La storia non raccontata di Kim Ed Robinson
––––––––
Traduzione di Elisa Brambilla
“La storia non raccontata di Kim” Autore Ed Robinson Copyright © 2014 Ed Robinson Tutti i diritti riservati Distribuito da Babelcube, Inc. www.babelcube.com Traduzione di Elisa Brambilla Progetto di copertina © 2014 It Girl Designs “Babelcube Books” e “Babelcube” sono marchi registrati Babelcube Inc.
Sommario
Titolo Pagina Copyright Pagina La medicina moderna stava uccidendo mia moglie Indice Prefazione È colpa di Joe Biden! RSD/CRPS I primi dottori Diventare un badante Lo Stregone Avvocati, farmaci e soldi Un sogno in mezzo al caos Agire Spie a casa e in strada Fare il salto Il Dottor Robot Spie in Florida Video falsificati
False dichiarazioni Andare avanti Erba Nuove avventure L'ultimo farmaco A corto di soldi Riflessioni dell'autore Ringraziamenti e dichiarazioni di non responsabilità Informazioni sull'autore Altri libri di Ed Robinson
La medicina moderna stava uccidendo mia moglie
Di Ed Robinson
"I veri guaritori della malattia sono le forze naturali che agiscono dentro di noi". Ippocrate
Questo libro è dedicato innanzitutto a mia moglie, l'adorabile Kim. Il suo scopo è quello di dare speranza alle migliaia di persone che soffrono di dolore cronico e di accrescere la conoscenza delle sindromi ancora oggi poco conosciute, quali la RSD e la CRPS.
Indice
––––––––
Prefazione
È colpa di Joe Biden! RSD/CRPS I primi dottori Diventare un badante Lo Stregone Avvocati, farmaci e soldi Un sogno in mezzo al caos Agire Spie a casa e in strada Fare il salto Il Dottor Robot Spie in Florida Video falsificati False dichiarazioni
Andare avanti Erba Nuove avventure L'ultimo farmaco A corto di soldi Riflessioni dell'autore
Postfazione di Kim Robinson
Prefazione
Sono tornato a casa dal lavoro e ho trovato Kim stesa sul pavimento del soggiorno. Era raggomitolata in posizione fetale, con le gambe doloranti strette tra le braccia. Stava piangendo. Non parlo di un piagnucolio, ma di un vero pianto a dirotto. Ho lasciato cadere tutto ciò che avevo in mano e sono corso al suo fianco. Ho appoggiato la sua testa sul mio grembo e le ho accarezzato i capelli, non sapendo cos'altro potessi fare. Lei mi ha guardato con gli occhi pieni di lacrime e mi ha detto: "Ti prego, tagliami le gambe. Fai sparire tutto questo". Questa è la vita quando si è affetti da RSD.
È colpa di Joe Biden!
Kim lavorava come responsabile del servizio banqueting al Dover Downs Hotel e Casino. Era molto orgogliosa dei suoi successi e aveva lavorato sodo per raggiungerli. Nel corso del suo lavoro aveva incontrato molte celebrità, attori cantanti e piloti NASCAR. In particolare, amava prendersi cura di famosi cantanti country come Jason Aldean e Jake Owen.
––––––––
Quel giorno doveva organizzare una raccolta fondi per il candidato alla vice presidenza Joe Biden. Era il 14 ottobre 2008, poche settimane prima dell'elezione presidenziale. Arrivata al lavoro, scoprì che la security di Biden stava impedendo l'accesso a tutti gli impiegati. Ognuno di loro doveva aspettare il proprio turno per essere soggetto a una perquisizione, a domande di sicurezza e all'ispezione col metal detector. Presto si formò una lunga linea, mentre uomini in completi scuri decidevano chi potesse rappresentare una minaccia.
––––––––
Gli impiegati si misero a correre qui e là, cercando di recuperare il ritardo accumulato. Preoccupata di non poter eseguire al meglio il più importante evento della sua carriera, Kim andò ad aiutare i suoi impiegati e iniziò a sistemare i tavoli e a preparare il caffè. Persino il suo capo venne chiamato a dare una mano. La routine usuale era ormai saltata. I camerieri si misero a correre da tutte le parti e nessuno fece più attenzione a dove andava.
––––––––
Mentre Kim si stava chinando per recuperare un altro distributore di caffè dalla mensola inferiore, il suo capo correva per la sala spingendo un carrello. Si trattava di un carrello di metallo per trasportare dozzine di vassoi. A causa della fretta eccessiva, il capo non vide Kim. Il pesante carrello di metallo scaraventò Kim dall'altra parte della sala. Fu colpita alla base della spina dorsale, all'altezza del gluteo sinistro.
––––––––
Quello fu un giorno che non avrebbe mai dimenticato. Fu anche il suo ultimo giorno di lavoro al Dover Downs.
––––––––
All'ospedale si pensava si fosse rotta il coccige, ma la radiografia diede esito negativo. La risonanza magnetica rivelò una lacerazione del tendine del polpaccio e un danno a qualcosa chiamato muscolo piriforme, un muscolo che scorre lungo il nervo sciatico e, attraverso il gluteo, arriva fino alla parte superiore della coscia.
––––––––
Venne mandata da un chirurgo ortopedico che chiamerò Dottor Cristiano. Era un brav'uomo e indossava una grossa croce dorata. Pareva molto comionevole e
le prescrisse una terapia fisica leggera e dei massaggi. La facilità con cui lo fece era chiaramente legata alla sua abitudine.
––––––––
Dopo diverse settimane di terapia, il dolore era peggiorato. Kim diceva di provare maggior dolore e fastidio ora, che nel momento immediatamente successivo all'incidente. Il Dottor Cristiano non sapeva cosa pensare. Kim continuò la terapia quotidianamente, senza mostrare alcun miglioramento. Le sue condizioni stavano chiaramente peggiorando.
––––––––
Alla cura venne aggiunta la terapia in acqua e fu provata l'agopuntura, ma senza risultati. Venne ordinata un'unità Tens, una piccola macchina dotata di elettrodi da applicare sull'area dolorante. Piccoli shock elettrici o vibrazioni aiutano a interrompere i segnali di dolore, a disintegrare il tessuto cicatrizzato e a dare sollievo. Ma niente di tutto ciò sembrava migliorare la condizione della povera Kim. Il chirurgo pensò di ricorrere a un'operazione, cosa normale per i chirurghi. Il fisioterapista suggerì più terapia, cosa normale per i terapisti. Venne ascoltato il parere di un chiropratico. Non ci fu nessun miglioramento. Alla fine Kim venne sottoposta a una elettromiografia, un test in cui vengono inseriti degli elettrodi nel tessuto muscolare e un neurologo osserva l'attività del muscolo nel momento dell'inserzione. È doloroso. Gli elettrodi vengono caricati di una corrente che colpisce il muscolo. I risultati del test suggerivano una neuropatia o dolore ai nervi spesso causata da diabete. Kim aveva per caso il diabete? Vennero fatti altri test. I risultati mostrarono che no, non aveva il diabete.
––––––––
E via, a farsi visitare da un neurologo, che chiamerò Dottor Bellezza. Kim si prese una piccola cotta per il bel professionista. Il dottore studiò i risultati degli esami precedenti e li liquidò, definendoli inattendibili. No, non vide segni di neuropatia, ma ordinò una seconda elettromiografia, per esserne certo. Per Kim era in serbo altro dolore. Aveva paura di essere sottoposta di nuovo a questa procedura e oppose resistenza. Le venne somministrato del Valium per prepararla ma, nonostante questo, Kim provò un dolore tale che la portò alle lacrime. I dottori ritenevano che l'esame fosse necessario, ma era molto invasivo. Provocare dolore a una persona già sofferente sembrava proprio una strana scelta. Una volta ricevuti i risultati della seconda elettromiografia, il Dottor Bellezza dichiarò che Kim non era affetta da neuropatia e che, come neurologo, non c'era nient'altro che potesse fare per lei.
––––––––
Infine, il 17 marzo 2009, per la prima volta venne ventilata l'idea che potesse trattarsi di una distrofia simpatica riflessa. Il Dottor Cristiano disse a Kim di andare a casa e documentarsi sulla RSD su internet, avvertendola che non le sarebbe piaciuto ciò che avrebbe trovato. In quel momento ero in viaggio per lavoro, perciò Kim trascorse il weekend a leggere, piangere e preoccuparsi del futuro, da sola. Internet era pieno di storie dell'orrore. A pensarci bene, fu davvero un consiglio pessimo da dare in quel momento. Avrebbe cominciato il suo lungo viaggio con la visione di un dolore indicibile e nessuna cura conosciuta.
––––––––
Quando tornai a casa, dovetti confrontarmi con una prognosi tragica e una moglie depressa. Kim aveva imparato che gli unici trattamenti efficienti per la RSD erano quelli iniziati dopo una diagnosi precoce, entro i due o tre mesi.
Naturalmente, noi avevamo mancato quella finestra temporale. Erano ati cinque mesi dal suo incidente. Era ormai nel secondo stadio della malattia e stava progredendo rapidamente verso il terzo e ultimo stadio.
––––––––
Non sembrava esserci una vera e propria cura per coloro a cui la malattia era stata diagnosticata troppo tardi.
RSD/CRPS
––––––––
La distrofia simpatica riflessa, conosciuta anche come sindrome da dolore cronico regionale, è una condizione rara, cronica e progressiva caratterizzata da dolore acuto, infiammazione e mutamenti della cute.
––––––––
I pazienti descrivono spesso il dolore come una sensazione di bruciore che colpisce braccia, gambe, mani o piedi. Si manifesta più comunemente nelle donne tra i quaranta e i sessanta anni.
––––––––
È solitamente il risultato di lesioni lievi, come una frattura ossea o una contusione. L'intensità del dolore è del tutto sproporzionata rispetto alla lesione originaria, per motivi che ancora rimangono sconosciuti. Per come l'ho capito io, la via di trasmissione del dolore tra la regione colpita e il cervello si apre e non si chiude più. Nonostante la lesione sia guarita, i segnali del dolore vengono comunque trasmessi. Esistono anche altri sintomi, sintomi che Kim mostrava in toto.
––––––––
Variazioni della temperatura della pelle: la pelle può risultare in alcuni casi madida di sudore o fredda e umida in altri. Variazioni del colore della pelle: la pelle può presentare macchie o chiazze. Possono apparire sfumature rosa o blu. Consistenza della pelle: la pelle può diventare sottile e lucida. Unghie e capelli: unghie e capelli possono crescere a una velocità insolita. Articolazioni: le articolazioni coinvolte possono diventare rigide, doloranti e infiammate. Mobilità: al paziente può risultare sempre più difficile utilizzare l'arto colpito. Allodinia: la pelle dell'area colpita diventa ipersensibile al tatto, persino il tessuto più leggero causa dolore.
––––––––
Col tempo, l'arto colpito può diventare freddo e subire variazioni alla pelle e alle unghie, così come spasmi e tensione muscolare. Una volta che questi cambiamenti hanno inizio, la condizione è spesso irreversibile.
––––––––
Storicamente, la RSD è stata notata durante la guerra civile americana in pazienti che hanno subito una ferita da arma da fuoco che ha danneggiato il nervo mediano. Nel 1867, questa condizione era conosciuta come "causalgia", dal termine greco che significava dolore infiammatorio. Le cause della RSD non sono ancora state chiarite. I pazienti negli stadi avanzati di RSD presentano
un'estremità pallida, fredda, dolorante e atrofizzata, unita all'osteoporosi. Kim sarebbe ata attraverso tutti gli stadi.
––––––––
Prima dell'incidente, Kim era una professionista molto attiva: il suo lavoro prevedeva che percorresse molte miglia al giorno, spesso affrettandosi per organizzare un meeting o il catering per qualche pezzo grosso. Capitava spesso che lavorasse settanta ore alla settimana o più. Durante la settimana delle corse, che cadeva due volte l'anno, lavorava più di cento ore, dormendo nel camerino per poche ore a notte. Era un lavoro febbrile e movimentato, ma lei era molto orgogliosa della sua posizione. Aveva delle gambe da atleta, lunghe e scolpite. Beveva molto caffè per andare avanti nella giornata e non lasciava mai che lo stress la rallentasse.
––––––––
Dopo l'incidente, si ritrovò intrappolata in un corpo che si rifiutava di collaborare. La sua gamba sinistra cominciò rapidamente ad avvizzire, il dolore era il suo compagno costante. Era sempre una bellissima donna e mi piaceva particolarmente mostrarmi in pubblico con lei. Non c'è niente di meglio che avere una bionda mozza fiato alta e slanciata al tuo fianco negli eventi speciali. Ma presto cominciammo a notare dei cambiamenti. Non riusciva più a indossare tessuti sulle gambe a causa dell'ipersensibilità delle stesse. Macchie e chiazze di colore erano chiaramente visibili. La sua "piccola gamba", come lei la chiamava, diventò visibilmente più magra rispetto alla sua gamba buona. Le unghie dei piedi le crescevano in modo deforme.
––––––––
La piccola gamba si irrigidì e lei perse coordinazione, l'equilibrio divenne un problema. Mi disse che era come avere una morsa che piano piano, ogni giorno, si stringeva sempre più attorno alla gamba. Piangeva a causa dell'agonia che stava provando.
––––––––
Nel frattempo, doveva recarsi alle sedute di terapia ogni giorno. Ho perso molte ore di lavoro per accompagnarla ai vari appuntamenti con i dottori. Non riuscivamo a capire del tutto cosa le stesse accadendo, ma sapevamo che nessuno di quei trattamenti la stava aiutando. Era sconfortata e io mi sentivo inutile, non sapevo cosa fare.
––––––––
Eravamo freschi sposini, la nostra nuova vita insieme era ricca di promesse. Avevamo entrambi dei lavori fantastici ed eravamo molto in forma e relativamente giovani. Eravamo molto innamorati e il futuro sembrava senza limiti. Ora tutto ciò stava per essere spazzato via da una malattia che non riuscivamo a comprendere.
––––––––
Non c'erano parole o fatti che avrebbero potuto restituirci qualche speranza.
I primi dottori
Il Dottor Cristiano era quindi convinto che Kim fosse affetta da RSD. Ci disse che l'unica opzione al momento era quella di consultare uno specialista in terapia del dolore. Kim era ormai incastrata in quella situazione e probabilmente sarebbe peggiorata: non restava altro da fare che controllare il dolore. Ci indicò il Dottor Quack, dall'altra parte della città.
––––––––
Durante la prima visita, il Dottor Quack dichiarò frettolosamente che Kim non aveva la RSD. Non era nemmeno convinto che la RSD esistesse realmente. La visita fu breve e senza esito. Ce ne andammo con in mano la prescrizione di un antidolorifico leggero.
––––––––
Non servì affatto ad alleviare il dolore. Chiamammo il dottore per un secondo appuntamento, sperando di farci cambiare medicina o di aumentarne l'intensità. Mentre Kim aspettava il dottore in sala visite, arrivò un'infermiera e la fece uscire dalla porta sul retro. Il dottore non l'avrebbe visitata quel giorno. Tornata all'entrata dell'ambulatorio, Kim notò che le porte erano state chiuse e che altri pazienti indugiavano lì davanti, chiedendosi cosa stesse succedendo. Non abbiamo mai scoperto cosa gli fosse successo. Di certo questo fatto non ci diede fiducia nelle raccomandazioni del Dottor Cristiano.
––––––––
Il nostro secondo tentativo con un professionista della terapia del dolore fu col Dottor Senile. Questo vecchio gentiluomo sembrava aver perso alcune delle sue importanti funzioni cognitive. Le prescrisse un medicinale più forte, ma niente altro. Un giorno ebbi un'idea: quando ero giovane ero lanciatore di baseball e una volta ho provato dolore alla spalla. Qualcuno mi diede qualcosa chiamato DMSO (dimetil-sulfosside). Il DMSO era un liquido utilizzato originariamente come solvente per pulire pezzi nelle fabbriche. Venne scoperto che lavoratori una volta artritici provavano sollievo al dolore e maggiore mobilità lavorando con esso. Bastava applicarlo sull'area dolorante e, col tempo, il dolore ava e la mobilità migliorava. Con me aveva funzionato alla grande.
––––––––
Ne parlai a Kim. A quel punto, eravamo disposti a provare quasi tutto. Kim chiamò il Dottor Senile e questo rispose: "Sì, certo, venga qui e gliene darò una bottiglia". Guidai per un'ora per andare a prendere il farmaco e mi ricordai che il liquido aveva un curioso effetto collaterale: una volta applicato, provocava un cattivo alito al fetore di aglio. Avvertii Kim di questa possibilità, ma nessuno di noi due ci pensò veramente.
––––––––
Quando tornai a casa dal lavoro il giorno dopo, entrai nell'inferno di aglio. Non era un semplice caso di alito cattivo, l'intera casa puzzava di aglio. Tutto il corpo di Kim emanava quel fetore. Era come se avesse una nebbia intorno a sé e l'odore pungente sembrava filtrare da tutti i pori. Decidemmo che quella era l'ultima dose di DMSO per lei. Ci vollero parecchi giorni prima che l'aria tornasse normale in casa.
––––––––
Quando chiamammo per prendere un altro appuntamento col Dottor Senile, scoprimmo che aveva avuto un ictus. Nessuno sapeva quando e se sarebbe tornato a lavorare.
––––––––
Eravamo tornati al punto di partenza. Kim non aveva un dottore, un sollievo, una speranza.
––––––––
Fu a questo punto che conoscemmo una sorta di avvocato, un "difensore dei diritti del malato". Fino a quel momento, l'assicuratore era stato paziente. Lo chiamerò il Grande Z. Assegnò un'infermiera a Kim, per monitorarla e dare opinioni sul trattamento da seguire. Non avevamo altra scelta che ascoltarla.
––––––––
Fu lei che ci mise in contatto con un altro specialista della terapia del dolore, il terzo. Il suo ambulatorio si trovava a due ore di distanza, una cosa davvero scomoda per noi. Lo chiamerò Dottor Sergente Istruttore. Era chiaramente un difensore della scuola di pensiero "nessun dolore, nessun guadagno". Il difensore dei diritti del malato continuava a instillare dubbi riguardo la RSD: "Ne è davvero affetta?", diceva. La visita del Dottor Sergente Istruttore fu molto
accurata e non si fece mettere fretta. Aveva anche a disposizione i dati delle cartelle cliniche di tutti i dottori precedenti. Alla fine si disse d'accordo con la diagnosi. Si poteva vedere il presunto difensore abbassare la cresta.
––––––––
Le prescrisse un nuovo narcotico chiamato Embeda che, in effetti, le diede un po' di sollievo. Voleva che Kim fe regolarmente esercizi, che si fe visitare da un chiropratico e che andasse da un altro terapista. Il difensore la indirizzò verso quello che poi si rivelò essere un programma di lavoro intenso. Kim resistette un solo giorno e tornò a casa in preda a un dolore lancinante.
––––––––
Chiamammo il nostro avvocato per parlargli dell'intrusione di questa donna nella terapia di Kim. Ci disse di non permetterle di entrare con noi nell'ambulatorio del dottore né di seguire le sue raccomandazioni su chi rivolgersi.
––––––––
Non sapendo da che parte girarci, continuammo ad andare dal Dottor Sergente Istruttore. Quell'uomo era davvero duro con Kim, diceva che non si stava impegnando a sufficienza: "Farà male in ogni caso, quindi fallo e basta!". Non ebbe un minimo di comione.
––––––––
Dopo qualche tempo e nessun miglioramento, il dottore decise di iniettare delle soluzioni per bloccare il dolore. Queste iniezioni andavano fatte sotto sedativo, all'ospedale. Guidammo le due ore necessarie per arrivare in ospedale e ci sedemmo nella sala d'aspetto. Kim arrancò fino al distributore dell'acqua e ne bevve un sorso. Venne immediatamente chiamata alla sala infermieri: "Mi dispiace signora, ma dobbiamo cancellare la sua iniezione. Non è permesso bere acqua prima della procedura". Eravamo lì, a due ore da casa. Non ci sarebbe stato alcun sollievo quel giorno.
––––––––
Il viaggio verso casa fu molto cupo, ero furioso con l'ospedale ma tentai in ogni modo di non far trasparire le mie emozioni. Kim se ne stava lì con la testa a penzoloni. Non c'era nient'altro da fare che continuare ad andare avanti.
––––––––
Alla fine ritornammo per le iniezioni. Kim uscì dalla sala, intorpidita dalla vita in giù e un po' drogata. Durante il tragitto verso casa mi disse addirittura che toccava a noi portare gli snack alla partita di calcio quel giorno. Non c'era alcuna partita di calcio. In realtà, nessuno dei ragazzi giocava a calcio in quel periodo.
