Buio Pesto 103a1n

Moreno Costa

Buio Pesto

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Table of contents

Moreno Costa Buio Pesto Mai sogno fu così reale Indice 31/05/2008 ore17.31….” Prefazione Di Maurilia Brighina Alex Bologna Padova Roma Valenzia Il matrimonio Una nuova vita 115.

Buio Pesto

Mai sogno fu così reale

Indice

pag.10 Prefazione pag.16 Alex pag.28 Bologna pag.34 Padova pag.44 Roma pag.46 Catania pag.62 Valenzia pag.68 Piazza Armerina pag.80 Il Matrimonio pag.88 L’ospedale pag.98 Una nuova vita

Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato,

voglio sapere chi ti sostiene all’interno quando tutto il resto ti abbandona

Anziano di una tribù Pellerossa

Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte.

Solo l’amore e la morte cambiano ogni cosa.

Kahlil Gibran

Inizia tutto con una salita. Io l'ho capito scendendo, scivolando giù, convinto che fosse felicità, ma non è un discorso di strada. Chi ha imparato la fatica di arrivare in vetta sa di cosa parlo. E' un viaggio che si fa da soli...

Moreno Costa

Tratto da una storia vera

“L’amor che move il sole e l’altre stelle… 31/05/2008 ore17.31….”

Prefazione Di Maurilia Brighina

Cercare l’intima ragione di una vita ben sapendo che si sta cercandola nel posto sbagliato. Continuare a perseverare in quello che si sa a priori essere un errore che non porterà a nulla se non a un momentaneo stordimento, a una pantomima di ciò che si vorrebbe fosse. Gli episodi di Buio Pesto ricordano gli anelli di una catena dalla quale non è possibile liberarsi. La ripetitività ciclica dei gesti e delle situazioni.L’essere perfettamente a conoscenza della ricerca di un annebbiamento che altro non è se non il ricercare l’impossibile, quell’amore che sembra essere negato.Quell’amore del quale forse non siamo degni. Vi è un’intera società descritta nelle parole di Moreno Costa.Vi è la paura umana di ottenere ciò che si è sempre sognato perché forse non ci si ritiene degni di possederlo.La paura di non essere in grado di gestire ciò per cui saremmo disposti a dare l’anima.L’amore, quel sentimento da tutti cantato ed esibito in giro, sembra essere un pianeta lontano anni luce, del quale non possediamo le coordinate né i mezzi per raggiungerlo.L’alternativa al fallimento è solo l’ubriacarsi.La sbronza perenne in situazioni che non sentiamo nostre e dalle quali, tuttavia, non riusciamo a sfuggire.Il ripetersi, eterno e ciclico, di quelle etichette che la società ci ha cucito addosso e che non sappiamo come

rimuovere.Che non vogliamo rimuovere per paura di diventare sconosciuti agli occhi dei più, per paura di cadere da quel trono sul quale, loro malgrado, coloro che ci considerano eroi ci hanno posto.Chi è l’uomo? È colui capace di affascinare e possedere mille donne?O è colui che riesce a farsi amare, anche se solo da una?L’amore negato emerge nel romanzo di Moreno Costa come il motivo di fondo.L’amore negato, alla negazione del quale si cerca di reagire cercandone dei surrogati pur ben sapendo che sono tali, cercando l’estasi in brevi momenti nei quali possiamo illuderci che la persona che li condivide con noi stia provando qualcosa di simile ad un’emozione. La frase “Anch’io posso amare e amerò di nuovo” non è citata, ma è facile intuirla fra le righe piene di ossessiva ripetitività, quasi volessero con la forma stilistica rimarcare ancora e ancora l’assoluta impossibilità di scappare dal fato che ci ha creati esseri piacenti, degni dell’altrui ammirazione ma non del loro amore completo.Il sesso spasmodico, cercato continuamente ma mai vissuto fino in fondo è un modo per rubare la carezza che si vorrebbe sincera, ma che si sa a priori essere solo quasi un obbligo nel gioco delle parti.Non c’è amore nei fugaci incontri.C’è un volersi illudere, attraverso pochi istanti all’interno di una pantomima che ci vede nostro malgrado protagonisti, che per una volta, per un momento, qualcuno stia facendo l’amore con la nostra persona piuttosto che con i nostri organi riproduttivi. Alex è un uomo che sa amare.Alex è un uomo dalla sterminata paura di amare.Paura che ciò che rappresenta agli occhi degli amici gli venga sottratto dallo scoprirsi fragile, paura che le mille donne, mai descritte con dovizia di particolari, eccetto l’unica importante, con le quali intesse relazioni fugaci che nulla perdonano al chiarore dell’alba possano considerarlo ciò che egli sa pienamente di essere, un giocattolo di cui stancarsi appena riposto nel cesto. Buio pesto. Non vi è luce nel romanzo di Moreno Costa, né alone di speranza.L’unica luce è quella accecante che sottrae al sogno, che sembra salvifica ma ha al suo interno la maledizione del già scritto.Vi è questo continuo, incessante essere sbattuti al tappeto dalle situazioni affrontate e mai vinte.Vi è il rimanere soli a dover fare i conti con la propria coscienza.Buio pesto è un romanzo molto umano.È un romanzo dall’apparente struttura stilistica molto semplice e diretta, i tempi verbali che si intrecciano tra ato e presente rimandano a una dimensione onirica dalla quale è difficile sganciarsi.Tuttavia nasconde tra le righe il vero

messaggio che Moreno Costa vuole gridare al mondo.L’SOS disperato che Alex vuol lanciare ma che viene come schermato da mille e mille comunicazioni di dubbia importanza.È un romanzo che vorrete rileggere più volte, del quale vi innamorerete.All’inizio sarà un amore carnale fatto solo di fascino e sensazioni.Ma non dubito che possiate innamorarvi di lui per la profondità della sua anima.

Alex

Ho sempre pensato che ci siano dei vuoti dentro gli uomini che non sia possibile colmare. Ero affacciato sulla voragine che squarciava la mia anima ed avevo una terribile paura di guardare giù. I miei silenzi sono eloquenti, lo so. Le mie assenze ingiustificate hanno allontanato le persone che ho amato di più. Ma io sono così.La mia malinconia e la mia tristezza sono parte integrante delle mie giornate. Adoro starmene solo.La solitudine è un mio dolce vizio. Non fumo. Non bevo. È il mio unico vizio e voi dovete concedermelo. E mi capitava spesso di indossare vite che non fossero mie, mi capitava spesso di entrare in esistenze che non mi appartenessero.Ero solo geloso della mia e non volevo condividerla con nessuno.Pensai che era solo un periodo di misantropia, ne avevo avuti diversi negli ultimi anni.La mia analista mi definiva una persona “enigmatica”, non mi interrogai mai sul significato di quella parola.Io mi immaginavo sano di mente in un mondo di pazzi, o forse un pazzo in un mondo di benpensanti, per me non faceva differenza, ero comunque fuori dal coro. La gente notava la differenza vedendomi.Non mi omologavo, né con gli sguardi

né con le parole.Il mio mondo era una stanza di 20 metri quadrati con l’odore di umido e di vita vissuta. Una stanza confusa, disordinata, piena di frasi sui muri e polvere sui mobili. Vivevo in apnea. Prendevo fiato non appena entravo in quella stanza.In quella piccola fortezza. Sul comodino qualche libro di Charles Bukowski.Il sole entrava dalle feritoie della tapparella e metteva in risalto il pulviscolo dell’aria.Il silenzio assoluto, senz’altro la mia musica preferita.Le lenzuola erano sporche di sesso.Me ne ricordai sentendo il suo odore inconfondibile.ai la lingua sulle mie labbra e ritrovai il suo sapore, era ancora forte ed intenso.Non ricordo nemmeno il suo nome.Presi il chiodo e feci un’altra x sul muro.Ne contai 27 dall’inizio dell’anno. Le cambiavo ogni giorno come le mutande, le donne.Non ricordavo il nome delle mie mutande, non ricordavo il nome delle persone che condividevano con me la notte ed il loro corpo.

È solamente un’abitudine meccanica, come lavarsi i denti la mattina, come mangiare per non morire.Io avevo bisogno di averle ogni giorno.Ero fortemente dipendente dal sesso e dalle donne.Era la mia droga e le crisi d’astinenza non le tolleravo. Ci fu una vita in cui non ero così. Non ho mai capito se l’ho sognata o l’ho vissuta veramente,ma in un meandro della mente mi tornava dolce il sapore dell’amore. Un sapore così forte da scendere fino al cuore, da farmene sentire nuovamente il battito. Mi svegliai tutto sudato. L’avevo sognata nuovamente. Avevo sognato la mia vita perfetta, mia moglie, i figli, il profumo del prato tagliato. Una casa di campagna.Una felicità fatta di cose piccole ed essenziali.

Una felicità fatta di sorrisi e di piccole promesse. Asciugai il sudore con il lenzuolo,e scoprii il suo seno.Era lì che dormiva bella come un angelo. Mi chiesi:”E lei chi è?”. Mi alzai per andare in bagno a lavare il viso, feci in modo di non svegliarla. Mi guardai allo specchio.Non mi piacevo.Non mi ero mai piaciuto. L’ho sognata un’altra volta.Un’altra maledetta volta.Mi perseguita questa merda di felicità. Presi un biglietto e lo lasciai all’ingresso. “è stato bellissimo perdermi nel tuo sapore”. Quando uscii di casa buttai la scheda del cellulare, non volevo che mi trovasse di nuovo. Prima regola, mai con la stessa donna! La città alle prime luci dell’alba ha suoni, colori ed odori che ogni volta mi sorprendono. ai da casa mia per una doccia e mi presentai in ufficio con un minimo di normalità. Ma la notte e soprattutto la mattinata avevano segnato la mia faccia. “Tutto bene dott. Marchì?” Il direttore notò le mie occhiaie. “Certo direttore, corro alla mia scrivania, il lavoro mi attende.” Andatura veloce e sguardo a terra.Odio l’aria chic che si respira qui dentro. A volte mi tocca allentare il nodo alla cravatta perché mi manca il respiro.

”Mi ucciderà questo merda di lavoro”, avrei voluto gridarlo ma mi limitai a pensarlo. Nella pausa pranzo la incontrai nuovamente e mi sorrise come sempre, con la stessa dolcezza, con la stessa malizia. Non me ne ero mai reso conto che la malizia e la dolcezza potessero convivere in un unico sguardo,in un singolo sorriso. “Per quanto tempo vorrai evitarmi?”. Le parole uscirono con un incredibile sensualità da quelle labbra dipinte di rosso. “Sai che non ti evito, più che altro evito tutto ciò che possa essere nocivo per la mia vita.” Lei sorrise di nascosto. “Mi hai sognata di nuovo vero?” Uscii di scatto dalla mensa quasi avessi sentito un terremoto.Accesi la macchina e raggiunsi il lungo mare.Le onde che si infrangono sulle rocce fanno sempre lo stesso rumore. È un suono che mi consola, anche il mare come me non cambia con il tempo. Il suo suono è sempre lo stesso.Le onde erano la dimostrazione che potevo farcela fino a quando avrei avuto sangue nelle vene.Dovevo stare fuori dai guai.Dovevo evitare l’amore. Non è mai stato facile farlo.Ero piccolo quando lo incontrai per la prima volta. Ero innamorato di mia madre e credevo che fosse l’unica donna della mia vita. Per me la felicità era questa.Io e lei. Ricordo solo che non durò a lungo.Mia madre ci lasciò presto per un altro uomo, per un’altra famiglia.Li sentivo litigare spesso i miei, urla, piatti rotti, pianti. Io mi accucciavo nel mio letto e mi tappavo le orecchie.

In fondo avevo sempre e comunque mia mamma, avevo il suo amore, lei non mi avrebbe mai abbandonato. Mi toccò far subito i conti con il fatto che l’amore in fondo è una gran fregatura. È qualcosa destinato a finire, a deluderti comunque vadano le cose. Non accettai mai il fatto che mia madre mi abbandonò per un’altra famiglia. Mio padre si improvvisò mamma, ma del risultato di questo evento è meglio non parlarne. Era un tasto dolente parlare della mia famiglia. Lo era sempre stato. Non mi ero mai pianto addosso, avevo capito che il mondo era così, che la vita prima ti illude e poi ti ferisce, che ogni gioia è sempre candita da una spolverata di sofferenza. Avevo semplicemente preso coscienza di ciò e l’avevo accettato senza battere ciglio, senza disperarmi più di tanto.Il dolore e la sofferenza sono sempre stati una componente fondamentale della mia vita, per cui non mi stupivo più del male.Semplicemente mi ero abituato a conviverci. Quel giorno tornai a casa particolarmente tardi e particolarmente incazzato. Niente che i Led Zeppelin e un bicchiere di Syrah non potessero curare. Quando entrai a casa e accesi lo stereo Arturo capii subito il mio umore. Immigrant Song è la canzone della rabbia repressa,della giornata storta per eccellenza. Iniziai a sbraitare e ad agitarmi come un frullato. Arturo restò in silenzio a fissarmi,non era poi tanto stupito.Si girò e si sdraiò. Sorseggiando il vino gli parlai della mia giornata infernale, di Rachele che in ufficio continuava a sorridermi maliziosamente. Seconda regola, mai andare a letto con una collega di lavoro. Rachele era straordinariamente donna, lo era nel profumo, nella camminata, negli sguardi, nelle movenze.Sapeva cosa voleva un uomo, soprattutto sapeva

come darglielo. Lo lasciava intendere da come si poneva,da come sorrideva.Era donna non femmina.Non è una differenza così sottile come si pensa. Arturo era abituato ai miei monologhi, ascoltava in silenzio senza battere ciglio, ogni tanto quando sbadigliava mi rendevo conto che il racconto lo stava annoiando e allora capivo che era il caso di fermarmi. Arturo è il mio bulldog inglese di quasi quattro anni.Me lo regalò la mia ex, Sofia, con cui convivevo da tre anni e con cui è finita due anni fa.Il mio nucleo familiare attuale era composto da Arturo e da Alessandra.La mia migliore amica, l’unica donna che non mi ero portato ancora a letto.E non penso che sarebbe mai successo. Una notte che eravamo entrambi ubriachi avevamo perfino dormito assieme e non successe nulla.Era come se fossimo asessuati quando stavamo assieme. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli e innocenti, nessuno dei due lo rimase per molto tempo, né piccolo né innocente, intendo. Alessandra conosceva tutti miei misfatti e le mie bravate, tutte le mie paure ed i miei segreti e nonostante tutto mi era rimasta amica.Ero a mio agio con lei.Stavo bene.Cosa che mi riusciva difficile con le altre donne.Lei aveva il mio numero “speciale” di cellulare, quello che non avevo mai dato a nessuna, la scheda che non avrei mai buttato. Alessandra era l’unica donna a sapere dove abitassi. Terza regola mai portare una donna a casa mia. Nessuna al di fuori di Alessandra. Né lei né Arturo mi avrebbero mai abbandonato. Erano legati a me da qualcosa che va al di là dell’amore, perché chi ti ama prima o poi ti abbandona.È una regola non scritta che esiste dall’alba dei tempi.E se non ti abbandona sarai tu a farlo per primo, perché nulla si ama come se stessi. L’amore finisce, é solo una questione di tempo. È così ed è stupido illudersi. La mia casa non era ospitale per una donna. Non lo era per nessun essere vivente, figuriamoci per una donna,ma per Alessandra era diverso, lei era un po’

come me, non dava molta importanza all’aspetto quanto alla sostanza delle cose.Quel pomeriggio il suono del citofono interruppe il concerto dei Led Zeppelin nella mia stanza. “Chi è?” “Sono Ale, apri” Entrò lasciandosi cadere il cappotto dietro la schiena quasi volesse liberarsi di quel peso e si buttò sul divano della mia stanza.Prese il mio calice di vino e si sporcò appena le labbra di rosso rubino. “Mmmmmm buono....Syrah?” “Esatto” “Sai cosa penso Alex, lo sai benissimo...” ”Non ricominciare con la storia dell’amore. Con il fatto che a trent’anni si può sempre ricominciare ed altre stronzate del genere” ”No Alex. Intendo dire che devi darti un’altra possibilità.Devi riprovare ad amare.Non potrai fuggire in eterno dall’amore, non potrai farlo per sempre.Quante donne hai avuto questa settimana?Quante schede del cellulare hai buttato?Quanti sogni hai fatto in queste notti? Finirà che ti ucciderà così!” ”L’amore vero?” ”No Alex il tuo cinismo.Il tuo voler per forza fare il superuomo.Non lo sei ed è un bene, fidati” Forse Alessandra aveva ragione. Forse avrei dovuto riprovarci prima o poi.

Bologna

Mi piace da morire l'odore degli aeroporti.È lunedì mattina e sto prendendo un volo per Bologna, non chiedetemi il perché, fondamentalmente non lo so nemmeno io. Marta è stata con me venerdì notte, ma non è stato solo sesso.Sono su questo aereo perché ho provato delle sensazioni che non pensavo potessi più provare. Abbiamo fatto l'amore per ore sfregando la nostra pelle così forte quasi a consumarla. Non ho mai dato tanti baci ad una donna come quella notte, sussurrandole nell'orecchio le frasi di "Dove ho visto te " di Jovanotti. Marta è una studentessa di veterinaria di Bologna, non so nemmeno come ci fossimo finiti assieme in quel letto, non vado con le ragazze molto più piccole di me, è una regola che rispetto sempre. Ci siamo incontrati ad una festa a Catania, amici di amici, insomma le solite feste dove sai come e con chi entri, ma non sai mai come e con chi esci.Ci ritrovammo assieme a casa mia, nel mio letto, con le nostre voglie e i nostri sapori.Pensavo che fosse l'ennesima che transitasse dal mio corpo, che è un porto dove molte navi attraccano per la notte ma la mattina seguente ripartono. Ma io quella maledetta notte ho amato.Ho amato come non accadeva più da moltissimo tempo, non ne ricordavo più nemmeno il gusto. Forse per questo adesso sono seduto su questo aereo, forse per questo mi sono dato malato in ufficio e inseguo a Bologna un'estranea che una settimana fa ha stregato la mia vita. Non so nulla di lei, ma i suoi occhi, ed i suoi baci mi hanno trasmesso più di mille parole. Uno straordinario feeling.Chimica.Insomma chiamatela come volete. Ho affittato una stanza al “Cappello Rosso” un albergo vicino piazza Maggiore, è un albergo che trasuda eleganza, dove il lusso oltre ad ammirarlo lo respiri, in ogni sua parte. Non ho mai capito perché amo circondarmi di ciò quando esco dalla mia tana.

È un qualcosa che mi fa sentire bene, cerco un po' di ordine e bellezza fuori dal mio corpo, visto che dentro c'è il caos. A mezzogiorno sono nella mia stanza d'albergo, quando mi suona il cellulare."Vieni a pranzo con me e mia madre? Marta" Io lei e sua madre?.Non mi piace questo triangolo.Declino gentilmente l'invito dicendo che sono stanco e preferisco riposare un po', e chiamo un'amica che abita a Bologna da un bel po' di tempo, chiedendole di vederci per pranzo. Nel pomeriggio Marta mi scrive: "Stasera non prendere impegni altrimenti mi incazzo", io faccio una doccia e un minuto dopo l'altro continuo a chiedermi cosa ci faccio in questa città.Non sempre si hanno le risposte a certe domande.Quindi giurai che non me lo sarei più chiesto, ero lì per lei.Punto. Quando arriva di sera al mio albergo, Marta è piena di energia. Un’energia che ti trasmette anche solo guardandoti, io respiro quell'energia che emana, la sniffo quasi fosse cocaina. Ci abbracciamo a lungo e andiamo a mangiare in un osteria, poche parole, tanti sguardi, mille sorrisi.eggiamo tra le vie fredde del centro città, perdendoci tra gli sguardi dei anti, mischiandoci con le risate degli studenti bolognesi. Dopo cena tanti drink in un pub, le nostre risate rompono il silenzio che ci sta attorno, ed i baci si fanno più intensi, le nostre voglie salgono con forza e prepotenza e scoppiano sulle nostre labbra.Se avessi avuto un pennello avrei dipinto quell'immagine, l'avrei dipinta e non fotografata, perché quando fotografi imprigioni un istante senza sfumature, io ne avrei dipinto milioni di sfumature in quell'attimo. Le sfumature danno vita ai colori. Le sfumature sono l’essenza di ogni emozione. Per me la felicità sarebbe stata quel quadro.Mi sentivo felice e libero da qualsiasi pensiero negativo. Ci siamo amati tutta la notte.

Con intensità, con foga mischiata a dolcezza. Amarsi fino a perdere le forze, fino ad addormentarsi uno sull'altra. I nostri corpi, saziate le loro voglie, si strinsero in un dolce riposo. Bologna è fredda la mattina, è fredda ed ha una calma strana,una calma apparente. Anche la gente che va al lavoro non lo fa con frenesia, ma lo fa con una calma particolare che contagia come una malattia, tutto molto rilassante.Lei è da poco andata via, aveva lezione presto. Ci siamo alzati per fare colazione assieme, per perdermi un'altra volta nei suoi occhi, per nutrirmi un altro po' dei suoi sorrisi, cerco di fare il pieno perché so che quando tornerò mi mancherà da morire, mi mancherà la sua ironia, il modo con cui tiene il cucchiaio la mattina quando mangia i cereali, quando mi ama la notte e mi sussurra all'orecchio... Mi mancherà lo so... ma che avrei dovuto fare? Avrei dovuto lasciare perdere tutto, starmene nella mia vita sentimentale piatta e ferma come un lago dimenticato e rinunciare a questa felicità a tempo determinato?Rinunciare a lei perché comunque 1000 km dividono i nostri corpi? Non l’ho fatto e mi godo questa magia a tempo, mi godo le sue carezze e le sue confessioni più segrete, sono PICCOLI ATTIMI FELICI...perché non sono stato mai con nessuna così bene da due anni a questa parte, perché è sempre stato solo sesso, solo letti e lenzuola violati senza sentimento, senza amore. Io me la tengo così, la tengo con me per altre 24 ore, poi la porto dentro di me quando torno giù, perché le distanze separano i corpi non le anime, perché mi ha dato di nuovo un motivo per credere nell'amore.Sono ancora capace di amare come non credevo più, perché amo di nuovo i silenzi, amo quando ci guardiamo e nessuno dei due ha la necessità di dire qualcosa, i nostri sguardi dicono tutto e non servono parole.Prima di andarsene stamattina mi ha detto: "Sei una delle poche persone con cui sto bene sia di giorno che di notte.". Non parliamo mai né di amore né di noi, la vita ci ha troppo ferito e ci accontentiamo di questa felicità a tempo. Ieri le ho chiesto che idea si fosse fatta di me. Lei mi ha semplicemente detto:

"Tu sei Alex... semplicemente Alex…". Lei è la mia felicità a tempo. Semplicemente.

Padova

Le stazioni dei treni mi piacciono meno degli aeroporti, mi danno più l'idea della malinconia,del fatto che un treno puoi lasciarlo anche are ma non sai mai se potrai prendere quello successivo, se la meta sarà la stessa.Sono seduto sul mio bagaglio, spettinato, disordinato, con la barba lunga e incolta.Negli auricolari Fabrizio De Andrè continua a ripetermi che "Ha visto Nina volare", a stento riesco a coprire le occhiaie con dei grandi occhiali da sole.La gente si accorge del mio viso consumato dalle notti lunghe e piene di ione, avrei bisogno di un paio di uova sbattute piuttosto che del caffè. Vado a Padova,vado a trovare la mia parte femminile.Non ci vediamo da tanto con Adele. È una psicologa che ha avuto la disgrazia di avere nelle vene lo stesso sangue mio dalla nascita.Vive a Padova mia sorella da parecchi anni, da quando ha seguito il suo amore, la sua carriera ed i suoi sogni.Quando ha capito che la felicità è dentro noi stessi,a prescindere dal posto in cui viviamo.Mi piace saperla felice. Mi piace il suo compagno e il loro amore, la loro casa e la loro quotidianità fatta di una genuina semplicità.Adele si presenta alla stazione bella come sempre, distratta come non mai.Non sembriamo nemmeno fratello e sorella, lei è minuta e fatta bene, io alto e sgraziato.Saltiamo i convenevoli e cerco di riassumerle in un paio di minuti la mia tristissima esistenza. È una storia che conosce e le appartiene, perché ha condiviso le mie stesse gioie e i miei stessi dolori.Troppe donne, troppo sesso, troppe esperienze di plastica, pronte a rompersi come il più fragile dei giocattoli. Essermi lasciato dopo tre anni di convivenza aveva senza dubbio cambiato il mio rapporto con la vita.Aveva cambiato per sempre il mio rapporto con le donne.

