Alice Agostinelli
Buio artificiale
Versi di segale
Titolo originale: "Buio artificiale" © 2015 Giovane Holden Edizioni Sas - Viareggio (Lu) I edizione cartacea settembre 2015 ISBN edizione cartacea: 978-88-6396-675-6 I edizione e-book ottobre 2015 ISBN edizione e-book: 978-88-6396-750-0 www.giovaneholden.it
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ISBN: 9788863967500
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Indice dei contenuti
Codarda Capricorno Biancaneve docet Anfratti distrutti PMA (Post Morte Apparente) Inconscio denutrito Natale Giallo Oasi Androide futuribile Scelgo il cuore da indossare Lava Barando E guerra sia Parabola emotiva discendente Lince Vietato fumare
San Martino Muretto Tramonto lunare Dance Flash rurale Anni fa A cena La messa in cortile Specchio Happy new year Città Alta Allucinata ad una vita Agnostica aN Capodanno Animama Bronco Incubo di una mattina di mezz’autunno Buco nero Ferma Orexina
A testa bassa Grazie Alice
L'Autrice
A voi tutti, voi sapete chi siete.
Codarda
Sono codarda anche nel giorno del mio suicidio. Mi prendo alle spalle e mi sparo alla nuca. Sono stata troppo forte per cercare di capire e seguire tutte queste regole non scritte. Devi piacere a tutti, snaturandoti, omologandoti. Io li guardo dall’alto in basso e ringrazio per aver capito, a differenza loro, che la solitudine ed il silenzio sono l’unica vera serenità. Vorrei incontrare più maschere e meno volti che non hanno niente dietro, il poco che vedi è tutto quello che sono davvero. Sono in eterno conflitto. Mi sento talmente superiore da non riuscire ad adattarmi alle cose più semplici: bere una birra, andare a ballare, apprezzare la confusione ed il rumore e la promiscuità e la stupidità e l’ignoranza e la mancanza di rispetto per sé. E per tutti gli altri.
Dietro ad ogni donna che ride c’è un dolore profondo. Non è vero. Non è più così. Dietro ad ogni smorfia c’è solo un’altra regola non scritta: sorridi di più se vuoi piacere. Io, invece, sono eternamente incazzata. Sono perennemente stanca. Io resto con le mie sigarette e la mia volgarità e la mia nausea quotidiana. Non rido perché devo. Non taglio i capelli come va di moda. Non mi vesto (o svesto) come sarebbe più consono fare. Non mi interessa essere o sembrare annoiata o irritata o infastidita. Sono quello che sento. Sono superiore. E li studio. E forse, se mi conoscessero meglio, proverebbero repulsione. Sempre meglio della comione che provo io davanti a queste moltitudini di occhi vuoti. Sono una codarda, lo sono sempre stata.
Ma la semplicità di quest’ultimo gesto mi ha fatta sentire esasperatamente degna di questo stupido mondo. Sorrido. Premo il grilletto.
Capricorno
Dicotomicamente soffocata da agorafobici prati verdi in ogni direzione. Credo nei muri creati per abbattere illusione e coraggio. Rallento il o. Sbarre alle finestre voglio entrare. Inconscio polveroso ritrovato in sottoscala ammuffiti. Nevica. Una bambina nascosta finge di essere forte e fragile e lo è.
Vecchie abitudini di libri ingialliti. Scrittori pazzi letti in fretta. Sigarette nascoste al buio e al freddo.
Silenzi confortanti strappati a pensieri codardi.
Sono vuota e vuoto sarà.
Biancaneve docet
Baratto pensieri e battiti naufragati svendendoli per rispetto.
E sei anima e oro e luce.
Anfratti distrutti
Anfratti distrutti da ossuti silenzi. Futuro in arcipelaghi di caos e premonizioni. Crisalidi precedono l’apocalisse. Fenici in gabbia.
Cenere alla cenere: non voglio più rinascere qui.