––––––––
In quel momento sembrava che non provasse alcun dolore, ma la situazione durò poco. Una volta scomparso l'intorpidimento, riapparve il dolore. Le iniezioni non
avevano funzionato. Tornammo in ospedale altre due volte per altre due iniezioni. Il risultato non cambiò. Il Dottor Sergente Istruttore non aveva nient'altro in serbo per noi, così aumentò la dose di Embeda e ci indirizzò a un altro chiropratico. Questo chiropratico prescrisse un altro medicinale di nome Neurontin, che avrebbe dovuto aiutare a calmare il dolore nervoso. Col are dei mesi, aumentò la dose prescritta fino a 3600 milligrammi al giorno. In seguito, venimmo a scoprire che questa era una dose esageratamente elevata.
––––––––
Il Dottor Yacht (così chiamerò il chiropratico) era un tipo niente male. Gli piaceva particolarmente vantarsi della sua grande barca ormeggiata sulla costa del New Jersey. Aveva anche una BMW fiammante. Il suo modus operandi non si discostava molto da quello degli altri suoi colleghi. Kim si recò allo studio tre volte a settimana per diversi mesi, senza alcun miglioramento percepibile. Il Dottor Yacht decise di puntare in alto e volle legare Kim alla sua macchina di trazione. Immaginatevi un congegno di tortura medievale ideato per distendere la spina dorsale millimetro dopo millimetro. Non c'è da stupirsi se questo ebbe un effetto negativo sulla salute di Kim. Il dolore aumentò, così come gli altri sintomi. Stava peggiorando velocemente.
––––––––
A questo punto tentammo di entrare all'ospedale John's Hopkins di Baltimora, nel Maryland. Facemmo molte telefonate, finché qualcuno si disse d'accordo nel riceverci e ci suggerì un percorso di trattamento. Dopo un lungo esame e uno studio approfondito delle sue cartelle cliniche, ci presentarono una possibile opzione. Avevano intenzione di inserire uno stimolatore del midollo spinale. Avrebbero inserito un elettrodo nella spina dorsale, il quale avrebbe scaricato piccole vibrazioni per interrompere i continui segnali di dolore. Per prima cosa, era prevista una prova eseguita con un regolatore esterno. Qualora la prova avesse funzionato, avrebbero operato Kim per introdurre il regolatore sottopelle.
––––––––
Ci rispedirono a casa con un DVD sulla procedura che includeva testimonianze di pazienti felici. Facemmo una ricerca e scoprimmo che il SCS (Spinal Cord Simulator, cioè Stimolatore del midollo osseo) era considerata l'ultima spiaggia. Ai pazienti non era concesso se non dopo il fallimento di tutte le altre opzioni. Veniva segnalata una percentuale allarmante di complicazioni, che solitamente si traduceva nel dover ricorrere di nuovo alla chirurgia per aggiustare l'elettrodo.
––––––––
Gli altri dottori non erano affatto entusiasti all'idea, ma noi ci sentimmo come se non avessimo altra scelta. Dopo averci pensato su, chiedemmo l'approvazione dell'operazione e l'inserimento dello stimolatore del midollo osseo. La nostra assicurazione respinse la richiesta. Kim era disposta a correre ogni rischio, nella speranza che questa procedura potesse aiutarla. Il Grande Z non intendeva pagare. Non potevamo contare nemmeno sull'ultima spiaggia.
Diventare un badante
––––––––
A casa la situazione iniziò a precipitare. Il più delle volte Kim non era in grado di eseguire i gesti più elementari. Iniziò a fare affidamento su di me per andare al bagno e per lavarsi. Prima di tutto ciò, io di solito lavoravo sessanta ore a settimana, ora potevo farne meno di quaranta. Tutto il mio tempo era dedicato agli appuntamenti con i dottori, all'assistenza a Kim e alle faccende di casa.
––––––––
Ho iniziato a notare altri cambiamenti nel comportamento di Kim. A volte si incupiva e diventava tetra, ma non potevo certo fargliene una colpa e pensavo si trattasse di depressione. Poi le cose hanno cominciato a diventare strane: si alzava di notte in preda al sonnambulismo, si dimenticava quasi tutto. Spesso tornavo a casa dal lavoro, lei mi raccontava qualcosa e, dopo poche ore, me la raccontava ancora. Se le avessi detto che stava ripetendo le stesse cose, si sarebbe sentita frustrata, perciò spesso non glielo facevo notare.
––––––––
Non riusciva a dormire la notte, a causa del dolore: si coricava, parlava nel sonno e tossiva violentemente per ore. Iniziai a dormire nella stanza degli ospiti. Avrei voluto esserle più vicino, ma dovevo comunque andare a lavorare. La mancanza di sonno mi stava sfinendo.
––––––––
Una notte mi svegliai per degli strani rumori che venivano dal mio ufficio: quando mi alzai, trovai Kim seduta di fronte al computer che faceva finta di guidare una macchina e ne riproduceva i rumori. Era sudata fradicia. Dopo averla rimessa a letto, mi misi ad asciugare la chiazza d'acqua sulla mia tastiera e sulle mie carte.
––––––––
Ero preoccupato che si potesse fare del male mentre dormivo, così imparai a dormire di un sonno leggero, in modo da potermi svegliare al più piccolo rumore. Questo non mi permise di riposare al meglio, ma non era nulla in confronto al dolore che stava affrontando Kim. Le medicine prescritte dai dottori le stavano annebbiando il cervello ma influivano ben poco sul dolore. Di tanto in tanto diceva o faceva cose che mi ferivano, ma non potevo rispondere. Era lei quella in difficoltà.
––––––––
Iniziai a fare altre ricerche, tentando di trovare conforto ai miei sentimenti di rassegnazione: io sono abituato ad aggiustare gli oggetti, ma non potevo sistemare tutto questo e la cosa mi stava uccidendo. Stavo guardando mia moglie cadere sempre più nella disperazione. La stavo guardando scomparire, mentre la malattia prendeva pieno controllo. Non avevamo più rapporti intimi, non volevo causarle altro dolore e il suo ciclo sonno-veglia era estremamente irregolare. Le cose stavano sfuggendo a ogni controllo.
––––––––
Il mio primo oggetto di ricerca fu il neurontin, conosciuto anche con il nome di gabapentin. La lista degli effetti collaterali era allarmante e comprendeva:
––––––––
Cambiamenti di personalità Problemi di memoria Difficoltà di concentrazione Irrequietezza, ostilità o aggressività
––––––––
Ero quasi sicuro che proprio questo farmaco fosse la causa dei cambiamenti di comportamento di Kim. Aspettai il momento giusto, quando Kim era relativamente presente, per discutere della cosa. Riuscimmo a parlarne tranquillamente. Per un attimo, scorsi una luce nei suoi occhi quando le dissi che il farmaco causava alcuni dei suoi problemi. Insieme, decidemmo che era arrivato il momento di farle perdere quella dipendenza. Non lo dicemmo al Dottor Sergente Istruttore. Presentammo le ricette ogni mese e diminuimmo gradualmente il dosaggio, fino al punto di azzerarlo.
––––––––
Il suo dolore non si alleviò ma il suo comportamento migliorò. La sua mente ritornò lucida e ritrovò la forza di lottare. Trovai su internet un forum dedicato alle persone che soffrivano di RSD, nel quale Kim poteva parlare e sfogarsi: fu, per un po', una buona terapia. Non si sentiva più sola. Finì per spronare gli altri a non smettere di lottare. Era il nostro primo pallido raggio di speranza.
––––––––
Cominciai a cercare trattamenti alternativi alla RSD. C'erano camere iperbariche, cure omeopatiche, coma farmacologico con ketamina e molti altri strani tipi di cure. Iniziai ad alzarmi un'ora prima ogni giorno per leggere riviste mediche e sperimentazioni cliniche. Mi informai sul costo e sulla disponibilità di ognuna delle cure proposte.
––––––––
Ne parlavo con Kim durante le nostre discussioni notturne. Non avevamo ancora un piano ma ne eravamo alla disperata ricerca. Alla fine interrompemmo le sessioni di terapia col Dottor Yacht. Ci recavamo solo dal Dottor Sergente Istruttore per avere nuove ricette ogni mese. Dovevamo guardare in un'altra direzione, ma quale?
––––––––
Il trattamento che sembrava più promettente era chiamato coma farmacologico con ketamina. Al paziente veniva iniettata la ketamina, un farmaco fortemente
allucinogeno utilizzato come tranquillante per animali di grossa taglia. Gli adolescenti la usano per drogarsi quando riescono a rubarla dagli ambulatori veterinari. Insieme alla ketamina viene somministrato un anti-allucinogeno. Il paziente viene tenuto in coma per una settimana o più, con l'obiettivo di impedirgli di impazzire. Questo trattamento aveva dimostrato di essere molto promettente. Sfortunatamente, non è disponibile negli Stati Uniti. Avremmo dovuto andare in Germania o in Messico. Inoltre, era molto costoso, e non era coperto da nessuna assicurazione nazionale.
––––––––
La ketamina faceva parte anche del secondo trattamento più promettente: una clinica a Tampa, nello stato della Florida, offriva ai pazienti esterni infusioni distribuite nell'arco di un mese. La dose era molto minore rispetto all'opzione del coma farmacologico, ma somministrata su un periodo di tempo più lungo. Non accettavano alcuna assicurazione e il pagamento era in contanti e anticipato. Questa opzione non aveva la stessa percentuale di successo del coma farmacologico, ma sembrava molto meno rischiosa. Soprattutto, ce la potevamo permettere.
––––––––
Mi sono appuntato a mente la clinica di infusione di ketamina e sono partito alla ricerca di un nuovo medico. Internet può essere una magnifica risorsa. Alla fine ho trovato su Google uno specialista in terapia del dolore, non troppo lontano da casa, con molte critiche positive da parte di pazienti felici.
Lo Stregone
––––––––
Arrivammo al primo appuntamento con il quarto specialista in terapia del dolore e fummo accolti da un piccolo uomo indiano. Senza che glielo avessimo chiesto, ci assicurò che era un Indù e non un musulmano. La sua pelle, i suoi capelli e i suoi occhi erano neri come il carbone. C'era qualcosa di strano in una delle sue mani, che era ricoperta da un guanto. Aveva denti bianchi scintillanti ben visibili e sorrideva sempre. Sembrava proprio un uomo felice. Parlava come Apu de I Simpson, era solo un po' più difficile da capire. "Vuole anche uno Slurpee?".
––––––––
L'infermiera non era veramente tale, ma solo un'assistente. Dichiarò di essere una Wicca, praticante magia bianca. La sala operatoria dello Stregone si trovava in una casa. Questi due personaggi distribuivano pillole di felicità a pazienti disperati. Noi lo eravamo sicuramente, perciò tentammo anche quella via.
––––––––
La sua priorità fu prescriverci il Marinol, un tipo di marijuana sintetica in pillola: mi fece accomodare nella sala d'attesa e fece entrare Kim per visitarla. Quando tornai, lo sentii parlare dei benefici tratti dal mangiare un cucchiaino di curcuma ogni giorno. Proseguì spiegandoci le proprietà curative del cactus. Lo mangi, disse. Fino a quel momento, l'unico antidolorifico che sembrava funzionare, l'Embeda, era stato interrotto. Ci prescrisse codeina pura, che si rivelò poi quasi
impossibile da trovare.
––––––––
Fissò un'iniezione epidurale per Kim per le settimane seguenti. Non era come le solite iniezioni, che non avevano mai funzionato: questa veniva fatta direttamente nel midollo spinale, come durante il parto.
––––––––
Ce ne andammo sentendoci sollevati. Lo Stregone era talmente entusiasta da essere contagioso: comprammo curcuma e cactus nel tragitto verso casa. Quella notte, ci confidammo il nostro cauto ottimismo: era sì uno Stregone, ma pur sempre il "nostro" Stregone.
––––––––
Quando ritornammo, però, parte dell'entusiasmo di Kim era scomparso: non sopportava ingoiare la curcuma, né riusciva ad accettare l'idea di mangiare cactus. Era visibilmente nervosa all'idea di farsi inserire un ago nella spina dorsale, nella sala di una casa qualsiasi, mentre un strega Wicca bianca le teneva la mano. Disse allo Stregone che odiava gli aghi e che ne aveva paura e lui rispose che avrebbe anestetizzato l'area con uno spray rinfrescante, così da non farle sentire alcun dolore. Lo spray le finì tra i glutei e scivolò in un'area ancora più delicata: Kim si mise a urlare dicendo di avere le parti intime congelate. Lo Stregone iniziò a cantare: “Well, here’s to you, Mrs. Robinson...”. Oddio, in cosa ci eravamo cacciati?
––––––––
Pochi minuti dopo, la finta infermiera Wicca venne a prendermi e mi portò dallo Stregone, il quale mi chiese di restare con mia moglie e di controllarla per un momento. Gli chiesi cosa mai avrei dovuto controllare: mi rispose che avrebbe potuto soffrire di allucinazioni e che, in quel caso, non avrebbe potuto farla uscire fino a che queste non avessero smesso. Le aveva iniettato la ketamina!
––––––––
Mi avvicinai a lei con apprensione, le chiesi come stava. Mi rispose "Mi sento fottutamente bene!". (Parlare così non era certo da lei). Non riusciva più a sentire le gambe, né a camminare, ma stava bene. Alla fine ebbe il permesso di uscire. Con l'aiuto di un deambulatore e della Wicca, riuscii a farla sedere in macchina. Rise per tutto il viaggio verso casa. Non sapevo bene cosa pensare, ma era bello vederla sorridere: era la prima volta che la sentivo ridere, dopo un anno.
––––––––
Quando arrivammo a casa non riusciva nemmeno a camminare, così parcheggiai la macchina proprio accanto alla porta d'ingresso. La presi in braccio e la portai dentro. Aveva bisogno di fare pipì: la portai in bagno e la adagiai sulla tazza. Poi la riportai in soggiorno e la sistemai sulla poltrona reclinabile: le portai tutto quello che le occorreva, il telecomando, un bicchiere d'acqua e il suo piumone preferito. Era, per la prima volta dopo tanto tempo, in pace. Entrambi adoravamo lo Stregone.
––––––––
Gli effetti della ketamina durarono circa una settimana, Kim fu in grado di alzarsi e deambulare da sola, riuscì persino a lavare i piatti e a fare la lavatrice. Ben presto, però, il dolore ritornò. Kim fu costretta ad assumere il Marinol ogni giorno: bevendolo insieme a un bicchiere di vino, riusciva a raggiungere uno stato di torpore e a dimenticarsi del dolore per qualche ora. Lo Stregone diceva: "Che problema c'è se diventa un po' brilla? Se la fa stare bene, meglio così". Trascorremmo tutte le sere entrambi in uno stato di intorpidimento.
––––––––
Poi venne la ketamina orale. Lo Stregone diede a Kim una siringa senza ago riempita di ketamina e le insegnò a iniettarsela nel palato. Lui non poteva effettuare le epidurali a distanza troppo ravvicinata e questo l'avrebbe aiutata a tirare avanti tra una seduta e l'altra. Il risultato di queste iniezioni fu uno stato confusionale di cui io non riuscii a capire nulla. Kim lo chiamava "andare nel Khole". Sotto l'effetto della ketamina non sentiva alcun dolore, ma la sensazione di benessere durava poco. Una volta svanita, Kim tornava a contorcersi. Vista l'assunzione di Marinol, le epidurali di ketamina e la ketamina orale, era alticcia per la maggior parte del tempo. Ho persino pensato di giocherellare con lei costruendole dei piccoli elefanti rosa e di farli danzare davanti ai suoi occhi, poi per fortuna ho abbandonato quell'idea. Era comunque sballata per la maggior parte del tempo: nonostante fosse la migliore delle alternative, sapevamo entrambi che questa situazione non sarebbe potuta continuare per sempre.
––––––––
Per quanto apprezzavamo lo Stregone e la Wicca, il loro approccio non convenzionale non stava dando risultati migliori per sistemare il problema una
volta per tutte, rispetto agli altri dottori.
––––––––
(Lo Stregone era stato un socio del Dottor Cristiano, poi avevano litigato. Se il Dottor Cristiano ci avesse indirizzato direttamente allo Stregone nello stadio più recente della malattia, forse la progressione della malattia si sarebbe potuta arrestare).
Avvocati, farmaci e soldi
––––––––
Le nostre vite, ormai, giravano intorno ai farmaci di Kim. Molto presto, sarebbero girate intorno ad avvocati e soldi. Non avevamo mai pensato al lato economico della questione, desideravamo solo che Kim potesse guarire. Riavere una vita normale per lei e ritornare alle promesse di coppia appena sposata per noi era tutto ciò in cui speravamo.
––––––––
Il Grande Z, però, si stava stancando di pagare per le costose medicine. Non erano nemmeno così entusiasti di pagare la polizza infortuni. Era ormai chiaro che quella sarebbe diventata una situazione a lungo termine, se non permanente. Erano alla disperata ricerca di una via d'uscita. Il loro avvocato, che chiamerò Il Cretino, presentò una richiesta di sospensione dell'indennità. Il nostro avvocato, che chiamerò Bulldog, rispose immediatamente con una richiesta di indennizzo per invalidità permanente. Era una piccola e gracile donnina che, fino a quel momento, non aveva mostrato segni di istinto combattivo. Avevamo anche pensato di licenziarla in precedenza. Col senno di poi, quello sarebbe stato un grosso errore.
––––––––
Fissammo un appuntamento con la commissione tecnica per l'assicurazione contro gli infortuni. Non sapevamo cosa aspettarci. Avremmo potuto perdere il
sussidio, raggiungere un accordo e continuare a ricevere l'indennizzo o chissà cos'altro. Quando arrivò il giorno dell'udienza, pensavo che Kim sarebbe scoppiata a piangere. A quel tempo usava un bastone per deambulare; indossare pantaloni era fuori da ogni discussione, perché la pelle era troppo sensibile. Indossava infatti una gonna molto leggera in un giorno molto freddo. Aveva perso molto peso e faceva pena vederla entrare in quella stanza: si agitò di continuo nella sedia per tutto il processo ed era visibilmente nervosa e a disagio. Decise di non assumere il Marinol prima dell'udienza, in modo da avere la mente più lucida possibile. La vedevo soffrire e lo stress aggiunto di certo non aiutava.
––––––––
Il Cretino non seppe dare molte giustificazioni alla richiesta di interruzione del trattamento. Presentò una specialista del lavoro, la quale testimoniò sul fatto di poter trovare un impiego per Kim. Le opzioni erano a dir poco patetiche, come ad esempio un lavoro di quattro ore al giorno in una struttura detentiva a novanta minuti di distanza da casa. Il Bulldog la spazzò via. Quando la testimone presentò una posizione di consulente prestiti alla Wells Fargo, il Bulldog elencò i farmaci che Kim doveva assumere quotidianamente. "Volete che i vostri affari vengano gestiti da una persona che assume codeina, ketamina e marijuana sintetica?".
––––––––
La prospettiva del ritorno al lavoro di Kim venne respinta unanimemente dalla commissione. ammo a discutere dell'indennizzo. Il Cretino aveva fatto visitare Kim dal loro dottore "indipendente" per una valutazione, il Bulldog l'aveva fatta visitare dal nostro dottore "indipendente". Il nostro dottore era un genio e fece impallidire il loro. Chiedemmo una pausa per Kim, che uscì dalla sala e si sedette. Le strinsi le mani, la abbracciai: mi sembrava che il mio o non fosse abbastanza, ma era tutto quello che avevo. Ci stavamo facendo trascinare qua e là dagli avvocati, non avevamo controllo sul nostro
stesso destino. Lo Stregone inviò una deposizione, che venne letta dalla corte: riuscì solamente a complicare le cose, nessuno capì davvero cosa avesse detto. Il Bulldog scattava e ringhiava ad ogni occasione: secondo noi, fece a pezzi Il Cretino.
––––––––
Alla fine l'udienza terminò senza che venisse deliberata alcuna decisione. Avremmo dovuto attendere il verdetto. Fu un lungo viaggio verso casa. Kim era davvero a terra, non le importava come sarebbe andata finire: qualsiasi cosa fosse accaduta, andava bene. La portai a casa, le diedi le medicine e le riempii un bicchiere di vino.
––––––––
Nel frattempo, la codeina stava diventando sempre più difficile da trovare. Ci sono così tanti narcotici oggi sul mercato che poche farmacie ormai la tengono in stock. Avevamo una lista di venti farmacie a un'ora di distanza, con rispettivi numeri di telefono e indirizzi. Ogni volta che avevamo una nuova ricetta, cominciavamo a chiamare.
