Sergio Cappa, Silvio Maffioletti
Introduzione all'Optometria Funzionale
Introduzione all'Optometria Funzionale
Sergio Cappa, Silvio Maffioletti
Edizione gennaio 2015
ISBN 9786050348903
Autopubblicato con Narcissus.me
www.narcissus.me
___________________________________________________
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
___________________________________________________
UUID: 9786050348903
This ebook was created with BackTypo (http://backtypo.com) by Simplicissimus Book Farm
Indice
Prefazione Introduzione Capitolo 1: Esame analitico Capitolo 2: Procedura analitica Tavola 2: Valori di riferimento Capitolo 3: Glossario Bibliografia
Prefazione
Il seguente scritto è la traduzione letterale, fatte salve le inevitabili concessioni stilistiche, del testo che porta lo stesso titolo pubblicato nel 1979 dall’Optometric Extension Program Foundation, Inc. a Duncan, Oklahoma, da Charles B. Margach, professore di Optometria alla Southern California College of Optometry. Si tratta di un manuale schematico di poche pagine suddiviso in tre parti: nel Capitolo Primo vengono elencate, dopo alcune considerazioni generali, le metodiche dell’Esame Analitico (i cosiddetti “21 punti”) ed un sommario delle tecniche chiave della pratica optometrica standard; un Secondo Capitolo raccoglie i suggerimenti per la Procedura Analitica ed un Terzo e ultimo Capitolo riporta un utile glossario. Si tratta, come riporta l’autore, della sedicesima edizione, sostanzialmente identica alla prima, a firma SkeffingtonAlexander e altri, pubblicata nel 1935, dopo la fondazione nel 1928, dall’OEP. La traduzione che segue ricalca, con un’onesta dissimulazione, la presentazione del dr. Margach ed il Capitolo Uno e Due.
Sergio Cappa – Silvio Maffioletti
Introduzione
L’Optometria, come molte professioni cliniche, ha sviluppato due diversi punti di vista. Il primo è stato chiamato Approccio Fisiologico, secondo il quale le condizioni visive che il soggetto evidenzia in modo manifesto sono esclusivamente il risultato d’eventi fisiologici, tra i quali quelli ottici; secondo tale approccio l’impegno clinico ha un effetto limitato nel modificare tali condizioni visive, ma è piuttosto un intervento finalizzato alla compensazione delle ametropie.
E’ un punto di vista che sottende l’accettazione di un modello in base al quale le condizioni visive sono “geneticamente predeterminate” e la visione è prevalentemente una manifestazione della sfera biofisica e biochimica del corpo. Se si considera la nota dicotomia psicologica tra la teoria “innatista” e la teoria “empirista”, l’approccio fisiologico rappresenta la versione optometrica dell’innatismo. Anche se i detrattori lo considerano troppo “meccanicistico”, è fuor di dubbio che sull’approccio fisiologico molta della Scienza Optometrica è stata pensata ed esercitata. In queste pagine viene chiamato “optometria standard” ciò che si riferisce all’approccio fisiologico.
Il secondo approccio optometrico ritiene che le condizioni visive che il clinico verifica, pur primarie ed importanti, siano solo lo sfondo delle attività fisiologiche che le determinano; secondo questo approccio la visione è funzione dell’interazione tra la persona ed il suo ambiente. E’ un punto di vista che sottende l’accettazione di un modello in base al quale “la funzione determina la struttura”, dal quale deriva il termine di “Optometria Funzionale”. La dizione “Optometria Comportamentale” ne è un sinonimo assai diffuso.
Questa monografia è strutturata per fornire un’introduzione alle tecniche di verifica e diagnosi dell’optometria funzionale. Oltre ad alcune indicazioni originali del suo autore, contiene un riassunto e una raccolta codificata degli insegnamenti di A.M.Skeffington e dei suoi collaboratori, così come sono stati espressi attraverso l’Optometric Extension Program. La prima copia è il Reference 1, stampato originariamente nel 1935 e, con poche modifiche, preso a modello dalla professione optometrica nelle successive quattordici edizioni, l’ultima delle quali è datata Ottobre 1974.
Quanto segue è un estratto del vasto corpo d’informazioni cliniche sull’Optometria Funzionale disponibile presso l’Optometric Extension Program Foundation. E’ speranza dell’autore che il lettore possa trovare questa “Introduzione” immediatamente applicabile ai suoi problemi clinici e sufficientemente stimolante per spronarlo verso ulteriori studi. Per approfondimenti sulle metodiche dei test dell’Esame Analitico è disponibile il Reference 2; il sistema completo della Procedura Analitica è dettagliato nel Reference 3; il Reference 4 presenta un quadro sistematico dei concetti e dei principi che sottendono la Procedura Analitica; i Reference 5 e 7 presentano un parallelo dettagliato tra i principi e la pratica dell’Optometria Funzionale e i loro equivalenti nella Optometria Standard; gli ultimi sono una raccolta di casi esplicativi.
L’autore esprime tutta la sua riconoscenza ai molti colleghi che, nell’ultimo quarto di secolo, lo hanno istruito nell’arte e nella scienza optometrica e anche agli innumerevoli pazienti analizzati nel corso degli anni. Migliaia di studenti in optometria, con le loro pungenti domande e richieste di approfondimenti logici, hanno giocato un ruolo importante nello sviluppo di questa monografia. Un particolare omaggio è dovuto a A.M.Skeffington, Anna Berliner, E.B.Alexander oltre che a Homer H.Hendrickson, Gerald N.Getman, Leonard C.Emery, Jane B.Carmichael e Harold M.Haynes. Senza i loro suggerimenti e incoraggiamenti questa monografia non sarebbe potuta essere realizzata.
Capitolo 1: Esame analitico
(1.1). Considerazioni generali. Si assume che il lettore abbia familiarità con le procedure generali dei test analitici, per cui istruzioni dettagliate sono fornite solo per i test usati unicamente nella Procedura Analitica. Pur non sostenendo che le altre metodiche non siano valide nella loro credibilità diagnostica, in questa procedura, come in ogni sistema di test ed analisi, è importante che i protocolli siano stabiliti e seguiti con precisione; quanto segue è appunto la pratica standard. Seguire le procedure indicate è importante perché: a) i valori previsti sono basati su test eseguiti con le procedure indicate; seguendo procedure differenti s’incorre nell’errore di non consentire la congruità. b) la pratica di assegnare i numeri piuttosto che i nomi o le iniziali per distinguere i test offre l’indiscutibile merito di archiviare per via informatica i dati; il grande vantaggio di numerare i test è il valore astratto dei numeri: infatti oltre ad indicare la sequenza, i numeri evitano il rischio dell’interpretazione ambigua delle procedure che si fornisce quando vengono assegnati nomi o iniziali.
(1.2). Sequenza analitica No.
Definizione operazionale
Nome e sigla adottata d
#1
Oftalmoscopia
Idem
#2
Oftalmometria
Idem
#3
Foria abituale laterale a 6m.
Idem
#13A
Foria abituale laterale a 40cm.
Idem
#4
Schiascopia a 6m.
Schiascopia statica a 6
#5
Schiascopia a 50cm.
Schiascopia dinamica a
#6
Schiascopia a 1m.
Schiascopia dinamica a
#7
Formula base; max. pos. x i 20/20 a 6m.
Non esiste un test corri
#7A
Max. pos. x la miglior A.V. a 6m.
Soggettivo a 6m.
#8
Foria laterale a 6m.
Foria laterale indotta a
#9
BE primo annebbiamento a 6m.
Adduzione
#10
BE rottura e recupero a 6m.
Convergenza
#11
BI rottura recupero a 6m.
Abduzione
#12A
Foria verticale a 6m.
Idem
#12B
Prismi verticali rott. recup. a 6m
Idem
#13B
Foria laterale a 40cm.
Convergenza fusionale
#14A
Cilindro crociato dissociato a 40cm.
Non esiste un test corri
#14B
Cilindro crociato fuso a 40cm.
Non esiste un test corri
#15A
Foria laterale del #14A a 40cm.
Non esiste un test corri
#15B
Foria laterale del #14B a 40cm.
Non esiste un test corri
#16A
BE totale annebbiamento a 40cm.
Convergenza relativa p
#16B
BE rottura recupero a 40cm.
Riserva fusionale posit
#17A
BI totale annebbiamento a 40cm.
Convergenza relativa n
#17B
BI rottura recupero a 40cm.
Riserva fusionale nega
#18A
Foria verticale a 40cm.
Idem
#18B
Prismi vert. rottura recupero a 40cm.
Idem
#19
Amp. Acc. primo annebb. a 33cm.
Amp. acc. (push up con
#20
Negativo a max. annebb. a 40cm.
Accomodazione relativ
#21
Positivo a max. annebb. a 40cm.
Accomodazione relativ
(1.2).Illuminazione. L’illuminazione ambiente non deve essere né troppo bassa da causare abbagliamento da parte del target del proiettore, né troppo alta per alterare il contrasto tra il target e lo sfondo. Per i test a distanza prossimale devono essere usate sorgenti d’illuminazione che garantiscano circa 18 Candele (200 lux), eccetto che per i test #14A, #14B e #15A, per i quali l’illuminazione ambiente deve ridotta a circa 2 Candele (20lux).
(1.3) Procedura dei test. #1. Oftalmoscopia. E’ consentita la tecnica preferita.
#2. Oftalmometria. E’ consentita la tecnica preferita.
#3. Foria abituale laterale a 6 metri (20 piedi). Questo dato è ottenuto con l’abituale correzione a distanza; non ci sono lenti nel forottero; il target usato è una linea verticale di acuità visiva 20/20, o la più piccola che il paziente riesce ad identificare se non legge i 20/20. Porre davanti all’occhio sinistro un prisma verticale di 6D (o sufficiente a separare il target verticalmente): se disponibile, usate il prisma ausiliario nello strumento, diversamente usate uno dei prismi rotanti. Se avete inserito il prisma ausiliario, usate i prismi rotanti muovendoli insieme, per misurare la quantità
minima necessaria per allineare le mire. Cominciate con un valore tra 5D e 10D a BI. Se soltanto un prisma rotante è disponibile, ponete tutto l’ammontare del prisma su quell’occhio; riducete progressivamente sino all’allineamento e il dato. Memorizzate le indicazioni relative alla metodica esposta, che è la pratica standard per tutte le forie laterali. I metodi che consentono di ricavare un diverso dato d’allineamento nei test successivi sono accettabili solo, quando il dato d’allineamento iniziale è stato rilevato nelle modalità descritte nella Procedura Analitica. Le metodiche che iniziano con prismi BE o quelle nelle quali la percezione del target da parte del paziente è continuamente interrotta, non sono considerate pratica standard.
#13A. Foria abituale laterale a 40cm. (16 pollici). Questo dato è ottenuto con l’abituale correzione prossimale. Non ci sono lenti nel forottero. Il target è una riga verticale di lettere di acuità visiva 20/20 o comunque la più piccola che il paziente riesce ad identificare. E’ consentito usare la carta ridotta di Snellen al Punto Prossimo, con il soggetto che legge la riga di lettere più piccola. Qualunque target si usi nel test #13A, lo stesso deve essere usato in tutte le forie a distanza prossimale tranne che nel #15A. Lo strumento e la registrazione sono gli stessi del #3, eccetto che per il prisma iniziale BI che deve essere aumentato a 15D. In tutte le rilevazioni delle forie è fondamentale che l’acuità visiva sia controllata, con il soggetto che deve avere costantemente nitida la percezione delle lettere del target.
#4. Schiascopia a 6m. (20 piedi). Per ottenere il dato di schiascopia potete usare lo strumento a striscia o a spot. Usate la tecnica alla quale siete abituati, purché sia compatibile con la pratica standard. Comunque alcune condizioni devono essere rispettate per ottenere un dato del #4 usabile nella Procedura Analitica:
a.
Il paziente dovrebbe osservare un gruppo di lettere; dirigete la sua attenzione sulle più pi
b.
La lente di compensazione deve essere davanti solo all’occhio esaminato; quando è inda
c.
E’ pratica usuale neutralizzare prima il riflesso nell’occhio destro, poi il riflesso del sinis
d.
Se la ri-neutralizzazione dell’OD presenta un valore differente della prima osservazione,
e.
Se la ri-neutralizzazione dell’OD raggiunge un valore uguale o superiore a 0.50D. (sfero
f.
Rimuovete entrambe le lenti di compensazione e il valore del #4 e l’acuità visi
#5. Schiascopia a 50cm. (20 pollici). a.
Al dato del #4 aggiungete, binocularmente, lenti di sf+2,00D. e ponetevi a 50cm.
b.
Invitate il paziente di osservare un gruppo di lettere (valore di acuità visiva 20/40 se il pa
c.
Con un solo e continuo movimento dello strumento, osservate sul meridiano a 180° in su
d.
Ridurre il valore positivo con i di 0,25 Diottrie, binocularmente, sino a osservare il r
e.
il valore delle lenti che forniscono il valore “neutro”; se il valore “neutro” non
f.
Il dato del #5 può essere registrato come potere netto “totale” (la lente al momento nel fo
g.
Ciò che più sopra abbiamo definito dato del #5, registrato come potere totale o come add
h.
La tecnica ora descritta fornisce quello che viene chiamato il “neutro superiore ottenuto
i.
Occasionalmente risulterà evidente che il riflesso neutralizzato nella procedura del #5 ha
#6. Schiascopia a 1m. (40 pollici). a.
Questo dato è omesso da molti clinici, tranne quando il soggetto ha problemi nella vision
b.
Come nel dato del #5 lordo, nella pratica standard il dato del #6 è un “neutro superiore o
c.
Lo strumento e il target sono sullo stesso piano, il soggetto osserva attivamente le lettere
d.
Ridurre binocularmente potere positivo, come nella procedura del #5, sino al primo rifle
#7. Formula base (massimo positivo per una buona visione dei 20/20, a 6m.) Così come per la schiascopia statica, si assume che ciascuno, studiando e applicando queste istruzioni, abbia una propria tecnica preferita; qualunque essa sia, compresi i metodi per la determinazione dell’asse e del potere cilindrico, essa è però compatibile con la pratica standard solo se comprende i seguenti punti: a.
