due armadietti, due poltroncine… insomma tutto l'occorrente per due persone tranne il televisore di 12 pollici in bianco e nero che è uno solo. Questo è motivo di abituali scontri tra me e la mia compagna di stanza, che altri non è se non la Burbera. Povera me! Siamo sempre in disaccordo sui programmi da seguire… tranne quando trasmettono le Sante Messe, su una rete privata. Al terzo piano ci sono le camere dei maschietti più due camere matrimoniali (una di queste occupata dalla Guercia e dal marito, il famoso Puledro).

Un piccolo giardino con tante panchine, alberi e una fontanella, dove chiacchieriamo nelle belle giornate, ci divide dall'edificio dove sono situati gli uffici. Questi ultimi presentano un ampio ingresso con delle poltrone rosa e visto il colore, a volte penso che quella pelle sia appartenuta ad altri ospiti scuoiati dopo il trao.

Il personale è formato da persone competenti, molto gentili e disponibili nei nostri confronti, soprattutto con la Burbera che rompe in continuazione.

Verso le quattro del pomeriggio viene a riordinare Timidina. Lei è una dipendente che lavora molto bene e in fretta. Solo nella nostra camera perde un sacco di tempo a causa della Burbera che ha da ridire su tutto, con quel brutto grugno che si ritrova. Ma la ragazza paziente e timida com’è non replica mai, anzi fa il possibile per accontentarla. Come fa? Io le darei molto volentieri un cazzottone. Sappiamo che Timidina in ato ha avuto una piccola storia con Milord, il garzone che porta ogni giorno la spesa. Lei afferma che oramai è una cosa ata, ma secondo me lei ne è ancora innamorata. Infatti, quando lui arriva col furgoncino, Timidina cambia colore e trova ogni pretesto per trovarsi in quel momento nella cucina.

Il turno delle pulizie mattutine spetta, ahimè, alla Puzzona! E’ una donna sempre scostante e di malumore che usa modi rozzi che la fanno assomigliare molto ad uno scaricatore di porto. Abbiamo scoperto che fuma sigari lunghi e scuri. Che sia celato un uomo sotto le spoglie della Puzzona? Perché Puzzona? Questo è il tasto dolente… è inutile che ve lo spieghi entrando nei dettagli. Posso solo dirvi che per non rischiare l'asfissia, quando esce dalla camera, io e la Burbera spalanchiamo le finestre sperando che la puzza voli via. Su questo siamo d'accordo incondizionatamente.

Tutto sommato qui stiamo bene e noi siamo un gruppetto affiatatissimo.

Siamo una grande comitiva formata da sei nemiche/amiche, una più svitata dell'altra: la Guercia, la Zoppa, l'Impagliata, la Burbera, la Pungola e io l'Anormale. Perché l'Anormale? Beh, a voi sembra normale una che s'accompagna a delle persone così?

A volte a noi s'unisce il Puledro, ma forse perché si sente in minoranza, essendo l'unico uomo del gruppo, resiste al massimo 10 minuti e delle volte anche meno.

Dialoghiamo anche con gli altri o per meglio dire sfottiamo, critichiamo, facciamo qualche dispettuccio… ma tra di noi stiamo molto meglio e non ci annoiamo quasi mai. Il quasi sta per Zoppa… eh sì, se capiti sola con lei “mamma mia, che palle!!!”.

PAURA PER LA BURBERA

Caro Dario,

alcune volte, anche in questo mondo idilliaco ci sono state scene di paura collettiva. Questo episodio risale a due sere fa, quando espletati i soliti riti che sono: lavarsi, mettersi il pigiama (la Burbera indossa una giacca di lana anche se i radiatori lanciano fiamme), prendere le medicine, mettere un bicchiere d'acqua sul comodino e dire le preghierine, come ogni giorno siamo andate a nanna alle 21.

Finalmente infilateci a letto, ho come sempre dato la buonanotte alla mia compagna che ha risposto con il suo solito grugnito. Sì! La Burbera quando proprio vuole essere gentile, grugnisce.

Quando finalmente sono riuscita a prendere sonno, ho sentito la mia amica gorgogliare: “Ehi, a questa mò che le sta a prendere?”, ho pensato tra me e me.