Ero cosciente di ciò. Ero cosciente che Sofia una mattina aveva deciso unilateralmente che la nostra storia dovesse finire, che era in crisi, bla bla bla… Tante, troppe chiacchiere. Per riassumere tutto in 4 parole: "Si scopava un altro". Una donna non avrà mai il coraggio di dirlo, allora tergiversa sul fatto della pausa di riflessione, del periodo di confusione ed altre storielle di questo tipo. Così mi ritrovai non solo senza più la ragazza, ma senza casa, senza futuro, con il culo per terra e con tanta rabbia dentro. Con Sofia ci avrei fatto pure un figlio.Nel senso che con lei mi sarei messo la testa a posto, niente più nottate con gli amici a fare casino, niente più scappatelle a destra e sinistra.Serietà insomma.Tutta quella che mi era mancata nella mia vita l'avrei raggiunta per lei. Perché lei era la mia famiglia molto prima di essere la mia donna.Era tutto ciò che di buono avevo costruito nella mia inutile vita, l'unico motivo per cui la mattina, vedendola nel letto accanto a me, potevo dire che forse non ero così un disastro come persona.In fondo un essere speciale mi amava e il resto non aveva molta importanza. Adele mi offrì un caffè nel centro di Padova. Il caffè Pedrocchi è il più antico d'Italia, ed il caffè che bevi lì è una ricetta segreta come quella della coca-cola.È una mistura di caffè caldo che si sposa con una deliziosa crema di zabaione ghiacciata, affogata nella menta. L'incontro del caldo-freddo in bocca è qualcosa di molto simile ad un orgasmo. Ecco perché adoravo questa città.Il sapore del caffè me lo ricordò. eggiammo a lungo per le stradine pulite e ordinate di Padova. Entrammo in un negozio e mia sorella mi regalò un cardigan blu. Sapevo che tutta la mia vita di adesso era solo una reazione a quell'addio

inaspettato.Adele me lo ripeteva mentre in macchina raggiungevamo casa.Non serviva che lei me lo ricordasse, dentro di me ero cosciente che il sesso, il disordine, la mia vita da disadattato, tutto ciò che circondava adesso le mie giornate era solo la logica conseguenza di un addio, della fine dell'amore più grande che avevo conosciuto nella mia esistenza. Raccontai a mia sorella di Marta, del fatto che avevo amato dopo tanto tempo, la prima volta dopo Sofia. Nonostante non credessi fossi più in grado di farlo. Lei rimase stupita ad ascoltarmi perché percepì fervore nelle mie parole e vide una strana luce nei miei grandi occhi neri. "Ma non è che ti stai innamorando?" disse interrompendo il mio racconto. "Non saprei, non me lo sono chiesto" Era vero.Era una cosa a cui non avevo mai pensato. Probabilmente non mi interessava saperlo in quel preciso momento, ero troppo entusiasta del fatto che sentissi nuovamente il cuore battermi e uno strano fastidio allo stomaco. Magari è un segnale che non sono un automa. Adele cucinò meglio di Vissani quella sera e mangiai come non facevo da tempo. Cercai di recuperare un po' di forze visto che le mie le aveva prese Marta assieme al mio odore. Il ritorno nella mia città,nel mio ufficio e nella mia casa è stato un trauma grandissimo. Salutai Marta con il magone, senza sapere se l'avrei più rivista o cosa sarebbe stato di noi. C’era sciopero degli aerei quel giorno, e sperai con tutto me stesso che il mio aereo per Catania non partisse, ma quando arrivai in aeroporto anche

questa flebile speranza svanì. Seduto davanti il gate 8 dell’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna aspettavo d’imbarcarmi con gli occhi lucidi.Stavo cercando invano di trattenere le lacrime,più che altro per pudore, ma Alessia Tondo che cantava nei miei auricolari “Nuvole Bianche” sulle note di Ludovico Einaudi, rese vano qualsiasi mio tentativo di fermare le lacrime. Accesi il mio pc portatile e con le lacrime che bagnavano la tastiera scrissi una mail a Marta:

“Non sarei mai voluto partire, ho sperato fino all'ultimo che quel maledetto volo non partisse... ma non è così.... dovrò allontanarmi di nuovo dai tuoi occhi, dal tuo profumo, dal tuo sorriso... è difficile, è dura che non lo puoi immaginare.Sono stato da dio in questi giorni assieme a te... sono stato “Alex”.... sono stato me stesso e mi sono sentito a mio agio a raccontarti quanto schifo abbia fatto la mia vita e quanto sia stata dura rimettermi in piedi dopo ogni brutta caduta, ma sono così oggi anche per quello che sono stato ieri.Il nostro ato ha segnato entrambi in modo profondo, ho imparato a perdonarmi e mi piacerebbe che anche tu imparassi a farlo.Ho conosciuto una persona, splendida, semplice, ironica, intelligente, sensibile, dolce, profonda, e se oggi sei tutto questo è anche grazie a ciò che sei stata.A grandi dolori corrispondono grandi gioie ed io, te ne auguro davvero tante.Sai cosa penso, penso che più il dolore scava nel nostro cuore, più quest'ultimo diventa capace di contenere gioia.Sono entusiasta di aver respirato attimi della tua vita, di essermi sentito un piccolo pezzo del puzzle delle tue giornate. Sono felice, come non lo ero da tanto tempo. Rivivrò il nostro abbraccio all'infinito Mi mancherai, sarà dura, ma io ci sono e ci sarò,non dimenticarlo mai.Ti voglio davvero bene,grazie di tutto piccola GRANDE Marta....” Non capivo se l'avevo sognato o l'avevo vissuto veramente quel viaggio.Ma mi risvegliai solo nel mio letto, stranamente solo, senza che nessuna mi dormisse vicino.Senza bisogno di sesso, senza crisi d'astinenza.Forse sto guarendo?La mia malattia non ha medicina che possa curarla.Forse sono solo sazio pensai, ma la fame tornerà.In ufficio avevo l'aria serena, elargivo sorrisi e gentilezza a destra e a manca, sembravo uscito dal libro del galateo.I miei colleghi e soprattutto le colleghe bisbigliavano fra di loro frasi del tipo:

"Sta bene secondo te?"

"Ha fatto sei al superenalotto?"

Non hanno idea di cosa vuol dire per un paguro cambiare guscio, trovarne uno più grande ed infinitamente comodo e spazioso. Certo è in prestito per carità, ma io me lo godo. La mia quotidianità cambiò in maniera decisa. Niente rabbia nei confronti del mondo, niente rancore.Sofia se ne sarà pure andata ma la mia vita non è da buttare.Ho tanto da dare, vorrei solo trovare chi è disposto a ricevere. Niente sesso sfrenato e disordine.Sistemai perfino casa. Ora assomigliava a un caldo rifugio piuttosto che una tana, feci anche le pulizie e il colore del water tornò ad essere bianco, credevo di averlo acquistato giallo.Strano pensai.Ho il water che cambia colore, che figata!!Ma come il water tutto il resto cambiò colore, così come dentro anche io stavo cambiando.Pulendo quella casa, facevo ordine dentro me. Diedi a tutto una posizione.Buttai via i vecchi ricordi, catalogai tutto come si fa in un vecchio archivio. Crescere significa anche questo. Dare a tutto una sistemazione. Il dolore mi ha reso più sensibile. Almeno credo. Non ce l'ho nemmeno più con Sofia. In realtà si soffre perché l'idea dell'amore è legata all'idea di possedere

qualcuno.Non mi ricordo dove lessi che in realtà non possediamo nulla, le persone non si possiedono, l'unica cosa che dobbiamo possedere e di cui dobbiamo essere gelosi è la nostra libertà. Marta non so nemmeno se l'avrei rivista.Pensavo molto a lei nell'ultimo periodo. Perché la sua semplicità aveva conquistato il mio animo. La sentivo crescere dentro come un cancro. Una malattia terribile che non ha cura. Avrei dovuto avvelenarmi per combatterla, forse solo la chemio mi avrebbe salvato, ma io volevo ammalarmi, ne conoscevo i rischi. Ne valeva la pena. Altro aereo. Altro viaggio.

Roma

Roma è stupenda. Qualsiasi periodo dell'anno.Perché eggiare al centro della capitale riesce sempre a tirarmi su il morale.Vedere tutta quella gente che gira. Sembra un grande formicaio, gente di tutti i colori e di tutte le razze.Mi piace Roma. È come incontrare l'intero mondo in una città, presente e ato si mischiano dando vita ad un atmosfera ed un'aria che solo lì puoi respirare.Sono qui per lavoro.Nel week-end viene Marta a trovarmi, ed io non vedo l'ora che questi giorni volino. eggiare con lei in piazza di Spagna ha un sapore incredibilmente dolce. Canticchiamo Dolcenera di De Andrè, lei fa da eco alla mia voce. Saliamo qualche gradino verso Trinità dei Monti, ci sediamo e mi accuccio al suo petto.

Con una mano mi accarezza la nuca, io mi inebrio del sapore del suo collo.La gente intorno a noi sparisce.Mi sembra di essere in assoluto silenzio, quando in realtà intorno a noi c'è un mare di gente.Ma questa non è realtà.È il nostro sogno. Il mio ed il suo. I sogni svaniscono con le prime luci dell'alba. Ma è buio pesto e la luna non ha assolutamente voglia di lasciare posto al sole, nel mio cuore è così.Non so per quanto durerà questa eclisse. Anche il cibo mi sembra superfluo.Il mio corpo sembra non aver bisogno di altro, vivo di lei e non mi sembra di aver mai assaggiato cibo che sazi di più.Non so se avremo un futuro assieme, non so cosa sarà di noi, ma per la prima volta nella mia vita è un problema che non mi pongo.È così pura questa felicità che mi riempie, mi riempie a tal punto che non mi chiedo che sarà del mio domani, il mio presente è così bello che il futuro non mi interessa. Marta ha avuto la grande capacità di farmi scoprire parti di me che non avevo mai visto, ha aperto sentieri nel mio essere che non credevo esistessero.

Catania

Adesso arriva la parte triste. È andata come credevo.Come ho sempre saputo in un angolino del mio cuore. Marta è sparita. Non ho più idea di che fine abbia fatto.Il suo telefono squilla inutilmente da giorni, settimane.L'ultimo ricordo che ho di lei è l'immagine di noi abbracciati su Ponte Milvio, dopo una venerdì notte a Trastevere, trascorso a bere e a lanciarci molti sguardi simili ad un addio. Abbiamo fatto l'amore per l'ultima volta, l'abbiamo fatto con rabbia, graffiando la nostra pelle per lasciare un segno indelebile di noi. Nel nostro inconscio sapevamo che era l'ultima volta, ma non avevamo trovato il coraggio di dircelo.Il sogno stava per finire, io stavo per svegliarmi dopo un mese

fantastico.Avrei fatto meglio a dimenticare e cancellare.Avrei fatto meglio a odiarla.I miei amici mi consigliavano di farlo.Di prendere una spugna e cancellare tutto ciò che c'era stato, cancellare le sensazioni, gli odori, gli sguardi, i sapori, le emozioni. Resettare la mia memoria quasi fossi un computer. L'amore non è questo. Ho immaginato la mia storia con Marta come una pianta. Una pianta stupenda che ha delle foglie meravigliose e dei fiori bellissimi.Come tutte le piante in autunno le foglie cadono, i fiori apiscono.Non buttai quella pianta.Così quando Marta sparì, mi limitai a togliere le foglie secche, e conservare nella mia mente il profumo dei fiori, il verde delle foglie.Conservai quell'esperienza dentro me, non come qualcosa di negativo, ma come qualcosa di immensamente grande che mi aveva ricordato che provavo ancora emozioni forti, che il mio cuore era capace di battere ancora forte. La incontrai dopo quasi un mese di silenzio, in un grigio lunedì d'aprile per le vie di Catania. Il destino è così.Non finisce mai di stupirti. Mi sentii toccare il braccio. "Ehi!!!!" disse con voce squillante. Non riconobbi la voce,ma il suo profumo mi fece tornare la sua immagine in mente ed il suo sapore in bocca. "Ciao!!!! Che ci fai qui?" dissi fingendo di non essere sorpreso da quell'incontro,ma avevo il cuore che stava per uscirmi dal petto, e dalla mia voce tremante si percepiva emozione. "Sono qui da sabato, per le vacanze di pasqua, come stai? Come va?" "Io tutto bene, solita vita, tu?" "Anch'io bene, al solito senza infamia né lode".

Avrei voluto parlarle per ore, chiederle cosa diavolo avesse pensato in quel mese di silenzio, dirle che i miei giorni senza il suo pensiero erano diventati inutili e insensati. +Non lo feci. La guardai sorridendo per un paio d'istanti, poi dalla mia bocca uscì questa frase: "Stammi bene, ciao". Senza battere ciglio.Non sto scappando pensai tra me e me, ho solo capito che non posso lottare contro il destino da solo.Marta è stata solo una bella parentesi, una delle tante.Non posso costringere una persona a stare con me.Non è andata.Nonostante i miei sforzi, nonostante le notti d'amore, le emozioni forti ed i viaggi. Inizio a convivere con l'idea della solitudine. Inizio a convivere con il fatto che ogni donna che conosco mi lascia indifferente o mi delude. Sdraiato sul divano della mia stanza, ho il sapore del Vagostabil tra le labbra.Riesco a rilassarmi solo con queste maledette pillole. Tranquillanti.Mi sento dolcemente cullare dai ricordi che riaffiorano nella mia testa, come i flutti vanno e vengono.Ci vuole pazienza nella vita. Me lo ripetevo quasi a convincermi del fatto che un giorno avrei avuto la mia rivincita sul mondo. Pensai a mia madre, alla sua nuova vita ed alla sua nuova famiglia.Chissà se mi starà pensando. Presi tra le mani il mio violino e cominciai a suonare, riempii un calice di Harmonium della cantina Firriato.L'apoteosi nella mia bocca.La musica malinconica del violino rappresenta la mia esistenza. Un suono dolce e triste, un suono capace di rapirti l'anima e non tornartela più indietro. Mi addormentai così, con il violino tra le mani e con le note di Ludovico Einaudi che suonava "I giorni" nello stereo della mia stanza. I pensieri che mi danno il buongiorno sono stranamente dolci, mi ricordano che nella mia vita, la felicità è arrivata spesso in maniera inaspettata.Con gli anni ho

capito che la felicità, quella vera, sta nella giusta misura delle cose.Perché tra camminare e correre c'è un'andatura che ti permette di evitare le buche senza perderti la bellezza del paesaggio. Il mio carattere ha fatto in modo di scremare le persone che mi sono rimaste amiche, come una selezione naturale, negli anni sono spariti tutti coloro che non hanno sopportato le mie assenze e il mio continuo borbottare.Sono rimaste poche persone, amici fidati, fratelli nonostante nelle vene non avessero il mio stesso sangue. Perché capitava spesso che finissi nei casini, che la mia esistenza finisse, per il corso degli eventi, in un labirinto dal quale era quasi impossibile trovare la via d'uscita con le mie uniche forze. Capitava che il telefono suonasse e dall'altra parte della cornetta il "Pronto" era quasi scettico nel vedere il mio numero sul display del cellulare. "Sono Alex, sono nella merda". "Tranquillo non ci sono problemi, ti aiuto io". Negli anni ho conosciuto persone che mi hanno condotto fino all'uscita dei miei labirinti, indicandomi la strada e aiutandomi senza mai chiedere nulla in cambio. Un aiuto puro e disinteressato.Negli anni queste persone, poche a dir la verità, sono entrate a far parte della mia vita in silenzio, tutte le altre si sono allontanate, con frasi del tipo: "Mi cerchi solo nel momento del bisogno". La verità è che in amicizia come in amore, il momento in cui si ha più bisogno di sentire l'affetto ed il conforto è il momento in cui lo si merita meno.Ci sono persone con una sensibilità tale da capirlo senza indagare troppo, senza domande scomode, altre invece semplicemente non ci arrivano. Angela ad esempio era una di queste persone. Era stata la mia prima ragazza, la prima donna con cui avevo fatto l’amore.La prima donna che ho veramente amato con tutto me stesso. La cercavo e poi sparivo, le davo appuntamenti a cui poi non mi presentavo, ma lei non me lo

rinfacciava, sapeva che ero così e nei miei comportamenti non c’era malizia. Lei c’era sempre stata nonostante tutto.Dopo l’ennesimo bidone mi mandò anche questo messaggio: “La cosa strana è che a distanza di anni, di tanti anni, riesci ancora a stupirmi. Appari, scompari. Dopo lunghi, lunghissimi silenzi, succede che mi confidi le tue paure più nascoste, che riesci a dirmi cose che ai tuoi amici di sempre, quelli veri, non riesci a confidare.E poi di nuovo il nulla.Non ti ho mai chiesto il perché di questo, forse perché in fondo lo conosciamo entrambi. Cerchi un contatto, prometti un caffè , una cioccolata, una lettera, probabilmente sull'onda del momento, mentre rivivi, è come se ci fossimo affidati tacitamente una parte in questi anni e dovessimo ad ogni costo portarla avanti, quella del "comunque ci sarò" e credo che questo sia il tuo modo di farmelo sapere. Poi ritorni alla realtà e io sparisco. Alex, non è una critica, non è una accusa, è solo un pensiero.Il mio pensiero che comprende forse tutta una serie di punti interrogativi che mai ti chiederò.Se c’è una cosa che ho imparato col tempo è quella di non farmi domande,non possiamo avere sempre le risposte. ti voglio bene. un abbraccio forte. Angela.” Pure Andrea lo ricordo per questo, ed il suo ricordo mi è venuto a trovare questa mattina. Non ci vediamo da anni, ma appena alzo il telefono so che dall'altro lato sentirò sempre la sua voce tranquillizzarmi. "Tranquillo fratello, ti aiuto io"

Felicità in pillole.Sarebbe un'idea grandiosa.In ognuna di quelle pillole inserirei un ricordo di un mio amico che vedendomi in ginocchio mi ha aiutato a rimettermi in piedi, senza mai rinfacciarmelo,senza mai ricordarlo. Questi anni fatti di sesso, serate ate a scoprire il limite della mia vita, non mi avevano regalato nemmeno una briciola di felicità. Quella mattina invece il ricordo di Andrea e di Angela e di tutti coloro che nonostante tutto continuavano ad essere nella mia vita mi riempi di gioia. Faccio colazione al bar, con un abito scuro e la camicia bianca che spezza.La cravatta oggi non la metto perché non voglio rischiare di soffocare nuovamente al lavoro.Niente tranquillanti. Oggi voglio sfidare me stesso,solo ricordi positivi e tanta serenità.Ho brevettato pure le famose pillole di cui parlavo prima.Sono pieno zeppo di buoni ricordi, strabordano dalla mia mente come la schiuma del cappuccino che mi serve il barista.Faccio colazione in questo bar ormai da anni, c'è la ragazza che lavora qui che mi saluta ogni giorno sempre con lo stesso sorriso smagliante, sempre con lo stesso sguardo ammiccante.Non mi sono mai fatto avanti. In questi anni avrà pensato sicuramente che sono gay, ma non sa che le evito tanti problemi continuandola ad ignorare.Con il culo che ho è molto probabile che è in Italia di aggio, ha origini del Bangladesh ed io minchione come sono, la inizio a inseguire in capo al mondo. Mi bastava guardale negli occhi alle donne per rimanere completamente estasiato, eggiando verso l'ufficio pensai che le donne custodiscono il segreto della vita nei loro sorrisi e nelle loro mezze verità, nel loro essere perennemente distratte e in quelle borse piene di tutto ciò che non serve.Erano belle, lo erano dalla nascita e dall'alba dei tempi, ma non per scelta ma per loro stessa natura. Il mio ufficio non mi parse mai così vicino come quella mattina, avrei voluto ancora camminare per ore.La eggiata aveva stimolato la mia mente quasi a farmi diventare qualcosa di molto simile ad un filosofo.È incredibile cosa riesce a fare un eggiata subito dopo colazione.Sicuro che fosse cappuccino? Bah… non sono mai stato una persona normale, vuol dire che questo periodo filosofeggiante è l'ennesimo periodo strano.Dovrò andare di nuovo dalla psicologa.Ormai vede più volte me che suo marito.Non posso dimenticarmi

quando andai per la prima volta nel suo studio. Mi aprì la porta una signora di mezz'età non molto attraente, con gli occhiali appoggiati quasi alla fine del naso ed un modo goffo di camminare.Mi fece accomodare in una stanza luminosa, ma invece che il divano o la poltrona comodissima e reclinabile che dovrebbe trovarsi in ogni studio di un psicologo che si rispetti, io trovai una sedia-sdraio.Modello-Auchan-10-euro.Come potevo rilassarmi su quella pseudo-sdraio?Comunque sedia a parte, iniziai a raccontare la mia stranissima esistenza e le mie mille peripezie, lei cominciò a scrivere e dopo aver riempito le quattro facciate del foglio bianco a righe interruppe il mio discorso dicendo: "Quanti anni ha detto di avere??" "30, dottoressa, ho 30 anni"risposi. "Sicuro di non averne almeno 50?" In effetti ho un po' esagerato con i racconti considerando che è il mio primo incontro. Probabilmente avrà pensato che sono un incrocio tra Pietro Pacciani e Kurt Cobain.Mi guardò con disgusto misto a comione, ma con il are del tempo anche la dottoressa dovette ricredersi sul mio conto.Non ero poi così male. "Sa, il suo problema è sua madre!!" Pensai:” cazzo è un genio!” C'era bisogno che pagavo un migliaio di euro per scoprire che l'abbandono di mia madre aveva creato un mostro? Lo sapevo anch'io, ma lei continuò la sua diagnosi togliendomi ogni dubbio che fosse sicura discendente di Einstein. "Sa, penso che lei sia fortemente dipendente dal sesso perché, trattando una donna come oggetto, inconsciamente vuole vendicarsi per l'abbandono di sua madre e della sua ex"

Non c'erano più dubbi, avrò fatto tanti errori nella mia vita ma quello della psicologa laureata al Cepu è stato senz'altro l'errore più grande. Il ricordo della psicologa mi abbandono non appena entrai in ufficio. Fortunatamente. Soliti sguardi ammiccanti con le colleghe, solite occhiatacce con il capo fingendo un minimo di riverenza, ma grazie a dio la mia stanza è la prima del corridoio, entro, chiudo la porta e tiro il solito sospiro di sollievo. Giornata di lavoro pesante, l'estate si avvicina e il caldo si fa insopportabile. Mi drogo di aria condizionata, ma è una traditrice anche lei perché mi entra in testa e mi provoca un leggero mal di testa che non mi abbandona per il resto della giornata.Cerco di non avere molti progetti per questa estate, a parte il solito di tenermi lontano dai guai. "Toc Toc" "Dott. Marchì posso entrare?" La voce mascolina di Erika, la segretaria della studio, turbò il mio inizio di giornata. "Prego, entri" "Buongiorno dott. Marchì, stamattina è venuta una donna che ha lasciato questa lettera per lei." Tra me e me pensai che sarebbe arrivato il giorno nel quale qualche donna venisse a bussare alla mia porta con un bel neonato che volesse conoscere suo padre. "La lasci pure sul mio tavolo" Restai per qualche minuto ad osservarla, una vocina dentro di me mi diceva di buttarla via. Ho un bel po' di soldi da parte, primo aereo per Rio, trasferimento a Fortaleza e chioschetto sulla spiaggia, con rigoroso panama in testa, camicia sbottonata con

pelo e crocifisso d'oro a vista. Essendo siciliano a volte mi viene quasi impossibile reprimere le mie origini. Il pelo a vista e il crocifisso d'oro erano un sogno che coltivavo fin da bambino. L'avevamo detto mille volte con Marco, il mio migliore amico. Se va tutto a puttane biglietto per il Brasile e via. Avevamo pure un tesoretto da parte che alimentavamo assieme.Non si sa mai. Eppure dovevo aprirla. Calma. Respira. La apro. È un foglio di pergamena,simile a quello che si usa per le partecipazioni dei matrimoni. È una calligrafia tondeggiante, piacevole a vedersi anche se non ne conosco ancora il significato. In alto c'è scritto “per Alex”. "Federico & Alice sono felici di invitarti alle loro nozze giorno 26 agosto 2011 presso la chiesa Cattedrale di Piazza Armerina.Gli sposi ringrazieranno gli invitati presso l'Agriturismo Mandrascate." Uno dei miei migliori amici si sposa.Cazzo, sono sempre i migliori ad andarsene pensai tra me e me, ma era solo uno stupido pensiero, ero strafelice del loro matrimonio. Federico e Alice sono miei amici d'infanzia e stanno assieme da più di un decennio e il frutto del loro amore si chiama Irene.Mai vista una bimba tanto bella. Dopo aver tirato un bel respiro di sollievo per la lettera e aver stampato sul volto

un bel sorriso per la bella notizia del matrimonio uscii dall'ufficio e ai dal supermercato. Incontro sempre loro.Due fidanzati che fanno la spesa assieme.Due fidanzati come tanti, solo che lei mi colpisce per i suoi occhi, neri e grandi, per il suo sorriso vero e forte.Non ho capito bene cosa volessi intendere con la parola forte.So solo che quel sorriso lo era, e dava la sensazione di essere così forte tanto che nulla l'avrebbe scalfito.Una felicità vera le sfavillava negli occhi.Amava il suo uomo così tanto che era impossibile non accorgersene guardando quello sguardo. Giuro che ho provato invidia per quell'uomo e per l'amore che trasudava dagli sguardi della sua donna, li osservavo tra i corridoi del supermercato, nascondendomi tra i surgelati e le merendine.Rubavo i loro sguardi, rubavo le loro carezze, le loro risate.Non era la prima volta che li incontravo e mi chiedevo sempre quanto fosse fortunato quell'uomo. Se lui fosse cosciente di quella fortuna. Lei si chiama Claudia, è una studentessa di Economia, ma quando me la presentarono degli amici in comune non riconobbi più quella luce nei suoi occhi e non ebbi il coraggio di dirle che la conoscevo in fondo da tempo.L'avevo spiata per settimane, forse mesi in quel supermercato.Non è molto carino dire la prima volta: "Ciao, piacere Alex, sai io ti conosco già da diversi mesi, spio te e il tuo ragazzo al supermercato".Quindi non dissi niente, uscii con Claudia diverse volte, imparai a guardare in quel viso e a scoprire che fine avessero fatto quel sorriso forte e quella luce nei suoi occhi. Mi parlò del suo amore per quell'uomo che era finito in maniera triste. “è solo un coglione, non meritava di avermi".Non so il perché ma lo pensavo anch'io. Non la conoscevo per niente, in fondo per me Claudia era solamente un'estranea, ma in quegli occhi avevo visto una luce che non hanno tutte le persone, ero convinto che fosse speciale, pur senza conoscerla. "Benvenuta nel club dei delusi dall'amore" "Oh grazie mille Alex, vuol dire che dentro ci sei pure tu?". Non avrei saputo da dove iniziare con Claudia, nel senso da dove iniziare il

racconto della mia vita.Mi limitai a raccontarle che anche a me le cose non erano andate poi così bene negli ultimi anni, e come tutti gli animali feriti erano diventato diffidente nei confronti delle donne in generale, ma più che altro non credevo all’amore come condizione perpetua.Si instaurò una bella amicizia con Claudia, perché mi accorsi conoscendola che oltre ad essere molto carina era molto semplice, simpatica ed intelligente.Tra me e me pensai: "Dio da il pane a chi non ha i denti". L'avrebbe rimpianta quell'uomo e più la conoscevo e più ero convinto che l'avrebbe fatto.