Dopo aver determinato monocularmente il potere e l’asse del cilindro correttivo ed aver
b.
Lentamente ridurre binocularmente il valore dello sfero positivo sino alla lettura conforte
c.
Il dato rilevato in questo test costituisce la Pratica Standard del #7. Viene successivamen
#7A. Massimo positivo per la migliore acuità visiva (BVA) a 6m. (20 piedi). Il valore positivo del #7 viene ridotto (o il negativo viene aumentato) binocularmente sino al massimo positivo (o minimo negativo) che consente la BVA, ovvero la massima acuità visiva; non esiste un’unica definizione, nella pratica standard, di BVA purché il dato sia ottenuto nel modo ora descritto. Il #7A è la formula di lenti usata quando la prescrizione prevede di fornire al soggetto la BVA per il controllo nei test successivi; come formula base per la Procedura Analitica deve invece essere usato il dato del #7, e non del #7A. L’unica eccezione è per i casi di ambliopia: quando il dato del #7 non è raggiungibile, il #7A deve essere usato come dato di controllo nella Procedura Analitica.
#8. Foria laterale a 6m. (20 piedi). a.
Rimettere il dato del #7 nel forottero come dato di controllo per il #8 e per i successivi te
b.
Usate la stessa procedura indicata per il test #3.
c.
Molti optometristi inseriscono la foria verticale del #12A immediatamente dopo la foria
#9. Base esterna primo annebbiamento a 6m. (20 piedi). a.
Questo è il primo di una serie di test con i prismi (#9, #10, #11, #16A, #16B, #17A, e #1
b.
Si assume che il clinico abbia una propria consolidata tecnica per questo test; quindi le u
c.
La sequenza indicata dai numeri dei test è la sequenza della pratica standard; le variazion
d.
I prismi vanno sempre introdotti binocularmente nei test delle duzioni laterali, mai mono
e.
Ogni successione di eventi, ad esempio primo annebbiamento o annebbiamento totale o
f.
Proiettate la riga verticale dei 20/20; se il soggetto fosse ambliope proiettate la riga della
g.
Aggiungere +0,25D. di sfero binocularmente; poiché il dato di controllo è il #7 e non il #
h.
Lentamente ruotare i prismi BE della stessa quantità davanti ad entrambi gli occhi, sino a
#10. Base esterna rottura e recupero a 6m. (20 piedi). Non fermarsi a registrare il dato del #9; continuate a ruotare BE i prismi davanti ad entrambi gli occhi sino alla rottura della visione binoculare. Chiedere al soggetto di riferire quando il target si sdoppia, o perde contrasto, o si muove da una parte; la perdita di contrasto o il movimento laterale indica soppressione; il movimento in direzione del soggetto indica il mantenimento della binocularità La rottura dovrebbe seguire quest’ultimo movimento; in caso di soppressione non c’è rottura; le indicazioni al soggetto di “mantenere singola la riga delle lettere più a lungo possibile”, o anche “ sforzarsi di ricomporre le due righe di lettere in una singola” non sono accettabili nella pratica standard. Il totale delle due deviazioni prismatiche è registrato come dato rottura #10. Dopo la rottura, ridurre la quantità di BE di entrambi i prismi, lentamente ed egualmente, sino alla ricomposizione singola del target; la quantità totale di deviazione prismatica è poi registrata come dato recupero #10. Il dato del #10 è registrato come doppio valore separato da uno slash (/), indicando prima la rottura; se per esempio il punto di rottura fosse 20D e il punto di recupero fosse 10D, la registrazione sarà: 20/10. Se fosse necessario, per assicurare il recupero, oltreare lo “0” entrando in BI, in questo caso occorre registrare il totale valore di BI preceduto dal segno meno (-).
#11. Base interna rottura e recupero a 6m. (20 piedi). Questo test può essere inteso come la continuazione del precedente #10; aggiungere prismi a BI nello stesso modo del #10 sino alla rottura e ridurre sino al recupero. Prestare attenzione allo schiarimento o al movimento del target; tali indicazioni hanno la stessa interpretazione del test precedente, con la sola differenza che ci si aspetta un movimento apparente del target, con i prismi BI, in allontanamento dal soggetto lungo la sua linea di sguardo.
Poiché molti soggetti non percepiscono l’annebbiamento con i prismi BI, non viene indicato alcun dato previsto; se il soggetto lo percepisce, il dato può essere registrato come primo della serie dei tre dati, separati da uno slash, con il dato
d’annebbiamento prima degli altri.
Poiché molti soggetti sopprimono nel #10 e pochi invece nel #11, alcuni optometristi dimostrano il fenomeno delle duzioni attraverso una preliminare anteposizione di prismi BI di prova; se ciò viene fatto, il risultato ottenuto non viene considerato un dato standard e va registrato sulla scheda seguito dai #9, #10, #11 nella sequenza indicata precedentemente nel testo; i valori trovati nella dimostrazione delle duzioni non sono quindi usati nella Procedura Analitica.
#12A. Foria verticale a 6m. (20 piedi). a.
Anche se il target e le lenti di controllo del test sono presumibilmente meno critici sul tes
b.
E’ considerata un’accettabile variazione dalla pratica standard l’eseguire il #12A immedi
c.
Poiché le forie verticali e le duzioni non sono rilevate in un unico modo nella procedura
#12B. Duzioni verticali a 6m. (20 piedi). a.
E’ nella pratica standard usare gli stessi controlli per i dati del #12A e del #12B.
b.
Le procedure per il test non sono specificate, per le ragioni indicate al punto “c” del test
c.
Le sequenze del test sono specificate a causa di specifici effetti sui risultati dei test utiliz
#13B. Foria laterale a 40cm. (16 pollici). Poiché questo è il primo test a distanza prossimale, le condizioni di controllo devono essere stabilite precisamente; eccetto dove diversamente indicate, le condizioni di controllo devono essere così mantenute per tutti i test prossimali: a.
L’illuminazione va regolata come al punto (1.2);
b.
Il target va posto a 40cm. (16 pollici); eccetto dove diversamente indicato, il target dovre
c.
Il soggetto va sollecitato ad osservare la riga delle lettere; se la sua acuità visiva è ridotta
d.
La lente di controllo è il #7, tranne che in due casi: (1): se il soggetto è presbite, deve ess
e.
La distanza interpupillare sul forottero deve essere modificata per la posizione “vicino”;
f.
Per la pratica standard è accettata la variazione di porre il test #18A, la foria verticale da
#14A. Cilindro crociato dissociato a 40cm. (16 pollici). a.
La pratica standard posiziona questo test immediatamente dopo il #13B. C’è una possib
b.
Lasciate i prismi rotanti nel forottero, come erano posizionati al termine del precedente
c.
Aggiungere, binocularmente, almeno +2,00D. al dato del #7; in caso di presbiopia è pra
d.
Inserite il target della griglia a croce formata da righe leggere, orientate a 90°/180°; alcu
e.
Riducete l’illuminazione del target a circa 2 candele (20lux); la luce ambiente dovrebbe
f.
Prima di procedere con il punto ”g”, stabilire l’equilibrio tra le linee verticali ed orizzon
g.
Introducete i cilindri crociati binocularmente; è pratica standard orientare l’asse del cilin
h.
Una possibile, e spesso utile, variazione al punto “g” è orientare i cilindri crociati inizia
i.
Se l’equilibrio tra le linee verticali e orizzontali è stato raggiunto nel punto “f”, ma né al
j.
Il punto di arrivo di questo test è il potere più positivo che consenta l’equilibrio percettiv
k.
Se il dato del #5 è stato registrato come addizione, anche il dato del #14A deve essere re
l.
Molti soggetti, invece di are dalla percezione “verticale” (punto “g”) a “uguale”, pa
m.
E’ un’accettabile variazione dalla pratica standard condurre l’ultima fase del test in mod
#15A. Foria laterale attraverso il #14A (Cilindro crociato dissociato) a 40cm. (16 pollici) a.
Con il dato lordo del #14A nel forottero come dato di controllo e senza cambiare illumin
b..
Registrare il valore del prisma laterale che produce l’allineamento come risultato del #1
c.
Se il dato del #5 lordo è di 1,00D. o più positivo rispetto al #14A, un secondo #15A dev
#14B. Cilindro crociato fuso a 40cm. (16 pollici). Continuando dalla situazione del #15A, togliere prismi dissocianti; il soggetto dovrebbe vedere ora un singolo target; se così non è, effettuare alcuni aggiustamenti (toccare il target, muovere il target, aumentare l’illuminazione, inserire prismi BI di valore crescente o altro) per eliminare la diplopia; se è necessario effettuarli, documentare cosa è stato fatto, e registrarlo insieme al #14B. Normalmente il soggetto vedrà ora le linee verticali più nitide; il potere positivo viene ridotto binocularmente sino all’ “uguale” o al primo “orizzontale”; se il soggetto all’inizio vede le “orizzontali” più nitide o l’uguaglianza, aggiungere potere positivo binocularmente sino alla preferenza per le “verticali” per poi ridurre sino alla prima percezione delle orizzontali” più nitide”. Registrare:1). la lente che offre la possibilità di vedere l’uguaglianza, se c’è; (2). se ce n’è più di una, registrare il potere che offre l’ultima uguaglianza prima dell’orizzontale; (3). se non c’è quella che fornisce l’uguaglianza, registrare la lente che rende più nitide le orizzontali; registrare il dato come “addizione” o “totale” seguendo il metodo usato per il #5 e il #14A.
#15B. Foria laterale attraverso il #14B (Cilindro crociato fuso) a 40cm. (16 pollici). a.
Togliere i cilindri crociati;
b.
Rimettere l’illuminazione standard alla distanza prossimale e inserire lo stesso target usa
c.
Il #14A, #15A, #14B e #15B costituiscono una medesima unità funzionale e dovrebbero
Controllo dei dati successivi. 1.
In generale la lente di controllo per i test successivi al #15B sarà la stessa utilizzata per i
2.
Per soggetti miopi pre-presbiti: il #7 o la prescrizione abituale da vicino, qualunque sia i
3.
Per soggetti presbiti: minimo positivo ai 20/20 o miglior visus a 40cm.; è considerata un
4.
Se si usa una lente di controllo diversa dal #7, registrarlo.
#16A. Base esterna ad annebbiamento totale a 40cm. (16 pollici). a.
Inserire la lente di controllo, come stabilito sopra;
b.
Usare la stessa metodica usata per il #9, eccetto che il test è portato sino all’annebbiamen
c.
Registrare il valore totale dei prismi richiesto per l’annebbiamento totale; è considerata u
d.
Questo annebbiamento totale è considerato il criterio soglia per i quattro dati d’annebbia
e.
Non è considerata un’accettabile variazione dalla pratica standard rilevare i dati a BI al p
#16B. Base esterna a rottura e recupero a 40cm. (16 pollici). Continuare senza interruzione dall’annebbiamento del #16A, aumentando il valore dei prismi binocularmente sino alla rottura (o allo schiarimento o al movimento) e ridurre sino al recupero nello stesso modo del test #10, con la sola differenza del tipo di target e della sua distanza; i criteri di soppressione e di binocularità sono gli stessi del #10.
#17A. Base interna ad annebbiamento totale a 40cm. (16 pollici) La strumentazione è la stessa del #16A, salvo che i prismi sono a BI invece che a BE; ogni sforzo deve essere fatto per avere una soglia del test con lo stesso annebbiamento ottenuto nel test #16A; il soggetto deve essere istruito a segnalare l’ultima possibile lettera percepita. Se non si evidenziasse l’annebbiamento, registrare “x”.
#17B. Base interna a rottura e recupero a 40cm. (16 pollici). E’ il test corrispondente al #16B ma con i prismi in posizione BI invece che BE. Dovrebbe continuare senza interruzione dal #17A e i criteri di binocularità e soppressione sono gli stessi del #11; è un’inaccettabile variazione dalla pratica standard far precedere le duzioni a BI alle duzioni a BE.
#18A e #18B. Foria verticale e duzioni verticali a rottura e recupero a 40cm. (16 pollici). Questi test sono corrispondenti ai #12A e #12B. Il target è la riga orizzontale dei 20/20 o il test di Snellen ridotto per vicino; è considerata un’accettabile variazione dalla pratica standard inserire il #18A tra il #13B e il #14A; il #17B deve comunque precedere il #18B.
#19. Negativo al primo totale annebbiamento al test di lettura a 33cm. (13 pollici) A 33cm. porre il target di lettura con la dimensione delle lettere
approssimativamente 20/40 per questa distanza (le lettere che sono 20/20 a 0.62m – Jaeger 4 – sono 20/40 a 33cm.); dal valore di controllo ridurre positivo (aumentare negativo) binocularmente sino a produrre un sostenuto e definito annebbiamento. Con la dizione “definito annebbiamento” si intende quel potere diottrico che non impedisce al paziente di leggere il testo ma è tale da rendere la lettura difficile; con “sostenuto annebbiamento” si intende un annebbiamento che non impedisce al soggetto la possibilità di continuare a leggere. L’addizione al dato del #7 che produce questo annebbiamento, sommato algebricamente con +2,50D. (necessario a compensare la distanza ridotta del target) fornisce il dato del #19. Esempio 1: l’annebbiamento è prodotto con un potere di 1,00D. meno positivo del #7:il #19 è 3,50D. (1,00+2,50); Esempio 2: l’annebbiamento è prodotto con un potere di 1,00D più positivo del #7:il #19 è 1,50D. (2,50-1,00). Non è considerata un’accettabile variazione dalla pratica standard sostituire il #19 con il Donders “push-up”; il target infatti non si muove nel test #19. Non è considerata un’accettabile variazione dalla pratica standard sostituire il #19 con il#20; il #20 è, infatti, un gruppo di lettere senza senso mentre il #19 è un target di lettura che richiede la decodifica e la comprensione.