Accesa la lampada del mio comodino e avvicinatami al letto della Burbera per controllare, ho visto la mia amica totalmente cianotica e con la bava alla bocca. Disperatamente ho suonato il camlino d'emergenza precipitandomi in corridoio gridando. Tutti gli ospiti del nostro piano si sono avvicinati alla nostra camera, incuriositi e impauriti. Tutti tranne l'Impagliata che prende i sonniferi per dormire… e quindi non la sveglierebbe nemmeno un terremoto del 30° grado della scala Mercalli… se esistesse. Il medico ha soccorso la poveretta con grande tempestività e noi nel frattempo eravamo vicine l'una all'altra, disperate per la nostra amata. Oramai eravamo una grande famiglia e anche se la Burbera a volte, anzi sempre, è un po’ rompi, le volevamo bene. Abbiamo incominciato a pregare Dio chiedendogli che la salvasse e ce la restituisse sana e salva. Quanti

pensieri si sono affollati nella mia mente. Quanti ricordi ho condiviso con questa scorbutica amica. Il nostro primo incontro proprio in quella stanza che ancora condividiamo; le nostre chiacchierate sedute sulla panchina del giardino; i nostri litigi continui e le nostre risate spensierate. Pensavo a quanto è beffardo a volte il destino. Tutto può cambiare da un minuto all'altro e non si può far altro che accettare quello che il fato decide di mettere in atto per noi creature di questo mondo. Erano ati una decina di minuti, durati un'eternità, quando il dottore è uscito dalla stanza con un sorriso rassicurante stampato sul viso. Sarà stato Lui ad ascoltarci oppure anche Lassù preferiscono scaricarsela quanto più è possibile! Sarà quel che sarà, il medico si è avvicinato rassicurandoci sulle condizioni della Burbera e dicendoci che l'improvviso malore era stato causato da un biscotto andatole di traverso, che la sciagurata stava avidamente divorando nel suo letto!

“Maledetta a te, Burbera che non sei altro!!! Ne combini sempre una delle tue! Oltre che brontolare sempre ti ingozzi anche sotto le coperte e a noi fai venire l'infarto!?!”.

SEI CUPIDE IN ERBA

Caro Dario,

la domenica mattina come sempre andiamo a messa. Colui che la celebra è lo stesso sacerdote che tutte le sere viene a recitare, nella casa, il rosario con noi. Un uomo piccolo di statura, esile come un filo d'erba, un bonsai fatto prete. Parla con tono di voce talmente basso che dopo lo sforzo che facciamo per ascoltarlo, ci vengono le orecchie da elefante. Quel giorno in particolare ci siamo ritrovati tutti intorno ai tavoli con Timidina, che per l'occasione ci ha servito ai tavoli. Come mai Timidina stava svolgendo quella funzione che in altri momenti era svolta da altre persone? Ci interrogammo a lungo su questo sino a che la Pungola, dopo essersi informata nel giro di 5 minuti, chiedendo un po’ ovunque, tornò dicendoci che di lì a poco sarebbe arrivato il garzone Milord a scaricare la merce… In anticipo rispetto al solito!!! Ecco qua i conti tornavano. La dolce Timidina s'era proposta di servirci il pranzo, perché sapeva che a quell'ora sarebbe arrivato il suo Principe Azzurro. Poverina, era ancora innamorata ma la sua timidezza non le permetteva di esternare i suoi sentimenti. Dovevamo assolutamente intervenire. Ma come? La nostra immaginazione poteva scatenarsi e così ci siamo raggruppate tutte e sei: “Amiche, qui dobbiamo cercare di far restare i due soli e indurli a riappacificarsi!”. Quatte, quatte ci siamo allontanate dalla sala da pranzo per dirigerci nella mia camera a progettare un piano diabolico. Ecco che nella Pungola è riemersa la divoratrice di romanzi rosa che è in lei, la quale ha esposto un'idea che tutte assieme abbiamo rielaborato affinché tutto quadrasse. Ora che il piano era deciso, bisognava procedere alla sua attuazione sperando in un esito positivo. Come prima cosa la Zoppa si recò in cucina e si sedette aspettando l'arrivo del furgoncino che nel giro di 10 minuti arrivò con il bel Milord. Noi invece, ben nascoste, aspettavamo l'evolversi della vicenda. Finalmente il ragazzo scese dal furgoncino con lo scatolone da lasciare in cucina. A quel punto la Zoppa iniziò la sua commedia. Chiese al ragazzo di porgerle un bicchiere d'acqua. Mentre lui glielo tendeva, lei finse di scorgere un topolino sotto il tavolo. Il viso dell'attrice si è trasformato in una maschera di autentico terrore. Ha incominciato a correre da una parte all'altra e sottolineando il tutto imitando il verso della sirena. Degna interpretazione da Oscar! Nel