Valenzia

Ho deciso di iniziare la mia estate con un bel week-end a Valenzia. Partiamo io, Marco e Giuseppe.E’ fine luglio e fa un caldo infernale.Ho girato molto la Spagna negli anni, Barcellona, Ibiza, LLoret de Mar. Posti caotici e affollati.Piccole colonie di italiani.Se ci vai d'agosto sei convinto di essere ancora nello stivale.Ci trovi più italiani che spagnoli. Valenzia è diversa.È una città a misura d'uomo.Una città in cui il futuro ed il ato si fondono in un presente che ti lascia senza fiato. Le strutture avveniristiche del porto ti tolgono il respiro, e nel centro storico si respira un'aria di un tempo ato di sfarzo e bellezza.Non c'è contrasto tra il vecchio ed il nuovo.Solo un'armoniosa sintonia.La notte è una città fantastica con un mare di giovani che si riversano nelle strade per divertirsi,la gente finisce di lavorare il venerdì ed è pronta per il lungo week-end, tra pub, discoteche e locali in cui fare le ore piccole.Si vede lontano un miglio che siamo italiani, i nostri vestiti e le nostre camicie firmate tolgono ogni dubbio.Quando siamo in vacanza noi italiani sembriamo lottare per l'orgoglio nazionale, tutte le donne che incontriamo devono essere nostre, dobbiamo portare a letto più donne possibile, quasi a tenere in alto l'onore della nostra nazione.La sera in discoteca ci dividiamo quasi sempre, non sei mai tu a scegliere una donna, sono loro che scelgono te.Qualcuna ti sorride, qualcun’altra ti sbatte addosso, ed in questa continuo scambio di attenzioni cominciano le nostre serate.Alle 5 del mattino ci

ritroviamo in condizioni improponibili, non siamo mai uguali a come siamo usciti dall'albergo.Parliamo una lingua autoctona che è un misto tra lo spagnolo, l'italiano con l'aggiunta della s alla fine delle parole e il dialetto siciliano. Ad ogni modo ci facciamo capire. Siamo buffi noi italiani all'estero, le ragazze ridono e si divertono.Fondamentalmente le facciamo divertire le donne, siamo fuori dagli schemi.Io flirto tutta la sera con una ragazza spagnola che ha studiato in Italia, quantomeno mi capisce e riusciamo a comunicare in un modo quasi normale.È molto simpatica, ridiamo e ci divertiamo tutta la sera, beviamo fino all'alba.Poi ci perdiamo tra la gente, in mezzo alla confusione.Adoro flirtare.Sembro essere nato solo per questo.Mi piace parlare e perdermi negli occhi delle donne, è semplicemente meraviglioso perdercisi dentro.Niente sesso. Solo giochi di sguardi, ci sfioravamo appena. Vicini, ma mai abbastanza.Non volevo più farmi male con il sesso.Niente x sul muro. Niente donne a casaccio.Sull'aereo di ritorno per l'Italia pensai che era quasi un mese che non facevo sesso.Da una stranissima festa in piscina da Marco.Una festa in cui tra gli invitati ci sono almeno 5 donne che sono venute a letto con me.C'è anche Sofia.iamo tutta la sera ad osservarci da lontano senza salutarci, evitando qualsiasi tipo di contatto. Controllandoci da lontano tutta la sera.Flirto con molte donne quella sera, fino all'alba, quando Sofia con il coraggio di qualche vodka-lemon decide di fermarmi.Me la trovo improvvisamente davanti: "Ciao nano, come stai?” Nano era il mio appellativo per Sofia, visto il mio metro e novantadue. "Ciao Sofia, io sto bene, solita vita, tu?" "Anch'io bene, insomma non tanto bene, in verità, mi manchi" rispose abbassando gli occhi a terra. "Ahahahahah - non posso fare a meno di ridere - Ti manco?Mi hai lasciato e stai con un altro ed io ti manco?A me sembra tutto assurdo!!!" "Se dopo due anni siamo ancora qui non è poi così assurdo". Adesso i suoi occhi fissano i miei. "Abbracciami Alex, ti prego".

Ci stringiamo forte ed i nostri odori risvegliano vecchi ricordi,vecchi sapori,vecchie voglie. "Accompagnami a casa così parliamo un po’" Lascio la festa e vado via con Sofia.Ci appartiamo in una zona tranquilla e parliamo per ore. Non ho più astio nei suoi confronti, non ho più rabbia.In quegli occhi rivedo tanta vita vissuta assieme, tante cose belle,tanto amore.È ato, non è più nel mio presente.Ci baciamo. Come solo noi sappiamo fare.Quel bacio mi ricorda quanto era grande il nostro amore, quanto ero innamorato di quella donna.È solo un istante, ma quello scambio di chimica mi ricorda il sapore dell'amore.Non voglio fare l'amore con lei, non lo voglio.Sarebbe solo un errore. Mi farei solamente male, o forse stavolta farei male solo a lei.Accendo la macchina improvvisamente, davanti il suo sguardo sorpreso e scappo via. "Dove vai?" dice incredula. "Ti accompagno a casa, basta con le cazzate!" "Ma non è una cazzata Alex!" "Per me lo sarebbe!" Scende dalla macchina con gli occhi lucidi ed io scappo via, torno alla festa.È rimasto solo Marco con qualche altra ragazza a bordo piscina.Io ne prendo una a caso e vado a fare sesso con le prime luci dell'alba che fanno da sfondo a quello scempio.Nemmeno mi piace.Mi serve per farmi male a modo mio.Per strappare dalla mia carne un po' di piacere.Quel piccolo piacere della carne mi fa stare meglio.Il fatto che Sofia sia ancora nella mia vita in un modo o nell'altro mi dà fastidio e piacere nello stesso tempo. È stata l'ultima volta. L'ultima volta che ho fatto sesso, più di un mese fa.

Piazza Armerina

Ad Agosto o le ferie nel mio paesino d'origine, vado a trovare mio padre. Piazza Armerina è un grazioso paese della provincia di Enna, al centro della Sicilia. Sono cresciuto tra queste ventimila anime,qui ho trascorso l'infanzia e l'adolescenza.Vengo sempre quindici giorni ad Agosto a trovare vecchi amici e a vedere come se la a il mio vecchio.Mi rilassa molto respirare l'aria di un tranquillo paese di provincia.I luoghi della mia infanzia mi ricordano quando la felicità era inseguire un pallone per strada,o girare pomeriggi interi con la bici.Si giocava ancora all'aperto senza playstation e personal computer, si viveva fianco a fianco con gli altri bambini, e le paure e le gioie erano comuni e si condividevano con gli altri, senza isolarsi, senza chiudersi in una stanza davanti ad uno schermo. Mio padre lo trovo bene.Sta per andare in pensione e a il suo tempo libero coltivando l'orto e gustando i frutti del suo lavoro, gli brillano gli occhi a guardare i suoi pomodori e la sua uva. È una persona semplice e tutto ciò che ha avuto nella sua vita se l'è sudato.La vita non gli ha regalato mai nulla, lui non ha regalato mai nulla alla vita. È stata sempre una lotta infinita la sua esistenza.E il suo volto rude e le rughe della fronte lo ricordano a chi non lo conosce così bene.Ricordo poche frasi di mio padre,ma una che mi disse non l'ho più dimenticata. "Alex se combatti puoi anche perdere, se non combatti hai già perso". Un proverbio cinese dice che se vuoi essere felice un giorno devi andare a cena con gli amici, se vuoi essere felice un mese devi compiere un viaggio, se vuoi essere felice un anno devi sposarti, ma se vuoi essere felice tutta la vita devi costruirti un giardino.Mio padre l'aveva preso alla lettera quel proverbio, sembrava davvero felice. o le serate in un locale che si chiama "Highlander", i proprietari sono tre fratelli che mi hanno visto crescere, ho ato li dentro gran parte della mia adolescenza, tra una birra e l'altra ho vissuto con loro le prime paure, i primi

amori, e prime vere gioie.È come ritornare indietro di un quindicennio, rivivere vecchie emozioni che i colori, i profumi e le facce di quel posto riportano vivide nella mia mente.È la sera dell’8 agosto, sono seduto davanti l'Highlander e un migliaio di persone affollano la piazza circostante il locale, è quasi ferragosto e il paese è pieno di turisti. Sto bevendo un bombay-tonic quando mi sento sfiorare appena il braccio. Marta ando lascia il suo odore dietro di lei, una invisibile scia di profumo che dalle narici va in circolo e arriva subito ai neuroni scuotendomi la testa. "Ma sei tu? Ma che cavolo ci fai qui?" dissi ad alta voce. "Non pensavo che fossi così felice di vedermi,che ci fai tu qui?" "Io ho ancora una casa e una famiglia, è il mio paese di nascita penso che sia normale vedermi qui" "Beh anch'io ho una famiglia qui, i miei nonni sono di Piazza Armeria" Il destino mi prende per il culo o cosa? Non sento Marta da aprile, e lei spunta così all'improvviso come se nulla fosse? Sono attonito,seduto su uno sgabello, con il cocktail in mano e continuo a guardarla a distanza di un paio di metri.Lei gesticola e parla con dei ragazzi che conosco solo di vista. Quanto mi era mancato quel gesticolare, quel suo modo di fare. Quanto mi era mancato quel danzare nell'aria delle sue mani e quella splendida risata. Perché quando sorride le si formano delle rughe attorno agli occhi di cui è impossibile non innamorarsi. Io non sono solo quella sera, sono in dolce compagnia. Sono in compagnia di sca, un angelo dai capelli biondi e gli occhi verdi. Lei continua a parlare ed io mi sforzo di ascoltarla,ma in testa sento solo una vocina che

ripete:"MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA", tanto che sca interrompe il discorso e mi dice: "Ohi Alex ma mi stai ascoltando?? Chi è questa ragazza che ti ha salutato???" "Come scusa??? Ah si si, Marta, una vecchia amica…" Si vedeva un miglio che mentivo, di vecchio non aveva nulla Marta e poi figuriamoci d'amica. Le donne in questo hanno il sesto senso, se menti lo capiscono immediatamente, poi se menti su una donna sei spacciato, lo sentono quando ancora non hai finito di rispondere. Continuai a parlare con sca, ci allontanammo dal locale per parlare un po' in un posto più tranquillo, ma il cellulare mi squillava in continuazione, i messaggi arrivavano uno dopo l'altro. “È Marta vero?" Non potevo più mentire. "Sì è Marta, ma tranquilla è una cosa morta e sepolta, è solo una vecchia amica, una storia vecchia" "Alex, scusa la mia franchezza, io non so chi sia, ma da quando l'hai vista hai cambiato espressione, non ascoltavi più, sembravi in trance, avevi lo sguardo nel vuoto" "Si lo so Fra, ma è una storia strana, qualcosa che è iniziato e non è mai finito, non so nemmeno io come definirla quella storia, insomma…" "Si ho capito, va da lei…." "Ma no che dici, tranquil….." Non mi fece nemmeno finire di parlare e accese la mia macchina. "Accompagnami, forza!". Non me lo feci ripetere più di una volta.

Lasciai sca a casa. Mi "precipitai" verso Marta.Non c'era termine più adatto di quello. Ero in caduta libera verso quel "buco nero" di nome Marta. Mi chiamò e mi disse di seguirla in una zona periferica del paese che nemmeno io conoscevo. Posteggiamo le macchine in un grande spiazzale. Scendiamo e ci osserviamo. Senza dire alcuna parola ci avviciniamo con calma,e ci stringiamo forte.Quasi ad inglobarci a vicenda.Ci respiriamo a lungo, con forza, quasi ci fosse mancato l'ossigeno per quattro mesi. Siamo avari di quella fragranza che contraddistingue i nostri corpi, e facciamo a gara a chi ne respira di più. "Ci sono rimasto male, Marta, ci sono rimasto male per come sei sparita nel nulla" "Ci sono rimasta male anch'io Alex, per quello che mi hai scritto in quella mail d’addio, perché mi hai cancellato da tutto, e quando ti ho accompagnato alla Stazione Tiburtina a Roma e si sono chiuse quelle porte ho pensato che quel treno ti avrebbe portato via per sempre e non ci saremmo visti più." "Lo so Marta, sono un tipo strano, ma tu mi batti di gran lunga, mi sei mancata da morire" "Sì Alex, mi sei mancato da morire anche tu, sei l'unica persona con cui riesco a parlare e che mi capisce, che mi riesce a fare stare bene, capisci…." "Ti capisco perfettamente è così anche per me" Ci deve essere una dannata spiegazione se il destino me la riporta anche qui. Se il destino mi fa incontrare Marta dopo 4 mesi di silenzio in un paese sperduto del centro Sicilia.

Un dannato motivo ci deve essere. Non credo al caso. Io non ci ho mai creduto. Siamo appoggiati alla sua macchina tenendoci stretti così forte quasi a sconfiggere la nostra paura nascosta che uno dei due voglia scappare.Non ci stiamo nemmeno abbracciando, ci stiamo incatenando, io a lei e lei a me. "Quando riparti?" "Il 13 settembre" "Avremo tempo e modo di stare assieme, ne ho bisogno" "Si anch'io Alex e non sai quanto" "Ora meglio andare a casa, troppe emozioni in un’unica sera, inizio a diventare grande e il mio piccolo cuore potrebbe non reggere." "Stronzo!! Si, forse è meglio" "Ti voglio bene piccolina" "Anch'io Alex, tanto" Entriamo ognuno nelle rispettive macchine e scappiamo via alle prime luci dell'alba.Non sono nemmeno arrivato a casa quando mi vibra il cellulare e leggo il messaggio di Marta. "Ancora col tuo odore addosso, la canzone Angel di Shaggy, ti voglio bene e non mi sembra vero. p.s.guarda i colori di quest'alba. Buonanotte".

Non dimenticherò mai quella notte perché quando entrai a casa e mi misi a letto, mi addormentai con il sorriso sulle labbra.Dormivo felice.Una sensazione tanto bella quanto strana. Cosa sognai mi sembra anche inutile dirlo,visto che ogni centimetro quadrato della mia pelle profumava di Marta.Quel profumo annusato dal mio naso tutta la notte aveva pilotato i miei sogni in un unica direzione.Il risveglio è stato qualcosa di tremendo!Mi svegliai tutto affannato e la cercavo tra le lenzuola,per capire se fosse solo un sogno. Beh, era stato solo un sogno, ma l'incontro della sera precedente era stato reale. Appena Marco venne a sapere che c'era Marta nei paraggi si mise le mani tra i capelli, guardò Giuseppe negli occhi ed esclamò: "L'abbiamo perso, cazzo!!!" Cercò invano di mettermi in guardia: "Alex ti ricordi come stavi quando sei tornato da Roma? Non ci rimanere sotto un'altra volta. Conosci tante ragazze, perché proprio lei?Stai attento Alex una come lei ti fotte il cervello!" Cercai invano di tranquillizzarlo con esiti molto deludenti. "Tranquillo Marco, stavolta è diverso, non ti preoccupare" "Ho capito…. Ti abbiamo definitivamente perso". Tutte le sere effettivamente ad un certo orario sparivo, mi bastava uno squillo o un messaggio e correvo da lei.avo l'intera giornata cercando di convincermi che doveva essere diverso stavolta, che dovevo essere forte e non dovevo farmi prendere da lei.Poi sarebbe partita, io ci sarei stato una merda… bla bla bla. Il cuore e la testa sono inversamente proporzionali.Se dai retta ad uno dei due irrimediabilmente diminuiscono le ragioni dell'altro e viceversa. In amore non si usa la testa, io non l'avevo mai usata.Credo che la razionalità sia l'esatto contrario della parola amore.Forse per questo sono stato così male per amore, perché non ho mai usato la mia dannata testa.Ero cosciente che la mia solitudine non derivava tanto dal fatto che fossi solo, in fondo solo non lo ero mai.Gli amici e le donne non mi erano mai mancati, ma quelli come me nascono

con una solitudine congenita, che è uno stato d'animo perenne, ce l'hanno dalla nascita e nonostante si circondino di tante persone, sono affranti da un inquietudine che li divora dall'interno. Aver conosciuto una come Marta mi ha fatto sentire meno solo al mondo. ammo diverse notti d'agosto assieme, con il cielo stellato che ci faceva da tetto.Una sera mentre ci baciavamo mi disse:"No Alex, non voglio!!!Chissà con quante donne ci hai fatto l’amore quì" “Marta ma stai scherzando?L'ultima volta che ho fatto l'amore l'ho fatto con te, poi mi sono solo fatto male, solo squallido sesso.Credevo di averti persa per sempre" Mi baciò e strappò via i bottoni della mia camicia.Sfogammo quella notte tutta la voglia accumulata in quattro mesi, mischiata alla paura che ci fossimo persi per sempre.Sparimmo entrambi. Non c'era più ne lei ne io. C'era soltanto noi.Un unico corpo,un unico gemito,un unico respiro.Tutto all'unisono. La mia pelle, la sua pelle. Il mio piacere, il suo piacere. Il mio battito,i l suo battito. Quando finimmo tornammo ognuno nel nostro corpo, guardandoci fisso negli occhi. Accarezzando la pelle con le nostre mani.Quel silenzio mi sembrò infinito, poi lei lo interruppe di colpo. "A modo mio credo di essere innamorata di te" Feci una smorfia simile ad un sorriso. "è il modo tuo che mi preoccupa"

"Alex non fare lo stronzo, io ti apro il mio cuore e tu mi prendi per il culo?" "Scusami Marta, è che siamo così diversi, così distanti eppure ti sento così vicina" "Lo so Alex, lo so.Dormi con me stanotte!!!" "Stanotte non si può'" "Perché no?" "Perché non si può, un'altra volta." Mentre l'accompagnavo a casa mi strinse forte le mani. "Hai delle mani stupende, sai Alex?" "Si me l'hanno già detto" "Stronzo!Nonostante ti sforzi di rinnegare la tua natura, rimani fondamentalmente uno STRONZO" Abbiamo vissuto accanto per molti giorni a venire. Abbiamo fatto l’amore come lo fanno due persone che sia amano per davvero. Io l'amo. Adesso ne ho la certezza. L'amo nonostante viva lontano da me.L'amo nonostante non risponda al telefono e sia sfuggente. L'amo nonostante i silenzi e le incomprensioni. Io l'amo ed è un dato di fatto. Tutto il resto sono solo cazzate. Proverò a rinnegarlo, proverò a dimenticare.

Ma dentro ho amore per Marta e il mio cuore è intriso di lei.

Il matrimonio

Oggi è il 26 agosto. Alle 17 e 30 si sposano Federico e Alice.Io sono l'autista degli sposi. Fa un caldo tremendo e girare per il paese alle 4 del pomeriggio con la cravatta e la giacca non è proprio il massimo. Mi squilla il telefono. "Guarda che il matrimonio è tra un'ora, vuoi lasciarmi a casa?" "Federico sono quasi pronto, ma sposarsi a fine settembre o a maggio con un clima più mite no?" "Muoviti Alex, non vorrei che ci ripensassi e scapimo entrambi in Brasile" “È tardi amico mio, oggi è il gran giorno, goditi l'ultima ora d'aria!" "Ma quale ora d'aria, ci ho già rinunciato il giorno in cui è nata Irene.Il regalo più bello che la vita potesse farmi." "Basta così Federico, mi viene da piangere altrimenti. Due minuti e arrivo". Quando arrivo a casa di Federico mi ci vorrebbe già un'altra doccia. "Dead Man Walking" grido davanti la finestra di casa sua. "Sto scendendo, idiota!" "Minchia che sei bianco, ti stai sentendo morire?'" "Alex ci manchi solo tu, sali su quella maledetta macchina e andiamo in chiesa" "Federico è un matrimonio non un funerale, ALLEGRIA!!"

"Fanculo!!!" La macchina è una favolosa Porsche Cayman S, grigio polvere di stelle, giriamo un po' per il paese prima di arrivare in chiesa. "Siamo grandi cazzo.Fede ti ricordi quante ne abbiamo combinate?Sembra ieri che eravamo due ragazzini a fare casini in giro.Oggi ti sposi ed hai una figlia." "Alex che intenzioni hai tu nella vita? Quante donne ti porti a letto?" "Sai amico mio, io invidio la tua vita. Invidio la tua famiglia e la tua quotidianità così semplice, così ordinata.Tua moglie e tua figlia che ti aspettano al ritorno dal lavoro.Le serate sul divano di casa a guardare la tv tutti assieme, le notti insonni, la prima parola di tua figlia.Invidio tutto ciò." "Goditi la vita Alex, c'è un tempo per ogni cosa" "Non lo so Fede, non so se nella mia vita ci sarà tempo per tutto ciò, non so se troverò la donna giusta, ho paura che finirò per accontentarmi di qualcuna.Credevo di averla trovata con Sofia, ma adesso lei sta con un altro, beh, tu sai com’è andata.Ho paura che sarò infelice per il resto dei miei giorni, ma d'altra parte ho anche paura di girovagare per il resto della mia vita da un letto ad un altro, da un corpo all'altro.Mi sento una fottuta puttana Fede." "Non stai morendo, troverai la donna giusta, vivi tranquillo.Prenditi il tuo tempo." "Scusa se ti stresso un'ora prima che ti sposi, ma volevo solo dirti che sono felice per te ed Alice" "Grazie amico mio, lo apprezzo molto." Arrivammo per primi in chiesa, come da buona tradizione.Sapevo che avrei incontrato anche Sofia con il suo compagno quel giorno. Infatti andò proprio così. Sofia in chiesa non mi levò gli occhi di dosso, e il suo compagno di tanto in

tanto mi lanciava qualche occhiataccia. Io avevo occhi solo per Irene che vestita da damigella portava gli anelli dei suoi genitori.La bellezza era racchiusa in quell’insieme di dolcezza e purezza alto 80 centimetri.Era semplicemente splendida.Alice non era da meno con il suo vestito bianco panna, con un velo che le copriva appena il volto.Lì per lì mi scappò pure una lacrima.Io c’ero per il loro primo bacio dieci anni fa, io c’ero dietro la sala parto con la videocamera quando nacque Irene.Io ci sono per il loro matrimonio. È un matrimonio bellissimo.Dopo le foto di rito andiamo nell’agriturismo in cui ci sarà il ricevimento.Io prendo Irene in braccio e iniziamo a girovagare in cerca dei “Bau Bau”, come chiama lei i cani.Così lascio liberi Fede e Alice di ricevere con tranquillità gli ospiti e di farsi qualche altra foto.Porto Irene sull’altalena e giochiamo un po’ assieme.Ho un incredibile feeling con i bambini e non me lo sarei mai aspettato.Continuo a sussurrare ad Irene che lei è la mia “patatina” ed io sono il suo “patatino”. Non l’avessi mai fatto.Durante il ricevimento, seduta nel tavolo tra i suoi genitori, la sentivo gridare” PA-TA-TI-NOOOOOOOO”.Alice maledì il giorno in cui insegnai quella parola a sua figlia. “Alex ti odio!!! Irene non fa altro che ripetere Patatino-Patatina.!!!” Mi ritrovai a tarda notte ad un tavolo con Marco e gli altri miei amici, davanti un bicchiere d’amaro. Qualcuno esclamò: “Ed ora a chi tocca?Chi sarà il prossimo?” Io guardai Marco. “Fratello toccherà mai a noi?” “Caro Alex, da come vanno le cose non credo! Tanto sai che faremo se ci va tutto male...” “Ovvio, biglietti per il Brasile” Non so perché dopo ogni traguardo si ci guarda sempre intorno a chiedersi chi sarà il prossimo. È così per il diploma, per la laurea, per il matrimonio, per i

figli, e per la morte. “Ragazzi tra quarant’anni ci guarderemo per sapere chi sarà il prossimo a morire?? Triste come cosa...” “Alex il tuo matrimonio è quotato a 100” “Come siete simpatici, ma volete vedere che vi frego tutti? Mi sposo prima di tutti?” “Alex cos’è una minaccia?” risposero in coro. “Però sai, ti guardavamo prima con Irene in braccio, ce l’hai l’aria del bravo papà” “Si solo l’aria però, mi manca la materia prima per fare un figlio, o meglio la materia prima non mancherebbe, ma manca quella giusta” Sofia sembrava ascoltare dal tavolo a fianco, non sembrava per nulla spensierata e sorridente, ascoltava da lontano i nostri discorsi senza prenderne parte.Come si può stare con una persona se non la si ama?Era una cosa che continuavo a chiedermi e continuavo a chiedere sempre anche a lei. Sofia rispondeva sempre con la solita frase: “Io sono diversa da te, non riesco a stare sola” Per lei magari sarà una spiegazione ma per me non lo era affatto.Di figli e di un futuro assieme ne avevo parlato solo con lei.Quando stavamo assieme si parlava di matrimonio e di famiglia.I miei pensieri vennero interrotti dal vibro del cellulare. Messaggio. “Sono stata benissimo questi giorni assieme a te, non voglio che sia un addio. Marta” Sapevo che partiva tra poco più di 10 giorni e ci saremmo dovuti di nuovo

separare e rivederci chissà quando. Ma adesso quantomeno sapevo d’amarla.Non era un amore che ti fa stare male o ti tormenta. Io con Marta avevo vissuto per la prima volta dopo tanto tempo al cento per cento la mia esistenza.Senza di lei vivevo lo stesso.Ma vivevo al cinquanta per cento, forse al trenta.Non mi disperavo per il fatto che si allontanasse da me, ma avendo scoperto com’era bella la mia vita con lei accanto capii che c’era ancora qualcuno nel mondo capace di rendermi davvero felice e farmi stare bene.Questa strana sensazione mi rincuorava quando la mia solitudine congenita mi straziava dentro. Tornai a casa con le prime luci dell’alba e il buongiorno me lo diede Marta con un suo messaggio. “Daniele Silvestri, Insieme. Buon Giorno!” Così accendo il pc per ascoltare quella canzone.Marta amava parlarmi attraverso le canzoni, ed io adoravo questo suo modo di comunicare.Spesso ascoltavamo la musica assieme, con un auricolare ciascuno, ed ognuno a turno sceglievamo una canzone.Era il nostro modo di parlarci. Ascoltai quella canzone,mi colpì una frase in particolare: “Avere il coraggio di lasciarsi la mano che tanto con l'altra ci rassicuriamo, così se da un lato abbracciamo la vita dall'altro stringiamo le dita.” La frase mi era piaciuta molto, forse mi voleva dire che nonostante le sue assenze e il suo vivermi lontano lei ci sarebbe stata.Io l’interpretai così, ma quel 13 settembre maledetto si avvicinava e lei sarebbe andata via di nuovo. Non si fece sentire fino a quel maledetto giorno.Le mandai diversi messaggi, ma nessuna risposta.Il 13 settembre alle 12:45 squillò il mio cellulare. “Allora sei viva..” “Ciao Alex, ti disturbo? Lavori?” “No no tranquilla, sei in ansia pre-partenza? O mi hai chiamato perché volevi darmi un bacino prima di partire?”