––––––––
Kim stava ormai sviluppando una forma di immunità al farmaco e questo non aiutava ad alleviare il dolore. Lo Stregone le suggerì di raddoppiare la quantità di pillole, ma questo le fece esaurire troppo in fretta. Quando tornò alla farmacia per avere altri farmaci, la accusarono di essere una drogata e la buttarono fuori minacciando di chiamare la polizia. Kim mi chiamò in lacrime: era stata umiliata
e aveva finito le medicine per il dolore.
––––––––
Chiamò lo Stregone e quello riscrisse la ricetta: dopo aver contattato metà delle farmacie nella lista, riuscimmo ad avere il farmaco. Ancora una volta, le nostre vite giravano intorno ai farmaci di Kim.
––––––––
Lo stress dell'udienza alla commissione tecnica per l'assicurazione contro gli infortuni, gli avvocati, i documenti e l'insicurezza dell'esito erano davvero troppo da gestire per Kim. Iniziò ad avere la nausea e a vomitare anche una dozzina di volte al giorno. Perse molto peso, divenne debole e fragile. La nausea la sorprendeva in qualunque momento e in qualunque posto, tanto che teneva borse di plastica nel cruscotto, nel caso dovesse rigettare lungo il tragitto per gli appuntamenti con i dottori. Smise di mangiare.
––––––––
Tornammo dallo Stregone con un nuovo problema. Le prescrisse un farmaco per la nausea, che si aggiunse alla lunga lista di farmaci che stava già assumendo. Anche il Marinol avrebbe dovuto aiutare il suo appetito: veniva spesso somministrato ai pazienti affetti da cancro in chemioterapia, per combattere la nausea e aumentare l'appetito. Niente di tutto ciò sembrava alleviare la nausea di Kim. Il vomito continuò, ad un ritmo allarmante: stava perdendo lo smalto sui denti. Li spazzolava molte volte al giorno. Perse ogni interesse per il cibo.
––––––––
Al momento, non era sottoposta a nessun trattamento, stava semplicemente assumendo tonnellate di pillole, vagando per casa e deperendo giorno dopo giorno. La sua piccola gamba si era ridotta in modo scioccante. Era davvero difficile riuscire a vedere la luce in fondo al tunnel. Che bene ci avrebbe fatto un risarcimento in denaro a quel punto? Cominciai a considerare proprio questa questione e ne parlai con il Bulldog. Sembrò molto sicura del fatto che avremmo continuato ad avere spese mediche pagate e che, forse, avremmo potuto ricevere qualcosa in più come indennizzo per l'infortunio di Kim. Avremmo potuto utilizzare il denaro per uno di quei trattamenti a base di ketamina. La clinica a Tampa sembrava l'opzione più probabile, così tornai su internet per fare altre ricerche sull'argomento. La clinica non offriva nemmeno il cinquanta per cento di probabilità di sollievo immediato e la percentuale di successo a lungo termine era stimata tra il venti e il trenta per cento. Alcuni pazienti sembravano star meglio ma, più avanti, sviluppavano di nuovo la RSD. Alcuni di loro guarivano definitivamente, mentre altri non traevano alcun beneficio a lungo termine.
––––––––
In qualche modo, questo fatto iniziò a farmi pensare di trasferirmi in Florida.
Un sogno in mezzo al caos
––––––––
Per pura coincidenza, la mia azienda aveva una posizione aperta a Winter Haven, in Florida. Winter Haven si trova a pochi chilometri da Tampa. Inviai la mia candidatura e mi chiesero di fare un colloquio sul posto. Avrei dovuto lasciare da sola Kim per qualche giorno ed ero molto preoccupato. In più, suo nonno stava molto male e avrebbe potuto lasciarci da un momento all'altro: la situazione non poteva essere più stressante di così. Kim andò a stare da un'amica e sua zia era vicina in caso di necessità.
––––––––
Il colloquio in Florida andò molto bene, tanto che mi immaginai di racimolare un po' di soldi dal Grande Z, trasferirci in Florida, far curare Kim e iniziare una nuova vita. Prima che riuscissi a tornare a casa, il nonno di Kim morì. Mia moglie era stata praticamente cresciuta da lui e lo amava e ammirava molto: era un uomo speciale per tutti, ma nessuno gli era tanto vicino quanto la sua piccola Kimmie. Tornai in tempo per il funerale e accompagnai una Kim molto depressa alla cerimonia. Ogni volta che pensavamo che le cose non potessero andare peggio, venivamo smentiti.
––––––––
L'opportunità di lavoro a Winter Haven non si concretizzò: ne fui sorpreso, perché sapevo di aver fatto colpo durante il colloquio. Dal Bulldog, ancora
nessuna nuova. Iniziai a odiare il dover lasciare la casa ogni giorno per andare al lavoro. Venne fuori che l'azienda per cui lavoravo aveva acquistato un'altra filiale in Florida e, a seguito della fusione, era prevista una riorganizzazione. Sarei stato disposto ad andare a West Palm Beach per un lavoro? Quella doveva essere una prova. Lavorai per una settimana in Florida con lo staff della nuova filiale. Mi dissero di portare anche mia moglie, con tutte le spese pagate.
––––––––
Questa opportunità non poteva arrivare in un momento migliore: a casa nevicava, Kim aveva ormai sviluppato una certa avversione al freddo e io avevo davvero bisogno di un cambiamento. Una piccola vacanza in Florida era proprio quello che ci voleva per Kim. Mentre ero al lavoro, lei poteva rilassarsi nell'idromassaggio, leggere a bordo piscina, godere del caldo sole della Florida. La sera uscivamo a cenare al ristorante, bevevamo qualcosa e ci rilassavamo. Il colore della sua pelle migliorò, così come il suo umore e disse persino che il dolore le sembrava diminuito. Cinque giorni al sole della Florida, lontani dalla neve o dal tribunale, erano stati terapeutici. L'idea di trasferirsi in Florida non sembrava così assurda, dopo tutto.
––––––––
Tornati a casa, cominciammo a discuterne ogni sera: ne avevamo abbastanza del freddo e della neve. Entrambi credevamo che il nostro soggiorno in Florida avesse fatto bene a Kim. Avere un obiettivo e sognare una nuova vita al calore del sole risollevò i nostri animi. Iniziai a liberarmi di alcune cose per prepararci alla partenza: misi in vendita una delle due barche e mi liberai di parte degli oggetti che avevo in garage. Eravamo molto eccitati per le possibilità che ci si aprivano davanti.
––––––––
Poi, scoprii che non avevo ottenuto il lavoro: fu come ricevere un pugno nello stomaco. Tutto il nostro entusiasmo si sgonfiò, come un palloncino bucato. Non ero mai stato così triste e abbattuto in tutta la mia vita e non potevo nemmeno lontanamente immaginare come si sentisse Kim. ai i giorni seguenti a spalare la neve a causa di una violenta tempesta che colpì gli Stati dell'Atlantico centrale. Odiavo spalare la neve. Odiavo il mio lavoro. Odiavo i dottori e gli avvocati e questa maledetta malattia. Avevo provato a salvarci da tutto questo, ma avevo fallito. Avevo deluso Kim ed era la cosa che odiavo di più. Iniziai a lamentarmi con lei del mio stupido lavoro, degli stupidi clienti e degli stupidi impiegati. Ora era lei la mia terapista così come io ero il suo. Non era un bel periodo nella vita di Kim e Ed.
––––––––
Aggiungemmo la tequila alle nostre bevute notturne: mi addormentavo sbronzo e non sentivo Kim alzarsi nel cuore della notte. Ne fece di tutti i colori mentre io dormivo. Mi trascinavo in ufficio per affrontare un altro giorno facendo un lavoro che odiavo. Chiedevamo sempre più ricette per sempre più farmaci. La salute di Kim era tornata al punto di partenza, non sembrava esistere una via d'uscita. Le nostre vite insieme stavano andando giù per lo scarico. Non sapevamo come fermare tutto ciò.
––––––––
Non capivo in che modo Kim riuscisse a non considerare il suicidio in tutto questo: era a terra, ma non gettò mai la spugna. Continuò semplicemente a perseverare. Non smettemmo mai di volerci bene: avamo molto tempo insieme e ogni momento era prezioso. Parlammo delle nostre paure,
condividemmo ricordi e dichiarammo continuamente il nostro amore l'uno per l'altra. Credo che fossimo più vicini di molte coppie, forse a causa delle circostanze. Ascoltavamo insieme una canzone che diceva:
––––––––
“She said, it’ll work out. I have no regrets. You’ve shown me a life that I’ll never forget. She said, I’ll be there, till the light, dies in your eyes.”
––––––––
Piangevo ogni volta che la sentivo. La amavo tantissimo, ma sentivo che non stavo facendo abbastanza. Cos'altro potevo fare? I miei pensieri ritornarono alla Florida. Volevo portare Kim su una calda spiaggia tropicale e farle assaporare il sole. Volevo farle dimenticare dottori e avvocati. Ci doveva pur essere un modo!
––––––––
Riflettei sulla situazione per qualche giorno: se non avessimo fatto qualcosa, Kim sarebbe morta. Non potevo permettere che accadesse. Continuavo a dire a me stesso: "Sei intelligente, sistemi le cose. Fatti venire un'idea". Feci il punto della situazione delle nostre finanze: avevamo da parte qualche soldo dalla vendita della barca, spendevamo il meno possibile e il nostro conto era abbastanza ricco. Non uscivamo più a mangiare, non andavamo più ai concerti o al cinema. Ce ne stavamo a casa, a bere tequila e abusare di pillole. Tutte le spese mediche di Kim erano pagate dal Grande Z.
––––––––
A poco a poco, il piano prese forma. Paghiamo i nostri debiti, mettiamo via un po' di soldi, liberiamoci della nostra roba e decolliamo in Florida. Ne parlai a Kim. Lasciare il tuo lavoro? Come faremo con i soldi? Le dissi che per un po' avremmo vissuto con i risparmi. Avrebbe potuto funzionare. Non penso che avesse molta fiducia in questo piano, ma si fidava di me. In qualche modo ce l'avremmo fatta.
––––––––
Ora avevo qualcosa che potevo fare per combattere quella difficile situazione. Potevo agire. Mi sentii come se avessi trovato il mio scopo. Non sarei stato il semplice spettatore della morte di mia moglie. Se proprio doveva morire, le avrei fornito quanta più felicità possibile. Credo che Kim si fosse accorta di questa intenzione: non me ne parlò, ma mi lasciò fare ciò che volevo. Probabilmente pensava che fosse tutto un sogno: ero determinato a dimostrarle che non era così.
Agire
––––––––
Continuai a prendermi cura di Kim nel miglior modo possibile. Facevo di tutto perché avesse ciò di cui aveva bisogno e perché si sentisse a suo agio. Facevo la lavatrice, lavavo i piatti, pulivo la casa e mi concentravo sulle nostre finanze. Lei iniziò a fare qualche leggero esercizio di stretching. Avevamo paura che, alla fine, perdesse del tutto l'uso della sua piccola gamba. Smise di assumere la ketamina orale, ma continuò con le epidurali. Le iniezioni iniziarono a fare sempre meno effetto.
––––––––
Fui costretto a racimolare denaro più velocemente possibile. Iniziai a farmi versare lo stipendio direttamente sul conto dei risparmi. Cominciai a dedurre la quantità di denaro che pensavo avremmo speso per quel mese. Una volta constatato che potevo cavarmela con quella ridotta quantità di soldi, aumentai la somma da depositare insieme ai risparmi. Tagliai tutte le spese superflue. Non sono qui per dirvi come spendere i vostri soldi, ma ne so abbastanza per affermare che spendiamo troppo per cose che non ci servono veramente. Quella fu per me una lezione molto importante. Ci tornò utile più avanti.
––––––––
Con il denaro ricavato dalla vendita della barca saldai il conto della macchina e questo mi liberò definitivamente dal versare quattrocento dollari al mese, che
andarono a rimpolpare direttamente i risparmi. Saldai tutte le carte di credito. Ogni volta che avevo del denaro in più, lo trasferivo nei risparmi. Ad ogni pagamento sul conto bancario, dicevo a Kim quanto eravamo riusciti a risparmiare. Il risparmio di denaro e la crescita del conto in banca diventarono un'ossessione. Iniziai a vendere alcune cose, come gli attrezzi da lavoro e le canne da pesca.
––––––––
Tutto ciò portò a una nuova ossessione, il liberarsi delle cose. Iniziai a vendere tutto. Iniziai a donare oggetti a chiunque ne avesse bisogno, dal divano alle decorazioni di Natale. Donammo il divano alla Wicca bianca. Tra le vendite e le donazioni svuotai completamente il garage, prima pieno di cianfrusaglie. Kim mi stette semplicemente a guardare a fare avanti e indietro con le borse di beneficenza. Non le interessava dare via le sue cose, era totalmente concentrata a regolare i medicinali e continuare a fare stretching. L'esercizio non sembrava aiutarla davvero, ma ci convincemmo che era comunque un modo per prevenire un ulteriore peggioramento.
––––––––
In quel periodo ci apionammo di musiche tropicali. Avevamo questo sogno di vivere su un'isola tropicale ed era bello alimentarlo ascoltando canzoni che ricordavano la vita isolana. Ci aiutò davvero a tenere alto il morale. Forse fu proprio ascoltando una canzone sulle barche che mi venne in mente un'idea del tutto nuova: perché non vivere su una barca? Prima di sposarci, Kim e io abbiamo navigato su uno yacht nelle Isole Vergini Britanniche. È lì che le ho chiesto di sposarmi, la prima sera di navigazione. Per una settimana abbiamo navigato nel mare cristallino dei Caraibi, ando da un'isola tropicale all'altra. È stata la settimana più bella delle nostre vite.
––––––––
"Hey Kim" le dissi un giorno, "E se mollassi il lavoro e andassimo a vivere su una barca?". Lei mi guardò dritto negli occhi e disse: "Ci sto". Non potevo crederci. Pensavo che mi avrebbe dato del pazzo. Che Dio la benedica. C'erano un sacco di cose a cui pensare. La sua condizione non sembrava essere ottimale per la vita nautica ma, d'altra parte, avremmo potuto vivere con poco in posti caldi e soleggiati. Entrambi eravamo cresciuti a contatto con le barche e amavamo l'oceano. Eravamo uguali per molti aspetti, ma l'amore per il mare era la nostra più grande ione comune. In quel momento, la amavo più di quanto pensavo fosse possibile. Dovevo riuscire a rendere il sogno realtà, per lei.
––––––––
Alla mia lista di compiti, aggiunsi la ricerca sul vivere in barca. Feci ricerche sulle barche. Feci ricerche su posti in cui vivere con la barca. Imparai tutti gli aspetti tecnici della manutenzione e del funzionamento delle barche. Avevo già la licenza di capitano ed ero a conoscenza di molti aspetti della vita in mare. Dormivo solo quattro ore a notte. Leggevo così tanti libri e giornali e articoli su internet che sognavo ancore e verricelli. Iniziai a mostrare a Kim le barche che trovavo su internet. avamo ore a guardare barche, decidendo cosa ci pie e cosa no. Era un piacevole distrazione per entrambi.
––––––––
Andavo ancora al lavoro ogni giorno, ma non sembrava più così terribile. Dovevo risparmiare. Il lavoro era solo un mezzo per arrivare a uno scopo. Non mi dimenticavo mai del dolore di Kim, ma sentivo che stavo facendo qualcosa per aiutarla. Continuai a lavorare e a risparmiare. Continuai a badare a Kim e lei continuò a vivere. Non si arrese mai. Non aveva nessuna speranza a cui
aggrapparsi per sognare che le cose andassero meglio, ma si rifiutò di gettare la spugna. Era la mia eroina. Dubito davvero che io, nella sua stessa situazione, sarei stato in grado di gestirla come lei stava facendo. La sua forza mi sorprende ancora oggi.
––––––––
Alla fine ricevemmo la telefonata del Bulldog. Il nostro avvocato era lieto di annunciarci che avevamo vinto la causa contro il Grande Z. Le spese mediche di Kim sarebbero state ancora coperte e avremmo ricevuto un compenso per i danni subiti. Lasciate che vi spieghi la verità sul risarcimento ai lavoratori dello stato del Delaware. Non ci diventi ricco, non importa quanto grave sia il tuo infortunio. Le leggi del Delaware sono formulate per proteggere il capo quanto l'impiegato. Ad ogni parte del corpo è assegnato un valore economico. Supponiamo che, per esempio, si perda una gamba: ha un valore, diciamo centomila dollari. Se si perde mezza gamba, si avranno cinquantamila dollari, e così via. La commissione aveva stabilito che Kim aveva perso il cinquanta per cento dell'uso della gamba, quindi avremmo ricevuto un assegno. Al Bulldog ne sarebbe spettato un terzo. La cifra non era abbastanza, considerando quanto dolore e sofferenza aveva ato Kim, ma nessuno paga per queste cose.
––––––––
Eravamo sollevati che almeno questo capitolo della nostra triste vicenda fosse finito. Qualsiasi cosa potesse ridurre lo stress di Kim era ben accetto. Si sentiva scagionata nella sua battaglia contro il Grande Z. Era contenta che il Bulldog avesse battuto Il Cretino. Avremmo dovuto aspettare alcuni mesi per ricevere il denaro e questo certo non sarebbe servito ad alleviare il dolore, ma era comunque una vittoria. Tre urrà per Kim!
––––––––
Ora, avevo bisogno di analizzare seriamente e onestamente la nostra situazione finanziaria. Avevamo da parte un bel gruzzoletto, ma non abbastanza per vivere molto a lungo. Avevo anche una discreta somma nel mio fondo pensionistico, nel quale avevo versato molto denaro. Aggiungendo le due somme al compenso per i danni, il sogno sembrava quasi fattibile. Ci pensai bene e a lungo. Mi ci arrovellai il cervello. Buttare al vento la mia carriera e rischiare tutto non mi sembrava molto saggio. Poi pensai a Kim. Avevo iniziato ad essere ossessionato dal denaro per salvarla. Non si poteva tornare indietro.
––––––––
Avrei prelevato tutto il denaro, mi sarei liberato del resto della nostra roba e avrei portato Kim a vivere in barca in un paradiso tropicale. Era una cosa da pazzo, lo ammetto. Una volta presa la decisione, però, sentii di essermi tolto un grosso peso dalle spalle. Quando glielo dissi, lei ne fu felicissima. Ci abbracciammo e ridemmo e sorridemmo e ci godemmo un fugace momento di felicità, l'uno nella braccia dell'altra.
––––––––
Di lì a poco, la realtà si sarebbe insinuata di nuovo nei nostri sogni.
Spie a casa e in strada
––––––––
Vivevamo in una comunità piccola e privata, ben lontani dalla strada principale. Si usciva dalla strada statale, si imboccava la provinciale e, solo dopo aver percorso una strada non asfaltata, si arrivava a casa. Eravamo in un'area boschiva, lontana dalle luci della strada. L'isolamento fu un toccasana durante il periodo difficile di Kim. Non volevamo stare insieme alla gente, non volevamo nemmeno parlare troppo con i vicini. Volevamo solo essere lasciati in pace, sicuri nella nostra casa. Avevamo già troppi problemi nostri da risolvere.
––––––––
A un certo punto, Kim diventò paranoica e si disse convinta che qualcuno ci stesse spiando. Mi disse che, quando non ero a casa, poteva sentire occhi puntati su di lei. Sentiva come se qualcuno ci stesse seguendo, quando ci spostavamo da qualche parte. Ci scherzammo sopra. Ogni volta che ci trovavamo fuori da qualche parte e un piccolo aereo volava su di noi, dicevamo: "Ecco il Grande Z". Chiedemmo al Bulldog se quello che pensavamo fosse possibile e lei ci rispose che esisteva un'alta probabilità che gli investigatori stessero sorvegliando Kim, soprattutto se usciva di casa. Capisco perfettamente la necessità della sorveglianza in alcune situazioni. Tutti abbiamo visto video di un ragazzo che diceva di avere un problema alla schiena: il detective privato l'aveva filmato al lavoro, mentre trasportava tegole su per una scala. Esistono ormai troppi casi di persone che beneficiano di aiuti economici per la disabilità e nel frattempo si allenano addirittura per le arti marziali miste.
––––––––
Ma Kim? Odio ammetterlo, ma era una storpia. La sua infermità era stata provata davanti alla commissione tecnica per l'assicurazione contro gli infortuni. Poteva deambulare senza assistenza solo nei suoi giorni migliori, di solito subito dopo un'iniezione. Non avrebbe certo trasportato tegole su per una scala o partecipato a un combattimento di lì a poco. Il pensiero che il Grande Z avesse potuto ingaggiare delle spie per sorvegliarla sembrava assurdo. Non lo era.