#20. Negativo a totale annebbiamento vicino a 40cm. (16 pollici) a.
Ritornare al test di Snellen ridotto (o ad un altro test con lettere piccole a 40cm.). Sebben
b.
Binocularmente ridurre il valore di sfero positivo (o aumentare negativo) sino al totale an
#21. Positivo ad annebbiamento esterno o vicino a 40cm. (16 pollici) a.
Iniziando nelle stesse condizioni del #20, aumentare il valore di sfero positivo (o ridurre
b.
Registrare il dato del #21 come un’addizione (positiva) del dato di controllo del #13B; c
Sommario delle tecniche chiave della pratica standard. Rilevare tutte le forie laterali iniziando con prismi a BI; Registrare il #7 come massimo positivo ai 20/20, non come lente di miglior acuità visiva; Porre tutti test indicati nella sequenza dei numeri, eccetto che per il #13A; due possibili eccezioni possono essere il #12A ed il #18A; Attraverso la batteria dei test, fermarsi per la registrazione dei dati ogni volta che è possibile; in particolare evitate di fermarvi tra i dati di BE (o BI) e le successive duzioni a rottura e recupero; Registrare il #9 al primo apprezzabile annebbiamento; registrare il #19 al primo sostenuto annebbiamento; registrare i test #16A, #17A, #20 e #21 allo stesso punto limite del completo annebbiamento; per il #20 e #21, registrare 0,25D. meno del completo annebbiamento della lente.
Capitolo 2: Procedura analitica
Il sistema descritto in questo capitolo è una versione modificata dell’originale Procedura Analitica, come pensata dal Dr. Skeffington e collaboratori; per una descrizione dell’intero sistema è consigliata la lettura del Reference 3. (2.1) Considerazioni generali. La Procedura Analitica* è un metodo d’analisi usato per determinare le indicazioni prescrittive destinate al paziente, che possono prevedere lenti e, se necessario, training visivo. I aggi di quest’analisi visiva vengono descritti in questo capitolo. Prima di procedere però, ci sembra importante esporne i presupposti: 1.Il Comportamento Visivo* è modificabile da fattori ambientali*. Sia da fattori non-controllati come la forza di gravità, la distanza di lavoro, la postura e la quantità di attività visiva. Sia da fattori controllati come poteri delle lenti, tempi e procedure d’allenamento visivo. 2.Queste modificazioni, siano esse desiderate o meno, sono inizialmente manifeste solo quando è presente il fattore modificante. Tuttavia, quanto più si prolunga la presenza di quel fattore, tanto più le modificazioni del comportamento visivo diventano persistenti ed eventualmente permanenti, anche in assenza del fattore scatenante stesso. 3.Un’attività visiva prolungata “da vicino” è uno dei fattori ambientali non controllati che produce, in molte persone suscettibili, indesiderate alterazioni delle funzioni visive*. In assenza di un’adeguata risposta optometrica, queste alterazioni assumono di solito gravità crescente e si radicano* maggiormente nel comportamento visivo* della persona. 4.L’insorgenza di queste alterazioni segue percorsi caratteristici che, quando interpretati dal procedimento analitico, danno luogo alle linee guida essenziali
per la programmazione dell’approccio optometrico, incluso il calcolo di:
-la lente immediatamente tollerata* (acceptable lens). Questa è la controparte delle lenti “cor
-la lente ottimale. Questa è la prescrizione ritenuta necessaria per interrompere e invertire i p
-la lente provvisoria. Viene prescritta quando vi è un’eccessiva differenza tra la lente immedi
5.Le anomalie delle funzioni visive vengono classificate, attraverso la fase di controllo* (checking), come “alto” o “basso”, riferito ai risultati ottenuti dal Metodo Analitico. In generale, il controllo non è necessariamente un procedimento formale ed è di solito condotto sotto forma di “ispezione” nel corso dell’analisi. Del controllo verrà discusso in seguito in maniera dettagliata. 6.Le anomalie visive manifeste al controllo vengono attribuite, in generale, allo stress da visione “da vicino”. In linea di principio vengono ritenute reversibili*, una volta che il soggetto è stato liberato da quello stress attraverso l’utilizzo di lenti ottimali o provvisorie. Non solo tali anomalie vengono considerate reversibili, ma la loro reversibilità è l’unico obiettivo dell’optometria funzionale. Delle anomalie visive verrà discusso più a lungo in seguito. 7.L’esperienza clinica ha mostrato che, di tutti i fattori controllati, l’elemento più efficace per alleviare lo stress visivo sia l’utilizzo, per tutte le attività di visione da vicino, di valori sferici positivi di basso ed egual potere. La teoria relativa alla funzione di tali lenti va al di là dello scopo di questo testo. I lettori interessati potranno trovar utile la lettura del Reference 6. 8.Sebbene tutte le anomalie visive derivanti dalla visione da vicino siano in linea di principio reversibili, vari fattori di natura pratica spesso limitano la capacità dell’optometrista di effettuare, o anche tentare, tali inversioni di tendenza. Un concetto che può risultare utile è quello del paziente che, sollecitato da un incontrollato stress di visione da vicino, si muove lungo un continuum di reversibilità/irreversibilità. Una decisione basilare che si deve prendere in questi casi è se la posizione lungo questo continuum sia tale da rendere pratico il tentativo di inversione delle anomalie visive presenti. Se sarà così deciso, si provvederà con un programma di lenti ottimali (oppure provvisorie). Se le anomalie saranno ritenute irreversibili la prescrizione indicata per un uso “da vicino” sarà quella di lenti immediatamente tollerate. 9.L’approccio prescritto è concepito in primo luogo per fornire un o alle richieste visive “da vicino” del paziente. Sia i risultati dei test per il lontano che quelli per il vicino vengono utilizzati nel procedimento analitico, ma l’interpretazione riguarda sempre le necessità “da vicino” del paziente. Le valutazioni di base dell’optometria funzionale sono quelle per il vicino, mentre i programmi per la visione da lontano sono visti come modifiche di quelli per il vicino.
(2.2) Calcolo delle lenti tollerate I valori base usati sono i tre netti* per il vicino: il netto dei test 5, 14A e 14B. Letti come insieme, questi valori forniscono informazioni nell’ammontare della tolleranza* massima di positivo da vicino. Il concetto di netto da vicino definisce “l’ammontare di accomodazione in eccesso rispetto all’ammontare di convergenza per quella distanza”. I valori registrati dai tre test in questione vengono chiamati valori “al lordo”, oppure “lordi”.
Tavola 2: Valori di riferimento
TEST DESCRIZIONE TEST VALORI DI RIFERIMENTO (MIN.) #3 foria abituale laterale, 6m0,50 exo #13A foria abituale laterale, 40cm 6 exo #4 retinoscopia, 6m +0.62 D #5 N. retinoscopia, 40cm +0.50 D add al test #4°°°
TEST
DESCRIZIONE TEST
VALORI DI RIFERIMENTO
#3
foria abituale laterale, 6m
0,50 exo
#13A
foria abituale laterale, 40cm
6 exo
#4
retinoscopia, 6m
+0.62 D
#5 N.
retinoscopia, 40cm
+0.50 D add al test #4°°°
#7
formula Base (massimo positivo sui 10/10 a 6m)
+0.62 D
#8
foria laterale, 6m
0,50 exo
#9
base est. fino ad annebbiamento, 6m
7
#10
base est. fino a rottura e recupero
19/10
#11
base int. fino a rottura e recupero
9/5
#13B
foria laterale, 40cm
6 exo
#14A N.
cilindri crociati mono, 40cm
+0.50 add al test #7°°°
#14B N.
cilindri crociati bino, 40cm
+0.50 add al test #7°°°
#16A
base est. fino ad offuscamento, 40cm
15
#16B
base est. fino a rottura e recupero, 40cm
21/15
#17A
base int. fino ad annebbiamento, 40cm
14
#17B
base int. fino a rottura e recupero, 40cm
22/18
#19
ampiezza acc. con lenti negative, 33cm
5.00D
#20
lente negativa fino ad annebbiamento, 40cm
-2.25
#21
lente positiva fino ad annebbiamento, 40cm
+2.00
Dal valore “lordo” viene sottratto il “LAG”, che è calcolato dividendo la foria per una costante. Il valore risultante è chiamato “netto”, espresso dall’operazione: Lordo – LAG = Netto Il lag per il test #5 si ottiene dividendo la foria del test #15A per 8°° Il lag per il test #14A si ottiene dividendo la foria del test #15A per 6°° Il lag per il test #14B si ottiene dividendo la foria del test #15B per 9°° ESEMPIO: prendiamo come valore al lordo del test 5 = +1.00D; 14A lordo = +0.75D e 14B lordo = +0.25D. Prendiamo anche i risultati del 15A = 8exo e 15B = 6exo. È consuetudine approssimare tali valori all’ottavo di diottria più prossimo.
°°La spiegazione di tale relazione eccede gli scopi di questo scritto; si veda il Reference 9 e 10.
TEST
LORDO
LAG
NETTO (add)
#5
+1.00
meno 8/8 =
0.00
#14A
+0.75
meno 8/6 =
-0.62 D
#14B
+0.25
meno 6/9=
-0.37 D
Per orto ed esoforie, il LAG è pari a zero e i netti per il vicino coincidono con i valori “lordi”. Sebbene il procedimento analitico completo fornisca, in alcuni casi, raffinazioni dei calcoli sopra citati, per i nostri scopi è sufficiente sostenere che la lente immediatamente tollerata per il vicino si trova entro il range mostrato dai tre valori netti per il vicino.
(2.3) Controllo (checking) Fondamentalmente è un processo di raffronto tra il risultato di un test e il suo corrispettivo “di riferimento” della tavola 2, per poi definirlo “alto” o “basso”. Sebbene i termini “alto” e “basso” si spieghino da soli, risulterà utile qualche regola specifica a riguardo:
1.
i risultati delle lenti vengono definiti “alti” quando il loro valore sia eguale o ecceda in p
2.
le forie vengono definite “alte” quando il loro reale valore sia uguale o più exo del valor
3.
il controllo sulle duzioni richiede regole più complesse:
Se la rottura è più bassa del suo valore di riferimento, il risultato viene ritenuto “basso”, senza curarsi del valore del recupero. Se la rottura è alta, la duzione è ritenuta bassa quando è basso il recupero. Il valore di riferimento del recupero non è un numero intero, è piuttosto un rapporto matematico con la sua rottura. E’ necessario dividere l’effettivo valore del recupero per l’effettivo valore della rottura. Il recupero è basso se il quoziente è inferiore a 1/2 per il test #10 e per il test #11; è inferiore a 2/3 per il test #16B e meno di 3/4 per il test #17B. Se entrambi i valori dei test #10 e #11 e/o entrambi i valori dei test #16B e #17B risultassero “bassi”, e se ci fosse un qualsiasi dubbio su quale sia da considerarsi più “bassa” tra le coppie, si considerino il test #10 e il #16B bassi per poi dare un giudizio nella classificazione del caso e del deficit visivo.
(2.4) Determinazione della lente definitiva 1.
Raffrontate i valori delle quattro duzioni laterali (#10, #11, #16B e #17B) con i loro valo
2.
Uno dei tre valori netti da vicino è più basso del suo valore di riferimento?
Se c’è una risposta positiva ad una qualsiasi di queste domande, ciò evidenzia la difficoltà visiva del paziente, che deve essere vista come una conseguenza dello stress visivo da vicino e dunque occorrerà provvedere ad un incremento del potere positivo delle lenti abitualmente portate da vicino. Il secondo o consiste nel determinare se la prescrizione di lenti definitive debba essere di alto o basso potere positivo. Per questo raffrontiamo il valore del #16B con quello del #17B. Se il #17B è chiaramente più basso del #16B, diremo che il paziente avrà una tipologia B2 e occorrerà un incremento del potere positivo della lente prescritta da vicino di almeno +0.75D. Se il test #16B è chiaramente più basso del #17B o non c’è una differenza chiara, diremo che il paziente avrà una tipologia B1 e occorrerà un incremento del potere positivo della lente prescritta da vicino di non più di +0.50D.