PMA (Post Morte Apparente)
Umana di emozioni: Piena. Amarezza e accentuata rabbia per il cieco: sopraffatta. Sentimento livido, Minotauro nella mia mente. Fugit irreparabile amor: Omnes feriunt, ultimo necat.
Inconscio denutrito
Fenomeno schopenhaueriano. Troppo poco cosciente per lacerare il tuo velo. Maya a protezione braccia conserte chiusura. Sei illusione e sogno parvenza di una realtà nascosta che celi a te stessa. E mi lasci solo guardare e sorridere. Questo noumeno mi chiama forte e tu non ascolti. Tu non ti ascolti.
Pensando si scopre la verità.
Ho sbagliato tutto.
Natale
Torno a casa da sola sotto la pioggia che non dà tregua. Niente ombrello cuffie nelle orecchie mi piace sentirmi disadattata mi piace quello che gli altri possano pensare di me faccio finta di urlare capelli in faccia un’espressione tanto incazzata che tutti mi evitano. Anche quelli che ci hanno insegnato a non guardare da piccoli. Mi piace che mi credano pazza e forse un po’ lo sono. Porto con me una scatola la proteggo dalla pioggia come una figlia.
La stringo forte al cuore nessuno sa cosa contenga. Io sì. tutto ciò che si possa desiderare libri e candele solitudine feste da sola casa silenziosa tazze di the flauti di bambù maschere camino sigarette temporali ricordi ispirazione controllo del tempo nessun impegno stanze fatiscenti stanze pulite sonno e insonnia
natura malinconia lei a sorpresa alla porta.
Bei tempi.
Giallo
Fisso il suono della pioggia luce rotta su un lampione. Linee lionate di ragnatele come intricato presagio di una fragilità esistenziale. Derisa dal silenzio. Ho paura.
Crescono arbusti da semi di cemento.
Oasi
Digerisco petrolio e cheratina. La nausea di questa noia contorce le viscere dal profondo. Anche i vulcani vengono derisi, non c’è più rispetto. Pozze nere generano pelli perfette e sorrisi superficiali. Prima che erutti. Io ci sarò allora. Finalmente questo Natale sarò sola.
Il nostro nuovo tempo sta arrivando.
Androide futuribile
Sono un fottuto essere umano. E come essere umano provo emozioni. E come essere umano sbaglio. E come essere umano convivono in me Istinto e Ragione.
È tanto sbagliato essere umani?
Nasceranno due fazioni. Senza equilibrio. Senza futuro. Senza fortuna.
Allora capirete che l’essere umano non era poi così malvagio. Era quasi prevedibile. Lo conoscevate tanto bene da permettervi
di non averne paura.
Era uguale a voi.
Scelgo il cuore da indossare
Scelgo il cuore da indossare. Mi sveglio e non voglio. Il cuore della notte mi specchia senza luce. Immobilità estatica. Rumore di anima. Rosso vivo pulsante ai piedi del sogno.
Consapevolmente sonnambula ne strappo i pezzi in lanterne.
Lava
Non lo merito. Non lo merita. Non lo meriti. Nessuno che mi tolga la maschera. Non interessa più. Morta da feto. Ma lo capisco. Pulire un viso dipinto per trovare se stessi, per guardarsi nudi allo specchio. Terrorizza. E poi arriva lui, il tempo. Scappa e ti fa scappare. Cancella e uccide. Ti giustifica e lenisce. Quasi sempre. Adesso sembra che esista solo lui e il suo incedere pesante ed ineluttabile. Niente sonno, niente sogni, niente lacrime, niente sorrisi, niente vita, niente volti sotto alle maschere. Nessun ricordo. Nessun attimo da ricordare. Niente cuore, niente freddo, nessuna pelle,
niente occhi, nessuna attrazione. In perfetto controllo. Niente sospiri, nessuna parola, niente pensieri. Non esiste niente. Ma il vuoto, come il tempo, è tiranno. E forte. Estremamente. Ed io scrivo. Riempio il vuoto di tempo. Del nostro, impercettibile, tempo.