––––––––
Più avanti, ricevemmo le copie dei verbali che gli investigatori avevano inviato al Grande Z. Avevano piazzato un uomo in una proprietà adiacente per spiare Kim. Avevano spesso ato otto ore al gelo, senza averla avvistata nemmeno per un secondo. A volte avevano registrato il fatto che Kim fosse uscita, si fosse seduta sul terrazzo, e fosse rientrata. Non l'avevano mai vista trasportare un carico di biancheria o tagliare l'erba o fare qualsiasi cosa per cui potessero pensare che stesse fingendo di essere malata. Avevano registrato anche le mie entrate e le mie uscite. Un uomo bianco sulla tarda quarantina è stato visto entrare nel vialetto d'accesso con una canoa nel retro di un pick-up bianco. (Era un kayak).
––––––––
L'intuizione di Kim, quindi, era esatta. Aveva la sensazione che fossero là fuori, e aveva ragione. Ve l'ho già detto che è una donna meravigliosa? Ora, però, il problema è che eravamo prigionieri nella nostra stessa casa. Non sapevamo mai se fossimo spiati. Tenemmo le tende sempre chiuse. Che cosa avevano visto prima che ci venisse segnalata la loro presenza? Tra tutti i problemi con cui Kim doveva fare i conti, questo era decisamente troppo. Era stata di nuovo offesa
dalle forze maligne del Grande Z.
––––––––
Più avanti, scoprimmo che ci seguivano anche quando uscivamo di casa. Ci seguivano al Walmart. Ci seguivano agli appuntamenti con i dottori. Ci pedinavano al McDonalds. Iniziammo a guardarci intorno con sospetto. Ogni macchina dietro di noi ci sembrava sospetta. Se pensavamo che ci stessero pedinando, cercavamo di disseminarli. Entravamo in una stazione di servizio o prendevamo una strada diversa dalla solita per tentare di far perdere le nostre tracce. Nei verbali successivi, l'investigatore ammetteva che spesso era costretto a interrompere l'inseguimento perché pensava che ci fossimo accorti di lui.
––––––––
Era tutto molto esasperante. Di certo non era d'aiuto per Kim. L'interesse principale del Grande Z era quello di smettere di pagare le spese mediche, non che lei guarisse. Avevo visto alcuni film sull'avidità e sull'ignoranza delle grandi compagnie assicurative, ma non avrei mai pensato che potesse succedere a noi. Chissà quanti soldi hanno buttato via per spiare una persona invalida. Fino a che punto si sarebbero spinti? Col tempo, l'avremmo scoperto. Il punto in cui arrivarono ci portò a un'importante svolta nelle vostre vite.
––––––––
Ora più che mai ero determinato a portare Kim molto, molto lontano. Il nostro piano di fuga l'avrebbe protetta dagli occhi indiscreti dei cecchini nascosti.
––––––––
Lo stress aggiunto della continua sorveglianza stava avendo un effetto negativo sul benessere di Kim. Niente di strano, dato che lo stress sembrava essere una delle maggiori cause scatenanti del suo dolore. Quando ci conoscemmo, era una donna di un metro e ottanta e pesava sessantaquattro chili. Era slanciata, ma tonica. Non aveva nemmeno un grammo di grasso. Ora, pesava meno di cinquantacinque chili. Le sue ossa iniziavano a sporgere dalla pelle. La sua pelle, una volta liscia, era ora piena di macchie e chiazze. Cominciò a perdere i capelli. I pochi rimasti erano sottili e sbiaditi.
––––––––
Si lavava ancora i denti e si spazzolava i capelli, ma non si prendeva più molta cura di sé stessa. Era costretta a indossare abiti leggeri e abbondanti. Vomitava ancora molte volte al giorno. Non vedeva il motivo per il quale truccarsi, se non quando doveva andare a un appuntamento con il dottore. Faceva davvero male vederla in quello stato. Quando parlavamo la sera, però, riuscivo ancora a vedere la donna che amavo dentro di lei. I suoi occhi si illuminavano ancora quando dicevo qualcosa di divertente o intelligente. Mi prestava attenzione, per quanto poteva. Mi ascoltava. Mi capiva. Continuammo a condividere il nostro sogno. Sono abbastanza convinto che fu quel sogno a tenerci uniti.
––––––––
Aveva bisogno di andare avanti, mentre io mettevo insieme tutti i pezzi. Le diede qualcosa verso cui guardare e sperare. Diede una nuova speranza anche a me. Vivere su una barca in un posto da sogno sembrava meraviglioso, ma non l'avrei
mai fatto senza la donna che amavo. Come prova finale del fatto che avrei portato a termine il piano, diedi al mio capo una nota in cui spiegavo che avrei lasciato il lavoro. Stabilii una rigida data di termine. Dissi a tutti quelli che conoscevo quali erano i nostri piani. Non potevo più tirarmi indietro.
––––––––
ammo quell'ultimo anno ad accumulare soldi come taccagni. Ci costringemmo a spogliarci di tutti i nostri averi. Kim seguì questo programma e scoprì quanto ci si potesse sentire liberi. Lo stavamo facendo veramente. Non sembrava vero, e invece stava accadendo.
––––––––
Ci furono persone che misero in dubbio le nostre idee. Qualcuno ci disse che eravamo degli stupidi. La maggior parte delle persone non capiva il motivo di fare una cosa del genere nelle condizioni di Kim. Molti di loro non hanno mai capito cosa le stava realmente succedendo con questa malattia di cui non avevano mai sentito parlare. Perse una cara amica, che le parlava alle spalle mettendo in dubbio quanto fosse malata in realtà. Kim lottava spesso contro queste maldicenze. Era difficile spiegare la sua malattia misteriosa. Quelle persone non vedevano ciò che lei doveva sopportare, dentro le nostre mura. Io lo vedevo. Altri amici invece ci fecero coraggio. Era tutto eccitante, ma molto incerto. Nonostante questa orribile malattia, nonostante tutto il dolore, era decisa a fare un salto della fede con me. Avremmo affrontato l'ignoto, insieme. Avremmo trovato un modo per alleviare il dolore. Ci stavamo trasferendo su una barca, in un posto da sogno.
Fare il salto
––––––––
Trascorremmo la nostra ultima notte a casa senza altro che un materasso gonfiabile. La macchina era caricata con le poche ultime cose rimaste, per la maggior parte vestiti. Avevamo detto addio alle persone care. Kim aveva medicine in abbondanza. Tutto quello che rimaneva da fare era andarsene via.
––––––––
Pochi giorni dopo il Natale del 2010, partimmo verso l'ignoto. Qualsiasi paura rimasta era sopraffatta dall'assoluto senso di libertà. Non avevamo debiti, lavoro e stress. Avevamo sempre la malattia di Kim, ma eravamo convinti che tutto si sarebbe sistemato. Non potete immaginare quale sollievo sia non avere alcun impegno. Per la prima volta dopo anni, eravamo pieni di speranza per il futuro. Non sospettavamo minimamente che ci fossero delle spie nascoste nei cespugli, mentre guidavamo sulla I-95 verso la Florida.
––––––––
Viaggiammo senza fretta, fermandoci spesso per permettere a Kim di fare stretching. Trascorremmo alcune notti in hotel. ammo alcuni giorni al sole di Cocoa Beach. Il 3 gennaio 2011, arrivammo a destinazione. C'era una barca che volevamo acquistare a Punta Gorda. Affittammo un appartamento in un condominio di lusso, completo di vasca idromassaggio. L'acquisto della barca non andò liscio come previsto e trascorremmo due mesi nell'appartamento prima
di poterci trasferire a bordo. La chiamammo Salto della fede.
––––––––
Ci trasferimmo il primo di marzo. Due mesi nel sole e nella vasca idromassaggio avevamo lievemente migliorato le condizioni di Kim. Nessuno avrebbe potuto notarlo, ma io sì. Ci fu un piccolo cambiamento nella sua indole. Stava ancora lottando contro il dolore, non mangiava molto e quando mandava giù qualche boccone spesso vomitava. Camminava un po' di più e meglio. Speravo che continuasse a migliorare.
––––––––
Una sera la portai fuori a cena in un bel ristorante sulle rive dell'oceano: Kim ordinò gli stone crab, una specialità della Florida. Prima che il piatto arrivasse a tavola, corse verso il bagno delle signore. Aveva talmente tanta nausea da non poter nemmeno assaggiare il granchio. Ci scusammo con la cameriera e portammo via le ordinazioni. Era chiaro che non eravamo ancora fuori dal tunnel.
––––––––
Il giorno dopo, mentre Kim dormiva, le preparai una omelette con il delizioso stone crab e un formaggio molto costoso. Divorò il tutto come un leone affamato. Disse che era stata la migliore omelette che avesse mai mangiato. Le risposi che doveva esserlo per forza, dato che era costata trentacinque dollari. Scoppiammo a ridere entrambi e lei riuscì a digerire la colazione. Sperai che non sarebbe diventata un'abitudine, perché non potevamo permetterci omelette da
trentacinque dollari ogni giorno. Ma se si fosse scoperto che le omelette di stone crab erano la cura per la RSD, allora sarei stato pronto a comprarne ad ogni pasto.
––––––––
Piano piano, ci adattammo alla vita a bordo. Kim voleva fare molto di più di quello che in realtà riusciva a fare. Voleva pulire e sistemare, come ogni donna vorrebbe fare in una casa nuova. Man mano che ci abituavamo alla vita sulla barca, realizzavamo che le dimensioni ridotte erano un vantaggio per Kim: tutto era a portata di pochi i e poteva appoggiarsi a sostegni in molti punti. Dopotutto, forse non era un'idea così stupida.
––––––––
Iniziammo a farci dei nuovi amici nel porticciolo ed erano tutti molto disponibili. Avevamo una piscina, spiagge a poca distanza e tanto sole. Mentre io lavoravo alla barca, Kim iniziò a socializzare con le altre signore. Ci godemmo gli happy hour con i nostri nuovi amici. Ogni sera, ci sedevamo e guardavamo il tramonto insieme.
––––––––
La vita era bella nel mondo di Kim ed Ed, ma non c'erano stati molti progressi nella cura della malattia. Soffriva ancora molto. Si sforzò molto per nascondere il dolore che provava ai nostri vicini e allo staff del porto, ma io lo notavo. Eravamo riusciti a fare il salto dalla nostra vecchia vita ad una nuova e soleggiata.
––––––––
Ora, era il momento di ritornare a combattere. Era il momento di mettere il trattamento di Kim al centro dell'attenzione. Eravamo sulla buona strada, ma non era ancora la fine.
Il Dottor Robot
––––––––
Prima di lasciare la nostra casa, avevamo individuato per Kim un altro dottore in Florida. Sarebbe stato il nostro quinto specialista in terapia del dolore. Sarebbe stato anche l'ultimo. Lo chiamerò Dottor Robot. Arrivò il giorno in cui fummo costretti ad andare al primo appuntamento e Kim divenne molto nervosa. Arrivati a quel punto, eravamo entrambi parecchio disgustati dai dottori in generale. Potevamo solo sperare che questo fosse differente.
––––––––
Quando arrivammo, a Kim venne chiesto di consegnare un campione di urina. Volevano essere sicuri che non stesse usando farmaci senza obbligo di prescrizione. Non li stava assumendo. Mentre aspettavamo i risultati delle analisi, Kim si precipitò in bagno, che si trovava proprio accanto alla sala d'attesa e alla sala infermieri. Potevamo sentire tutti cosa stava accadendo in quel bagno. La nausea l'aveva sopraffatta. Il suo malessere seguiva uno schema. Lo stress le aveva fatto male.
––––––––
Quando riemerse dal bagno, un'infermiera le si avvicinò e con un tono arrogante le disse: "Si sta tirando indietro?". Sogghignava e le guardava come se la considerasse una tossica. Kim le spiegò che tutte le pillole che assumeva la facevano stare male. Potevo vedere quanto fosse sorpresa dall'atteggiamento
dell'infermiera. Non aveva certo bisogno di quell'accusa, durante i primi minuti nello studio di un nuovo dottore. Questo non faceva ben presagire sulla nostra esperienza con il Dottor Robot.
––––––––
All'interno della sala visite, un'altra infermiera trattò Kim in modo molto gentile. Le misurò la pressione, che era molto alta. Fece altre misurazioni, raccolse informazioni sulla sua anamnesi. Le fornimmo una lista di tutti i farmaci che Kim stava assumendo al momento. Quando arrivò al Marinol, disse: "Oh no, noi qui non lo prescriviamo". Sistemò tutti i documenti in uno schedario e uscì dalla stanza. Ci guardammo negli occhi. Le cose non sembravano proprio iniziare col piede giusto.
––––––––
Alla fine arrivò il Dottor Robot. Ci fece alcune domande, visitò rapidamente Kim e iniziò a compilare le ricette. Non ci fu alcuna chiacchiera, nessun atteggiamento gentile, nessun sorriso o per lo meno un barlume di interesse. Cedette e consentì l'assunzione del Marinol. Fissò un'iniezione da lì a poche settimane. Il Dottor Robot ci informò che non avrebbe iniettato ketamina, ma solo steroidi. Facemmo spallucce e uscimmo per trovare una farmacia. "Bè, ha fatto proprio schifo", dissi. Kim non poteva essere più d'accordo. Non le piaceva il dottore. Non le piacevano le infermiere. Non era stata un'esperienza promettente.
––––––––
Travolti dall'entusiasmo per il trasferimento e l'acquisto della barca, avevamo dimenticato quanto potesse essere frustrante la medicina moderna. Fu un vero e proprio scontro con la realtà. Anche se avevamo fatto il salto, avevamo ancora un grosso problema. Non potevamo fuggire dalla malattia di Kim o dal suo dolore. Ci avrebbero seguito ovunque fossimo andati.
––––––––
Quando tornammo per la prima iniezione, le cose andarono bene. Il Dottor Robot non parlò molto. Non ci scambiammo convenevoli. Kim disse che, nella sala dell'iniezione, aveva messo su una musichetta. Fu delicato e non le fece molto male. Io non lo vidi. Ritornammo al porto senza scambiare molte parole. Parcheggiai la macchina e Kim aspettò seduta, mentre io andavo all'ufficio. Arrivò un caricatore su un golf cart e insieme la mettemmo seduta. La portò sul pontile fino alla nostra barca. Ci fu un breve momento di imbarazzo mentre la sollevavamo per adagiarla sul ponte. Il ragazzo mise le mani in alcuni punti sensibili, non per scelta ma per necessità. Non poteva fare altrimenti. Kim si sentì in imbarazzo per lui, non per sé stessa. Era stata palpeggiata centinaia di volte dai dottori negli ultimi anni. Non era un problema se un ragazzo le toccava il sedere aiutandola a salire in barca.
––––––––
Durante i mesi successivi, ripetemmo questa routine. Ogni volta che le venivano iniettati gli steroidi, chiamavamo il caricatore col golf cart e la portavamo in braccio sulla barca. Penso proprio che i ragazzi al porto abbiano discusso su chi dovesse aiutare l'adorabile Miss Kim. Dopo un po', le iniezioni iniziarono a fare il loro effetto. Non ci fu un cambiamento radicale, ma alleviarono il dolore per una settimana o due. Soffriva sempre di mal di stomaco, ma le pesanti fitte di dolore agonizzante erano meno frequenti. Qualunque miglioramento, non importa se piccolo o grande, era benvenuto.
––––––––
Il Dottor Robot non diventò più gentile col tempo. Ci lamentammo della continua nausea. Non gliene importò. Ci lamentammo della perdita di peso. Non gliene importò. Venite qui, prendete le ricette. Tornate tra due settimane per l'iniezione. Ricominciate da capo. Non eravamo nemmeno sicuri che si ricordasse di Kim, quando ci ripresentavamo. Una volta il Dottor Robot era assente, così parlammo dei nostri dubbi con il sostituto. Il dottore la ascoltò e le cambiò il narcotico da un derivato della morfina a qualcosa chiamato Nucynta. Quel farmaco aveva lo scopo di trattare dolori acuti. Presentava gli stessi effetti collaterali, inclusi nausea, vertigini, costipazione e sonnolenza ma, in teoria, erano meno forti. Le infermiere diventarono più amichevoli. Avendo capito che Kim non era una tossica, iniziarono a trattarla con più gentilezza. Una di loro sentì per caso una conversazione in cui Kim spiegava al Dottor Robot il problema della perdita di peso e le consigliò di preparare frullati facili da digerire. Seguimmo il suo consiglio e iniziammo a fare frullati. Le infermiere erano dispiaciute per Kim e a volte la guardavamo con pietà. Il Dottor Robot, invece, non vedeva di fronte a sé una persona: Kim era come un manichino a cui fare l'iniezione una volta al mese. Non era necessario provare empatia per un manichino.
––––––––
Più avanti, avremmo scoperto quanta poca empatia potesse provare.
Spie in Florida
––––––––
Leggendo il titolo del capitolo avrete pensato: "Non può essere". Invece sì. Il Grande Z aveva assoldato spie per seguire Kim in Florida. Quando lo scoprimmo rimanemmo di sasso. Pensavamo di esserci lasciato tutto ciò alle spalle. Avevamo intrapreso una nuova vita. La salute di Kim non era migliorata molto, ma almeno sembrava essersi stabilizzata. Ora, tutti i brutti ricordi e tutti i motivi di stress ci stavano di nuovo inondando come se una diga si fosse rotta. Era incredibile. Era davvero demoralizzante. Kim pianse per giorni. Il livello di dolore balzò di nuovo al massimo.
––––––––
Per prima cosa, le spie si erano appostate al porto. Si erano comportate come turisti con le macchine fotografiche e ci avevamo ritratti a bordo della barca. Ci avevano osservato da posti pubblici, in piena vista. Non sospettavamo minimamente che stesse succedendo tutto ciò. Le spie inviavano resoconti al Grande Z ogni qual volta Kim fe qualche sforzo fisico, non importava quanto piccolo. Guarda, Kim sta portando una borsa. Guarda, Kim sta piegando la biancheria. Rimandiamola a lavorare. Non le servono tutte queste costose cure mediche. Quelle costose cure mediche la stavano tenendo in vita. Forse, le stavano migliorando la qualità di vita. Al Grande Z non importava.
––––––––
Le paranoie di Kim ritornarono: ogni strana macchina nel parcheggio era un agente del Grande Z. Aveva ragione, di nuovo. Erano là fuori. La stavano guardando.
––––––––
Ci eravamo abituati a vivere sulla barca. Decidemmo di lasciare il porto per sfuggire alle spie. Rappresentava un grande o per noi e specialmente per Kim. Al porto avevamo scorte illimitate di acqua ed elettricità. Lontani dal porto, avremmo avuto serbatoi d'acqua e un generatore. Le cose sarebbero cambiate. La vita sarebbe stata più dura. Per arrivare alla spiaggia avremmo dovuto utilizzare un gommone. Kim aveva difficoltà a salire e scendere dal gommone. La vita sarebbe stata più spartana e meno lussuosa. Noi stessi l'avremmo resa più dura, in qualche modo. Ancora una volta, Kim disse: "Ci sto". È davvero meravigliosa.
––––––––
Dovevamo procedere a piccoli i. Lasciammo il porticciolo ma attraccammo lì vicino, davanti a un parco. Ci saremmo abituati alla vita in mare, a vivere dove calavamo l'ancora e a salpare per luoghi sconosciuti. Iniziammo a compiere brevi tragitti lungo la costa e ad attraccare nelle piccole isole di fronte ad essa. Tornavamo alla postazione di fronte al parco per fare provviste e andare agli appuntamenti con il dottore. Ad ogni viaggio ci allontanavamo sempre di più, per abituarci alla vita lontana dal porto.
––––––––
Il Grande Z ci spiava dal parco quando attraccavamo. Scattarono foto di Kim seduta sul retro della barca, con indosso il suo accappatoio. La filmarono seduta a bordo del gommone. La filmarono mentre camminava verso la macchina. Non lo scoprimmo subito, ma più tardi. Se l'avessimo saputo, saremmo scomparsi per sempre. Avremmo lasciato la città senza lasciare traccia e non saremmo tornati mai più.
––––––––
Ora, se guardo indietro e penso che eravamo spiati, mi sale la rabbia. La sorveglianza a cui eravamo sottoposti era una incredibile violazione della privacy. Pensi che il Grande Fratello ci stia guardando? Il Grande Z ci sta guardando, e tanto. A quanto ne sapevamo, il Grande Z ci stava guardando mangiare, dormire, leggere, abbracciarci e baciarci. I loro teleobiettivi potevano probabilmente vedere il titolo del libro che stavamo leggendo.