(2.5) La decisione sulla Reversibilità/Irreversibilità È opportuno tentare di riabilitare i problemi visivi manifesti, prescrivendo il programma di lenti definitive, o dovrebbero essere prescritte prima le lenti immediatamente tollerate? L’optometrista funzionale è, naturalmente, riluttante alla seconda opzione perché esula dagli unici obbiettivi dell’optometria funzionale. Comunque sia, molti pazienti non sono però buoni candidati per l’immediata prescrizione di lenti definitive. Tali soggetti “irreversibili” comprendono:
(2.6) Progettazione di un Programma Provvisorio. Un programma provvisorio viene adottato quando: a
si evince che il paziente non sia in grado, immediatamente, di tollerare l’intero ammontar
b
è stata presa la decisione di trattare i deficit visivi manifesti come reversibili;
Un programma provvisorio deve: a
provvedere alla fornitura di un potere positivo per il vicino minore della lente ottimale;
b
avere come obiettivo a lungo termine la prescrizione della lente definitiva;
c
essere visto come un programma d’allenamento visivo concepito per creare nel paziente u
I programmi provvisori potrebbero essere classificati in base alla loro crescente complessità e difficoltà d’implementazione nel seguente modo: a.
programmi che prevedono lenti per tutte le attività di impegno visivo per vicino, i cui po
b.
programmi nei quali al paziente viene prescritto un programma d’allenamento visivo “pe
c.
programmi in cui al paziente viene prescritto inoltre un programma d’allenamento visivo
I programmi provvisori sono necessari a seguito della constatazione che il paziente non sia immediatamente in grado di portare l’intero ammontare di potere positivo delle lenti definitive. Una tal decisione è influenzata da due principali fattori: a.
l’estensione raggiunta dai deficit visivi riguardi molte funzioni visive. Il procedimento a
b.
la saldezza con cui i deficit visivi manifesti si stabiliscano nei modelli visivi del paziente
Del radicamento si parlerà nel punto 7, qui di seguito; Quando il paziente mostri stadi avanzati di deficit visivi, il clinico dovrà: a.
essere meno propenso alla prescrizione di potere positivo in eccesso rispetto alle lenti tol
b.
sentirsi in obbligo di integrare la prescrizione delle lenti con altre procedure d’allenamen
c.
decidere di trattare la situazione come irreversibile piuttosto che reversibile;
6 I deficit visivi sono manifesti attraverso le deviazioni dei risultati dei test rispetto ai valori di riferimento (tavola 2). Di solito tali deviazioni esprimono valori “più bassi”. Occasionalmente esse possono avere valori più alti. I loro criteri di espressione più comuni sono: a.
i deficit sono maggiori nelle funzioni monoculari che nelle corrispondenti funzioni binoc
b.
i deficit sono maggiori nelle funzioni che spostano il range di visione nitida verso il pazi
c.
i deficit sono maggiori nelle funzioni misurate in situazioni ad alto significato piuttosto c
d.
i deficit si manifestano da vicino così come si manifestano da lontano. Esempio: i risulta
e.
i deficit appaiono in risultati “di struttura” (oggettivi) dopo essere prima apparsi nei risul
Quando il paziente mostri un’incrementata espansione dei deficit, l’optometrista dovrà mostrarsi più cauto nel prescrivere potere positivo in più rispetto alle lenti tollerate e dovrà dare maggior considerazione alla necessità d’un training per la tolleranza al potere positivo a supplemento del programma di lenti. I deficit visivi elencati come “d” ed “e” (chiamati stadio 6 e stadio 7 nel Procedimento Analitico Completo) sono anche noti come “sindromi da allenamento visivo”. 7 I deficit vengono giudicati radicati quanto più i risultati individuali dei test si allontanano dai rispettivi valori di riferimento. Clinicamente, un incremento del radicamento ha le stesse conseguenze di un incremento della diffusione dei deficit visivi. L’optometrista riterrà sempre più opportune le lenti tollerate; terrà sempre in maggior considerazione il supplemento d’allenamento visivo al programma delle lenti; e sarà orientato a trattare i deficit visivi come irreversibili piuttosto che reversibili. Numerosi criteri comunemente utilizzati per valutare il radicamento sono: a.
acuità visiva naturale non soddisfacente per il paziente o per il clinico. Questo include si
b.
test #7 zero, o negativo;
c.
una o più duzioni laterali (test #10, #11, #16B, #17B) con rottura bassa, in particolare se
d.
recuperi delle duzioni laterali più alti, in rapporto con il loro rispettivo valore di rottura r
e.
foria del #13B = 8 exo o più;
f.
AC/A 5 o 6 (o più) /1.
g.
la lente tollerata ha un valore meno positivo del risultato del test #7;
h.
deficit visivi consistenti attraverso i risultati. Esempi: tutti i tre netti negativi; cilindri per
(2.7) Considerazioni varie In questo sistema d’analisi visiva, la correzione da lontano è sempre subordinata alla correzione per il vicino piuttosto che il contrario. La correzione da lontano, per pazienti con deficit visivi giudicati irreversibili, sarà probabilmente la stessa, sia in un programma d’optometria funzionale, sia in un programma d’optometria standard. Per pazienti con deficit visivi giudicati reversibili, se i deficit includono valori anisometropici o astigmatici la prescrizione di tali lenti sarà controindicata in queste situazioni: a.
se il paziente non richiede per distanza un’acuità visiva soddisfacente;
b.
se tali lievi ametropie vengono viste come deficit, il prescrivere lievi compensazioni non
c.
Un uso part-time di tali lievi compensazioni in un qualsiasi programma, sia esso riabilita
Nella miopia è, talvolta, un espediente la prescrizione di eguali valori sferici negativi per il lontano, combinandoli con un addizione bifocale di almeno 0.25D. più positiva di quanto la correzione da lontano sia negativa. Il limite pratico di tale addizione è circa +1.25D., ponendo come massimo negativo che possa essere prescritto per il lontano a –1.00D.. Nell’ipermetropia, il valore positivo per il lontano è non desiderabile tanto quanto il negativo per il lontano nella miopia. La tentazione di prescrivere valore positivo per il lontano per basse ipermetropie dovrebbe essere combattuta. Inoltre, nell’ipermetropia, se il potere della lente tollerata è maggiore del valore positivo della lente definitiva, è più sicura (e adeguata) una terapia in cui si prescriva positivo con il valore della lente definitiva, come determinato dalla classificazione del caso. Nel calcolare la lente immediatamente tollerata nella presbiopia o in altri pazienti che mostrino risultati al test #19 inferiori alle 5.00D, riducete il LAG tramite la frazione ottenuta dividendo il valore del test #19 per 5.00D. Esempio: se il lordo del test #5 era +2.00 add, il LAG regolarmente calcolato di +1.25 D e il #19 dava 4.00 D, il LAG modificato da sottrarre al lordo sarà 1.00 D (1.25 x 4.00/5.00). Nell’ipermetropia i poteri delle lenti definitive vengono aumentati di 0.25D positivo ogni 5 anni, a partire dai 40 anni d’età. Esempio: la lente definitiva per un 40enne paziente di tipo B1 sarebbe con un’addizione uguale a +0.75; per un 50enne B2 l’addizione sarebbe di +1.50 Il procedimento analitico presentato qui è una versione semplificata ed elementare del procedimento analitico completo descritto nella nota bibliografica 3, dunque alcuni procedimenti pratici standard non sono stati utilizzati appieno in questa breve analisi. Sono comunque utilizzati nel materiale avanzato presentato nei corsi dell’O.E.P.
(2.8) Sette direttive per una prescrizione di lenti appropriate A.
Mai prescrivere lenti di potere superiore all’accomodazione libera dalla convergenza.
B.
Mai prescrivere una lente correttiva monofocale a permanenza di potere maggiore ai 3 n
C.
Quando il test #11 e il #16B sono entrambi bassi, il potere positivo è tollerato a tutte le d
D.
Quando il test #11 e il #17b sono entrambi bassi, ridurre il positivo da lontano e aument
E.
Quando il test #10 e il #16B o il #17B sono bassi, diminuire il potere positivo a tutte le d
F.
Mai prescrivere lenti che invertano l’abituale equilibrio dei risultati della sequenza infor
G.
Mai prescrivere lenti che creino nuove interferenze.
(2.9) Sommario 1.Seguite con precisione la pratica standard durante i test, cosicché i risultati vengano validamente raffrontati con i valori di riferimento nella tavola 2. 2.Calcolate la lente per il vicino usando i tre netti per il vicino: #5, #14A e ##14B. 3.Determinate la lente definitiva in base alla classificazione del caso. Ai pazienti B1 (#16B basso), prescrivere +0.50D oltre la correzione abituale per il vicino; per i B2 (#17B basso) prescrivere almeno +0.75D oltre la correzione da vicino abituale. 4.Valutate la decisione di reversibilità/irreversibilità del caso. 5.Progettate l’approccio optometrico da prescrivere. Quando la lente immediatamente tollerata ha un potere positivo inferiore alla lente definitiva, quando il paziente mostri “stadi avanzati di deterioramento” delle funzioni visive, l’optometrista ridurrà il potere positivo indicato dalla lente definitiva e adeguerà la prescrizione verso i valori della lente immediatamente tollerata prendendo in considerazione la necessità di un allenamento visivo.
Capitolo 3: Glossario
(3.1). Note
Questo glossario tenta di riunire in un unico elenco, in ordine alfabetico, tutta la terminologia contenuta in questo testo che abbia un particolare significato all’interno del Metodo Analitico e del Procedimento Analitico. Viene inclusa, inoltre, la terminologia in uso nei corsi dell’O.E.P. Non si tenta di conferire un significato - ad uso professionale - alle voci qui elencate, bensì viene presentato e discusso il significato che gli si attribuisce nell’O.E.P. Gli articoli del glossario si riferiscono alle voci del testo (*) alla loro prima citazione, eccezion fatta per ulteriori delucidazioni Voci composte da due o più termini vengono poste in elenco secondo l’iniziale del sostantivo. Sono presenti riferimenti trasversali all’interno del glossario. Se lo stesso termine appare in più d’una definizione, solo alla prima citazione verrà posto il riferimento: * In generale le voci del glossario sono definizioni, non vi sono giustificazioni o paradigmi sull’uso dei termini. Per una tale conoscenza aggiuntiva sull’uso di specifici termini, il lettore interessato potrà fare riferimento agli indici dell’O.E.P., in cui viene indicato dove è possibile trovare una trattazione più dettagliata di tali termini. Quando viene usato il termine: Procedimento Analitico, si fa riferimento al procedimento analitico completo descritto nella nota bibliografica 3 e non alla versione ridotta e semplificata di questo testo.
(3.2). Glossario *A-TYPE: (Tipo-A) vedi classificazione del caso. *ABSOLUTE VALUE (Valore Assoluto): il numero registrato come risultato di un test senza tener conto del suo segno e direzione. Per esempio un test 20 = sf–2.00 ha lo stesso valore assoluto di un #21 di sf+2.00. Allo stesso modo un #16A di 15 diottrie prismatiche BE e un #17A di 15 diottrie prismatiche BI avranno lo stesso valore assoluto. *ACCEPTANCE LENS o ACCEPPTANCE PLUS (Tolleranza alle lenti, tolleranza al positivo): si riferisce alla capacità del paziente di riuscire a portare agevolmente ed in maniera efficiente più potere positivo per il vicino che per il lontano. La tolleranza al positivo (o alle lenti) può essere “alta” (più positivo del #7); ”in linea” (come nel # 7); o “bassa” (meno del #7). Vedere anche: quadro sulla tolleranza di potere delle lenti*, lenti immediatamente tollerate*, lenti definitive*. *ACCOMODATION (Accomodazione): raramente usato nell’optometria funzionale, se non come giustificazione razionale alternativa della sua funzione centrale nel regime optometrico, nella prescrizione cioè di sfero positivi a basso potere per la visione da vicino. Una tale prescrizione si dirà essere atta a suscitare un “riposo accomodativo”. Vedi anche: identificazione*. *ACHIEVEMENT VISUAL (Rendimento visivo): un termine usato in entrambe le sue accezioni:
il grado di successo sociale, economico o vocazionale con cui il paziente interagirà con l’ambiente e fronteggerà le sue richieste visive quotidiane. Un inadeguato rendimento visivo in questo senso è spesso caratterizzato da astenopia e/o prestazioni insufficienti nelle attività di tutti i giorni con elevato impegno visivo (es. leggere, sport, attività manuali…); lo scarto entro cui i risultati ai test optometrici del paziente corrispondono ai i
valori medi della tavola dei valori di riferimento*.