“Volevo are a darti un bacio, ho l’aereo alle 19, ti trovo a casa subito dopo pranzo?” “Si sono a casa, ti aspetto” “A dopo Alex” “Un bacio, a dopo” Presi un permesso in ufficio e l’aspettai a casa tutto il pomeriggio.Dalle 14 alle 23 non volò una mosca.Io in silenzio sul divano della mia stanza a fissare la parete di fronte con una luce fioca che proveniva dalla piantana.Nessuna traccia di Marta,non una chiamata,non un messaggio.Figuriamoci il rumore del citofono.Non venne mai quel famoso 13 settembre.Ma la cosa più stupefacente è che io non ero incazzato, non ero arrabbiato per tutto ciò.Avrei dovuto spaccare tutto dalla rabbia, qualche anno fa l’avrei fatto sicuramente.Adesso no. Solo silenzio. 9 ore ininterrotte di silenzio. Poi il tutto venne interrotto da una fortissima luce.Una luce che mi accecò.

L’ospedale

Sono sdraiato su un letto d’ospedale, ho un infinità di tubi collegati al corpo, ed un sacco di macchine strane attorno che emettono rumori inquietanti. ”Dove cazzo sono finito??” Si avvicinò un uomo vestito di verde con una mascherina che gli copriva il volto.Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “Sono felice che non ci hai lasciato.Sono felice che sei rimasto qui con noi.I tuoi amici fuori lo dicevano che eri uno tosto.” Con un filo di voce risposi: “Non capisco che ci faccio qui?Dov’è Marta? Dove sono tutti?Perchè non sono a

casa mia?” “Sei stato in coma Alex, sei stato su questo letto per una settimana a lottare per sopravvivere, eri messo davvero male, ma ora sei qui, è solo questo quello che conta. I tuoi amici e la tua famiglia sono fuori che gioiscono per te” “Voglio vederli!” “Ancora non puoi, sei troppo debole, te li farò vedere da dietro il vetro” Spostò una tenda e vidi tutti ammassati dietro un vetro, i miei genitori, Adele e il suo compagno, Sofia che piangeva, Marco, Giuseppe, tutti i miei amici, zii e parenti che non vedevo da secoli. ”Minchia”- pensai- “me la devo essere vista davvero brutta per essere tutti qui.” Ma io continuavo a non capire. Ma Sofia?E soprattutto dov’è Marta?Ma allora ho sognato tutto? Non è vero nulla? Dopo qualche giorno fui trasferito da terapia intensiva ad un reparto più accessibile e finalmente vidi parenti ed amici. Avevo bisogno di spiegazioni. Adele mi venne a stringere forte piangendo.“Sapevo che ce l’avresti fatta, se fossi andato via sarei morta assieme a te” “Adele ma cosa dici, quale morte, cosa ho fatto, non capisco” “Sei stato male tesoro mio, molto male, sei stato in coma per tanto tempo e noi non ti abbiamo lasciato nemmeno per un istante, abbiamo pregato e lottato assieme a te” “Ma allora Marta, i miei viaggi a Roma e Bologna, il matrimonio di Fede e Alice non sono reali?”

“No tesoro mio, sei stato in coma per tutto questo tempo, sei stato chiuso in quel maledetto reparto di rianimazione.Hai sognato tutto.” “Oh cazzo!!!Quindi io sono fidanzato con Sofia?” “Si Alex,è distrutta, non ha più nemmeno lacrime, e appena ti sei svegliato dal coma, ha iniziato a gridare per i corridoi dell’ospedale, IO ME LO SPOSO- IO ME LO SPOSO!!!” “Ma lei mi ha lasciato per un altro, non può essere che l’ho sognato.” “Si Alex, è stato tutto un sogno.” Entrò di botto Sofia nella stanza e mi abbracciò fortissimo, tanto che mi mancò anche il respiro. “Non sai quanto ti amo amore mio, non potevi lasciarmi, non ce l’avrei fatta senza di te” “Ma tu non stavi con quello? Non ci siamo lasciati io e te?” “Alex ma che dici, io voglio sposarti. Non sto con nessuno, stiamo assieme da quattro anni, conviviamo da tre”. arono i giorni e quello che avevo vissuto mi sembrava sempre più assurdo.Raccontai a Sofia e ai miei amici quello che avevo vissuto nel mio “sogno” e finalmente presi coscienza che tutto ciò di cui parlavo non l’avevo vissuto realmente, ero stato per molto tempo in coma a causa di una malattia sconosciuta, e niente di tutto ciò che raccontai era realmente successo. Marta non esisteva, e con lei nemmeno tutte quelle donne, i viaggi, il sesso, niente di tutto ciò era vero. Un sogno, solamente un sogno nel mio coma. Mi sembrava davvero assurdo, perché nella mia vita attuale ormai i dejavù sono molteplici e non so più se sono esperienze che ho vissuto veramente o se le ho semplicemente sognate durante la mia permanenza in quell’ospedale. Provai a tornare ad una vita normale.Ma di notte, quando fuori è buio pesto, mi

tornano in mente quelle immagini, faccio sogni strani. Sofia mi aiutò a ricomporre ogni pezzo della mia vita. Il suo appoggio fu fondamentale per il mio recupero fisico e psicologico.Quella dannata malattia che non aveva un nome mi aveva distrutto,in ogni senso.Non ce l’avrei mai fatta senza di lei.Senza i suoi abbracci,senza le sue carezze,senza i suoi sorrisi. ò poco più di un anno da quella terribile esperienza quando Sofia mi chiamò in disparte e mi disse che doveva parlarmi. “Dimmi amore mio, che succede?” “Sai Alex,è un po’ che ci penso, forse io e te avremmo bisogno di una pausa di riflessione, di starcene un po’ per i fatti nostri, io non so se ti amo ancora come una volta” “Sofia ma che dici? Dobbiamo sposarci.Allora tutte le promesse che ci siamo fatti?Le tue grida per i corridoi dell’ospedale?’” “Alex non credere che per me sia facile, ti assicuro che non lo è assolutamente, è meglio che ti cerchi un’altra casa.” Raccolsi la mia roba e andai via quel giorno stesso, senza far rumore.In silenzio. Non dissi nulla.Provavo troppa rabbia dentro e avevo paura di dire cose che non pensavo e non sentivo.Ho capito che c'è amore anche nella sofferenza, nel dolore straziante dell'abbandono.C'è amore in quel dannarsi l'anima per intere notti.Le i a fissare il soffitto chiedendoti che cosa hai fatto di male per meritarti tutto ciò.C'è amore nelle lacrime,e nelle urla con cui ti sfoghi davanti allo specchio,quando maledici quel sentimento così puro e così distruttivo.Quel sentimento capace di farti toccare il cielo con un dito e di svuotarti l'anima, farti sentire vuoto ed inutile.E i le giornate e le notti a chiederti cosa avresti potuto fare per sistemare quella situazione,mettendo da parte l'orgoglio, mettendoti in secondo piano e cercando di recuperare tutto.Saresti disposto a qualsiasi cosa pur di risentire di nuovo quella voce, quel profumo,quelle labbra,quella pelle.C'è una quantità infinita d'amore in tutto ciò.Se lo vivi, se hai affrontato almeno una volta tutto questo vuol dire che sei stato innamorato.Solo quando il suo ricordo, il suo nome, i suoi occhi ed il suo profumo ti saranno indifferenti, solo allora ti sarai liberato da quel nobile sentimento.Solo l'indifferenza è priva d'amore.

Eppure l’avevo già vissuta questa situazione. Dentro di me è come se la stessi vivendo per la seconda volta.È già successo tutto?L’ho solo sognato? Dopo un mese che la nostra storia finì ci scambiammo delle mail con Sofia, avevo troppo bisogno di sfogarmi e le scrissi così: “A volte ripenso a tutto, ormai capita di rado. Penso a quando due persone avevano lo stesso respiro, all’unisono.Penso che si possa vivere con qualcuno in maniera quasi simbiotica, due esseri ma in realtà era uno solo.Penso anche che adesso guardo quel rapporto da un altro punto di vista,senza gli occhi dell’amore.A volte l’essere umano idealizza le persone per amore, per estrema benevolenza, ci creiamo nelle nostre menti persone che poi nella realtà non esistono.La vita non è certo stata gentile con me, non lo è stata quando ero piccolo, non lo è ora che sono più grande, ma una cosa me l’ha insegnata.Mi ha insegnato a lottare per quel che si vuole e desidera, a lottare con tutte le nostre forze. Io ho lottato per la mia vita, perché quando il dolore era così forte da lacerarmi la carne io ho preso la forza da quella gente che era fuori da quella stanza di ospedale.Quando il bisturi tagliava la mia carne, io ho pensato ai tuoi occhi ed alle tue carezze, perché quando l’aria iniziava a mancare, io pensavo alle nostre promesse ed a quante cose avremmo dovuto ancora fare assieme.Io l’ho vista questa vita, ho visto che andavi via. Quel mattino raccoglievo i miei vestiti e prendevo la mia roba da casa, ma dentro di me sapevo cosa stava accadendo perché lo avevo già vissuto.La vita mi ha insegnato e rimettermi subito in piedi, perché non ci sono cose impossibili,siamo noi a vederle tali.Ho imparato che l’amore se è vero è più forte di qualsiasi cosa. Ho imparato a non fidarmi mai di nessuno, ma solo di me stesso.Ho imparato che nella vita per amore va fatto tutto, io ho preferito farlo e non dirlo, non me ne vergogno e lo rifarei per il più nobile dei sentimenti.Appena la rabbia andrà via ci sarà tempo anche per i chiarimenti, perché lo so, lo vuoi detto....”MI HAI DELUSO” come persona Sofia, perché per me eri tutto, eri la donna per eccellenza, adesso ti ho molto rivalutata forse perché vedo il tutto con altri occhi”. La sua mail di risposta non si fece attendere...

“Spero che queste parole arrivino dritte al cuore: PERDONAMI. Vorrei fare tante cose, vorrei dirti tante cose, vorrei spiegarti tante cose, vorrei

stupirti, vorrei farti ridere cm un tempo, quando mi dicevi che senza la tua “Nana” non avresti potuto vivere.Vorrei farti piangere, vorrei farti vivere accanto a me, vorrei riportarti indietro, vorrei amarti, vorrei baciarti, vorrei sentire il tuo profumo,vorrei sentire il tuo respiro quando mi dormivi accanto, rivorrei tutto questo anche solo per l’ultima volta.Vorrei gridare tutta la mia rabbia contro una vita che a volte è spietata e ci mette alla prova.Hai ragione tu quando dici che l’amore se è vero è più forte di qualsiasi cosa e che per amore si può fare tutto e di più.Quella mattina avrei voluto gridare tutto il mio dolore, avevo il cuore a pezzi, ti stavo lasciando andar via.Vorrei che tu veramente sapessi cosa è successo e perché per telefono ti ho detto che la mia è stata una dolorosissima scelta d'amore.Lo so,sembra una follia, ma dietro alle motivazioni che a te sono sembrate futili c'è veramente tanto altro.Io devo tutto a te, ti ho aspettato tanto, ti ho sognato tanto, finché non sei arrivato. Ricordi... dicevo che eri il mio angelo. Mi hai resa una persona migliore. Accanto a te per la prima volta nella mia vita potevo essere finalmente me stessa e vivevo con te allo stesso tempo in una simbiosi perfetta.Sei riuscito a farmi essere come non ero mai stata, dentro una grande confusione ma nello stesso tempo catapultata in un nuovo mondo, nel nostro mondo.Ho scoperto con te i miei pensieri più profondi, l'amore per te è stato infinito.Tante volte ho fissato i tuoi occhi e tutte le volte ho trovato un amore immenso e infinito.Lo so l’amore non conosce mezze misure, sa renderti la vita bella e difficile allo stesso tempo.Mi hai fatto tremare il cuore per tre anni, mi hai resa fiduciosa e timorosa allo stesso tempo.Siamo stati insieme anche se eravamo lontani, anche quando sapevamo di non poter stare sempre assieme.Grazie a te ho sopportato la solitudine che avevo dentro, sei un amore arrivato nella mia vita per caso quando la mia vita era un gran casino.Sei riuscito a farmi ridere e piangere anche quando non c’era un motivo.Avevamo gli stessi sogni e desideri, guardavamo nella stessa direzione. Il mio cuore batteva ad ogni tua parola, ad ogni tuo sguardo e quel maledetto 25 maggio quando sei entrato in coma, anche il mio cuore ha smesso di battere.Se ti fosse successo qualcosa, io non sarei sopravvissuta.Avrei dato la mia vita per te.Ho imparato tanto, tantissimo durante questi anni,soprattutto che non importa quanto sia buona una persona ogni tanto potrà ferirti e bisognerà perdonarla.Purtroppo le circostanze e l’ambiente hanno influenza su di noi.Ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.Mi manchi così tanto che vorrei tirarti fuori dai miei sogni per abbracciarti davvero.

Questo fine settimana resto sola a Catania se avrai voglia di parlare. “Sofia” Una nuova vita

È troppo sottile la linea che divide il sogno dalla realtà.Affittai una piccola casa vicino al centro.Era confortevole, ma la si poteva definire più una tana che una casa. Iniziai piano piano a tessermi una nuova vita lontano da Sofia, come un piccolo ragno sputavo la mia tela e imprigionavo qualsiasi cosa si avvicinasse alla mia vita: donne, amici, cose.Una vita confusa e distratta.Una vita in cui la mattina non sapevo mai cosa avrei fatto la sera seguente.Senza programmi, senza ordine, senza stabilità.Era ato più di un anno dalla fine della storia con Sofia.Non ci eravamo più parlati.Qualcuno mi disse che si era messa con un altro.Io non l’avevo più rivista,ma sentivo l’esigenza di parlarle.La rabbia che avevo dentro l’aveva portata via con se il tempo.Adesso sono lucido ed ho bisogno di dire a Sofia ciò che penso di lei.So che se la incontrassi starei in silenzio,come uno stupido e non riuscirei a dire una parola.Preferisco scrivere più che parlare. Le scrissi questa lettera: “Sono solo poco più di tre anni,1095 giorni,268.584 ore,16.159.680 minuti,per molti saranno solo questo la nostra storia.Per molti sono solo numeri.Una successione numerica che segna il tempo che ci ha voluti fianco a fianco,a dividere le gioie e i dolori,a dividere l'aria che respiravamo nel nostro mondo, appartati nel nostro piccolo universo lontano da tutto e tutti dove solo noi ci capivamo guardandoci, dove solo noi sapevamo cosa significano 3 anni e mezzo in quel modo,per gli altri resteranno pur sempre soltanto dei numeri..... È stato un anno duro, lungo e sofferto.Fatto di tante rinunce e di tanti dolori.Fatto di lacrime e di sorrisi forzati.Fatto di lenzuola e letti violati senza ione, senza sentimento, senza amore. È stata dura eppure ce l’ho fatta.Sono riuscito a ripartire dopo il tuo addio, è stato tutto fuorché facile.È stato triste, angoscioso e travagliato costruirmi una vita senza di te.Una vita che non avevo mai nemmeno per un attimo immaginato.Una vita che non avrei mai voluto senza te.Eppure sono qui a scrivere con il sorriso sulle labbra e la serenità nel cuore.Quella serenità che può esserci solamente quando la bufera e la tempesta hanno lasciato posto al sereno.Quella serenità che può esserci solo quando il

rancore e la rabbia sono solo un brutto ricordo.Ho sempre creduto che nulla è eterno in questa dimensione.Nulla è indissolubile al trascorrere inesorabile del tempo.Eppure mi sbagliavo. Ci sono dei sentimenti che sono autentici.Ci sono dei sentimenti che il tempo non scalfisce, dei sentimenti che la rabbia ed il rancore possono inutilmente cercare di sbiadire....per poco....per alcuni periodi brevi.Perché ti accorgi che il bene, o l'amore che dir si voglia, quando è puro ti regna dentro e lo porti a vita, finché hai sangue nelle vene.Lo custodisci nel tuo cuore, finché hai vita dentro e lo porti con te nell'aldilà.È un bene enorme e fortissimo che supera ogni cosa.È il bene che ho provato, provo e proverò per sempre per te.Quel bene che mi ha dato la forza di aprire gli occhi due anni fa per cercarti, per stringerti ancora una volta, per dirti anche solo "TI AMO" prima di andarmene per sempre.Quel bene che mi ha permesso di rimettermi in piedi quando nessun muscolo mi sosteneva.Quel bene che mi faceva sopravvivere e mi dava ogni mattina la forza di aprire gli occhi e di guardare il sole, quando la mia carne mi ricordava che non avevo più motivo per farlo.Io lo conosco bene quell'amore.Conosco bene quella forza che mi ha permesso di vincere la morte e di essere ancora qui oggi.La conosco anche nel giorno in cui hai deciso di uscire dalla mia vita, quel giorno anche il sapore del coma e delle mie sofferenze fisiche mi sembrò più dolce,eppure dovetti accettarlo.Ma oggi quando ti guardo negli occhi so che rifarei tutto e di più, nel senso che rifarei tutto meglio di come è stato fatto se ciò fosse possibile.Ho capito che l'amore vero, quello più puro, è sapere che quella persona è felice anche se non lo è più con te.È essere felice sapendola felice, strano detto da me non me lo sarei mai aspettato!!!Eppure è questo che penso quando ti guardo, vorrei che tu fossi felice, anche lontano da me, anche perché lontana da me non lo sarai mai, perché io ti porto dentro il mio cuore ovunque vada. Sai, penso che il mio cuore sia una grande casa, nelle pareti della quale ci sono molti ritratti appesi di persone che ho amato, che mi sono state vicine, di amici, di persone importanti che ho incontrato nella mia vita.Ma sono solo ritratti appesi, possono essere spostati, cambiati o addirittura completamente tolti. Poi c'è il tuo ritratto, enorme, con il tuo volto sorridente, quello che avevo la smania di vedere quando mi svegliai dal coma e non capivo se fosse stato tutto un brutto sogno, e quello che vidi non si sarebbe mai avverato che io e te ci lasciassimo.Ma non è un ritratto appeso come gli altri.È un dipinto sulla parete portante del mio cuore, è un dipinto sul muro maestro del mio cuore, non potrà

essere spostato o tolto. Fa parte del mio cuore e morirà con lui.” Alex

Niente più rabbia e rancore nei confronti del mondo e della vita.Guardavo al mio ato con Sofia con serenità.Con distacco e tranquillità. Mi ospitò un mio amico per qualche settimana, il tempo necessario per rimettermi in piedi dopo l’ennesima caduta, non mi andava di starmene solo.Fu proprio questo mio amico che una sera vedendomi depresso sul divano di casa mi costrinse ad uscire con lui per andare ad una festa.Mi avrebbe fatto bene, mi avrebbe distratto un po’. Così accettai il suo invito senza pensarci troppo.Andai a questa festa che sembrava un rave party piuttosto che un party. Un sacco di gente ammassata in un locale di 80 metri quadrati.A tratti mancava anche l’aria per respirare.C’erano un sacco di ragazze spagnole che erano in Italia per l’erasmus, qualcuna mi si avvicinò per ballare.Mi sembrò finalmente di essere spensierato.Mi stavo divertendo ed ero felice.Mentre ballavo vidi una ragazza al bancone del bar, occhi neri e distanti, capelli ricci che ricadevano morbidamente sulle spalle, carnagione scura.Avevo come la sensazione di averla già vista, di conoscere quel viso .Ma erano ricordi lontani, vedevo quel viso sfuocato nella mia mente. Si avvicinò a me sorridendo. “Ciao” “Ciao” “Piacere io sono Marta”disse urlando in mezzo a quella baraonda. “Il piacere è mio, io sono Alex” “Ti andrebbe di andare un po’ fuori a parlare?” “Certo, perché no...” Ci allontanammo da quel casino e parlammo tutta la notte,appoggiati sul cofano

di una macchina.Alternando risate a momenti profondi e seri.Ho come la sensazione di conoscerla da una vita a questa ragazza.Una sensazione stranissima. Mi chiede di accompagnarla a casa, ma durante il tragitto mi guarda e mi dice: “Perché non ci vediamo un film a casa tua?” “Si può fare”risposi. Andiamo a casa mia e ci amiamo per tutta la notte.Lei l’indomani deve partire per Bologna, studia veterinaria li da due anni. Oggi è il 13 marzo e sono seduto su un aereo con destinazione Bologna, negli auricolari ascolto la canzone “Someone like you” di Adele, il testo del brano dice così: “Non potevo stare lontano, non ho potuto farne a meno, speravo che avresti visto la mia faccia e ti saresti ricordata che per me non è finita!” Penso all'amore come ad un fuoco che arde e bisogna alimentare assieme.Non credo all'amore travolgente che ti sconvolge con la ione.Quello è un fuoco che incendia e brucia tutto e subito, arde così forte da lasciare solo cenere, ed una volta spento il fuoco della ione è difficile da riaccendere.Non credo nemmeno a quelle fiamme flebili che a stento riscaldano e illuminano, ed al primo alito di vento vengono spente per sempre.Credo a quegli amori che si alimentano negli anni, credo a quelle relazioni che alimentano il proprio fuoco poco alla volta,dove ognuno mette il proprio pezzo di legno per tener la fiamma costante, una fiamma che non abbaglia e non ustiona ma che non ci fa morire di freddo.Ci riscalda e ci illumina dentro, facendoci sentire amati, coccolati, desiderati. Vivi.Credo che la pazienza e la calma siano un ottimo sentiero per raggiungere la felicità. È inutile che continui il racconto.

Adesso sapete come continua la storia. Adesso la notte quando fuori è buio pesto non faccio più sogni strani.

“Potrà viaggiare per andare ovunque,vedere luoghi mai visti e scoprire cose impensabili ma alla fine, ogni uomo avrà bisogno di tornare là da dove è partito perchè il suo viaggio abbia avuto veramente un senso.”.”