Barando
Nera nell’oscurità. Il rifulgente buio è così familiare. Mura di una carnevalesca facciata. Spirito di cavaliere in un gioco di anime perdute. Specchi distorti di fragili realtà. Sogni per riporre l’arma: silenzio di circostanza.
Sono a casa.
E guerra sia
Ho sfidato un pino a farmi male. L’ho insultato, quel bastardo prima di colpirlo a mani nude. Mi ha lacerato la pelle. Il sangue scorre e si mescola alla pioggia e alla terra. Sorrido e lo sfido quel magico bastardo. Ma io sono superiore non può competere. Non mi può resistere. Almeno lui. Quanta tenerezza. Un degno avversario. Smetto di colpire alla cieca. Mi inchino.
Lo sento sulle mani calde. Brucia il sale della pioggia.
Parabola emotiva discendente
Cullo vortici di roccia. Esposta e ridicola ferita dalla luce della mia stessa creatura vivo con onnipotenza ogni delirio disegno parabole su colonne senza soffitto scampata al miracolo di questa morte finta e pulita di girasoli impagliati e lupi essiccati
lusinghe senza ritorno.
Lince
Cerco disordine fuori dai miei pensieri. Pace asfittica dei pochi sensi che ho ancora il coraggio di affrontare. Libertà in liscivia che grida dai fondali marini. Soluzioni inondate da anni di flutti e sterili rigurgiti di ione rubatami da contesti troppo preziosi per riuscire a morire.
Arriva l’inverno.
Gli sopravvivrò questa volta?
Vietato fumare
È venerdì sera. Le sagre di paese sono musica lontana. Dove sono io ci sono solo io e la luce dell’acqua che scorre e l’oscurità di una chiesa abbandonata e il rumore dell’erba bagnata. Attraverso il ponte di legno e calpesto il tonfo sordo della libertà ad ogni o. Torno all’asfalto ed al contatto duro con un girasole dietro ad una rete. Mi fa male il sangue dentro alle scarpe, sono ore che cammino. Metto le cuffie per non sentire l’odore della civiltà.
E penso che tu voglia scappare verso tutto questo senza di me.
San Martino
Presente in ogni futuro già percorso mi poso su un cielo incandescente di tempo. Chiedo giustizia per ogni goccia d’inchiostro trattenuta a squarciagola in questa casa degli specchi.
Muretto
Cielo Prato Corvi Anima: nero. Lampi Luce Case: nessun riparo. Rabbia Fatica: piove. Silenzio: tuono.
Riposo il cuore in pace.
Tramonto lunare
Guardo la luna tramontare il sole è ancora lontano. Solo un panorama rosa e d’erba. Nel silenzio sfuocato contemplo l’infinito di questi miei attimi: il cielo esploso la vita vuota tra le mani.
Sussurro il tuo nome.
Dance
Blacklight in blue. Dispnea della mente. Cuore di bassi nei nervi. Sete di forza e vergogna. Pelle, troppa pelle. Nessuna maschera, solo volti intercambiabili: arida miseria di unicità.
Esco e fuori trovo il mio riparo.
Flash rurale
Logorata dalla trincea. Intrappolata da un tempo indefinito. Orologi liberi dai satelliti ci dicono che ore sono. Noi non possiamo saperlo, non ci è permesso guardare fuori. Potrebbe essere notte o giorno. La tecnologia non vive mai. Radici meccaniche da cui non possiamo attingere null’altro che altri artifici.
Questa non è vita.
Anni fa
Smorfie a celare l’impotenza sugli stessi volti in esistenze parallele niente di più normale. Le stagioni si susseguono con un ritmo impercettibilmente frenetico. Estenuanti, altalenanti. Non esiste notte o giorno solo questo albore surreale nei miei occhi. L’ultima Luce è questo denso tuono che mi riscalda l’anima.
A cena
Pioggia che sale dal cielo tradito. L’odore di asfalto bagnato confonde questi orizzonti senza futuro. Rabbia disperata e triste apatia per non aver creduto. Lampi per riaprire nuove ferite attese da tempo.