correre era prevista la finta caduta che - come per magia - avvenne. A quel punto la Pungola, la Guercia e la Burbera uscirono dai loro posti di combattimento e fingendo sgomento per la malcapitata, ordinarono al povero garzone di portare la moribonda in camera sua. Così, caricatasi la morente sulle spalle, l'ha portata direttamente in camera sua. Nel frattempo io e l'Impagliata siamo andate a chiamare Timidina dicendole che la povera Zoppa era caduta malamente e invocava disperatamente il suo nome. All'arrivo in camera della ragazza, come per magia la Burbera è rinvenuta e con uno scatto felino s’è alzata dal letto e s’è avvicinata a noi che eravamo vicino la porta. Tutte assieme siamo immediatamente sgattaiolate fuori, chiudendo la porta a chiave e lasciando i due giovani come stoccafissi chiusi nella camera. Siamo andate finalmente a pranzare… beh, ci voleva, no? Dopo una mezz'oretta siamo tornate e fuori dalla stanza non si sentiva volare una mosca. Cosa stavano facendo? Cosa si stavano dicendo? Impazienti e ormai divorate dalla curiosità (si sa la curiosità è femmina), senza più indugi abbiamo spiato dal buco della serratura. La prima a sbirciare è stata la Pungola che ha esclamato eccitata: “Evviva!!! E’ fatta!!!”. Poi ad una ad una abbiamo curiosato anche noi. La scena che ammiravano i nostri occhi la si poteva definire da filmone super romantico. I due innamorati, finalmente si erano riconciliati, erano seduti vicino alla finestra teneramente abbracciati. Lui le sfiorava i suoi bellissimi riccioli biondi, mentre lei gli accarezzava dolcemente la nuca e lo guardava in modo languido, così arrendevole all'amore. Il risultato aveva superato le nostre aspettative, eravamo state davvero brave, altro che Cupido! Le nostre frecce avevano beccato entrambi i loro cuori, facendoli riavvicinare nuovamente. Questo era quello che ci piaceva pensare. Pienamente soddisfatte e “irromantichite”, scusate la licenza poetica, siamo andate via, cercando di non disturbare i due innamorati. Peccato che tutta l'atmosfera romantica che s'era creata, sia stata rovinata dalla Burbera e dall'aria che ha perennemente nella pancia… che in quell'occasione è fuoriuscita in modo eclatante!

AMORE AMORE AMORE

Caro Dario,

il giorno seguente all'accaduto tra Timidina e Milord avevamo ancora il cuore sotto l'effetto del dolce e languido romanticismo. Ognuna di noi si è inoltrata col cuore e con la mente nel mondo dei ricordi che, quando meno te lo aspetti, ritornano più vivi che mai. Il primo amore lo abbiamo avuto tutte, a chi è finito bene e a chi no. Però, a posteriori, il suo ricordo è bellissimo. Abbiamo fatto un o indietro nella nostra ormai lontana giovinezza. Ci siamo ritrovate come sempre a parlare e a confidarci tra di noi. Che strana sensazione ripensare alla prima cotta, al primo timido bacio e al battito accelerato del cuore se l'oggetto dei tuoi desideri ti era accanto. L'amore è uno dei regali più belli che la vita ci concede. E’ la cosa più straordinaria che possa capitare ad ognuno di noi. Forse è un’ illusione, come dicono certi filosofi… ma non importa! Bisogna lasciarsi trasportare e viverla questa illusione anche più di una volta nell'arco dell'esistenza. Per noi tutte la vita è stata una sorta di romanzo che è incominciato dalla prefazione, per inoltrarsi nei vari capitoli sino ad arrivare quasi all'ultima pagina, quella che ancora non è scritta. L'indice altro non è se non una sorta di riassunto del suddetto. Solo la Burbera ha fatto un lungo elenco di considerazioni personali che si concludevano con epiteti e maledizioni indirizzati alle figlie. Insomma il suo “Super Io” all'infinito, come sempre… Sfido io che l'abbiano scaricata in una casa di riposo, arida e velenosa com’è…!?! Altro che romanticismo, nel suo vocabolario questa parla non esiste. “Accidenti a te, Burbera! Per l'ennesima volta hai rotto l'incantesimo dolcissimo in cui ci siamo inoltrate”.