Moreno Costa

Buio Pesto

Mai sogno fu così reale

Indice

pag.10 Prefazione pag.16 Alex pag.28 Bologna pag.34 Padova pag.44 Roma pag.46 Catania pag.62 Valenzia pag.68 Piazza Armerina pag.80 Il Matrimonio pag.88 L’ospedale pag.98 Una nuova vita

Non mi interessa dove o che cosa o con chi hai studiato, voglio sapere chi ti sostiene all’interno quando tutto il resto ti abbandona

Anziano di una tribù Pellerossa

Per arrivare all’alba non c’è altra via che la notte.

Solo l’amore e la morte cambiano ogni cosa. Kahlil Gibran

Inizia tutto con una salita. Io l'ho capito scendendo, scivolando giù, convinto che fosse felicità, ma non è un discorso di strada. Chi ha imparato la fatica di arrivare in vetta sa di cosa parlo. E' un viaggio che si fa da soli...

M.Costa

Tratto da una storia vera......

“L’amor che move il sole e l’altre stelle…

31/05/2008 ore17.31….”

Prefazione

Di Maurilia Brighina

Cercare l’intima ragione di una vita ben sapendo che si sta cercandola nel posto sbagliato. Continuare a perseverare in quello che si sa a priori essere un errore che non porterà a nulla se non a un momentaneo stordimento, a una pantomima di ciò che si vorrebbe fosse. Gli episodi di Buio Pesto ricordano gli anelli di una catena dalla quale non è possibile liberarsi. La ripetitività ciclica dei gesti e delle situazioni.L’essere perfettamente a conoscenza della ricerca di un annebbiamento che altro non è se non il ricercare l’impossibile, quell’amore che sembra essere negato.Quell’amore del quale forse non siamo degni. Vi è un’intera società descritta nelle parole di Moreno Costa.Vi è la paura umana di ottenere ciò che si è sempre sognato perché forse non ci si ritiene degni di possederlo.La paura di non essere in grado di gestire ciò per cui saremmo disposti a dare l’anima.L’amore, quel sentimento da tutti cantato ed esibito in giro, sembra essere un pianeta lontano anni luce, del quale non possediamo le coordinate né i mezzi per raggiungerlo.L’alternativa al fallimento è solo l’ubriacarsi.La sbronza perenne in situazioni che non sentiamo nostre e dalle quali, tuttavia, non riusciamo a sfuggire.Il ripetersi, eterno e ciclico, di quelle etichette che la società ci ha cucito addosso e che non sappiamo come rimuovere.Che non vogliamo rimuovere per paura di diventare sconosciuti agli occhi dei più, per paura di cadere da quel trono sul quale, loro malgrado, coloro che ci considerano eroi ci hanno posto.Chi è l’uomo? È colui capace di affascinare e possedere mille donne?O è colui che riesce a farsi amare, anche se solo da una?L’amore negato emerge nel romanzo di Moreno Costa come il motivo di fondo.L’amore negato, alla negazione del quale si cerca di reagire cercandone dei surrogati pur ben sapendo che sono tali, cercando l’estasi in brevi momenti nei quali possiamo illuderci che la persona che li condivide con noi stia provando qualcosa di simile ad un’emozione. La frase “Anch’io posso amare e amerò di nuovo” non è citata, ma è facile intuirla fra le righe piene di ossessiva ripetitività, quasi volessero con la forma stilistica rimarcare ancora e ancora l’assoluta impossibilità di scappare dal fato che ci ha creati esseri piacenti, degni dell’altrui ammirazione ma non del loro amore completo.Il sesso spasmodico, cercato continuamente ma mai vissuto fino in fondo è un modo per rubare la carezza che si vorrebbe sincera, ma che si sa a priori essere solo quasi un obbligo nel gioco delle parti.Non c’è amore nei fugaci

incontri.C’è un volersi illudere, attraverso pochi istanti all’interno di una pantomima che ci vede nostro malgrado protagonisti, che per una volta, per un momento, qualcuno stia facendo l’amore con la nostra persona piuttosto che con i nostri organi riproduttivi. Alex è un uomo che sa amare.Alex è un uomo dalla sterminata paura di amare.Paura che ciò che rappresenta agli occhi degli amici gli venga sottratto dallo scoprirsi fragile, paura che le mille donne, mai descritte con dovizia di particolari, eccetto l’unica importante, con le quali intesse relazioni fugaci che nulla perdonano al chiarore dell’alba possano considerarlo ciò che egli sa pienamente di essere, un giocattolo di cui stancarsi appena riposto nel cesto. Buio pesto. Non vi è luce nel romanzo di Moreno Costa, né alone di speranza.L’unica luce è quella accecante che sottrae al sogno, che sembra salvifica ma ha al suo interno la maledizione del già scritto.Vi è questo continuo, incessante essere sbattuti al tappeto dalle situazioni affrontate e mai vinte.Vi è il rimanere soli a dover fare i conti con la propria coscienza.Buio pesto è un romanzo molto umano.È un romanzo dall’apparente struttura stilistica molto semplice e diretta, i tempi verbali che si intrecciano tra ato e presente rimandano a una dimensione onirica dalla quale è difficile sganciarsi.Tuttavia nasconde tra le righe il vero messaggio che Moreno Costa vuole gridare al mondo.L’SOS disperato che Alex vuol lanciare ma che viene come schermato da mille e mille comunicazioni di dubbia importanza.È un romanzo che vorrete rileggere più volte, del quale vi innamorerete.All’inizio sarà un amore carnale fatto solo di fascino e sensazioni.Ma non dubito che possiate innamorarvi di lui per la profondità della sua anima.

Alex

Ho sempre pensato che ci siano dei vuoti dentro gli uomini che non sia possibile colmare. Ero affacciato sulla voragine che squarciava la mia anima ed avevo una terribile paura di guardare giù. I miei silenzi sono eloquenti, lo so. Le mie assenze ingiustificate hanno allontanato le persone che ho amato di più. Ma io sono così.La mia malinconia e la mia tristezza sono parte integrante delle mie giornate. Adoro starmene solo.La solitudine è un mio dolce vizio. Non fumo. Non bevo. È il mio unico vizio e voi dovete concedermelo. E mi capitava spesso di indossare vite che non fossero mie, mi capitava spesso di entrare in esistenze che non mi appartenessero.Ero solo geloso della mia e non volevo condividerla con nessuno.Pensai che era solo un periodo di misantropia, ne avevo avuti diversi negli ultimi anni.La mia analista mi definiva una persona “enigmatica”, non mi interrogai mai sul significato di quella parola.Io mi immaginavo sano di mente in un mondo di pazzi, o forse un pazzo in un mondo di benpensanti, per me non faceva differenza, ero comunque fuori dal coro. La gente notava la differenza vedendomi.Non mi omologavo, né con gli sguardi né con le parole.Il mio mondo era una stanza di 20 metri quadrati con l’odore di umido e di vita vissuta. Una stanza confusa, disordinata, piena di frasi sui muri e polvere sui mobili. Vivevo in apnea. Prendevo fiato non appena entravo in quella stanza.In quella piccola fortezza. Sul comodino qualche libro di Charles Bukowski.Il sole entrava dalle feritoie della tapparella e metteva in risalto il pulviscolo dell’aria.Il silenzio assoluto,

senz’altro la mia musica preferita.Le lenzuola erano sporche di sesso.Me ne ricordai sentendo il suo odore inconfondibile.ai la lingua sulle mie labbra e ritrovai il suo sapore, era ancora forte ed intenso.Non ricordo nemmeno il suo nome.Presi il chiodo e feci un’altra x sul muro.Ne contai 27 dall’inizio dell’anno. Le cambiavo ogni giorno come le mutande, le donne.Non ricordavo il nome delle mie mutande, non ricordavo il nome delle persone che condividevano con me la notte ed il loro corpo.

È solamente un’abitudine meccanica, come lavarsi i denti la mattina, come mangiare per non morire.Io avevo bisogno di averle ogni giorno.Ero fortemente dipendente dal sesso e dalle donne.Era la mia droga e le crisi d’astinenza non le tolleravo. Ci fu una vita in cui non ero così. Non ho mai capito se l’ho sognata o l’ho vissuta veramente,ma in un meandro della mente mi tornava dolce il sapore dell’amore. Un sapore così forte da scendere fino al cuore, da farmene sentire nuovamente il battito. Mi svegliai tutto sudato. L’avevo sognata nuovamente. Avevo sognato la mia vita perfetta, mia moglie, i figli, il profumo del prato tagliato. Una casa di campagna.Una felicità fatta di cose piccole ed essenziali. Una felicità fatta di sorrisi e di piccole promesse. Asciugai il sudore con il lenzuolo,e scoprii il suo seno.Era lì che dormiva bella come un angelo. Mi chiesi:”E lei chi è?”. Mi alzai per andare in bagno a lavare il viso, feci in modo di non svegliarla. Mi guardai allo specchio.Non mi piacevo.Non mi ero mai piaciuto.

L’ho sognata un’altra volta.Un’altra maledetta volta.Mi perseguita questa merda di felicità. Presi un biglietto e lo lasciai all’ingresso. “è stato bellissimo perdermi nel tuo sapore”. Quando uscii di casa buttai la scheda del cellulare, non volevo che mi trovasse di nuovo. Prima regola, mai con la stessa donna! La città alle prime luci dell’alba ha suoni, colori ed odori che ogni volta mi sorprendono. ai da casa mia per una doccia e mi presentai in ufficio con un minimo di normalità. Ma la notte e soprattutto la mattinata avevano segnato la mia faccia. “Tutto bene dott. Marchì?” Il direttore notò le mie occhiaie. “Certo direttore, corro alla mia scrivania, il lavoro mi attende.” Andatura veloce e sguardo a terra.Odio l’aria chic che si respira qui dentro. A volte mi tocca allentare il nodo alla cravatta perché mi manca il respiro. ”Mi ucciderà questo merda di lavoro”, avrei voluto gridarlo ma mi limitai a pensarlo. Nella pausa pranzo la incontrai nuovamente e mi sorrise come sempre, con la stessa dolcezza, con la stessa malizia. Non me ne ero mai reso conto che la malizia e la dolcezza potessero convivere in un unico sguardo,in un singolo sorriso. “Per quanto tempo vorrai evitarmi?”.

Le parole uscirono con un incredibile sensualità da quelle labbra dipinte di rosso. “Sai che non ti evito, più che altro evito tutto ciò che possa essere nocivo per la mia vita.” Lei sorrise di nascosto. “Mi hai sognata di nuovo vero?” Uscii di scatto dalla mensa quasi avessi sentito un terremoto.Accesi la macchina e raggiunsi il lungo mare.Le onde che si infrangono sulle rocce fanno sempre lo stesso rumore. È un suono che mi consola, anche il mare come me non cambia con il tempo. Il suo suono è sempre lo stesso.Le onde erano la dimostrazione che potevo farcela fino a quando avrei avuto sangue nelle vene.Dovevo stare fuori dai guai.Dovevo evitare l’amore. Non è mai stato facile farlo.Ero piccolo quando lo incontrai per la prima volta. Ero innamorato di mia madre e credevo che fosse l’unica donna della mia vita. Per me la felicità era questa.Io e lei. Ricordo solo che non durò a lungo.Mia madre ci lasciò presto per un altro uomo, per un’altra famiglia.Li sentivo litigare spesso i miei, urla, piatti rotti, pianti. Io mi accucciavo nel mio letto e mi tappavo le orecchie. In fondo avevo sempre e comunque mia mamma, avevo il suo amore, lei non mi avrebbe mai abbandonato. Mi toccò far subito i conti con il fatto che l’amore in fondo è una gran fregatura. È qualcosa destinato a finire, a deluderti comunque vadano le cose. Non accettai mai il fatto che mia madre mi abbandonò per un’altra famiglia. Mio padre si improvvisò mamma, ma del risultato di questo evento è meglio non parlarne.

Era un tasto dolente parlare della mia famiglia. Lo era sempre stato. Non mi ero mai pianto addosso, avevo capito che il mondo era così, che la vita prima ti illude e poi ti ferisce, che ogni gioia è sempre candita da una spolverata di sofferenza. Avevo semplicemente preso coscienza di ciò e l’avevo accettato senza battere ciglio, senza disperarmi più di tanto.Il dolore e la sofferenza sono sempre stati una componente fondamentale della mia vita, per cui non mi stupivo più del male.Semplicemente mi ero abituato a conviverci. Quel giorno tornai a casa particolarmente tardi e particolarmente incazzato. Niente che i Led Zeppelin e un bicchiere di Syrah non potessero curare. Quando entrai a casa e accesi lo stereo Arturo capii subito il mio umore. Immigrant Song è la canzone della rabbia repressa,della giornata storta per eccellenza. Iniziai a sbraitare e ad agitarmi come un frullato. Arturo restò in silenzio a fissarmi,non era poi tanto stupito.Si girò e si sdraiò. Sorseggiando il vino gli parlai della mia giornata infernale, di Rachele che in ufficio continuava a sorridermi maliziosamente. Seconda regola, mai andare a letto con una collega di lavoro. Rachele era straordinariamente donna, lo era nel profumo, nella camminata, negli sguardi, nelle movenze.Sapeva cosa voleva un uomo, soprattutto sapeva come darglielo. Lo lasciava intendere da come si poneva,da come sorrideva.Era donna non femmina.Non è una differenza così sottile come si pensa. Arturo era abituato ai miei monologhi, ascoltava in silenzio senza battere ciglio, ogni tanto quando sbadigliava mi rendevo conto che il racconto lo stava annoiando e allora capivo che era il caso di fermarmi. Arturo è il mio bulldog inglese di quasi quattro anni.Me lo regalò la mia ex, Sofia, con cui convivevo da tre anni e con cui è finita due anni fa.Il mio nucleo familiare attuale era composto da Arturo e da Alessandra.La mia migliore amica,

l’unica donna che non mi ero portato ancora a letto.E non penso che sarebbe mai successo. Una notte che eravamo entrambi ubriachi avevamo perfino dormito assieme e non successe nulla.Era come se fossimo asessuati quando stavamo assieme. Ci conoscevamo da quando eravamo piccoli e innocenti, nessuno dei due lo rimase per molto tempo, né piccolo né innocente, intendo. Alessandra conosceva tutti miei misfatti e le mie bravate, tutte le mie paure ed i miei segreti e nonostante tutto mi era rimasta amica.Ero a mio agio con lei.Stavo bene.Cosa che mi riusciva difficile con le altre donne.Lei aveva il mio numero “speciale” di cellulare, quello che non avevo mai dato a nessuna, la scheda che non avrei mai buttato. Alessandra era l’unica donna a sapere dove abitassi. Terza regola mai portare una donna a casa mia. Nessuna al di fuori di Alessandra. Né lei né Arturo mi avrebbero mai abbandonato. Erano legati a me da qualcosa che va al di là dell’amore, perché chi ti ama prima o poi ti abbandona.È una regola non scritta che esiste dall’alba dei tempi.E se non ti abbandona sarai tu a farlo per primo, perché nulla si ama come se stessi. L’amore finisce, é solo una questione di tempo. È così ed è stupido illudersi. La mia casa non era ospitale per una donna. Non lo era per nessun essere vivente, figuriamoci per una donna,ma per Alessandra era diverso, lei era un po’ come me, non dava molta importanza all’aspetto quanto alla sostanza delle cose.Quel pomeriggio il suono del citofono interruppe il concerto dei Led Zeppelin nella mia stanza. “Chi è?” “Sono Ale, apri” Entrò lasciandosi cadere il cappotto dietro la schiena quasi volesse liberarsi di quel peso e si buttò sul divano della mia stanza.Prese il mio calice di vino e si sporcò appena le labbra di rosso rubino.

“Mmmmmm buono....Syrah?” “Esatto” “Sai cosa penso Alex, lo sai benissimo...” ”Non ricominciare con la storia dell’amore. Con il fatto che a trent’anni si può sempre ricominciare ed altre stronzate del genere” ”No Alex. Intendo dire che devi darti un’altra possibilità.Devi riprovare ad amare.Non potrai fuggire in eterno dall’amore, non potrai farlo per sempre.Quante donne hai avuto questa settimana?Quante schede del cellulare hai buttato?Quanti sogni hai fatto in queste notti? Finirà che ti ucciderà così!” ”L’amore vero?” ”No Alex il tuo cinismo.Il tuo voler per forza fare il superuomo.Non lo sei ed è un bene, fidati” Forse Alessandra aveva ragione. Forse avrei dovuto riprovarci prima o poi.

Bologna

Mi piace da morire l'odore degli aeroporti.È lunedì mattina e sto prendendo un volo per Bologna, non chiedetemi il perché, fondamentalmente non lo so nemmeno io. Marta è stata con me venerdì notte, ma non è stato solo sesso.Sono su questo aereo perché ho provato delle sensazioni che non pensavo potessi più provare. Abbiamo fatto l'amore per ore sfregando la nostra pelle così forte quasi a consumarla. Non ho mai dato tanti baci ad una donna come quella notte, sussurrandole nell'orecchio le frasi di "Dove ho visto te " di Jovanotti. Marta è una studentessa di veterinaria di Bologna, non so nemmeno come ci fossimo finiti assieme in quel letto, non vado con le ragazze molto più piccole di me, è una regola che rispetto sempre. Ci siamo incontrati ad una festa a Catania, amici di amici, insomma le solite feste dove sai come e con chi entri, ma non sai mai come e con chi esci.Ci ritrovammo assieme a casa mia, nel mio letto, con le nostre voglie e i nostri sapori.Pensavo che fosse l'ennesima che transitasse dal mio corpo, che è un porto dove molte navi attraccano per la notte ma la mattina seguente ripartono. Ma io quella maledetta notte ho amato.Ho amato come non accadeva più da moltissimo tempo, non ne ricordavo più nemmeno il gusto. Forse per questo adesso sono seduto su questo aereo, forse per questo mi sono dato malato in ufficio e inseguo a Bologna un'estranea che una settimana fa ha stregato la mia vita. Non so nulla di lei, ma i suoi occhi, ed i suoi baci mi hanno trasmesso più di mille parole. Uno straordinario feeling.Chimica.Insomma chiamatela come volete. Ho affittato una stanza al “Cappello Rosso” un albergo vicino piazza Maggiore, è un albergo che trasuda eleganza, dove il lusso oltre ad ammirarlo lo respiri, in ogni sua parte.

Non ho mai capito perché amo circondarmi di ciò quando esco dalla mia tana. È un qualcosa che mi fa sentire bene, cerco un po' di ordine e bellezza fuori dal mio corpo, visto che dentro c'è il caos. A mezzogiorno sono nella mia stanza d'albergo, quando mi suona il cellulare."Vieni a pranzo con me e mia madre? Marta" Io lei e sua madre?.Non mi piace questo triangolo.Declino gentilmente l'invito dicendo che sono stanco e preferisco riposare un po', e chiamo un'amica che abita a Bologna da un bel po' di tempo, chiedendole di vederci per pranzo. Nel pomeriggio Marta mi scrive: "Stasera non prendere impegni altrimenti mi incazzo", io faccio una doccia e un minuto dopo l'altro continuo a chiedermi cosa ci faccio in questa città.Non sempre si hanno le risposte a certe domande.Quindi giurai che non me lo sarei più chiesto, ero lì per lei.Punto. Quando arriva di sera al mio albergo, Marta è piena di energia. Un’energia che ti trasmette anche solo guardandoti, io respiro quell'energia che emana, la sniffo quasi fosse cocaina. Ci abbracciamo a lungo e andiamo a mangiare in un osteria, poche parole, tanti sguardi, mille sorrisi.eggiamo tra le vie fredde del centro città, perdendoci tra gli sguardi dei anti, mischiandoci con le risate degli studenti bolognesi. Dopo cena tanti drink in un pub, le nostre risate rompono il silenzio che ci sta attorno, ed i baci si fanno più intensi, le nostre voglie salgono con forza e prepotenza e scoppiano sulle nostre labbra.Se avessi avuto un pennello avrei dipinto quell'immagine, l'avrei dipinta e non fotografata, perché quando fotografi imprigioni un istante senza sfumature, io ne avrei dipinto milioni di sfumature in quell'attimo. Le sfumature danno vita ai colori. Le sfumature sono l’essenza di ogni emozione. Per me la felicità sarebbe stata quel quadro.Mi sentivo felice e libero da qualsiasi pensiero negativo.

Ci siamo amati tutta la notte. Con intensità, con foga mischiata a dolcezza. Amarsi fino a perdere le forze, fino ad addormentarsi uno sull'altra. I nostri corpi, saziate le loro voglie, si strinsero in un dolce riposo. Bologna è fredda la mattina, è fredda ed ha una calma strana,una calma apparente. Anche la gente che va al lavoro non lo fa con frenesia, ma lo fa con una calma particolare che contagia come una malattia, tutto molto rilassante.Lei è da poco andata via, aveva lezione presto. Ci siamo alzati per fare colazione assieme, per perdermi un'altra volta nei suoi occhi, per nutrirmi un altro po' dei suoi sorrisi, cerco di fare il pieno perché so che quando tornerò mi mancherà da morire, mi mancherà la sua ironia, il modo con cui tiene il cucchiaio la mattina quando mangia i cereali, quando mi ama la notte e mi sussurra all'orecchio... Mi mancherà lo so... ma che avrei dovuto fare? Avrei dovuto lasciare perdere tutto, starmene nella mia vita sentimentale piatta e ferma come un lago dimenticato e rinunciare a questa felicità a tempo determinato?Rinunciare a lei perché comunque 1000 km dividono i nostri corpi? Non l’ho fatto e mi godo questa magia a tempo, mi godo le sue carezze e le sue confessioni più segrete, sono PICCOLI ATTIMI FELICI...perché non sono stato mai con nessuna così bene da due anni a questa parte, perché è sempre stato solo sesso, solo letti e lenzuola violati senza sentimento, senza amore. Io me la tengo così, la tengo con me per altre 24 ore, poi la porto dentro di me quando torno giù, perché le distanze separano i corpi non le anime, perché mi ha dato di nuovo un motivo per credere nell'amore.Sono ancora capace di amare come non credevo più, perché amo di nuovo i silenzi, amo quando ci guardiamo e nessuno dei due ha la necessità di dire qualcosa, i nostri sguardi dicono tutto e non servono parole.Prima di andarsene stamattina mi ha detto: "Sei una delle poche persone con cui sto bene sia di giorno che di notte.". Non parliamo mai né di amore né di noi, la vita ci ha troppo ferito e ci accontentiamo di questa felicità a tempo.

Ieri le ho chiesto che idea si fosse fatta di me. Lei mi ha semplicemente detto: "Tu sei Alex... semplicemente Alex…". Lei è la mia felicità a tempo. Semplicemente.

Padova

Le stazioni dei treni mi piacciono meno degli aeroporti, mi danno più l'idea della malinconia,del fatto che un treno puoi lasciarlo anche are ma non sai mai se potrai prendere quello successivo, se la meta sarà la stessa.Sono seduto sul mio bagaglio, spettinato, disordinato, con la barba lunga e incolta.Negli auricolari Fabrizio De Andrè continua a ripetermi che "Ha visto Nina volare", a stento riesco a coprire le occhiaie con dei grandi occhiali da sole.La gente si accorge del mio viso consumato dalle notti lunghe e piene di ione, avrei bisogno di un paio di uova sbattute piuttosto che del caffè. Vado a Padova,vado a trovare la mia parte femminile.Non ci vediamo da tanto con Adele. È una psicologa che ha avuto la disgrazia di avere nelle vene lo stesso sangue mio dalla nascita.Vive a Padova mia sorella da parecchi anni, da quando ha seguito il suo amore, la sua carriera ed i suoi sogni.Quando ha capito che la felicità è dentro noi stessi,a prescindere dal posto in cui viviamo.Mi piace saperla felice. Mi piace il suo compagno e il loro amore, la loro casa e la loro quotidianità fatta di una genuina semplicità.Adele si presenta alla stazione bella come sempre, distratta come non mai.Non sembriamo nemmeno fratello e sorella, lei è minuta e fatta bene, io alto e sgraziato.Saltiamo i convenevoli e cerco di riassumerle in un paio di minuti la mia tristissima esistenza. È una storia che conosce e le appartiene, perché ha condiviso le mie stesse gioie e i miei stessi dolori.Troppe donne, troppo sesso, troppe esperienze di plastica, pronte a rompersi come il più fragile dei giocattoli. Essermi lasciato dopo tre anni di convivenza aveva senza dubbio cambiato il mio rapporto con la vita.Aveva cambiato per sempre il mio rapporto con le donne. Ero cosciente di ciò. Ero cosciente che Sofia una mattina aveva deciso unilateralmente che la nostra storia dovesse finire, che era in crisi, bla bla bla… Tante, troppe chiacchiere. Per riassumere tutto in 4 parole: "Si scopava un altro". Una donna non avrà mai il coraggio di dirlo, allora tergiversa sul fatto della

pausa di riflessione, del periodo di confusione ed altre storielle di questo tipo. Così mi ritrovai non solo senza più la ragazza, ma senza casa, senza futuro, con il culo per terra e con tanta rabbia dentro. Con Sofia ci avrei fatto pure un figlio.Nel senso che con lei mi sarei messo la testa a posto, niente più nottate con gli amici a fare casino, niente più scappatelle a destra e sinistra.Serietà insomma.Tutta quella che mi era mancata nella mia vita l'avrei raggiunta per lei. Perché lei era la mia famiglia molto prima di essere la mia donna.Era tutto ciò che di buono avevo costruito nella mia inutile vita, l'unico motivo per cui la mattina, vedendola nel letto accanto a me, potevo dire che forse non ero così un disastro come persona.In fondo un essere speciale mi amava e il resto non aveva molta importanza. Adele mi offrì un caffè nel centro di Padova. Il caffè Pedrocchi è il più antico d'Italia, ed il caffè che bevi lì è una ricetta segreta come quella della coca-cola.È una mistura di caffè caldo che si sposa con una deliziosa crema di zabaione ghiacciata, affogata nella menta. L'incontro del caldo-freddo in bocca è qualcosa di molto simile ad un orgasmo. Ecco perché adoravo questa città.Il sapore del caffè me lo ricordò. eggiammo a lungo per le stradine pulite e ordinate di Padova. Entrammo in un negozio e mia sorella mi regalò un cardigan blu. Sapevo che tutta la mia vita di adesso era solo una reazione a quell'addio inaspettato.Adele me lo ripeteva mentre in macchina raggiungevamo casa.Non serviva che lei me lo ricordasse, dentro di me ero cosciente che il sesso, il disordine, la mia vita da disadattato, tutto ciò che circondava adesso le mie giornate era solo la logica conseguenza di un addio, della fine dell'amore più grande che avevo conosciuto nella mia esistenza. Raccontai a mia sorella di Marta, del fatto che avevo amato dopo tanto tempo, la prima volta dopo Sofia. Nonostante non credessi fossi più in grado di farlo.