In generale ci si può aspettare una stretta correlazione tra i risultati visivi bassi di entrambe le accezioni. *ACTIVITY SUSTAINED NEARPOIN VISUAL (Attività visiva intensa da vicino): le condizioni ambientali che più probabilmente caanno stress da visione da vicino*, con conseguenti deterioramenti visivi* manifesti nella funzione visiva*. In teoria, per l’optometria funzionale*, tale attività è considerata “biologicamente inaccettabile” - che cioè produce uno stress da visione da vicino*- e “socialmente patologica”- che cioè non è culturalmente probabile che si interrompa-. Dunque l’unica soluzione che ha l’optometrista è quella di fornire lenti per il vicino che attenuino lo stress indotto dalla intensa attività visiva prossimale. *ADD (Addizione): qualsiasi potere delle lenti che sia ottenuto o utilizzato come differenza di sfero tra risultati totali* e i poteri della formula di base* -di solito i risultati del #7. Nel Procedimento Analitico* l’add può essere positiva, zero o negativa. Vedi anche: netti da vicino*. *AMPLITUDE ANALYTICAL (Ampiezza accomodativa): la misura del range d’identificazione* svolta nelle condizioni dettate dal #19. La correlazione* con altri test per le “ampiezze” come il #20 o il classico pushup test è molto scarsa. *ANALYSIS CASE (Analisi del caso): il processo di trasformazione di una serie di risultati di test in un regime*. Prevede un processo programmatico di numerosi aggi, rendendolo particolarmente dettagliato riguardo il Procedimento Analitico*. *ANALYSIS SYNDROME (analisi della sindrome): quella forma di analisi del caso* in cui i risultati, in seguito ad una loro valutazione, vengono raggruppati e raffrontati tra loro. I criteri per il regime vengono poi estrapolati dai raggruppamenti piuttosto che dalle sole valutazioni singole o di coppia, incrementando così la validità e l’affidabilità della diagnosi. *ANISOMETROPIA: una dei più comuni deterioramenti visivi* derivanti da stress da visione da vicino. L’eziologia specifica la ritiene una distorsione
posturale adottata dal paziente nel tentativo di compensare delle asimmetrie nell’ambiente visivo “da vicino”. Fattori anisometropici sono solitamente previsti nel regime optometrico solo quando si ritenga il deterioramento visivo irreversibile*, forzando così una correzione* visiva piuttosto che permettere una riabilitazione* visiva del paziente. *ASTHENOPIA (Astenopìa): un lamento del paziente che ci suggerisca la necessità di un regime optometrico riabilitativo*. *ASTIGMATISM (Astigmatismo): vedere le voci iniziali di anisometropia* e astenopia*. Risultati d’astigmatismo ai test sono ritenuti deterioramenti visive causate da stress da visione da vicino. E’ prevista dal regime optometrico la prescrizione cilindrica solo dopo aver preso la decisione di irreversibilità riguardo al caso preso in esame. *B-TYPE (Tipo B): vedi classificazione dei casi*. *BEHAVIOR VISUAL (Comportamento visivo): usato qui nel senso stretto di qualsiasi ed ogni risposta che il paziente fornisca alle richieste del Metodo Analitico*. Risultati oggettivi* e soggettivi* inclusi. *BILATERAL, BINOCULAR, BIOCULAR (Bilaterale, binoculare, bioculare): così come viene usato in questo testo, bilaterale descrive le manovre agli strumenti posti di fronte ad ogni occhio, senza riferimento al loro effetto visivo. Binoculare descrive le risposte visive in cui vi sia coordinazione tra i due campi visivi, come per i risultati dei test sulle duzioni*. Bioculare si riferisce alle risposte visive in cui non vi sia coordinazione tra i due campi visivi come nei risultati dei test delle forie. I contrari sono, rispettivamente: monolaterale e monoculare. *BLUR, BLUR OUT (Offuscamento e sfuocamento): nel metodo analitico* vengono usati tre gradi di “OFFUSCAMENTO”: un primo offuscamento evidente (#9), un offuscamento marcato (#19) e un offuscamento totale (#16A, #17A, #20 e #21). Offuscamento totale significa che il paziente non è più in grado di distinguere alcuna lettera posta di fronte a lui come “target visivo”. I valori di riferimento per questi test sono basati su questi criteri di variazione di soglia. Un mancato offuscamento nei test sulle duzioni è da vedersi come prova del radicamento del deterioramento visivo. *BLUR POINTS (Soglie o punti d’offuscamento): i risultati d’equilibrio*:
(#16A, #17A, #20 e #21). *BUFFER (Scorta): sinonimo di riserva. *C-TYPE (Tipo C):vedi classificazione dei casi. *CALCULATION EQUILIBRIUM (Calcoli dell’equilibrio): la determinazione delle relazioni abituali alto/basso nei risultati d’equilibrio ma anche il calcolo della massima porzione dei netti da vicino che non alteri le relazioni abituali. I mandati clinici derivanti dalla classificazione del caso* e dalla deterioramento vengono applicati ai calcoli d’equilibrio per costruire il modello di lavoro per la tolleranza di potere. Sinonimo: massima tolleranza diottrica sferica (M.S.D.A.). *CAUSTIC (Caustica): usata nelle due accezioni: a. Ottica geometrica: la regione giacente sull’asse ottico, di un sistema ottico centrato, tra il fuoco dei raggi marginali e il fuoco dei raggi parassiali provenienti dallo stesso oggetto. b. Significato clinico: pazienti che dimostrino spesso 10/10 d’acuità visiva in concomitanza con una retinoscopia che mostri una non emmetropia. Questo viene spiegato supponendo che il paziente di solito utilizzi un punto remoto differente rispetto a quello su cui si pone chi effettua la retinoscopia. *CENTERING (Centratura): la totalità osservabile della risposta organica alla domanda “dov’è?”, comprese abilità di localizzazione e rintracciamento, discriminazioni sulla profondità spaziale, movimenti di vergenza degli occhi e aggiustamenti posturali del corpo. Da non utilizzare come sinonimo di convergenza e divergenza quando questi vengano utilizzati per descrivere processi “interni”. La centratura include la dimostrabile “ampiezza di visione singola”, i cui limiti e la cui estensione totale sono presi in esame e misurati da prismi ed effetti prismatici delle lenti. Vedi anche: identificazione. *CHAINING (Concatenazione): una fase del Procedimento Analitico* tra il Controllo* (checking) e la classificazione del caso* (typing), in cui i risultati già “controllati” vengono classificati in due gruppi: uno con i risultati alti, l’altro con i risultati bassi, utilizzando solo i numeri dei test*. Da questa classificazione deriva la Sequenza Informativa*. Con il crescere
dell’esperienza nel Procedimento Analitico molti praticanti saranno in grado di ridurre il tempo impiegato nel “concatenare” i dati, ponendo i risultati già controllati direttamente all’interno della sequenza informativa. *CHECKING (Controllo): per permettere la realizzazione della sequenza informativa di sindrome*, i valori dei singoli risultati vengono prima convertiti secondo una base comune di “alto”, ”basso” e “uguale”. Nel Procedimento Analitico questa conversione si ottiene dal raffronto di ogni singolo valore con il rispettivo valore di riferimento*. Le regole specifiche per quanto riguarda il “controllo” sono illustrate alla nota bibliografica 3. *CONSISTENCY (Consistenza): sebbene le correlazioni d’interesse nel Metodo Analitico siano giustamente basse, c’è una sovrapposizione di test sufficiente per determinare se alcuni tratti visivi siano costanti da test a test o varino. Ad esempio, il potere del cilindro rimane costante in tutti i test che indagano sugli astigmatismi? E l’asse? L’anisometropia varia dal lontano al vicino? Il rapporto sfero/prisma è un rapporto lineare? Maggiore è la consistenza con cui un paziente manifesta deterioramenti visivi e maggiore sarà il grado di radicamento di esse. In “consistenza” s’indicano deterioramenti visivi ”in corso” piuttosto che il loro radicamento, dunque offre migliori prognosi per il successo di qualsiasi impegno riabilitativo. *COSTANCY SIZE (Costanza di dimensionamento): l’abilità di eseguire stime valide e rapide sulle dimensioni reali di oggetti con il solo utilizzo d’indizi visivi. Nelle discriminazioni spaziali di tutti i giorni, questa abilità è fondamentale per valutare la profondità di campo. La Costanza di dimensionamento richiede il o di indizi visivi dati dalla visione periferica ed è allenabile. *CONTROL (Controllo regolatore): qualsiasi elemento mantenuto costante mentre un altro viene modificato. Nel metodo analitico un “controllo” per un qualsiasi test con i prismi è il potere della lente attraverso cui il paziente sta guardando. La regolazione sul prisma nella maggior parte dei test con le lenti è pari a zero. È talvolta usato in maniera imprecisa per denotare una formula di base* da cui un risultato viene registrato come una addizione*. *CORRECTION (Correzione): descrive il regime provvisto al paziente dopo che la decisione di prescrizione* è stata fatta per incorporare i deterioramenti manifesti, piuttosto che tentare di invertirne l’evoluzione. È
probabilmente visto come il miglior programma ideato per modificare l’ambiente visivo così che vada in accordo con gli stimoli distorti che il paziente richiede. *CORRELATION (Correlazione): clinicamente usato per valutare quanto i risultati assicurati da un test possano essere utilizzati per predirne altri ottenuti da ulteriori test. In teoria, le correlazioni d’interesse tra le componenti individuali di una batteria di test sarebbe zero, indicando che ogni test indaga su differenti funzioni, con un effetto minimo di duplicazione e sovrapposizione all’interno della batteria. *CRITERION SKEFFINGTON’S (Criterio di SKeffington): ”mai prescrivere una lente che crei una nuova interferenza tra modelli inibitori e stimolanti.” In pratica, questo criterio propone che la lente ‘tollerata’ non sia mai più positiva di quella che mantenga le relazioni abituali alto-basso tra i 4 risultati d’equilibrio*. In origine proposto da A.M. Skeffington, ”il padre dell’optometria funzionale”, perché venisse annesso come fase chiave nella Procedura Analitica tra la classificazione dei casi e l’elaborazione del framework di tolleranza delle lenti*. Vedere la nota bibliografica 3 per una completa discussione di questa analisi. *DECISION PRESCRIPTION (Decisione Prescrizione): il o finale nell’analisi del caso, in cui viene scelto l’effettivo regime optometrico da adottare. Il procedimento Analitico* non si propone di fornire la prescrizione; provvede piuttosto a raccogliere informazioni ritenute essenziali alla sua realizzazione. Fondamentalmente la decisione di prescrizione deve scegliere tra (a) prescrivere la lente definitiva, (b) prescrivere la lente tollerata, (c) provvedere il programma ad interim ideato per incrementare la tolleranza al positivo*, fino a che la lente definitiva non possa essere prescritta con successo. *DEFECT OCULAR (Difetto oculare): un termine, mal concepito, usato da qualche optometrista funzionale per indicare situazioni in cui l’acuità visiva per il lontano, non aiutata, è sotto i livelli standard ma può essere migliorata fino ai 10/10 con i risultati al #7. Ogni tanto viene utilizzato in un senso più ampio per denotare una qualsiasi deterioramento visiva ritenuta irreversibile*. *DEGENERATION VISUAL (Degenerazione visiva): un termine evitato in
questo testo ma usato spesso nelle pubblicazioni O.E.P. come sinonimo di deterioramento visiva*. *DEMAND VISUAL (Richiesta visiva): quei fattori, specifici e non, dell’ambiente visivo con cui il paziente, per motivi sociali o economici, è costretto ad interagire. Le richieste tipiche, postulate dal procedimento analitico come suscitanti deterioramenti visivi, sono quelle che richiedono, prima di tutto impegni d’identificazione* eccessivi e sostenuti e in secondo luogo sforzi di fissazione (centering) eccessivi e sostenuti. Ipermetropia* ed exoforia sono viste come riserve* consumate, rispettivamente, da tali impegni visivi. *DETERIORATION (Deterioramenti): riduzioni nella prestazione visiva ritenute derivanti da stress da visione da vicino*. Criteri dettagliati per determinarne la direzione, l’estensione e importanza a livello optometrico di tali deterioramenti manifesti vengono dati nella nota bibliografica 3, compreso il loro utilizzo nel calcolo della lente tollerata*. Nell’optometria dello sviluppo* i risultati riconosciuti come deterioramenti possono essere ritenuti causati da un inadeguato sviluppo visivo*, piuttosto che da uno stress di visione da vicino. Le conseguenti considerazioni sul regime optometrico date da una tale visione alternativa vanno oltre lo scopo del testo. *DEVELOPMENT VISUAL (Sviluppo visivo): il concetto di comportamenti visivi inadeguati, invece che essere considerato come il risultato di deterioramenti visivi derivanti da uno stress di visione da vicino può, almeno occasionalmente, essere considerato come prematuro arresto dello sviluppo visivo. *DIAGNOSIS (Diagnosi): un termine usato raramente in optometria funzionale* per le sue connotazioni mediche. Invece “analisi del caso” * ha assunto largo e generale uso nel procedimento analitico, usato esclusivamente in questo testo. *DIRECTIONALITY (Direzionalità): l’abilità di fissazione accurata su oggetti dell’ambiente. Vedi anche localizzazione*. *DISEMBEDDING (Sovvertire): sovversione o interruzione di un modello di comportamento visivo stabilito, che si manifesta tramite lo spostamento
dei risultati ai test da una configurazione radicata a una meno radicata o non radicata affatto. Il disembedding può essere non guidato, con stress che producano alterazioni nell’ambiente visivo, oppure guidato come previsto da un regime optometrico. Un effetto iniziale di disembedding è desiderato nella prescrizione delle lenti provvisorie*. Il disembedding è tipicamente uno dei primi obiettivi nei programmi di allenamento visivo*. Sinonimo: disorganizzazione. *DISPARITY FIXATION (Disparità di Fissazione): nessun test riguardante la disparità di fissazione è al momento incluso nel Metodo analitico. Lo staff di professionisti dell’O.E.P. continua a monitorare la crescita di conoscenza clinica a riguardo, ricercando una ferma evidenza della sua validità per regimi optometrici riabilitativi. *DISPLAY VISUAL (Visualizzazione): nel senso più ampio è inteso come sinonimo di ”campo visivo”. Di solito comunque il termine indica una scena, come un’immagine proiettata o un disegno posti di fronte al paziente per motivi d’indagine o allenamento visivo. *DOMINANCE (Dominanza): per facilitare la registrazione e il calcolo di dati, in numerose fasi del metodo analitico e del procedimento analitico è pratica comune usare solo i valori riferiti al lato dell’occhio “dominante”. Per le fasi del Procedimento analitico in cui non venga specificato, è invece pratica comune l’utilizzo di test a scelta forzata in cui il paziente debba guardare monocularmente, così da indicarne la dominanza. Le problematiche inerenti concetti come “dominanza incrociata”, “mista” e “non stabilita” vanno al di là dello scopo didattico del testo. *DUCTIONS (Duzioni): termine usato nel Procedimento e nel Metodo Analitico per indicare, collettivamente, i test: #9, #10, #11, #12, #16A, #16B, #17A, #17B e #18. Questi sono tutti i test con prismi per “offuscamento, rottura e recupero”. L’uso della dizione vergenza per quei test implica la funzione muscolare ed è dunque da evitare. *EFFICIENCY VISUAL (Efficienza visiva): sinonimo per “successo, traguardo visivo”. *EMBEDDED (Radicato): profondamente fissato, immutabile. Detto di deterioramenti visivi ritenuti di difficile alterazione tramite regime