L'amore di quei giovani significava speranza. Avremmo voluto vederli insieme e felici per sempre. Milord, chiamato così per i suoi modi degni di un gentiluomo che non si scompone mai, in quel caso mi era sembrato così vulnerabile all'amore, tanto da farmi cambiare idea su di lui, in positivo. Forse adesso potrei chiamarlo solo l'Innamorato! Ma non mi ci trovo a pensarlo con questo nuovo

nome. Ormai è Milord, e così si chiamerà anche in seguito. Magari posso aggiungere l'Innamorato al suo primo “nome”… Sì! Milord l'Innamorato và bene!!! Ah… l'amour… l'amour… l'amour!!!

UN NUOVO ARRIVO

Caro Dario,

la vita, fondamentalmente, qui trascorre tranquilla. Per qualcuno che va via, ne arriva qualcun'altro che prende il suo posto in questa grande famiglia. Oggi è giunto un nuovo ospite e per noi, inutile dirlo, è stato un avvenimento. Lo osservavamo con grande curiosità, mentre lui sorridente, ma visibilmente imbarazzato, si guardava intorno con fare impacciato. Ho notato che sotto quel sorriso celava una tristezza infinita. Anche noi, appena siamo arrivate in questa casa di riposo, abbiamo provato gli stessi sentimenti e vedevamo questo posto quasi come un'anticamera dell'Aldilà. Riuscivamo a capirlo, poverino! Dopo le dovute presentazioni è andato su in camera sua e fino all'ora di pranzo non l'abbiamo più visto. Mentre eravamo a tavola ad ascoltare le rimostranze della Burbera, che facevano riferimento al cibo, eccolo di nuovo. La Pungola è partita all'attacco. Obbiettivo: indagare! Lo ha invitato al nostro tavolo e in meno di mezz'ora abbiamo saputo vita, morte e miracoli del nuovo arrivato. La nostra amica è più efficace del siero della verità! Vedovo con due figli e nonno di cinque nipotini era stato Maresciallo dell'Aeronautica. Era approdato quel mattino nella nostra casa sempre per lo stesso motivo che aveva spinto noi a farlo… la solitudine!

Dopo la morte di sua moglie, avvenuta 15 anni fa, la depressione aveva iniziato ad insinuarsi dentro di lui… ma per non dargliela vinta ha reagito, sperando di trovare in questo posto amici con cui are il resto della sua vita. Settantuno anni ben portati. Due occhi azzurri come il mare al mattino, solo coperti da un velo di tristezza. Il suo sorriso aperto e giovanile mostrava una sfilza di denti bianchissimi, come i suoi capelli… Insomma lo si poteva ritenere un “gran bell'uomo”!

Dopo pranzo io e il Maresciallo siamo rimasti soli a chiacchierare un po’ del più e del meno, affrontando discorsi di vario genere. Abbiamo disquisito dell'euro che ci ha rovinato, della vita dei suoi figli, delle sue tante attività, del mio lavoro di sarta che ho svolto per quarant'anni e abbiamo scoperto di avere una cosa in comune… le artrosi!

In poco tempo eravamo diventati amici e questa amicizia si rafforzava sempre più di giorno in giorno. Le mie amiche invece iniziavano ad indirizzarci allusioni e insinuazioni varie, chiamandoci “Piccioncini”! Ma non dovrei essere io, quella che dà i soprannomi!?! Cretine!!! Però devo ammetterlo… questo nuovo amico stava diventando, per il mio cuore, sempre più importante. Troppo! Mi dicevo che comunque non c'era nulla di male nel ricercare affetto in qualcun altro. Sì, perché l'amicizia era diventata affetto per quest'uomo intellettuale ma allo stesso tempo pratico. Avevo paura di questo mio sentimento, per giunta alla mia età era addirittura ridicolo!

Mi ero ripromessa di non fantasticare più di tanto con la mente e così ho cercato di fare.

L’IMPAGLIATA

Caro Dario,

una mattina la nostra vita è stata scossa da un avvenimento terribile. Io e l'Impagliata eggiavamo serenamente in giardino. D'improvviso la poveretta diventando pallidissima e portandosi una mano sul petto s’è afflosciata come un alberello nel bel mezzo di una tempesta. Aveva perso i sensi ed è stata portata immediatamente all'ospedale più vicino, dato che nella nostra casa non c'erano i mezzi adeguati per soccorrerla in tempo. L'ambulanza s'allontanava e con lei la nostra… la mia amica. Quel suono così stridulo della sirena non riusciva a coprire i miei pensieri che uno dietro l'altro s'accavallavano nella mia mente. Stava andando via proprio lei? Non sarebbe più stata la stessa cosa! E’ come se ad un tavolo venisse d'improvviso tolto un piede. Tutto sarebbe vacillato e senza di lei anche le nostre vite avrebbero iniziato a vacillare per sempre. Le prime notizie giunteci dall'ospedale dicevano che aveva avuto un infarto e per questo era ancora in prognosi riservata. La sua vita era appesa ad un filo. Noi “sorelle” ci siamo offerte di fare i turni, notte e giorno, per poterla assistere al meglio e farle sentire il calore di cui aveva tanto bisogno in quel tragico momento.