Impossibile, ma ti perdono.
La messa in cortile
La messa in cortile osservo in silenzio dal basso delle scale, tuoni di nubi lontane. Lampi accarezzano la luna nel cielo blu di temporale. Il vento si infrange sui prati ecco la pioggia: lava i peccati dell’eco di voci canto di anime in cerca di pace.
Da apatica spettatrice mi esterno: ho perso la voglia di non perdere la speranza.
Specchio
Te ne sei andata e piove. Specchio del mio umore cade sottile. Paranoica come sempre. Irrequieta e senza risposte. Fragile ed agguerrita, cammino triste a testa alta.
Happy new year
Il mio unico degno avversario è stato mutilato da orribili denti metallici. Lo sento urlare e chiedere pietà mentre sorge un’alba fredda che distrugge il mio sonno. Giacciono parti di me tra i rami secchi a terra, tra le stelle. Gli porgo il mio ultimo saluto, in silenzio e con rispetto, come lui ha sempre fatto con me. Mi guardo le mani aride e mi consolo con germogli che non sono capace di maneggiare.
Non posso pretendere fiori se non riesco a strappare semi alla terra.
Città Alta
Aria pesante, mi brucia respirare. Pioggia battente sotto le mura. Getto la sigaretta fumata a metà nel pozzo. La guardo spegnersi sul fondo dopo un lungo viaggio. Un’intera città al mio cospetto.
Mi sento vuota.
Allucinata ad una vita
Colori incandescenti di astri alla deriva. Naufragio in schegge polverose di rinascite infrangibili. Natura e sangue rosso e verde il mio.
Indipendente. Sopraffatta. Allucinata ad una vita.
Agnostica
Ofelia disillusa da un universo di naufragi onirici e illusioni di cristallo.
Frantumata da un soffio confuso di indifferenza.
aN
Calda di sangue e temporale. A mio agio nell’occhio del ciclone. Lo scricchiolio del cemento sradica ogni promessa. Non la sua forza non la mia aiutano la mia fede. Arcobaleni di benzina: riflesso umano della mia disperazione. Non guardo.
Io non ho paura.
Capodanno
Ultimo giorno di questo strano anno. Non sarebbe potuto finire diversamente. Pioggia costante da tutta la notte fuori. Mi trascino per casa con la tazza di the caldo in mano. Guardo dalla finestra, appoggio la fronte, sento il freddo penetrare attraverso il vetro. Trattengo il fiato. Il sospiro che ne esce appanna la vista. È un giorno come gli altri. Tutti si affannano. Devono festeggiare. Insieme per forza. Cambia solo la data, come tutti i giorni. Sono malata a casa. Tv accesa da tutto il pomeriggio, occhi lucidi ormai. Cerco qualcosa da fare per distrarmi. Il tempo non a.
Vorrei solo svegliarmi tra una settimana. Odio le attese. Soprattutto quando poi non c’è niente da vivere. Arriva l’ora.
3. 2. 1.
È finita.
Animama
Piccole nere brulicano. Intaccano. Metastasi. Obbligata terapia: evoluzione primordiale. Mendicante errante.
Amnesia e tempo.
Bronco
La densità inconsistente di un incanto. Prenderne lentamente coscienza è frustrante. Cielo al tramonto incupito da nuvole soffocanti. Le osservo. Si muovono verso di me. Il senso di oppressione è insostenibile. Respiro corto. Cerco riparo. Resteremo io ed il mio vuoto attonito. L’unica speranza è il temporale.
Aspetto la pioggia.
Incubo di una mattina di mezz’autunno
Le undici di mattina e fisso un monitor. Esco a fumare per farmi avvolgere dal grigio di fine ottobre Lascio il chiacchiericcio d’ufficio alle spalle. Lo sguardo al cielo. Le nuvole si spostano. Rifletto sul trascorrere del tempo. Un giorno di attesa. Un altro ancora. Per tutti sono solo ventiquattro ore. Non per me. Percepire ogni secondo che non vuole are, ogni nuova crepa dentro la pelle, ogni nuovo taglio sotto la pelle. Seguo l’evoluzione di ogni mio pensiero. Piove. Sottile mossa dal vento.