optometrico. Il suo contrario è non-radicato, usato per quei modelli visivi comportamentali giudicati di facile alterazione tramite stimoli di regimi optometrici (in meglio) o tramite stimoli ambientali (in peggio). Il concetto di un continuum radicato-non radicato è unicamente della optometria funzionale*. Oltre al suo utilizzo nell’ideazione di programmi con lenti, esso ha vaste ramificazioni nell’allenamento visivo*, che però superano l’obiettivo didattico del testo. Criteri specifici per la sua valutazione vengono forniti nel testo. *EMMETROPIA: nel Metodo Analitico, la non desiderabile situazione in cui il paziente abbia perso ogni riserva ipermetropica a fronte delle eccessive richieste d’identificazione*. La controparte, tramite identificazione, dell’ortoforia. Vedi anche ipermetropia*, miopia* e ortoforia*. *ENVIRONMENTAL VISUAL (Visione ambientale): usato in entrambi i significati di: a. le osservabili condizioni attorno al paziente in ogni particolare momento in cui si presume che queste intacchino la prestazione visiva. Il livello d’illuminazione, la distanza, le dimensioni dei dettagli che richiedano d’essere distinti, i colori delle immagini e/o dello sfondo, movimento o altre attività all’interno del campo visivo e la natura dell’impegno visivo principale, sono tutti fattori che influenzano la prestazione visiva del paziente e vanno dunque considerati parte del suo ambiente visivo. Con l’aumentare delle nostre conoscenze per ciò che riguarda il ruolo centrale della visione nel comportamento umano, sembra probabile che più e più fattori verranno riconosciuti all’interno dell’ambiente visivo, inclusi eventi acustici, tattili e olfattivi. b. Un costrutto astratto spesso usato in optometria funzionale* nel presentare la teoria secondo cui le abilità visive non sono semplici, palesi manifestazioni di puri processi di maturazione biologica, ma si sviluppano come transazioni tra la persona e forze esterne, spesso chiamate collettivamente “ambiente visivo”. *EQUAL (Uguale): detto di due risultati i cui valori assoluti siano gli stessi se raffrontati. Tali risultati sono concatenati* in linea*. *ESOPHORIA (Esoforia): nel paziente “non radicato”, un frequente,
transitorio stato di convergenza in eccesso (over centering) a seguito del quale il paziente crea un alta exoforia, come riserva*, a fronte delle continue eccessive richieste di convergenza. In pazienti “radicati”, uno stato di iperconvergenza abituale. Raro, quando raffrontato ad un’ alta exoforia. Nella centratura è il corrispettivo della miopia. *EXAMINATION ANALYTICAL (Metodo Analitico): il procedimento d’analisi standard dell’optometria funzionale, come definita e insegnata da A.M. Skeffington O.D. Fornisce i dati necessari al Procedimento Analitico*. Sinonimo: i 21 punti. *EXOPHORIA (Exoforia): qui vista come riserva* contro eccessive richieste di convergenza generate da un’inaccettabile e sostenuta attività di visione da vicino*. Exoforie più alte dei valori di riferimento, in particolare da vicino, sono viste come alte riserve svantaggiose a cui il paziente rinuncerà quando lo stress di visione da vicino scatenante sarà alleviato da lenti appropriate e/o da regimi d’allenamento visivo. E’ la controparte dell’ipermetropia nella centratura. *EXOTROPIA: una complicazione infrequente in cui un’alta exoforia deteriora fino a diventar exotropia, all’inizio saltuaria ma eventualmente, se lo stress da visione da vicino non è appropriatamente alleviato da regimi optometrici, può diventare una tropia fissa a tutte le distanze di visione. *EXPECTEDS (Valori di riferimento): i valori standard a cui sono raffrontati i singoli risultati del Metodo Analitico. Una tavola abbreviata dei valori di riferimento appare a pagina 19 del testo. Le parole norma e normale non dovrebbero essere usate come sinonimi, in quanto i valori di riferimento rappresentano medie minime per prestazioni visive efficaci, piuttosto che rappresentare una misura della tendenza principale per i soggetti con rappresentazioni sproporzionate delle deterioramenti visivi. *FACTORS ENVIRONMENTALS (Fattori ambientali): quelle condizioni nell’ambiente visivo del paziente, ritenute influenti sulla crescita e lo sviluppo delle abilità visive*. *: un termine indicante una coscienza di comportamenti visivi errati. Clinicamente, il suo utilizzo consiste nell’aiutare il paziente a prendere coscienza di prestazioni visive precarie e incoraggiarne l’iniziativa di procedure
correttive. *FIELD (Campo): un termine usato in entrambi i sensi di: a. una porzione osservabile dello spazio fisico i cui limiti vengono definiti praticamente. Ad esempio, il “campo” (visivo) di una persona può essere tutto il visibile senza che si muovano capo e occhi. Il numero di differenti campi che può essere creato dall’alterazione delle condizioni definenti è, praticamente, illimitato. b. la regione d’azione di una forza ipotetica. Modelli di campi visivi, per esempio, tentano di spiegare il comportamento visivo considerando l’interazione di forze generate dalle relazioni all’interno dell’ambiente visivo, in contrasto coni modelli interni di visione che utilizzano ipotetiche forze psicologiche come cause comportamentali. *FIGURE (Figure): un termine usato in due sensi: a. nel senso generale di porzione dell’esposizioni visive che attira l’attenzione di un osservatore. Di solito, la figura di un’esposizione visiva è differenziata in maniera non ambigua dagli altri elementi, definiti collettivamente sfondo. b. nel senso specifico di una porzione di un’esposizione visiva che in un particolare momento diventa dominante nella scena. Vedi anche figura/sfondo *FIGURE/GROUND (Figura/sfondo): in alcuni tipi di esposizioni visive, gli elementi sono posizionati in modo da produrre un’ambiguità visiva, caratterizzata dalla temporanea “emergenza” di alcuni elementi come “figure”, solo per poi averli sostituiti da altri elementi creanti figure differenti, (senza un oggettivo cambiamento nell’esposizione visiva). Una tale alternanza di elementi viene definita “rapporto figura/sfondo”, in cui l’immagine dominante viene definita “figura” e l’altra “sfondo”. I fenomeni di alternanza figura/sfondo vengono spesso usati per provare inadeguati i modelli ottici della visione. *FINDINGS EQUILIBRIUM (Equilibrio dei risultati): I 4 test per il vicino presi al loro comune punto d’arrivo, lo sfuocamento: #16A, #17A, #20 e #21, anche detti “blur points”. Vedere anche “equilibrium calculations” o anche “ Skeffington’s criterion”.
*FORCE (Forza): Una spinta o trazione teorica usata per descrivere un comportamento osservato. In quest’era meccanicistica, questo è il metodo esplicativo favorito per qualsiasi fenomeno biologico. Infatti, è difficile per noi anche solo concepire un qualsiasi metodo di spiegazione alternativo. *FORMULA BASIC (Formula base): in generale, ogni lente usata come controllo* per un test con i prismi o come linea di base da cui calcolare un’addizione* diottrica. Visto che il #7 dà i risultati standard da utilizzare a questo scopo in tutto il Metodo Analitico, è diventato noto come la formula base da cui calcolare i Netti per il vicino, l’ampiezza Analitica* e l’escursione del #20 e #21. La frase “formula base” non impegna il praticante a prescriverla per ogni problema visivo, compresa la fornitura della miglior visione da lontano. I Netti da vicino sono anche conosciuti come formula di base per ciò che riguarda il vicino. *FRACTION TEST #19 (Frazione test #19): rapporto ottenuto dalla divisione del risultato del #19 per 5.00 D (il doppio delle richieste diottriche per una lettura a 40cm.). Se la frazione del #19 è meno di 1, tutti i LAG* del vicino saranno moltiplicati per esso prima della loro sottrazione dai lordi da vicino. Tale riduzione di funzione è un deterioramento avanzato deterioramento dovuto a stress da visione da vicino. *FRAMEWORK LENS ACCEPTANCE (Piano di accettazione delle lenti): quel aggio nel Procedimento analitico in cui gli obblighi clinici* derivanti dalla classificazione del caso e dallo stato del deterioramento sono applicati ai valori delle lenti calcolate, “tollerate” nell’equilibrio dei risultati*. Anche detto: piano di lavoro, struttura della correzione. *FUNCTION (Funzione): in generale, il comportamento che si manifesti sotto le condizioni del test, il “come funziona”. In opposizione alla “struttura”, il “come è fatto”. In optometria funzionale, la funzione è ritenuta un fattore primario nello sviluppo della struttura. In particolare, qualsiasi comportamento visivo ottenuto durante il metodo analitico*. Basse correlazioni giustificano il sostenere che ogni test indaghi su una funzione differente. *GROSS (Lordo): la raccolta di qualsiasi risultato il cui valore è in seguito modificato dai calcoli del metodo analitico*. Comunemente utilizzato per indicare i valori registrati nei #5, #14A e #14B, dai cui Lordi vengono
detratti i lag per ottenere i Netti per il vicino. *GROUND (Sfondo): quella porzione di esposizioni visive ambigue* che, al momento, si subordina alla figura ma che, in breve, emergerà essa stessa come figura. Vedere rapporto figura/sfondo*. *GROWTH (Crescita): la componente fisica della maturazione*. La visione tradizionale che i cambiamenti sequenziali caratteristici dello sviluppo visivo siano l’inevitabile risultato della crescita e dunque immuni dall’influenza di forze ambientali è contrastata da concetti ed esperienze dell’optometria dello sviluppo. *HYPEROPIA (Ipermetropia): se il #7 non è superiore a +1.00 D e il più basso dei valori netti da vicino non è più di +1.00D, qualsiasi ipermetropia che si manifesti da vicino e da lontano è da considerarsi come una riserva desiderabile contro le eccessive richieste di identificazione . Si ritiene che venga assorbita durante l’attività di visione da vicino e, nel soggetto non alterato, restaurata prontamente al cessare di detta attività visiva. Quando una deterioramento visiva prende piede, l’immediatezza di restaurazione è ridotta e addirittura persa senza l’intervento di un appropriato regime optometrico. Valori ipermetropici più alti di quelli sopra citati vengono ritenuti alte riserve svantaggiose, che si riducono a livelli più comuni quando l’eccessivo impegno identificativo viene alleviato attraverso un appropriata lente per il vicino. È la controparte identificativa dell’exoforia*. *IDENTIFICATION (Identificazione): La risposta osservabile dell’organismo alla domanda “cosa?”. L’accomodazione, intesa come processo interno, è vista come una componente implicita. Le componenti osservabili includono le formule base da lontano e da vicino, le acuità visive, la discriminazione dei colori e la comprensione. Vedere Centratura*. *INFORMATIVE SEQUENCE (Sequenza informativa): dopo che i risultati vengono controllati* e concatenati* (sia formalmente che non) nel completo Procedimento Analitico, vengono organizzati in uno schema seguendo i procedimenti delineati nella nota bibliografica 3. Da questo schema (la sequenza informativa) viene determinata la classificazione dei casi e lo stadio del deterioramento*. Da questi vengono ricavate, rispettivamente, la lente definitiva e gli obblighi clinici* (mandati clinici) usati nella costruzione del framework di tolleranza delle lenti*.
*INHIBITION (Inibizione): ogni azione preventiva. Usato in primo luogo per suggerire che alcuni comportamenti visivi, benché indesiderati, avvengono per prevenirne altri anche più indesiderabili. Ad esempio, un concetto di base della teoria dell’optometria funzionale è che, sotto stress da visione da vicino, molti pazienti sviluppano un’alta riserva exoforica che compensi un eccessivo centering* e dunque prevenga un’indesiderabile diplopia. *KINESTHESIS (Sinestesia): vedi anche “propriocezione”*. *LAG (Intervallo): qualsiasi valore ottenuto quando nei test #15A e #15B le forie vengono convertite, matematicamente, nei loro equivalenti diottrici, seguendo le procedure illustrate nel testo. Nel completo procedimento analitico*, prima di essere sottratti dai lordi da vicino per ottenere i netti da vicino, i LAG vengono modificati dalla frazione del test #19*. La teoria riguardante i LAG va oltre lo scopo didattico del testo. *LATERALITY (Lateralità): l’abilità con cui una persona “bilaterale” esegua impegni monolaterali. La lateralità include componenti come la scelta di una mano (o occhio) con cui eseguire impegni monomanuali (o monoculari), l’integrazione dei due lati del corpo nell’eseguire impegni sulla linea mediana e il aggio della linea mediana del corpo quando un impegno si sposta da un lato all’altro del corpo. *LEARNING (Apprendimento): il processo tramite cui si acquisiscano le abilità per rispondere adeguatamente alla situazione proposta. La modificazione comportamentale e l’esperienza acquisita da un organismo, in risposta all’ambiente. Praticamente, è la modificazione dei modelli di risposta all’esperienza. *LENS ACCEPTED (Lente tollerata): è la lente immediatamente prescrivibile calcolata dal procedimento analitico*; la sua controparte, in altri sistemi d’analisi dei casi, sarebbe chiamata lente “correttiva”. Prevede tutte le compensazioni di ogni deterioramento visivo manifestato ai test. Nella decisione di prescrizione dovrebbe essere la lente prescritta quando fosse stata presa la decisione d’irreversibilità dei deterioramenti visivi manifesti. La sua controparte è la lente definitiva*, che vedremo poi. *LENS CORRECTIVE (Lente correttiva): qualsiasi lente ideata per essere