Lei rimase stupita ad ascoltarmi perché percepì fervore nelle mie parole e vide una strana luce nei miei grandi occhi neri. "Ma non è che ti stai innamorando?" disse interrompendo il mio racconto. "Non saprei, non me lo sono chiesto" Era vero.Era una cosa a cui non avevo mai pensato. Probabilmente non mi interessava saperlo in quel preciso momento, ero troppo entusiasta del fatto che sentissi nuovamente il cuore battermi e uno strano fastidio allo stomaco. Magari è un segnale che non sono un automa. Adele cucinò meglio di Vissani quella sera e mangiai come non facevo da tempo. Cercai di recuperare un po' di forze visto che le mie le aveva prese Marta assieme al mio odore. Il ritorno nella mia città,nel mio ufficio e nella mia casa è stato un trauma grandissimo. Salutai Marta con il magone, senza sapere se l'avrei più rivista o cosa sarebbe stato di noi. C’era sciopero degli aerei quel giorno, e sperai con tutto me stesso che il mio aereo per Catania non partisse, ma quando arrivai in aeroporto anche questa flebile speranza svanì. Seduto davanti il gate 8 dell’aeroporto Guglielmo Marconi di Bologna aspettavo d’imbarcarmi con gli occhi lucidi.Stavo cercando invano di trattenere le lacrime,più che altro per pudore, ma Alessia Tondo che cantava nei miei auricolari “Nuvole Bianche” sulle note di Ludovico Einaudi, rese vano qualsiasi mio tentativo di fermare le lacrime. Accesi il mio pc portatile e con le lacrime che bagnavano la tastiera scrissi una mail a Marta:

“Non sarei mai voluto partire, ho sperato fino all'ultimo che quel maledetto volo non partisse... ma non è così.... dovrò allontanarmi di nuovo dai tuoi occhi, dal

tuo profumo, dal tuo sorriso... è difficile, è dura che non lo puoi immaginare.Sono stato da dio in questi giorni assieme a te... sono stato “Alex”.... sono stato me stesso e mi sono sentito a mio agio a raccontarti quanto schifo abbia fatto la mia vita e quanto sia stata dura rimettermi in piedi dopo ogni brutta caduta, ma sono così oggi anche per quello che sono stato ieri.Il nostro ato ha segnato entrambi in modo profondo, ho imparato a perdonarmi e mi piacerebbe che anche tu imparassi a farlo.Ho conosciuto una persona, splendida, semplice, ironica, intelligente, sensibile, dolce, profonda, e se oggi sei tutto questo è anche grazie a ciò che sei stata.A grandi dolori corrispondono grandi gioie ed io, te ne auguro davvero tante.Sai cosa penso, penso che più il dolore scava nel nostro cuore, più quest'ultimo diventa capace di contenere gioia.Sono entusiasta di aver respirato attimi della tua vita, di essermi sentito un piccolo pezzo del puzzle delle tue giornate. Sono felice, come non lo ero da tanto tempo. Rivivrò il nostro abbraccio all'infinito Mi mancherai, sarà dura, ma io ci sono e ci sarò,non dimenticarlo mai.Ti voglio davvero bene,grazie di tutto piccola GRANDE Marta....” Non capivo se l'avevo sognato o l'avevo vissuto veramente quel viaggio.Ma mi risvegliai solo nel mio letto, stranamente solo, senza che nessuna mi dormisse vicino.Senza bisogno di sesso, senza crisi d'astinenza.Forse sto guarendo?La mia malattia non ha medicina che possa curarla.Forse sono solo sazio pensai, ma la fame tornerà.In ufficio avevo l'aria serena, elargivo sorrisi e gentilezza a destra e a manca, sembravo uscito dal libro del galateo.I miei colleghi e soprattutto le colleghe bisbigliavano fra di loro frasi del tipo:

"Sta bene secondo te?"

"Ha fatto sei al superenalotto?"

Non hanno idea di cosa vuol dire per un paguro cambiare guscio, trovarne uno più grande ed infinitamente comodo e spazioso. Certo è in prestito per carità, ma io me lo godo.

La mia quotidianità cambiò in maniera decisa. Niente rabbia nei confronti del mondo, niente rancore.Sofia se ne sarà pure andata ma la mia vita non è da buttare.Ho tanto da dare, vorrei solo trovare chi è disposto a ricevere. Niente sesso sfrenato e disordine.Sistemai perfino casa. Ora assomigliava a un caldo rifugio piuttosto che una tana, feci anche le pulizie e il colore del water tornò ad essere bianco, credevo di averlo acquistato giallo.Strano pensai.Ho il water che cambia colore, che figata!!Ma come il water tutto il resto cambiò colore, così come dentro anche io stavo cambiando.Pulendo quella casa, facevo ordine dentro me. Diedi a tutto una posizione.Buttai via i vecchi ricordi, catalogai tutto come si fa in un vecchio archivio. Crescere significa anche questo. Dare a tutto una sistemazione. Il dolore mi ha reso più sensibile. Almeno credo. Non ce l'ho nemmeno più con Sofia. In realtà si soffre perché l'idea dell'amore è legata all'idea di possedere qualcuno.Non mi ricordo dove lessi che in realtà non possediamo nulla, le persone non si possiedono, l'unica cosa che dobbiamo possedere e di cui dobbiamo essere gelosi è la nostra libertà. Marta non so nemmeno se l'avrei rivista.Pensavo molto a lei nell'ultimo periodo. Perché la sua semplicità aveva conquistato il mio animo. La sentivo crescere dentro come un cancro. Una malattia terribile che non ha cura. Avrei dovuto avvelenarmi per combatterla, forse solo la chemio mi avrebbe

salvato, ma io volevo ammalarmi, ne conoscevo i rischi. Ne valeva la pena. Altro aereo. Altro viaggio.

Roma

Roma è stupenda. Qualsiasi periodo dell'anno.Perché eggiare al centro della capitale riesce sempre a tirarmi su il morale.Vedere tutta quella gente che gira. Sembra un grande formicaio, gente di tutti i colori e di tutte le razze.Mi piace Roma. È come incontrare l'intero mondo in una città, presente e ato si mischiano dando vita ad un atmosfera ed un'aria che solo lì puoi respirare.Sono qui per lavoro.Nel week-end viene Marta a trovarmi, ed io non vedo l'ora che questi giorni volino. eggiare con lei in piazza di Spagna ha un sapore incredibilmente dolce. Canticchiamo Dolcenera di De Andrè, lei fa da eco alla mia voce. Saliamo qualche gradino verso Trinità dei Monti, ci sediamo e mi accuccio al suo petto. Con una mano mi accarezza la nuca, io mi inebrio del sapore del suo collo.La gente intorno a noi sparisce.Mi sembra di essere in assoluto silenzio, quando in realtà intorno a noi c'è un mare di gente.Ma questa non è realtà.È il nostro sogno. Il mio ed il suo. I sogni svaniscono con le prime luci dell'alba. Ma è buio pesto e la luna non ha assolutamente voglia di lasciare posto al sole, nel mio cuore è così.Non so per quanto durerà questa eclisse. Anche il cibo mi sembra superfluo.Il mio corpo sembra non aver bisogno di altro, vivo di lei e non mi sembra di aver mai assaggiato cibo che sazi di più.Non so se avremo un futuro assieme, non so cosa sarà di noi, ma per la prima volta nella mia vita è un problema che non mi pongo.È così pura questa felicità che mi riempie, mi riempie a tal punto che non mi chiedo che sarà del mio domani, il mio presente è così bello che il futuro non mi interessa. Marta ha avuto la grande capacità di farmi scoprire parti di me che non avevo mai visto, ha aperto sentieri nel mio essere che non credevo esistessero.

Catania

Adesso arriva la parte triste. È andata come credevo.Come ho sempre saputo in un angolino del mio cuore. Marta è sparita. Non ho più idea di che fine abbia fatto.Il suo telefono squilla inutilmente da giorni, settimane.L'ultimo ricordo che ho di lei è l'immagine di noi abbracciati su Ponte Milvio, dopo una venerdì notte a Trastevere, trascorso a bere e a lanciarci molti sguardi simili ad un addio. Abbiamo fatto l'amore per l'ultima volta, l'abbiamo fatto con rabbia, graffiando la nostra pelle per lasciare un segno indelebile di noi. Nel nostro inconscio sapevamo che era l'ultima volta, ma non avevamo trovato il coraggio di dircelo.Il sogno stava per finire, io stavo per svegliarmi dopo un mese fantastico.Avrei fatto meglio a dimenticare e cancellare.Avrei fatto meglio a odiarla.I miei amici mi consigliavano di farlo.Di prendere una spugna e cancellare tutto ciò che c'era stato, cancellare le sensazioni, gli odori, gli sguardi, i sapori, le emozioni. Resettare la mia memoria quasi fossi un computer. L'amore non è questo. Ho immaginato la mia storia con Marta come una pianta. Una pianta stupenda che ha delle foglie meravigliose e dei fiori bellissimi.Come tutte le piante in autunno le foglie cadono, i fiori apiscono.Non buttai quella pianta.Così quando Marta sparì, mi limitai a togliere le foglie secche, e conservare nella mia mente il profumo dei fiori, il verde delle foglie.Conservai quell'esperienza dentro me, non come qualcosa di negativo, ma come qualcosa di immensamente grande che mi aveva ricordato che provavo ancora emozioni forti, che il mio cuore era capace di battere ancora forte. La incontrai dopo quasi un mese di silenzio, in un grigio lunedì d'aprile per le vie di Catania.

Il destino è così.Non finisce mai di stupirti. Mi sentii toccare il braccio. "Ehi!!!!" disse con voce squillante. Non riconobbi la voce,ma il suo profumo mi fece tornare la sua immagine in mente ed il suo sapore in bocca. "Ciao!!!! Che ci fai qui?" dissi fingendo di non essere sorpreso da quell'incontro,ma avevo il cuore che stava per uscirmi dal petto, e dalla mia voce tremante si percepiva emozione. "Sono qui da sabato, per le vacanze di pasqua, come stai? Come va?" "Io tutto bene, solita vita, tu?" "Anch'io bene, al solito senza infamia né lode". Avrei voluto parlarle per ore, chiederle cosa diavolo avesse pensato in quel mese di silenzio, dirle che i miei giorni senza il suo pensiero erano diventati inutili e insensati. +Non lo feci. La guardai sorridendo per un paio d'istanti, poi dalla mia bocca uscì questa frase: "Stammi bene, ciao". Senza battere ciglio.Non sto scappando pensai tra me e me, ho solo capito che non posso lottare contro il destino da solo.Marta è stata solo una bella parentesi, una delle tante.Non posso costringere una persona a stare con me.Non è andata.Nonostante i miei sforzi, nonostante le notti d'amore, le emozioni forti ed i viaggi. Inizio a convivere con l'idea della solitudine. Inizio a convivere con il fatto che ogni donna che conosco mi lascia indifferente o mi delude. Sdraiato sul divano della mia stanza, ho il sapore del Vagostabil tra le labbra.Riesco a rilassarmi solo con queste maledette pillole. Tranquillanti.Mi

sento dolcemente cullare dai ricordi che riaffiorano nella mia testa, come i flutti vanno e vengono.Ci vuole pazienza nella vita. Me lo ripetevo quasi a convincermi del fatto che un giorno avrei avuto la mia rivincita sul mondo. Pensai a mia madre, alla sua nuova vita ed alla sua nuova famiglia.Chissà se mi starà pensando. Presi tra le mani il mio violino e cominciai a suonare, riempii un calice di Harmonium della cantina Firriato.L'apoteosi nella mia bocca.La musica malinconica del violino rappresenta la mia esistenza. Un suono dolce e triste, un suono capace di rapirti l'anima e non tornartela più indietro. Mi addormentai così, con il violino tra le mani e con le note di Ludovico Einaudi che suonava "I giorni" nello stereo della mia stanza. I pensieri che mi danno il buongiorno sono stranamente dolci, mi ricordano che nella mia vita, la felicità è arrivata spesso in maniera inaspettata.Con gli anni ho capito che la felicità, quella vera, sta nella giusta misura delle cose.Perché tra camminare e correre c'è un'andatura che ti permette di evitare le buche senza perderti la bellezza del paesaggio. Il mio carattere ha fatto in modo di scremare le persone che mi sono rimaste amiche, come una selezione naturale, negli anni sono spariti tutti coloro che non hanno sopportato le mie assenze e il mio continuo borbottare.Sono rimaste poche persone, amici fidati, fratelli nonostante nelle vene non avessero il mio stesso sangue. Perché capitava spesso che finissi nei casini, che la mia esistenza finisse, per il corso degli eventi, in un labirinto dal quale era quasi impossibile trovare la via d'uscita con le mie uniche forze. Capitava che il telefono suonasse e dall'altra parte della cornetta il "Pronto" era quasi scettico nel vedere il mio numero sul display del cellulare. "Sono Alex, sono nella merda". "Tranquillo non ci sono problemi, ti aiuto io".

Negli anni ho conosciuto persone che mi hanno condotto fino all'uscita dei miei labirinti, indicandomi la strada e aiutandomi senza mai chiedere nulla in cambio. Un aiuto puro e disinteressato.Negli anni queste persone, poche a dir la verità, sono entrate a far parte della mia vita in silenzio, tutte le altre si sono allontanate, con frasi del tipo: "Mi cerchi solo nel momento del bisogno". La verità è che in amicizia come in amore, il momento in cui si ha più bisogno di sentire l'affetto ed il conforto è il momento in cui lo si merita meno.Ci sono persone con una sensibilità tale da capirlo senza indagare troppo, senza domande scomode, altre invece semplicemente non ci arrivano. Angela ad esempio era una di queste persone. Era stata la mia prima ragazza, la prima donna con cui avevo fatto l’amore.La prima donna che ho veramente amato con tutto me stesso. La cercavo e poi sparivo, le davo appuntamenti a cui poi non mi presentavo, ma lei non me lo rinfacciava, sapeva che ero così e nei miei comportamenti non c’era malizia. Lei c’era sempre stata nonostante tutto.Dopo l’ennesimo bidone mi mandò anche questo messaggio: “La cosa strana è che a distanza di anni, di tanti anni, riesci ancora a stupirmi. Appari, scompari. Dopo lunghi, lunghissimi silenzi, succede che mi confidi le tue paure più nascoste, che riesci a dirmi cose che ai tuoi amici di sempre, quelli veri, non riesci a confidare.E poi di nuovo il nulla.Non ti ho mai chiesto il perché di questo, forse perché in fondo lo conosciamo entrambi. Cerchi un contatto, prometti un caffè , una cioccolata, una lettera, probabilmente sull'onda del momento, mentre rivivi, è come se ci fossimo affidati tacitamente una parte in questi anni e dovessimo ad ogni costo portarla avanti, quella del "comunque ci sarò" e credo che questo sia il tuo modo di farmelo sapere. Poi ritorni alla realtà e io sparisco.

Alex, non è una critica, non è una accusa, è solo un pensiero.Il mio pensiero che comprende forse tutta una serie di punti interrogativi che mai ti chiederò.Se c’è una cosa che ho imparato col tempo è quella di non farmi domande,non possiamo avere sempre le risposte. ti voglio bene. un abbraccio forte. Angela.” Pure Andrea lo ricordo per questo, ed il suo ricordo mi è venuto a trovare questa mattina. Non ci vediamo da anni, ma appena alzo il telefono so che dall'altro lato sentirò sempre la sua voce tranquillizzarmi. "Tranquillo fratello, ti aiuto io" Felicità in pillole.Sarebbe un'idea grandiosa.In ognuna di quelle pillole inserirei un ricordo di un mio amico che vedendomi in ginocchio mi ha aiutato a rimettermi in piedi, senza mai rinfacciarmelo,senza mai ricordarlo. Questi anni fatti di sesso, serate ate a scoprire il limite della mia vita, non mi avevano regalato nemmeno una briciola di felicità. Quella mattina invece il ricordo di Andrea e di Angela e di tutti coloro che nonostante tutto continuavano ad essere nella mia vita mi riempi di gioia. Faccio colazione al bar, con un abito scuro e la camicia bianca che spezza.La cravatta oggi non la metto perché non voglio rischiare di soffocare nuovamente al lavoro.Niente tranquillanti. Oggi voglio sfidare me stesso,solo ricordi positivi e tanta serenità.Ho brevettato pure le famose pillole di cui parlavo prima.Sono pieno zeppo di buoni ricordi, strabordano dalla mia mente come la schiuma del cappuccino che mi serve il barista.Faccio colazione in questo bar ormai da anni, c'è la ragazza che lavora qui che mi saluta ogni giorno sempre con lo stesso sorriso smagliante, sempre con lo stesso sguardo ammiccante.Non mi sono mai fatto avanti.

In questi anni avrà pensato sicuramente che sono gay, ma non sa che le evito tanti problemi continuandola ad ignorare.Con il culo che ho è molto probabile che è in Italia di aggio, ha origini del Bangladesh ed io minchione come sono, la inizio a inseguire in capo al mondo. Mi bastava guardale negli occhi alle donne per rimanere completamente estasiato, eggiando verso l'ufficio pensai che le donne custodiscono il segreto della vita nei loro sorrisi e nelle loro mezze verità, nel loro essere perennemente distratte e in quelle borse piene di tutto ciò che non serve.Erano belle, lo erano dalla nascita e dall'alba dei tempi, ma non per scelta ma per loro stessa natura. Il mio ufficio non mi parse mai così vicino come quella mattina, avrei voluto ancora camminare per ore.La eggiata aveva stimolato la mia mente quasi a farmi diventare qualcosa di molto simile ad un filosofo.È incredibile cosa riesce a fare un eggiata subito dopo colazione.Sicuro che fosse cappuccino? Bah… non sono mai stato una persona normale, vuol dire che questo periodo filosofeggiante è l'ennesimo periodo strano.Dovrò andare di nuovo dalla psicologa.Ormai vede più volte me che suo marito.Non posso dimenticarmi quando andai per la prima volta nel suo studio. Mi aprì la porta una signora di mezz'età non molto attraente, con gli occhiali appoggiati quasi alla fine del naso ed un modo goffo di camminare.Mi fece accomodare in una stanza luminosa, ma invece che il divano o la poltrona comodissima e reclinabile che dovrebbe trovarsi in ogni studio di un psicologo che si rispetti, io trovai una sedia-sdraio.Modello-Auchan-10-euro.Come potevo rilassarmi su quella pseudo-sdraio?Comunque sedia a parte, iniziai a raccontare la mia stranissima esistenza e le mie mille peripezie, lei cominciò a scrivere e dopo aver riempito le quattro facciate del foglio bianco a righe interruppe il mio discorso dicendo: "Quanti anni ha detto di avere??" "30, dottoressa, ho 30 anni"risposi. "Sicuro di non averne almeno 50?" In effetti ho un po' esagerato con i racconti considerando che è il mio primo incontro.

Probabilmente avrà pensato che sono un incrocio tra Pietro Pacciani e Kurt Cobain.Mi guardò con disgusto misto a comione, ma con il are del tempo anche la dottoressa dovette ricredersi sul mio conto.Non ero poi così male. "Sa, il suo problema è sua madre!!" Pensai:” cazzo è un genio!” C'era bisogno che pagavo un migliaio di euro per scoprire che l'abbandono di mia madre aveva creato un mostro? Lo sapevo anch'io, ma lei continuò la sua diagnosi togliendomi ogni dubbio che fosse sicura discendente di Einstein. "Sa, penso che lei sia fortemente dipendente dal sesso perché, trattando una donna come oggetto, inconsciamente vuole vendicarsi per l'abbandono di sua madre e della sua ex" Non c'erano più dubbi, avrò fatto tanti errori nella mia vita ma quello della psicologa laureata al Cepu è stato senz'altro l'errore più grande. Il ricordo della psicologa mi abbandono non appena entrai in ufficio. Fortunatamente. Soliti sguardi ammiccanti con le colleghe, solite occhiatacce con il capo fingendo un minimo di riverenza, ma grazie a dio la mia stanza è la prima del corridoio, entro, chiudo la porta e tiro il solito sospiro di sollievo. Giornata di lavoro pesante, l'estate si avvicina e il caldo si fa insopportabile. Mi drogo di aria condizionata, ma è una traditrice anche lei perché mi entra in testa e mi provoca un leggero mal di testa che non mi abbandona per il resto della giornata.Cerco di non avere molti progetti per questa estate, a parte il solito di tenermi lontano dai guai. "Toc Toc" "Dott. Marchì posso entrare?"

La voce mascolina di Erika, la segretaria della studio, turbò il mio inizio di giornata. "Prego, entri" "Buongiorno dott. Marchì, stamattina è venuta una donna che ha lasciato questa lettera per lei." Tra me e me pensai che sarebbe arrivato il giorno nel quale qualche donna venisse a bussare alla mia porta con un bel neonato che volesse conoscere suo padre. "La lasci pure sul mio tavolo" Restai per qualche minuto ad osservarla, una vocina dentro di me mi diceva di buttarla via. Ho un bel po' di soldi da parte, primo aereo per Rio, trasferimento a Fortaleza e chioschetto sulla spiaggia, con rigoroso panama in testa, camicia sbottonata con pelo e crocifisso d'oro a vista. Essendo siciliano a volte mi viene quasi impossibile reprimere le mie origini. Il pelo a vista e il crocifisso d'oro erano un sogno che coltivavo fin da bambino. L'avevamo detto mille volte con Marco, il mio migliore amico. Se va tutto a puttane biglietto per il Brasile e via. Avevamo pure un tesoretto da parte che alimentavamo assieme.Non si sa mai. Eppure dovevo aprirla. Calma. Respira. La apro. È un foglio di pergamena,simile a quello che si usa per le partecipazioni dei matrimoni.

È una calligrafia tondeggiante, piacevole a vedersi anche se non ne conosco ancora il significato. In alto c'è scritto “per Alex”. "Federico & Alice sono felici di invitarti alle loro nozze giorno 26 agosto 2011 presso la chiesa Cattedrale di Piazza Armerina.Gli sposi ringrazieranno gli invitati presso l'Agriturismo Mandrascate." Uno dei miei migliori amici si sposa.Cazzo, sono sempre i migliori ad andarsene pensai tra me e me, ma era solo uno stupido pensiero, ero strafelice del loro matrimonio. Federico e Alice sono miei amici d'infanzia e stanno assieme da più di un decennio e il frutto del loro amore si chiama Irene.Mai vista una bimba tanto bella. Dopo aver tirato un bel respiro di sollievo per la lettera e aver stampato sul volto un bel sorriso per la bella notizia del matrimonio uscii dall'ufficio e ai dal supermercato. Incontro sempre loro.Due fidanzati che fanno la spesa assieme.Due fidanzati come tanti, solo che lei mi colpisce per i suoi occhi, neri e grandi, per il suo sorriso vero e forte.Non ho capito bene cosa volessi intendere con la parola forte.So solo che quel sorriso lo era, e dava la sensazione di essere così forte tanto che nulla l'avrebbe scalfito.Una felicità vera le sfavillava negli occhi.Amava il suo uomo così tanto che era impossibile non accorgersene guardando quello sguardo. Giuro che ho provato invidia per quell'uomo e per l'amore che trasudava dagli sguardi della sua donna, li osservavo tra i corridoi del supermercato, nascondendomi tra i surgelati e le merendine.Rubavo i loro sguardi, rubavo le loro carezze, le loro risate.Non era la prima volta che li incontravo e mi chiedevo sempre quanto fosse fortunato quell'uomo. Se lui fosse cosciente di quella fortuna. Lei si chiama Claudia, è una studentessa di Economia, ma quando me la presentarono degli amici in comune non riconobbi più quella luce nei suoi occhi e non ebbi il coraggio di dirle che la conoscevo in fondo da tempo.L'avevo spiata

per settimane, forse mesi in quel supermercato.Non è molto carino dire la prima volta: "Ciao, piacere Alex, sai io ti conosco già da diversi mesi, spio te e il tuo ragazzo al supermercato".Quindi non dissi niente, uscii con Claudia diverse volte, imparai a guardare in quel viso e a scoprire che fine avessero fatto quel sorriso forte e quella luce nei suoi occhi. Mi parlò del suo amore per quell'uomo che era finito in maniera triste. “è solo un coglione, non meritava di avermi".Non so il perché ma lo pensavo anch'io. Non la conoscevo per niente, in fondo per me Claudia era solamente un'estranea, ma in quegli occhi avevo visto una luce che non hanno tutte le persone, ero convinto che fosse speciale, pur senza conoscerla. "Benvenuta nel club dei delusi dall'amore" "Oh grazie mille Alex, vuol dire che dentro ci sei pure tu?". Non avrei saputo da dove iniziare con Claudia, nel senso da dove iniziare il racconto della mia vita.Mi limitai a raccontarle che anche a me le cose non erano andate poi così bene negli ultimi anni, e come tutti gli animali feriti erano diventato diffidente nei confronti delle donne in generale, ma più che altro non credevo all’amore come condizione perpetua.Si instaurò una bella amicizia con Claudia, perché mi accorsi conoscendola che oltre ad essere molto carina era molto semplice, simpatica ed intelligente.Tra me e me pensai: "Dio da il pane a chi non ha i denti". L'avrebbe rimpianta quell'uomo e più la conoscevo e più ero convinto che l'avrebbe fatto.