Scivola sulle cicatrici della mano. Quasi un anno di muri e sangue. Una notte di mezz’estate in cui ho davvero sperato. Un’altra boccata d’autunno per farmi tornare qui.
Buco nero
Sassi affollati rimbomba ogni o. Vorrei poter lasciar decidere tutto al lancio di una moneta avere la certezza che da qualche parte, qui o in un universo parallelo, la decisione giusta io l’abbia presa. Ma noi siamo solo due giuste in un tempo sbagliato.
Niente vale per niente
ed è meglio così.
Ferma
Anche oggi sono scappata. o per il centro del paese, è ora di cena. Ascolto il rumore delle posate nei piatti. Risate a condire la serata. Ogni volta mi viene da piangere e mi chiedo come debba essere avere tutta quella serenità a riempirti l’anima e i polmoni. Una sigaretta per sopperire alla mia necessità insoddisfatta. Una sigaretta per emulare quei suoni ormai lontani. Una sigaretta per colmare questa sensazione di smarrimento. Una sigaretta per intrappolare quella felicità d’altri che rubo per sentire un po’ mia. Continuo a camminare. Un vecchio siede solo su una panchina aspettando di morire. Cammino.
Sulle strade è calata la notte. Nelle case è calato il silenzio. Vorrei camminare per sempre. Vorrei avere il coraggio di non guardare indietro. Vorrei avere la forza di non fermarmi. Vorrei poter avere una casa dove riposarmi.
Viola e nero. Non mi sono persa.
Orexina
Torturate dall’insonnia di parole. Io e me stessa. Solo domande schizofreniche alla mia felicità. In cerca di un combattuto armistizio di voci.
Posso dormire ora?
A testa bassa
Ho quasi trent’anni. Sono sola in un parco pieno di estranei sorridenti. Li odio tutti. Che cazzo avranno da sorridere? Niente conigli, niente faine, niente faide oggi per me. Aspetto che si svuoti. Ascolto i bambini piangere strappati all’erba con forza. E pezzi di conversazione come quelle che mi tengono compagnia ogni notte prima di addormentarmi.
È ora di cena e scende la sera. Ho freddo. Sono l’ultima a lasciare nel silenzio gli alberi e le panchine e la terra.
Ed è così che torno allo zoo del mio circo. A testa bassa.
Grazie Alice
Bucherello il wurstel dell’una e mezza. Vedendo la forchetta affondare con tanta facilità nella carne, continuo a chiedermi che effetto farebbe nella mia. Solo mani vuote alla fine della giornata. Proteggo gli altri. Uso la mia vita come scudo per loro. Ma nessuno salva mai me. Io per prima. Dilanio la pietanza. Vorace. Come se potesse colmare la rabbia e il vuoto che mi sento dentro. Sul piatto rimane il mio riflesso. Mi sorrido ironicamente. Parlami, cazzo. Sento salire la rabbia. Calda. Profonda. Repressa. Strabordante. Ansia. Angoscia.
Panico. Delusione. Frustrazione. Io detesto deludere le persone a cui tengo. Ma mi deludo sempre. Mi mando al massacro per combattere. Per quale gloria?
Rabbia feroce. Apatia. Ho scoperto cosa c’è poi. Altra rabbia.
Non mi sento tanto meglio, ma grazie Alice per averci provato. Lo apprezziamo tutti molto.
L'Autrice
Alice Agostinelli è nata la notte del solstizio d’estate del 1986 e vive nella provincia bergamasca. Diplomata al liceo scientifico, lavora in una software house (azienda di famiglia), ma vede diversamente il suo futuro professionale. È di recente diventata Life Coach e ha una grande ione per il calcio che pratica, a livello amatoriale, nel ruolo di attaccante. Scrive istintivamente e pensa sempre troppo.