indossata permanentemente dal paziente per compensare difetti oculari trovati nel corso di test e ritenuti irreversibili*. *LENS INTERIM (Lente provvisoria): nella decisione di prescrizione, ogni lente prescritta che si avvicini alla lente definitiva* ma che sia ideata per costruire una tolleranza al positivo* superiore alla lente tollerata*, fino al punto in cui la lente definitiva verrà, in ultima analisi, accettata. È il programma di lenti prescritte quando il praticante decide che i deterioramenti manifesti siano ancora reversibili*, ma in cui la prescrizione della lente definitiva è ritenuta prematura in quanto il paziente ha troppo radicate in sé i deterioramenti per indossare immediatamente così tanto potere positivo in più rispetto alle lenti tollerate. Le lenti provvisorie sono di solito superiori in positivo di un’inezia (a volte solo 0.12D) rispetto alla prescrizione abituale da vicino. È concepita per produrre una disorganizzazione e un immediato sollievo per i sintomi del paziente. La lente provvisoria sarà periodicamente incrementata in positivo fino al raggiungimento dell’ammontare del potere della lente definitiva. *LENS MAINTENANCE (Lente di mantenimento): una volta sviluppata la tolleranza del paziente alla lente definitiva, il suo utilizzo per una prestazione visiva soddisfacente è raggiunto. Viene raccomandato un programma di mantenimento nel caso in cui la lente definitiva continui ad essere usata sotto condizioni particolarmente produttive di stress da visione da vicino. Periodiche rivalutazioni dei risultati del paziente sono essenziali per gestire un programma di lenti di mantenimento. Vedi Optometria preventiva*. *LENS OPTIMUM (Lente definitiva): la lente ideale che, se potrà essere immediatamente prescritta, sarà in grado di invertire i deterioramenti visivi presenti e riproporre prestazioni visive soddisfacenti. Nel caso in cui la lente tollerata* differisca troppo da quella definitiva* e/o nel paziente sia troppo radicata un deterioramento visivo perché tolleri immediatamente la lente definitiva, si consideri necessaria l’adozione di una lente provvisoria. La lente definitiva viene determinata dalla classificazione del caso*. *LENS PRESCRIBED (Lente prescritta): la lente effettivamente prescritta al paziente. Può essere una lente provvisoria ideata per essere alterata in seguito, quando il comportamento visivo del paziente si modifica, o può essere ideata per un regime permanente. Nel secondo caso può essere sia
una lente correttiva sia una di mantenimento. *LOCALIZATION (Localizzazione): la risposta del paziente alla domanda “dov’è?”. La localizzazione include componenti come direzionalità*, percezione della profondità*, stereopsi*, fissazione (centering)* e costanza di dimensioni. *LOCUS EGOCENTRIC (Locus egocentrico): una definizione presa in prestito dalla psicologia per indicare il concetto in cui la locazione spaziale degli elementi di un ambiente viene eseguita dal paziente prendendo sè stesso come principale punto di riferimento per determinare tutte le distanze e direzioni. Indica la base spaziale da cui tutte le attività del paziente, visive e non, sono condotte o attorno al quale tali attività convergono. *LUSTER (Lucentezza): la lucentezza metallica prodotta quando due superfici di differenti colori, ognuna vista con un occhio solo, vengono viste simultaneamente. L’identificazione del Luster è ritenuta la prova dell’unificazione delle due mezze visioni. *MALADAPTATION VISUAL (Disadattamenti visivi): un termine evitato nel testo, ma usato spesso come sinonimo per deterioramenti visivi* *MANDATES CLINICAL (Mandati clinici): Le direttive di riduzione di positivo derivate dalla classificazione dei casi* e dallo stadio di deterioramento* e applicate, nella costruzione dello schema di tolleranza delle lenti*, ai valori delle lenti calcolate tollerabili secondo l’equilibrio dei risultati*. *MATURATION (Maturazione): termine in antitesi con i concetti e la pratica dell’optometria funzionale, in particolare con quelli dell’optometria dello sviluppo *. Comportamenti indicati come “maturativi” sono da ritenersi dovuti esclusivamente in funzione del tempo e non, dunque, soggetti a deterioramenti prodotti da stress o da regimi optometrici. *MINUS PROJECTUS (Proiezione negativa): un termine evitato nel testo, ma che indica che i netti da vicino mostrino un’addizione negativa. Un sinonimo per “più miope per il vicino che per il lontano”. *M.S.D.A. tolleranza massima di potere sferico): acronimo di “maximum
spherical dioptric acceptance” usato nel Reference 3 per brevità per indicare “calcoli d’equilibrio”. *MODEL (Modello): una serie di considerazioni che riguardino la composizione o i meccanismi di qualche comportamento osservato. Gli optometristi si occupano dei vari modelli visivi che vengono proposti, compresi modelli ottici (immagine retinica), modelli topografici, modelli di sviluppo e modelli di campo. *MOTILITY (Motilità): vedi abilità di rintracciamento e di locazione. *MYOPIA (Miopia): quello stato di deterioramento visivo in cui tutte le riserve ipermetropiche sono state consumate e il paziente è in costante stato di iper-accomodazione. Nella centratura la sua controparte è l’esoforia strutturata. *MYOPIA ADVENTITIOUS (Miopia funzionale): una delle cinque comuni forme di deterioramento visivo derivante da stress da visione da vicino. L’ingresso del paziente nello stato di miopia avviene in molti aggi, ognuno dei quali è inizialmente eggero e reversibile, ma, se persiste, diventa sempre più radicato e addirittura irreversibile. Le fasi descritte includono lo sviluppo di incrementate riserve exoforiche da vicino, la perdita di tolleranza al positivo* da vicino nei #14 e #5, e l’estremo bisogno di lenti negative per il lontano per ottenere un’acuità visiva standard. *NETS NEAR (Netti da vicino): spesso definiti come “le formule di base da vicino”*. In questo testo i netti da vicino sono calcolati in forma di “add”*, così come lo sono le lenti definitive e quelle tollerate; comunque sia, molti praticanti preferiscono usare la forma “totale” per registrare e calcolare questi poteri. I netti da vicino sono il punto di partenza da cui calcolare le lenti tollerate. Le regole e le procedure specifiche sono illustrate nel testo. *NON EMBEDDED (Non radicato): contrario di radicato (embedded) *NON QUANTITATIVE (Non quantitativo): qualsiasi registrazione di risultati non numerica. Tali registrazioni vengono usate quando si ritiene che una registrazione numerica ometta importanti informazioni. *NORM (Norma): un termine generico che identifichi uno standard rispetto il quale venga valutato un risultato. Non dovrebbe essere usato come
sinonimo di valore atteso, che costituisce il minimo sufficiente per una prestazione visiva standard piuttosto che una misura della tendenza generale. *NORMAL: si raccomanda l’uso solo nella sua accezione diagnostica che prevede la decisione di non prescrivere nulla da parte del praticante optometrista. Non sinonimo di ”norma” o ”valore di riferimento”. *NUMBERS TEST (Numero del test): molti anni fa il dottor Skeffington introdusse la pratica di identificare i test che compongono il Metodo analitico con i numeri provenienti dalla loro sequenza, piuttosto che con nomi o acronimi indicanti la funzione che si volesse valutare. *OBJECTIVE (Oggettivo): i test oggettivi sono spesso ritenuti atti a indagare la struttura e non la funzione. *OBSERVATION (Osservazione): ogni risultato affidabile. Se un’osservazione è considerata priva di riscontri con alcuna teoria*, il praticante dovrà essere preparato ad alterare o mettere in dubbio la teoria piuttosto che accantonare l’osservazione. *ON-THE-LINE (In linea): una frase che descrive come i risultati identificati uguali vengono inseriti nella sequenza informativa*. OPTOMETRY ANALYTICAL (Optometria analitica): largamente usato come sinonimo per optometria funzionale* *OPTOMETRY DEVELOPMENTAL (Optometria dello sviluppo): una fase dell’optometria funzionale che ritiene che le prestazioni visive sottonorma possano, occasionalmente, essere viste non come deterioramenti visivi derivanti da stress da visione da vicino ma come stati di sviluppo visivo interrotto. Le conseguenze sui regimi optometrici di tale punto di vista vanno oltre lo scopo didattico del testo. *OPTOMETRY FUNCTIONAL (Optometria funzionale): il termine usato nel testo indica l’uso clinico nel metodo analitico e nel procedimento analitico per determinare regimi optometrici. *OPTOMETRY NEARPOINT (Optometria da vicino): sinonimo di optometria funzionale. Ha la significativa virtù di enfatizzare il principale e
unico ruolo dei fattori del vicino durante i test, l’analisi e il trattamento optometrico dei pazienti. *OPTOMETRY PREVENTIVE (Optometria preventiva): prevenzione, in optometria funzionale si riferisce ai deterioramenti visivi e non ai loro effetti secondari sociali ed economici. Il concetto di base è l’intervento preventivo sul deterioramento prima che si manifesti o almeno non diventi irreversibile. L’obiettivo di un’optometria preventiva dovrebbe essere il mantenimento di tutte le funzioni visive efficienti secondo i livelli indicati nella tavola dei valori di riferimento. *OPTOMETRY SKEFFINGTON (Optometria di Skeffington): sempre più usata come sinonimo per optometria funzionale, in riconoscimento del ruolo centrale svolto dall’ultimo A.M. Skeffington O.D. nel formulare e implementare i concetti e le procedure; oltre che al suo contributo di insegnante nella professione dell’optometrista attraverso l’O.E.P. *OPTOMETRY STANDARD: questa locuzione denota l’optometria secondo le indicazioni dei “consigli dell’optometria convenzionale”, in opposizione con i principi e la pratica dell’optometria così come è dettagliata in questo testo. *OPTOMETRY STRUCTIONAL (Optometria strutturale): in logica opposizione all’optometria funzionale*. Una delle ragioni per giustificare la vasta popolarità del termine optometria funzionale è il fatto che suggerisca immediatamente un antitesi pronta. *ORGANIZATION (Organizzazione): contrario di “disorganizzazione”. Sta cadendo in disuso per le sue varie connotazioni. “Radicamento” (embededness) è un termine più appropriato. *ORTHOPHORIA (Ortoforia): quell’indesiderabile stato in cui le riserve exoforiche* sono state assorbite dalle richieste di centratura (centering). Nell’optometria tradizionale, l’ortoforia è considerata la benvenuta, come condizione di assenza di richieste di convergenza. Nel procedimento analitico l’ortoforia è indesiderata, in quanto condizione in cui il paziente è privo di riserve in vista di eventuali richieste di convergenza.*PATTERN CHARACTERISTIC (Modelli caratteristici): detto dell’organizzazione nell’equilibrio dei risultati. Il modello caratteristico di casi di tipo B* è:
Il modello caratteristico dei casi di tipo C* è:
Questo è inserito nei Reference 1 e 3. *PATTERN VISUAL BEHAVIOR (Modello di comportamento visivo): praticamente lo spettro totale di comportamento visivo preso in esame dal Metodo Analitico*. La frase contiene connotazioni sull’integrazione naturale del comportamento visivo, implicando che nessun cambiamento avrà luogo in una funzione senza che si ramifichi attraverso tutte le altre. Suggerisce inoltre la stabilità di tutto il sistema delle funzioni, giustificando dunque l’analisi della sindrome*. *PATTERN EQUILIBRIUM (Equilibrio dello schema): il posizionamento degli alti e bassi per l’equilibrio dei risultati*, per ogni potere di ogni lente specifica. *PERCEPTION (Percezione): per minimizzare le controversie ma anche per dare una definizione trasversale, è stata definita “ percezione” il titolo di un qualunque capitolo di qualunque manuale di psicologia. Gli optometristi usano questo termine, poco saggiamente, come un “acchiappa tutto” nel quale comprendere tutte quelle prestazioni visive dell’uomo che rispondano a regimi optometrici ma che non rientrino alla perfezione nelle nostre categorie standard di comportamenti visivi come acuità, ampiezze di visione nitida e ampiezze di visione singola. Tali prestazioni, se deficitarie, possono quasi sicuramente influire in maniera significativa su componenti di guida visiva, identificazione e/o fissazione. *PERCEPTION DEPTH (Percezione della profondità): l’abilità di compiere un’accurata discriminazione delle distanze nello spazio. Prevede la risposta alla domanda: ”quanto dista?” o il determinare quale di due oggetti sia più distante con il solo utilizzo di indizi visivi. La correlazione tra percezione della profondità e stereopsi* rimane ancora materia di dibattito. *PHORIA (Foria): uno qualunque di numerosi test in cui la richiesta di base fatta al paziente sia quella di notare l’allineamento di due obiettivi visivi dissociati. Per implicazioni specifiche di regime dei vari comportamenti forici, vedi: esoforia*, exoforia*, ortoforia* e foria verticale*. *PHORIA VERTICAL (Foria verticale): eteroforie verticali e/o duzioni
verticali non bilanciate visti come deterioramenti visivi derivanti da stress da visione da vicino, allo stesso modo anisometropia* e astigmatismo*. *POSTURE (Postura): un postulato di base dell’optometria dello sviluppo è che il posizionamento del corpo e le sue dinamiche giochino un ruolo fondamentale nello sviluppo visivo. *PRACTICE STANDARD (Pratica standard): il modo “stabilito” in cui fare le cose, comprese sequenze e metodiche dei test. In particolare nel Metodo Analitico*. Deviazioni dalla pratica standard sollevano sempre dubbi sull’attendibilità dei singoli test rispetto ai valori di riferimento. *PRESBYOPIA (Presbiopia): sebbene il Procedimento Analitico sia stato ideato per pazienti di età compresa tra i 17 e 37 anni, l’uso della frazione del #19 e le modificazioni per l’età ai calcoli per le lenti giustificano la sua estensione riguardo la presbiopia. Lenti provvisorie e regimi d’allenamento visivo vengono ideati secondo gli stessi principi sia per i presbiti sia per i pre-presbiti. *PROBLEM VISUAL (Problema visivo): di solito usato come termine diagnostico, indica che il praticante abbia deciso di raccomandare un regime optometrico al paziente. *PROCEDURE ANALYTICAL (Procedimento analitico): il metodo specifico di classificazione dei casi optometria usato in optometria funzionale*. *PROGNOSIS (Prognosi): un fattore chiave nella decisione optometrica*. Provvederà una mera correzione* di deterioramenti manifesti o è ideato per invertire tali deterioramenti e portare il paziente sulla strada della riabilitazione, verso una prestazione visiva adeguata? In questo senso, la prognosi esplicita gli obiettivi del praticante. *PROJECTION MONOCULAR (Proiezione monoculare): una procedura d’analisi e/o d’allenamento visivo in cui viene presentata al paziente un’esposizione visiva per singolo occhio simultaneamente con uno sfondo luminoso comune. Con puntatori tenuti in entrambe le mani, il paziente tocca vari punti della scena unificata. Giudizi clinici che riguardino la prestazione visiva del paziente vengono estrapolati dall’osservazione delle punte dei puntatori e la loro distanza fra loro.