––––––––
Eravamo animali da zoo, per chissà quale tipo di pervertiti. Anche se non ne eravamo a conoscenza, almeno all'inizio, le nostre vite non erano più solo nostre, le stavamo condividendo con il Grande Z. Avevano per caso anche foto di noi sotto la doccia?
––––––––
Kim stava affrontando con coraggio la vita in mare. Non era disturbata dal poco spazio o dal fatto di non poter toccare terra. Non era propriamente attiva. La maggior parte del tempo lo trascorreva seduta a leggere o fare le parole crociate.
Posso immaginare che non fosse molto eccitante per i nostri guardoni. Ero io a sbarcare sulla terraferma, la maggior parte delle volte. Salivo sul gommone e andavo al negozio di alimentari o portavo via la spazzatura. Per andare agli appuntamenti con il dottore, la facevo scendere con attenzione dalla barca sul gommone, poi guidavo con prudenza fino alla spiaggia e di nuovo la aiutavo a scendere. La sostenevo fino a un terreno più solido, dopodiché riusciva a fare qualche o da sola.
––––––––
Le spie stavano probabilmente impazzendo. Stavano facendo la sorveglianza più noiosa del mondo. Alla fine si stancarono di attendere che succedesse qualcosa, perciò agirono per conto proprio.
Video falsificati
––––––––
Non sapevo se per colpa delle spie, qualcuno del Grande Z, o qualcun altro affiliato al Cretino, ma vennero presentati video modificati. Erano riusciti a tagliare tutto ciò che poteva essere dannoso alla loro causa e a presentare un video con molte riprese di Kim in atteggiamenti "normali".
––––––––
Eliminarono il filmato in cui adagiavo Kim sul gommone. Eliminarono la parte in cui la sollevavo per farla scendere dal gommone. Omisero le immagini di lei che arrancava sul molo, appoggiata a me con un braccio e al corrimano con l'altro. Mostrarono il filmato di lei che camminava nel parcheggio, ma non la parte in cui si era dovuta fermare per riposarsi a metà di un tragitto di cinquanta metri.
––––––––
In altri casi, tagliarono l'immagine di lei seduta per terra, con le gambe strette al petto, ad aspettare che lo spasmo provocato dalla camminata asse. Non mostrarono alcune delle dozzine di volte in cui aveva vomitato in un sacchetto o sul fianco della macchina. Ovviamente, non avevano mostrato quella volta in cui cadde rovinosamente mentre tentava di salire sul gommone. Avevano solo parecchi minuti di riprese di lei che camminava, in giorni e luoghi diversi, di lei che se ne stava seduta sul gommone mentre io guidavo con calma. Era tutto
molto noioso ed appariva normale. Riuscirono a far sembrare Kim una persona sana, omettendo qualsiasi cosa potesse dimostrare il contrario. Fu davvero meschino.
––––––––
Il Bulldog ci chiamò per darci la notizia. Il Cretino aveva presentato, per conto del Grande Z, un'istanza per interrompere il pagamento delle spese mediche future. Di fatto, i pagamenti per trattamenti o farmaci venivano sospesi nell'immediato, in attesa di una nuova udienza. Il Bulldog aveva visto i video e aveva ammesso che sembrava essere tutto a posto. Io non li avevo visti e quindi non potevo controbattere. Ero fuori di me. Avrei dovuto dire tutto a Kim e sapevo bene che effetto avrebbe avuto la notizia su di lei.
––––––––
Andò proprio come mi aspettavo. Kim scoppiò a piangere. Fu un duro colpo per lei. Si accasciò sul pavimento e iniziò a singhiozzare. Sarebbe accaduto tra qualche settimana o tra qualche mese, ma presto saremmo dovuti tornare nel Delaware per altre visite. Non potevamo recarci alle visite, avere le iniezioni o le ricette se non pagando di tasca nostra. Ogni farmaco costava alcune migliaia di dollari al mese, così come le iniezioni. Saremmo finiti sul lastrico in pochi mesi. E poi cosa?
––––––––
Ero scioccato. Ancora una volta, non sapevo cosa dire o cosa fare. Avrei voluto stringere forte Kim e dirle che tutto sarebbe andato per il meglio, ma non ne ero
convinto nemmeno io. Così la abbracciai in silenzio. Quando iniziò a calmarsi, mi chiese: "Cosa faremo?". Tutto ciò a cui riuscivo a pensare era scappare via. "Leviamo l'ancora e andiamocene per un po'". Era già tardi per partire per il nostro punto di ancoraggio preferito, quindi iniziai immediatamente a fare i preparativi. Non le diedi il tempo di pensarci su.
––––––––
Levammo l'ancora e salpammo. Il telefono squillò per tutte le quattro ore del viaggio. Il Bulldog era sul pezzo. Kim si arrabbiò invece di intristirsi e parlò al telefono con un tono deciso. Non parlò con voce tremante, né edulcorò i suoi sentimenti. Il nostro avvocato ci riferì di un sistema statale che avrebbe coperto le spese mediche fino alla prossima udienza. Se avessimo vinto, il Grande Z avrebbe dovuto saldare i conti. Se avessimo perso, non avremmo dovuto ripagarli. Le pillole sarebbero arrivate via posta, senza alcun bisogno della visita del dottore. Kim prese accordi per far arrivare le medicine a casa di un'amica.
––––––––
Dopo parecchie chiamate, Kim disse al Bulldog che non volevano essere disturbati per alcune settimane. Non ci chiami, la contatteremo noi. Ci saremmo disconnessi dal mondo per un po'. Era già buio quando entrammo a Pelican Bay. Avevamo ammirato uno splendido tramonto sul Golfo del Messico un'ora prima. Calammo l'ancora e ci sedemmo sul retro della barca. Non c'era rumore di traffico, telefono, sirene: non c'era alcun rumore. Si sentiva solo lo sciabordio dell'acqua sullo scafo. Sedemmo in silenzio. Di tanto in tanto, Kim faceva un sospiro.
––––––––
Non era un silenzio imbarazzante. Era un silenzio voluto. Era terapeutico. Fuggire via non era proprio la soluzione migliore ai problemi della vita, ma in quel momento sembrava la migliore alternativa. Ce ne saremmo occupati prima o poi, ma gli avvocati avrebbero dovuto aspettare.
––––––––
Quella notte, Kim dormì. Dormì fino alla mattina seguente. Dormì addirittura fino al pomeriggio. Controllai che stesse respirando, visto che stava dormendo così a lungo. Per molti anni non aveva dormito più di poche ore a notte, e sempre di un sonno agitato. Quella notte, dormì come un ghiro. Non tossiva né si rigirava. Era immobile. Non sapevo se fosse esausta per i nostri recenti guai o rilassata perché ci trovavamo in un paradiso.
––––––––
Le settimane seguenti furono come un sogno ad occhi aperti. Portai Kim sulla spiaggia ogni volta che se la sentiva. Ci sedevamo nelle nostre sdraio e ammiravamo il Golfo. Lasciavamo che le onde ci cullassero in una dolce beatitudine. Kim leggeva, dormiva fino a tardi e iniziò persino a mangiare meglio. Iniziai ad avventurarmi nei dintorni mentre lei dormiva. Pescai molto. Senza offesa per Kim, ma era bello avere qualche ora tutta per me, ogni tanto. Mi permetteva di chiarirmi le idee. Quando tornavo alla barca, facevamo colazione e andavamo alla spiaggia. Guardavamo il tramonto insieme ogni sera. Lontani dalle luci della città, ammiravamo milioni di stelle nella notte.
––––––––
Aspettai il momento giusto e decisi infine di affrontare l'argomento di un nostro eventuale ritorno ad avvocati, farmaci e soldi. Odiava l'idea di tornare indietro e di doversi confrontare con quella difficile situazione, ma disse sì, cerchiamo di chiuderla una volta per tutte.
––––––––
Chiamammo il Bulldog. Dovevamo prenotare un volo, noleggiare un'auto e soggiornare in un hotel. Le spese di Kim sarebbero state rimborsate, ma non le mie. Kim non poteva di certo viaggiare da sola, così chiesi di coprire almeno le spese per il mio volo e alla fine acconsentirono.
––––––––
Doveva essere visitata dallo stesso dottore "indipendente" che l'aveva vista prima della prima udienza. Poi avrebbe dovuto sottoporsi a un test di valutazione delle capacità, della durata di alcune ore. Entrambi gli appuntamenti erano fissati per lo stesso giorno. Kim avrebbe dovuto viaggiare la notte prima e tornare in Florida il giorno dopo, dopo i due esami. Sapevo che per lei era impossibile. Avrei trovato una soluzione.
––––––––
Temevamo entrambi ciò che stava per succedere, ma Kim era determinata ad essere forte. Sarebbe tornata e si sarebbe sottoposta agli esami. Sapeva che la sua disabilità era reale. Se comprovarla significava provare altro dolore, allora
andava bene così.
False dichiarazioni
––––––––
Volammo a Baltimora di notte. Era una bella camminata dall'aeroporto alla macchina a noleggio, perciò presi una sedia a rotelle per Kim. Guidammo per più di un'ora per arrivare al Radisson fatiscente dove avevano deciso di farci alloggiare. Sapevamo di essere sorvegliati, o per lo meno pensavamo di esserlo. Al momento del check in, Kim era stanca morta. Il tragitto per l'aeroporto in Florida, il volo, l'ora di macchina verso l'hotel, tutto ciò era dieci volte tanto l'attività che era abituata a fare.
––––––––
Quando la svegliai la mattina dopo, il suo livello di dolore era aumentato. Sarebbe stata una lunga giornata. Sbocconcellammo qualche muffin dal sapore indecifrabile offerto come colazione continentale, poi ci recammo al primo appuntamento.
––––––––
Il dottore non ci era piaciuto sin dalla prima volta che l'avevamo visto. Era palese che fosse un imbonitore pagato dalla compagnia di assicurazioni. Si era ritrovato in grossa difficoltà durante la prima udienza e il Bulldog l'aveva fatto sembrare uno scemo. Ce l'aveva con noi. La sua visita fu inutile. Ci fece delle domande, ma era chiaro dai suoi gesti che non credeva alle nostre risposte. Ci fece l'onore di farci sprecare qualche minuto del suo prezioso tempo, dopodiché
riferì al Grande Z quanto Kim fosse in salute.
––––––––
Avevamo affrontato uno dei due appuntamenti, ma non eravamo affatto contenti di come stessero andando le cose. Dovevamo aspettare un'ora prima dell'altro appuntamento. Kim era agitata e a disagio. Guidammo per un quartiere poco raccomandabile in cerca dell'altro dottore. Lo trovammo in un minuscolo negozio sulla strada, accanto a un compro oro e al monte dei pegni. Non sto scherzando.
––––––––
Il dottore portò Kim in una stanza che era per metà una palestra e per metà un'officina. Ci spiegò che Kim avrebbe dovuto compiere dei gesti di difficoltà sempre più crescente. Poteva fermarsi ogni volta che sentiva di non farcela più. Non mi era permesso aiutarla, in nessun momento e per nessuna ragione. Non potevo toccarla. Quando il dottore le concesse una pausa, le presi il braccio per aiutarla ad alzarsi, ma il dottore mi rimproverò.
––––––––
Diede a Kim una cassa di latte e le disse di appoggiarla sul tavolo. Lei lo fece. Poi aggiunse del peso alla cassa. Continuò ad aggiungerlo finché Kim non fu più in grado di sollevarla. La fece camminare all'indietro e strisciare sul pavimento. La fece stare su una gamba sola e lei ci riuscì con la gamba buona, ma non con la piccola gamba. Kim iniziò a demoralizzarsi.
––––––––
Scoppiò in lacrime e non riuscì a completare i gesti più semplici, che faceva normalmente ogni giorno. Il dottore le chiese di salire su una scala. Lei si rifiutò. Era rossa in faccia ed era sudata. Tentai di intervenire ma venni di nuovo rimproverato. Le cose non stavano andando bene. Kim fece solo sforzi minimi per completare gli altri esercizi e alla fine si arrese. Non ce la faceva più. Si sentiva umiliata. Uscimmo dallo studio.
––––––––
Saremmo dovuti tornare al Radisson, invece guidammo per un'ora verso sud, controllando che non ci fossero spie. Una volta sicuri di non essere seguiti, andammo in un altro hotel per la notte. Saremmo ripartiti il giorno dopo, dopo un po' di riposo. Avevamo ancora molta strada da fare prima di risalire sulla Salto della fede.
––––––––
Parlammo col nostro avvocato e ci disse che era tutto a posto, tranne una cosa. Il Dottor Robot si rifiutava di dare la sua testimonianza. L'avevamo pregato molte volte, ma aveva sempre rimandato. Tutto ciò di cui avevamo bisogno era che dicesse che i trattamenti erano necessari dal punto di vista medico. Il Bulldog ci aveva assicurato che se il dottore avesse messo queste parole nero su bianco, allora non avremmo più avuto problemi. Dato che il dottore si trovava in un altro Stato, non era obbligato dalla legge a fornire la testimonianza. Il fatto che non avesse un minino di comione era tutt'altra cosa.
––––––––
Il Bulldog ci aveva inoltre avvertito che senza la deposizione del medico curante avremmo perso la causa. Il Dottor Robot era l'unico dottore che avevamo e non voleva aiutarci. Tornammo in Florida col morale a terra. L'intero viaggio si era rivelato un disastro. I miglioramenti di Kim sotto il sole erano stati spazzati via e, come se tutto ciò non fosse già abbastanza, c'erano altri guai all'orizzonte.
––––––––
Odiavamo più che mai avvocati e dottori. Cercammo di prendere appuntamento con il nostro caro vecchio amico, lo Stregone. Ci assicurò che avrebbe visitato Kim, le avrebbe fatto l'iniezione e avrebbe scritto la sua testimonianza. Ci disse che la Wicca si sarebbe occupata di tutto.
––––––––
ò molto, troppo tempo, e dalla Wicca nessuna notizia. Chiamammo molte volte e riuscimmo a ottenere solo vaghe risposte dalla nuova assistente. Ad un certo punto pensammo di avere davvero un appuntamento, lei doveva solo confermarlo: non lo confermò mai. Non potevamo prenotare i biglietti senza avere una data precisa. Chiamammo di nuovo e lasciammo molti messaggi. Chiamò persino il Bulldog. La Wicca non ci richiamò. Le avevamo donato il nostro divano preferito e lei ci aveva deluso. Quando avevamo bisogno di lei, lei non c'era.
––––––––
Non avevamo molto tempo e i giudici stavano per prendere una decisione sul destino di Kim senza alcuna testimonianza di un medico professionista a suo favore. Quello che non sapevamo, è che i due medici incontrati in quell'orribile viaggio avrebbero fatto false dichiarazioni. Avevano visto i video falsificati ed erano concordi nell'affermare che Kim stesse fingendo di essere malata prima ancora di visitarla. Le visite erano state del tutto fasulle. Si erano già fatti un'idea, grazie a un generoso assegno da parte del Grande Z.
––––––––
Era una situazione senza speranza. Avevamo perso. Non ci sarebbero state più medicine, iniezioni e cure per Kim. Non posso descrivere a parole quanto fossimo avviliti. Ogni volta che veniva buttata giù, Kim trovava sempre il modo di rialzarsi. Non riuscivo a capire come ce l'avrebbe fatta questa volta. Avevo paura per lei. Temevo che si sarebbe arresa. Temevo per il suo cuore e per la sua anima. Temevo per la sua vita.
Andare avanti
––––––––
Non avevamo altra scelta che andare avanti. Kim aveva appena ricevuto la sua scorta di medicine. Immaginammo che l'azienda che ce le spediva via posta non era stata informata del fatto che non avevamo più diritto a riceverle. Inviammo un altro ordine, anche se avevamo già a disposizione una scorta di tre mesi. Quando l'ordine arrivò, avevamo a disposizione quasi sei mesi di medicinali.
––––––––
Non dovevamo andare alle visite coi dottori, non avevamo impegni. Non sapevamo dove andare, ma di certo non avremmo attraccato di fronte al solito parco. Era arrivato il momento di andarsene. Caricammo la barca con tutto il cibo, l'alcool e le provviste che riuscimmo a sistemare. Tornammo nel nostro piccolo paradiso a Pelican Bay, con l'intenzione di restarci per mesi.
––––––––
In realtà, era un sollievo non dover più avere a che fare con avvocati e dottori. Avevamo perso, ma non avevamo più motivo di combattere. Tutto ciò di cui dovevamo preoccuparci era la nostra barca e noi due. Avevamo ancora del denaro in banca. Ci saremmo ritirati dalla società e non ci saremmo guardati indietro. Riguardo le pillole per Kim, non avevamo un vero e proprio piano. Sarebbero ati molti mesi prima che la scorta si fosse esaurita. Capisco che non cercare un modo per continuare il trattamento può sembrare da
irresponsabili, ma eravamo sconfitti. Desideravamo solo navigare verso il tramonto. Volevamo solo ritornare a quelle poche settimane in cui eravamo felici e in cui tutto nel nostro mondo era perfetto. Il resto del mondo poteva benissimo andare avanti senza di noi. Non volevamo averci più nulla a che fare.
––––––––
Ritrovammo il nostro posto idilliaco così come l'avevamo lasciato, bello, calmo e ben protetto. Posizionammo la nostra casa nel punto che più ci piaceva da sempre. Ci vollero alcune settimane, ma Kim iniziò a dormire dodici ore e più a notte. Negli ultimi mesi aveva perso peso molto in fretta. Era già esageratamente magra, ma in quel periodo scese a quarantasette chili. Era alta un metro e ottanta. Era una campagna anti-anoressia vivente. Le sue costole erano ormai ben visibili. Le sue braccia erano simili a ramoscelli. I suoi capelli erano talmente sottili che credevo che presto sarebbe diventata calva. Iniziò ad indossare un cappellino da baseball per coprirli. Viveva solamente di yogurt e snack alla frutta. A volte vomitava persino lo yogurt.
––––––––
Ignorammo tutto ciò. Ritornammo alla vecchia routine. La lasciavo dormire fino al pomeriggio mentre io andavo a pesca o a esplorare i dintorni. Mangiavamo la colazione come pranzo e andavamo sulla spiaggia. Col tempo, Kim iniziò a camminare per brevi tratti sulla spiaggia. Iniziò ad interessarsi alle conchiglie e a raccoglierle. Se un giorno non riusciva a camminare, le raccoglievo io per lei.
––––––––
Un giorno scoprimmo Sand Dollar Beach. La marea era molto bassa e si poteva camminare sulla barra di sabbia: insieme, Kim e io raccogliemmo più di cento dollari di sabbia. Eravamo felici come bambini: che tesoro avevamo trovato! Iniziammo a vivere di piaceri semplici. Non mi stancai mai di bere il mio caffè all'alba, ammirando i delfini. Non ci perdemmo mai un tramonto. Conchiglie e dollari di sabbia erano come monete d'oro per noi.
––––––––
Seppur in modo graduale, Kim stava migliorando. Finalmente libera dalla moltitudine di stress che l'aveva perseguitata negli ultimi quattro anni, iniziò a ritrovare di nuovo sé stessa. Si sentiva pian piano più forte. Il dolore era sempre presente, ma la sua abilità di alzarsi e camminare, di godere della spiaggia e dei nostri semplici piaceri stava aumentando.
––––––––
Un giorno eravamo sulla spiaggia, quando a un certo punto si voltò verso di me e disse: "Ridurrò un poco la quantità di pillole per risparmiare sulla scorta". Le risposi che era una sua libera scelta, se sentiva che ce l'avrebbe fatta, allora era fantastico. Ridusse immediatamente l'assunzione di Nucynta da tre volte al giorno a due volte al giorno. Notammo subito la differenza. Allo scadere delle otto ore, quando di solito assumeva l'altra pillola, Kim iniziava a sentirsi male. Rimaneva dolorante per altre quattro ore, quando poi assumeva l'altra pillola. Prendeva una pillola al mattino e una la notte prima di andare a dormire perciò, arrivata la sera, era molto dolorante.
––––––––
Fu allora che scoprimmo le proprietà antidolorifiche del rum. Anche in questo caso, non sto scherzando. Se il dolore diventava troppo forte da sopportare, iniziavamo a bere shot di rum. Dopo pochi shot, il dolore era sotto controllo. Kim affermava con enfasi che tra tutti i farmaci che aveva assunto, il rum era quello che funzionava meglio per il controllo del dolore. Diventammo apionati di rum. Ogni sera alle sei ne bevevamo uno shot. Continuavamo così ogni mezz'ora, finché non ci addormentavamo. Potevamo esserci scolati sei shot o otto: andavamo entrambi a dormire senza sentire alcun dolore.