Anche la Burbera ha voluto partecipare a questa “staffetta”, ma noi non gliel'abbiamo permesso, essendo lei troppo anziana. Non volevamo che anche a lei potesse accadere qualcosa di brutto.

Quella prima notte rimasi io al suo capezzale. La camera era al buio e la luce penetrava dalla porta socchiusa che dava sull corridoio. La luna pallida mandava i suoi fasci di luce nella camera e alcuni mettevano in evidenza il volto della mia cara amica. La guardavo con gli occhi del cuore. Vedevo la sua grande solitudine in quelle rughe che solcavano il suo viso. Lei così perfettina, amante dei profumi, dei gioielli, di tutte quelle cose che ogni donna ama, era adesso inerme

in quel grande letto di ospedale. Ignara di quello che il destino potesse riservarle. Dormiva profondamente e dalla sua bocca non sentii un lamento. Era attaccata ad una macchina tramite dei tubicini con alle estremità delle ventose applicate sul petto. Monitoravano continuamente le funzioni del suo cuore. Per tutta quella lunga notte ho pregato tanto, ma ero così impaurita che le parole delle preghiere si confondevano nella mia mente e addirittura non riuscivo a ricordarle.

Potevano essere le quattro del mattino, quando mi son sentita chiamare da una flebile voce. Era la mia amica che aveva ripreso i sensi. Accennò un piccolo sorriso, forse di gratitudine, per averla vegliata e poi iniziò a parlare. “Sento che il mio tempo sta per finire e io voglio raccontare a te il mio segreto!”. Si fermò in un lungo silenzio ed io non osai parlare, aspettavo che l'Impagliata continuasse. “Ho bisogno di aprire il mio cuore, di liberare la mia coscienza da questo enorme rimorso…” e con un fil di voce cominciò a raccontare quello che aveva deciso di far uscire dal suo scrigno nascosto in petto. Io rimasi sconvolta per quello che mi stava svelando e non la giudicavo per il gesto che era stata costretta a compiere. Questo me la faceva apparire ancora più indifesa di quanto già non fosse. Quando terminò di raccontarmi il suo triste segreto, tirò un lungo respiro e una lacrima rigò il suo viso. Mi confidò che le dispiaceva tanto non averlo rivelato anche alle altre. Poi strinse forte la mia mano. Il silenzio ci avvolse. La mia amica non respirava più. La mia cara Impagliata, era andata via. Era andata via, mentre il sole si stava alzando. Le uniche parole che riuscii a pronunciare furono: “Ciao, amica cara!”.

ATTIMI DI RICORDO

Caro Dario,

abbiamo accompagnato la nostra amica alla sua ultima dimora, meste e addolorate. La sua mancanza era tangibile, palpabile. Mai più niente sarebbe stato uguale, senza di lei.

I giorni che son seguiti, sono stati molto tristi, con il morale sotto i tacchi e il cuore ferito e sanguinante.

Pensavo e ripensavo alla storia che mi aveva raccontato l'Impagliata prima di spirare e mi sembrò il momento adatto per raccontarla al mio gruppo.

Ci riunimmo nella camera dell'Impagliata per sistemare tutte le sue cose e iniziai a raccontare il suo grande segreto.

Non aveva ancora 16 anni quando conobbe un giovane soldato che combatteva in guerra e che per un certo periodo sostò nel suo paese. Lei se ne innamorò perdutamente e lui sembrava ricambiare. Pareva che tutto andasse per il verso giusto sino a quando lei non si accorse di aspettare un bambino e lo confidò al suo amore. Fu l'ultima volta che lo vide. Lei cadde in una profonda disperazione e non trovò conforto nemmeno nella famiglia che s'oppose a farle tenere il bambino… anzi fu portata in un'altra città dove visse sino al giorno del parto. Nacque un maschietto, ma il padre glielo fece togliere per farlo portare in qualche orfanotrofio del posto. Lei cosa poteva fare? Erano tempi in cui una ragazza madre era considerata una poco di buono e poi ne andava del buon nome