*PROPRIOCEPTION (Propriocezione): un concetto di fisiologia che indica l’insieme di dati sensoriali ricevuti dalle strutture nei muscoli, tendini, legamenti, ossa, cartilagini e membrane delle articolazioni. È ritenuta la base per la percezione dei movimenti del corpo, provvede gli stimoli afferenti necessari che permettano all’organismo di aggiustare i propri movimenti in maniera accurata. *QUALITATIVE (Qualitativo): ogni valutazione che non sia numerica. Sinonimo più appropriato: non quantitativo*. *QUANTITATIVE (Quantitativo): valutazioni numeriche di una risposta data dal paziente. Rischi nel suo uso sono: la perdita d’informazioni non contenute nei numeri e l’idea che manipolazioni matematiche di esse siano giustificate. *RATIO PRISM/SPHERE (Rapporto prisma/sfera): il cambiamento nella foria laterale* che accompagna un cambiamento d’unità nel controllo della lente e/o nella distanza della mira. Usato nel calcolare l’effetto prismatico che può essere indotto dalle prescrizioni di lenti per il vicino. Frazioni di 4 o meno diottrie prismatiche a 1 D sono considerati bassi; frazioni di 4 diottrie prismatiche o più a 1.00 D sono considerate alte. Sinonimo: AC/A. *RATIO RECOVERY (Rapporto di recupero): il quoziente ottenuto dividendo il valore di recupero di una duzione per il suo valore di rottura. Nel controllo, i rapporti di recupero vengono usati in luogo ai loro valori assoluti*. *RECONDITIONING BIFOCAL (Ricondizionamento bifocale): un termine utilizzato nelle procedure d’allenamento visivo ideate per incrementare la tolleranza al positivo di pazienti presbiti. Storicamente questo è stato uno dei primi regimi d’allenamento visivo sviluppati. È uno dei più efficaci. *REFRACTION (Rifrazione): un termine deprecabile anche quando viene usato per indicare i risultati al #7A. E’ molto inappropriato come sinonimo per la totalità del Metodo Analitico. *REFRACTOR PHOROPTER (Rifrattore forottero): una combinazione di nuovo conio perché ogni nome di ogni componente di esso è sotto copyright. Un simile problema si presenta pure per il cheratometro/oftalmometro.
*REGIMEN (Regime): sinonimo di frasi come “programma di trattamento o terapia optometrica”. È preferibile a essi, in quanto enfatizza il fatto che i trattamenti optometrici siano a lungo termine, a volte durino per tutta la vita. *REGIMEN ANALYTICAL (Regime analitico): qualsiasi regime con obiettivi di riabilitazione visiva, deriva dal Metodo e Procedimento Analitico. *REHABILITATION VISUAL (Riabilitazione visiva): ricostituzione di modelli comportamentali visivi a livelli di non compromissione. In contrasto con la correzione visiva che non fa alcuno sforzo per la restaurazione di una funzione persa ma che invece distorce l’ambiente visivo in tal modo da coniugarsi favorevolmente con il deterioramento visivo manifestato dal paziente. *REJECTION (Rigetto): reazione del paziente indicante l’inappropriatezza delle lenti: astenia, offuscamento, diplopia o perdita di comprensione visiva. *RELIABILITY (Affidabilità): ripetibilità di un test sullo stesso paziente. Sinonimo per validità. *REORGANIZATION (Riorganizzazione): Una fase dell’allenamento visivo. Seguendo le procedure di (disembedding) sradicamento, si prevede che il paziente entrerà in una fase di riorganizzazione in cui significativi miglioramenti nei comportamenti visivi saranno ora manifesti. *RESERVES (Riserve): risorse funzionali da cui il paziente attinge per evitare un’immediata perdita di funzionalità visiva adeguata. Si suppone che adeguate riserve siano presenti in prestazioni visive non deteriorate e che al progredire dei deterioramenti visivi queste riserve vengano consumate. Nella teoria del Procedimento Analitico vengono fatte due uniche considerazioni: (1) l’ipermetropia agisce come riserva contro le eccessive richieste di identificazione; (2) l’exoforia agisce come riserva contro le eccessive richieste di convergenza. Queste sono l’esatto opposto di considerazioni fatte dalla saggezza popolare nell’optometria convenzionale. *RETINOSCOPY (Schiascopia): i classici aggettivi di statico e dinamico sono da evitare. Sono raccomandati invece i più pratici punto remoto e punto prossimo. Valori diottrici ottenuti dalla schiascopia sono considerati
probanti strutturali: informazioni non quantitative come il cambiamento del colore del riflesso sono ritenute sensibili indicatori di funzione*, in particolare la comprensione visiva. *RETINOSCOPY BELL (Schiascopia Bell): una variazione della schiascopia da vicino in cui l’oggetto è mosso verso il paziente mentre lo schiascopio è mantenuto a distanza fissa. *RETINOSCOPY BOOK (Schiascopia book): una variazione della schiascopia da vicino in cui il paziente interagisce con vari tipi di obiettivi presentati complanari allo schiascopio. Le osservazioni sono fatte prima di tutto sul colore del riflesso e sull’ampiezza di flessibilità del riflesso stesso, piuttosto che su valori diottrici fissi. *ROCK ACCOMODATIVE (Salto accomodativo): un test che studia la flessibilità del paziente nel cambiare focalizzazione. Deve essere distinto dai test che studiano l’ampiezza di focalizzazione. Sebbene non sia incluso nella batteria standard di test presentati nell’Introduzione, è di solito svolto con una mira da lontano e una da vicino e il paziente è sottoposto ad un cambio di lenti lungo un range di 2.00-2.50D. Una flessibilità menomata spesso evidenzia maggiori interferenze funzionali nel paziente (e dure da risolvere clinicamente) che una ridotta ampiezza di focalizzazione. *S.I.L.O.: acronimo per “smaller in larger out” per descrivere le alterazioni sugli obiettivi che sono suscitate nei test duzioni e sull’equilibrio quando il paziente è in condizione binoculare. Tali alterazioni, che avvengono lungo la linea di sguardo del paziente, sono considerate in contrapposizione con i movimenti perpendicolari a quella linea e che vengono identificate come risposte soppressive. *SKILLS ENTRANCE (Abilità d’ingresso): test effettuati prima del Metodo Analitico*. Di solito tali test includono il test push-up, dei punti prossimi della nitida e singola visione, distanze interpupillari, abilità di rintracciamento e localizzazione, cover test e una batteria di abilità visive. *SKILLS TRACKING AND LOCATING (Abilità inseguimento e localizzazione): test in cui il compito è di seguire con lo sguardo un obiettivo mobile, di analizzare un oggetto esteso e di cambiare lo sguardo da un oggetto ad un altro. Altri nomi per tali test che suggeriscano che essi
prevedano un impegno “muscolare” o “movimenti degli occhi” sono da evitare. *SKILLS VISUAL (Abilità visive): in generale sinonimo di modello comportamentale visivo*. Nello specifico si riferisce a una batteria di test con stereogrammi per accertarsi, prima del Metodo analitico, che il paziente non mostrerà difficoltà nei sottotest bio e binoculari. *SPACE VISUAL (Spazio visivo): un’astrazione, presa da un modello comportamentale visivo di un paziente, riguardante i modi in cui il paziente si relazioni con il mondo esterno per quanto riguarda le effettive dimensioni del mondo fisico e altri parametri spaziali. Presumibilmente il mondo visto e quello fisico saranno in scala e rapporto di 1:1 in un paziente non menomato, diventando sempre più distanti quanto più saranno marcati i deterioramenti visivi. L’affidabilità del mondo visto sarà ricostituita con l’inversione del deterioramento visivo. *STEERING VISUAL (Guida visiva): il concetto che qualsiasi attività che riguardi sia movimenti approssimativi sia movimenti accurati di parti del corpo debba essere indirizzato visivamente perché esso si svolga con la massima efficacia. Altre possibili guide-motorie come l’udito, il tatto o la propriocezione sono ritenute funzioni di o alla guida visiva. *STEREOPSIS (Stereopsi): l’abilità del paziente di identificare una tridimensionalità negli stereogrammi. *STRABISMUS ADVENTITIOUS (Strabismo avventizio): un tipo di adattamento ambientale in cui l’organismo: (a) perde binocularità (b) cambia i meccanismi di convergenza (c) ottiene, da sè, un soddisfacente adattamento visivo. Il completo ciclo d’adattamento per strabismo divergente ed exotropia è: (1) tropia intermittente da lontano, nulla da vicino (2) tropia permanente da lontano, intermittente da vicino (3) tropia in aumento da lontano, leggera tropia da vicino (4) egual grado di deviazione da lontano e da vicino. *STRESS NEARPOINT (Stress nella visione da vicino): l’ipotetica reazione, nascosta, alle richieste eccessive di visione da vicino che produca un osservabile deterioramento visivo, caratteristica di pazienti suscettibili ad essa. Il concetto prevede che le differenze individuali nelle funzioni esplicite
e implicite influenzate dallo stress prossimale siano minime. *STRUCTURE (Struttura): il concetto che una persistente mal-funzione visiva prima o poi coinvolga le strutture (il bulbo ad esempio) portando dunque la malfunzione a radicarsi e diventando irreversibile. *SUBJECTIVE (Soggettivo): i test soggettivi non sono mai meno affidabili* di quelli oggettivi e per scopi del clinico sono spesso più validi*. I test soggettivi sono spesso ritenuti probanti per le funzioni, laddove quelli oggettivi sono considerati probanti per le strutture*. *SUBJECTIVE NEARPOINT (Soggettivo al punto prossimo): i tre netti da vicino* (#5, #14A, #14B). Questi valori vanno ritenuti la misura delle funzioni da vicino, che per analogia richiama alla funzione da lontano misurata nel #7. *SYNDROME (Sindrome): un insieme di risultati organizzato per facilitare il riconoscimento di raggruppamenti diagnostici di test. In contrapposizione con i sistemi di analisi dei casi in cui i risultati individuali vengono considerati singolarmente o al massimo a coppie. Sindromi elaborate da una batteria di risultati sono più sicure di altre provenienti dalle singole componenti. *THEORY (Teoria): ogni affermazione suscettibile a essere modificata con la crescita delle nozioni a riguardo. *TOTAL (Totale): ogni potere di lente registrato senza alcuna correlazione con la sua formula di base*. Molti praticanti registrano il lordo del #5*, del #14A e del #14B come totali, registrando i #19, #20 e #21 come add*. In questo testo la registrazione di tutti questi sei risultati come add è consigliata. *TRAINING VISUAL (Allenamento visivo): qualsiasi serie programmata di attività visive, compreso l’utilizzo di lenti riabilitative per il vicino. L’obiettivo comune di tutti questi programmi è lo sviluppo di una tolleranza di potere positivo*. Criteri specifici per determinare se necessario fornire procedure supplementari alle lenti, sono forniti nel testo. In generale, l’allenamento visivo è indicato per: (1) un’ampia differenza di potere tra la lente tollerata* e quella definitiva, (2) una manifesta radicazione* di un modello comportamentale visivo*. La progettazione e l’implemento di tali
programmi va oltre lo scopo didattico del testo. Alcuni programmi di allenamento visivo sono limitati ad attività svolte dal paziente al di fuori dello studio di optometria (O.O.O.V.T.). I programmi svolti in studio sono chiamati “in-studio A.V.”. Più verrà ritenuta elevata la problematica del paziente da parte del praticante e più alta sarà la probabilità di avere programmi d’allenamento in studio piuttosto che O.O.O.V.T.. Altre etichette per questo tipo d’attività sono allenamento della visione e terapia della visione. Ma riteniamo essere più indicato l’uso del termine allenamento visivo. *TYPING CASE (Classificazione dei casi): la più fondamentale tra le operazioni nella classificazione del paziente, secondo i suoi bisogni di regime e con gli obblighi clinici e la lente definitiva. Tipo A: una sindrome usata per identificare una menomazione visiva derivante da una malfunzione patologica e non da stress da visione da vicino. Tipo B: quelle sindromi che mostrino deterioramenti visivi* derivanti da interferenze funzionali nei modelli d’identificazione. Tali modelli hanno in comune la necessità di basse addizioni positive da vicino per coadiuvare la funzione identificativa. Tipo B1: una variazione del tipo B caratterizzata dal risultato del #16B significativamente più basso di quello del #17B. Il positivo d’addizione richiesto da pazienti di tipo B1 è limitato a +0,50 oltre la formula base*. Tipo B2: quella variazione della tipologia B caratterizzata da un risultato al #17B significativamente più basso rispetto a quello ottenuto dal #16B. Il valore positivo d’addizione richiesto per pazienti di tipo B2 è di almeno +0,75 oltre la formula di base*. Tipo C: quella sindrome che mostri deterioramenti visivi derivanti da interferenze di funzione nei modelli di fissazione* (centering). Tali pazienti richiedono prismi o il o d’allenamento visivo per la funzione di fissazione e non tollereranno addizioni positive superiori alla formula di base. *VALIDITY (Validità): per fini clinici, un test si ritiene valido quando fornisca regimi o componenti di essi in grado di servire efficacemente i fini
del clinico. Un test potrebbe risultare affidabile* ma non valido. Ma non avviene, presumibilmente mai, l’inverso. *VERGENCES (Vergenze): vedi duzioni*. *VISION (Visione): clinicamente, l’intero spettro di comportamenti valutati e “pilotati” dal praticante optometrista. Idealmente è l’insieme delle interazioni umane con un ambiente illuminato, sia direttamente che indirettamente “vissuto”. *VISUALIZATION (Visualizzazione): l’abilità di interagire con situazioni da cui non si ricava un immediato input. In teoria l’abilità più importante fra quelle atte alla sopravvivenza e al raggiungimento di traguardi nella nostra società. Gli optometristi sono gli unici in grado di assistere il paziente nello sviluppo di tale abilità, comprese situazioni estremamente complicate come la cecità natale.
Bibliografia
S.K. Lesser: Introduction to Modern Analytical Optometry, Duncan, Oklahoma; OEP, 1974.
J.B.Carmichael; C.B.Margach: Visual Behavior; Duncan, Oklahoma; OEP, 1967.
C.L.Emery: Optometric Case Analysis; Duncan, Oklahoma, OEP, 1968.
C.B.Margach: Tenets of Functional Optometry; Duncan, Oklahoma, OEP, 1976.
J.B.Carmichael; C.B.Margach: Optometric Regimens: Their Design; Duncan, Oklahoma, 1971.
C.B.Margach: The Value of a Plus Fifty Lens; Duncan. Oklahoma, OEP, 1977.
C.B.Margach: What is Skeffington OEP Optometry?; Duncan, Oklahoma, 1976.
S.K.Lesser: Questions and Answers; Duncan, Oklahoma, OEP, 1969.
C.B.Margach: The Near Nets; Duncan, Oklahoma, 1977.
AAVV: Nearpoint Optometry; Duncan Oklahoma, OEP, 1951.