––––––––
Feci alcune ricerche, come mio solito, e scoprii che il rum era da tempo considerato positivo per la salute, poiché contribuiva ad abbassare la pressione e a ridurre lo stress. Noi eravamo molto interessati a ridurre lo stress.
––––––––
Molti studi avevano dimostrato che quantità moderate di rum abbassano il rischio di malattia renale, linfoma non Hodgkin e cancro alla tiroide. Bere rum è spesso associato alla longevità, forse anche grazie a una minore incidenza di malattia coronarica. Riduzione di ansia e riduzione dei fattori di rischio di Alzheimer e demenza sono altri benefici del bere rum. La maggior parte delle volte superavamo il limite considerato "moderato", ma di certo sembrava aiutarci.
––––––––
Ho dimenticato di parlare del Baclofen, un rilassatore muscolare. Alla fine Kim
ridusse l'assunzione di questo farmaco da tre volte al giorno a due volte al giorno. L'obiettivo, in origine, era quello di risparmiare le pillole in modo da far durare più a lungo la scorta. Il rilassatore muscolare la aiutava a prevenire crampi e spasmi alla gamba. All'inizio gli spasmi ritornarono, vista la quantità ridotta di farmaco, ma alla fine diminuirono. Ce la stava facendo e stava andando avanti ogni giorno con un narcotico e un rilassatore muscolare in meno. Continuò così per diversi mesi. Alla fine si sentiva bene, anche se aveva diminuito le dosi.
––––––––
Stavamo diventando adoratori del sole e drogati di spiaggia. I nostri viaggi alla spiaggia erano tanto importanti quanto le medicine di Kim. Se il tempo era brutto e non potevamo andare alla spiaggia per alcuni giorni, Kim soffriva di astinenza da spiaggia. Il suo posto felice era su quella sedia a Sand Dollar Beach. Le sue camminate divennero più frequenti e un poco più lunghe. Iniziò ad avventurarsi nel Golfo e a galleggiare nell'acqua tiepida.
––––––––
Fu un cambiamento molto graduale, tanto che se non fossi rimasto con lei ogni minuto di ogni giorno non l'avrei visto. Vivevamo per la spiaggia. La barca e la nostra nuova vita in questo posto speciale stavano facendo miracoli per Kim. La sua aura cambiò, se può avere senso. Sorrideva di più. Rideva di più. La sua pelle divenne più liscia, abbronzata e luminosa. Era ancora debole e magra. Doveva fare i conti col dolore ogni giorno. I suoi capelli erano sempre più radi, ma il suo atteggiamento iniziò a cambiare. Nei momenti in cui il dolore era più sopportabile riusciva a godersi l'attimo. Riuscivamo ad avere conversazioni logiche e sensate, la sua mente si stava schiarendo. Non avevamo altro obiettivo nella vita che il suo continuo miglioramento. Non avevamo bollette da pagare. Nessun lavoro. Non eravamo in debito con nessuno. Non c'erano dottori o avvocati lì. Ci eravamo lasciati il mondo alle spalle ed esistevamo solo l'uno per
l'altra.
––––––––
Decidemmo di allargare i nostri orizzonti e di viaggiare verso nuovi posti. Calammo l'ancora a Sanibel Island, vicino al Ding Darling Wildlife Refuge. Eravamo l'unica barca in vista. Era un posto panoramico e bellissimo. Quando avevamo bisogno di fare scorte, attraccavamo a Fort Myers Beach. Non avevamo intenzione di ritornare dove le spie erano in agguato. Nessuno sapeva dove fossimo ora. A Fort Myers Beach potevamo andare col gommone direttamente al negozio di alimentari e ad ammirare i ristoranti sul mare. La spiaggia era poco distante, con molti posti dove potersi fermare e riposare se necessario.
––––––––
Con la barca di nuovo piena di provviste, la spazzatura buttata e la tanica d'acqua riempita, ritornammo a Pelican Bay con la consapevolezza di poter resistere per un mese o più prima di ritoccare terra. Ci stavamo abituando all'isolamento. Ci piaceva non avere intorno altra gente. Era il nostro piccolo mondo, solo noi due a riposare tranquilli nel nostro paradiso. Mi sembrava che il riposo e l'assenza di negatività stessero facendo bene a Kim. I cambiamenti erano infinitesimali, ma c'erano.
––––––––
Era riuscita a ridurre l'assunzione di pillole senza gravi conseguenze: la sua condizione non peggiorò. Riusciva a camminare da sola per la maggior parte del
tempo anche se, se esagerava, poi ne pagava le conseguenze. Non usava più il bastone. Ne provava imbarazzo, non lo utilizzava in luoghi pubblici e faceva molti sforzi per camminare con un'andatura normale quando le persone che conosceva la guardavano. In me nacque un barlume di ottimismo per il futuro. Non sapevamo ancora cosa avremmo fatto una volta che le pillole si fossero esaurite. Non volevamo pensarci. Volevamo perderci nella nostra estate infinita, trascorrendo così il resto dei nostri giorni.
––––––––
A poco a poco, Kim iniziò a mangiare di più. Non sempre riusciva a non rigettare, ma faceva molti sforzi per assumere più calorie. Le scattai una foto in bikini sulla spiaggia. Poteva vedere le sue ossa sporgere. Poteva contare le sue costole. Aveva la pancia leggermente gonfia, come i bambini che muoiono di fame in Africa. Era scesa a quarantasei chili. Diciotto chili era spariti dalla sua figura un tempo sana e sexy. Sembrava davvero in punto di morte, ma dentro era viva. I suoi occhi erano sereni e le sua mente lucida.
––––––––
Quando riuscì a rimettere su qualche chilo, fummo entusiasti. Era per caso questo il punto di svolta che stavamo aspettando? Convenimmo entrambi che la sua condizione sembrava essersi stabilizzata. Non avevamo un dottore al quale chiedere una consulenza, ma quale aiuto ci avevano mai dato? Diventammo noi i nostri stessi dottori. Decidemmo cosa fosse giusto o sbagliato per Kim senza alcun contributo di professionisti. Se un piatto o un'attività in particolare la facevano sentire meglio, allora cucinavo quel piatto o facevamo quella particolare attività. Se qualcosa la faceva stare peggio, allora veniva eliminata.
––––––––
Eravamo in armonia con la condizione fisica del momento e con i sintomi, giorno per giorno. Ogni mattina le chiedevo come si sentiva. Come va la gamba? Hai dormito bene? Come va lo stomaco? Hai fame? Lei mi rispondeva sinceramente. Decidevamo insieme il prossimo o da compiere o cosa fare quel giorno, in base al suo stare bene o male. Era come se avesse a disposizione il suo infermiere personale ventiquattro ore al giorno. Ripetevamo la stessa procedura tutte le sere. La camminata sulla spiaggia di oggi ti ha fatto troppo male? Magari domani ci siederemo e basta, invece che camminare. Ci venne in mente come il Dottor Sergente Istruttore avesse proibito a Kim di camminare nella sabbia: diceva che le avrebbe causato problemi e che non era una cosa appropriata da fare nella sua condizione. A quanto pare, stavamo provando il contrario.
––––––––
L'abbronzatura aveva cancellato macchie e chiazze dalla sua pelle. Anche se era ancora debole e magra, aveva un colorito più sano. Penso che questo abbia aiutato in qualche modo la sua autostima: nessuna donna desidera avere chiazze antiestetiche e strane macchie sulla pelle. Indossava il cappello da baseball ogni giorno e le dissi che le donne col cappello da baseball mi erano sempre piaciute. All'inizio indossava il mio, ma poi ne comprammo uno tutto suo, più femminile.
––––––––
Ci stavamo adattando ai suoi limiti. A parte il dolore, ci stavamo godendo questa vita. Era davvero un sollievo essere lontani dai dottori e dallo stress. Kim non entrò più nel forum dedicato alle persone che soffrivano di RSD perché, diceva, erano tutte molto negative e raccontavano solo storie tristi. Nessuno di loro aveva trovato sollievo al dolore o parlava di un nuovo metodo di trattamento che li stesse aiutando. Abbandonammo anche l'idea di andare a Tampa per i
trattamenti con la ketamina: l'ospedale era l'ultimo dei posti in cui Kim volesse stare, circondata da dottori che le conficcavano aghi nel corpo. Pensammo fosse più logico continuare a fare quello che stavamo facendo, che fosse giusto o sbagliato. Sembrava funzionare per lei. Il progresso era molto lento, ma era un o nella giusta direzione.
––––––––
Kim mise su mezzo chilo al mese, finché non raggiunse i cinquantadue chili. Le sue costole erano meno visibili e si sentiva più forte. Compiemmo altri viaggi in barca lungo la costa ovest della Florida ed eravamo entrambi molto più a nostro agio nel condurre la barca e nel navigare. Decidemmo di partire per un viaggio più lungo. Ancora una volta, non avevamo una vera meta, potevamo andare ovunque volessimo.
––––––––
Nel maggio del 2012, quasi quattro anni dopo l'incidente, ci dirigemmo con la Salto della fede a sud, verso le isole Keys. Lasciammo Fort Meyers Beach per approdare a Marco Island e ci godemmo la nostra prima traversata in mare aperto. Quel giorno, l'acqua era molto calma e di un blu intenso. Kim non mi riferì alcun dolore durante il nostro viaggio di sei ore. Levammo l'ancora il giorno dopo e facemmo l'inchino alle Everglades: dieci ore dopo, approdammo in un'ansa protetta, mentre stava per scatenarsi una tempesta. La tempesta continuò per alcuni giorni. Non c'era segnale telefonico o rete internet. Non c'era modo di sbarcare sulla terra, in mezzo alle isole paludose ricoperte di mangrovie. Le zanzare erano insopportabili. Ci chiudemmo in barca per sei giorni. Kim non era per niente contenta.
––––––––
Il settimo giorno, disse che ne saremmo andati, a qualsiasi costo. "Portami via da qui!", disse. "Non mi importa se non riusciremo mai ad arrivare alle Keys, ma non posso stare qui un altro giorno". Levammo l'ancora prima dell'alba e ci avventurammo nel Golfo. Non sarebbe stato facile, ma ce l'avremmo fatta. Attraversammo Florida Bay con il mare peggiore che avessi mai visto. All'inizio Kim era tesa e avevo paura che il movimento della barca avrebbe dato il via al dolore. Si sistemò sulla sedia e giocò con l'iPad, ignorando il movimento disarcionante della barca. Non fu esattamente un viaggio di piacere, ma alla fine riuscimmo ad arrivare a Marathon e a Boot Key Harbor.
––––––––
Era stata una giornata molto lunga per entrambi e Kim era esausta. Non andammo fuori a cena, né esplorammo la città o facemmo qualsiasi cosa. Andai al negozio di alimentari per rifornirci di cibo e bevande alcoliche, mentre lei si riposava. Andammo a Bahia Honda e poi in un posto chiamato Saddlebunch Key. La nostra ultima fermata sarebbe stata Key West.
––––––––
Key West è l'ultimo punto prima dell'oceano aperto e un luogo molto popolare tra i disadattati. Pensammo che ci saremmo integrati perfettamente. Se i reietti della società si trovavano qui, allora la nostra espulsione dalla civiltà ci aveva fatto guadagnare un posto di diritto. L'atmosfera in questo posto è davvero unica, la Repubblica di Conch è un luogo a sé stante, tutti dovrebbero visitarla almeno una volta nella vita, ma convenimmo che non era adatta a noi.
––––––––
Fummo costretti a calare l'ancora a parecchia distanza dalla terra e perciò dovemmo affrontare viaggi lunghi e turbolenti sul gommone. Kim fece molta fatica a salire sul gommone. Si metteva a ginocchioni e strisciava letteralmente sul gommone. Prima ancora di mettere piede sulla terra, il suo livello di dolore era aumentato di un pochino. Il primo giorno riuscimmo a visitare solo una base navale, perché era molto vicina; nei giorni seguenti, riuscimmo a camminare lungo Duval Street. Ci fermavamo a sedere in un bar ogni volta che Kim aveva bisogno di riposare le gambe, il che significa che l'ammontare di bar visitati era molto alto.
––––––––
Facemmo alcune cose da turisti e altre meno. Un pomeriggio sul tardi ci ritrovammo a Mallory Square in tempo per la celebrazione giornaliera del tramonto. Non potevamo perdercela. Fu un momento indimenticabile ma, quando finì, Kim non riusciva più a camminare. Eravamo lontani dal gommone, perciò presi un risciò a pedali. Con quindici dollari arrivammo a Duval e alla spiaggia nella notte.
––––––––
Un giorno cercammo di arrivare a Southernmost Point. Non ci riuscimmo. Kim collassò su Duval Street vicino a Willy T. La misi seduta e le portai da mangiare e una bibita fresca. Trascorremmo il resto del pomeriggio risposandoci lì. Quell'episodio mi fece rendere conto che era arrivato il momento di andarcene.
––––––––
C'era troppo da camminare. Il rumore e la folla erano troppo per noi. C'erano folle di persone a cui non eravamo decisamente abituati. Era arrivato il momento di sollevare l'ancora e dirigerci a nord.
––––––––
Questo viaggio fu calmo e le cose andarono lisce. Giungemmo a Fort Myers Beach in tempo per il nostro anniversario. Mentre Kim dormiva, sgattaiolai in città alla ricerca di un regalo per lei. Mi imbattei per caso in un medaglione d'argento ricavato dalla nave Atocha, affondata secoli fa. Ne fu davvero felice e sorpresa. (Avevamo smesso di scambiarci regali da quando avevamo lasciato le nostre vecchie vite, in modo da risparmiare soldi). Lo indossò quella sera quando andammo fuori a cena. Ascoltammo musica tropicale sulla riva e ci godemmo un bellissimo anniversario.
––––––––
Dopo aver fatto rifornimenti a Fort Meyers Beach, tornammo a casa a Pelican Bay. Sì, la consideravamo la nostra nuova casa, ed era bello essere tornati. Kim era sopravvissuta a una lunga escursione in mare. Era rincuorata. Aveva subìto alcuni intoppi, ma era contenta di aver superato il viaggio. Fu davvero un punto di svolta nella sua guarigione. Ce l'avrebbe fatta.
––––––––
Non sapevamo se sarebbe mai tornata la stessa persona di prima, ma non sarebbe
morta. Sarebbe stata bene.
Erba
––––––––
Una volta tornati a luoghi più familiari, riprendemmo la vecchia routine. Non avevamo avuto molto tempo per stare sulla spiaggia alle Keys. Era bello sentire di nuovo la sabbia tra le dita. Eravamo ormai convinti che il semplice sedersi sulla spiaggia fe bene a Kim. Non solo l'oceano la stava aiutando a guarire fisicamente, stava anche curando la sua anima. Devo ammetterlo, stava aiutando molto anche me.
––––––––
Un giorno, mentre eravamo sulla spiaggia, dal nulla Kim disse: "Mi sento bene". Riusciva a camminare più a lungo e più spesso. Esplorammo l'isola. Stava decisamente meglio. Disse che avrebbe ridotto l'assunzione di Marinol. Quando me lo disse, pensai che fumare erba fosse decisamente meglio che assumere marijuana sintetica. Avevo letto moltissime storie di pazienti affetti da cancro che avevano provato tanti benefici dal fumare l'erba. Ne avevo anche conosciuto uno. Inoltre, avevamo alcuni amici che fumavano per divertimento. Decidemmo di fare più ricerche.
––––––––
Nel frattempo, Kim assunse una pillola di Marinol in meno al giorno. Non registrammo effetti negativi per la minore dose del farmaco. Il suo appetito non diminuì, la sua nausea non peggiorò.
––––––––
Per assicurarci la marijuana, però, saremmo dovuti tornare alla città in cui eravamo stati spiati. Per una coincidenza, alcuni amici avevamo appena comprato una casa in cui saremmo potuti arrivare in barca. Avremmo potuto sgattaiolare in città senza essere visti. Poi venne la questione di come parlarne ai nostri amici fumatori e comprare l'erba. Non avevo idea di come funzionasse la questione. Non sapevo quanto costasse o quale quantità comprare. Per fortuna, i nostri amici ci diedero una mano e, ben presto, fummo gli orgogliosi proprietari di una piccola busta di erba.
––––––––
Non sapevamo bene cosa farne una volta entrati in possesso, ma ci avremmo pensato non appena usciti dalla città. Tornati alla barca, navigando verso Pelican Bay, modellai una pipa da alcuni pezzi di ottone. Eravamo pronti. Io non volevo fumarne nemmeno un po'. Kim insistette, dicendo che non voleva farlo da sola. Quella notte fumammo entrambi una piccola quantità. Non posso dire che mi sia piaciuto. Fu piacevole, ma non proprio il mio forte. Dopo quel primo tentativo, Kim proseguì da sola.
––––––––
Eliminò del tutto il Marinol e assunse la vera marijuana. Un paio di volte al giorno erano sufficienti. Iniziò a mangiare meglio. Aveva meno nausea. Non ero mai stato un grande fan della marijuana. Semplicemente, non mi aveva mai attirato. La questione dell'uso della marijuana in ambito medico non mi aveva mai toccato. Ora stava avendo un effetto diretto su di me, o comunque su mia
moglie. La stava aiutando. Ho visto che ha aiutato anche altre persone. Ora ci credo. Non ho alcun dubbio che la marijuana possa aiutare le persone che soffrono.
––––––––
Kim eliminò completamente uno dei farmaci che le era stato prescritto. Ridusse l'assunzione degli altri farmaci di un terzo. Non solo non stava più peggiorando, stava meglio e il miglioramento era innegabile. Smise anche di prendere le pillole anti-nausea. Non ce n'era più bisogno. Aveva ancora una scorta considerevole di Marinol e pillole anti-nausea, ma non ne assunse più. Erano ormai fuori dalla sua vita, per sempre.
––––––––
Era davvero orgogliosa di sé stessa. Iniziò ad odiare le pillole che stava ancora prendendo. Mi disse che sarebbe arrivato il giorno in cui avrebbe smesso di assumere qualsiasi pillola. La sua sicurezza e il suo ottimismo stavano crescendo di giorno in giorno. Aveva l'obiettivo di non assumere più pillole ed era certa che ce l'avrebbe fatta. Il suo ritrovato spirito sembrava avere un effetto diretto sui miglioramenti della sua condizione fisica. Occasionalmente, aveva una buona giornata, in cui sembrava perfettamente normale. Il brutto tempo o la troppa attività la ributtavano giù, ma era decisamente nella fase della ripresa.
––––––––
Ero felice per molte ragioni. Mia moglie si stava rimettendo. Aveva sofferto così tanto negli ultimi cinque anni e vederla sorridere e ridere mi faceva sentire più
leggero. Camminare con lei sulla spiaggia di Cayo Costa, mano nella mano, era una benedizione del cielo. Sentii anche che le mie scelte non erano state sbagliate. Lasciare il lavoro e andare a vivere in barca si stava rivelando un'ottima scelta. Scappare dopo aver perso il caso si era rilevata la cosa giusta da fare. Non si è mai sicuri di dove possano portare le nostre scelte. Avevo sperato che le mie potessero aiutare Kim, ma non potevo garantirlo. Ora, sembrava proprio che avessi fatto la cosa giusta e non l'avevo fatta da solo. Kim era stata al mio fianco in tutte queste scelte. Aveva avuto la possibilità di ritirarsi, in qualsiasi momento. Me l'aveva fatto promettere quando lasciammo la nostra vecchia vita. Qualora avesse deciso di lasciare la barca e tornare a terra, avrei dovuto rispettare il suo desiderio. Invece, si era adattata perfettamente alla vita in barca. Non pensava minimamente a ritornare alla vita sulla terra.
––––––––
Avevamo fatto un grande salto della fede ed eravamo sempre più certi che sarebbe andato tutto per il meglio. Dobbiamo tutto a quel salto.
––––––––
Alla fine, Kim smise di fumare erba. Migliorò così tanto che non ne aveva più bisogno. Le sembrava anche sbagliato: dopotutto, era una cosa illegale. Comprarla e nasconderla ci faceva sentire come criminali. Ci sentivamo stupidi a dover agire in sordina per averla. In generale, eravamo persone rispettose della legge. Essere etichettati come criminali per il fatto di fumare una sostanza naturale che aiuta ad alleviare il dolore ci sembra ora molto ingiusto. Prima di allora, non ci avevamo mai riflettuto. Ora la pensiamo diversamente.
––––––––
Kim non assunse più il Marinol dopo aver smesso di fumare erba. Continuò però a bere rum.
Nuove avventure
––––––––
Subimmo una battuta d'arresto quando Kim ridusse di nuovo la quantità di medicine. Stava ora assumendo solo una pillola di Nucynta e una di Baclofen ogni mattina. Non riusciva a superare la giornata senza avere dolori e crampi alla gamba. La più piccola attività le causava un gran dolore. Anche il tremolio della barca dovuto al motore le dava fastidio.