Valenzia

Ho deciso di iniziare la mia estate con un bel week-end a Valenzia. Partiamo io, Marco e Giuseppe.E’ fine luglio e fa un caldo infernale.Ho girato molto la Spagna negli anni, Barcellona, Ibiza, LLoret de Mar. Posti caotici e affollati.Piccole colonie di italiani.Se ci vai d'agosto sei convinto di essere ancora nello stivale.Ci trovi più italiani che spagnoli. Valenzia è diversa.È una città a misura d'uomo.Una città in cui il futuro ed il ato si fondono in un presente che ti lascia senza fiato. Le strutture avveniristiche del porto ti tolgono il respiro, e nel centro storico si respira un'aria di un tempo ato di sfarzo e bellezza.Non c'è contrasto tra il vecchio ed il nuovo.Solo un'armoniosa sintonia.La notte è una città fantastica con un mare di giovani che si riversano nelle strade per divertirsi,la gente finisce di lavorare il venerdì ed è pronta per il lungo week-end, tra pub, discoteche e locali in cui fare le ore piccole.Si vede lontano un miglio che siamo italiani, i nostri vestiti e le nostre camicie firmate tolgono ogni dubbio.Quando siamo in vacanza noi italiani sembriamo lottare per l'orgoglio nazionale, tutte le donne che incontriamo devono essere nostre, dobbiamo portare a letto più donne possibile, quasi a tenere in alto l'onore della nostra nazione.La sera in discoteca ci dividiamo quasi sempre, non sei mai tu a scegliere una donna, sono loro che scelgono te.Qualcuna ti sorride, qualcun’altra ti sbatte addosso, ed in questa continuo scambio di attenzioni cominciano le nostre serate.Alle 5 del mattino ci ritroviamo in condizioni improponibili, non siamo mai uguali a come siamo usciti dall'albergo.Parliamo una lingua autoctona che è un misto tra lo spagnolo, l'italiano con l'aggiunta della s alla fine delle parole e il dialetto siciliano. Ad ogni modo ci facciamo capire. Siamo buffi noi italiani all'estero, le ragazze ridono e si divertono.Fondamentalmente le facciamo divertire le donne, siamo fuori dagli schemi.Io flirto tutta la sera con una ragazza spagnola che ha studiato in Italia, quantomeno mi capisce e riusciamo a comunicare in un modo quasi normale.È molto simpatica, ridiamo e ci divertiamo tutta la sera, beviamo fino all'alba.Poi ci perdiamo tra la gente, in mezzo alla confusione.Adoro flirtare.Sembro essere nato solo per questo.Mi piace parlare e perdermi negli occhi delle donne, è semplicemente meraviglioso perdercisi dentro.Niente sesso. Solo giochi di sguardi, ci sfioravamo appena. Vicini, ma mai abbastanza.Non volevo più farmi male con il sesso.Niente x sul

muro. Niente donne a casaccio.Sull'aereo di ritorno per l'Italia pensai che era quasi un mese che non facevo sesso.Da una stranissima festa in piscina da Marco.Una festa in cui tra gli invitati ci sono almeno 5 donne che sono venute a letto con me.C'è anche Sofia.iamo tutta la sera ad osservarci da lontano senza salutarci, evitando qualsiasi tipo di contatto. Controllandoci da lontano tutta la sera.Flirto con molte donne quella sera, fino all'alba, quando Sofia con il coraggio di qualche vodka-lemon decide di fermarmi.Me la trovo improvvisamente davanti: "Ciao nano, come stai?” Nano era il mio appellativo per Sofia, visto il mio metro e novantadue. "Ciao Sofia, io sto bene, solita vita, tu?" "Anch'io bene, insomma non tanto bene, in verità, mi manchi" rispose abbassando gli occhi a terra. "Ahahahahah - non posso fare a meno di ridere - Ti manco?Mi hai lasciato e stai con un altro ed io ti manco?A me sembra tutto assurdo!!!" "Se dopo due anni siamo ancora qui non è poi così assurdo". Adesso i suoi occhi fissano i miei. "Abbracciami Alex, ti prego". Ci stringiamo forte ed i nostri odori risvegliano vecchi ricordi,vecchi sapori,vecchie voglie. "Accompagnami a casa così parliamo un po’" Lascio la festa e vado via con Sofia.Ci appartiamo in una zona tranquilla e parliamo per ore. Non ho più astio nei suoi confronti, non ho più rabbia.In quegli occhi rivedo tanta vita vissuta assieme, tante cose belle,tanto amore.È ato, non è più nel mio presente.Ci baciamo. Come solo noi sappiamo fare.Quel bacio mi ricorda quanto era grande il nostro amore, quanto ero innamorato di quella donna.È solo un istante, ma quello scambio di chimica mi ricorda il sapore dell'amore.Non voglio fare l'amore con lei, non lo voglio.Sarebbe solo un errore.

Mi farei solamente male, o forse stavolta farei male solo a lei.Accendo la macchina improvvisamente, davanti il suo sguardo sorpreso e scappo via. "Dove vai?" dice incredula. "Ti accompagno a casa, basta con le cazzate!" "Ma non è una cazzata Alex!" "Per me lo sarebbe!" Scende dalla macchina con gli occhi lucidi ed io scappo via, torno alla festa.È rimasto solo Marco con qualche altra ragazza a bordo piscina.Io ne prendo una a caso e vado a fare sesso con le prime luci dell'alba che fanno da sfondo a quello scempio.Nemmeno mi piace.Mi serve per farmi male a modo mio.Per strappare dalla mia carne un po' di piacere.Quel piccolo piacere della carne mi fa stare meglio.Il fatto che Sofia sia ancora nella mia vita in un modo o nell'altro mi dà fastidio e piacere nello stesso tempo. È stata l'ultima volta. L'ultima volta che ho fatto sesso, più di un mese fa.

Piazza Armerina

Ad Agosto o le ferie nel mio paesino d'origine, vado a trovare mio padre. Piazza Armerina è un grazioso paese della provincia di Enna, al centro della Sicilia. Sono cresciuto tra queste ventimila anime,qui ho trascorso l'infanzia e l'adolescenza.Vengo sempre quindici giorni ad Agosto a trovare vecchi amici e a vedere come se la a il mio vecchio.Mi rilassa molto respirare l'aria di un tranquillo paese di provincia.I luoghi della mia infanzia mi ricordano quando la felicità era inseguire un pallone per strada,o girare pomeriggi interi con la bici.Si giocava ancora all'aperto senza playstation e personal computer, si viveva fianco

a fianco con gli altri bambini, e le paure e le gioie erano comuni e si condividevano con gli altri, senza isolarsi, senza chiudersi in una stanza davanti ad uno schermo. Mio padre lo trovo bene.Sta per andare in pensione e a il suo tempo libero coltivando l'orto e gustando i frutti del suo lavoro, gli brillano gli occhi a guardare i suoi pomodori e la sua uva. È una persona semplice e tutto ciò che ha avuto nella sua vita se l'è sudato.La vita non gli ha regalato mai nulla, lui non ha regalato mai nulla alla vita. È stata sempre una lotta infinita la sua esistenza.E il suo volto rude e le rughe della fronte lo ricordano a chi non lo conosce così bene.Ricordo poche frasi di mio padre,ma una che mi disse non l'ho più dimenticata. "Alex se combatti puoi anche perdere, se non combatti hai già perso". Un proverbio cinese dice che se vuoi essere felice un giorno devi andare a cena con gli amici, se vuoi essere felice un mese devi compiere un viaggio, se vuoi essere felice un anno devi sposarti, ma se vuoi essere felice tutta la vita devi costruirti un giardino.Mio padre l'aveva preso alla lettera quel proverbio, sembrava davvero felice. o le serate in un locale che si chiama "Highlander", i proprietari sono tre fratelli che mi hanno visto crescere, ho ato li dentro gran parte della mia adolescenza, tra una birra e l'altra ho vissuto con loro le prime paure, i primi amori, e prime vere gioie.È come ritornare indietro di un quindicennio, rivivere vecchie emozioni che i colori, i profumi e le facce di quel posto riportano vivide nella mia mente.È la sera dell’8 agosto, sono seduto davanti l'Highlander e un migliaio di persone affollano la piazza circostante il locale, è quasi ferragosto e il paese è pieno di turisti. Sto bevendo un bombay-tonic quando mi sento sfiorare appena il braccio. Marta ando lascia il suo odore dietro di lei, una invisibile scia di profumo che dalle narici va in circolo e arriva subito ai neuroni scuotendomi la testa. "Ma sei tu? Ma che cavolo ci fai qui?" dissi ad alta voce.

"Non pensavo che fossi così felice di vedermi,che ci fai tu qui?" "Io ho ancora una casa e una famiglia, è il mio paese di nascita penso che sia normale vedermi qui" "Beh anch'io ho una famiglia qui, i miei nonni sono di Piazza Armeria" Il destino mi prende per il culo o cosa? Non sento Marta da aprile, e lei spunta così all'improvviso come se nulla fosse? Sono attonito,seduto su uno sgabello, con il cocktail in mano e continuo a guardarla a distanza di un paio di metri.Lei gesticola e parla con dei ragazzi che conosco solo di vista. Quanto mi era mancato quel gesticolare, quel suo modo di fare. Quanto mi era mancato quel danzare nell'aria delle sue mani e quella splendida risata. Perché quando sorride le si formano delle rughe attorno agli occhi di cui è impossibile non innamorarsi. Io non sono solo quella sera, sono in dolce compagnia. Sono in compagnia di sca, un angelo dai capelli biondi e gli occhi verdi. Lei continua a parlare ed io mi sforzo di ascoltarla,ma in testa sento solo una vocina che ripete:"MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA-MARTA", tanto che sca interrompe il discorso e mi dice: "Ohi Alex ma mi stai ascoltando?? Chi è questa ragazza che ti ha salutato???" "Come scusa??? Ah si si, Marta, una vecchia amica…" Si vedeva un miglio che mentivo, di vecchio non aveva nulla Marta e poi figuriamoci d'amica. Le donne in questo hanno il sesto senso, se menti lo capiscono immediatamente, poi se menti su una donna sei spacciato, lo sentono quando ancora non hai finito di rispondere. Continuai a parlare con sca, ci allontanammo dal locale per parlare un po'

in un posto più tranquillo, ma il cellulare mi squillava in continuazione, i messaggi arrivavano uno dopo l'altro. “È Marta vero?" Non potevo più mentire. "Sì è Marta, ma tranquilla è una cosa morta e sepolta, è solo una vecchia amica, una storia vecchia" "Alex, scusa la mia franchezza, io non so chi sia, ma da quando l'hai vista hai cambiato espressione, non ascoltavi più, sembravi in trance, avevi lo sguardo nel vuoto" "Si lo so Fra, ma è una storia strana, qualcosa che è iniziato e non è mai finito, non so nemmeno io come definirla quella storia, insomma…" "Si ho capito, va da lei…." "Ma no che dici, tranquil….." Non mi fece nemmeno finire di parlare e accese la mia macchina. "Accompagnami, forza!". Non me lo feci ripetere più di una volta. Lasciai sca a casa. Mi "precipitai" verso Marta.Non c'era termine più adatto di quello. Ero in caduta libera verso quel "buco nero" di nome Marta. Mi chiamò e mi disse di seguirla in una zona periferica del paese che nemmeno io conoscevo. Posteggiamo le macchine in un grande spiazzale. Scendiamo e ci osserviamo. Senza dire alcuna parola ci avviciniamo con calma,e ci stringiamo forte.Quasi ad inglobarci a vicenda.Ci respiriamo a lungo, con forza, quasi ci fosse mancato l'ossigeno per quattro mesi.

Siamo avari di quella fragranza che contraddistingue i nostri corpi, e facciamo a gara a chi ne respira di più. "Ci sono rimasto male, Marta, ci sono rimasto male per come sei sparita nel nulla" "Ci sono rimasta male anch'io Alex, per quello che mi hai scritto in quella mail d’addio, perché mi hai cancellato da tutto, e quando ti ho accompagnato alla Stazione Tiburtina a Roma e si sono chiuse quelle porte ho pensato che quel treno ti avrebbe portato via per sempre e non ci saremmo visti più." "Lo so Marta, sono un tipo strano, ma tu mi batti di gran lunga, mi sei mancata da morire" "Sì Alex, mi sei mancato da morire anche tu, sei l'unica persona con cui riesco a parlare e che mi capisce, che mi riesce a fare stare bene, capisci…." "Ti capisco perfettamente è così anche per me" Ci deve essere una dannata spiegazione se il destino me la riporta anche qui. Se il destino mi fa incontrare Marta dopo 4 mesi di silenzio in un paese sperduto del centro Sicilia. Un dannato motivo ci deve essere. Non credo al caso. Io non ci ho mai creduto. Siamo appoggiati alla sua macchina tenendoci stretti così forte quasi a sconfiggere la nostra paura nascosta che uno dei due voglia scappare.Non ci stiamo nemmeno abbracciando, ci stiamo incatenando, io a lei e lei a me. "Quando riparti?" "Il 13 settembre"

"Avremo tempo e modo di stare assieme, ne ho bisogno" "Si anch'io Alex e non sai quanto" "Ora meglio andare a casa, troppe emozioni in un’unica sera, inizio a diventare grande e il mio piccolo cuore potrebbe non reggere." "Stronzo!! Si, forse è meglio" "Ti voglio bene piccolina" "Anch'io Alex, tanto" Entriamo ognuno nelle rispettive macchine e scappiamo via alle prime luci dell'alba.Non sono nemmeno arrivato a casa quando mi vibra il cellulare e leggo il messaggio di Marta. "Ancora col tuo odore addosso, la canzone Angel di Shaggy, ti voglio bene e non mi sembra vero. p.s.guarda i colori di quest'alba. Buonanotte". Non dimenticherò mai quella notte perché quando entrai a casa e mi misi a letto, mi addormentai con il sorriso sulle labbra.Dormivo felice.Una sensazione tanto bella quanto strana. Cosa sognai mi sembra anche inutile dirlo,visto che ogni centimetro quadrato della mia pelle profumava di Marta.Quel profumo annusato dal mio naso tutta la notte aveva pilotato i miei sogni in un unica direzione.Il risveglio è stato qualcosa di tremendo!Mi svegliai tutto affannato e la cercavo tra le lenzuola,per capire se fosse solo un sogno. Beh, era stato solo un sogno, ma l'incontro della sera precedente era stato reale. Appena Marco venne a sapere che c'era Marta nei paraggi si mise le mani tra i capelli, guardò Giuseppe negli occhi ed esclamò: "L'abbiamo perso, cazzo!!!"

Cercò invano di mettermi in guardia: "Alex ti ricordi come stavi quando sei tornato da Roma? Non ci rimanere sotto un'altra volta. Conosci tante ragazze, perché proprio lei?Stai attento Alex una come lei ti fotte il cervello!" Cercai invano di tranquillizzarlo con esiti molto deludenti. "Tranquillo Marco, stavolta è diverso, non ti preoccupare" "Ho capito…. Ti abbiamo definitivamente perso". Tutte le sere effettivamente ad un certo orario sparivo, mi bastava uno squillo o un messaggio e correvo da lei.avo l'intera giornata cercando di convincermi che doveva essere diverso stavolta, che dovevo essere forte e non dovevo farmi prendere da lei.Poi sarebbe partita, io ci sarei stato una merda… bla bla bla. Il cuore e la testa sono inversamente proporzionali.Se dai retta ad uno dei due irrimediabilmente diminuiscono le ragioni dell'altro e viceversa. In amore non si usa la testa, io non l'avevo mai usata.Credo che la razionalità sia l'esatto contrario della parola amore.Forse per questo sono stato così male per amore, perché non ho mai usato la mia dannata testa.Ero cosciente che la mia solitudine non derivava tanto dal fatto che fossi solo, in fondo solo non lo ero mai.Gli amici e le donne non mi erano mai mancati, ma quelli come me nascono con una solitudine congenita, che è uno stato d'animo perenne, ce l'hanno dalla nascita e nonostante si circondino di tante persone, sono affranti da un inquietudine che li divora dall'interno. Aver conosciuto una come Marta mi ha fatto sentire meno solo al mondo. ammo diverse notti d'agosto assieme, con il cielo stellato che ci faceva da tetto.Una sera mentre ci baciavamo mi disse:"No Alex, non voglio!!!Chissà con quante donne ci hai fatto l’amore quì" “Marta ma stai scherzando?L'ultima volta che ho fatto l'amore l'ho fatto con te, poi mi sono solo fatto male, solo squallido sesso.Credevo di averti persa per sempre" Mi baciò e strappò via i bottoni della mia camicia.Sfogammo quella notte tutta la

voglia accumulata in quattro mesi, mischiata alla paura che ci fossimo persi per sempre.Sparimmo entrambi. Non c'era più ne lei ne io. C'era soltanto noi.Un unico corpo,un unico gemito,un unico respiro.Tutto all'unisono. La mia pelle, la sua pelle. Il mio piacere, il suo piacere. Il mio battito,i l suo battito. Quando finimmo tornammo ognuno nel nostro corpo, guardandoci fisso negli occhi. Accarezzando la pelle con le nostre mani.Quel silenzio mi sembrò infinito, poi lei lo interruppe di colpo. "A modo mio credo di essere innamorata di te" Feci una smorfia simile ad un sorriso. "è il modo tuo che mi preoccupa" "Alex non fare lo stronzo, io ti apro il mio cuore e tu mi prendi per il culo?" "Scusami Marta, è che siamo così diversi, così distanti eppure ti sento così vicina" "Lo so Alex, lo so.Dormi con me stanotte!!!" "Stanotte non si può'" "Perché no?" "Perché non si può, un'altra volta." Mentre l'accompagnavo a casa mi strinse forte le mani.

"Hai delle mani stupende, sai Alex?" "Si me l'hanno già detto" "Stronzo!Nonostante ti sforzi di rinnegare la tua natura, rimani fondamentalmente uno STRONZO" Abbiamo vissuto accanto per molti giorni a venire. Abbiamo fatto l’amore come lo fanno due persone che sia amano per davvero. Io l'amo. Adesso ne ho la certezza. L'amo nonostante viva lontano da me.L'amo nonostante non risponda al telefono e sia sfuggente. L'amo nonostante i silenzi e le incomprensioni. Io l'amo ed è un dato di fatto. Tutto il resto sono solo cazzate. Proverò a rinnegarlo, proverò a dimenticare. Ma dentro ho amore per Marta e il mio cuore è intriso di lei.

Il matrimonio

Oggi è il 26 agosto. Alle 17 e 30 si sposano Federico e Alice.Io sono l'autista degli sposi. Fa un caldo tremendo e girare per il paese alle 4 del pomeriggio con la cravatta e la giacca non è proprio il massimo. Mi squilla il telefono. "Guarda che il matrimonio è tra un'ora, vuoi lasciarmi a casa?" "Federico sono quasi pronto, ma sposarsi a fine settembre o a maggio con un clima più mite no?" "Muoviti Alex, non vorrei che ci ripensassi e scapimo entrambi in Brasile" “È tardi amico mio, oggi è il gran giorno, goditi l'ultima ora d'aria!" "Ma quale ora d'aria, ci ho già rinunciato il giorno in cui è nata Irene.Il regalo più bello che la vita potesse farmi." "Basta così Federico, mi viene da piangere altrimenti. Due minuti e arrivo". Quando arrivo a casa di Federico mi ci vorrebbe già un'altra doccia. "Dead Man Walking" grido davanti la finestra di casa sua. "Sto scendendo, idiota!" "Minchia che sei bianco, ti stai sentendo morire?'" "Alex ci manchi solo tu, sali su quella maledetta macchina e andiamo in chiesa" "Federico è un matrimonio non un funerale, ALLEGRIA!!" "Fanculo!!!" La macchina è una favolosa Porsche Cayman S, grigio polvere di stelle, giriamo un po' per il paese prima di arrivare in chiesa.

"Siamo grandi cazzo.Fede ti ricordi quante ne abbiamo combinate?Sembra ieri che eravamo due ragazzini a fare casini in giro.Oggi ti sposi ed hai una figlia." "Alex che intenzioni hai tu nella vita? Quante donne ti porti a letto?" "Sai amico mio, io invidio la tua vita. Invidio la tua famiglia e la tua quotidianità così semplice, così ordinata.Tua moglie e tua figlia che ti aspettano al ritorno dal lavoro.Le serate sul divano di casa a guardare la tv tutti assieme, le notti insonni, la prima parola di tua figlia.Invidio tutto ciò." "Goditi la vita Alex, c'è un tempo per ogni cosa" "Non lo so Fede, non so se nella mia vita ci sarà tempo per tutto ciò, non so se troverò la donna giusta, ho paura che finirò per accontentarmi di qualcuna.Credevo di averla trovata con Sofia, ma adesso lei sta con un altro, beh, tu sai com’è andata.Ho paura che sarò infelice per il resto dei miei giorni, ma d'altra parte ho anche paura di girovagare per il resto della mia vita da un letto ad un altro, da un corpo all'altro.Mi sento una fottuta puttana Fede." "Non stai morendo, troverai la donna giusta, vivi tranquillo.Prenditi il tuo tempo." "Scusa se ti stresso un'ora prima che ti sposi, ma volevo solo dirti che sono felice per te ed Alice" "Grazie amico mio, lo apprezzo molto." Arrivammo per primi in chiesa, come da buona tradizione.Sapevo che avrei incontrato anche Sofia con il suo compagno quel giorno. Infatti andò proprio così. Sofia in chiesa non mi levò gli occhi di dosso, e il suo compagno di tanto in tanto mi lanciava qualche occhiataccia. Io avevo occhi solo per Irene che vestita da damigella portava gli anelli dei suoi genitori.La bellezza era racchiusa in quell’insieme di dolcezza e purezza alto 80 centimetri.Era semplicemente splendida.Alice non era da meno con il suo vestito bianco panna, con un velo che le copriva appena il volto.Lì per lì mi scappò pure una lacrima.Io c’ero per il

loro primo bacio dieci anni fa, io c’ero dietro la sala parto con la videocamera quando nacque Irene.Io ci sono per il loro matrimonio. È un matrimonio bellissimo.Dopo le foto di rito andiamo nell’agriturismo in cui ci sarà il ricevimento.Io prendo Irene in braccio e iniziamo a girovagare in cerca dei “Bau Bau”, come chiama lei i cani.Così lascio liberi Fede e Alice di ricevere con tranquillità gli ospiti e di farsi qualche altra foto.Porto Irene sull’altalena e giochiamo un po’ assieme.Ho un incredibile feeling con i bambini e non me lo sarei mai aspettato.Continuo a sussurrare ad Irene che lei è la mia “patatina” ed io sono il suo “patatino”. Non l’avessi mai fatto.Durante il ricevimento, seduta nel tavolo tra i suoi genitori, la sentivo gridare” PA-TA-TI-NOOOOOOOO”.Alice maledì il giorno in cui insegnai quella parola a sua figlia. “Alex ti odio!!! Irene non fa altro che ripetere Patatino-Patatina.!!!” Mi ritrovai a tarda notte ad un tavolo con Marco e gli altri miei amici, davanti un bicchiere d’amaro. Qualcuno esclamò: “Ed ora a chi tocca?Chi sarà il prossimo?” Io guardai Marco. “Fratello toccherà mai a noi?” “Caro Alex, da come vanno le cose non credo! Tanto sai che faremo se ci va tutto male...” “Ovvio, biglietti per il Brasile” Non so perché dopo ogni traguardo si ci guarda sempre intorno a chiedersi chi sarà il prossimo. È così per il diploma, per la laurea, per il matrimonio, per i figli, e per la morte. “Ragazzi tra quarant’anni ci guarderemo per sapere chi sarà il prossimo a morire??