della famiglia. In seguito fu costretta a sposare un uomo molto più grande che non amava, ma che con il tempo ha imparato a rispettare e a volere bene. Ma ha continuato la sua vita con un peso nel cuore. Tante volte s’è chiesta che fine avesse fatto questo figlio. Se era felice, se avesse avuto la fortuna di trovare una nuova mamma che s'occupava di lui; se era ancora vivo. Sul punto di morire aveva detto di non aver paura della morte, anzi, l'attendeva con ansia, affinché mettesse la parola fine alle sue sofferenze terrene. Tutti nella stanza erano inebetiti e sconvolti… era calato un silenzio malinconico.

Quel bambino, ora uomo, non avrebbe saputo mai che lassù, da qualche parte, aveva un Angelo Custode pronto a vegliarlo. Quella mamma sconosciuta gli sarebbe stata accanto fino al momento in cui si sarebbero potuti riabbracciare uniti in eterno.

Quante persone anonime sono ate su questa Terra, lasciando il loro ricordo solo nei cuori di chi le amava… ma chi non aveva nessuno, dopo di lui, in chi avrebbe lasciato il suo ricordo? Io non ho più nessuno e nessuno mi piangerà, quando quella scure reciderà anche la mia vita. Questo pensiero mi rattrista, ma almeno mi conforta l'idea di sapere che non sarò causa di dolore per qualcuno. Per me non ci saranno lacrime. La mia segreta speranza è quella di raggiungerla per prima, non vorrei rimanere da sola e piangerle tutte. Il dolore per la nostra amica ci aveva unito ancor di più. Avevamo bisogno della nostra amicizia, del nostro reciproco conforto.

DICHIARAZIONE

Caro Dario,

il Maresciallo mi stava, anch'egli, molto vicino e in poco tempo era diventato il mio confidente più intimo. Non so come, ma riusciva a farmi aprire totalmente. Cominciai a pensare che le nostre chiacchierate fossero come una sorta di terapia psicologica. Riusciva, con grande maestria, a farmi buttar fuori tutto quello che non avevo mai detto nemmeno a me stessa. Una mattina siamo andati a visitare la tomba dell'Impagliata. Qui ho pianto tanto… ho pianto per le delusioni, i dolori, le ingiustizie e le malinconie che ha dovuto affrontare nel corso della sua vita. Anche lui ha pianto, forse per i miei stessi motivi, non so… non ci siamo detti niente, pudicamente gelosi dei nostri sentimenti. In quell'istante, forse per darci conforto, ci siamo presi per mano spontaneamente e siamo andati via. Lungo la strada di ritorno a casa non ci siamo rivolti una sola parola…. solo quando siamo arrivati nel viale in cui c'era la nostra casa, sempre spontaneamente, ci siamo scambiati un bacio. Da quel giorno abbiamo ato ogni momento insieme. Ridendo, piangendo, scherzando, litigando, ma sempre insieme… ormai inseparabili. Una sera sono venuti a fargli visita i suoi figli, per discrezione mi sono fatta da parte, ma li osservavo con curiosità. Somigliavano molto al padre. Erano tanto dolci e affettuosi con lui. Erano proprio una bella famiglia. Io iniziai a pensare che forse potevo essere di troppo, quindi decisi di allontanarmi quando all'improvviso il Maresciallo mi ha presa per mano dicendomi: “Voglio presentarti la mia famiglia”. Un po’ imbarazzata l'ho seguito. Mi sentivo, in quel momento, una ragazza che incontra per la prima volta la famiglia del suo innamorato. Avevo paura di non essere accettata, come nuova compagna del loro padre. Temevo in una reazione di rabbia da parte loro. Invece tutto è andato bene, anzi loro mi hanno subito messa a mio agio. Sembrava che li conoscessi da sempre. Il Maresciallo invitò ad unirsi al gruppo anche le mie amiche e il Puledro, dicendo che voleva comunicare a tutti (me compresa) qualcosa d'importante. Mi prese entrambe le mani stringendomele forte forte… poi mi fissò profondamente negli occhi e mi disse: “Vuoi sposarmi?”. Non capivo più niente! Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo… ero stordita di felicità! Ho chiuso gli occhi e ho sbirciato nel mio cuore trovandoci dentro tanto

amore. Li ho riaperti, lui mi sorrideva e gli ho detto di “Si”. Pensandoci bene, è vero quel detto che dice che l'amore non ha età! E poi, chi se ne frega!!! L'emozione non mi faceva quasi più respirare. Tutti hanno applaudito facendoci gli auguri, persino la Burbera ha sorriso e mi ha abbracciata. La Pungola mi ha detto in un orecchio: “Hai fatto bene!”, la Guercia: “Brava, brava e poi ha un'ottima pensione!”, la Zoppa con aria trasognata: “Beata te!!!”. Il mio Maresciallo dai capelli bianchi come la neve mi ha portata in un angolo e mi ha dato un bacio che io ho ricambiato, promettendogli di amarlo sino al resto dei miei giorni.