––––––––
Ci sdraiammo per un po', mentre lei combatteva l'impulso di prendere altre medicine. Si rifiutava semplicemente di ripiegare sulle pillole quando le cose peggioravano. Soffrivo nel vederla così, ma ero fiero di lei e della sua ritrovata determinazione. Aveva una missione: liberarsi del tutto dei farmaci. Ogni volta che riusciva ad assumerne meno, la sua condizione migliorava. Era convinta che eliminando tutti i farmaci sarebbe guarita definitivamente dalla RSD.
––––––––
Col tempo si abituò alle dosi più leggere. Si sentiva abbastanza bene da poter ritornare a socializzare, seppur in piccole dosi. Attraccando al molo dei nostri amici, iniziammo a visitare la vecchia città delle spie per ascoltare i nostri musicisti preferiti o bere dei drink insieme. La maggior parte delle persone di quella piccola comunità non era mai stata a conoscenza della gravità della malattia di Kim. Alcuni sapevano che c'era qualcosa che non andava, ma non
sapevano fino a che punto oppure quale fosse la causa.
––––––––
Il suo reinserimento nella società la aiutò molto a uscire dal guscio. Andammo a una festa e si mise a ballare. Non proprio ballare, fu più stare in piedi in un punto e dondolare un po'. Rise, sorrise e si divertì. Non c'era dubbio che avesse dato una svolta alla situazione.
––––––––
Facemmo anche più viaggi in barca, esplorando luoghi come Long Boat Key e Anna Maria Island. Riusciva finalmente a godere di nuove viste. eggiamo su altre spiagge e bevemmo su altre barre di sabbia. Camminammo lungo i sentieri del De Soto Park ed esplorammo Bradenton Beach. Era una nuova vita per noi. Non eravamo più nascosti in una piccola e tranquilla baia senza nessun altro intorno. Stavamo visitando nuovi luoghi e vivendo nuove avventure.
––––––––
Facevamo tutto ciò con moderazione, fino a quando Kim se la sentiva. Ogni volta che ne sentiva il bisogno, ritornavamo alla barca e ce ne stavamo da soli. Ritornavamo sempre a Pelican Bay, quando volevamo sentirci a casa.
––––––––
Durante questa escursioni, Kim si trasformò da reclusa ad avventuriera. Recuperò quasi tutti i chili persi e, anche se aveva meno tono muscolare, il suo aspetto era sano. La portai in un salone di bellezza di lusso perché potesse farsi sistemare i capelli. Trascorse lì l'intera giornata e spese cento dollari in trattamenti. Questo la aiutò a rinforzare la sua chioma e iniziò un trattamento con olio di Marocco per migliorarne lo spessore. I suoi capelli tornarono quasi come prima. Continuò a indossare cappelli da baseball, ma non così spesso come un tempo.
––––––––
Come la solitudine e la pace della spiaggia l'avevano aiutata in precedenza, così queste nuove vie intraprese stavano facendo ora. Non si sentiva più in imbarazzo a farsi vedere in pubblico. Facendo cose nuove e andando in nuovi posti, diventò più coraggiosa. Potevamo viaggiare più a lungo e più velocemente di prima. I tragitti sul gommone non le davano più così fastidio. La sua crescente abilità di sopportare attività fisica in quantità sempre maggiori ci stava permettendo di allargare il raggio dei nostri viaggi. Potevamo goderci la vista e i suoni di nuovi posti senza preoccuparci di un suo crollo improvviso.
––––––––
La mia adorata moglie era tornata. Dovevamo ancora avere qualche riguardo nei suoi confronti, ma questi momenti stavano diventando sempre più rari. Il cattivo tempo aveva ancora un'influenza negativa: notammo una correlazione tra la bassa pressione e il suo dolore. Dovevamo ancora fare attenzione all'eccessivo sforzo fisico. Si sentiva meglio e voleva fare sempre più cose. A volte, voleva fare troppo.
––––––––
Iniziammo persino a fare di nuovo l'amore, non così spesso quanto una volta, ma fu comunque bello. Non potevamo essere più uniti di così. Iniziò a cercare più abbracci e più contatto: mi disse che aveva bisogno di sentirsi più vicina a me. Ne avevamo ate tante insieme e il nostro matrimonio ne era uscito intatto.
––––––––
So che lei pensa che non ce l'avrebbe fatta senza di me. So anche che non sarei nulla senza di lei. Eravamo riusciti a sopravvivere, insieme. Resteremo insieme, qualsiasi cosa ci riservi il futuro.
L'ultimo farmaco
––––––––
Ci stavamo godendo momenti di pace a Pelican Bay, rilassandoci dopo la nostra ultima avventura. Kim si sentiva particolarmente bene. Eravamo molto felici. Ci godevamo i nostri tramonti e i nostri shot di rum notturni. Facevamo l'amore sulla prua della barca, non c'era nessun altro in vista. La vita non poteva essere meglio di così.
––––––––
Ringraziavamo la nostra buona stella perché, in qualche modo, tutto si era sistemato. Guardavo l'oceano, e mi sembrava incredibile essere arrivato fin lì. Ero riuscito a scappare dalle politiche aziendali e dal lavoro che odiavo. Una volta ero il capo di molte persone, poi sono diventato il badante per una moglie malata ed ero finito per diventare un turista libero. Kim era stata una organizzatrice attiva per le celebrità, poi era diventata la vittima di una strana malattia ed era ora una fannullona da barca.
––––––––
C'era solo un ultimo pezzo di puzzle che Kim voleva assolutamente incastrare. Aveva assunto per molto mesi una pillola di rilassatore muscolare e una di antidolorifico. Ora aveva intenzione di smettere con entrambe. Diceva che era arrivato il momento. "Non prenderò altre pillole. Smetto oggi e non ne prenderò mai più".
––––––––
Quel giorno, non assunse alcuna pillola. Ventiquattro ore dopo, si sentiva malissimo. Soffriva di tremendi crampi allo stomaco. Vomitava come la bambina de l'Esorcista. Aveva la diarrea. Tutto il suo corpo era tormentato da spasmi e crampi. Sudava, piangeva e soffriva molto. Eravamo a ore di distanza dalla civiltà.
––––––––
Mentre le stavo vicino, strinse i denti e disse: "Non prenderò altre pillole". Era nel pieno di una crisi di astinenza. L'assenza del narcotico che prendeva una sola volta al giorno era stata sufficiente a scatenare questa reazione. Ora era di fronte a una scelta, proprio come una drogata: prendere il farmaco e sentirsi meglio o affrontare giorni di agonia. Entrambi non avevamo mai pensato che potesse sentirsi così male: fino a quel momento, eravamo riusciti a gestire la riduzione delle pillole. D'altra parte, il suo corpo si era abituato ad avere la sua dose quotidiana di farmaci per cinque anni. Ora, si stava vendicando.
––––––––
Quello fu per Kim il momento della verità. Tutto quello che aveva ato, tutto il dolore e le perdite, riconducevano a quel momento. Aveva combattuto e combattuto ancora, fino al punto in cui pensavo non ci riuscisse più. Aveva vinto. Aveva sconfitto la malattia, ma le restava ancora una battaglia da combattere. Io ero al suo fianco, ma mi sentivo inutile. Non potevo sistemare tutto. Non potevo decidere per lei. Doveva sconfiggere questo demone da sola.
––––––––
Fece fatica a mettersi seduta sul letto mentre le portavo un bicchiere d'acqua. Con le guance rigate dalle lacrime, mi strinse la mano e mi disse: "Non prenderò altre pillole. Non lo farò". Se fossi stato in lei, penso che avrei preso la pillola. È lei quella forte. Oggi sta meglio solo grazie alla sua forza di volontà. Non c'era nessun altro a parte me a testimoniare il suo coraggio. Avrei voluto urlare al mondo: "Vedete la forza di questa donna?". Per quanto fossi preoccupato, non potevo essere più orgoglioso di lei.
––––––––
Mi presi un minuto per analizzare la situazione in cui ci trovavamo. Decisi che dovevamo tornare alla civiltà. Quando le dissi che stavo per levare l'ancora e dirigermi in città, mi rispose che non voleva vedere nessun dottore. La convinsi che dovevamo almeno avvicinarci, nel caso ne avesse bisogno. Mentre uscivo dalla stanza, mi gridò: "Non prenderò alcuna dannata pillola!".
––––––––
Attraccammo al pontile dei nostri amici, i quali ci permisero anche di entrare in casa loro, visto che erano via per lavoro. Portai dentro Kim e la distesi sul letto. Si fece una doccia calda e si godette l'aria condizionata. Si mise una pezza fredda sulla fronte. Si distese nella stanza buia e affrontò il suo demone. Lo vinse. All'inizio ritornò a ondate, ma alla fine si ritirò. Lei gli era sopravvissuta. La battaglia durò tre giorni. Il quarto giorno, Kim riemerse dalla stanza, vittoriosa. Si sentiva ancora debole e affamata ma, ancora una volta, aveva vinto.
––––––––
Mentre recuperava le forze, mi disse che sentiva di avere la pressione molto alta. La pressione non scese nemmeno quando gli effetti dell'astinenza si calmarono. Era alta al punto che cedette, e acconsentì a farsi visitare. I dottori erano sconvolti da come fosse riuscita a superare l'astinenza senza alcuna supervisione medica. La pressione era davvero molto alta. Non discusse con loro del fatto che odiava i dottori e accettò la prescrizione di un farmaco per la pressione. Nonostante tutto, doveva ancora assumere delle medicine. Alla fine la pressione si stabilizzò, ma ancora oggi Kim si affida a questa medicina. Ha cercato di interrompere anche questa, ma ogni volta la sua pressione si impenna. Ormai si è rassegnata, continua ad assumerla e continuerà a farlo.
––––––––
Almeno non è un narcotico. I tipi di codeina e morfina che ha da sempre assunto erano tanto potenti quanto l'eroina. Creavano dipendenza. Vengono prescritti come fossero caramelle anche a chi soffre di mal di schiena. Se a voi o a un vostro caro vengono prescritte queste sostanze, fate attenzione. Di sicuro non vorrete are quello che ha ato Kim.
––––––––
Tutti i dottori che hanno visitato Kim erano più che felici di continuare a prescriverle questi farmaci, nonostante i pericolosi effetti collaterali. Tra le dozzine di farmacie in cui li abbiamo acquistati, solo una, una farmacia privata, ha chiesto a Kim se fosse sicura di volerli.
––––––––
Come ho già detto, non credo che io avrei potuto avere la sua stessa forza di volontà. Sarebbe stato molto più semplice per lei prendere un'altra pillola. Lei non l'ha fatto. Probabilmente, oggi Kim è viva grazie alla sua grande determinazione. I dottori non l'hanno curata. Lo specialista nella terapia del dolore non è riuscito a controllarlo. La compagnia di assicurazioni ha aggirato la legge per liberarsi di lei. Alla fine, perdere la copertura del trattamento e delle medicine è risultata la cosa migliore che potesse capitarci.
––––––––
Kim non era guarita grazie alla medicina moderna. Era guarita col mare. La spiaggia l'aveva curata. La solitudine e la serenità l'avevano fatta sentire meglio. L'assenza di stress era stata di per sé una medicina. I suoni della natura l'avevano aiutata a rivivere. Il respiro dei delfini l'aveva incoraggiata ad andare avanti.
––––––––
I dottori non avevano fatto nulla. Le pillole non avevano fatto nulla. La compagnia di assicurazioni non aveva fatto nulla.
––––––––
La medicina moderna stava uccidendo mia moglie. Lei si era curata da sola.
A corto di soldi
––––––––
Kim si stava riprendendo e stavamo vivendo una vita da sogno. Avevamo spiagge tropicali su cui sdraiarci. Avevamo una scorta illimitata di sole. Giocavamo con i delfini e con i lamantini. Lo stress era quasi inesistente per noi.
––––––––
Ci eravamo abituati talmente bene al vivere vicini alle isole che non avremmo mai voluto tornare indietro. Avevamo solo un piccolo problema. Dopo anni senza alcun guadagno, eravamo a corto di soldi. I risparmi si erano esauriti. Tentammo di non pensarci per un po', ma ben presto avremmo dovuto cercare un mezzo di o finanziario.
––––––––
Negli ultimi sei mesi avevo scritto un libro. Era in forma di bozza manoscritta, annotato su una serie di taccuini gialli. Avevo bisogno di trasferirlo su un documento Word e di una connessione internet affidabile per concludere gli accordi con l'editore. Non avevamo altra scelta che tornare alla civiltà per far pubblicare il libro. Sapevo che era un progetto improbabile, ma ero determinato ad andare fino in fondo.
––––––––
Una sera, mentre discutevamo della scarsità di risparmi a nostra disposizione, Kim insistette nel dire che toccava a lei trovare un lavoro. Mi disse che sarebbe stata felice di fare la cameriera o qualsiasi altra cosa avesse trovato. Disse che aveva realmente voglia di tornare a lavorare. Si sentiva bene. Non potevo farla lavorare mentre io me ne stavo rilassato, perciò ci mettemmo entrambi in cerca di lavoro.
––––––––
Ci preparammo e portammo la Salto della fede a Charlotte Harbor nella bella città di Punta Gorda, in Florida. Attraccammo al Lashley Park Marina per buttare la spazzatura, fare una lunga doccia calda e il bucato. Lashley Park è un porto molto bello, che in precedenza non aveva mai permesso ai naviganti di vivere a bordo delle loro barche. Notammo invece della gente che sembrava proprio vivere lì. Chiedemmo informazioni a riguardo e ci venne detto che le regole erano cambiate. Ci venne dato un foglio con le tariffe dell'affitto e ritornammo sulla barca per pensarci su.
––––––––
Quella notte, mettemmo sulla bilancia i pro e i contro dell'affittare un pontile al porto. La nostra più grande preoccupazione era il costo, ma certamente sarebbe stato bello avere sempre elettricità e acqua calda. Se avessimo dovuto fare avanti e indietro per lavoro, il brutto tempo avrebbe reso i viaggi sul gommone molto difficili. Decidemmo di affittare il molo per sei mesi. Trovare un lavoro era ora una priorità assoluta. Il pagamento dell'affitto avrebbe svuotato le nostre tasche molto in fretta.
––––––––
Andai in biblioteca e scrissi un curriculum per Kim. La sua carriera era notevole, ma il vuoto di cinque anni poteva far nascere dei sospetti. Decidemmo che non ne avrebbe parlato se non su esplicita richiesta. Lasciò subito il curriculum a una dozzina di ristoranti a poca distanza dalla riva dell'oceano. Quando i datori di lavoro le chiesero dei cinque anni precedenti, lei rispose che avevamo semplicemente navigato per tutto il tempo. Era la verità, anche se non tutta.
––––––––
Eravamo all'inizio della stagione alta in una città turistica. Alcuni ristoranti erano molto interessati a Kim, ma le dissero che non avrebbero assunto personale almeno per un altro mese. Lavorai duramente per migliorare il mio manoscritto e renderlo qualcosa di pronto per la stampa. Nel frattempo, esaurimmo completamente il denaro. Kim accettò di lavorare per una sera, giusto per guadagnare qualcosa: investimmo i quaranta dollari per comprare da mangiare. Le cose iniziarono a farsi cupe per noi.
––––––––
Quando alla fine inviai il manoscritto, mi dedicai totalmente alla ricerca del lavoro. Accettai subito un lavoro part time al porto. Kim continuò a distribuire curriculum a chiunque li accettasse. Il mio primo piccolo stipendio evaporò velocemente, finché al porto non mi assegnarono ore extra. La ricerca di Kim non stava andando per niente bene.
––––––––
Arrivò il giorno in cui il mio libro venne pubblicato su Amazon e Barnes & Noble. Con nostra grande sorpresa, si rivelò un successo. Leap of Faith: Quit Your Job and Live on a Boat ha scalato le classifiche e ricevuto critiche eccellenti. Era un momento esaltante per noi, ma i guadagni sarebbero arrivati con calma. Avevo scritto un bestseller, ma continuavo a pulire i bagni e a portare via la spazzatura del porto. Kim trovò un lavoro, che però non durò a lungo. Aveva problemi a sollevare vassoi pesanti e faceva fatica a stare al ritmo di lavoro. Anche il secondo lavoro non fu un successo.
––––––––
Durante i miei giorni liberi battevo furiosamente i tasti del mio computer, cercando di scrivere il mio secondo libro. Feci una promozione instancabile al primo libro e aprii un blog per farmi conoscere sui social media. Kim alla fine trovò un lavoro perfetto per lei. Portò a casa molte mance e potemmo di nuovo mangiare. Il suo ritorno al lavoro non fu facile: tornava a casa stanca morta, con molti dolori. A volte, sentiva che non riusciva più a farcela. Il dolore che aveva provato con la RSD stava cercando di tornare, ma lei si rifiutava sempre di prendere antidolorifici.
––––––––
Pubblicai da me un secondo libro e fu un successo immediato. Eravamo esterrefatti da come Poop, Booze, and Bikinis era balzato al numero uno nella categoria "Boating" dopo solo ventiquattro ore dalla pubblicazione. Iniziai a ricevere richieste di interviste da siti web e stazioni radio. I guadagni del primo libro iniziarono ad arrivare. Le cose stavano migliorando.
––––––––
Kim stava tenendo duro col suo lavoro, ma sapevo che non ne era felice. Era riuscita a sconfiggere la sua lunga battaglia contro il dolore, ma il suo corpo aveva pagato il prezzo di quei cinque anni. Le venne offerto un lavoro meno "fisico" da agente di affitto delle barche al porto. Accettò immediatamente.
––––––––
Il nostro conto in banca risalì a un livello più tranquillizzante e tirammo entrambi un sospiro di sollievo. Il nostro futuro finanziario sembra ora più roseo con le royalties dei due libri che cominciano ad arrivare. Ci siamo adattati alla vita al porto, ma le isole ci chiamano. Entrambi pensiamo ancora a lavorare per riempire il fondo comune per la barca e tornare a vivere il nostro sogno.
––––––––
Kim si è ripresa la sua vita. Un tempo era perduta, ora si è ritrovata. Entrambi apprezziamo in un modo tutto nuovo la libertà che abbiamo avuto la fortuna di vivere. La disavventura che abbiamo ato ci ha rafforzati. Il nostro matrimonio non potrebbe essere più solido. Noi non potremmo essere più felici di così. Oggi, la vita è bella.
Riflessioni dell'autore
––––––––
Mentre scrivevo questo libro, mi è successa una cosa insolita. Le parole mi venivano in mente più velocemente di quanto potessi scriverle. Ho scritto cinquemila parole ogni volta che mi sono seduto di fronte al mio computer. La storia mi ha consumato. Quando non la stavo scrivendo, controllava i miei pensieri.
––––––––
Kim ha letto tutto. Ha rivissuto alcune cose che aveva voluto dimenticare. A volte ha pianto, ma mi ha sempre spinto a continuare. È stata un'esperienza catartica per entrambi. Quando ho finito di scrivere, Kim mi ha detto che si sentiva di nuovo libera. Raccontare la sua storia era l'ultimo capitolo della sua lunga battaglia contro il dolore. Ora, può finalmente buttarsi tutti i brutti ricordi alle spalle. Non abbiamo mai pensato seriamente al futuro, ma ora è arrivato il momento di fare dei piani. Possiamo di nuovo sognare in grande e magari fare un altro salto della fede.
––––––––
L'obiettivo principale di questo lavoro è quello di dare speranza alle persone che soffrono. In molte occasioni, Kim non aveva alcuna ragione per immaginare un futuro migliore. Era incastrata in quello che sembrava un circolo infinito di dolore. In qualche modo, ha trovato una via d'uscita. Non stiamo sostenendo che
chiunque sia affetto da dolore cronico debba mollare il lavoro e andare a vivere in barca. Quella è stata una nostra scelta e ha funzionato per noi, ma ognuno ha un'idea differente di cosa possa significare un ambiente senza stress. Noi abbiamo deciso che eliminare lo stress era la cosa migliore da fare per Kim. Esisteva una correlazione diretta tra lo stress esterno e il suo livello di dolore. Eravamo anche concordi nel dire che gli stimoli del mondo di oggi servono soltanto ad aumentare lo stress. TV, cellulari, traffico e simili bombardano i sensi ventiquattro ore al giorno. Noi abbiamo trovato la pace nell'assenza di stimoli.
––––––––
Stiamo cercando di mettere in dubbio il modo in cui viene praticata la terapia del dolore nel sistema sanitario moderno. La RSD/RS è una condizione poco compresa. I trattamenti della RSD e di altre forme di dolore cronico sono vari e controversi. Spesso vengono trattati solo i sintomi e non il paziente nella sua totalità. Nel caso di Kim, questi trattamenti hanno solo peggiorato le cose e in pochi hanno ascoltato le sue lamentele.