Triste come cosa...” “Alex il tuo matrimonio è quotato a 100” “Come siete simpatici, ma volete vedere che vi frego tutti? Mi sposo prima di tutti?” “Alex cos’è una minaccia?” risposero in coro. “Però sai, ti guardavamo prima con Irene in braccio, ce l’hai l’aria del bravo papà” “Si solo l’aria però, mi manca la materia prima per fare un figlio, o meglio la materia prima non mancherebbe, ma manca quella giusta” Sofia sembrava ascoltare dal tavolo a fianco, non sembrava per nulla spensierata e sorridente, ascoltava da lontano i nostri discorsi senza prenderne parte.Come si può stare con una persona se non la si ama?Era una cosa che continuavo a chiedermi e continuavo a chiedere sempre anche a lei. Sofia rispondeva sempre con la solita frase: “Io sono diversa da te, non riesco a stare sola” Per lei magari sarà una spiegazione ma per me non lo era affatto.Di figli e di un futuro assieme ne avevo parlato solo con lei.Quando stavamo assieme si parlava di matrimonio e di famiglia.I miei pensieri vennero interrotti dal vibro del cellulare. Messaggio. “Sono stata benissimo questi giorni assieme a te, non voglio che sia un addio. Marta” Sapevo che partiva tra poco più di 10 giorni e ci saremmo dovuti di nuovo separare e rivederci chissà quando. Ma adesso quantomeno sapevo d’amarla.Non era un amore che ti fa stare male o ti tormenta. Io con Marta avevo vissuto per la prima volta dopo tanto tempo al cento per cento la mia esistenza.Senza di lei vivevo lo stesso.Ma vivevo al

cinquanta per cento, forse al trenta.Non mi disperavo per il fatto che si allontanasse da me, ma avendo scoperto com’era bella la mia vita con lei accanto capii che c’era ancora qualcuno nel mondo capace di rendermi davvero felice e farmi stare bene.Questa strana sensazione mi rincuorava quando la mia solitudine congenita mi straziava dentro. Tornai a casa con le prime luci dell’alba e il buongiorno me lo diede Marta con un suo messaggio. “Daniele Silvestri, Insieme. Buon Giorno!” Così accendo il pc per ascoltare quella canzone.Marta amava parlarmi attraverso le canzoni, ed io adoravo questo suo modo di comunicare.Spesso ascoltavamo la musica assieme, con un auricolare ciascuno, ed ognuno a turno sceglievamo una canzone.Era il nostro modo di parlarci. Ascoltai quella canzone,mi colpì una frase in particolare: “Avere il coraggio di lasciarsi la mano che tanto con l'altra ci rassicuriamo, così se da un lato abbracciamo la vita dall'altro stringiamo le dita.” La frase mi era piaciuta molto, forse mi voleva dire che nonostante le sue assenze e il suo vivermi lontano lei ci sarebbe stata.Io l’interpretai così, ma quel 13 settembre maledetto si avvicinava e lei sarebbe andata via di nuovo. Non si fece sentire fino a quel maledetto giorno.Le mandai diversi messaggi, ma nessuna risposta.Il 13 settembre alle 12:45 squillò il mio cellulare. “Allora sei viva..” “Ciao Alex, ti disturbo? Lavori?” “No no tranquilla, sei in ansia pre-partenza? O mi hai chiamato perché volevi darmi un bacino prima di partire?” “Volevo are a darti un bacio, ho l’aereo alle 19, ti trovo a casa subito dopo pranzo?” “Si sono a casa, ti aspetto”

“A dopo Alex” “Un bacio, a dopo” Presi un permesso in ufficio e l’aspettai a casa tutto il pomeriggio.Dalle 14 alle 23 non volò una mosca.Io in silenzio sul divano della mia stanza a fissare la parete di fronte con una luce fioca che proveniva dalla piantana.Nessuna traccia di Marta,non una chiamata,non un messaggio.Figuriamoci il rumore del citofono.Non venne mai quel famoso 13 settembre.Ma la cosa più stupefacente è che io non ero incazzato, non ero arrabbiato per tutto ciò.Avrei dovuto spaccare tutto dalla rabbia, qualche anno fa l’avrei fatto sicuramente.Adesso no. Solo silenzio. 9 ore ininterrotte di silenzio. Poi il tutto venne interrotto da una fortissima luce.Una luce che mi accecò.

L’ospedale

Sono sdraiato su un letto d’ospedale, ho un infinità di tubi collegati al corpo, ed un sacco di macchine strane attorno che emettono rumori inquietanti. ”Dove cazzo sono finito??” Si avvicinò un uomo vestito di verde con una mascherina che gli copriva il volto.Si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “Sono felice che non ci hai lasciato.Sono felice che sei rimasto qui con noi.I tuoi amici fuori lo dicevano che eri uno tosto.” Con un filo di voce risposi: “Non capisco che ci faccio qui?Dov’è Marta? Dove sono tutti?Perchè non sono a casa mia?” “Sei stato in coma Alex, sei stato su questo letto per una settimana a lottare per sopravvivere, eri messo davvero male, ma ora sei qui, è solo questo quello che conta.

I tuoi amici e la tua famiglia sono fuori che gioiscono per te” “Voglio vederli!” “Ancora non puoi, sei troppo debole, te li farò vedere da dietro il vetro” Spostò una tenda e vidi tutti ammassati dietro un vetro, i miei genitori, Adele e il suo compagno, Sofia che piangeva, Marco, Giuseppe, tutti i miei amici, zii e parenti che non vedevo da secoli. ”Minchia”- pensai- “me la devo essere vista davvero brutta per essere tutti qui.” Ma io continuavo a non capire. Ma Sofia?E soprattutto dov’è Marta?Ma allora ho sognato tutto? Non è vero nulla? Dopo qualche giorno fui trasferito da terapia intensiva ad un reparto più accessibile e finalmente vidi parenti ed amici. Avevo bisogno di spiegazioni. Adele mi venne a stringere forte piangendo.“Sapevo che ce l’avresti fatta, se fossi andato via sarei morta assieme a te” “Adele ma cosa dici, quale morte, cosa ho fatto, non capisco” “Sei stato male tesoro mio, molto male, sei stato in coma per tanto tempo e noi non ti abbiamo lasciato nemmeno per un istante, abbiamo pregato e lottato assieme a te” “Ma allora Marta, i miei viaggi a Roma e Bologna, il matrimonio di Fede e Alice non sono reali?” “No tesoro mio, sei stato in coma per tutto questo tempo, sei stato chiuso in quel maledetto reparto di rianimazione.Hai sognato tutto.” “Oh cazzo!!!Quindi io sono fidanzato con Sofia?”

“Si Alex,è distrutta, non ha più nemmeno lacrime, e appena ti sei svegliato dal coma, ha iniziato a gridare per i corridoi dell’ospedale, IO ME LO SPOSO- IO ME LO SPOSO!!!” “Ma lei mi ha lasciato per un altro, non può essere che l’ho sognato.” “Si Alex, è stato tutto un sogno.” Entrò di botto Sofia nella stanza e mi abbracciò fortissimo, tanto che mi mancò anche il respiro. “Non sai quanto ti amo amore mio, non potevi lasciarmi, non ce l’avrei fatta senza di te” “Ma tu non stavi con quello? Non ci siamo lasciati io e te?” “Alex ma che dici, io voglio sposarti. Non sto con nessuno, stiamo assieme da quattro anni, conviviamo da tre”. arono i giorni e quello che avevo vissuto mi sembrava sempre più assurdo.Raccontai a Sofia e ai miei amici quello che avevo vissuto nel mio “sogno” e finalmente presi coscienza che tutto ciò di cui parlavo non l’avevo vissuto realmente, ero stato per molto tempo in coma a causa di una malattia sconosciuta, e niente di tutto ciò che raccontai era realmente successo. Marta non esisteva, e con lei nemmeno tutte quelle donne, i viaggi, il sesso, niente di tutto ciò era vero. Un sogno, solamente un sogno nel mio coma. Mi sembrava davvero assurdo, perché nella mia vita attuale ormai i dejavù sono molteplici e non so più se sono esperienze che ho vissuto veramente o se le ho semplicemente sognate durante la mia permanenza in quell’ospedale. Provai a tornare ad una vita normale.Ma di notte, quando fuori è buio pesto, mi tornano in mente quelle immagini, faccio sogni strani. Sofia mi aiutò a ricomporre ogni pezzo della mia vita. Il suo appoggio fu fondamentale per il mio recupero fisico e psicologico.Quella dannata malattia che non aveva un nome mi aveva distrutto,in ogni senso.Non ce l’avrei mai fatta

senza di lei.Senza i suoi abbracci,senza le sue carezze,senza i suoi sorrisi. ò poco più di un anno da quella terribile esperienza quando Sofia mi chiamò in disparte e mi disse che doveva parlarmi. “Dimmi amore mio, che succede?” “Sai Alex,è un po’ che ci penso, forse io e te avremmo bisogno di una pausa di riflessione, di starcene un po’ per i fatti nostri, io non so se ti amo ancora come una volta” “Sofia ma che dici? Dobbiamo sposarci.Allora tutte le promesse che ci siamo fatti?Le tue grida per i corridoi dell’ospedale?’” “Alex non credere che per me sia facile, ti assicuro che non lo è assolutamente, è meglio che ti cerchi un’altra casa.” Raccolsi la mia roba e andai via quel giorno stesso, senza far rumore.In silenzio. Non dissi nulla.Provavo troppa rabbia dentro e avevo paura di dire cose che non pensavo e non sentivo.Ho capito che c'è amore anche nella sofferenza, nel dolore straziante dell'abbandono.C'è amore in quel dannarsi l'anima per intere notti.Le i a fissare il soffitto chiedendoti che cosa hai fatto di male per meritarti tutto ciò.C'è amore nelle lacrime,e nelle urla con cui ti sfoghi davanti allo specchio,quando maledici quel sentimento così puro e così distruttivo.Quel sentimento capace di farti toccare il cielo con un dito e di svuotarti l'anima, farti sentire vuoto ed inutile.E i le giornate e le notti a chiederti cosa avresti potuto fare per sistemare quella situazione,mettendo da parte l'orgoglio, mettendoti in secondo piano e cercando di recuperare tutto.Saresti disposto a qualsiasi cosa pur di risentire di nuovo quella voce, quel profumo,quelle labbra,quella pelle.C'è una quantità infinita d'amore in tutto ciò.Se lo vivi, se hai affrontato almeno una volta tutto questo vuol dire che sei stato innamorato.Solo quando il suo ricordo, il suo nome, i suoi occhi ed il suo profumo ti saranno indifferenti, solo allora ti sarai liberato da quel nobile sentimento.Solo l'indifferenza è priva d'amore. Eppure l’avevo già vissuta questa situazione. Dentro di me è come se la stessi vivendo per la seconda volta.È già successo tutto?L’ho solo sognato? Dopo un mese che la nostra storia finì ci scambiammo delle mail con Sofia,

avevo troppo bisogno di sfogarmi e le scrissi così: “A volte ripenso a tutto, ormai capita di rado. Penso a quando due persone avevano lo stesso respiro, all’unisono.Penso che si possa vivere con qualcuno in maniera quasi simbiotica, due esseri ma in realtà era uno solo.Penso anche che adesso guardo quel rapporto da un altro punto di vista,senza gli occhi dell’amore.A volte l’essere umano idealizza le persone per amore, per estrema benevolenza, ci creiamo nelle nostre menti persone che poi nella realtà non esistono.La vita non è certo stata gentile con me, non lo è stata quando ero piccolo, non lo è ora che sono più grande, ma una cosa me l’ha insegnata.Mi ha insegnato a lottare per quel che si vuole e desidera, a lottare con tutte le nostre forze. Io ho lottato per la mia vita, perché quando il dolore era così forte da lacerarmi la carne io ho preso la forza da quella gente che era fuori da quella stanza di ospedale.Quando il bisturi tagliava la mia carne, io ho pensato ai tuoi occhi ed alle tue carezze, perché quando l’aria iniziava a mancare, io pensavo alle nostre promesse ed a quante cose avremmo dovuto ancora fare assieme.Io l’ho vista questa vita, ho visto che andavi via. Quel mattino raccoglievo i miei vestiti e prendevo la mia roba da casa, ma dentro di me sapevo cosa stava accadendo perché lo avevo già vissuto.La vita mi ha insegnato e rimettermi subito in piedi, perché non ci sono cose impossibili,siamo noi a vederle tali.Ho imparato che l’amore se è vero è più forte di qualsiasi cosa. Ho imparato a non fidarmi mai di nessuno, ma solo di me stesso.Ho imparato che nella vita per amore va fatto tutto, io ho preferito farlo e non dirlo, non me ne vergogno e lo rifarei per il più nobile dei sentimenti.Appena la rabbia andrà via ci sarà tempo anche per i chiarimenti, perché lo so, lo vuoi detto....”MI HAI DELUSO” come persona Sofia, perché per me eri tutto, eri la donna per eccellenza, adesso ti ho molto rivalutata forse perché vedo il tutto con altri occhi”. La sua mail di risposta non si fece attendere...

“Spero che queste parole arrivino dritte al cuore: PERDONAMI. Vorrei fare tante cose, vorrei dirti tante cose, vorrei spiegarti tante cose, vorrei stupirti, vorrei farti ridere cm un tempo, quando mi dicevi che senza la tua “Nana” non avresti potuto vivere.Vorrei farti piangere, vorrei farti vivere accanto a me, vorrei riportarti indietro, vorrei amarti, vorrei baciarti, vorrei sentire il tuo profumo,vorrei sentire il tuo respiro quando mi dormivi accanto, rivorrei tutto

questo anche solo per l’ultima volta.Vorrei gridare tutta la mia rabbia contro una vita che a volte è spietata e ci mette alla prova.Hai ragione tu quando dici che l’amore se è vero è più forte di qualsiasi cosa e che per amore si può fare tutto e di più.Quella mattina avrei voluto gridare tutto il mio dolore, avevo il cuore a pezzi, ti stavo lasciando andar via.Vorrei che tu veramente sapessi cosa è successo e perché per telefono ti ho detto che la mia è stata una dolorosissima scelta d'amore.Lo so,sembra una follia, ma dietro alle motivazioni che a te sono sembrate futili c'è veramente tanto altro.Io devo tutto a te, ti ho aspettato tanto, ti ho sognato tanto, finché non sei arrivato. Ricordi... dicevo che eri il mio angelo. Mi hai resa una persona migliore. Accanto a te per la prima volta nella mia vita potevo essere finalmente me stessa e vivevo con te allo stesso tempo in una simbiosi perfetta.Sei riuscito a farmi essere come non ero mai stata, dentro una grande confusione ma nello stesso tempo catapultata in un nuovo mondo, nel nostro mondo.Ho scoperto con te i miei pensieri più profondi, l'amore per te è stato infinito.Tante volte ho fissato i tuoi occhi e tutte le volte ho trovato un amore immenso e infinito.Lo so l’amore non conosce mezze misure, sa renderti la vita bella e difficile allo stesso tempo.Mi hai fatto tremare il cuore per tre anni, mi hai resa fiduciosa e timorosa allo stesso tempo.Siamo stati insieme anche se eravamo lontani, anche quando sapevamo di non poter stare sempre assieme.Grazie a te ho sopportato la solitudine che avevo dentro, sei un amore arrivato nella mia vita per caso quando la mia vita era un gran casino.Sei riuscito a farmi ridere e piangere anche quando non c’era un motivo.Avevamo gli stessi sogni e desideri, guardavamo nella stessa direzione. Il mio cuore batteva ad ogni tua parola, ad ogni tuo sguardo e quel maledetto 25 maggio quando sei entrato in coma, anche il mio cuore ha smesso di battere.Se ti fosse successo qualcosa, io non sarei sopravvissuta.Avrei dato la mia vita per te.Ho imparato tanto, tantissimo durante questi anni,soprattutto che non importa quanto sia buona una persona ogni tanto potrà ferirti e bisognerà perdonarla.Purtroppo le circostanze e l’ambiente hanno influenza su di noi.Ci vogliono anni per costruire la fiducia e solo pochi secondi per distruggerla.Mi manchi così tanto che vorrei tirarti fuori dai miei sogni per abbracciarti davvero. Questo fine settimana resto sola a Catania se avrai voglia di parlare. “Sofia”

Una nuova vita

È troppo sottile la linea che divide il sogno dalla realtà.Affittai una piccola casa vicino al centro.Era confortevole, ma la si poteva definire più una tana che una casa. Iniziai piano piano a tessermi una nuova vita lontano da Sofia, come un piccolo ragno sputavo la mia tela e imprigionavo qualsiasi cosa si avvicinasse alla mia vita: donne, amici, cose.Una vita confusa e distratta.Una vita in cui la mattina non sapevo mai cosa avrei fatto la sera seguente.Senza programmi, senza ordine, senza stabilità.Era ato più di un anno dalla fine della storia con Sofia.Non ci eravamo più parlati.Qualcuno mi disse che si era messa con un altro.Io non l’avevo più rivista,ma sentivo l’esigenza di parlarle.La rabbia che avevo dentro l’aveva portata via con se il tempo.Adesso sono lucido ed ho bisogno di dire a Sofia ciò che penso di lei.So che se la incontrassi starei in silenzio,come uno stupido e non riuscirei a dire una parola.Preferisco scrivere più che parlare. Le scrissi questa lettera: “Sono solo poco più di tre anni,1095 giorni,268.584 ore,16.159.680 minuti,per molti saranno solo questo la nostra storia.Per molti sono solo numeri.Una successione numerica che segna il tempo che ci ha voluti fianco a fianco,a dividere le gioie e i dolori,a dividere l'aria che respiravamo nel nostro mondo, appartati nel nostro piccolo universo lontano da tutto e tutti dove solo noi ci capivamo guardandoci, dove solo noi sapevamo cosa significano 3 anni e mezzo in quel modo,per gli altri resteranno pur sempre soltanto dei numeri..... È stato un anno duro, lungo e sofferto.Fatto di tante rinunce e di tanti dolori.Fatto di lacrime e di sorrisi forzati.Fatto di lenzuola e letti violati senza ione, senza sentimento, senza amore. È stata dura eppure ce l’ho fatta.Sono riuscito a ripartire dopo il tuo addio, è stato tutto fuorché facile.È stato triste, angoscioso e travagliato costruirmi una vita senza di te.Una vita che non avevo mai nemmeno per un attimo immaginato.Una vita che non avrei mai voluto senza te.Eppure sono qui a scrivere con il sorriso sulle labbra e la serenità nel cuore.Quella serenità che può esserci solamente quando la bufera e la tempesta hanno lasciato posto al sereno.Quella serenità che può esserci solo quando il rancore e la rabbia sono solo un brutto ricordo.Ho sempre creduto che nulla è eterno in questa dimensione.Nulla è indissolubile al trascorrere inesorabile del tempo.Eppure mi sbagliavo.

Ci sono dei sentimenti che sono autentici.Ci sono dei sentimenti che il tempo non scalfisce, dei sentimenti che la rabbia ed il rancore possono inutilmente cercare di sbiadire....per poco....per alcuni periodi brevi.Perché ti accorgi che il bene, o l'amore che dir si voglia, quando è puro ti regna dentro e lo porti a vita, finché hai sangue nelle vene.Lo custodisci nel tuo cuore, finché hai vita dentro e lo porti con te nell'aldilà.È un bene enorme e fortissimo che supera ogni cosa.È il bene che ho provato, provo e proverò per sempre per te.Quel bene che mi ha dato la forza di aprire gli occhi due anni fa per cercarti, per stringerti ancora una volta, per dirti anche solo "TI AMO" prima di andarmene per sempre.Quel bene che mi ha permesso di rimettermi in piedi quando nessun muscolo mi sosteneva.Quel bene che mi faceva sopravvivere e mi dava ogni mattina la forza di aprire gli occhi e di guardare il sole, quando la mia carne mi ricordava che non avevo più motivo per farlo.Io lo conosco bene quell'amore.Conosco bene quella forza che mi ha permesso di vincere la morte e di essere ancora qui oggi.La conosco anche nel giorno in cui hai deciso di uscire dalla mia vita, quel giorno anche il sapore del coma e delle mie sofferenze fisiche mi sembrò più dolce,eppure dovetti accettarlo.Ma oggi quando ti guardo negli occhi so che rifarei tutto e di più, nel senso che rifarei tutto meglio di come è stato fatto se ciò fosse possibile.Ho capito che l'amore vero, quello più puro, è sapere che quella persona è felice anche se non lo è più con te.È essere felice sapendola felice, strano detto da me non me lo sarei mai aspettato!!!Eppure è questo che penso quando ti guardo, vorrei che tu fossi felice, anche lontano da me, anche perché lontana da me non lo sarai mai, perché io ti porto dentro il mio cuore ovunque vada. Sai, penso che il mio cuore sia una grande casa, nelle pareti della quale ci sono molti ritratti appesi di persone che ho amato, che mi sono state vicine, di amici, di persone importanti che ho incontrato nella mia vita.Ma sono solo ritratti appesi, possono essere spostati, cambiati o addirittura completamente tolti. Poi c'è il tuo ritratto, enorme, con il tuo volto sorridente, quello che avevo la smania di vedere quando mi svegliai dal coma e non capivo se fosse stato tutto un brutto sogno, e quello che vidi non si sarebbe mai avverato che io e te ci lasciassimo.Ma non è un ritratto appeso come gli altri.È un dipinto sulla parete portante del mio cuore, è un dipinto sul muro maestro del mio cuore, non potrà essere spostato o tolto. Fa parte del mio cuore e morirà con lui.” Alex

Niente più rabbia e rancore nei confronti del mondo e della vita.Guardavo al mio ato con Sofia con serenità.Con distacco e tranquillità. Mi ospitò un mio amico per qualche settimana, il tempo necessario per rimettermi in piedi dopo l’ennesima caduta, non mi andava di starmene solo.Fu proprio questo mio amico che una sera vedendomi depresso sul divano di casa mi costrinse ad uscire con lui per andare ad una festa.Mi avrebbe fatto bene, mi avrebbe distratto un po’. Così accettai il suo invito senza pensarci troppo.Andai a questa festa che sembrava un rave party piuttosto che un party. Un sacco di gente ammassata in un locale di 80 metri quadrati.A tratti mancava anche l’aria per respirare.C’erano un sacco di ragazze spagnole che erano in Italia per l’erasmus, qualcuna mi si avvicinò per ballare.Mi sembrò finalmente di essere spensierato.Mi stavo divertendo ed ero felice.Mentre ballavo vidi una ragazza al bancone del bar, occhi neri e distanti, capelli ricci che ricadevano morbidamente sulle spalle, carnagione scura.Avevo come la sensazione di averla già vista, di conoscere quel viso .Ma erano ricordi lontani, vedevo quel viso sfuocato nella mia mente. Si avvicinò a me sorridendo. “Ciao” “Ciao” “Piacere io sono Marta”disse urlando in mezzo a quella baraonda. “Il piacere è mio, io sono Alex” “Ti andrebbe di andare un po’ fuori a parlare?” “Certo, perché no...” Ci allontanammo da quel casino e parlammo tutta la notte,appoggiati sul cofano di una macchina.Alternando risate a momenti profondi e seri.Ho come la sensazione di conoscerla da una vita a questa ragazza.Una sensazione stranissima.

Mi chiede di accompagnarla a casa, ma durante il tragitto mi guarda e mi dice: “Perché non ci vediamo un film a casa tua?” “Si può fare”risposi. Andiamo a casa mia e ci amiamo per tutta la notte.Lei l’indomani deve partire per Bologna, studia veterinaria li da due anni. Oggi è il 13 marzo e sono seduto su un aereo con destinazione Bologna, negli auricolari ascolto la canzone “Someone like you” di Adele, il testo del brano dice così: “Non potevo stare lontano, non ho potuto farne a meno, speravo che avresti visto la mia faccia e ti saresti ricordata che per me non è finita!” Penso all'amore come ad un fuoco che arde e bisogna alimentare assieme.Non credo all'amore travolgente che ti sconvolge con la ione.Quello è un fuoco che incendia e brucia tutto e subito, arde così forte da lasciare solo cenere, ed una volta spento il fuoco della ione è difficile da riaccendere.Non credo nemmeno a quelle fiamme flebili che a stento riscaldano e illuminano, ed al primo alito di vento vengono spente per sempre.Credo a quegli amori che si alimentano negli anni, credo a quelle relazioni che alimentano il proprio fuoco poco alla volta,dove ognuno mette il proprio pezzo di legno per tener la fiamma costante, una fiamma che non abbaglia e non ustiona ma che non ci fa morire di freddo.Ci riscalda e ci illumina dentro, facendoci sentire amati, coccolati, desiderati. Vivi.Credo che la pazienza e la calma siano un ottimo sentiero per raggiungere la felicità. È inutile che continui il racconto. Adesso sapete come continua la storia. Adesso la notte quando fuori è buio pesto non faccio più sogni strani.

“Potrà viaggiare per andare ovunque,vedere luoghi mai visti e scoprire cose impensabili ma alla fine, ogni uomo avrà bisogno di tornare là da dove è partito perchè il suo viaggio abbia avuto veramente un senso.”.”

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