FIORI D'ARANCIO

Caro Dario,

è inutile dire che da quel giorno è scoppiato il caos. Le mie amiche hanno cominciato a fare progetti a tutto gas. Nella nostra casa sembrava essere arrivato un vento caldo che con se aveva portato un arcobaleno di colori e di vitalità. La Direttrice s’è preoccupata di prepararci tutti i documenti, il parroco Bonsai s’è incaricato dell'addobbo floreale nella piccola cappella. Per giorni l'euforia e i progetti si sono impossessati di noi tutti… c'era sempre qualcosa da fare. Vedere le mie amiche che realizzavano con le loro mani le bomboniere, me le faceva amare ancora di più. Io e il mio Maresciallo, intanto, vivevamo il nostro amore come due adolescenti. Un affetto alla nostra età è come ricevere una seconda opportunità, una seconda vita da Dio. Io finalmente potevo avere una famiglia mia. La famiglia che non avevo mai avuto… era un sogno bellissimo!!!

L'abito da sposa, invece volli confezionarlo da me. Non permisi a nessuno di intromettersi… anzi per poter lavorare in gran segreto, chiesi alla Direttrice di poter usare la soffitta. Ricevuto il permesso, allestii questa stanza, usata spesso come deposito di oggetti appartenuti agli ospiti della casa che erano andati via e che non avevano nessuno che reclamasse i loro pochi averi. Decisi di utilizzare un vecchio vestito che avevo conservato con tanto amore e di adattarlo per l'occasione… non era un problema, dato che per anni sono stata una brava sartina.

Il giorno del matrimonio tanto atteso era oramai arrivato. Appena dopo l'alba la Burbera mi ha svegliata eccitatissima, sembrava fosse lei la sposa: “Su alzati! Cosa fai ancora a letto? C’è tanto da fare ancora…”. Erano appena le cinque del mattino e la cerimonia era prevista per mezzogiorno in punto.

“Andiamo alzati!” continuò “dobbiamo controllare che tutto sia a posto, dobbiamo prepararci per tempo e scendere ad aspettare gli altri”, e poi ancora “assicurarci che la chiesa sia addobbata nel modo giusto! Lo vuoi capire che abbiamo tante cose da fare?”.

Ma perchè parlava al plurale? Chi aveva tante cose da fare? Ma era del tutto inutile discutere con lei e così mi sono alzata. In un battibaleno abbiamo fatto tutto quello che c'era da fare e alle 7,30 finalmente ci siamo messe sedute. Ero esausta e anche la Burbera, fortunatamente, lo era e così si è data pace. Ma non ho fatto nemmeno a tempo a tirare un sospiro di sollievo che nella stanza si sono fiondate anche tutte le altre, anche loro con un'energia e una frenesia addosso da far paura. Ma perchè le ho lasciate fare? Volevano ammazzarmi proprio in quel giorno? Litigavano fra loro su chi doveva fare o non fare quella determinata cosa, le mie care sorelle…

Finalmente il momento di indossare il tanto atteso abito nuziale era arrivato. Con energia, altrimenti non sgombravano, le ho fatte uscire e mi sono vestita con tutta calma. Mi son guardata allo specchio è ho visto la mia figura vestita in quel elegantissimo completo blu dalla giacca sfiancata e rifinitissima e dalla gonna dritta di poco sotto il ginocchio. A completare il tutto una camicetta di raso bianca, un paio di guanti e un cappellino semplicissimo, il cui unico vezzo era una veletta bianca che copriva il viso. Non sembravo io… Perfetto! Mentre mi accingevo ad uscire mi giungevano le voci delle mie amiche: “Ecco la mia famiglia!”. Ero molto felice, emozionata, stavo aprendo la porta, con loro che mi guardavano sgranando gli occhi e zittendosi di botto. “Ma quel completo e tutto il resto non appartenevano a…” esclamò la Pungola… Io risposi di sì…. quelle belle cose che indossavo le avevo scelte perché volevo che quel giorno speciale ci fosse anche la mia amica Impagliata. Indossando i suoi abiti, avrei sentito anche il suo caldo abbraccio. Commosse ma sorridenti ci siamo avviate verso la cappella. Il Puledro s’è offerto di accompagnarmi sottobraccio all'altare… vabbé, costretto dalla moglie! Quella che stava per diventare mia figlia m’è venuta incontro porgendomi uno splendido bouquet di rose e fiori d'arancio. Con quel bellissimo dono fra le mani ho percorso raggiante la navata della chiesa. Vicino all'inginocchiatoio c'era lui ad aspettarmi… il mio bellissimo sposo dal sorriso candido e dai capelli color neve. Ero felice!