––––––––
La persona che porta un fardello di dolore a volte invisibile spesso non viene compresa. "Non sembri malato" è una frase che le persone affette da malattie rare si sentono spesso dire. I dottori prescrivono dosi letali di narcotici senza pensare minimamente agli effetti collaterali. Le infermiere trattano i pazienti come se fossero dei drogati e non degli essere umani.
––––––––
La maggior parte dei professionisti sanitari che ha curato Kim negli anni era incompetente o insensibile. Dei cinque specialisti della gestione del dolore che abbiamo conosciuto, solo allo Stregone sembrava realmente interessare il benessere dell'intera persona. Il fatto che solo un medico su cinque ci abbia dato una mano non gioca per nulla a favore dell'industria della terapia del dolore.
––––––––
Il Dottor Quack e il Dottor Senile non avevano nemmeno il diritto di praticare la professione medica. Il Dottor Cristiano ha messo la sua futile diatriba con lo Stregone di fronte agli interessi di Kim. Il Dottor Sergente Istruttore era un pedina della compagnia di assicurazioni. Il suo unico scopo era quello di far tornare Kim al lavoro e di far risparmiare soldi al Grande Z. Lo stesso si può dire per il difensore dei diritti del malato. Il Dottor Robot era un automa privo di emozioni a cui non importava granché che Kim perdesse troppo peso, vomitasse dozzine di volte al giorno e perdesse tutti i capelli. Scrivere una testimonianza per permetterle di continuare ad avere i trattamenti era un onere troppo grande per lui.
––––––––
Nessuno di questi professionisti altamente qualificati è stato in grado di offrire a Kim qualcosa che potesse migliorare la sua qualità di vita. Siamo piuttosto certi che abbiano invece peggiorato la sua condizione. Tutti noi siamo stati educati ad avere fiducia nella saggezza dei nostri dottori. Loro sono gli esperti. Kim e io abbiamo imparato che questa fiducia è spesso mal riposta. Non sempre i dottori sanno quello che stanno facendo e nessuno li mette in dubbio.
––––––––
Abbiamo imparato anche che alcuni cosiddetti dottori sono disposti a dire qualsiasi cosa gli si imponga di dire, se pagati. La pratica delle compagnie di assicurazione di assumere un esperto pagato per testimoniare contro i ricorrenti è ridicola. Cosa mai farà? Aiuterà la causa di Kim? Viene pagato per distorcere la realtà o mentire completamente per proteggere gli interessi della compagnia di assicurazioni. Credo proprio che si sia scordato il giuramento di Ippocrate.
––––––––
Ecco alcune domande su cui riflettere. Quanto ti paga l'azienda farmaceutica per prescrivere un certo antidolorifico? Che percentuale ricevi ogni volta che indirizzi un paziente a un certo specialista? Le tue decisioni sono basate sull'interesse del paziente o sul guadagno finanziario?
––––––––
Non intendo fare di ogni erba un fascio. Sono certo che esistono molti dottori e infermiere fantastici nel nostro sistema. Direi la stessa cosa per gli insegnanti, anche se sappiamo che ci sono molti insegnanti che non dovrebbero essere incaricati dell'educazione dei nostri figli.
––––––––
Tutto ciò mi porta alle aziende farmaceutiche o "Big Pharma" come vengono chiamate. Perché i farmaci sono così costosi? Una scorta di un mese di Marinol costa più di millecinquecento dollari. La maggior parte dei narcotici che Kim
assumeva avevamo lo stesso prezzo. La sua spesa mensile per i farmaci raggiungeva circa i tremila dollari. Capisco benissimo che la ricerca, lo sviluppo e i test siano dispendiosi. Penso anche che i farmaci costino così tanto perché le aziende si possono permettere di alzare il prezzo. Quando la maggior parte degli americani possiede una assicurazione sanitaria, non mette in dubbio i costi. Sappiamo che senza assicurazione sanitaria la maggior parte dei dottori fa pagare meno una visita. Secondo me, la copertura assicurativa per ogni futile questione è ciò che fa impennare i costi della sanità. Al giorno d'oggi, tutti vanno dal dottore anche per un semplice raffreddore. Mi chiedo anche quanto la pubblicità pesi sui costi. Abbiamo davvero bisogno di vedere tutti quegli spot sui farmaci? Non dovrebbero essere rivolti ai dottori e non ai pazienti? Non fraintendetemi: non sono contro i profitti. Sono contro i profitti fatti sulle persone.
––––––––
Discutiamo un po' della legalizzazione della marijuana medica. Chi pensa che le aziende farmaceutiche stiano remando contro la legalizzazione della marijuana? Esistono centinaia di studi a o dei molteplici benefici dell'erba. È risaputo che aiuti i pazienti affetti da glaucoma e cancro. Studi recenti hanno suggerito che non solo potrebbe trattare i sintomi o gli effetti collaterali della chemioterapia e delle radiazioni, ma addirittura curare alcuni tipi di cancro.
––––––––
Come ho già detto, Kim e io non ci abbiamo mai pensato seriamente. Dopo essere stato testimone delle sue proprietà positive, credo nella causa della legalizzazione. Ogni giorno si aggiungono nuovi elementi a favore dell'approvazione della marijuana per tutti i tipi di pazienti. Negare un sollievo disponibile per i malati e le persone in fin di vita è inaccettabile.
––––––––
Girano un sacco di barzellette cattive sugli avvocati. La maggior parte di queste è vera. Questa professione è piena di avari bastardi che non riflettono sul danno che provocano. Il Cretino in questa storia era il simbolo delle persone viscide descritte in queste barzellette. Non solo difendeva il suo cliente, ma attaccava anche Kim senza ritegno. È una donna che sa perdonare, ma quell'avvocato ha davvero ato il limite. Come fa una persona così a dormire la notte? Dove trova il coraggio di tormentare una persona che sta oggettivamente soffrendo? Come giustifica il voler ingaggiare delle spie per tenere d'occhio la casa di qualcuno? Come giustifica il falsificare dei video per are una falsa richiesta? Come fa a dormire dopo aver pagato un testimone per mentire in tribunale?
––––––––
Il nostro avvocato era dalla nostra parte perché alla fine avrebbe ricevuto uno stipendio. Come avrebbe reagito se fosse stata al posto del Cretino? Ha fatto un ottimo lavoro durante la prima udienza e per questo motivo ha trattenuto un terzo del misero risarcimento di Kim. (Sapevamo che funzionava così).
––––––––
Infine, mi chiedo quale responsabilità abbia avuto il capo di Kim. Durante la lunga battaglia con la compagnia di assicurazioni, il Dover Downs non è mai intervenuto, né si è sincerato della salute di Kim. Si sono comunque serviti di lei come testimone a loro favore in un processo di molestie sessuali. C'era stato un incidente quando lei era ancora una loro impiegata e l'hanno chiamata per aiutarli nel caso, molto tempo dopo il suo licenziamento. Vinsero il caso, in parte grazie alla testimonianza di Kim. Non avrebbero potuto dire alla compagnia di
assicurazioni di starsene alla larga? Non avrebbero dovuto?
––––––––
In quanto lavoratrice dedita fino all'incidente, penso che Kim si meritasse un po' più di rispetto. Non si è fatta male mentre nessuno stava guardando. Il suo stesso capo è stato il responsabile dell'incidente. La legge del Delaware afferma che non si può fare causa per un incidente sul lavoro a meno che non si possa provare una negligenza. Nessun avvocato si sarebbe mai sognato di accollarsi il Dover Downs in questa diatriba.
––––––––
L'intero sistema è un caos. Avvocati, dottori e compagnie di assicurazioni coesistono in una sorta di strana relazione incestuosa che si auto-alimenta. Si scambiano favori e si aiutano a vicenda per perpetrare il giro di bustarelle. La vittima è molto spesso l'ultima preoccupazione. Non sono mai andato contro "il sistema" prima d'ora, ma vedere come hanno ingoiato e poi sputato Kim mi ha fatto cambiare idea.
––––––––
È riuscita a sopravvivere solo grazie al suo coraggio estremo. Riuscite a immaginare quanto coraggio le ci è voluto per rischiare tutto e andare a vivere su una barca? Quel salto della fede è stata una cosa incredibilmente coraggiosa da fare. Non aveva alcuna garanzia. Non avevamo mai lontanamente sognato che le cose potessero andare così bene, alla fine. Kim è stata delusa dal "sistema". Tutti i dottori e gli avvocati e le compagnie di assicurazione l'hanno delusa. Aveva
solamente la sua fiducia in me e la sua fede. Non le perse mai. In mezzo al caos, è riuscita a sognare. È davvero una sopravvissuta. Ha affrontato ciò che minacciava di distruggerla e ne è venuta fuori più forte di prima.
––––––––
Ora spera che le domande che possono sorgere da un caso come il suo possano un giorno trovare risposta. Vuole evidenziare le mancanze nei trattamenti del dolore cronico. Vuole dire che esiste un'altra via. Spera di accrescere la conoscenza di tutti questi aspetti. Soprattutto, spera che là fuori qualcuno trovi l'ispirazione per andare avanti. Se la sua storia servisse a dare speranza a qualcuno che sta pensando di arrendersi, allora ne sarà valsa la pena. Se qualcuno non riuscisse più a sopportare il dolore, ma capisse che Kim ce l'ha fatta, allora questo libro sarà un successo.
––––––––
Se venisse letto anche da poche persone, ma quelle poche persone potessero continuare a combattere, allora ne sarà valsa ogni parola. La RSD non deve essere per sempre. È reale e dolorosa e debilitante, ma può essere sconfitta.
––––––––
Lasciate che Kim sia la vostra guida.
Postfazione di Kim Robinson
––––––––
Ho pianto di più durante la stesura di questo libro che in anni e anni. Non ho pianto per la tristezza o per il dolore, ma per lo stupore che mio marito potesse scrivere una storia così toccante su di me. All'inizio non volevo che scrivesse questo libro. Non sono in cerca di fama. Come ha detto Ed, trascorriamo la maggior parte del tempo isolati dal mondo esterno. L'ultima cosa di cui avevo bisogno era una qualsiasi forma di notorietà.
––––––––
Poi, quando il libro ha cominciato a prendere forma, ho realizzato che avrebbe potuto essere di aiuto a chi sta ando quello che ho ato io. Le persone affette da RSD/CRPS, fibromialgia, ecc. non sanno da che parte girarsi. Spesso, sembra che non esista una via d'uscita. Si sentono destinate a dover vivere il resto dei loro giorni nel dolore e nella sofferenza. I loro cari raramente capiscono cosa stanno ando.
––––––––
Posso solo dire che io mi sentivo persa. Il dolore terribile mi faceva venire voglia solo di morire. In alcuni giorni ho sperato nella morte. Sarebbe stata meglio di come stavo vivendo. Stavo deludendo i miei figli nel momento più
importante della loro vita. Avevano bisogno di me, ma io non potevo esserci. Il mio lavoro più importante è sempre stato quello di mamma. Mi sono persa le loro partite, ho raccontato loro sempre le stesse storie e non ho potuto essere lì per loro.
––––––––
Poi, avevo una scelta. Potevo arrendermi al dolore e permettergli di controllare la mia vita, o potevo scegliere i miei figli e mio marito. Mi sono rifugiata nella preghiera. Ho pregato molto, non solo per trovare conforto dal dolore, ma anche per la mia famiglia. Mi sono ispirata a mio nonno, che mi ha protetta. Ho affidato il mio dolore a Gesù. Alla fine, le mie preghiere sono state esaudite. Non ero destinata a vivere la mia vita nel dolore e nella sofferenza.
––––––––
Tutte le vittime di dolore cronico devono saperlo: esiste una via d'uscita. Può non essere il mio stesso percorso, ma c'è speranza per voi.
––––––––
Ed ha descritto i vari dottori in modo impeccabile. All'inizio credevo in loro e credevo veramente che avessero a cuore il mio interesse. Ben presto ho iniziato a perdere fiducia. La mia voce non veniva ascoltata. I loro metodi non mi stavano aiutando. Odiavo essere considerata una drogata: il giudizio a cui ero sottoposta ogni giorno era umiliante. I medici mi hanno delusa. Dovevamo trovare la nostra via.
––––––––
La mia condizione migliorava costantemente ogni volta che riducevo un trattamento. Ho iniziato finalmente a guarire quando non prendevo più alcuna medicina. Ho iniziato a credere che le forze naturali in me, insieme al sole a alla serenità, avrebbero fatto il resto.
––––––––
Riguardo alla nostra fuga, ero spaventata. Ero immersa nel mio mondo di dolore e in procinto di lasciarmi alle spalle tutte le sicurezze. Ho affidato la mia vita a mio marito. Sapevo che avrebbe fatto del suo meglio per prendersi cura di me. Le sue cure mi hanno salvata. È stato fantastico. La nostra vita in barca mi ha dato un senso. Mi ha dato un nido sicuro in cui rilassarmi. Mi ha dato tempo per guarire. Rilassarmi al sole con mio marito è stata la terapia migliore che avessi potuto ricevere.
––––––––
Entrambi i miei figli sono cresciuti e hanno deciso di servire nel corpo dei Marines. So che sono al sicuro e contenti della loro scelta. La figlia di Ed è felicemente sposata e ha due splendidi bambini. Il successo dei nostri figli ha alleviato le mie paure, che hanno alleviato la mia ansia e il mio dolore.
––––––––
Ed ha parlato di tutti i farmaci e degli effetti negativi che hanno avuto su di me. Non ricordo molto di tutto ciò. Spero che possa dimenticare tutto il male che gli ho causato. Lo amo così tanto che non avrei mai voluto causargli nemmeno il minimo dolore. È stato la mia roccia durante questo viaggio. È l'uomo più forte e paziente che abbia mai conosciuto, e anche il più gentile. Si è guadagnato la mia fiducia un milione di volte. Nei miei giorni più bui potevo dire a me stessa: "Ed si prenderà cura di me". Non mi ha mai deluso, come invece hanno fatto tutti quei dottori.
––––––––
Da quando ho smesso di prendere medicine, mi sono ripresa la mia vita. Ora sono più forte. Sono ancora magra, ma ho rimesso su quattordici chili. Sono più attiva, riesco a ricordarmi le conversazioni e non sembro una zoppa. Sono più a mio agio in pubblico e mi sento più felice. Sono più innamorata che mai di mio marito.
––––––––
Non posso esprimere a parole quanto sia grata a Ed per avermi aiutata a guarire e per aver scritto questa storia. Gli sono anche grata per non aver disegnato elefanti rosa quando ero sotto ketamina. Lo amo con tutto il mio cuore.
––––––––
“I’ll be there, till the light dies in your eyes.”
––––––––
Desidero anche dire grazie a Dio. In qualche modo, ha deciso di liberarmi dal male.
––––––––
Grazie a Jess e Daniel, i miei due Marines, per essere stati pazienti quando stavo male e per essere diventati due giovani adulti responsabili. Siete più di quello che una madre possa desiderare.
––––––––
Il mio più sincero ringraziamento a Joseph V. Murphy, USMC. Nonno, sarai sempre il mio eroe. Mi diceva sempre: "Una volta piangevo perché non avevo le scarpe, poi ho conosciuto un uomo senza piedi".
––––––––
Grazie al mio patrigno Jay, che è sempre stato un padre più vero di quell'altro. Non eri costretto ad accettarmi come tua figlia, ma l'hai sempre fatto.
––––––––
Devo anche ringraziare tutti i miei amici, quelli del ato e quelli del presente. Il fatto che mi accettiate così come sono significa molto per me.
––––––––
Tra tutti i dottori che ho avuto la sfortuna di incontrare, solo uno sembrava realmente preoccuparsi per me. Cantare "Mrs. Robinson" infilandomi un ago nella spina dorsale è stato davvero un tocco speciale. Sarai sempre il mio Stregone preferito.
––––––––
Se ti è piaciuto questo libro, scrivi una recensione su Amazon.com
Ringraziamenti e dichiarazioni di non responsabilità
––––––––
Un ringraziamento per la fantastica copertina a Pamela Sinclair, It Girl Design.
––––––––
Grazie al mio nuovo editore, Martin O'Hearn. I tuoi sforzi mi hanno fatto sembrare quasi colto.
––––––––
“Till the light dies in your eyes”. Parte del testo di Tarpon Jim, di Jim Morris.
––––––––
I nomi di tutti i personaggi, fatta eccezione per quelli di Kim ed Ed, sono stati celati per la protezione legale dell'autore. Le conclusioni e le accuse formulate sono esclusivamente da attribuirsi all'opinione dell'autore e non costituiscono fatti verificati.
Informazioni sull'autore
Ed Robinson ha lavorato come reporter e direttore del settimanale The Smyrna Times. Ha inoltre collaborato come scrittore per il The Mariner Magazine, una pubblicazione dello stato del Maryland che si occupa del mondo delle barche e della pesca. Dopo venti anni di lavoro in una grande azienda, ha mollato tutto ed è andato a vivere in barca. Lui e sua moglie Kim si trovano da qualche parte sulla costa ovest della Florida.
––––––––
Contatta Kim e Ed:
[email protected]
––––––––
Visita la pagina Facebook di Ed: https://www.facebook.com/quityourjobandliveonaboat?ref=hl
––––––––
Segui il blog di Ed: http://quityourjobandliveonaboat.wordpress.com/
Altri libri di Ed Robinson
––––––––
Leap of Faith: Quit Your Job and Live on a Boat Molti di noi sognano di vendere tutto, lasciare il lavoro e scappare in qualche paradiso. Questa è la storia di una coppia che ha reso questo sogno realtà. L'autore racconta come ci si sente a provare la libertà assoluta e spiega i i percorsi. La storia include racconti dei loro viaggi, opinioni sullo stato attuale della società americana e un semplice piano finanziario utile per tutti, a prescindere dagli obiettivi per il futuro. Nel corso della narrazione, il lettore potrà incontrare delfini e lamantini, pellicani e falchi pescatori, cieli azzurri, acque blu e spiagge di sabbia bianca. Anche la musica tropicale gioca un ruolo importante. Leggerete come la musica li abbia ispirati a realizzare i loro piani. Seguiteli o dopo o nella trasformazione da automi lavoratori a fannulloni da barca e liberi turisti. Questo libro vi farà ripensare a come guardate alla vita e ai soldi. Bestseller su Amazon nella categoria "Happiness"
––––––––
Poop, Booze, and Bikinis Il primo libro di Ed Robinson, Leap of Faith: Quit Your Job and Live on a Boat, è stato un bestseller su Amazon in molte categorie. Ora è tornato con uno sguardo sarcastico sulla vita nautica. Da "Poop" a "Booze" a "Bikinis", l'autore svela il lato comico dei problemi che tutti i naviganti vivono. Con capitoli come Signs You Live on a Boat, Stupid People on Rental Equipment e Zombies Can't
Swim, riderete a crepapelle. C'è anche un capitolo per i fan di Tim Dorsey. Se vivete a bordo di una barca, siete naviganti abituali o della domenica o vorreste diventarlo, se avete amici che navigano o siete semplicemente fan dell'umorismo di Ed, questo libro comico sulle avventure e disavventure in mare è perfetto per voi. Bestseller #1 su Amazon nella categoria "Boating"
––––––––
La tua recensione e i tuoi consigli fanno la differenza
––––––––
Le recensioni e i consigli sono fondamentali per il successo di qualunque autore. Se ti è piaciuto questo libro scrivi una breve recensione , bastano davvero poche righe, e parla ai tuoi amici di ciò che hai letto. Aiuterai l'autore a creare nuove storie e permetterai ad altri di divertirsi come hai fatto tu.
––––––––
Il tuo sostegno è importante!
––––––––
Sei in cerca di un'altra bella lettura?
––––––––
––––––––
I tuoi libri, la tua lingua
––––––––
Babelcube Books aiuta i lettori a trovare nuovi libri da leggere. Giochiamo a trovare la tua anima gemella, facendoti incontrare il tuo prossimo libro. Il nostro catalogo è composto da libri prodotti su Babelcube, un luogo di scambio che permette l'incontro tra autori e traduttori e distribuisce i loro libri in diverse lingue in tutto il mondo. I libri che troverai sono stati tradotti per permetterti di scovare bellissime letture proprio nella tua lingua. Siamo orgogliosi di poterti offrire tutti i libri del mondo. Se vuoi saperne di più sui nostri titoli esplora il catalogo e iscriviti alla nostra newsletter per conoscere tutte le prossime uscite, vieni a trovarci su:
––––––––
www.babelcubebooks.com