EPILOGO

“Ognuno ha tante storie, tante facce nella memoria”, cantava Gabriella Ferri. Le mie facce e la mia storia, cari amici ve le ho raccontate quasi per intero. Da questi ricordi sono ati ormai tanti anni, ma è come se fosse accaduto tutto ieri. Come avevo temuto, sono rimasta sola a ricordare; tutti i miei cari, uno per volta, hanno raggiunto l'Impagliata. Il primo è stato il mio amore che se n’è andato una calda sera d'estate, poi la Burbera, la Pungola, la Zoppa, il Puledro e infine la Guercia. Sono tutti lì, serenamente insieme. Questo non mi fa soffrire, perché li sento sempre accanto e mi fanno compagnia in questa mia piccola stanza. Di fronte al mio letto ho fatto appendere il quadro della Madonna col bambino in braccio, regalatomi da loro il giorno del mio matrimonio. Guardo in continuazione la foto in cui siamo tutti insieme; sento ancora le loro voci, le loro risate, i loro schiamazzi. Tutto sembra non sia successo. Sul mio comodino ci sono tanti medicinali. Troppi. Sono ormai da mesi in questo letto, il mio corpo è troppo malato e stanco. Il cancro mi fa star male, ma il pensare a loro mi aiuta ad affrontare la malattia. Non avrei mai voluto rimanere sola e infatti non è così. Li vedo tutti davanti a me che mi sorridono e mi fanno cenno di alzarmi. Non sento più dolore, ho l'animo sereno, sono venuti a prendermi. La Pungola, la Burbera, la Zoppa, la Guercia, il Puledro, l'Impagliata e il Maresciallo fanno cenno di raggiungerli; sorridono le mie Dentiere divertenti:

“Sì, cari… eccomi!”

Note dell'autrice

Cari lettori cosa dire?

Sono una persona affascinata dalle situazioni che la vita offre e dalle persone, la scrittura mi da la possibilità di raccontare queste cose in modo semplice. Penso che nell'ultimo percorso della vita non ci si debba arrendere , ma continuare a vivere sempre e comunque … anzi se è possibile ancora più intensamente cercando instancabilmente emozioni, desideri e perché no… Amore!

La Terza Età…. è anch'essa un'età… punto! Perché la si deve considerare necessariamente come fosse un peso per la società o una vita ormai terminata?

I personaggi del mio racconto sono dei “vecchietti” vitali e pieno di brio a dimostrazione che ogni stagione ha le sue meravigliose sorprese da regalarci.

Voglio dedicare questo racconto a tutti i nonnini e nonnine con l'augurio che vivano la loro esistenza nel migliore dei modi, coccolati dall'amore delle persone a loro care.

Carmela Vegliante

Ringraziamenti

Ringrazio Dalila Bellacicco, redattrice di Gioianet e la Voce del Paese per la magnifica e accurata presentazione.

Ringrazio Veve Dada alias Veronica Addati per le bellissime illustrazioni che hanno reso ancor più divertente il racconto.

Ringrazio Michele Lucatuorto presidente del “Premio Internazionale Poesia e Narrativa Città di Bitetto” che ha premiato questo racconto classificandolo al secondo posto nella sezione “Racconti e Romanzi inediti” nel 2005.

Ringrazio Marco Addati per il continuo incoraggiamento e stimolo alla realizzazione di questo libro.

Ringrazio sco Sorge per i preziosi consigli suggeriti durante la stesura del racconto.

Ringrazio il Dott. Cristian Cavinato per avermi dato l'opportunità di pubblicare questo libro con la sua Casa Editrice.

A tutti quelli che leggeranno “Dentiere divertenti… o quasi”… GRAZIE.